Disabili, il no delle scuole private

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Disabili, il no delle scuole private

Messaggiodi edscuola » 26 febbraio 2010, 11:56

Disabili, il no delle scuole private: "Iscriveteli alle statali"

Dal Redattore Sociale

"Signora, ma perche' non iscrive suo figlio in una scuola statale? Li' sono organizzati meglio. Noi i ragazzi disabili non li prendiamo, non sapremmo come gestirli, non abbiamo insegnanti di sostegno". Iscrivere un bambino alla scuola paritaria puo' diventare un percorso a ostacoli per un padre o una madre se quel figlio ha una disabilita'. Non bastano le difficolta' quotidiane e il pensiero assillante di quel giorno in cui mamma e papa' non ci saranno piu'. Ci si mettono pure le discriminazioni in ambito scolastico. Eppure la legge sulla parita' del 2000 prevede che le scuole che ottengono il si' del ministero debbano accogliere tutti, disabili compresi. Tanto che ogni anno vengono stanziati dei fondi per il sostegno. Il concetto lo ha ribadito anche il tribunale di Roma nel 2002 e nel 2008 il ministro Mariastella Gelmini ha rincarato la dose con un decreto in cui si dice che si ottiene la parita' solo se si rispettano le norme di inserimento degli alunni disabili.

Fin qui la legge, ma nella realta' regna il fai-da-te. Una giungla in cui la Dire ha deciso di avventurarsi. Telefono alla mano, abbiamo contattato numerose scuole private paritarie, scoprendo che molte volte il bambino disabile riceve un "no". Ma anche quando scatta il "si'" arrivano i problemi sul sostegno. E su questo punto la confusione e' totale. C'e' chi dice "noi non ci attiviamo neanche per averlo", scaricando la colpa sul ministero "che non garantisce i rimborsi, che stanzia pochi fondi", chi chiede rette aggiuntive per pagare l'insegnante in piu', chi contributi parziali.

Qualche esempio. Chiamiamo un noto istituto privato romano, di quelli che pubblicizzano la loro attivita' a forza di maxi cartelloni. Ci risponde una cortese segretaria a cui chiediamo di iscrivere alla prima elementare un bimbo affetto dalla sindrome di down. "Non credo ci siano problemi- risponde la donna in un primo momento- chiedo alla direttrice". Poi il verdetto cambia: "Non abbiamo l'insegnante di sostegno in questo momento. Puo' provare nelle scuole statatali dove il sostegno c'e' sempre. Le iscrizioni sono ancora aperte". Il no e' condito da un "mi dispiace" che si ripete ad ogni diniego, con, appunto, il consiglio di mandarli alla statale, i bambini con disabilita', perche' li', si sa, sono "piu' organizzati". Di fatto, uno scarica barile. Che penalizza le scuole pubbliche e, soprattutto, le famiglie, che non hanno liberta' di scelta su dove far studiare i figli.

Cambiamo ciclo scolastico, ci riproviamo con le superiori. Di nuovo scegliamo un istituto paritario romano dei piu' pubblicizzati. Anche qui scatta il no al ragazzo down: "Non sappiamo come gestirli- risponde un uomo al centralino- non abbiamo l'obbligo di prenderli, non ricadiamo nella legge della scuola pubblica. Non prendiamo ragazzi con disabilita'".

Il problema e' il sostegno? Domandiamo. "No, e' che non li prendiamo proprio perche' ci si viene a creare un problema. La cosa migliore, signora, e' la statale, che e' piu' organizzata di noi". Ci risiamo. In un istituto cattolico gestito da una grande fondazione (la struttura e' a Roma e ha laboratori, centri sportivi, teatro, piscina) si aprono le porte per il nostro bambino che deve andare in prima, ma, ci dicono dalla segreteria, "noi siamo una scuola paritaria e vi dovete prendere l'onere del sostegno. In attesa che il ministero vi riconosca le ore e vi rimborsi, ma chissa' quando avverra'". Scoraggiarsi e' d'obbligo.

