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27 luglio IRC in CdM

Il Consiglio dei Ministri, nel corso della riunione del 27 luglio, ha preso atto dell’Intesa tra MIUR e CEI sulle nuove indicazioni per l’insegnamento della religione cattolica nel secondo ciclo di istruzione.

Il 28 giugno 2012 è stata firmata l’intesa tra il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca e la Conferenza episcopale italiana sulle nuove indicazioni per l’insegnamento della religione cattolica (Irc) nel secondo ciclo di istruzione. L’intesa, in conformità con la riforma della scuola secondaria superiore entrata in vigore dall’anno scolastico 2010-2011, prevede che la proposta didattica per l’Irc si differenzi per i licei, gli istituti tecnici, gli istituti professionali e i percorsi di istruzione e formazione professionale.
Nello specifico, anche per l’Irc, sul modello delle altre discipline di insegnamento, la strategia didattica mira a individuare le competenze che lo studente dovrebbe raggiungere al termine di ciascun periodo didattico.

20 luglio Province e Festività in CdM

Il Consiglio dei ministri, riunitosi il 20 luglio 2012, ha definito i criteri per il riordino delle province e la questione del calendario delle festività e delle celebrazioni nazionali.

Di seguito un estratto del comunicato stampa:

Il Consiglio ha definito i criteri per il riordino delle province – dimensione territoriale e popolazione residente – previsti dal decreto sulla spending review (cfr. comunicato stampa del 5 luglio “Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica”). In base ai criteri approvati, i nuovi enti dovranno avere almeno 350mila abitanti ed estendersi su una superficie territoriale non inferiore ai 2500 chilometri quadrati.
Nei prossimi giorni il Governo trasmetterà la deliberazione al Consiglio delle autonomie locali (CAL), istituito in ogni Regione e composto dai rappresentanti degli enti territoriali (in mancanza, la deliberazione verrà trasmessa all’organo regionale di raccordo tra Regione ed enti locali). La proposta finale sarà trasmessa da CAL e Regioni interessate al governo, il quale provvederà all’effettiva riduzione delle province promuovendo un nuovo atto legislativo che completerà la procedura.
Le nuove province eserciteranno le competenze in materia ambientale, di trasporto e viabilità (le altre competenze finora esercitate dalle Province vengono invece devolute ai Comuni, come stabilito dal decreto “Salva Italia”). La soppressione delle province che corrispondono alle Città metropolitane – 10 in tutto, tra cui Roma, Milano, Napoli, Venezia e Firenze – avverrà contestualmente alla creazione di queste (entro il 1° gennaio 2014).
Il Consiglio dei Ministri ha esaminato la questione del calendario delle festività e delle celebrazioni nazionali. Il decreto legge n. 138, approvato dal precedente Governo nell’agosto 2011, prevede infatti che, a decorrere dall’anno 2012, il Presidente del Consiglio stabilisca ogni anno le date in cui ricorrono le festività introdotte con legge dello Stato non conseguenti ad accordi con la Santa sede, nonché le celebrazioni nazionali e le festività dei Santi Patroni, ad esclusione del 25 aprile, del 1° maggio e del 2 giugno.
Il Consiglio ha deciso di non procedere all’accorpamento delle festività per tre ragioni. Anzitutto perché, secondo le stime della Ragioneria generale, la misura non dà sufficienti garanzie di risparmio, contrariamente a quanto indicato dalla norma (che individua nel risparmio di spesa la propria finalità principale).
Inoltre, perché a differenza di quanto indicato dal decreto legge del 2011 nella parte in cui fa riferimento a “diffuse prassi europee”, non esistono in Europa previsioni normative di livello statale che accorpino le celebrazioni nazionali e le festività dei Santi Patroni. In alcuni Paesi (ad esempio la Germania, l’Austria e la Spagna) la celebrazione delle festività dei Santi Patroni rientra nell’autonoma determinazione delle autorità locali che le fanno coincidere col giorno a questi dedicato nel calendario gregoriano. Nei Paesi anglosassoni – ad esempio in Irlanda e in Scozia – i Santi Patroni delle principali città sono riconosciuti e celebrati, con giornate festive stabilite a livello statale.
Infine, perché l’attuazione della misura nei confronti dei lavoratori privati violerebbe il principio di salvaguardia dell’autonomia contrattuale, con il rischio di aumentare la conflittualità tra lavoratori e datori di lavoro.

10 luglio Risoluzione 7a Senato su Sentenza Corte Costituzionale 147/12

Il 26 giugno, il 4 ed il 10 luglio la 7a Commissione del Senato esamina la Sentenza della Corte costituzionale n. 147 del 4 giugno 2012, dichiarativa dell’illegittimità costituzionale dell’articolo 19, comma 4, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111.

(7a Senato, 26 giugno 2012) Il relatore RUSCONI (PD), nel sottolineare l’urgenza della procedura in titolo, anche a fronte dell’imminente incontro fra Governo e Regioni, tiene anzitutto a precisare che la Corte costituzionale ha sanzionato solo il metodo, non anche il merito, della norma approvata dal precedente Governo. Ciò sgombra il campo, a suo avviso, da possibili polemiche, in considerazione della più ampia maggioranza che sostiene il Governo attualmente in carica. La Consulta ha infatti eccepito che, trattandosi di competenza concorrente, occorreva un maggior coinvolgimento delle Regioni, cui doveva essere lasciato ogni intervento di dettaglio, riconoscendo tuttavia il diritto dello Stato di ridurre il numero dei dirigenti scolastici per conseguire risparmi di spesa.
Poiché peraltro la sentenza interviene a piani di dimensionamento pressoché completati, egli preannuncia l’intenzione di proporre che per l’anno scolastico 2012-2013 gli organici siano mantenuti inalterati, ancorché elaborati sulla base di una norma dichiarata illegittima. Ciò, al fine di garantire quanto meno certezza al mondo della scuola. Anticipa indi la proposta di procedere ad una audizione della Conferenza Stato-Regioni, onde sviluppare un confronto circa i parametri da adottare per l’anno scolastico successivo.
Entrando nel merito della sentenza n. 147 del 2012, con cui la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell’articolo 19, comma 4, del decreto-legge n. 98 del 2011, egli precisa che essa fa seguito a ricorsi promossi da sette Regioni (Toscana, Emilia-Romagna, Liguria, Umbria, Sicilia, Puglia e Basilicata), le quali ritenevano la norma lesiva del loro ambito di competenza legislativa.
In particolare, riferisce che la disposizione impugnata aveva ad oggetto la rete scolastica e il dimensionamento delle scuole: essa disponeva infatti l’obbligatoria ed immediata costituzione di istituti comprensivi, mediante l’aggregazione della scuola dell’infanzia, della scuola primaria e di quella secondaria di primo grado, con la conseguente soppressione delle istituzioni scolastiche costituite separatamente, e la definizione della soglia numerica di 1.000 alunni che gli istituti comprensivi dovevano raggiungere per acquisire l’autonomia; soglia ridotta a 500 per le istituzioni site nelle piccole isole, nei comuni montani e nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche.
Nel riepilogare anzitutto la ripartizione di competenze tra lo Stato e le Regioni in materia di istruzione in virtù della riforma del Titolo V della Costituzione, rammenta che la Consulta ha ben individuato – già con la sentenza n. 200 del 2009, confermata dalla sentenza n. 147 – la distinzione tra la competenza esclusiva dello Stato circa le norme generali sull’istruzione e la competenza concorrente delle Regioni sui principi fondamentali in materia di istruzione. Nel primo ambito – competenza esclusiva – rientrano «quelle disposizioni statali che definiscono la struttura portante del sistema nazionale di istruzione e che richiedono di essere applicate in modo necessariamente unitario e uniforme in tutto il territorio nazionale, assicurando, mediante una offerta formativa omogenea, la sostanziale parità di trattamento tra gli utenti che fruiscono del servizio dell’istruzione (interesse primario di rilievo costituzionale), nonché la libertà di istituire scuole e la parità tra le scuole statali e non statali». Afferiscono invece alla competenza concorrente «quelle norme che, nel fissare criteri, obiettivi, direttive o discipline, pur tese ad assicurare la esistenza di elementi di base comuni sul territorio nazionale in ordine alle modalità di fruizione del servizio dell’istruzione, da un lato, non sono riconducibili a quella struttura essenziale del sistema d’istruzione che caratterizza le norme generali sull’istruzione e, dall’altra, necessitano, per la loro attuazione (e non già per la loro semplice esecuzione), dell’intervento del legislatore regionale». A giudizio della Corte, dunque, l’organizzazione della rete scolastica si inquadra nell’insieme delle competenze concorrenti delle Regioni.
Il relatore precisa poi che detta materia è stata disciplinata dal Legislatore con diverse norme, da ultimo con il decreto-legge n. 112 del 2008 (articolo 64, comma 4-quater), che riconosceva la competenza delle Regioni salvo il rispetto di parametri fissati con d.P.R. n. 233 del 1998. Sottolinea pertanto come all’atto di emanazione dell’articolo 19, comma 4, le Regioni avevano già provveduto all’approvazione dei piani regionali di dimensionamento in vista dell’inizio dell’anno scolastico 2011-2012, secondo lo schema di cui al citato d.P.R. n. 233 del 1998.
Egli riferisce quindi che la Corte, dopo aver rilevato l’ambiguità della disposizione impugnata, la quale non esclude l’ipotesi di soppressioni pure e semplici, pur regolando solo quelle finalizzate all’aggregazione, l’ha ritenuta rientrante nella competenza concorrente, per cui lo Stato poteva stabilire esclusivamente i principi fondamentali. A detta della Corte, infatti, “l’aggregazione negli istituti comprensivi, unitamente alla fissazione della soglia rigida di 1.000 alunni, conduce al risultato di ridurre le strutture amministrative scolastiche ed il personale operante all’interno delle medesime, con evidenti obiettivi di risparmio; ma, in tal modo, essa si risolve in un intervento di dettaglio, da parte dello Stato, in una sfera che, viceversa, deve rimanere affidata alla competenza regionale”. Fa notare altresì come il carattere di intervento di dettaglio nel dimensionamento della rete scolastica emerga, con ancor maggiore evidenza, dalla seconda parte del comma 4, relativa alla soglia minima di alunni che gli istituti comprensivi devono raggiungere per ottenere l’autonomia.
Non è stata perciò accolta, prosegue il relatore, la tesi dell’Avvocatura dello Stato secondo cui la norma aveva finalità di carattere generale in quanto volta al contenimento della spesa pubblica, da un lato, e dall’altro fissava requisiti minimi per l’autonomia delle scuole, facendo parte così della competenza esclusiva statale.
Egli puntualizza poi che è stata invece giudicata costituzionalmente legittima la successiva disposizione, di cui all’articolo 19, comma 5, del decreto-legge n. 98 del 2011, parimenti impugnata dalle Regioni. Tale norma, secondo cui alle istituzioni scolastiche autonome costituite con un numero inferiore a 600 unità (ridotto a 400 per le scuole site in piccole isole, comuni montani e aree caratterizzare da specificità linguistiche) non possono essere assegnati dirigenti scolastici a tempo indeterminato, ma debbono essere coperte con incarichi di reggenza, pur incidendo a sua volta in modo significativo sulla rete scolastica, è stata ritenuta legittima dalla Corte in quanto non sopprime i posti di dirigente, limitandosi a prevederne una diversa modalità di copertura. Osserva del resto che i dirigenti scolastici sono dipendenti pubblici statali, non regionali; il titolo di competenza esclusiva statale prevale perciò sul titolo di competenza concorrente. Il perseguimento della finalità di contenimento della spesa pubblica attraverso un diverso criterio di assegnazione dei dirigenti scolastici rientra infatti pienamente – ad avviso della Corte – nell’ambito di competenza esclusiva dello Stato.
Tenuto conto della pronuncia di illegittimità costituzionale dell’articolo 19, comma 4, reputa infine necessario capire quali scenari si prefigurano per il prossimo anno scolastico. Nel far presente che le Regioni hanno già dato seguito alla norma, ora censurata, per la formazione degli organici, rimarca che risulterebbe alquanto problematico riscorporare ora gli istituti aggregati. Rende quindi noto con sollievo che le Regioni – di cui ripropone l’audizione – hanno responsabilmente dichiarato che manterranno inalterata la situazione per l’anno scolastico 2012-2013, in ossequio ad un principio di buon andamento dell’amministrazione, salvo però intervenire per l’anno successivo.
Soffermandosi su alcuni dati, il relatore riferisce indi che i piani di dimensionamento della rete scolastica, con decorrenza dal 1° settembre 2012, adottati dalle Regioni, hanno prodotto una riduzione di 1.013 istituzioni scolastiche, benché non tutte le Regioni abbiano ultimato i propri piani.
A seguito di tali interventi, emerge la seguente distribuzione per numero di alunni: fino a 300: 105 scuole; fino a 400: 309 scuole; fino a 500: 489 scuole; fino a 600: 805 scuole; fino a 700: 1.168 scuole; da 701 a 1.100: 4.331 scuole; da 1.101 a 1.300: 1.110 scuole; da 1.301 a 1.500: 533 scuole; da 1.501 a 1.700: 163 scuole; da 1.701 a 1.900: 54 scuole; da 1.901 a 2.100: 16 scuole; oltre 2.100: 5 scuole, per un totale nazionale di 9.088 scuole.
È evidente peraltro, prosegue il relatore, che il disagio conseguente all’accorpamento in un unico istituto di oltre un migliaio di alunni è diverso in un piccolo comune ovvero in un’area più vasta, nella quale occorra coprire maggiori distanze.
Egli pone perciò l’accento sulla necessità di individuare un parametro che consenta di determinare il contingente di dirigenti scolastici da assegnare a ciascuna Regione nell’ambito del quale ciascuna possa compiere le scelte più adatte al proprio territorio. A suo giudizio, esso deve essere basato, da un lato, sul numero di alunni di ciascuna Regione e, dall’altro, sull’esigenza di contenimento della spesa pubblica. Ciò permetterebbe alle Regioni di definire la propria rete scolastica autonomamente, senza dover rispettare un numero di alunni uguale per tutte le scuole, dimensionando queste ultime a seconda delle diverse realtà territoriali.
Tenuto conto che il rapporto medio nazionale, dopo gli accorpamenti del 2012-2013, è pari a 860 alunni per scuola, per un totale di 8.617 istituti scolastici, egli propone il parametro di 900 alunni, con il quale gli istituti scolastici salirebbero a 8.692. Lo scarto sarebbe pertanto assai contenuto, pari ad appena poche decine di scuole, mentre l’autonomia delle Regioni sarebbe salvaguardata.

