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15 giugno CdM impugna Legge 7/12 Lombardia

Il Consiglio dei Ministri, nel corso della seduta del 15 giugno 2012, ha deliberato l’impugnativa dinanzi alla Corte Costituzionale della legge Regione Lombardia n. 7 del 18 aprile 2012 “Misure per la crescita, lo sviluppo e l’occupazione” per violazione dei principi fondamentali in materia di istruzione.

12 giugno Audizione Ministro in 7a Senato

Il 12 giugno si svolge, nella 7a Commissione del Senato, l’audizione del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, su tematiche afferenti al suo Dicastero, con particolare riferimento alle equipollenze fra i titoli dell’Alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM) e i titoli universitari e alla situazione delle scuole nelle zone colpite dal recente sisma in Emilia-Romagna.

Dopo una breve introduzione del PRESIDENTE, il ministro PROFUMO, premesso che a legislazione vigente i titoli accademici rilasciati dalle istituzioni AFAM sono già equiparati a quelli universitari, chiarisce che l’equipollenza concerne la corrispondenza, ai fini della partecipazione ai pubblici concorsi, tra i vari titoli accademici per analogia sostanziale di contenuti e di obiettivi formativi.

Afferma poi che nel sistema universitario l’equipollenza fra diplomi di laurea conseguiti in Italia è stata dichiarata per legge fino al 1990; l’articolo 9, comma 6, della legge n. 341 del 1990 ha, successivamente, stabilito che le equipollenze tra i diplomi universitari e quelle tra i diplomi di laurea, al fine esclusivo dell’ammissione ai pubblici concorsi, fossero definite con decreto del Presidente della Repubblica, adottato su proposta del Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica, su conforme parere del Consiglio universitario nazionale (CUN), di concerto con il Ministro per la funzione pubblica.

Dopo aver ricordato l’evoluzione normativa successiva introdotta dalla legge n. 13 del 1991, ai sensi della quale le equipollenze fra i diplomi di laurea sono determinate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o con decreto ministeriale, sottolinea che l’equipollenza si sancisce a partire dalla comparazione degli ordinamenti curriculari dei corsi di studio, finalizzata alla verifica della presenza di requisiti comuni. Non possono, infatti, essere ipotizzate equipollenze sulla base di una generica corrispondenza tra titoli, dovendo essere stabilite da una disamina puntuale degli ordinamenti, dei curricula, dei settori disciplinari e delle affinità, orientata al confronto di specifici corsi di studio.

Fa presente pertanto che l’elemento necessario per il riconoscimento delle equipollenze è stata la preliminare definizione dei settori scientifico-disciplinari degli ordinamenti AFAM. Rileva tuttavia come detta operazione sia stata interrotta da una serie di ricorsi amministrativi fino a che, con l’articolo 3-quinques del decreto-legge n. 180 del 2008 convertito dalla legge n. 1 del 2009, si è normativamente chiarito che era effettivamente necessario determinare i nuovi settori artistico-disciplinari per dare attuazione alla riforma. Evidenzia in particolare che i ricorsi proposti erano stati vinti in primo grado proprio per la mancanza di una previsione normativa espressa in tal senso, benché in secondo grado di giudizio l’amministrazione fosse poi risultata vincente a prescindere dall’intervento legislativo intercorso nel 2009.

Riferisce poi che dal luglio 2009 sono stati emanati tutti i decreti per la definizione dei settori disciplinari e successivamente ha cominciato ad operare un apposito tavolo tecnico CUN-CNAM, con l’ausilio di specifici tavoli tecnici di settore, per individuare, con approfondita e documentata analisi tecnica nell’ambito dei settori disciplinari oramai definiti, le prime equipollenze con i titoli universitari. Rende noto pertanto che sulla base del lavoro già svolto sono stati ad oggi predisposti i decreti di equipollenza per i corsi di studio in Restauro, Design, Progettazione artistica per l’impresa, Musicologia.

Nell’elencare in dettaglio le equipollenze fino ad ora stabilite e quelle in corso, fa presente di aver posto particolare attenzione alla mozione presentata presso la Camera dei deputati e, soprattutto, al disegno di legge n. 4822 pendente presso quel ramo del Parlamento, già approvato in prima lettura dal Senato. Riferisce quindi di aver dato indicazioni alla competente Direzione generale del Ministero di non procedere a nessun altro procedimento di equipollenza, nelle more dell’iter legislativo di approvazione della già richiamata proposta di legge. Puntualizza peraltro di aver esposto tale posizione anche in sede di Comitato ristretto della VII Commissione della Camera, proprio in ordine all’articolo 1, commi 1 e 2, del testo summenzionato, che definisce un sistema di equipollenze fra i diplomi accademici di primo e di secondo livello e, rispettivamente, i diplomi di laurea e di laurea magistrale appartenenti ad alcune classi, ai fini della partecipazione ai pubblici concorsi per l’accesso alle qualifiche funzionali del pubblico impiego per le quali ne è prescritto il possesso.