In un'altra scuola cattolica blasonata della Capitale ci dicono che "non c'e' un si' o un no a priori, certo poi bisogna vedere se si concretizzera' l'iscrizione". Ci lasciano nel dubbio. Istituto di suore a Milano: il sostegno non c'e', il bambino non trova spazio. "Il fatto- ci dicono- e' che il ministero paga solo un 'quid'...". Colpa di viale Trastevere, insomma, se un bambino non puo' scegliere la scuola che vuole. In un istituto di Verona ci dicono che anticipano loro la "retta integrativa per la disabilita'". Poi la famiglia chiedera' un sostegno alla Regione che andra' girato all'istituto. "E se non ce lo danno?". "Non e' mai capitato, ma certo il rimborso si potrebbe fare in molte rate". Si parla, infatti, dello stipendio di un docente per un anno. E anche al Sud la musica non cambia: a Palermo ci invitano a portare il nostro bimbo alla statale, "da insegnante- ci dice una operatrice- le dico che e' meglio".

Private e disabili, quando la salvezza sono gli "sponsor"

Fondi aggiuntivi, sponsor privati, feste di beneficenza, otto per mille. O anche il Tribunale. Il pagamento di un insegnante di sostegno in una scuola paritaria e' faccenda complessa, che si ripercuote spesso sui genitori stessi dell'alunno con disabilita', ai quali viene talvolta chiesto un contributo in questo senso. Da un lato, responsabilita' della normativa che carica la scuola del dover garantire l'istruzione agli studenti con disabilita' e dall'altro dei contributi insufficienti (e per questo singolo particolare capitolo di spesa, lo Stato trasferisce i fondi alle scuole). Con cifre fra i mille e i duemila euro annui, un insegnante di sostegno non si paga. Come garantire allora la buona inclusione scolastica?

Alcune scuole paritarie, e sono le peggiori, tendono a cancellare il problema alla radice, cercando di far desistere quei genitori che volessero iscrivere i propri figli nelle loro scuole: qualcuno lo fa anche negando la possibilita' di iscrivere il ragazzo, situazione che invece rappresenta un vero e proprio obbligo per la scuola. Alcune altre, invece, d'accordo con i genitori, accolgono l'alunno disabile e cercano un modo per sostenere la quota di spesa non coperta dai contributi statali. La via piu' diretta, ma niente affatto semplice, e' quella del fund raising, attuato dalle scuole a volte in collaborazione con associazioni di genitori costituitesi ad hoc: l'organizzazione di un evento, di una festa, di uno spettacolo, ha allora il preciso scopo di "devolvere" il ricavato al pagamento dell'insegnante di sostegno. Filosofia simile a quella delle donazioni private, peraltro alquanto rare.

Ci sono pero' anche altre vie, meno informali, previste dallo stesso ministero dell'Istruzione, che di tanto in tanto eroga contributi aggiuntivi di cui beneficiano, con gli altri, anche gli alunni con disabilita': e' il caso del contributo di 8 milioni di euro per l'adempimento dei due anni di obbligo delle secondarie di secondo grado o, sul versante delle famiglie, del contributo economico previsto dalla legge 266/05 e spettante ai genitori che iscrivono i figli alla scuola paritaria del primo e del secondo ciclo, purche' il reddito familiare non superi i 50 mila euro.

Un'ancora di salvezza consistente per poter pagare l'insegnante di sostegno senza essere tentati di scaricarne il costo sui genitori e' quella su cui, in tutti gli ordini, possono contare le sole scuole cattoliche. Alcune diocesi, infatti, hanno costituito un fondo per l'integrazione scolastica, ricavato dall'otto per mille, e al quale i dirigenti scolastici di tali scuole possono chiedere di accedere per pagare in parte le spese dell'insegnante di sostegno: aggiungendo al contributo statale quello derivato dal fondo diocesano, numerose realta' paritarie cattoliche riescono cosi' a garantire il sostegno in classe in modo continuativo e proficuo, impedendo al tempo stesso che il costo del docente ricada per buona parte sulla scuola (e, di riflesso, sulle rette, anche quelle degli altri alunni).