Il sottosegretario Elena UGOLINI conferma che per domani è previsto un incontro con le Regioni dedicato all’avvio del prossimo anno scolastico. In quella sede, sarà probabilmente convenuto di lasciare immutati gli organici per il 2012-2013, mentre sarà avviata una discussione per rivedere i parametri a partire dal 2013-2014. Ritiene pertanto assai utile ogni indicazione che sarà fornita al riguardo dal Senato.

 

(7a Senato, 4 luglio 2012) Riprende l’esame sospeso nella seduta del 26 giugno scorso, nel corso della quale – ricorda il PRESIDENTE – è stata svolta la relazione introduttiva del senatore Rusconi. Fa presente altresì che l’Ufficio di Presidenza integrato dai rappresentanti dei Gruppi ha appena svolto l’audizione di rappresentanti della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome.

Nel dibattito interviene quindi la senatrice SOLIANI (PD), la quale sottolinea l’importanza dell’autonomia scolastica che trae origine dalla legge n. 59 del 1997. Dopo aver ricordato gli effetti negativi del decreto-legge n. 112 del 2008 in tema di dimensionamento della rete scolastica, ritiene che la sentenza n. 147 della Corte costituzionale rappresenti un’occasione unica per interloquire con le Regioni sul piano della gestione concreta dell’autonomia.
Nel richiamare poi la giurisprudenza della Corte in materia, registra con piacere che il giudice relatore della pronuncia in esame è Sergio Mattarella, uno dei protagonisti di un momento evolutivo di rilievo per il processo che ha condotto all’autonomia scolastica.
Afferma peraltro che gli aspetti fondamentali della pronuncia della Consulta attengono, da un lato, alla necessità che lo Stato concerti con le Regioni le modalità di organizzazione della rete scolastica e, dall’altro, all’imprescindibile rispetto dell’autonomia, in virtù della quale non è possibile un intervento di dettaglio in ambiti di legislazione concorrente.
Giudica altresì interessante il criterio della dimensione longitudinale degli istituti comprensivi, in luogo di un mero parametro numerico, onde consentire alle Regioni di tener conto delle rispettive peculiarità. Osserva del resto come la consistenza delle scuole rappresenti un valore per le comunità di riferimento.
Nel ribadire l’importanza della concertazione e dell’autonomia, si interroga quindi sulla capacità delle Regioni di non produrre squilibri eccessivi nell’attuazione del dimensionamento. Precisa inoltre che la sentenza ha ribadito la competenza statale sul personale scolastico e dirigenziale, in ossequio ad un principio di parità di trattamento per tutti gli studenti italiani. Ciò non toglie tuttavia la possibilità di un’assegnazione del personale, in particolare di quello dirigenziale, che sia funzionale e flessibile per assicurare le specificità territoriali.
Reputa pertanto che lo Stato debba indicare le condizioni per l’attuazione dell’autonomia, anche ai fini del bilancio, tenendo comunque presente che vi saranno presumibilmente dei tagli ulteriori agli uffici periferici del Ministero, data la situazione in costante trasformazione.
Nell’auspicio che tali considerazioni siano recepite nello schema di risoluzione del relatore, giudica assai utile offrire delle prospettive concrete per l’attuazione della sentenza per l’anno scolastico 2013-2014, cogliendo così l’occasione per dare degli indirizzi all’Esecutivo. Ritiene infine che la sentenza raccolga l’intero patrimonio di cultura istituzionale e politica acquisito finora.

Il senatore ASCIUTTI (PdL) attribuisce un particolare merito alla pronuncia della Corte nella misura in cui essa ha posto l’attenzione sul rapporto tra lo Stato e le Regioni in questa materia. Invita peraltro a considerare il particolare contesto attuale, che vede le Regioni in seria difficoltà nella gestione della propria sfera di competenza attribuita dal Titolo V. Registra infatti criticamente una sorta di impossibilità tecnica di funzionamento, che potrà condurre ad una nuova centralizzazione oppure ad una più spiccata autonomia.
Ritiene comunque che qualora il personale scolastico rientrasse nelle competenze regionali vi sarebbe un aumento dei costi, come accade già in altri settori.
Concorda pertanto con la piena autonomia, purché ad essa consegua la responsabilità, in modo che lo Stato non debba poi sopperire alle negligenze delle amministrazioni regionali. Rammenta altresì che già dal 1997 si è legiferato in materia di dimensionamento, su cui si potrà dunque riflettere alla luce della summenzionata sentenza n. 147.
Nel ribadire nuovamente la competenza esclusiva statale sul personale direttivo delle scuole, si augura che possano essere date indicazioni precise alle Regioni sul percorso da intraprendere, ponendo al centro l’autonomia e in particolare l’organico funzionale. Si interroga conclusivamente sulla capacità delle Regioni di assumersi in concreto la responsabilità per il personale docente, che implicherebbe comunque un ripensamento del Titolo V della Costituzione.

In una breve interruzione la senatrice Vittoria FRANCO (PD) precisa che in base al testo vigente della Costituzione la gestione del personale scolastico rientra nella sfera di legislazione esclusiva dello Stato.

