Cicli, ri-cicli… e qualità dell’istruzione!

Cicli, ri-cicli…  e qualità dell’istruzione!

di Pasquale D’Avolio

Chi ha assistito al dibattito che si è svolto nell’ambito del Forum scuola PD di due settimane fa a Roma, e ripreso su vari siti e Facebook (Cerini), si è reso conto che, nonostante il tema fosse la Scuola Media, alla fine gran parte degli interventi hanno utilizzato la “provocazione”  di Berlinguer sulla revisione dei cicli e sulla riduzione complessiva a 12 anni del sistema di istruzione (onde consentire l’uscita a 18 anni dei nostri studenti), per riproporre la vecchia disputa sui modelli ordinamentali: un anno in meno di scuola dell’infanzia e/o di scuola primaria  o il quadriennio alle superiori o addirittura la suddivisione in tre cicli come in Francia? A me ha richiamato molto il dibattito sulla riforma elettorale: modello francese, modello tedesco o spagnolo? E tutti hanno portato valide argomentazioni a sostegno della propria tesi con la mediazione finale del buon Tiriticco, non condivisa da metà dell’uditorio. (Vedi Ipotesi di riordino del sistema di istruzione). A dire il vero non sono mancati interventi (vedi la Ivana Summa e altri) che hanno posto l’accento più sulla “qualificazione” della scuola e della didattica, che nessuna riforma ordinamentale può garantire.

Ciò dimostra che con le ingegnerie ordinamentali si rischia di non fare alcun passo avanti. E’ successo già 10 anni fa e si sa come è andata a finire. Giustamente Cerini e altri, tra i quali chi scrive, hanno richiamato l’esigenza di riforme “ecosostenibili”, partendo da ciò che già c’è (e non è poco), vale a dire gli istituti comprensivi, che a partire dal 2013 saranno il modello italiano all’unità della scuola di base. Certo occorre che gli I.C., come è stato detto, cessino di essere solo un contenitore o un ridisegno della geografia scolastica a vantaggio del MEF e dei Comuni, ben lieti di arrivare a una “semplificazione” delle sedi dirigenziali.

Partiamo quindi dai comprensivi, ma facciamoci rientrare a pieno titolo la Scuola dell’infanzia, che a tutt’oggi è piuttosto una appendice. Purtroppo occorre tener conto che una buona parte delle Scuole dell’infanzia, quelle paritarie intendo, sono “staccate” dalle primarie, per cui c’è una cesura tra esse e le primarie, una “cesura” da superare (come, mi riesce difficile immaginare). E allora il I ciclo diventerebbe “scuola dell’infanzia-primarie-secondarie di I grado” dai 3 ai 14 anni. Certo rimarrebbe il problema del biennio delle superiori  che “al momento” fa parte della secondaria di II grado ma rientra nella “istruzione obbligatoria”, come giustamente faceva notare Tiriticco. Ma qui è meglio non spingersi.

Torniamo al I ciclo e alla scuola dell’infanzia. “Partiamo dai bambini” , dice Iosa, e come non condividere il profondo e appassionato (come sempre) suo intervento (vedi Oggiscuola)? Ma poi il suo discorso si sposta sull’extrascuola e sui danni che produce un certo precocismo presente nella nostra società, oltre all’adultismo.  Ancora una volta sono d’accordo. E tuttavia se le cose stanno così, cosa può fare la scuola per contrastare tale deriva? Si tratta, a mio parere, di intendersi  sul termine “scolarizzazione”. Se quella che viene chiamata SCUOLA dell’infanzia è già “scuola” ( a meno che non vogliamo tornare al vecchio “asilo”) il rischio di una scolarizzazione precoce sta nel trasformare la “scuola dell’infanzia” in una pre-elementare, come purtroppo sta avvenendo in molti casi, indipendentemente dagli ordinamenti e dagli “orientamenti” o Indicazioni. E’ questa il problema di cui preoccuparsi e gli esperti del campo farebbero bene ad occuparsene.  Il “precocismo” quindi non è negli ordinamenti ma ancora una volta nella pratica didattica.

