da Napoli la Repubblica.it
Università, i professori contro la Gelmini
Federico II: gli studenti interrompono il Cda, Trombetti sospende la seduta. Nel documento votato dai docenti si chiede al governo il ritiro della legge 133
di Angelo Carotenuto
I professori di Lettere rompono gli indugi. Con un documento chiedono al governo il ritiro della legge 133, annunciano l´apertura da lunedì di un laboratorio permanente nell´aula magna per individuare forme di lotta e di contrasto, chiedono al Consiglio di facoltà di esprimersi sul tema. È la posizione partorita da un´assemblea pubblica di oltre tre ore, 18 interventi, sotto la spinta dell´agitazione studentesca. I ragazzi non conquistano il blocco dell´attività didattica che chiedevano: primo perché la platea non può deliberare al posto del Consiglio di facoltà, e soprattutto perché il corpo docenti non si mostra pronto a uno strappo così brusco. Ma ottengono il risultato di aver ingrossato le fila della protesta sollecitando i prof, che a loro volta esprimono «un bisogno di discussione perso da troppo tempo».
Il muro vero è in ateneo, dall´altra parte di corso Umberto, prima tappa del corteo partito da via Porta di Massa, dove il rettore Guido Trombetti apre agli studenti le porte del Consiglio di amministrazione all´ultimo piano, gli accende un microfono al tavolo, ne ascolta le ragioni e poi chiede loro di lasciare l´aula. Dinanzi al no, allarga le braccia: «In questo condizioni non possiamo deliberare. Il Consiglio è sospeso». Nessun riconoscimento, insomma. Sarà il preside di Lettere, Arturo De Vivo, a fargli giungere copia del documento con cui i docenti prendono posizione contro i provvedimenti firmati Tremonti-Gelmini.
Per il blocco dei corsi c´è pure qualche sì esplicito. Annamaria La Marra (Filologia moderna): «Non possiamo fermare un disegno senza decisioni forti». Enrico Flores (Letteratura latina): «Mancano soldi? Li hanno spesi per fare le guerre accanto agli Stati Uniti». Pierluigi Venuta (Filosofia): «Abbiamo subìto troppo». Simona Marino (Filosofia morale): «Si esprima il Consiglio». Ma prima di convocarlo passerebbero almeno 10 giorni. Il preside De Vivo, che uno l´aveva appena chiuso in 20 minuti, promette: «Sarà fatto nei tempi più brevi». Il fronte della protesta senza blocco parla con Francesco Senatore (Storia medievale): «Se l´Università si svuota, la protesta evapora». Con Arturo Fittipaldi (Museografia): «Sono a 10 giorni dalla pensioneï'' Facciamo autocritica su come cooptiamo i colleghi». Valeria Viparelli (Letteratura latina) media coi ragazzi: «Se ci poniamo come controparte, non ne usciamo». Stefano Consiglio (Organizzazione aziendale): «La riforma blocca il futuro». Tre volte il dialogo rischia di spezzarsi. Gli scontri più duri? Con Fabrizio Lomonaco (Filosofia): «Non accetto sentirmi chiedere dov´ero». Con Ettore Massarese (Storia del teatro): «Dov´era il collettivo nei giorni della riforma Berlinguer?».
E il collettivo urla: «Alle scuole medie. Noi cambiamo, voi siete sempre gli stessi». Salvatore Prinzi (Rete dottorandi e ricercatori precari) attacca: «Avete fatto orecchie da mercante». Il filo si ricuce grazie a Franco Barbagallo (Storia contemporanea) e Gianfranco Borrelli (Storia delle dottrine politiche). Il primo lancia l´idea del laboratorio: «Se si fermano i corsi, Berlusconi è felice. Fermare il pensiero critico è quello che vuole». Il secondo spinge perché ci sia un documento: «È nel potere di un´assemblea». È lui a scriverlo. I prof sono in campo.