Il senatore PETERLINI (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI) esprime un giudizio senz’altro positivo sulla sentenza n. 147, ravvisando l’assoluta coerenza nella giurisprudenza della Corte in materia di limiti della legislazione statale rispetto a quella concorrente. Cita poi gli ambiti riservati allo Stato per quanto riguarda le norme generali sull’istruzione, concordando altresì con il senatore Asciutti circa la necessità di trasferire competenze solo previa responsabilizzazione e indicazione degli obiettivi, anche per quanto concerne il piano finanziario. Rammenta del resto che un principio analogo è stato seguito in occasione dell’esame della legge n. 240 del 2010 sull’università, che ha tentato proprio di coniugare autonomia e responsabilità.
Riallacciandosi alla puntualizzazione della senatrice Vittoria Franco, ritiene che sull’assunzione di personale non vi sia un preclusione netta a che possano subentrare le Regioni.

Dopo che la senatrice Vittoria FRANCO (PD) ha ribadito la sfera di competenza statale sul personale scolastico, il PRESIDENTE ricorda il contenuto dell’articolo 117, nonché dell’articolo 33, secondo comma, della Costituzione in materia di istruzione.

Poiché nessun altro chiede di intervenire nel dibattito, il PRESIDENTE dichiara chiusa la discussione generale e rinvia il seguito dell’esame.

 

(7a Senato, 10 luglio 2012) Riprende l’esame sospeso nella seduta del 4 luglio scorso, durante la quale – ricorda il PRESIDENTE – si è conclusa la discussione generale.

Replica il relatore RUSCONI (PD), registrando con soddisfazione la consonanza degli interventi nel dibattito rispetto ai contenuti dell’audizione dei rappresentati della Conferenza delle Regioni. A tale ultimo riguardo esprime un particolare apprezzamento alla disponibilità delle Regioni ad attuare la sentenza secondo il principio di sussidiarietà verticale e di gradualità, ferma restando la necessità di utilizzare parametri unici.
Illustra quindi uno schema di risoluzione, pubblicato in allegato al presente resoconto, nel quale sono individuati alcuni impegni di carattere generale indirizzati all’Esecutivo, per quanto concerne le modalità del confronto con le amministrazioni regionali e la certezza dei criteri. In seconda battuta, fa presente di aver suggerito la previsione di parametri considerati come media regionale, come del resto richiesto anche dalla Conferenza dei Presidenti delle Regioni, in modo da rispettare le diverse realtà territoriali. Osserva infine che, a fronte di un parametro di 910 alunni a legislazione vigente e una media regionale pari a 861 alunni, potrebbe essere proposta la soglia di 900 alunni.

Il sottosegretario Elena UGOLINI ritiene che lo schema di risoluzione sia coerente con quanto il Ministero si è impegnato a realizzare con le amministrazioni regionali. Ribadisce infatti che l’anno scolastico 2012-2013 inizierà senza cambiamenti rispetto alla sentenza della Corte, mentre la pronuncia della Consulta si attuerà a partire dal 2013-2014. In questo caso il Dicastero assegnerà un contingente di dirigenti scolastici alle Regioni, le quali saranno chiamate a decidere le modalità di distribuzione in relazione alle diverse esigenze, nel rispetto degli studenti e della natura del territorio.

Il senatore ASCIUTTI (PdL) si dichiara d’accordo con l’impostazione della risoluzione, manifestando tuttavia il dubbio che nella definizione del parametro non sia adeguatamente considerato il diverso peso che la natura del territorio gioca all’interno di ciascuna Regione. Afferma infatti che, accanto al numero di alunni, dovrebbe essere previsto anche un collegamento con la specificità territoriale.

Il sottosegretario Elena UGOLINI osserva che le considerazioni del senatore Asciutti possono essere ricomprese nella considerazione dei parametri come media regionale.

Il relatore RUSCONI (PD) condivide la fondatezza delle affermazioni del senatore Asciutti, ricordando comunque che le Regioni si sono dichiarate disponibili ad aggiustamenti e compensazioni, secondo un principio di solidarietà e di sussidiarietà verticale, tanto più che esse sono assai differenti fra loro. Proponendo dunque la soglia di 900 alunni e alla luce delle dichiarazioni rese dalle amministrazioni regionali, potrà essere agevolmente individuata una soluzione equilibrata e graduale per tutte. L’eventuale maggiore precisione nella elaborazione dei parametri deve quindi a suo avviso essere lasciata alla concertazione tra Governo e Regioni.

Il senatore ASCIUTTI (PdL) fa presente che la presunta compensazione tra le Regioni si basa su un dato volontario e presuppone comunque un problema territoriale.

Il senatore PROCACCI (PD) concorda con le osservazioni del senatore Asciutti, sottolineando come accanto al numero di alunni e all’esigenza di contenimento della spesa pubblica, vada previsto anche un criterio oggettivo che tenga conto delle caratteristiche del territorio, come ad esempio la densità abitativa. Occorre infatti dare certezza e chiarezza onde poter poi assicurare una gestione coerente e non traumatica.
Nel dare atto alle Regioni di un atteggiamento di responsabilità per quanto riguarda la non applicazione della sentenza per il prossimo anno, chiede a sua volta che si modifichi la bozza di risoluzione inserendo esplicitamente l’aspetto territoriale nella predisposizione dei criteri.

Anche la senatrice SOLIANI (PD) condivide la sollecitazione del senatore Asciutti, paventando che il dato numerico esclusivamente quantitativo degli alunni non sia sufficiente a rappresentare le diversità territoriali. Chiede inoltre che venga preso in considerazione anche un ulteriore parametro, relativo alla coerenza didattica della scuola con il sistema generale di istruzione.

Il presidente POSSA (PdL) manifesta perplessità sul punto n. 4) degli impegni di carattere generale di cui alla lettera A. Ritiene infatti che i risparmi debbano essere ottenuti celermente, in un’ottica che mal si concilia con la gradualità. Concorda perciò con la fissazione di un parametro che rispetti l’autonomia regionale, ma pone al tempo stesso l’accento sull’esigenza di conseguire rapidamente i risparmi.

Il senatore de ECCHER (PdL) ravvisa una contraddizione nel summenzionato punto 4). Osserva infatti che la prevista gradualità dei processi di dimensionamento contrasta con l’asserita volontà di non sottoporre le istituzioni scolastiche a continui mutamenti.

Il senatore PITTONI (LNP) fa presente che l’articolo 14, comma 6, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, sulla spending review, limita la tutela delle minoranze linguistiche a quelle di lingua madre straniera, discriminando così quelle che sono parlate solo in Italia. Ciò, nonostante che la legge n. 482 del 1999 disponga una tutela unitaria per tutte le minoranze. Poiché ciò ha una sua rilevanza nell’attribuzione delle dirigenze scolastiche, chiede di inserire un richiamo alla piena tutela di tutte le minoranze al punto 1) degli impegni di dettaglio di cui alla lettera B.

Il senatore MILONE (PdL) osserva che, laddove si preveda l’incrocio di più parametri, occorre stabilire un tetto massimo ed uno minimo anziché individuare un dato numerico unico.

Preso atto dei suggerimenti avanzati, il relatore RUSCONI (PD) si dichiara disponibile a sopprimere il punto n. 4) degli impegni di carattere generale di cui alla lettera A, nonché a modificare il punto 1) degli impegni di dettaglio di cui alla lettera B nel senso di tenere conto anche delle caratteristiche dei territori, nonché della coerenza delle scelte didattiche delle scuole rispetto al sistema nazionale.

Il presidente POSSA (PdL) rileva che la coerenza didattica delle scuole non può che rientrare fra i criteri con cui le Regioni distribuiscono il contingente di dirigenti scolastici loro attribuito dallo Stato.

Concorda il senatore ASCIUTTI (PdL).

Il senatore PITTONI (LNP) rinnova la richiesta di introdurre una esplicita tutela di tutte le minoranze linguistiche al punto 1) degli impegni di dettaglio di cui alla lettera B.

Il senatore de ECCHER (PdL) esprime netta contrarietà a tale proposta.

A giudizio del senatore ASCIUTTI (PdL) detta tematica deve essere affrontata nella sua sede propria, rappresentata dal decreto-legge sulla spending review.

Conviene il senatore VALDITARA (Per il Terzo Polo:ApI-FLI). Egli coglie altresì l’occasione per dichiararsi d’accordo con la prospettiva di assegnare alle Regioni un contingente fisso di dirigenti scolastici, calcolato sulla base delle esigenze di risparmio pubblico, nell’ambito del quale possono essere compiute le scelte di competenza regionale.

Il relatore RUSCONI (PD) modifica conclusivamente la bozza di risoluzione precedentemente illustrata in un testo 2, pubblicato in allegato al presente resoconto.

La senatrice SOLIANI (PD) preannuncia il voto favorevole del suo Gruppo, esprimendo soddisfazione per l’ampio recepimento delle indicazioni contenute nella sentenza n. 147 della Corte costituzionale. Non va infatti dimenticato, osserva, che sono in gioco diritto costituzionali di primaria importanza, atteso che il dimensionamento della rete scolastica deve consentire a ciascun allievo le medesime opportunità di istruzione.

Anche il senatore ASCIUTTI (PdL) dichiara il voto favorevole del suo Gruppo, ringraziando il relatore per aver accolto la sua richiesta di modifica.

Il senatore PITTONI (LNP) si dichiara disponibile a votare a favore, purchè sia inserito il riferimento alla tutela di tutte le minoranze linguistiche. Trova del resto inconcepibile che la Commissione non condivida tale tematica.

Il relatore RUSCONI (PD), pur comprendendo la rilevanza della problematica sollevata dal senatore Pittoni, osserva che essa non è pertinente con l’argomento in esame. Nel manifestare perciò piena disponibilità ad affrontarla nell’ambito del decreto-legge sulla spending review, dichiara di non modificare ulteriormente la bozza di risoluzione presentata.