Il percorso  3/14 anni andrebbe visto come un continuum senza “cesure” ordinamentali  con delle “discontinuità” all’interno, in rapporto alla evoluzione dei bambini, che, come è noto, non è uniforme per tutti. Giustamente la Cinzia Mion rileva che “le scuole dell’infanzia che funzionano meglio sono quelle con le sezioni miste di varie età – anche se più faticose da gestire – perché esiste l’insegnamento reciproco, l’apprendimento cooperativo,  il mutuo aiuto, ecc “ Ci vorrebbe più Vigosky e meno Piaget. La letteratura pedagogica ci può aiutare in questo campo, purché sia conosciuta e … applicata: gruppi di apprendimento o “di livello”, classi aperte, personalizzazione ecc.

Tuttavia per la mia breve esperienza di dirigenza di un Istituto comprensivo posso dire che con tutta la buona volontà, non è possibile fare “scuola dell’infanzia” con 27/30 bambini per sezione. Le ore di compresenza, tolta la mensa, sono ridotte al lumicino e così si rischia davvero di tornare all’asilo. Questione di organici, materia difficile da trattare specie di questi tempi, come è difficile far accettare una equiparazione tra docenti della “materna” e quelli della elementare e delle medie. Un vero comprensivo dovrebbe innovare proprio in questo ambito.

Quello che conta è una scuola di base “forte” per una serie di ragioni che non sto qui a enumerare. Ma se vogliamo una scuola di base forte, l’investimento maggiore a mio parere va fatto proprio nella scuola dell’infanzia. Anni fa Lombardo-Radice diceva che il destino della matematica si gioca a 3 anni!

La questione degli organici si può risolvere se rivediamo l’orario complessivo dell’infanzia che delle primarie. Un orario uniforme dalla prima alla quinta è proprio indispensabile? So di sollevare un vespaio se dico che nelle prime due classi delle primarie si potrebbe scendere anche a 25, salvo il “tempo pieno” su cui occorrerebbe fare un discorso serio che qui preferisco non aprire (scuola innovativa o servizio a domanda individuale?). Ancora una volta occorre dire che la “qualità” non coincide sempre con la “quantità” oraria, mentre è più importante la “quantità” delle classi.

Lo sgretolamento del sistema scolastico italiano

Lo sgretolamento del sistema scolastico italiano

di Stefano Stefanel

Il sistema scolastico italiano è scosso, da oltre dieci anni, da riforme continue e contrapposte, ma è rimasto ancorato a molte pratiche del passato, che si sono dimostrate più tenaci o più forti di quelle del presente spinte dalle varie riforme e che avrebbero dovuto prendere il loro posto. Il Ministro Gelmini ha cercato di portare a “destra” la barra della scuola italiana, ma ne è venuta fuori solo più confusione. Ci sono però oggi troppi segnali che è in atto un consistente sgretolamento del sistema scolastico italiano, vista l’assenza totale di una visione comune delle cose e varie opposte fazioni tutte tese ad affermare un proprio punto di vista di volta in volta costituzionale, democratico, liberale, liberista, includente, ecc. E quindi come tale assoluto e non sensibile a pareri diversi. Ciò che si sta sviluppando non è un caos, perché sul caos almeno si può mettere un po’ di ordine, ma una sorta di agenda emergenziale che si muove e si sposta un giorno dopo l’altro senza riuscire ad assestarsi mai. Tutti sono d’accordo sull’impossibilità di una nuova riforma del sistema, ma al tempo stesso nessuno pensa che possiamo rimanere fermi dove siamo ora. Lo sgretolamento non sta avvenendo in forma traumatica ed omogenea, ma nell’ambito di una vita ordinaria della scuola molto ordinata, che viene investita da costanti sollecitazioni che hanno la durata di un paio di giorni l’una. Mancando un indirizzo e un’idea comune manca anche una visione comune delle cose e ognuno tende a diventare estremista in base a quella che reputa nel momento l’emergenza più impellente. Elenco di seguito alcuni elementi dello sgretolamento in atto.

