Il curricolo verticale

Che l’educazione tradizionale fosse una “routine” in cui i piani e
i programmi erano trasmessi dal passato, non implica affatto che
l’educazione progressiva debba essere una improvvisazione.

J.Dewey, Esperienza e educazione, Firenze, La Nuova Italia, 1949, p. 13-14.

 

Il curricolo verticale[1]

di Carlo Fiorentini

Pur essendo trascorsi più di dieci anni dall’avvio dell’autonomia scolastica,  caratterizzata con il DPR 275 dal passaggio della scuola del programma alla scuola del curricolo per competenze, le interpretazioni più diffuse nelle scuole non hanno modificato nella sostanza il modo di fare scuola tradizionale, chiamando curricolo quello che in precedenza veniva chiamato programma o programmazione, ma il tutto inteso come operazione solo formale, e intendendo invece l’autonomia scolastica essenzialmente come “progettificio permanente”. Le nuove Indicazioni possono costituire un’importante occasione per iniziare effettivamente in tutte le scuole di base a costruire il curricolo verticale per competenze se le condizioni necessarie verranno affrontate e gradualmente risolte.

Nelle nuove Indicazioni per la scuola di base vengono ribaditi principi importanti con la decisiva novità della sottolineatura (pratica e non solo teorica) della verticalità del curricolo, dovuta tuttavia, più che a un chiaro progetto riformatore, alla generalizzazione degli Istituti comprensivi effettuata nel luglio 2011 per motivi di risparmio. La logica della scuola del curricolo poteva essere realizzata anche in scuole elementari o medie separate, ma è indubbio che, a livello di sistema, si possono ottenere risultati molto più significativi in un’unica istituzione scolastica. “L’itinerario scolastico dai tre ai quattordici anni, pur abbracciando tre gradi di scuola caratterizzati ciascuno da una specifica identità educativa e professionale, è progressivo e continuo. La presenza, sempre più diffusa, degli Istituti comprensivi consente la progettazione di un unico curricolo verticale e facilita il raccordo con la scuola secondaria di secondo grado”. La continuità educativa, che è decisiva se interpretata in modo sostanziale e non rituale, coincide così con l’implementazione del curricolo verticale.

Il centro della scuola del curricolo non è più la prescrittività di un presunto programma (per alcuni insegnanti il programma era ed è quello che c’è nel loro manuale), ma l’apprendimento di ciascun studente: “Fin dalla scuola dell’infanzia, nella scuola primaria e nella scuola secondaria di primo grado l’attività didattica è orientata alla qualità dell’apprendimento di ciascun alunno e non ad una sequenza lineare, e necessariamente incompleta, di contenuti disciplinari”. La qualità dell’apprendimento è possibile con precise scelte culturali e didattiche: occorre, da una parte, “evitare trattazioni di argomenti distanti dall’esperienza e frammentati in nozioni da memorizzare” e,  dall’altra, “realizzare attività didattiche in forma di laboratorio per favorire l’operatività e allo stesso tempo il dialogo e la riflessione su quello che si fa. Il laboratorio, se ben progettato, è la modalità di lavoro che meglio incoraggia la ricerca e la progettualità, coinvolge gli alunni nel pensare, realizzare, valutare attività vissute in modo condiviso e partecipato con altri, e che può essere attivata sia nei diversi spazi e occasioni interni alla scuola sia valorizzando il territorio come risorsa per l’apprendimento”. Tale scuola “è una scuola che include: la scuola italiana sviluppa la propria azione educativa in coerenza con i principi dell’inclusione delle persone e dell’integrazione delle culture, considerando l’accoglienza delle diversità un valore irrinunciabile”.

 

Traguardi per lo sviluppo delle competenze e certificazione delle competenze

La problematica delle competenze ha subito in questi 13 anni la stessa sorte di quella del curricolo; a nostro parere, non poteva andare diversamente perché curricolo e competenze sono strettamente intrecciati e non è un caso se la certificazione delle competenze (diventata anche obbligatoria alla fine del biennio negli ultimi due anni) sia stata nella maggior parte dei casi una finzione. Infatti, come è specificato nel documento, solo a seguito di “una regolare osservazione, documentazione e valutazione delle competenze è possibile la loro certificazione”, e se effettivamente la scuola “finalizza il curricolo alla maturazione delle competenze previste nel profilo dello studente al termine del primo ciclo”.

Sempre in modo inoppugnabile, viene stabilita la diversa natura giuridica dei traguardi per lo sviluppo delle competenze e degli obiettivi di apprendimento; mentre i primi vengono indicati come prescrittivi, i secondi solo come indicativi: “I traguardi costituiscono criteri per la valutazione delle competenze attese e, nella loro scansione temporale, sono prescrittivi, impegnando così le istituzioni scolastiche affinché ogni alunno possa conseguirli, a garanzia dell’unità del sistema nazionale e della qualità del servizio”. Invece gli obiettivi di apprendimento “sono utilizzati dalle scuole e dai docenti nella loro attività di progettazione didattica, con attenzione alle condizioni di contesto, didattiche e organizzative mirando a un insegnamento ricco e efficace”. E fin dall’inizio del paragrafo dedicato all’organizzazione del curricolo si stabilisce che le indicazioni “sono un testo aperto, che la comunità professionale è chiamata ad assumere e a contestualizzare, elaborando specifiche scelte relative a contenuti, metodi, organizzazione e valutazione coerenti con i traguardi formativi previsti dal documento nazionale”.