Dopo che il PRESIDENTE ha accertato la presenza del numero legale ai sensi dell’articolo 30, comma 2, del Regolamento, e previa dichiarazione di astensione del senatore PITTONI (LNP), la Commissione accoglie a maggioranza la bozza di risoluzione del relatore.

RISOLUZIONE APPROVATA DALLA COMMISSIONE SUL DOC. VII, N. 165 (Doc.VII-bis, n. 1)

La Commissione,

premesso che con la sentenza n. 147 del 2012 la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell’articolo 19, comma 4, del decreto-legge n. 98 del 2011, avente ad oggetto la rete scolastica e il dimensionamento delle scuole;

tenuto conto che la norma censurata disponeva l’obbligatoria ed immediata costituzione di istituti comprensivi, mediante l’aggregazione della scuola dell’infanzia, della scuola primaria e di quella secondaria di primo grado, con la conseguente soppressione delle istituzioni scolastiche costituite separatamente, e la definizione della soglia numerica di 1.000 alunni che gli istituti comprensivi dovevano raggiungere per acquisire l’autonomia; soglia ridotta a 500 per le istituzioni site nelle piccole isole, nei comuni montani e nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche;

rilevata la ripartizione di competenze tra lo Stato e le Regioni in materia di istruzione in virtù della riforma del Titolo V della Costituzione come delineata dalla giurisprudenza della Corte, secondo cui:

– nella competenza esclusiva rientrano «quelle disposizioni statali che definiscono la struttura portante del sistema nazionale di istruzione e che richiedono di essere applicate in modo necessariamente unitario e uniforme in tutto il territorio nazionale, assicurando, mediante una offerta formativa omogenea, la sostanziale parità di trattamento tra gli utenti che fruiscono del servizio dell’istruzione (interesse primario di rilievo costituzionale), nonché la libertà di istituire scuole e la parità tra le scuole statali e non statali»;

– alla competenza concorrente afferiscono invece «quelle norme che, nel fissare criteri, obiettivi, direttive o discipline, pur tese ad assicurare la esistenza di elementi di base comuni sul territorio nazionale in ordine alle modalità di fruizione del servizio dell’istruzione, da un lato, non sono riconducibili a quella struttura essenziale del sistema d’istruzione che caratterizza le norme generali sull’istruzione e, dall’altro, necessitano, per la loro attuazione (e non già per la loro semplice esecuzione), dell’intervento del legislatore regionale»;

osservato dunque che, a giudizio della Corte, l’organizzazione della rete scolastica si inquadra nell’insieme delle competenze concorrenti delle Regioni, in quanto si tratta di un intervento di dettaglio, mentre la scelta di un diverso criterio di assegnazione dei dirigenti scolastici rientra pienamente nell’ambito di competenza esclusiva dello Stato, essendo i dirigenti scolastici dipendenti pubblici statali;

preso atto con favore che, poiché la pronuncia di illegittimità costituzionale dell’articolo 19, comma 4, interviene a piani di dimensionamento pressoché completati, le Regioni hanno responsabilmente dichiarato che manterranno inalterata la situazione per l’anno scolastico 2012-2013, in ossequio ad un principio di buon andamento dell’amministrazione, salvo però intervenire per l’anno successivo;

considerata la necessità di provvedere a dare attuazione alla sentenza a partire dall’anno scolastico 2013-2014;

rilevato che la sentenza è un’occasione unica per interloquire con le Regioni sul piano della gestione concreta dell’autonomia, tanto più che l’autonomia scolastica è strettamente collegata a quella regionale;

ritenuto che il disagio conseguente all’accorpamento in un unico istituto di oltre un migliaio di alunni è diverso in un piccolo comune ovvero in un’area più vasta, nella quale occorra coprire maggiori distanze;

impegna il Governo:

A. Sul piano generale

1. a prevedere il superamento di criteri rigidi, inaugurando una nuova fase di confronto nella quale raggiungere un’ampia condivisione con le amministrazioni regionali sugli obiettivi per la riorganizzazione della rete scolastica da porre in essere in tempi ragionevoli;

2. ad avviare una riflessione comune sugli organici, ponendo criteri oggettivi per quantificare un bisogno condivisibile, al fine di trovare una convergenza progressiva in una logica di solidarietà e di sussidiarietà verticale;

3. a garantire la certezza dei criteri, che devono essere chiari, coerenti, trasparenti e ragionevoli;

B. In dettaglio

1. a rispettare le specificità regionali, stabilendo parametri da considerare come media regionale; in particolare, si sottolinea la necessità di individuare un parametro che consenta di determinare il contingente di dirigenti scolastici da assegnare a ciascuna Regione nell’ambito del quale ciascuna possa compiere le scelte più adatte al proprio territorio. Esso deve essere basato, da un lato, sul numero di alunni di ciascuna Regione e, dall’altro, sull’esigenza di contenimento della spesa pubblica, tenendo in debito conto anche le caratteristiche dei territori, al fine di permettere alle amministrazioni regionali di definire la propria rete scolastica autonomamente, senza dover rispettare un numero di alunni uguale per tutte le scuole, dimensionando queste ultime a seconda delle diverse realtà territoriali. Alla luce della normativa vigente, si suggerisce ad esempio un parametro medio regionale non superiore a 900 alunni.

 

Il 4 luglio si svolgono nella 7a Commissione della Camera delle interrogazioni a risposta immediata sulle problematiche concernenti il dimensionamento della rete scolastica.

5-07243 Coscia: Sul rinvio dell’applicazione delle norme di cui al decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, in materia di dimensionamento scolastico.

Maria COSCIA (PD) illustra l’interrogazione in titolo, che evidenzia l’oggettiva complessità e la delicatezza del percorso di ridefinizione dei piani regionali di dimensionamento della rete scolastica. Chiede, quindi, al Governo se, in vista di un’organica definizione della materia, non ritenga urgente avviare un monitoraggio della situazione esistente negli istituti comprensivi citati, anche mediante l’istituzione di un tavolo tecnico con i rappresentanti degli enti locali, al fine di valutare la necessità di assumere le opportune iniziative normative conseguenti alla pronuncia della Corte costituzionale n. 147 del 7 giugno scorso.

Il sottosegretario Marco ROSSI DORIA osserva che, per l’anno scolastico 2012/2013, il dimensionamento della rete è già stato disposto dalle regioni e che, al momento, l’eventuale revisione dei piani già adottati determinerebbe conseguenze negative sull’inizio del prossimo anno scolastico. Segnala, infatti, che sono in via di conclusione tutte le operazioni volte ad assicurarne il regolare avvio, quali le iscrizioni alle nuove scuole, l’attivazione dei nuovi indirizzi di studio per le scuole secondarie di secondo grado, la determinazione delle dotazioni organiche, i trasferimenti del personale scolastico e la definizione dei conseguenti posti vacanti per le immissioni in ruolo. Evidenzia che, per gli anni scolastici successivi al 2012/2013, le regioni potranno comunque riprendere in esame il processo di dimensionamento già attuato o completarlo nei termini previsti per questa fase di interventi, che normalmente precede il periodo delle iscrizioni.
Osserva che, tenuto conto delle argomentazioni svolte dalla Corte nella sentenza n. 147 del 2012, la strada per la corretta attuazione della suddetta pronuncia può individuarsi nella costituzione di un tavolo di concertazione con la conferenza unificata, nell’ambito del quale dovranno essere individuate le soluzioni più appropriate alla questione in argomento. Segnala, altresì, che, a tal fine, il Ministero sta elaborando un parametro che consenta di determinare il contingente di dirigenti scolastici da assegnare a ciascuna regione e che tale parametro dovrà rispondere a due criteri fondamentali: il numero di alunni di ciascuna regione ed il contenimento della spesa pubblica, già raccomandato in sede di accertato mancato raggiungimento degli obiettivi previsti dall’articolo 64.
Ritiene, infine, che l’assegnazione di un contingente di dirigenti scolastici consentirà alla regione di definire la propria rete scolastica prescindendo da un numero fisso di alunni, minimo o massimo, per ciascuna istituzione scolastica e definendo il dimensionamento delle stesse a seconda delle esigenze legate alle varie realtà territoriali, con particolare riferimento alle scuole di montagna e delle piccole isole.

Maria COSCIA (PD), replicando, si dichiara parzialmente soddisfatta della risposta fornita dal rappresentante del Governo, ribadendo la necessità dell’istituzione di un tavolo tecnico con le regioni, al fine di arginare gli inevitabili contenziosi.

5-07244 Zazzera: Sulle iniziative da intraprendere a salvaguardia della qualità e della funzionalità delle strutture scolastiche.

Pierfelice ZAZZERA (IdV) illustra l’interrogazione in titolo, che denuncia la difficile situazione determinatasi all’indomani della pubblicazione della citata sentenza della Corte costituzionale. Auspica, quindi, che il Governo coinvolga, nei futuri processi di modifica della rete scolastica, i diversi soggetti interessati, ossia gli enti locali, le scuole, i sindacati, al fine di garantire la qualità e la piena funzionalità delle strutture scolastiche interessate.

Il sottosegretario Marco ROSSI DORIA richiama la risposta fornita al precedente atto di sindacato ispettivo, ricordando, altresì, che la sentenza della Corte costituzionale n. 147 del 2012, che ha dichiarato l’illegittimità del quarto comma dell’articolo 19 del decreto legge n. 98 del 2011, ha invece confermato la compatibilità con i criteri di riparto delle competenze tra Stato e regioni in materia di istruzione del quinto comma del citato articolo 19, come novellato dall’articolo 4, comma 69, della successiva legge n. 183 del 2011, secondo il quale agli istituti con numero di allievi inferiore a 600 (ridotto a 400 per particolari aree) non potrà essere assegnato né il dirigente scolastico, né il direttore dei servizi generali e amministrativi.