 

Valore legale del titolo di studio

Siamo l’unico Stato dell’Ocse a dare valore legale ai titoli di studio: fine 1° ciclo, fine 2° ciclo, laurea breve, laurea specialistica, ecc. Questo porta all’attuale paralisi concorsuale per cui ogni concorso pubblico porta con sé moltissimi contenziosi che i vari Tar ingarbugliano con sospensive e sentenze spesso contraddittorie, rendendo necessari tempi lunghissimi per espletare procedure che dovrebbero essere invece annuali. Il Miur ha lanciato on line un questionario, ma già le Università statali si stanno orientando a condizionare il Miur per il mantenimento del valore legale del titolo di studio e contestualmente intatta la loro “golden share”, anche a costo di aiutare le varie Università telematiche o inutili che pullulano nella penisola. Esiste su questo problema una dicotomia sociale: tutti invocano scelte in base al merito e a selezioni precise, ma non quando queste riguardano la propria personale posizione, che deve essere tutelata. Il valore legale del titolo di studio non sta favorendo nessuno in questo momento, ma ingessa il sistema, eppure non c’è qualcuno che voglia prendere una chiara decisione e dunque tutto si trascinerà avanti verso un nulla di fatto, che manterrà il valore legale del titolo di studio, non per scelta, ma per “sgretolamento”.

 

Indicazioni per il primo ciclo

E’ arrivato da poco nelle scuole il Report ministeriale sulle Indicazioni (Monitoraggio Indicazioni del 2 aprile scorso). Il documento è ben fatto, ma privo di qualsivoglia utilità, perché raccoglie e dissemina comportamenti, ma non veicola proposte. Dal Report traspare che ognuno ha fatto di testa sua, piegando le Indicazioni ministeriali ad esigenze e storie proprie, in modo da cercare di modificare il meno possibile il proprio assetto. Dalla lettura del Report traspare anche la tendenza da parte di molte scuole a considerare le Indicazioni come una semplice suggestione non destinata ad intaccare più di tanto i programmi ministeriali abrogati ma vivi e che tanto cointinuano ad attirare la didattica italiana.

 

Il reclutamento lombardo

La recente legge della Regione Lombardia (art. 8 della Legge regionale “Cresci Lombardia) sul reclutamento triennale dei precari attraverso concorsi delle scuole e non attraverso graduatorie permanenti ha determinato alcune reazioni piuttosto significative:

–      qualcuno ritiene che non se ne farà niente, perché nessun dirigente vorrà applicare sotto la sua responsabilità la legge lombarda;

–      qualcuno chiede che il Ministro fermi la legge regionale perché contro il Contratto e la Costituzione, anche se il Ministro ha già detto che la sperimentazione si può fare;

–      qualcuno ha detto che la legge è anticostituzionale e deve essere bloccata (ma bisogna trovare qualcuno che la porti davanti alla Corte Costituzionale e poi bisogna che la Corte sia d’accordo con gli esegeti della costituzione abbondanti nell’Italia di oggi);

–      qualcuno ha detto che la Regione Lombardia piena di inquisiti in Consiglio regionale non può approvare procedure che permettano l’assunzione di personale (posizione più volte espressa da Lucio Ficara);

–      qualcuno ha detto che i concorsi locali andrebbero contro l’uguaglianza dei cittadini prevista dalla Costituzione.

Ognuno ha la sua opinione e vedremo come evolveranno le cose. Sarebbe interessante però sapere se la legge interpreta una procedura possibile (ancorché migliorabile), perché molte argomentazioni contrarie riguardano solamente la contrarietà ad assunzioni che sarebbero fatte su basi cattoliche e di destra. Difficile che il dibattito prosegua in forma normale se si vuole stabilire che qualcuno (in questo caso sindacati e sinistra) decidono cos’è costituzionale e chi ha titolo per gestire concorsi.

 

Sicurezza nelle scuole

Il PD ha presentato alla Camera una “bizzarra” proposta che prevede la possibilità per i cittadini di destinare l’8 per mille all’edilizia scolastica. In quel settore di soldi ne servono tanti e con l’8 per mille delle famiglie dei propri alunni ogni scuola probabilmente metterebbe a posto un paio di finestre l’anno. Personalmente sono a favore della destinazione dell’8 per mille al Pof, ma questocredo non verrà fatto perché va contro le Chiese che adesso lo stanno percependo che vedrebbero decurtate e di molto le loro entrate. Dunque la scelta è politica. Interessante è che l’irrealizzabile proposta del Pd non viene giudicata attraverso motivazioni simili alle mie (gettito troppo basso per fare interventi sull’edilizia scolastica, difficile veicolare soldi dell’8 per mille per una generica edilizia scolastica), ma perché la sicurezza è un diritto e non può essere legata alle elargizioni. Con queste argomentazioni si lasciano solo le cose come stanno. L’egualitarismo folle dell’Italia diseguale porta ai paradossi per cui nella stessa città ci sono scuole sicurissime e edifici da ristrutturare in toto. Battendo la strada della sicurezza come diritto e non come scelta consapevole che nasce dal rapporto tra risorse e priorità di fatto si riproduce l’attuale sistema di diseguaglianza sistemica cammuffata da pari opportunità (di diritti alla sicurezza).