Ma, a proposito di pari diritti e pari doveri, molte scuole paritarie denunciano una situazione di svantaggio: hanno l'obbligo di garantire l'inclusione scolastica come nelle scuole statali, ma l'insegnante di sostegno e' quasi interamente a carico loro. Di fronte alla paventata "ingiustizia", qualcuno ha fatto ricorso al giudice. Vincendo. E' successo alla scuola paritaria dell'Istituto delle suore Marcelline di Milano, che ha chiamato davanti al giudice il ministero: nel giugno 2008 la seconda sezione civile del Tribunale di Roma ha giudicato che la spesa relativa al docente di sostegno per un bambino con handicap iscritto alle scuole paritarie vada posta a carico dello Stato e non della scuola e per questo ha condannato il ministero a pagare alla scuola, che l'aveva anticipata, la somma di quasi 30 mila euro, oltre agli interessi legali. La sentenza era chiaramente circoscritta alla fattispecie esaminata (quella di una persona con handicap che necessita di un sostegno e che ha diritto di riceverlo - secondo il Tribunale di Roma - su disposizione della legge 104/1992 in quanto si tratta di un suo diritto soggettivo) ma ha dato forza a quanti ritengono che l'obbligo di curarsi dei ragazzi con disabilita' si debba accompagnare alla rassicurazione economico che il docente di sostegno sia garantito dallo Stato. Anche nelle scuole paritarie

Private e disabili, dallo stato un piccolo "sostegno"

L'iscrizione di un alunno con disabilita' ad una scuola privata paritaria non puo' mai essere negata, ma il problema principale in questo campo e' il sostegno: la presenza di un insegnante aggiuntivo, infatti, in alcuni casi puo' essere assicurato solamente per un limitato numero di ore, oltre le quali, per un genitore, l'alternativa di mettere le mani al portafoglio diventa molto concreta. Questione di fondi e di finanziamenti. A spiegare a Redattore Sociale la situazione sul campo e' Salvatore Nocera, vicepresidente della Fish (Federazione italiana superamento handicap) e responsabile dell'area normativo-giuridica dell'Osservatorio scolastico sull'integrazione dell'Aipd (Associazione italiana persone down).

"Le scuole private paritarie- spiega Nocera- sono obbligate ad accettare l'iscrizione degli alunni con disabilita', pena la perdita della parita' ottenuta: da questo punto di vista mai possono rifiutare l'iscrizione". Il problema sorge pero' con l'insegnante di sostegno, che le scuole non sono tenute a pagare. Nella scuola primaria, infatti, se la scuola paritaria e' anche parificata (cioe' se ha anche stipulato una convenzione con il ministero) e' proprio il ministero (attraverso l'Ufficio scolastico regionale) a intervenire nel pagamento di quanto dovuto al docente di sostegno e l'unica differenza rispetto alla scuola pubblica e' che quest'ultima ha l'obbligo di seguire la graduatoria dei docenti, mentre la scuola privata puo' nominare un insegnante prescindendo dalla essa. Se invece l'istituto di scuola primaria e' paritario ma non anche parificato, e in ogni caso quando si parla di scuola dell'infanzia e di scuola secondaria di primo e secondo grado, l'insegnante di sostegno non viene pagato dallo Stato e dunque e' possibile che venga chiesto ai genitori di "saldare" il conto.

In questi casi, infatti, le norme prevedono che venga erogato alle scuole un contributo pubblico annuale per coprire le spese del sostegno, ma gli importi di tali contributi specifici sono talmente bassi da essere insufficienti al bisogno. "Per la scuola dell'infanzia- prosegue Nocera- il finanziamento del ministero e' stato di 5 milioni di euro, che ripartito per i circa 5.500 alunni disabili che la frequentano equivale ad un contributo annuo di circa 900 euro per alunno". "Per la scuola primaria paritaria non parificata- continua il vicepresidente Fish- il contributo ammonta a circa 1.500 euro annui ad alunno e per la secondaria a circa 2.200 euro annui": cifre chiaramente insufficienti a garantire un sostegno continuato durante tutto l'anno. "Ecco allora- conclude Nocera- che in questi casi succede che la scuola avvisi i genitori dei ragazzi con disabilita' che potra' coprire il sostegno solamente fino all'equivalente del contributo ricevuto". Piu' di qualcuno dunque si sente dire: "Oltre quel tetto, se ti paghi l'insegnante, io te lo do". Ma prima di arrivare a questo, dovrebbero quanto meno essere percorse tutte le possibili strade alternative.

