Più legami con il territorio

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Più legami con il territorio

Messaggiodi edscuola » 6 settembre 2010, 8:55

da Il Sole 24 ORE

Più legami con il territorio
Giovanni Scaminaci

Contesa e spartita da Stato e Regioni, l'istruzione professionale è il settore dove sono presenti i problemi più grossi: è qui che si concentra il numero più alto di ripetenze e di abbandoni. La scommessa della riforma è quella di ridurre i risultati negativi e di rilanciare l'appeal degli istituti professionali. La soluzione di Mariastella Gelmini è nei tre elementi che caratterizzano la riforma: lasciare allo Stato solo i diplomi di cinque anni, trasferendo alle Regioni le qualifiche triennali e i diplomi quadriennali; semplificare e ammodernare gli indirizzi di studio, che oggi risultano notevolmente ridotti rispetto al passato; tracciare un'identità forte e specifica del l'istruzione professionale, prevedendo sbocchi nell'istruzione tecnica superiore, e puntando ad allacciare un rapporto sempre più stretto con le imprese e con il mondo del lavoro.
La rivalutazione dell'istruzione tecnica e professionale è, come ha sostenuto l'Associazione Treelle, «un'opportunità per i giovani» ma è anche «una necessità per il Paese». Perchè, secondo Treelle, le imprese italiane hanno un bisogno annuale di circa 350mila diplomati, provenienti per oltre due terzi proprio da istituti tecnici e professionali, a fronte di una somma complessiva di circa 170mila diplomati tecnici e professionali annualmente sul mercato del lavoro.
Fino al precedente anno scolastico chi si iscriveva a un istituto professionale poteva conseguire una qualifica in tre anni ed eventualmente frequentare anche un quarto e un quinto anno per ottenere il diploma.
Negli istituti professionali riformati è invece previsto, in via ordinaria, solo il percorso di cinque anni, che si conclude con il conseguimento di diplomi utili anche ai fini della continuazione degli studi in qualunque facoltà universitaria e nell'istruzione tecnica superiore. Non dovrebbero più rilasciare le qualifiche triennali, la cui competenza esclusiva è delle Regioni. Ma finché queste non saranno pronte, gli istituti professionali potranno ancora rilasciare le qualifiche, svolgendo un ruolo integrativo e complementare rispetto alle Regioni, sulla base di accordi stipulati dal Miur con le singole Regioni. Chi vuole conseguire una qualifica può quindi iscriversi a un percorso regionale o alla prima classe di uno degli indirizzi degli istituti professionali riformati, i quali possono proporre agli studenti le qualifiche relative ai percorsi realizzati sino al precedente anno scolastico. A marzo scorso gli istituti professionali hanno accettato le richieste di iscrizione degli alunni che vogliono conseguire solo la qualifica ma hanno dovuto farlo con riserva, in attesa che delle decisioni dei governi regionali. La situazione risulta fortemente differenziata nelle varie regioni.
La riforma riduce gli indirizzi degli istituti professionali e le ore di funzionamento; le ore di lezione, che erano già state ridotte da 40 a 36 settimanali, ora diventano 32.
Gli istituti professionali sono suddivisi in due Settori: Settore dei servizi, con 4 indirizzi: Servizi per l'agricoltura e lo sviluppo rurale, Servizi socio-sanitari, Servizi per l'enogastronomia e l'ospitalità alberghiera, Servizi commerciali. Settore industria e artigianato, con 2 indirizzi: Produzioni industriali e artigianali, Manutenzione e assistenza tecnica.
Per evitare che la riduzione dei percorsi impoverisca la specificità delle competenze sono previste due possibilità. In primo luogo, alcuni indirizzi sono specificati in articolazioni, dove all'alunno vengono fornite competenze più specializzate. Per fare un esempio, l'indirizzo "Servizi per l'enogastronomia e l'ospitalità alberghiera" è articolato in tre percorsi: Enogastronomia, Servizi di sala e di vendita, Accoglienza turistica.
In secondo luogo, le scuole possono in parte modificare il piano di studi per specificare ulteriormente le aree di indirizzo in opzioni, assicurando agli studenti una preparazione corrispondente alle esigenze del territorio e ai fabbisogni formativi espressi dal mondo del lavoro. La possibilità di cambiare i piani di studio (flessibilità) per dare una formazione più specializzata è riconosciuta agli istituti professionali nella misura del 35% nel secondo biennio e del 40% nell'ultimo anno. Così, i nuovi istituti professionali potranno adeguare la preparazione dei propri studenti alle forti differenziazioni legate alle realtà territoriali.
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