A. Civera, Un giorno… non ora

Per una vita di tutti

 di Antonio Stanca

Per i tipi della casa editrice Marna di Barzago (Lecco) è comparso recentemente il romanzo Un giornonon ora di Angela Civera, insegnante elementare nata in provincia di Varese e impegnata finora a svolgere la sua professione e scrivere libri per bambini e ragazzi. Questo è il suo primo romanzo per adulti e viene dopo molte opere prodotte per scopi educativi, didattici, per finalità civili, sociali, per formare i più piccoli, prepararli alla vita. Note sono la serie “Storie di Nene” e la collana “Scarabocchio” che contengono narrazioni per minori e, perciò, scritte in una lingua facile, semplice, corredata di disegni colorati, di parole chiave, di schede-gioco, una lingua volta a divertire e nel contempo trasmettere dei messaggi, insegnare. Favole sono state quelle della Civera, diverse dalle tradizionali perché hanno messo da parte la figura dell’eroe positivo, del personaggio d’eccezione, del bambino o ragazzo prodigio e si sono impegnate a rappresentare quell’infanzia, quell’adolescenza che rimane esclusa dal contesto a causa di difetti, problemi ascrivibili al corpo, alla mente o all’anima, al soggetto, alla famiglia o all’ambiente, al presente, al passato o al futuro. Tanti sono i bambini, i ragazzi che hanno difficoltà e ad essi vuole giungere la Civera con le sue favole, con i suoi giochi, ai loro genitori, ai loro insegnanti, ai loro coetanei vuole parlare affinché si avvii un’operazione di recupero, di rivalutazione, d’integrazione dei più deboli, affinché ci si educhi a stare tutti insieme, a capire il diverso, ad imparare che ognuno vale, ognuno ha la sua vita, il suo significato, la sua importanza.

Molto accolti sono stati i libri della Civera in ambito scolastico, in molte scuole è stata invitata ed è intervenuta personalmente con progetti e lavori finalizzati a realizzare quanto pensato e scritto. Non è solo una teorica ma si adopera pure per dare corpo alle sue teorie, per risolvere tante situazioni. In difesa dei deboli perché  diventino forti, trovino posto nella famiglia, nella scuola, nella società, nella vita, ha pensato, scritto e operato la Civera ed ancora di una debole scrive nel recente romanzo Un giornonon ora, di una donna offesa nei suoi principi, tradita nelle sue fedi, perseguitata nel suo destino.

Bella, elegante, affermata è la quarantenne gallerista e pittrice Eter che, mentre una sera attende sola il ritorno di Gerry, il giovane studente col quale ultimamente si è messa, ricorda la sua vita passata, i suoi uomini precedenti, il marito David e l’amico Ludovico, con i quali aveva creduto di vivere i suoi sogni d’amore, di felicità e dai quali era stata ingannata. Sola era rimasta, sconvolta per quanto subito, l’aveva ritenuto un oltraggio alla sua persona, alle sue aspettative, al suo bisogno di amore, di bene. Il male aveva vinto in diversi modi e non c’era stata la possibilità di salvare rapporti nei quali tanto aveva creduto. Aveva, tuttavia, continuato a credere, a sperare e con il giovane Gerry s’era vista di nuovo realizzata. Anche dopo la morte di questi, avvenuta a causa di un incidente stradale, si riprenderà dallo stato di desolazione che le era derivato. Stavolta sarà il bambino avuto da Gerry ad aiutarla, sostenerla, animarla nel difficile processo di recupero di quelle fedi che tante volte l’avevano abbandonata. Accanita s’era mostrata la vita nei suoi riguardi ma non era riuscita ad annientare la forza del suo animo, la sua capacità di resistere, la sua volontà di continuare ad avere fiducia.

«Non sarebbe mai riuscita a capire Eter l’ingiustizia dell’incomprensibile disegno di vita che le era stato riservato, ma negli ultimi anni aveva raggiunto la consapevolezza che è inutile chiedere spiegazioni o rimpiangere.

Aveva capito che il vero significato dell’amore non consiste nell’ancorarsi disperatamente a qualcuno».

Imparerà Eter che amore significa credere in sé stessi, non  perdere il coraggio, la forza di procedere anche se grave, pericoloso, assurdo è divenuto il cammino. È lei un altro dei personaggi in difficoltà che la Civera aveva prima rappresentato tramite i suoi bambini e ragazzi vittime di tanti problemi. Come con questi anche con Eter ha mostrato che non ci si deve arrendere neppure di fronte ad un dramma, che bisogna guardare alla vita perché i problemi non escludono da essa ma sono soltanto un elemento, un aspetto da comprendere tra i tanti altri.

Chiara, semplice, come deve essere quella di una scrittrice per ragazzi, è la lingua del romanzo e abbastanza riuscito e di notevole significato lo si può considerare tenendo conto che si tratta del primo della Civera.