Private e disabili, Anffas: "Si paga anche la comodità"

Perche' pagare di tasca propria l'insegnante di sostegno nelle scuole paritarie, se in quelle pubbliche lo passa lo Stato? "Perche' spesso la scuola privata e' quella piu' vicino a casa, e alla fine molti genitori sono disposti a fare un ulteriore sacrificio economico per avere questa comodita'", spiega Lilia Manganaro, responsabile dello Sportello scuola dell'Anffas. L'Associazione nazionale famiglie di persone con disabilita' intellettiva e/o relazionale si e' imbattuta spesso in queste situazioni. "Ci e' capitato anche di assistere a casi di diniego da parte di alcuni istituti privati che non accettavano alunni disabili. Quando succede, interveniamo come associazione andando a parlare col preside e spiegando che esiste una legge -la n.62 del 2000- secondo cui le scuole paritarie sono obbligate ad accettare l'iscrizione dei bambini e dei ragazzi disabili, pena la perdita della parita'", continua Manganaro.

"Qualche anno fa, nel padovano, e' intervenuto perfino l'ex Provveditorato agli studi per imporre l'accettazione di uno studente disabile in una scuola privata. Questo per dire che l'Ufficio scolastico provinciale ne ha il potere se lo vuole", precisa Ottaviano Lorenzoni, sempre dall'Anffas. Non bisogna poi dimenticare che, dal 2008-2009, nelle scuole primarie paritarie (e parificate, le uniche in cui l'insegnate di sostegno lo passa lo Stato) e' stato introdotto un contributo aggiuntivo per avere un numero di ore di sostegno integrative anche per gli alunni con difficolta' di apprendimento (e quindi senza la certificazione dell'handicap) "dietro la presentazione di un progetto alla Direzione scolastica regionale", sottolinea Manganaro. "Noi comunque, come associazione, consigliamo sempre di iscrivere i ragazzi disabili nelle scuole pubbliche", per evitare ai genitori di andare a combattere faticose battaglie per ottenere il diritto allo studio dei propri figli.

Private e disabili, gli stessi obblighi delle statali

Diritti e doveri. Un lungo elenco di requisiti ai quali attenersi e che sono fondamentali per potersi fregiare dello status di scuola "paritaria", insieme alla piena liberta' per quanto concerne l'orientamento culturale e l'indirizzo pedagogico-didattico da dare all'insegnamento. Diritto allo studio, barriere architettoniche, assistenza personale: dal punto di vista particolare dell'inclusione di studenti con disabilita', il quadro sul territorio non e' pienamente uniforme e ci si trova di fronte ad una situazione a macchia di leopardo in cui alcune scuole rappresentano l'eccellenza e altre arrancano.

Le scuole private paritarie, per il solo fatto di aver deciso di fruire della legge sulla parita', devono garantire il diritto allo studio (l'iscrizione di un alunno disabile non puo' mai essere negata), sono responsabili dell'eliminazione delle barriere architettoniche e dell'uso di personale ausiliario per l'assistenza igienica e l'igiene personale degli alunni disabili. Il trasporto scolastico deve essere garantito, su richiesta della scuola agli enti locali, sulla base delle leggi regionali per il diritto allo studio scolastico, mentre riguardo ai costi i genitori non dovrebbero pagare niente di aggiuntivo rispetto alla retta standard sostenuta da tutti gli alunni della scuola. Per la formazione delle classi, le paritarie dovrebbero infine uniformarsi alla normativa riguardante la scuola pubblica. Sono in particolare gli aspetti del numero massimo di alunni per classe, dell'assegnazione dei docenti per il sostegno e dell'assistenza igienica agli alunni da parte dei collaboratori e delle collaboratrici scolastiche i punti deboli piu' diffusi sul territorio.

TUTTI I REQUISITI DA RISPETTARE - E' la 62 del marzo 2000 la legge cardine relativa alla parita' scolastica e al diritto allo studio e all'istruzione. Un testo che parla di diritti, ma snocciola anche un lungo elenco di requisiti ai quali attenersi e che sono fondamentali per potersi fregiare dello status di scuola "paritaria": fra questi, l'obbligo dell'applicazione delle norme in vigore sull'inserimento degli studenti con disabilita' e l'utilizzo di personale docente abilitato. Una normativa che la dice lunga sugli obblighi, oltre che sulle prerogative, dei quali le scuole paritarie sono investite.