Quanto al secondo argomento oggetto dell’audizione odierna, dà conto della situazione che coinvolge le sedi scolastiche delle aree terremotate dell’Emilia-Romagna, per un totale di 223 istituti di ogni ordine e grado, distinti per le province più colpite. Fornisce altresì in particolare i dati sugli alunni di tali scuole, pari a  71.412, di cui 3.037 si accingono a sostenere gli esami di Stato della scuola secondaria di primo grado, 7.026 si accingono a sostenere gli esami di Stato della scuola secondaria di secondo grado e 2.375 saranno impegnati negli esami di qualifica negli istituti professionali e negli istituti d’arte.

Precisa inoltre che la situazione contingente, incidendo pesantemente sulla conclusione dell’anno scolastico 2011-2012, in conseguenza dei gravi danni arrecati ad edifici scolastici dichiarati in tutto o in parte inagibili, ha reso necessario procedere all’adozione di disposizioni sulla validità dell’anno scolastico nonché sull’effettuazione degli scrutini e degli esami di Stato. Comunica in proposito che il decreto-legge 6 giugno 2012, n. 74, all’articolo 5, comma 4, ha stabilito che, ove necessario, il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca è autorizzato ad emanare un’apposita ordinanza finalizzata a disciplinare, anche in deroga alle vigenti disposizioni normative, l’effettuazione degli scrutini e degli esami relativi all’anno scolastico 2011-2012 nei comuni colpiti dal terremoto. Fa presente perciò che è stata adottata l’ordinanza ministeriale n. 52 dell’8 giugno 2012 secondo cui, nelle aree interessate dal sisma e per le quali i sindaci abbiano disposto la chiusura degli edifici scolastici, l’anno scolastico 2011/2012 è comunque valido sulla base delle attività didattiche effettivamente svolte, anche se di durata complessiva inferiore a 200 giorni. In aggiunta a ciò, si è deciso che nelle scuole primarie e secondarie di primo e secondo grado, l’ammissione degli studenti alla classe successiva sarà disposta sulla base dello scrutinio finale, anche in deroga alla normativa vigente relativa al conseguimento del limite minimo di frequenza di almeno tre quarti dell’orario annuale personalizzato.

Quanto allo svolgimento degli scrutini e degli esami, nella stessa ordinanza, prosegue il Ministro, si stabilisce che l’ammissione degli studenti all’esame di Stato dell’istruzione secondaria di primo e di secondo grado è deliberata dal Consiglio di classe, anche in mancanza degli atti relativi alla carriera scolastica degli studenti e in assenza di uno o più componenti per motivi strettamente dipendenti dal sisma. Chiarisce poi che i soli candidati coinvolti dagli eventi sismici sosterranno esclusivamente le prove orali e che negli esami di Stato conclusivi del primo ciclo, in deroga alle disposizioni vigenti, il voto finale è costituito dalla media dei voti  in decimi ottenuti nella prova orale e nel giudizio di idoneità, arrotondata all’unità superiore per frazione pari o superiore a 0,5. Relativamente agli esami di Stato conclusivi della scuola secondaria di secondo grado, evidenzia che al colloquio giudicato sufficiente non può essere attribuito un punteggio inferiore a 50 punti, corrispondente alla somma dei punteggi minimi da conseguire per la sufficienza nelle prove scritte e nel colloquio.

Analogamente si procederà per quanto attiene all’esame di qualifica professionale o all’esame per la licenza di maestro d’arte, per cui lo scrutinio si concluderà con un giudizio analitico e un voto, espresso in decimi, per ciascuna materia, anche in mancanza degli atti relativi alla carriera scolastica degli studenti e di uno o più componenti del Consiglio di classe per motivi legati al sisma, e con un voto di ammissione, espresso in centesimi, accompagnato da un giudizio sintetico. Si sofferma poi in dettaglio sugli esami per il conseguimento dei diplomi di qualifica, per i quali non saranno effettuate le prove strutturate o semistrutturate previste dalla normativa vigente e si svolgerà una prova orale davanti al Consiglio di classe. Parimenti, sosterranno esclusivamente le prove orali gli studenti degli istituti d’arte per il conseguimento della licenza di maestro d’arte.

Il Ministro afferma altresì che, ai sensi della predetta ordinanza, le sedi di esame sono determinate dal Direttore generale dell’Ufficio scolastico regionale ovvero, in sua assenza, dal dirigente con funzioni vicarie, o dal dirigente da questi delegato, in relazione allo stato di agibilità dei locali scolastici ovvero alla esistenza di altre strutture ritenute idonee allo scopo dalle competenti autorità.

