Nuovi linguaggi e Scuola

Nuovi linguaggi e scuola

di Stefania Carioli

La massiccia presenza di tecnologie digitali sta cambiando non solo il modo di accedere ai contenuti culturali e di intrattenimento, consentendo di reperire informazioni di ogni tipo e di poterlo fare in qualsiasi luogo ci si trovi e in qualunque momento della giornata, ma anche l’utilizzo che viene fatto di questi contenuti e le opportunità formative, disseminate ben oltre i contesti tradizionali.

L. De Matteo, La casa della gioia

L. De Matteo, La casa della gioia
2011

Recensione di Umberto Tenuta

La CASA DELLA GIOIA è, come più comunemente viene definita nel romanzo, la CASA DEL SOGNO.
Forse, la denominazione più esatta sarebbe La casa del sogno per i bambini senza casa, denominazione più realistica, più significativa, più completa.
Innanzitutto, viene da domandarsi se questa casa esiste e se il sogno è solo quello delle madri senza casa.
La seconda ipotesi è quella realistica: è la casa delle ragazze madri, rifiutate finanche dai genitori!
E qui si affacciano tanti interrogativi.
Il più consistente è come sia possibile che si possa rifiutare una creatura umana.
La natura ha assegnato al grembo materno la funzione di prima casa di ogni essere umano che nasce, più o meno volontariamente, dalla combinazione casuale  di ventitré cromosomi materni e di ventitré cromosomi paterni.
La situazione sarebbe analoga se la prima casa del bambino fosse nel grembo paterno o, comunque, non so come, se i due grembi, materno e paterno, fossero la casa comune della nuova creatura ovvero, se dopo il concepimento, grembo materno e grembo paterno rimanessero comunque collegati.
Sta di fatto, invece, che la combinazione dei ventitré cromosomi materni e paterni si realizza solo nel grembo della donna, alla quale spetta l’oneroso compito di ospitare il nuovo essere umano fino a quando viene letteralmente alla luce.
Questa situazione di fatto crea sempre problemi, più o meno consistenti: dalle mutate condizioni fisiche della donna, al dolore del parto, all’accettazione del nuovo nato, al suo allevamento.
Il più grave di questi problemi è l’accettazione del nuovo nato, che da parte della donna è più o meno oneroso, mentre da parte dell’uomo comporta solo un senso di responsabilità non sempre avvertito.
Potremmo dire che, quale che siano le condizioni che hanno portato alla generazione del nuovo essere umano, la responsabilità della sua nascita, in senso fisiologico e culturale, restano affidate alla donna.
È lei, con la sua famiglia, che deve decidere se ospitare il nuovo essere nel suo grembo o rifiutarlo, anche dopo la sua nascita.
Qui subentrano fattori estremamente diversi, fisici, culturali, etici, religiosi ecc.
Poca importanza ha se la generazione avviene nel grembo di una giovanissima donna o di una donna più o meno matura.
Trascuriamo volutamente il momento in cui il feto viene considerato, a seconda delle culture e soprattutto delle etiche religiose, un essere umano e non una mera combinazione di geni.
Spetta sempre alla donna l’onere di decidere se portare avanti la gestazione e se accettare il neonato.
Il problema è sempre esistito, ma oggi la facilità dei rapporti sessuali anche tra giovanissimi, lo ingigantisce: aumenta il numero delle minorenni che si ritrovano un feto nel proprio grembo ed aumenta il numero delle donne, più o meno giovani, che si ritrovano tra le braccia una nuova creatura umana e debbono decidere del suo destino.
Molto spesso questa decisione dipende anche dall’atteggiamento, non solo del padre naturale, ma anche della famiglia di cui la neomadre fa parte.
Direi che il libro nasce soprattutto in riferimento alle situazioni in cui la famiglia della madre o del padre non accettano la creatura della nuova madre o quando la madre si trova in difficoltà per affrontare il problema della maternità.
Da ciò la denominazione di Casa del sogno: sogno di una donna che ha bisogno di una casa che accolga la sua creatura, perché il padre di lei la rifiuta.
CASA DEL SOGNO.
La nuova creatura crea comunque problemi, anche quando la nuova madre è economicamente autonoma solo in virtù del lavoro che svolge.
Qui nasce il libro: persone che, a prescindere dalla loro religione, ma comunque sensibili ad una profonda etica umana, si fanno carico di creare una casa di accoglienza, la casa del sogno della neomadre.
Il libro descrive una CASA DEL SOGNO realizzata alla perfezione.
È inutile descrivere come e da chi questa casa è stata realizzata: l’autrice del libro lo fa meravigliosamente bene.
Il vero problema è un altro: è di natura pedagogica.
La scuola non può limitarsi a far apprendere le discipline.
La scuola deve soprattutto educare, educare alla responsabilità sociale e civica: direi che la scuola deve educare alla convivenza democratica, che è democratica, non solo quando la cosa pubblica è gestita da tutti i cittadini, ma soprattutto  quando obbedisce al comandamento; ama il prossimo tuo come te stesso.
È il primo, e forse, unico comandamento della religione cristiana, ma trova anche nella razionalità umana il suo fondamento, come Kant sostanzialmente afferma: “agisci in modo che la massima della tua azione possa sempre far valere il principio di una legislazione universale”.
Non è necessario essere cattolici per condividere il sogno di Luisa De Matteo che è il sogno di un mondo migliore, del mondo dell’amore fraterno, l’amore che Cristo riassunse in una sola frase: <<ama il prossimo tuo come te stesso>>.
Non so quanti di coloro che pretendono di parlare a nome di Cristo praticano questo comandamento, e questo mi ha addolorato per tutta una vita e mi addolora ancora.
Vorrei chiudere con quanto Lidia De Matteo che, nella CASA DELLA GIOIA, ha descritto come può essere praticato per i bambini senza casa, ma che, evidentemente, vale anche per tutte le situazioni di emarginazione, di abbandono, di miseria, di infelicità, di cui tutti, nel nome di Cristo per i credenti, ma nel nome dell’UOMO per Kant, dovrebbero farsi carico:

RIFLESSIONI
La parte più difficile è stata risvegliarsi da questo meraviglioso sogno così reale, così pulito, così emozionante.
Tutto l’ottimismo che caratterizza il romanzo ci impone di riflettere su quanto sarebbe meraviglioso poter regalare una vita migliore a tanti che non hanno potuto godere di una vita serena.
Le categorie di persone scelte per essere protagoniste di questo racconto rappresentano solo una goccia del mare di discriminazione che oggi caratterizza il nostro mondo.
La scelta di raccontare di loro e di sognare di realizzare qualcosa per loro non vuole prediligere una classe, ma solo iniziare da qualcuno e qualcosa per poi continuare a sognare un mondo migliore. Se solo avessi la possibilità, regalerei a tutti un grande sogno.
Non smettete mai di sognare, i sogni sono gratuiti e regalano emozioni forti. Credere in un sogno può regalare la vita così come una mamma regala la vita ad un figlio.
Sono felice di essere riuscita a condividere con voi tutto questo. LU

Luisa, consenti a chi ha speso e spende ancora la vita nell’educazione, che la scuola, nel suo compito di favorire la formazione delle persone, si preoccupi soprattutto di far nascere in tutti coloro che la frequentano il desiderio e la capacità di impegnarsi perché la vita, questa vita, qui sulla terra, sia per tutti la CASA DELLA GIOIA: una casa reale, di oggi e non di domani!

Iscrizioni per l’a.s. 2012-13

Iscrizioni per l’a.s. 2012-13

Scuola-ASL-Enti locali: coordinamento e compiti – Insegnanti di sostegno – Consigli ai genitori – Numero alunni per classe

A. Santamaria, Dintorni di una donna comune

A. Santamaria, Dintorni di una donna comune
I Libri della Leda, Salerno, 2010

Recensione di Umberto Tenuta

 

Dintorni di una donna comune, ma nulla di comune nei suoi Dintorni. Questo gioco di parole racchiude l’essenza di questo libro che verrebbe “quasi da di¬vorare” dopo averlo iniziato a leggere. Un capitolo “tira l’altro fino a saziarsi” per questa storia dove la protagonista, ogni volta che sembra raggiungere una sua stabi1ità, non fa altro che aggiun¬gere invece un infinito tassello alla sua storia, ricevendo costantemente una “scossa di vita” che la conduce in emi¬sferi diversi, a conoscere ed a vivere situazioni e personaggi a loro modo fortemente carismatici.
Eppure doveva essere una vita di una donna comune …
Umberto Flauto
(DALLA QUARTA DI COPERTINA)

 