Pierfelice ZAZZERA (IdV), replicando, si dichiara insoddisfatto della risposta fornita dal rappresentante del Governo, pur ringraziandolo per aver fornito ulteriori elementi di valutazione. Ritiene, al riguardo, che l’Esecutivo, pur potendo fronteggiare la difficile situazione mediante il posticipo dell’avvio dell’anno scolastico, non ha adottato alcuna misura concreta per assicurare la qualità e la continuità della didattica.

5-07245 Capitanio Santolini: Sulle iniziative da adottare al fine di tutelare l’offerta formativa e la qualità della didattica.

Luisa CAPITANIO SANTOLINI (UdCpTP) illustra l’interrogazione in titolo, auspicando in particolare che il Governo attivi un tavolo di confronto con tutte le parti interessate, al fine di tutelare la qualità della didattica ed il buon funzionamento della rete scolastica.

Il sottosegretario Marco ROSSI DORIA, rinviando alle risposte fornite ai precedenti atti di sindacato ispettivo, assicura, altresì, che l’adozione dei piani di dimensionamento non comporta le disfunzioni evidenziate dall’onorevole interrogante. Segnala, infatti, che l’amministrazione ha predisposto nei tempi dovuti tutte le operazioni volte ad assicurare il regolare avvio dell’anno scolastico: iscrizioni alle nuove scuole, attivazione dei nuovi indirizzi di studio per le scuole secondarie di secondo grado, determinazioni delle dotazioni organiche, trasferimenti del personale scolastico e conseguente individuazione dei posti vacanti per le immissioni in ruolo. Evidenzia, inoltre, che la proposta di costituzione di un tavolo di confronto con le parti interessate è già all’attenzione del ministero, essendo in programmazione incontri in sede di conferenza unificata in merito all’applicazione del Titolo V della Costituzione. Assicura, quindi, che, nell’ambito di tali incontri, verranno ricercate le soluzioni per le questioni aperte dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 147 per la parte in cui è stata dichiarata l’incostituzionalità del comma 4 dell’articolo 9 del decreto-legge n. 98 del 2011.

Luisa CAPITANIO SANTOLINI (UdCpTP), replicando, si dichiara soddisfatta della risposta fornita dal rappresentante del Governo, ribadendo la necessità dell’istituzione di un tavolo tecnico con tutti i soggetti interessati, al fine evitare un aumento delle prestazioni e delle responsabilità in capo alle scuole ed ai lavoratori in esse occupati.

5-07246 Centemero: Sulla ripartizione delle competenze fra Stato e regioni in materia di dimensionamento della rete scolastica.

Paola FRASSINETTI (PdL), in qualità di cofirmataria, illustra l’interrogazione in titolo, auspicando che il Governo definisca nel più breve tempo possibile la situazione relativa al dimensionamento della rete scolastica dell’anno 2012/2013 e di tutti i piani di dimensionamento approvati dalle regioni, sulla base delle indicazioni dei comuni e delle province.

Il sottosegretario Marco ROSSI DORIA richiama integralmente le osservazioni formulate in risposta ai precedenti atti di sindacato ispettivo, assicurando che è all’attenzione del ministero l’istituzione di un tavolo di confronto con le parti interessate.

Paola FRASSINETTI (PdL), replicando, si dichiara parzialmente soddisfatta della risposta fornita dal rappresentante del Governo.

 

5 luglio Spending Review in CdM

Il Consiglio dei Ministri, nel corso della riunione del 5 luglio, ha approvato il decreto legge “disposizioni urgenti per la riduzione della spesa pubblica a servizi invariati” (spending review).

Di seguito il comunicato stampa:

Il Consiglio dei Ministri ha approvato oggi il decreto legge “disposizioni urgenti per la riduzione della spesa pubblica a servizi invariati” (spending review).
Fin dall’insediamento, il Governo ha deciso di procedere non mediante tagli lineari, bensì con interventi strutturali rivolti a migliorare la produttività delle diverse articolazioni della pubblica amministrazione.
Con gli interventi odierni il risparmio per lo Stato sarà di 4,5 miliardi per il 2012, di 10,5 miliardi per il 2013 e di 11 miliardi per il 2014.
Una prima serie di interventi è stata deliberata con il “Provvedimento della PCM e del MEF sullo “snellimento delle strutture e la riduzione degli organici” (Comunicato stampa del 15 giugno 2012).
Le nuove disposizioni di revisione della spesa pubblica mirano a tre obiettivi:
– Il primo obiettivo è quello di iscrivere il funzionamento dell’apparato statale – e le relative funzioni – entro un quadro razionale di valutazione e programmazione. Si tratta di un’operazione strutturale, il cui buon fine è legato alla ottimizzazione delle procedure e delle articolazioni dello Stato, inclusa quella giudiziaria, all’accorpamento o alla dismissione degli enti non necessari e alla progressiva riduzione degli organici, privilegiando la distribuzione razionale delle risorse umane e materiali a disposizione delle pubbliche amministrazioni.
– La riduzione della spesa non incide in alcun modo sulla quantità di servizi erogati dalle pubbliche amministrazioni a favore dei cittadini ma mira a migliorarne la qualità e l’efficienza. Stimola, così, la crescita e la competitività del Paese, in linea con le best practices europee e con le sollecitazioni degli investitori internazionali.
– L’eliminazione degli eccessi di spesa – ed è questo il terzo obiettivo – produrrà una serie di benefici concreti per i cittadini. Permetterà, anzitutto, di evitare l’aumento di due punti percentuali dell’IVA per gli ultimi tre mesi del 2012 e per il primo semestre del 2013.
Grazie al risparmio ottenuto sarà inoltre possibile estendere la clausola di salvaguardia in materia pensionistica prevista dal decreto legge “Salva Italia” ad altri 55.000 soggetti, anche se maturano i requisiti per l’accesso al pensionamento successivamente al 31 dicembre 2011. Complessivamente, l’importo a favore dei lavoratori “salvaguardati” è di 1,2 miliardi ( a partire dal 2014).
Sono infine previsti stanziamenti per la ricostruzione delle zone danneggiate dal sisma. 500 milioni sono stati già stanziati con il decreto d’urgenza per le zone terremotate. La spending garantirà ulteriori risorse: 1 miliardo per il 2013 e 1 miliardo per il 2014.
Sarà adottato un terzo provvedimento di spending review. Esso riguarderà le agevolazioni fiscali, la revisione strutturale della spesa e i contributi pubblici sulla base delle analisi effettuate, per incarico del Governo, dal Professor Giuliano Amato e dal Professor Francesco Giavazzi.
La riduzione degli eccessi di spesa delle pubbliche amministrazioni, per la parte relativa ai beni e servizi, è frutto dell’analisi svolta del Commissario straordinario per la spending review, Enrico Bondi. L’analisi ha permesso di individuare un benchmark di riferimento – o indicatore di valore mediano di spesa – in base al quale stimare l’eccesso di spesa in capo alle amministrazioni (lo Stato centrale, le Regioni, le Province, i Comuni e gli enti pubblici non territoriali). L’indicatore, che tiene conto delle peculiarità di ciascuna amministrazione, costituisce la base analitica per superare una metodologia di riduzione della spesa che colpisce nella stessa proporzione i soggetti virtuosi e quelli meno virtuosi, disincentivando il perseguimento di comportamenti efficienti. Il nuovo metodo allinea i centri di spesa meno performanti a quelli efficienti ed è, quindi, la premessa per operare riduzioni di spesa selettive.
Per calcolare la mediana sono stati prese in considerazione 72 merceologie (prendendo spunto anche dalle lettere dei cittadini). Tra queste, ad esempio, le spese di cancelleria e quelle per i carburanti; il consumo di energia elettrica; le spese di pulizia e quelle postali, i buoni pasto, le spese per pubblicità, quelle per la somministrazione di pasti nelle scuole e ospedali. Per ciascuna di queste merceologie è stata confrontata la spesa di ciascuna amministrazione con quelle omologhe, prendendo in considerazione il numero di dipendenti e la popolazione residente.
Per la parte restante, relativa alla riduzione delle dotazioni organiche delle pubbliche amministrazioni, la razionalizzazione del patrimonio pubblico, l’organizzazione degli enti pubblici e la soppressione di enti e società, la riduzione della spesa si basa sull’elaborazione svolta dai Ministeri, ciascuno per la parte di propria competenza.
Un valido supporto è giunto infine dagli oltre 135.000 messaggi di cittadini che hanno aderito alla consultazione pubblica sulla spending review, segnalando al Governo sprechi e inefficienze. Singoli cittadini e associazioni hanno scritto individuando, in modo puntuale ed esaustivo, i disservizi nell’azione delle pubbliche amministrazioni.
Nella distribuzione geografica – che vede un sostanziale equilibrio tra Nord e Sud – il primato per numero di segnalazioni spetta a Lombardia, Lazio, Emilia Romagna, Campania e Sicilia. Amministrazioni territoriali (37% del totale), spese sanitarie (14% delle segnalazioni), acquisti di beni pubblici (8%), personale (7%), efficienza energetica (6%): sono questi i temi delle segnalazioni che hanno contribuito a orientare l’azione di ricognizione del Commissario e dei Ministeri. Tra le iniziative segnalate più frequentemente come esempi di buone prassi spiccano “Cielobuio” (che propone una riduzione dei tempi e dei punti di illuminazione negli edifici pubblici), l’esternalizzazione del trasporto pubblico locale (già sperimentata con successo da alcune amministrazioni locali) e la riduzione del parco auto (con oltre il 20% della segnalazioni) ricorrendo a soluzioni alternative come il car sharing o il car pooling.
Di seguito, in sintesi e suddivisi per argomento, gli interventi previsti dal decreto:

A – RIDUZIONE PER L’ACQUISTO DI BENI E SERVIZI E TRASPARENZA DELLE PROCEDURE
Il primo insieme di interventi riguarda l’attività negoziale delle pubbliche amministrazioni, riducendo la spesa per l’acquisto di beni e servizi e incentivando la trasparenza delle procedure.
Dall’analisi svolta dal Commissario Enrico Bondi è emerso un divario significativo tra il volume di acquisti presidiati da Consip – la società per azioni del Ministero dell’Economia e delle Finanze che gestisce il Programma per la razionalizzazione degli acquisti nella P.A. – e gli approvvigionamenti che le amministrazioni effettuano in autonomia.
Per ridurre il gap tra i due valori e attribuire a Consip (come prevede la legge) il ruolo di “centrale acquisti” dello Stato, sono previste le misure elencate di seguito (che non si applicano al servizio sanitario nazionale, per il quale è prevista una specifica regolamentazione):
– viene stabilita la nullità dei contratti che non siano stati stipulati attraverso gli strumenti di acquisto messi a disposizione da Consip. Sono naturalmente fatti salvi i contratti stipulati tramite diverse centrali di committenza, se questi prevedono condizioni più favorevoli per le Amministrazioni pubbliche;
‐ si prevede che il Commissario straordinario Bondi istituisca, tramite Consip, un albo delle varie centrali di committenza e che riceva notizia in tempo reale dell’avvenuta stipula dei contratti stipulati dalle stesse centrali di committenza. Consip provvederà a pubblicare i dati relativi a detti contratti e convenzioni;
– con riferimento a determinate categorie di beni e di servizi – per il momento si tratta dei seguenti, con facoltà per il futuro di aumentare il numero: energia elettrica, gas, carburanti – rete ed extra-rete, combustibili per riscaldamento e telefonia – fissa e mobile – viene stabilito l’obbligo assoluto per le pubbliche amministrazioni di acquistare attraverso gli strumenti di acquisto e di negoziazione messi a disposizione da Consip ovvero dalle centrali di committenza regionali. I contratti stipulati in violazione di tale regola sono nulli e costituiscono illecito disciplinare e sono causa di reponsabilità amministrativa;
– le amministrazioni pubbliche possono effettuare acquisti autonomi esclusivamente per la durata e la misura strettamente necessarie, in attesa della stipula della convenzione messa a disposizione dalla Consip e dalle centrali di committenza regionali;
– nei contratti in essere, validamente stipulati, viene inserita ex lege una clausola che attribuisce alle amministrazioni il diritto di recesso, qualora le imprese non adeguino il contenuto delle prestazioni ancora da effettuare alle migliori condizioni previste in convenzioni Consip successive alla stipula dei contratti stessi. Il mancato esercizio del diritto di recesso è comunicato dalla Amministrazione alla
Corte dei Conti al fine del controllo successivo sulla gestione del bilancio e del patrimonio;
– viene poi introdotto un meccanismo di riduzione delle condizioni economiche in favore delle amministrazioni che fanno ricorso alle convenzioni-quadro Consip e delle centrali di committenza regionali;
– i piccoli comuni potranno, in alternativa all’obbligo di costituire una centrale di committenza, utilizzare gli strumenti elettronici di acquisto gestiti da Consip o da altra centrale di committenza;
– le Amministrazioni statali centrali già dal 2012 assicurano una riduzione di spesa per l’acquisto di beni e servizi per importi, che sono accantonati e resi indisponibili degli stati di previsione dei singoli Ministeri, indicati in un apposito allegato. Resta salva la facoltà per i titolari dei singoli Dicasteri di indicare entro il 10 settembre una differente ripartizione della riduzione degli importi nell’ambito del proprio stato di previsione.

B – RIDUZIONE DELLE DOTAZIONI ORGANICHE DELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI
Alla riduzione della spesa per l’acquisto di beni e servizi seguono le misure relative alle dotazioni organiche delle pubbliche amministrazioni, la cui finalità principale è il recupero dell’efficienza della macchina burocratica e, per i casi virtuosi, l’ottimizzazione nell’allocazione delle risorse umane.
Il programma di riduzione – che non si applica al comparto scuola e AFAM, per cui restano valide le specifiche discipline di settore, alle strutture del comparto sicurezza, al Corpo nazionale dei vigili del fuoco, al personale amministrativo operante presso gli Uffici giudiziari e al personale della magistratura – si articola nei seguenti interventi:
– le Amministrazioni dello Stato, incluse quelle ad ordinamento autonomo, le agenzie, gli enti pubblici – economici e non – e gli enti di ricerca, fermo restando la riduzione degli organici da operare ai sensi del decreto legge 138 del 2011, devono procedere ad una ulteriore riduzione degli uffici di livello generale e di livello non generale, e delle relative dotazioni organiche, non inferiore al 20% di quelli esistenti. Devono inoltre procedere a una rideterminazione delle dotazioni organiche del personale non dirigenziale non inferiore al 10%.
La riduzione favorirà l’equilibrio nelle piante organiche, migliorando la gestione dei flussi decisionali. Lo conferma il fatto che, alle riduzioni, il decreto associa l’obbligo di razionalizzare gli assetti strutturali. Il riassetto organizzativo è realizzato con un ampio ventaglio di interventi. Anzitutto, con il riordino delle competenze degli uffici e l’eliminazione delle duplicazioni. Si prevede poi una riorganizzazione degli uffici periferici su base regionale o interregionale, una unificazione delle strutture con funzioni logistiche e strumentali (gestione del personale e dei servizi comuni) e si procede alla tendenziale eliminazione degli incarichi di studi e ricerca ai dirigenti non titolari di uffici.
– le Forze armate ridurranno il totale generale degli organici in misura non inferiore al 10%.
– Un capitolo importante del decreto riguarda la gestione del personale in soprannumero. Per costoro si procede, in primo luogo, alla risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro nei confronti dei dipendenti che, in base alla disciplina vigente prima dell’entrata in vigore dell’ultima riforma introdotta dal decreto legge n. 201 del 2011, avrebbero ottenuto la decorrenza del trattamento pensionistico entro il 31 dicembre 2014. Il trattamento di fine rapporto sarà corrisposto al momento della maturazione del diritto alla corresponsione. In subordine, si applicheranno le regole ordinarie previste per la mobilità.

C – RIDUZIONE DI SPESE IN MATERIA DI PUBBLICO IMPIEGO
Le razionalizzazione delle piante organiche delle amministrazioni non esaurisce le misure di spending review dedicate al pubblico impiego. Il decreto, infatti, prevede un insieme di misure complementari che, pur nella diversità di contenuto che le caratterizza, perseguono lo stesso obiettivo: la migliore allocazione delle risorse disponibili, nell’ottica dell’efficienza e del buon andamento dell’azione amministrativa. Gli interventi riguardano le spese in materia di parco auto, gli incarichi consulenziali, la disciplina dei buoni pasto, delle ferie, dei riposi spettanti al personale, oltre al sistema di pagamento dei cedolini.
Per quanto riguarda il parco auto si introduce, a partire dal 2013, un limite pari al 50% della spesa sostenuta per il 2011 da applicarsi all’acquisto, manutenzione, noleggio ed esercizio di autovetture, oltre che all’acquisto di buoni taxi. Il limite può essere derogato, per il solo 2013, esclusivamente per i contratti pluriennali già in essere. Altre eccezioni sono previste per il Corpo nazionale dei vigili del fuoco e per i servizi istituzionali di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica. I contratti di locazione o noleggio in corso possono essere ceduti alle Forze di polizia e gli autisti sono assegnati a differenti mansioni ovvero, qualora provenienti da altra amministrazione, sono restituiti all’amministrazione di appartenenza.
Si introduce poi il divieto di attribuire incarichi di studio e consulenza a soggetti, già appartenenti ai ruoli dell’amministrazione e collocati in quiescenza, che abbiano svolto, nel corso dell’ultimo anno di servizio, funzioni e attività corrispondenti a quelle oggetto dell’incarico di studio o consulenza. Viene inoltre abrogata la normativa in materia di vice dirigenza.
Per quanto riguarda il valore dei buoni pasto attribuiti al personale, anche di qualifica dirigenziale, viene stabilito a 7 Euro il limite al valore nominale. Tutte le disposizioni normative e contrattuali più favorevoli cessano di avere applicazione a partire dal 1 ottobre 2012.
Le ferie e i riposi spettanti al personale, anche di qualifica dirigenziale, sono obbligatoriamente fruiti secondo quanto prevedono gli ordinamenti dell’amministrazione di appartenenza e in nessun caso danno diritto alla corresponsione di trattamenti economici sostitutivi. La violazione della norma comporta il recupero delle somme indebitamente erogate ed è fonte di responsabilità amministrativa e disciplinare per il dirigente responsabile.
L’ultimo intervento di razionalizzazione riguarda i cedolini. In base all’analisi svolta dal Commissario Bondi, la disomogeneità nei servizi di pagamento delle retribuzioni dei dipendenti pubblici contribuisce all’aumento della spesa pubblica. Per eliminare l’anomalia il decreto stabilisce che le amministrazioni stipulino convenzioni con il MEF per omogeneizzare il sistema di pagamento degli stipendi, oppure rinegozino i contratti vigenti, con un abbattimento del costo del servizio non inferiore al 15%.