 

Le condizioni per la realizzazione della scuola del curricolo

La costruzione del curricolo non è un adempimento formale, ma è “il processo attraverso il quale si sviluppano e organizzano la ricerca e l’innovazione educativa”, è, cioè, un  cammino di costante miglioramento dell’aspetto centrale della scuola, il processo di insegnamento-apprendimento.

Sono qui indicate le condizioni necessarie, per la realizzazione della scuola del curricolo: la trasformazione di tutte le scuole in comunità professionali caratterizzate da “partecipazione” ed “apprendimento continuo”. “Questo processo richiede attività di studio, di formazione e di ricerca da parte di tutti gli operatori scolastici ed in primo luogo da parte dei docenti. Determinante al riguardo risulta il ruolo del dirigente scolastico”. Le norme innovative sono indispensabili, ma sono sempre tutt’altro che sufficienti per garantire trasformazioni significative; le nuove Indicazioni per il curricolo della scuola di base potranno essere effettivamente attuate se le scuole diventeranno istituzioni caratterizzate da ricerca e innovazione educativa[2], ma tutto ciò impone una lunga azione di accompagnamento da parte di tutte le istituzioni che hanno responsabilità di governo e di gestione del sistema scolastico.

 

C. Fiorentini, Il curricolo verticale, in C. Fiorentini (a cura di), Il curricolo verticale, Rassegna, 2008, n. 36.

F. Cambi (a cura di), L’arcipelago dei saperi, Firenze, Le Monnier, 2001.

http://www.cidifi.it/

 


[1] in G. Cerini (a cura di), Passa parole, Chiavi di lettura delle Indicazioni 2012, Faenza, Homeless Book, 2012.

[2] Il testo delle nuove Indicazioni è in un certo senso paradossale perché i due aspetti fondamentali che lo caratterizzano sono sviluppati in modo totalmente diverso: il primo, quello culturale, è contenuto in poco meno di 70 pagine, ed il secondo, quello istituzionale-organizzativo, in poche righe.

Legge 6 novembre 2012 , n. 190

Legge 6 novembre 2012 , n. 190
(in GU n. 265 del 13-11-2012)

Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione. (12G0213)

 

  La  Camera  dei  deputati  ed  il  Senato  della  Repubblica  hanno
approvato; 

                   IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 

                              Promulga 

la seguente legge: 
                               Art. 1 

Disposizioni per la prevenzione e la repressione della  corruzione  e
  dell'illegalita' nella pubblica amministrazione 