Dintorni di una donna comune, ma nulla di comune nei suoi Dintorni, scrive il critico Umberto Flauto.
E così è!
Non c’è nulla di comune, anzi tutto è straordinario.
Più che straordinario, affascinante, coinvolgente, eccezionale!
Comincia la storia di Lidia, bambina che non rifiuta di esserlo, ma pretende anche quello che appartiene, come un sopruso, solo ai bambini.
E, soprattutto, bambina che non accetta la mediocrità, ma vuole ad ogni costo eccellere.
Ed eccelle, sempre, ma soprattutto quando, diventata adulta, sente di non sapere accettare di essere sopraffatta dall’altro, e fa la sua scelta, che il romanzo non dice se altre scelte l’hanno seguita o la seguiranno.
La sua scelta è quella di non essere una donna comune, malgrado il titolo.
E non lo è, questo è certo, come emerge in forma straordinaria dalla seconda parte del romanzo, in Bolivia.
Là rimane la sola protagonista, eccezionale nella sua profonda umanità di donna che non accetta nessuna ingiustizia e, nello stesso tempo, esprime, come meglio non avrebbe potuto fare, la sua profonda umanità e soprattutto tutte le sue eccezionali doti.
Innanzitutto, si rivela scrittrice di altissimo livello nella descrizione senza paragoni dei singolari paesaggi naturali, ma soprattutto dell’ambiente umano: se vuoi conoscere la Bolivia in tutte le sue dimensioni, le pagine di Lidia ti bastano!
Nessuna cinepresa potrebbe darti di più, seppure in pochissime ed efficacissime pennellate. Non si dilunga nelle descrizioni della condizione umana e di quella di un ambiente naturale ed umano così diverso dal nostro, ma anche così simile. Eppure non è una sociologa né una storica, anche se scava nel profondo della cultura indigena di un popolo che creò una cultura eccelsa di cui restano solo, lievi, le impronte, che Lidia evidenzia, porta in primo piano.
Non è una scrittrice, ma una pittrice: tu vedi quello che ella, con poche pennellate, descrive in modo straordinario!
Vorresti approfondire, sapere di più, ma la scrittrice ti offre solo poche parole che affondano nella profondità di una storia di sopraffazioni senza limiti, anche se non sono riuscite a cancellare del tutto quella cultura, diversa, ma umana, come e forse più della nostra.
Descrive la grandezza antica e la miseria attuale di un popolo utilizzando solo pochi personaggi.
Quello più utilizzato è Juanita, la sua empleada, la sua cameriera, una donna tuttofare, che libera Lidia  e le consente finanche di andare a insegnare in un’istituzione educativa.
Juanita è il tramite tra Lidia e quel mondo così lontano, nelle formalità, dal nostro mondo, ma in fondo tanto simile.
E qui vien fuori la grandezza di Lidia, di quella bambina che da piccola non accettava discriminazioni, e continua a non accettarle, rivelando la sua personalità grandiosa, grandiosa nell’amore degli umiliati, degli oppressi, di coloro che soffrono ogni vessazione.
E, come se non bastasse, interviene Lisette, abbandonata dalla madre, moglie del figlio di Juanita che viene portata furtivamente nella casa di Lidia.
Forse, quei dintorni ora svaniscono del tutto: senza sostegno reale del marito, Lidia si fa madre di Lisette.
Provvede a tutto lei: la bambina abbandonata da una madre snaturata ha trovato una madre amorevole, tanto amorevole che se la vuole adottare.
Ma non può.
Anche lei ha i suoi problemi che la riportano in Italia,  sola, coi suoi figli, ma non vinta.
Una donna non comune.
Una donna da conoscere nella sua immensa umanità.
Anche lei, come me, non parla mai di una religione, ma non posso chiudere tacendo che la sua è la mia umanità, quella che io riassumo, nel deismo rousseiano, in una delle affermazioni che, da uomo di scuola, faccio mie: “ama il prossimo tuo come te stesso”, tradotte da Kant nell’imperativo categorico: “Fai in modo che la massima della tua condotta possa valere come principio di una legislazione universale”.
Utilizzo queste due frasi nella mia pedagogia quotidiana che vado predicando.
Ora, forse, la “donna comune” acquista significato.
Se una donna comune diventa la protagonista del romanzo “DINTORNI DI UNA DONNA COMUNE” che chiude col verso “giammai col cuore mi arrendo”, ora so che anche il mio sogno di educatore e di uomo può diventare realtà!