D– RAZIONALIZZAZIONE DEL PATRIMONIO PUBBLICO E RIDUZIONE DEI COSTI PER LE LOCAZIONI PASSIVE
Il quinto ordine di misure riguarda il patrimonio pubblico, che viene razionalizzato, e i costi delle locazioni passive, che vengono ridotti. In particolare:
– per il triennio 2012 – 2014, non si applica l’aggiornamento all’indice Istat del canone dovuto da tutte le amministrazioni pubbliche (comprese le Regioni, gli enti locali, gli enti pubblici e le autorità indipendenti) per l’utilizzo in locazione passiva di immobili per finalità istituzionali, prevedendo la facoltà del locatore di recedere dal contratto;
– si consente l’uso gratuito in favore dello Stato degli immobili di proprietà degli enti territoriali a condizioni di reciprocità;
– si avvia la rinegoziazione delle locazioni passive di immobili ad uso uffici di proprietà di terzi (di norma almeno un anno prima della loro scadenza) al fine di giungere alla riduzione del 15% dei canoni. La rinegoziazione presuppone la permanenza delle esigenze allocative all’esito dei piani di riorganizzazione delle strutture amministrative previsti dalle norme vigenti e la presenza di adeguate disponibilità finanziarie;
– si riducono gli spazi ad uso ufficio a disposizione delle amministrazioni statali. Negli uffici di nuova costruzione (o che, in generale, abbiano strutture tali da consentire una notevole flessibilità nella configurazione degli spazi interni) il parametro di riferimento è compreso tra i 12 e i 20 metri quadrati per addetto. Negli uffici che non sono di nuova costruzione (o hanno limitata flessibilità nell’articolazione degli spazi interni) il parametro di riferimento è fissato tra i 20 e i 25 metri quadrati per addetto. Spetterà all’Agenzia del demanio il compito di definire gli strumenti e le indicazioni metodologiche di supporto alle amministrazioni per il monitoraggio e la redistribuzione;
– si introducono norme tese a ridurre gli spazi destinati agli archivi delle amministrazioni statali. Le amministrazioni procedono, entro il 31 dicembre di ogni anno, allo scarto di atti di archivio e comunicano annualmente all’Agenzia del demanio gli spazi resi disponibili;
– si procede ad una ricognizione degli immobili di proprietà degli enti pubblici non territoriali affinché sia verificata la possibilità di utilizzarli in locazione passiva dalle Amministrazioni dello Stato per proprie finalità istituzionali, prevedendo il pagamento di canoni agevolati (30% valore locativo);
– si accelera la procedura di vendita degli alloggi di servizio di proprietà del Ministero della difesa;
– l’Agenzia del demanio opera quale centrale di committenza che stipula accordi quadro con operatori del settore per la realizzazione di interventi manutentivi posti a carico del conduttore sui beni immobili di proprietà dello Stato ovvero di terzi utilizzati a qualsiasi titolo dalle Amministrazioni, al fine di conseguire risparmi connessi alle maggiori economie di scala ed all’abbattimento dei costi amministrativi;
– una parte degli avanzi di gestione dell’Agenzia del demanio sono destinati all’acquisto di immobili per soddisfare le esigenze allocative delle Amministrazioni dello Stato, oppure interventi di manutenzione per il recupero di immobili statali;
– si rendono più efficaci talune disposizioni relative alla valorizzazione ed utilizzazione a fini economici di beni immobili di proprietà dello Stato;
– si estende il regime fiscale di favore previsto per le SIIQ (società di investimento immobiliare quotate) alle società di gestione e valorizazione di immobili pubblici promosse dall’Agenzia del demanio;

E –SOCIETÀ PUBBLICHE E IN HOUSE
Un capitolo importante del decreto per la revisione della spesa pubblica fa riferimento all’articolazione complessiva della macchina dello Stato, incidendo in particolare sulle società pubbliche. Le misure principali sono le seguenti:
– Vengono previste disposizioni sulla composizione dei consigli di amministrazione delle società a totale partecipazione pubblica. I CDA di queste società dovranno essere composti da non più di tre membri. Di questi, due devono essere dipendenti dell’amministrazione titolare della partecipazione, in caso di società a partecipazione diretta; oppure due dipendenti della società controllante, per le società a partecipazione indiretta. Il terzo componente ha funzioni di presidente e amministratore delegato. Viene, comunque, consentita la nomina di un amministratore unico;
– è fatto divieto alle pubbliche amministrazioni di detenere partecipazioni in società controllate, direttamente o indirettamente che abbiano conseguito per l’anno 2011 un fatturato da prestazione di servizi a favore di pubbliche amministrazioni superiore al 90%. Le società a partecipazione totalitaria verranno sciolte entro il 31 dicembre 2013, ovvero, in caso di mancato scioglimento, non potranno ricevere affidamenti diretti di servizi;
– a decorrere dal 1° gennaio 2013 le pubbliche amministrazioni possono acquisire a titolo oneroso servizi di qualsiasi tipo, anche mediante la stipula di convenzioni, da enti di diritto privato soltanto in base a procedure previste dalla normativa nazionale e comunitaria. In tal caso gli enti privati non possono ricevere contributi a carico delle finanze pubbliche. Restano escluse da tale disposizione le fondazioni istituite con la finalità di promuovere lo sviluppo tecnologico e l’alta formazione tecnologica;
– dalla data di entrata in vigore del decreto (e fino al 31 dicembre 2015) i limiti per le assunzioni previsti per le società controllanti si applicano anche alle società controllate inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione;
– sempre dalla data di entrata in vigore del decreto è fatto divieto, a pena di nullità, di inserire clausole arbitrali in sede di stipulazione di contratti di servizio intercorrenti tra società a totale partecipazione pubblica e le amministrazioni statali;
– al fine di evitare distorsioni della concorrenza e del mercato e di assicurare la parità degli operatori nel territorio nazionale, a decorrere dal 1° gennaio 2014 le pubbliche amministrazioni devono acquisire sul mercato di beni e servizi mediante le procedure concorrenziali previste dal codice appalti;
– dal 1° gennaio 2014 l’affidamento diretto può avvenire solo a favore di società a capitale interamente pubblico nel rispetto della normativa comunitaria per la gestione in house, a condizione che il valore economico del servizio o dei beni oggetto di affidamento sia pari o inferiore a 200mila euro annui.

F – RIDUZIONE DELLA SPESA DEI MINISTERI
Il decreto contiene un capitolo relativo alla riduzione della spesa dei singoli Ministeri, realizzata prevalentemente attraverso la riduzione dell’ammontare dei contributi erogati a fondi e agenzie. Per i Ministeri e gli enti statali sono stati eliminati eccessi di spesa per un importo di 1 miliardo e mezzo per il 2012 e 3 miliardi a partire dal 2013.
Per quanto riguarda in particolare il Ministero dello Sviluppo economico e il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti le misure di razionalizzazione prevedono:
– soppressione dell’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo (ISVAP) e della Commissione di vigilanza sui fondi pensione (COVIP). Le funzioni dei due enti saranno accorpate dall’IVARP, che nasce come unico istituto per la vigilanza sulle assicurazioni e sul risparmio previdenziale, nel pieno rispetto delle indicazioni comunitarie in materia. Il nuovo ente funzionerà in stretta sinergia con le strutture della Banca d’Italia, così da assicurare una piena integrazione dell’attività di vigilanza nei settori finanziario, assicurativo e del risparmio previdenziale, anche attraverso un più stretto collegamento con la vigilanza bancaria. L’istituto diventerà operativo entro 120 giorni dall’entrata in vigore del decreto, realizzando un risparmio di costi pari ad almeno il 10% delle spese di funzionamento dei due enti soppressi.
– soppressione dell’Ente nazionale per il Microcredito, dell’Associazione Luzzatti e della Fondazione Valore Italia. La soppressione dell’Ente nazionale per il Microcredito avverrà entro 30 giorni dall’entrata in vigore del decreto. Soppressione immediata per l’Associazione italiana studi cooperativi “Luigi Luzzatti”, ente strumentale del ministero dello Sviluppo Economico – che dunque ne assorbe le competenze – per promuovere la cultura cooperativa. Con l’entrata in vigore del decreto, viene soppressa anche la Fondazione Valore Italia, il cui scopo era la promozione del design italiano, anche attraverso la realizzazione di un’esposizione permanente. Le sue attività vengono trasferite nell’ambito dell’attività ordinaria del ministero dello Sviluppo economico.
– soppressione della società Arcus spa, società vigilata dal Mibac e dal Mit, lacui mission è la promozione di iniziative legate ai beni culturali e al mondo dello spettacolo. Le attività finora svolte dalla società saranno eseguite dalle competenti strutture del ministero dei Beni culturali.
– ulteriori misure riguardano l’annullamento dell’accordo tra Mit, Comune di Catanzaro, Provincia di Catanzaro e Regione Calabria relativo a Centro Tipologico Nazionale; la razionalizzazione Comitato Centrale per l’albo degli autotrasportatori; la riduzione dei compensi degli organi delle Autorità portuali; infine, la riorganizzazione assetto operativo uffici periferici non coperti da dirigente.

G– RIDUZIONE DELLA SPESA DEGLI ENTI TERRITORIALI
Un capitolo ulteriore riguarda gli enti territoriali. Si riducono di 700 milioni di euro per l’anno 2012 (e di 1.000 milioni di euro a decorrere dall’anno 2013) i trasferimenti dello Stato alle Regioni a statuto ordinario, escludendo dalla riduzione le risorse destinate al Servizio Sanitario Nazionale. La ripartizione tra le Regioni di tale riduzione sarà determinata dalla Conferenza Stato-Regioni, considerando la virtuosità e gli eccessi di spesa di ciascuna Regione rilevati dal Commissario straordinario per la spesa pubblica, Enrico Bondi;
Analoghe misure sono previste nei confronti dei Comuni e delle Province. Per questi la Conferenza Stato Città provvede alla ripartizione della riduzione dei trasferimenti. Per i Comuni la riduzione è pari a 500 milioni di euro per l’anno 2012 e 2.000 milioni di euro a decorrere dall’anno 2013. Per le Province la riduzione è di 500 milioni di euro per l’anno 2012 e 1.000 milioni di euro a decorrere dal 2013.
La partecipazione delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e Bolzano alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica avviene, secondo modalità stabilite in attuazione dei rispettivi statuti, per un importo di 500 milioni di euro per l’anno 2012, di 1.000 milioni di euro per l’anno 2013 e di 1.500 milioni di euro a decorrere dal 2014 (prevedendo, in fase di prima applicazione, un accantonamento annuale a valere sulla compartecipazione ai tributi erariali, sulla base di un accordo in sede di Conferenza Stato-Regioni).
Inoltre, si riduce ulteriormente il limite entro cui gli enti territoriali possono procedere alla spesa per assunzione di personale e si pone il divieto per le Province di assumere personale a tempo indeterminato, fino a che non sarà data attuazione alla riduzione e razionalizzazione delle Province stesse.
A partire dal 1° gennaio 2011 i crediti maturati nei confronti delle regioni, degli enti locali e degli enti del Servizio sanitario nazionale per somministrazione, forniture e appalti, possono essere compensati con le somme dovute a seguito di iscrizione a ruolo. A tal fine il creditore acquisisce l’apposita certificazione e la utilizza per il pagamento, totale o parziale, delle somme dovute a seguito dell’iscrizione a ruolo. Viene ora previsto che qualora la Regione, l’ente locale o l’ente del Servizio sanitario nazionale non versino all’agente della riscossione l’importo oggetto della certificazione le somme sono recuperate mediante riduzione delle risorse dovute, a qualunque titolo, dallo Stato all’ente territoriale inadempiente.