  1.   In    attuazione    dell'articolo    6    della    Convenzione
dell'Organizzazione  delle  Nazioni  Unite  contro   la   corruzione,
adottata dalla Assemblea generale  dell'ONU  il  31  ottobre  2003  e
ratificata ai sensi della legge  3  agosto  2009,  n.  116,  e  degli
articoli 20 e 21 della Convenzione penale sulla corruzione,  fatta  a
Strasburgo il 27 gennaio 1999 e ratificata ai sensi  della  legge  28
giugno 2012, n.110, la presente legge individua, in ambito nazionale,
l'Autorita' nazionale anticorruzione e gli altri organi incaricati di
svolgere,  con  modalita'  tali  da  assicurare  azione   coordinata,
attivita'  di  controllo,  di  prevenzione  e  di   contrasto   della
corruzione e dell'illegalita' nella pubblica amministrazione. 
  2. La Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrita'
delle amministrazioni pubbliche, di cui all'articolo 13  del  decreto
legislativo 27 ottobre 2009, n.150, e  successive  modificazioni,  di
seguito denominata «Commissione»,  opera  quale  Autorita'  nazionale
anticorruzione, ai sensi  del  comma  1  del  presente  articolo.  In
particolare, la Commissione: 
    a)  collabora  con  i  paritetici  organismi  stranieri,  con  le
organizzazioni regionali ed internazionali competenti; 
    b) approva il  Piano  nazionale  anticorruzione  predisposto  dal
Dipartimento della funzione pubblica, di cui al comma 4, lettera c); 
    c) analizza le cause e i fattori della corruzione e individua gli
interventi che ne possono favorire la prevenzione e il contrasto; 
    d) esprime pareri facoltativi agli organi dello Stato e  a  tutte
le amministrazioni pubbliche di cui  all'articolo  1,  comma  2,  del
decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, e successive modificazioni,
in materia di conformita' di  atti  e  comportamenti  dei  funzionari
pubblici alla legge, ai  codici  di  comportamento  e  ai  contratti,
collettivi e individuali, regolanti il rapporto di lavoro pubblico; 
    e) esprime pareri facoltativi in materia  di  autorizzazioni,  di
cui all'articolo 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001,  n.165,  e
successive modificazioni, allo svolgimento di  incarichi  esterni  da
parte dei dirigenti amministrativi dello Stato e degli enti  pubblici
nazionali, con particolare  riferimento  all'applicazione  del  comma
16-ter, introdotto dal comma 42, lettera l), del presente articolo; 
    f)  esercita  la  vigilanza   e   il   controllo   sull'effettiva
applicazione e sull'efficacia delle misure adottate  dalle  pubbliche
amministrazioni ai sensi dei commi 4 e 5 del presente articolo e  sul
rispetto delle regole sulla trasparenza dell'attivita' amministrativa
previste dai commi da 15 a 36 del presente  articolo  e  dalle  altre
disposizioni vigenti; 
    g) riferisce al Parlamento, presentando una relazione entro il 31
dicembre  di  ciascun  anno,  sull'attivita'   di   contrasto   della
corruzione  e  dell'illegalita'  nella  pubblica  amministrazione   e
sull'efficacia delle disposizioni vigenti in materia. 
  3. Per l'esercizio delle funzioni di cui al comma 2, lettera f), la
Commissione esercita poteri ispettivi mediante richiesta di  notizie,
informazioni, atti e  documenti  alle  pubbliche  amministrazioni,  e
ordina l'adozione di atti o provvedimenti richiesti dai piani di  cui
ai commi 4 e 5 del presente articolo e dalle regole sulla trasparenza
dell'attivita' amministrativa previste dai  commi  da  15  a  36  del
presente articolo e  dalle  altre  disposizioni  vigenti,  ovvero  la
rimozione di comportamenti o atti  contrastanti  con  i  piani  e  le
regole sulla trasparenza citati. La Commissione e le  amministrazioni
interessate danno notizia, nei rispettivi siti web istituzionali, dei
provvedimenti adottati ai sensi del presente comma. 
  4. Il Dipartimento della funzione pubblica, anche secondo linee  di
indirizzo  adottate  dal  Comitato  interministeriale   istituito   e
disciplinato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri: 
    a)  coordina  l'attuazione  delle  strategie  di  prevenzione   e
contrasto  della  corruzione  e   dell'illegalita'   nella   pubblica
amministrazione elaborate a livello nazionale e internazionale; 
    b) promuove  e  definisce  norme  e  metodologie  comuni  per  la
prevenzione della corruzione, coerenti con gli indirizzi, i programmi
e i progetti internazionali; 
    c) predispone il Piano nazionale anticorruzione, anche al fine di
assicurare l'attuazione coordinata delle misure di cui  alla  lettera
a); 
    d) definisce modelli  standard  delle  informazioni  e  dei  dati
occorrenti  per  il  conseguimento  degli  obiettivi  previsti  dalla
presente legge, secondo modalita' che consentano la loro gestione  ed
analisi informatizzata; 
    e) definisce criteri per assicurare la  rotazione  dei  dirigenti
nei settori particolarmente esposti  alla  corruzione  e  misure  per
evitare sovrapposizioni di funzioni e cumuli di incarichi  nominativi
in capo ai dirigenti pubblici, anche esterni. 
  5. Le pubbliche amministrazioni centrali definiscono e  trasmettono
al Dipartimento della funzione pubblica: 
    a) un piano di prevenzione  della  corruzione  che  fornisce  una
valutazione del  diverso  livello  di  esposizione  degli  uffici  al
rischio di corruzione e indica gli interventi organizzativi  volti  a
prevenire il medesimo rischio; 
    b)  procedure  appropriate  per   selezionare   e   formare,   in
collaborazione   con   la    Scuola    superiore    della    pubblica
amministrazione,  i  dipendenti  chiamati  ad  operare   in   settori
particolarmente esposti alla  corruzione,  prevedendo,  negli  stessi
settori, la rotazione di dirigenti e funzionari. 