Il testo di legge specifica che "il sistema nazionale di istruzione e' costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie private e degli enti locali" e che queste seconde - a partire dalla scuola per l'infanzia - "corrispondono agli ordinamenti generali dell'istruzione, sono coerenti con la domanda formativa delle famiglie" e sono caratterizzate da alcuni "requisiti di qualita' ed efficacia". Cosa la legge assicura alle paritarie private? "Piena liberta' per quanto concerne l'orientamento culturale e l'indirizzo pedagogico-didattico", fermo restando che "l'insegnamento e' improntato ai princípi di liberta' stabiliti dalla Costituzione". Detto che "il progetto educativo indica l'eventuale ispirazione di carattere culturale o religioso" e che "non sono comunque obbligatorie per gli alunni le attivita' extra-curriculari che presuppongono o esigono l'adesione ad una determinata ideologia o confessione religiosa", le scuole paritarie - afferma il testo di legge - "svolgendo un servizio pubblico accolgono chiunque, accettandone il progetto educativo, richieda di iscriversi, compresi gli alunni e gli studenti con handicap".

A termini di legge, la parita' e' riconosciuta alle scuole non statali che ne fanno richiesta e che si impegnano espressamente a dare attuazione a quanto previsto dalle norme vigenti. Le scuole devono possedere una serie di requisiti, ad iniziare da un "progetto educativo in armonia con i princípi della Costituzione, un piano dell'offerta formativa conforme agli ordinamenti e alle disposizioni vigenti, l'attestazione della titolarita' della gestione e la pubblicita' dei bilanci". E' necessaria poi "la disponibilita' di locali, arredi e attrezzature didattiche propri del tipo di scuola e conformi alle norme vigenti, l'istituzione e il funzionamento degli organi collegiali improntati alla partecipazione democratica, l'iscrizione alla scuola per tutti gli studenti i cui genitori ne facciano richiesta, purche' in possesso di un titolo di studio valido per l'iscrizione alla classe che essi intendono frequentare". Deve essere garantita "l'applicazione delle norme vigenti in materia di inserimento di studenti con handicap o in condizioni di svantaggio" e "l'organica costituzione di corsi completi: non puo' essere riconosciuta - cioe' - la parita' a singole classi, tranne che in fase di istituzione di nuovi corsi completi, ad iniziare dalla prima classe". Inoltre, l'utilizzo di "personale docente fornito del titolo di abilitazione" e di "contratti individuali di lavoro per personale dirigente e insegnante che rispettino i contratti collettivi nazionali di settore" (ma, "in misura non superiore a un quarto delle prestazioni complessive", le scuole "possono avvalersi di prestazioni volontarie di personale docente purche' fornito di relativi titoli scientifici e professionali ovvero ricorrere anche a contratti di prestazione d'opera di personale fornito dei necessari requisiti")

Private e disabili, il 'no' è fuorilegge: la norma

I dirigenti delle scuole paritarie che non accettano alunni con disabilita' agiscono in contrasto con la legislazione vigente e corrono un grosso rischio: la perdita per la loro scuola dello status di "paritaria". A prevederlo e' un decreto ministeriale (il n. 83) firmato dal ministro Mariastella Gelmini il 10 ottobre 2008: un documento che partendo dalla legge 62/2000 sulla parita' scolastica e il diritto allo studio, contiene le Linee guida che regolano le modalita' per il riconoscimento della parita' scolastica e per il suo mantenimento. Un testo chiaro, che dovrebbe essere ben conosciuto anche da quelle scuole che in barba alla legalita' negano invece (implicitamente o esplicitamente) un diritto fondamentale del cittadino.

Le Linee guida firmate da Gelmini ricordano che "il riconoscimento della parita' scolastica inserisce la scuola paritaria nel sistema nazionale di istruzione e garantisce l'equiparazione dei diritti e dei doveri degli studenti", impegnando "le scuole paritarie a contribuire alla realizzazione delle finalita' di istruzione ed educazione che la Costituzione assegna alla scuola". Ivi compreso, evidentemente, il principio dell'inclusione scolastica degli alunni con disabilita'. Il testo prevede che al momento in cui una scuola chiede il riconoscimento della parita', il gestore o il rappresentante legale deve dichiarare sotto la proprio responsabilita' "l'impegno ad accogliere l'iscrizione alla scuola di chiunque ne accetti il progetto educativo, sia in possesso di un titolo di studio valido per l'iscrizione alla classe che intende frequentare e non abbia un'eta' inferiore a quella prevista dai vigenti ordinamenti scolastici". In particolare, il gestore deve dichiarare anche "l'impegno ad applicare le norme vigenti in materia di inserimento di studenti con disabilita', con difficolta' specifiche di apprendimento o in condizioni di svantaggio". Alla domanda di riconoscimento - specifica il documento - deve essere allegata anche la documentazione che attesta il numero degli alunni iscritti (o previsti) in ciascuna classe e sezione, "inclusi gli alunni con disabilita', con relativa documentazione specifica".