H– RIDUZIONE E ACCORPAMENTO PROVINCE
Il decreto interviene anche sulle province, prevedendone la riduzione e l’accorpamento, con l’obiettivo di dimezzare il numero attuale.
La riduzione avverrà sulla base di due criteri: il primo è la dimensione territoriale, il secondo è la popolazione. La definizione esatta dei parametri per la dimensione territoriale e la popolazione sarà completata entro 10 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto, con apposito provvedimento del Consiglio dei Ministri.
All’accorpamento e riduzione si giunge attraverso una procedura che vede il ruolo attivo degli Enti territoriali. Il Governo trasmette al Consiglio delle autonomie locali, istituito in ogni regione, la propria deliberazione con i criteri. Successivamente, ogni Consiglio approva il piano di riduzione entro 40 giorni. Entro la fine dell’anno sarà completato il piano di accorpamenti.
I Comuni capoluogo di Regione sono esclusi dagli interventi di accorpamento e riduzione. Le province che “restano in vita” avranno le seguenti competenze: ambiente (soprattutto per il settore discariche); trasporti e viabilità (anche per quanto attiene la costruzione, la classificazione e la gestione delle strade). In attuazione del decreto “Salva Italia”, vengono devolute ai Comuni tutte le altre competenze che finora lo Stato aveva attribuito alle province.
Entro il 1° gennaio 2014 vengono istituite le Città metropolitane, dieci in tutto: Roma, Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli, Reggio Calabria. Contestualmente, verranno soppresse le relative province.

I – PUBBLICA ISTRUZIONE,UNIVERSITÀ, ENTI DI RICERCA
Per quanto riguarda la pubblica istruzione, l’Università e gli Enti di ricerca le misure principali sono le seguenti:
– servizi di tesoreria per le scuole e fondo per il loro finanziamento. Viene istituito un servizio di tesoreria unica per le scuole nel quale confluiranno tutte le risorse finanziarie attualmente depositate presso istituti bancari privati. In questo modo Banca d’Italia disporrà di una maggiore disponibilità di cassa di circa 1 Miliardo di euro, con conseguente economia data dal miglioramento dei saldi di cassa e una minore spesa di interessi sul debito pubblico quantificabile in circa 8 milioni per il 2012 e 29 milioni a regime. Le scuole a questo punto potranno gestire la propria liquidità come fanno già ora gli enti di ricerca.
– contabilità speciali scolastiche. Attraverso un’opera di razionalizzazione nella gestione delle risorse finanziarie del ministero, 30 milioni verranno messi a disposizione delle scuole per le proprie spese di funzionamento mentre una ulteriore somma di pari importo andrà a contribuire ai miglioramenti dei saldi di cassa.
– controllo di regolarità amministrativa e contabile. In linea con un orientamento di maggiore equità, la spesa per compensi aggiuntivi al personale impegnato nell’attività di controllo sull’attività amministrativa e contabile delle istituzioni scolastiche porterà un risparmio annuo alle scuole quantificabile in 8 milioni.
– personale del Miur presso scuole estere e MAE. Si opera una riduzione del personale scolastico comandato presso il MAE con funzioni di coordinamento e gestione delle scuole italiane all’estero. Di concerto, si opera una ulteriore riduzione anche del personale dei docenti impiegati presso le scuole italiane all’estero. Da entrambe queste misure sono attesi risparmi per 2,6 nell’anno in corso e di 16 Mln a regime.
– personale inidoneo a insegnamento. Con questa norma si prevede di impiegare il personale dichiarato inidoneo all’insegnamento ma con mantenuta capacita lavorativa, in attività amministrative presso le stesse scuole, nell’ambito regionale. Da questa misura si ottiene una riduzione di spesa nell’immediato di 38,5 milioni, che a regime supereranno i 100.
– visite fiscali. Viene trasferita alle regioni una somma forfettaria di 23 milioni circa che consentiranno alle scuole di poter usufruire senza oneri finanziari e amministrativi delle visite fiscali.
– utilizzo del personale docente in esubero. In linea di continuità con il processo che mira al pieno impiego di tutto il personale scolastico, viene previsto l’utilizzo in particolare dei docenti senza cattedra per attività di docenza in materie affini. Fermo restando l’accertamento delle competenze necessarie a garantire il risultato didattico atteso. In particolare verificando il possesso degli idonei titoli di studio.
– vincoli al turn over per il sistema universitario statale e per gli enti di ricerca. Si prevede per le università e gli enti di ricerca l’adeguamento alla normativa già in vigore preso le altre pubbliche amministrazioni, in materia di limitazione alle nuove assunzioni.
– Altre disposizioni di carattere finanziario ed esigenze indifferibili. Vengono stanziati 10 milioni per le università non statali. Questa cifra è inferiore a quella assegnata negli scorsi anni agli atenei privati, pari a 20 milioni. Si destinano 90 milioni in più per il diritto allo studio. In questo modo si riporta lo stanziamento al valore storico. Infine, si destinano 103 milioni per la gratuita dei libri di testo nella scuola secondaria di primo grado ( per le primarie i libri di testo sono assicurati gratuitamente dai Comuni). In questo caso lo stanziamento rimane invariato rispetto a quello degli scorsi anni.

L – SANITÀ
L’analisi della spesa sanitaria delle diverse Regioni, delle singole Aziende sanitarie locali e ospedaliere ha evidenziato una notevole variabilità dei costi sostenuti per l’acquisto di beni e servizi (sanitari e non sanitari) di farmaci e di dispositivi medici. Si è quindi deciso di concentrare gli sforzi per una riduzione dei costi sanitari su 4 capitoli di spesa:
– condizioni di acquisto e fornitura di beni e servizi. Si prevede anzitutto la rideterminazione degli importi e delle prestazioni previsti nei singoli contratti di fornitura nella misura del 5%, a decorrere dall’entrata in vigore del decreto legge e per tutta la durata del contratto. Tale misura straordinaria – finalizzata ad anticipare già nel 2012 le misure sui beni e servizi previste dal decreto legge n. 98 del 2011 – produrrà pienamenti i suoi effetti a decorrere dal 2013 e sarà basata sull’obbligo per le centrali di acquisto di tenere conto dei nuovi contratti dei prezzi di riferimento che via via l’Autorità di controllo sui contratti pubblici renderà noti e disponibili.
Per i contratti già stipulati è prevista invece una rinegoziazione tra Azienda sanitaria e fornitori, oppure la possibilità di recesso da parte della struttura pubblica, nel caso di significativi scostamenti (20%) tra i prezzi in vigore e quello di riferimento (in deroga all’articolo 1171 del Codice civile).
– spesa per farmaci. Per il 2012 è previsto un aumento dello sconto obbligatorio che le farmacie e le aziende farmaceutiche praticano nei confronti del Servizio Sanitario Nazionale. Lo sconto passa, per le farmacie, da 1,82% a 3,85% ed è variabile, a partire dall’entrata in vigore del decreto, per il 2012, 2013, e 2014. Per le aziende farmaceutiche lo sconto passa da 1,83% a 6,5%, per il solo anno 2012,
a partire dall’entrata in vigore del decreto. Per gli anni successivi la revisione della spesa viene operata tramite una ridefinizione delle regole che prevedono un tetto di spesa sia per la farmaceutica convenzionata territoriale che per la farmaceutica ospedaliera. Per la farmaceutica territoriale viene individuato un nuovo tetto di spesa pari all’11,5% (rispetto al precedente 13,3%). Per la farmaceutica ospedaliera il nuovo tetto è del 3,2% (rispetto al precedente 2,4%).
Nel caso di sfondamento del tetto della farmaceutica territoriale viene confermato il meccanismo di ripiano totalmente a carico della filiera farmaceutica (aziende, grossisti, farmacisti); per lo sfondamento della spesa farmaceutica ospedaliera, che fino ad oggi è stato tutto a carico delle Regioni, viene introdotto un meccanismo di ripiano che pone a carico delle aziende farmaceutiche il 50% del totale.
– spesa per dispositivi medici. Per il solo secondo semestre 2012 viene previsto un abbattimento del 5% degli importi e dei volumi di fornitura. Mentre nel 2013 la revisione della spesa viene realizzata tramite la fissazione di un tetto di spesa pari al 4,8% per tali dispositivi. Le Regioni sono chiamate a garantire tale tetto di spesa sia attraverso l’utilizzo dei prezzi di riferimento, sia attraverso interventi di razionalizzazione nella fase di acquisto, immagazzinamento e utilizzo degli stessi nelle attività assistenziali.
– acquisto di prestazioni sanitarie da soggetti privati accreditati. La misura prevista consiste in una riduzione del budget assegnato alle singole strutture pari all’1% per il 2012 e al 2% per il 2013, rispetto al budget 2011.