  6. Ai fini della predisposizione del  piano  di  prevenzione  della
corruzione,  il  prefetto,  su  richiesta,  fornisce  il   necessario
supporto tecnico e informativo agli enti locali,  anche  al  fine  di
assicurare che i piani siano formulati e adottati nel rispetto  delle
linee  guida  contenute   nel   Piano   nazionale   approvato   dalla
Commissione. 
  7. A tal fine, l'organo di indirizzo politico individua,  di  norma
tra i dirigenti amministrativi di ruolo di prima fascia in  servizio,
il  responsabile  della  prevenzione  della  corruzione.  Negli  enti
locali,  il  responsabile  della  prevenzione  della  corruzione   e'
individuato, di norma,  nel  segretario,  salva  diversa  e  motivata
determinazione. 
  8. L'organo di indirizzo politico,  su  proposta  del  responsabile
individuato ai sensi del comma 7, entro il 31 gennaio di  ogni  anno,
adotta il piano triennale di prevenzione della corruzione,  curandone
la trasmissione al Dipartimento della funzione pubblica.  L'attivita'
di elaborazione  del  piano  non  puo'  essere  affidata  a  soggetti
estranei  all'amministrazione.  Il  responsabile,  entro  lo   stesso
termine, definisce procedure appropriate per selezionare  e  formare,
ai sensi del comma 10, i dipendenti destinati ad operare  in  settori
particolarmente esposti alla corruzione. Le attivita'  a  rischio  di
corruzione devono essere svolte, ove possibile, dal personale di  cui
al comma 11. La  mancata  predisposizione  del  piano  e  la  mancata
adozione delle  procedure  per  la  selezione  e  la  formazione  dei
dipendenti    costituiscono    elementi    di    valutazione    della
responsabilita' dirigenziale. 
  9. Il piano di cui al comma 5 risponde alle seguenti esigenze: 
    a) individuare le attivita', tra le quali quelle di cui al  comma
16, nell'ambito delle quali e' piu' elevato il rischio di corruzione,
anche   raccogliendo   le   proposte   dei    dirigenti,    elaborate
nell'esercizio delle competenze previste dall'articolo 16,  comma  1,
lettera a-bis), del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165; 
    b) prevedere, per le attivita' individuate ai sensi della lettera
a), meccanismi di formazione, attuazione e controllo delle  decisioni
idonei a prevenire il rischio di corruzione; 
    c) prevedere, con particolare riguardo alle attivita' individuate
ai sensi della lettera a), obblighi di informazione nei confronti del
responsabile, individuato ai sensi del comma 7, chiamato  a  vigilare
sul funzionamento e sull'osservanza del piano; 
    d) monitorare il rispetto dei termini, previsti dalla legge o dai
regolamenti, per la conclusione dei procedimenti; 
    e) monitorare i rapporti tra l'amministrazione e i  soggetti  che
con  la  stessa  stipulano  contratti  o  che  sono   interessati   a
procedimenti di autorizzazione, concessione o erogazione di  vantaggi
economici di qualunque genere, anche verificando eventuali  relazioni
di  parentela  o  affinita'   sussistenti   tra   i   titolari,   gli
amministratori, i soci e i  dipendenti  degli  stessi  soggetti  e  i
dirigenti e i dipendenti dell'amministrazione; 
    f)  individuare  specifici  obblighi  di  trasparenza   ulteriori
rispetto a quelli previsti da disposizioni di legge. 
  10. Il responsabile individuato  ai  sensi  del  comma  7  provvede
anche: 
    a) alla verifica dell'efficace attuazione del piano e  della  sua
idoneita', nonche' a proporre la modifica dello  stesso  quando  sono
accertate significative violazioni delle prescrizioni  ovvero  quando
intervengono   mutamenti   nell'organizzazione    o    nell'attivita'
dell'amministrazione; 
    b)  alla  verifica,  d'intesa  con   il   dirigente   competente,
dell'effettiva rotazione degli incarichi negli uffici  preposti  allo
svolgimento delle attivita' nel cui ambito e' piu' elevato il rischio
che siano commessi reati di corruzione; 
    c) ad individuare il  personale  da  inserire  nei  programmi  di
formazione di cui al comma 11. 
  11. La Scuola superiore della pubblica amministrazione, senza nuovi
o maggiori oneri per la finanza pubblica  e  utilizzando  le  risorse
umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione  vigente,
predispone percorsi, anche specifici e settoriali, di formazione  dei
dipendenti  delle  pubbliche   amministrazioni   statali   sui   temi
dell'etica e della legalita'. Con cadenza periodica e d'intesa con le
amministrazioni, provvede alla  formazione  dei  dipendenti  pubblici
chiamati ad operare nei settori in cui e' piu'  elevato,  sulla  base
dei piani adottati dalle  singole  amministrazioni,  il  rischio  che
siano commessi reati di corruzione. 
  12. In caso di commissione, all'interno dell'amministrazione, di un
reato di corruzione accertato con sentenza passata in  giudicato,  il
responsabile individuato ai sensi del comma 7 del  presente  articolo
risponde ai sensi dell'articolo 21 del decreto legislativo  30  marzo
2001,  n.165,  e  successive   modificazioni,   nonche'   sul   piano
disciplinare, oltre che per il danno erariale  e  all'immagine  della
pubblica  amministrazione,  salvo  che  provi   tutte   le   seguenti
circostanze: 
    a) di avere predisposto, prima della commissione  del  fatto,  il
piano di cui al comma 5 e di aver osservato le prescrizioni di cui ai
commi 9 e 10 del presente articolo; 
    b) di aver  vigilato  sul  funzionamento  e  sull'osservanza  del
piano. 
  13. La sanzione disciplinare a carico del responsabile  individuato
ai sensi del comma 7 non puo' essere inferiore alla  sospensione  dal
servizio con privazione della retribuzione da un minimo di un mese ad
un massimo di sei mesi. 
  14. In caso di ripetute  violazioni  delle  misure  di  prevenzione