Per ciò che attiene alla messa in sicurezza delle sedi scolastiche danneggiate – prosegue il Ministro – sono state emanate disposizioni eccezionali con il decreto-legge n. 74 del 2012, in modo da destinare le risorse di cui al decreto ministeriale 30 luglio 2010 alle varie iniziative di ricostruzione. Dopo aver specificato le modalità di riassegnazione di tali somme a seguito di una revoca disposta con decreto ministeriale sentite le Regioni interessate, segnala che nel procedimento è stata interpellata anche la Cassa Depositi e Prestiti; pertanto in virtù del citato decreto ministeriale 30 luglio 2010 si dispone di un importo pari a circa 74 milioni, il cui utilizzo può essere effettuato con le seguenti modalità alternative: gestione diretta delle risorse da parte del Ministero, che le assegnerebbe agli enti individuati come beneficiari dalle competenti Regioniindividuazione del quantumdelle risorse assegnabili e successivo trasferimento delle stesse alle Regioni interessate, che le gestirebbero autonomamente; apertura di un conto di tesoreria, con incarico alla Cassa Depositi e Prestiti disposto con apposita convenzione di procedere ai pagamenti a favore dei singoli enti locali ammessi al beneficio. Al riguardo, precisa che il Ministero ha deciso di optare per lo strumento del trasferimento alle Regioni coinvolte perché lo si considera il più efficace ed immediato tanto per fronteggiare l’emergenza quanto per attuare interventi nel settore, non determinati da una stringente urgenza. Sul fronte emergenziale, è comunque possibile per l’Ufficio scolastico regionale per l’Emilia-Romagna modulare, per il prossimo anno scolastico,  il calendario scolastico, rendere flessibili l’orario e la durata delle lezioni, nonchè articolare diversamente la composizione delle classi o sezioni.

In ultima analisi, il Ministro comunica che nella bozza di contratto collettivo nazionale integrativo sulle utilizzazioni del personale docente, educativo ed ATA, è stata appositamente prevista una possibile riapertura del tavolo di contrattazione per l’esame di eventuali disposizioni derogatorie in favore del personale in servizio nelle zone terremotate.

4 giugno Lettera del ministro ai sindacati della scuola

Il ministro Profumo, il 4 giugno, invia una lettera aperta ai sindacati della scuola in vista delle misure che proporrà in un prossimo Consiglio dei Ministri.