A procedere alla verifica della completezza e della regolarita' delle dichiarazioni e dei documenti prodotti dalla scuola e' l'Ufficio scolastico regionale. A questo stesso ufficio, una volta ottenuto lo status di "paritaria", i gestori delle scuole dovranno dichiarare di anno in anno "la permanenza del possesso dei requisiti richiesti". Se pero' l'Ufficio scolastico regionale accerta a seguito di una sua verifica ispettiva che esiste una "carente rispondenza delle situazioni di fatto ai requisiti di legge" - se cioe' viene dimostrato che le norme in materia di inserimento scolastico non vengono rispettate - la scuola viene invitata a ritornare nella legalita' entro il termine di 30 giorni. Se cio' non accade, "l'Ufficio scolastico regionale provvede alla revoca della parita'", che ha sempre effetto dall'inizio dell'anno scolastico successivo a quello in cui e' disposta. Per la revoca dello status di scuola paritaria e' sufficiente la "perdita anche di uno solo dei requisiti" previsti dalla normativa

Storia di Luca: è down, no da tre private su cinque

Tre scuole private su cinque hanno detto no a Luca (il nome e' di fantasia), che si doveva iscrivere in prima elementare. E solo perche' e' un bambino down. Dopo il diniego degli istituti "Maria Ausiliatrice", "Sacro Cuore" e della Scuola germanica di Roma, la signora Vittoria (non vuole che appaia il cognome) e suo marito hanno bussato alle porte della Scuola svizzera e della "Cocchetti". La prima si e' dimostrata "molto aperta e disponibile, la seconda molto piu' restia", racconta Vittoria. Ma entrambe avrebbero comunque accettato Luca "a patto che l'insegnante di sostegno lo pagassimo noi", dice. "Alla fine abbiamo optato per la 'Cocchetti', perche' la Scuola svizzera era troppo cara". Anche perche' perche' la signora Vittoria (socia dell'Aipd, Associazione italiana persone down) ha tre figli: Luca, che ora fa la quarta, Annamaria, che e' in terza, e Massimo, che va all'asilo. Tutti iscritti all'"Annunciata Cocchetti" di Roma.

"Abbiamo preferito - non parlo di scelta perche' alla fine siamo scesi a dei compromessi - le scuole private perche' gli edifici sono piu' curati, le classi meno numerose e, se i genitori ritardano di una ventina di minuti, le suore non lasciano i bambini per strada", spiega la signora Vittoria. "Luca, pero', nonostante si trovi bene con i compagni e le maestre, in quattro anni ha cambiato quattro insegnanti di sostegno: il primo anno l'abbiamo pagato di tasca nostra - 600 euro al mese per 2-3 ore di sostegno al giorno -. Gli anni successivi invece no: non so esattamente come la scuola abbia trovato i fondi, ma penso che sia intervenuto l'Ufficio scolastico provinciale o regionale". Il "problema", comunque, non e' risolto del tutto. "Se ho bisogno di lasciare Luca a scuola anche il pomeriggio- continua la signora Vittoria- devo dirlo per tempo, con circa 10 giorni di anticipo, e pagare una quota supplementare di 40 euro per il pranzo e le ore di sostegno aggiuntive".(

Mussolini: "Escludere studenti disabili è un fatto grave"

Il no di alcune scuole paritarie all'iscrizione di studenti disabili dimostrato da una inchiesta dell'agenzia Dire e' "un fatto grave". È il commento di Alessandra Mussolini, presidente della commissione bicamerale per l'Infanzia. "Cosi' si fa un danno a famiglie che gia' hanno problemi e, in piu', si nega la liberta' di scegliere la scuola in cui mandare i propri figli. Una delle funzioni principali della scuola- continua Mussolini- e' l'inclusione, se questa salta e' un fatto drammatico". La commissione ha gia' chiesto da tempo una audizione al ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini. "Quando verra'- continua Mussolini- le chiederemo conto anche di episodi come questo".

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