previste dal piano, il responsabile individuato ai sensi del comma  7
del presente articolo risponde ai sensi dell'articolo 21 del  decreto
legislativo  30  marzo  2001,  n.165,  e  successive   modificazioni,
nonche', per omesso controllo, sul piano disciplinare. La violazione,
da  parte  dei  dipendenti  dell'amministrazione,  delle  misure   di
prevenzione previste dal  piano  costituisce  illecito  disciplinare.
Entro il 15 dicembre di ogni anno, il dirigente individuato ai  sensi
del  comma  7  del  presente   articolo   pubblica   nel   sito   web
dell'amministrazione una relazione recante i risultati dell'attivita'
svolta   e   la   trasmette   all'organo   di   indirizzo    politico
dell'amministrazione. Nei casi in cui l'organo di indirizzo  politico
lo richieda o qualora il dirigente responsabile lo ritenga opportuno,
quest'ultimo riferisce sull'attivita'. 
  15. Ai fini della presente  legge,  la  trasparenza  dell'attivita'
amministrativa, che costituisce livello essenziale delle  prestazioni
concernenti i diritti sociali e civili ai  sensi  dell'articolo  117,
secondo  comma,  lettera  m),  della  Costituzione,  secondo   quanto
previsto all'articolo 11 del decreto  legislativo  27  ottobre  2009,
n.150,  e'  assicurata  mediante  la  pubblicazione,  nei  siti   web
istituzionali delle  pubbliche  amministrazioni,  delle  informazioni
relative ai procedimenti amministrativi, secondo  criteri  di  facile
accessibilita',  completezza  e  semplicita'  di  consultazione,  nel
rispetto delle disposizioni  in  materia  di  segreto  di  Stato,  di
segreto d'ufficio e di protezione dei dati personali.  Nei  siti  web
istituzionali delle amministrazioni pubbliche sono pubblicati anche i
relativi bilanci e conti  consuntivi,  nonche'  i  costi  unitari  di
realizzazione delle opere  pubbliche  e  di  produzione  dei  servizi
erogati ai cittadini. Le informazioni sui costi sono pubblicate sulla
base di uno schema tipo redatto dall'Autorita' per la  vigilanza  sui
contratti pubblici di  lavori,  servizi  e  forniture,  che  ne  cura
altresi'  la  raccolta  e  la  pubblicazione  nel  proprio  sito  web
istituzionale al fine di consentirne una agevole comparazione. 
  16. Fermo restando quanto stabilito nell'articolo  53  del  decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165,  come  da  ultimo  modificato  dal
comma  42  del  presente  articolo,  nell'articolo  54   del   codice
dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7  marzo
2005, n. 82, e successive modificazioni, nell'articolo 21 della legge
18 giugno 2009, n. 69, e successive modificazioni, e nell'articolo 11
del decreto  legislativo  27  ottobre  2009,  n.  150,  le  pubbliche
amministrazioni assicurano i livelli essenziali di cui  al  comma  15
del presente articolo con particolare riferimento ai procedimenti di: 
    a) autorizzazione o concessione; 
    b) scelta del contraente per l'affidamento di lavori, forniture e
servizi, anche con riferimento alla modalita' di selezione  prescelta
ai sensi del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi
e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n.163; 
    c) concessione ed erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi,
ausili finanziari, nonche'  attribuzione  di  vantaggi  economici  di
qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati; 
    d) concorsi e prove selettive per l'assunzione  del  personale  e
progressioni di carriera di cui all'articolo 24  del  citato  decreto
legislativo n.150 del 2009. 
  17. Le stazioni appaltanti possono prevedere negli avvisi, bandi di
gara o lettere di invito  che  il  mancato  rispetto  delle  clausole
contenute nei protocolli di  legalita'  o  nei  patti  di  integrita'
costituisce causa di esclusione dalla gara. 
  18. Ai magistrati ordinari, amministrativi, contabili  e  militari,
agli avvocati  e  procuratori  dello  Stato  e  ai  componenti  delle
commissioni tributarie e' vietata, pena la decadenza dagli  incarichi
e la nullita'  degli  atti  compiuti,  la  partecipazione  a  collegi
arbitrali o l'assunzione di incarico di arbitro unico. 
  19. Il comma 1 dell'articolo 241  del  codice  di  cui  al  decreto
legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e  successive  modificazioni,  e'
sostituito dal seguente: 
    «1.   Le   controversie   su   diritti   soggettivi,    derivanti
dall'esecuzione dei contratti pubblici relativi  a  lavori,  servizi,
forniture, concorsi di  progettazione  e  di  idee,  comprese  quelle
conseguenti al mancato raggiungimento dell'accordo  bonario  previsto
dall'articolo  240,  possono  essere  deferite  ad  arbitri,   previa
autorizzazione   motivata   da   parte   dell'organo    di    governo
dell'amministrazione.  L'inclusione  della  clausola  compromissoria,
senza preventiva autorizzazione, nel bando o nell'avviso con  cui  e'
indetta la gara ovvero, per le procedure senza bando, nell'invito,  o
il  ricorso  all'arbitrato,  senza  preventiva  autorizzazione,  sono
nulli». 
  20.  Le  disposizioni  relative  al  ricorso  ad  arbitri,  di  cui
all'articolo 241, comma 1, del codice di cui al  decreto  legislativo
12 aprile 2006, n.163, come sostituito  dal  comma  19  del  presente
articolo, si applicano anche alle controversie relative a concessioni
e appalti pubblici di opere, servizi e forniture in cui sia parte una
societa' a partecipazione pubblica ovvero una societa' controllata  o
collegata  a  una  societa'  a  partecipazione  pubblica,  ai   sensi
dell'articolo 2359 del codice  civile,  o  che  comunque  abbiano  ad
oggetto opere o forniture finanziate con risorse a carico dei bilanci