Lettera del ministro Profumo ai sindacati della scuola

Care colleghe e cari colleghi,
per cultura e storia personale sono abituato a prestare la massima attenzione e a mettermi in ascolto quando parlano i rappresentanti dei lavoratori. Nella mia esperienza di cittadino, di docente e infine di Rettore ho incontrato tante volte il sindacato, e ho sempre cercato di farlo mettendomi dalla parte giusta: quella della coesione e della solidarietà nell’interesse generale. Tanto più, quindi, desidero ascoltare e interloquire con voi oggi che mi trovo a fare il ministro. Ho riflettuto sulle osservazioni e sulle critiche che avete voluto fare in questi giorni, sulla base di anticipazioni giornalistiche, ai provvedimenti sulla scuola e l’università che saranno da me proposti mercoledì in Consiglio dei ministri.
Desidero rassicurarvi e fugare uno ad uno tutti i dubbi da voi espressi, che mi sembrano nascere in realtà da una più generale paura che la scuola venga abbandonata a se stessa. Non lo sarà. Non da me, almeno. Non potrei nemmeno volendo – e non voglio – visto che nella scuola e nella formazione ho passato quasi tutta la mia vita, prima da studente e poi da professore, ma anche da marito di un’insegnante e da padre di tre figli.
Capisco però questi timori. La scuola italiana ha attraversato negli ultimi anni un periodo di grande difficoltà, fatto di tagli e di marginalizzazione rispetto all’agenda politica del paese. Di questa messa all’angolo la scuola ha sofferto molto, ed in primis i suoi lavoratori, che si sono sentiti feriti e colpiti.
Sin dall’inizio del mio mandato, però, tutto il mio lavoro è stato indirizzato ad invertire questa tendenza e a rimettere la scuola al centro dell’agenda del Paese. Perché sono fermamente convinto che la scuola, soprattutto in tempi di crisi economica, sia parte della soluzione e non del problema. E voglio anzi dire di più: senza di essa nessuna soluzione potrà mai funzionare.
Non sono solo parole, perché il governo ha già operato con grande concretezza in questa direzione. Nella prossima stagione, nonostante le difficoltà di bilancio, per la prima volta dopo sette anni consecutivi i cicli scolastici manterranno lo stesso organico del 2011-2012. Vi assicuro, non è stato semplice. Così come non è stato semplice  reperire un miliardo di fondi europei per il sud e principalmente per la scuola del bisogno. Ed ancora, scovare 117 milioni per cento scuole di “seconda occasione”, che offrono un’altra possibilità a chi ha abbandonato. Così come altri 400 milioni per gli asili nido, ancora al sud, in modo da dare cura all’infanzia e possibilità a molte donne di poter lavorare nel tessuto produttivo nazionale.
Non è mia intenzione rifugiarmi dietro un elenco notarile, che pure è costato tanta fatica e segnala una precisa scelta politica, per eludere il nodo da voi evidenziato. Mercoledì in Consiglio dei ministri non proporrò certo provvedimenti sul premio a chi si impegna nella scuola alternativi allo  sforzo, che invece deve essere sempre più intenso, per fare della scuola un mondo dove nessuno è lasciato indietro, a cominciare dai più deboli e svantaggiati. Questi provvedimenti li intendo invece come del tutto complementari. Così come prevede l’articolo 34 della nostra Costituzione. Mantenendo la giusta proporzione fra i diversi obiettivi: impegniamo qualche decina di milioni per le misure a favore dell’impegno nell’eccellenza, e più di un miliardo di euro per la scuola di tutti.
Questa è anche la logica che lega il nostro impegno per la scuola a quello per l’università, che pensiamo indissolubilmente congiunti. E’ in questa prospettiva, per esempio, che abbiamo previsto una presenza non occasionale dei docenti universitari nelle scuole e forme più efficaci di orientamento. Il tipo di scuola e di università che il governo intende promuovere non è quello dove vi è posto solo per i più bravi, ma al contrario quello dove la centralità della funzione didattica viene esaltata a vantaggio di  tutti. E questo lo si può fare solo se si concepiscono diritto allo studio e misure premio per chi si impegna di più come due facce della stessa medaglia di una scuola moderna, europea ed inclusiva. Per questo ho inteso lavorare in queste settimane prima ad un provvedimento sul potenziamento del diritto allo studio universitario, dove nell’appena pubblicato decreto legislativo n. 68 del 29 marzo 2012  le risorse disponibili sono passate da 110 milioni di euro a quasi 150, per poi proporre un pacchetto di misure premiali per chi si impegna nel sistema formativo, sia da studente sia da professore.
Non sempre è stato così, nella storia della cultura politica dei partiti e in quella sindacale, dove pure grande è l’attenzione per la coesione sociale e a non lasciare nessuno indietro. Questa esclusività e visione di due sistemi come alternativi poteva essere forse vera qualche decennio fa, in tutt’altro contesto economico e politico, prima della globalizzazione. Oggi non lo è più, ed è la stessa Europa – è stata la commissaria europea in visita a Roma a dirmelo con grande decisione – a volere da noi una modernizzazione della nostra visione della formazione.
Quel che stiamo facendo, però, non lo facciamo solo per l’Europa o perché qualcuno ce lo impone. Lo facciamo per un dovere di fedeltà alla nostra Costituzione e ai valori di eguaglianza, di dignità e di opportunità in essa sanciti. La rinuncia della scuola e dell’università italiane a valorizzare al suo interno i “capaci e meritevoli” rappresenta una scelta di fatto – anche se non di diritto – elitaria e discriminatoria proprio nei confronti dei più deboli. Se la scuola e l’università rinunciano a fornire a chi ne potrebbe usufruire e a chi si impegna in esse possibilità formative di “eccellenza”, di fatto le lascia alla pura forza di chi ha una famiglia alle spalle che se le possa permettere. L’antagonismo ideologico tra equità e merito non ha più ragion d’essere nel mondo globalizzato di oggi e si rivela sempre più una scelta di classe a favore dei ricchi, indipendentemente dal loro merito e dall’apporto che sapranno portare all’intero paese. La competizione di un volta tra sistemi nazionali è divenuta oggi anche competizione mondiale tra individui e noi italiani non possiamo fare a meno di confrontarci seriamente con questo passaggio d’epoca.
Lo ripeto: diritto allo studio e misure premio per chi si impegna di più sono due facce della stessa medaglia di una scuola moderna, europea ed inclusiva. Ne sono davvero convinto. Certo, non è un concetto di immediata intuizione, perché il diritto allo studio è universale, mentre il premio è per sua natura selettivo. Ma sono sicuro che, esaminando nel merito tutte le proposte, su cui sono sempre aperto al confronto, potrete riconoscere che la filosofia che le innerva non è quella di  un modello elitario e spietato,  bensì quello di una democrazia aperta e attenta soprattutto ai più deboli.  Solo così potremo fare il bene allo stesso tempo del nostro paese e dei nostri ragazzi. E a questo modello inclusivo ma flessibile intendo lavorare nei mesi che rimangono del mio incarico, spero con il vostro sostegno.

A presto
Francesco Profumo