Gli studenti del Sud sono i migliori

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Gli studenti del Sud sono i migliori

Messaggiodi edscuola » 13 ottobre 2008, 7:00

da Unità

Gli studenti del Sud sono i migliori
di Marina Boscaino

Roma
IL SERVIZIO Statistico del Ministero dell’Istruzione ha pubblicato una «Rilevazione sugli scrutini finali ed esami di Stato conclusivi del primo e secondo ciclo» i cui risultati ribaltano clamorosamente quelli Ocse-Pisa, che individuano sempre e comunque il Sud Italia come fanalino di coda del sistema nazionale e internazionale. L’inconsapevole gaffe estiva di Gelmini sugli insegnanti del Sud - la cui capacità o incapacità non potrebbe comunque essere decodificata, come invece affermò il ministro, dai risultati Ocse-Pisa, che non offrono dati e indicazioni sull’efficacia dei processi di insegnamento - è stata (sposando quell’erroneo punto di vista) oltremodo smentita: il Sud supera sempre la media nazionale nelle promozioni e nelle valutazioni. Il dato confermato dal numero delle lodi nell’ultimo Esame di Stato, decisamente prevalenti al Sud: punte di diamante Puglia (580), Campania (460), Calabria (441) e Sicilia (368), contro i 271 100 e lode della Lombardia e i 206 del Veneto.

Questa tendenza, messa in evidenza sin dalle prime proiezioni estive, dette adito ad una serie di osservazioni, spesso plausibili; prima tra tutte la soggettività della valutazione. Una risposta potrebbe essere rappresentata dagli esiti - pubblicati anch’essi sul sito del ministero - delle prove Invalsi (Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema Educativo di Istruzione e Formazione): prove scritta nazionali in italiano e matematica sostenute a partire da quest’anno dai 600mila studenti di terza media. Il tentativo è stato quello di improntare il più possibile la complessa questione della valutazione del sistema educativo nazionale a criteri internazionali. Ebbene, su una media italiana di alunni promossi con "ottimo" pari al 17.2% (Sud 21%, Nord 13.7%), su una media di un 50.2% di risposte corrette il 48.8% provengono dal Nord, il 51.5% dal Sud. Per l’italiano - su una media nazionale del 68.7%, il 67.1% dei successi si colloca al Nord, il 70.8% al Sud. Per la matematica, su un 50.2% di risposte esatte, il 48.8% proviene dal Nord, il 51.5% dal Sud.

Ma anche in questo caso, come escludere aprioristicamente una maggiore indulgenza nei confronti di chi ha così omogeneamente costituito l’eccellenza? La riflessione è che una cultura della valutazione nel nostro Paese è ben lontana dal venire e che queste non sono che risposte inadeguate ai "bollettini di guerra" dell’Ocse-Pisa che periodicamente fanno infervorare i giornali e forniscono pretesti ai decisori politici per sostenere lo sfascio della scuola italiana e la necessità dei tagli.

Sarebbe auspicabile che la smentita dell’ufficio statistiche del ministero inducesse Gelmini (o, meglio, Tremonti) a una maggiore cautela e riflessione e ad una minore sudditanza culturale: non appare opportuno che stimoli che derivano da esperienze internazionali diventino meccanicamente determinanti nella faticosa costruzione di un sistema di valutazione nel nostro Paese. O unico criterio di giudizio per valutare l’attività nelle nostre scuole (e necessità di falcidie di posti di lavoro). L’Ocse - il principale evidenziatore della débacle della scuola italiana - è pur sempre un organismo economico, sensibile a particolari aspetti, oltre che informato a specifiche culture: la recente approvazione della decisione della Germania di limitare le bocciature per ridurre i costi è estremamente significativa. Un quadro analitico degli apprendimenti principali risulta attendibile quando esso si ponga come frutto di ricerca scientificamente significativa e le scuole vengano coinvolte e ne conoscano non superficialmente progettazione e finalità. Benedetto Vertecchi insiste sul fatto che uno sviluppo della cultura valutativa nazionale debba basarsi sull’elaborazione di sistemi di analisi derivati da ricerche: come il progetto da lui coordinato - Mivas, Modelli Inferenziali di Valutazione di Sistema - che sposta l’analisi dal piano sincronico a quello diacronico, individuando nel corso degli ultimi 40 anni il cambiamento delle competenze di base. Solo in questo modo è possibile prendere atto e dare il giusto peso alla dialettica tra scuola, cultura sociale ed effetti sull’apprendimento. Delle prove di valutazione di sistema basate su una ricerca innovativa avrebbero la funzione fondamentale di sottolineare i rapporti tra scuola e cultura. Più esse sono attendibili, scientificamente valide, più i risultati sono rilevanti per correggere e orientare le politiche scolastiche. E più cautelerebbero la Gelmini di turno da imbarazzanti contraddizioni.
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