pubblici.   A   tal   fine,    l'organo    amministrativo    rilascia
l'autorizzazione di cui al  citato  comma  1  dell'articolo  241  del
codice di cui al decreto legislativo n.163 del 2006, come  sostituito
dal comma 19 del presente articolo. 
  21. La nomina degli arbitri per la risoluzione  delle  controversie
nelle  quali  e'  parte  una  pubblica  amministrazione  avviene  nel
rispetto dei principi di pubblicita' e  di  rotazione  e  secondo  le
modalita' previste dai commi 22, 23 e 24 del presente articolo, oltre
che nel rispetto delle disposizioni del  codice  di  cui  al  decreto
legislativo 12 aprile 2006, n.163, in quanto applicabili. 
  22.  Qualora  la  controversia  si   svolga   tra   due   pubbliche
amministrazioni, gli arbitri di parte sono individuati esclusivamente
tra dirigenti pubblici. 
  23.  Qualora  la  controversia  abbia  luogo   tra   una   pubblica
amministrazione e un privato, l'arbitro  individuato  dalla  pubblica
amministrazione e' scelto preferibilmente tra i  dirigenti  pubblici.
Qualora non risulti possibile alla pubblica amministrazione  nominare
un arbitro scelto tra i dirigenti pubblici, la  nomina  e'  disposta,
con provvedimento  motivato,  nel  rispetto  delle  disposizioni  del
codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n.163. 
  24. La pubblica amministrazione  stabilisce,  a  pena  di  nullita'
della nomina, l'importo massimo spettante al dirigente  pubblico  per
l'attivita' arbitrale. L'eventuale differenza tra l'importo spettante
agli arbitri nominati e l'importo massimo stabilito per il  dirigente
e' acquisita  al  bilancio  della  pubblica  amministrazione  che  ha
indetto la gara. 
  25. Le disposizioni di cui ai commi da 19 a  24  non  si  applicano
agli arbitrati conferiti o autorizzati prima della data di entrata in
vigore della presente legge. 
  26. Le disposizioni di cui ai commi 15 e 16 si applicano  anche  ai
procedimenti posti in essere in deroga alle  procedure  ordinarie.  I
soggetti che operano in deroga e che non dispongono  di  propri  siti
web istituzionali pubblicano le informazioni di cui ai  citati  commi
15 e 16 nei siti web istituzionali delle amministrazioni dalle  quali
sono nominati. 
  27. Le informazioni pubblicate ai sensi dei  commi  15  e  16  sono
trasmesse in via telematica alla Commissione. 
  28.  Le  amministrazioni  provvedono   altresi'   al   monitoraggio
periodico  del  rispetto  dei  tempi  procedimentali  attraverso   la
tempestiva eliminazione delle anomalie. I risultati del  monitoraggio
sono  consultabili   nel   sito   web   istituzionale   di   ciascuna
amministrazione. 
  29. Ogni amministrazione pubblica rende noto,  tramite  il  proprio
sito web istituzionale, almeno  un  indirizzo  di  posta  elettronica
certificata cui il cittadino possa rivolgersi per trasmettere istanze
ai  sensi  dell'articolo  38  del  testo  unico  delle   disposizioni
legislative   e   regolamentari   in   materia   di    documentazione
amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica  28
dicembre  2000,  n.445,  e  successive  modificazioni,   e   ricevere
informazioni circa i provvedimenti e  i  procedimenti  amministrativi
che lo riguardano. 
  30. Le amministrazioni, nel rispetto della disciplina  del  diritto
di accesso ai documenti amministrativi di cui al capo V della legge 7
agosto  1990,  n.241,  e  successive  modificazioni,  in  materia  di
procedimento amministrativo, hanno l'obbligo di  rendere  accessibili
in   ogni   momento   agli   interessati,   tramite   strumenti    di
identificazione informatica di cui  all'articolo  65,  comma  1,  del
codice di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n.82, e successive
modificazioni,  le  informazioni  relative  ai  provvedimenti  e   ai
procedimenti amministrativi che li riguardano,  ivi  comprese  quelle
relative allo  stato  della  procedura,  ai  relativi  tempi  e  allo
specifico ufficio competente in ogni singola fase. 
  31.  Con  uno  o  piu'  decreti  del  Ministro  per   la   pubblica
amministrazione e la semplificazione, di  concerto  con  il  Ministro
delle infrastrutture e dei trasporti per le  materie  di  competenza,
sentita la Conferenza unificata di cui  all'articolo  8  del  decreto
legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e  successive  modificazioni,  da
adottare entro sei  mesi  dalla  data  di  entrata  in  vigore  della
presente legge, sono individuate le informazioni  rilevanti  ai  fini
dell'applicazione dei commi 15  e  16  del  presente  articolo  e  le
relative modalita' di pubblicazione, nonche' le indicazioni  generali
per l'applicazione dei commi 29 e 30. Restano ferme  le  disposizioni
in materia di pubblicita' previste  dal  codice  di  cui  al  decreto
legislativo 12 aprile 2006, n.163. 
  32. Con riferimento ai procedimenti di cui al comma 16, lettera b),
del presente articolo, le  stazioni  appaltanti  sono  in  ogni  caso
tenute a pubblicare nei propri siti web istituzionali:  la  struttura
proponente; l'oggetto del bando; l'elenco degli operatori invitati  a
presentare offerte; l'aggiudicatario; l'importo di aggiudicazione;  i
tempi di completamento dell'opera, servizio  o  fornitura;  l'importo
delle somme liquidate.  Entro  il  31  gennaio  di  ogni  anno,  tali
informazioni, relativamente all'anno precedente, sono  pubblicate  in
tabelle  riassuntive  rese  liberamente  scaricabili  in  un  formato
digitale standard aperto che consenta di  analizzare  e  rielaborare,
anche a fini  statistici,  i  dati  informatici.  Le  amministrazioni
trasmettono in formato digitale tali informazioni  all'Autorita'  per
la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi  e  forniture,