 

Difesa della “scuola media”

Dopo gli attacchi alla “scuola media” a seguito della pubblicazione pre-natalizia della Fondazione Agnelli è partita una certa difesa di quel segmento di scuola, anche alla luce della forzata verticalizzazione delle autonomie scolastiche. Anche la scuola media italiana come il valore legale del titolo di studio è indifendibile e proprio per questo sarà difesa ad oltranza. Ho letto addirittura richiami al 1979, alla Riforma di quel tempo, come se da lì non ci fossimo mossi mai. In realtà da lì ci siamo mossi eccome e sempre in peggio. Noin modificare la “scuola media” significherebbe lasciare che il sistema vada alla deriva per suo conto, con “scuole medie” buone e cattive inserite tutte in una verticalizzazione “volontaria”, cioè realizzata solo da chi ne ha voglia.

 

Organico funzionale

L’organico funzionale di scuola e di rete è diventato legge, ma se ne parla molto poco. Gli “esperti” dicono che non se ne farà niente, perché c’è il Contratto Nazionale che vigila. Da un paio d’anni una legge può di nuovo cancellare il Contratto, come è logico che sia, ma questo non fa perdere la certezza ai difensori delle graduatorie permanenti che tutto rimarrà inalterato. Più che dibattito sulle Linee guida delle future reti di scuole e quindi sull’eliminazione degli Ambiti territoriali degli USR in giro c’è molto scetticismo e poco interesse. L’organico funzionale viene visto da parte sindacale solo come un aumento esponenziale di organico di scuola, con la trasformazione degli spezzoni in cattedre. Ma poiché la legge impone il mantenimento dell’organico attuale solo l’organico funzionale di rete può rendere attuabile il mutamento proposto.

Nota 10 aprile 2012, Prot. AOOUFGAB n. 6308/PF

Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca
Ufficio di Gabinetto

 

Ai Capi Dipartimento
Ai Direttori Generali
LORO SEDI
e, p.c.: All’Organismo Interno di Valutazione
Al Capo dell’Ufficio Legislativo
Ai Direttori Generali Scolastici Regionali
LORO SEDI

OGGETTO: Atto di Indirizzo del Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca per l’anno 2012. Diramazione.

Si comunica, per il seguito di rispettiva competenza di codesti Uffici, che il Ministro ha emanato un nuovo atto di indirizzo per l’anno 2012 che attualizza quello n. 10227/GM dell’8 novembre 2011, già inviato a codesti uffici con nota dello scrivente n. 10248/GM pure dell’8 novembre 2011.

Con detto documento, che contestualmente alla presente viene inviato in formato elettronico alle SS.LL. medesime, vengono fissate le priorità politiche e dettate le linee di indirizzo per la programmazione delle attività di questo Ministero per l’anno 2012.

La Direzione Generale per lo studente, l’integrazione, la partecipazione e la comunicazione è pregata di voler cortesemente provvedere alla sua pubblicazione sui siti WEB e INTRANET di questo Ministero dando una visibilità all’importanza del documento in oggetto.

Il Capo di Gabinetto
Dott. Luigi Fiorentino

Interpello MLPS 10 aprile 2012, n. 11

Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali
Direzione generale per l’Attività Ispettiva

Prot. 37/0006869

Al NURSIND
Sindacato delle Professioni Infermieristiche

Interpello 10 aprile 2012, n. 11

Oggetto: art. 9, D.Lgs. n. 124/2004 – impugnazione sanzioni disciplinari – applicabilità art. 7, commi 6 e 7; L. n. 300/1970 alle controversie relative al lavoro pubblico.