che le pubblica nel proprio  sito  web  in  una  sezione  liberamente
consultabile da tutti i cittadini, catalogate in base alla  tipologia
di stazione appaltante  e  per  regione.  L'Autorita'  individua  con
propria  deliberazione  le  informazioni  rilevanti  e  le   relative
modalita' di trasmissione.  Entro  il  30  aprile  di  ciascun  anno,
l'Autorita' per  la  vigilanza  sui  contratti  pubblici  di  lavori,
servizi e forniture trasmette alla Corte  dei  conti  l'elenco  delle
amministrazioni che hanno omesso  di  trasmettere  e  pubblicare,  in
tutto o in parte, le informazioni di cui al presente comma in formato
digitale standard aperto. Si applica  l'articolo  6,  comma  11,  del
codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163. 
  33. La mancata o incompleta pubblicazione, da parte delle pubbliche
amministrazioni, delle informazioni di cui al  comma  31  costituisce
violazione  degli  standard  qualitativi  ed   economici   ai   sensi
dell'articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 20  dicembre  2009,
n. 198, ed e' comunque valutata ai sensi dell'articolo 21 del decreto
legislativo 30  marzo  2001,  n.  165,  e  successive  modificazioni.
Eventuali ritardi nell'aggiornamento dei  contenuti  sugli  strumenti
informatici sono sanzionati a carico dei responsabili del servizio. 
  34. Le disposizioni  dei  commi  da  15  a  33  si  applicano  alle
amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive  modificazioni,  agli
enti pubblici nazionali,  nonche'  alle  societa'  partecipate  dalle
amministrazioni  pubbliche  e  dalle  loro  controllate,   ai   sensi
dell'articolo  2359  del  codice  civile,  limitatamente  alla   loro
attivita' di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale  o
dell'Unione europea. 
  35. Il Governo e' delegato ad  adottare,  senza  nuovi  o  maggiori
oneri per la finanza pubblica, entro sei mesi dalla data  di  entrata
in vigore  della  presente  legge,  un  decreto  legislativo  per  il
riordino della disciplina riguardante gli  obblighi  di  pubblicita',
trasparenza e diffusione di informazioni  da  parte  delle  pubbliche
amministrazioni,  mediante  la  modifica   o   l'integrazione   delle
disposizioni vigenti, ovvero mediante la previsione di nuove forme di
pubblicita', nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi: 
    a) ricognizione e coordinamento delle disposizioni che  prevedono
obblighi di pubblicita' a carico delle amministrazioni pubbliche; 
    b) previsione di forme di pubblicita' sia in ordine all'uso delle
risorse pubbliche sia in ordine allo svolgimento e ai risultati delle
funzioni amministrative; 
    c) precisazione degli obblighi di pubblicita' di dati relativi ai
titolari di incarichi politici, di carattere elettivo o  comunque  di
esercizio di  poteri  di  indirizzo  politico,  di  livello  statale,
regionale  e  locale.  Le  dichiarazioni  oggetto  di   pubblicazione
obbligatoria di cui alla  lettera  a)  devono  concernere  almeno  la
situazione  patrimoniale  complessiva   del   titolare   al   momento
dell'assunzione  della  carica,  la  titolarita'   di   imprese,   le
partecipazioni azionarie proprie, del coniuge e dei parenti entro  il
secondo grado di parentela, nonche' tutti i compensi cui da'  diritto
l'assunzione della carica; 
    d)   ampliamento   delle   ipotesi   di   pubblicita',   mediante
pubblicazione nei siti web istituzionali, di informazioni relative ai
titolari degli incarichi dirigenziali nelle pubbliche amministrazioni
di cui all'articolo 1, comma 2,  del  decreto  legislativo  30  marzo
2001, n. 165, e  successive  modificazioni,  sia  con  riferimento  a
quelli che comportano funzioni di amministrazione e gestione, sia con
riferimento agli incarichi di responsabilita' degli uffici di diretta
collaborazione; 
    e)   definizione   di   categorie   di   informazioni   che    le
amministrazioni devono pubblicare e delle modalita'  di  elaborazione
dei relativi formati; 
    f) obbligo di  pubblicare  tutti  gli  atti,  i  documenti  e  le
informazioni di cui al presente comma anche  in  formato  elettronico
elaborabile e in formati di dati aperti. Per formati di  dati  aperti
si devono intendere almeno i dati resi disponibili e fruibili on line
in formati non proprietari, a condizioni tali da permetterne il  piu'
ampio riutilizzo anche a fini statistici e la  ridistribuzione  senza
ulteriori  restrizioni  d'uso,  di  riuso  o  di  diffusione  diverse
dall'obbligo di citare la fonte e di rispettarne l'integrita'; 
    g) individuazione, anche mediante  integrazione  e  coordinamento
della disciplina vigente, della durata e dei termini di aggiornamento
per ciascuna pubblicazione obbligatoria; 
    h) individuazione, anche mediante revisione e integrazione  della
disciplina vigente, delle responsabilita' e  delle  sanzioni  per  il
mancato,  ritardato  o  inesatto  adempimento   degli   obblighi   di
pubblicazione. 
  36. Le disposizioni di cui al decreto legislativo adottato ai sensi
del comma 35 integrano l'individuazione del livello essenziale  delle
prestazioni  erogate  dalle  amministrazioni  pubbliche  a  fini   di
trasparenza, prevenzione, contrasto della corruzione e della  cattiva
amministrazione, a norma dell'articolo 117,  secondo  comma,  lettera
m), della Costituzione,  e  costituiscono  altresi'  esercizio  della
funzione di coordinamento informativo statistico  e  informatico  dei
dati  dell'amministrazione  statale,  regionale  e  locale,  di   cui
all'articolo 117, secondo comma, lettera r), della Costituzione. 
  37. All'articolo 1 della legge 7 agosto  1990,  n.  241,  al  comma
1-ter sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, con  un  livello
di garanzia non inferiore a  quello  cui  sono  tenute  le  pubbliche
amministrazioni in forza delle  disposizioni  di  cui  alla  presente
legge». 
  38. All'articolo 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241, al comma 1 e'
aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Se  ravvisano  la  manifesta
irricevibilita', inammissibilita',  improcedibilita'  o  infondatezza
della   domanda,   le   pubbliche   amministrazioni   concludono   il
procedimento  con  un  provvedimento  espresso   redatto   in   forma
semplificata, la cui motivazione  puo'  consistere  in  un  sintetico
riferimento al punto di fatto o di diritto ritenuto risolutivo». 
  39. Al fine di  garantire  l'esercizio  imparziale  delle  funzioni
amministrative  e  di  rafforzare  la  separazione  e  la   reciproca
autonomia tra organi di indirizzo politico e  organi  amministrativi,
le amministrazioni pubbliche di cui  all'articolo  1,  comma  2,  del
decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nonche' le  aziende  e  le
societa' partecipate dallo Stato e  dagli  altri  enti  pubblici,  in
occasione del monitoraggio posto in essere ai fini dell'articolo  36,
comma 3,  del  medesimo  decreto  legislativo  n.  165  del  2001,  e
successive modificazioni, comunicano al Dipartimento  della  funzione
pubblica, per il tramite degli organismi indipendenti di valutazione,
tutti i dati utili a rilevare le posizioni dirigenziali attribuite  a
persone, anche esterne alle  pubbliche  amministrazioni,  individuate
discrezionalmente dall'organo di indirizzo politico  senza  procedure
pubbliche di selezione. I dati forniti confluiscono  nella  relazione
annuale al Parlamento di cui al citato  articolo  36,  comma  3,  del
decreto legislativo  n.  165  del  2001,  e  vengono  trasmessi  alla
Commissione per le finalita' di cui ai commi da 1 a 14  del  presente
articolo. 
  40. I titoli e i curricula riferiti ai soggetti di cui al comma  39
si intendono parte integrante dei  dati  comunicati  al  Dipartimento
della funzione pubblica. 
  41. Nel capo II della legge 7 agosto 1990, n. 241, dopo  l'articolo
6 e' aggiunto il seguente: 
    «Art. 6-bis. - (Conflitto di interessi). - 1. Il responsabile del
procedimento e i titolari  degli  uffici  competenti  ad  adottare  i
pareri, le valutazioni tecniche, gli  atti  endoprocedimentali  e  il
provvedimento  finale  devono  astenersi  in  caso  di  conflitto  di
interessi,   segnalando   ogni   situazione   di   conflitto,   anche
potenziale». 
  42. All'articolo 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.  165,
e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni: 
    a) dopo il comma 3 e' inserito il seguente: 
      «3-bis. Ai fini previsti dal comma 2, con appositi  regolamenti
emanati su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e la
semplificazione, di concerto con i  Ministri  interessati,  ai  sensi
dell'articolo 17, comma 2, della legge 23  agosto  1988,  n.  400,  e
successive   modificazioni,   sono   individuati,   secondo   criteri
differenziati  in  rapporto   alle   diverse   qualifiche   e   ruoli
professionali,   gli   incarichi   vietati   ai   dipendenti    delle
amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2»; 
    b) al comma 5 sono aggiunte, in  fine,  le  seguenti  parole:  «o
situazioni  di  conflitto,  anche  potenziale,  di   interessi,   che
pregiudichino l'esercizio imparziale  delle  funzioni  attribuite  al
dipendente»; 
    c) al comma 7 e al comma 9, dopo il primo periodo e' inserito  il
seguente: 
      «Ai  fini   dell'autorizzazione,   l'amministrazione   verifica
l'insussistenza di situazioni,  anche  potenziali,  di  conflitto  di
interessi»; 
    d) dopo il comma 7 e' inserito il seguente: 
      «7-bis. L'omissione del versamento del compenso  da  parte  del
dipendente  pubblico  indebito  percettore  costituisce  ipotesi   di
responsabilita' erariale soggetta alla giurisdizione della Corte  dei
conti»; 
    e) il comma 11 e' sostituito dal seguente: 
      «11. Entro quindici giorni dall'erogazione del compenso per gli
incarichi di cui al comma 6, i soggetti pubblici o privati comunicano
all'amministrazione di appartenenza l'ammontare dei compensi  erogati
ai dipendenti pubblici»; 
    f) al comma 12, il primo periodo e' sostituito dal seguente:  «Le
amministrazioni pubbliche che conferiscono o  autorizzano  incarichi,
anche a titolo gratuito,  ai  propri  dipendenti  comunicano  in  via
telematica, nel termine di quindici  giorni,  al  Dipartimento  della
funzione pubblica gli incarichi conferiti o autorizzati ai dipendenti
stessi, con l'indicazione dell'oggetto dell'incarico e  del  compenso
lordo, ove previsto»; al medesimo comma 12, al  secondo  periodo,  le
parole: «L'elenco e' accompagnato» sono  sostituite  dalle  seguenti:
«La comunicazione e' accompagnata» e, al terzo  periodo,  le  parole:
«Nello stesso termine» sono sostituite dalle seguenti: «Entro  il  30
giugno di ciascun anno»; 
    g) al comma 13, le parole: «Entro lo stesso  termine  di  cui  al
comma 12» sono sostituite dalle seguenti:  «Entro  il  30  giugno  di
ciascun anno»; 
    h) al comma 14, secondo periodo, dopo le parole:  «l'oggetto,  la
durata e  il  compenso  dell'incarico»  sono  aggiunte  le  seguenti:
«nonche' l'attestazione dell'avvenuta verifica dell'insussistenza  di
situazioni, anche potenziali, di conflitto di interessi»; 
    i) al comma 14, dopo il secondo periodo sono inseriti i seguenti:
«Le informazioni relative a consulenze e incarichi  comunicate  dalle
amministrazioni al Dipartimento della funzione pubblica,  nonche'  le
informazioni  pubblicate  dalle  stesse  nelle  proprie  banche  dati
accessibili al pubblico per via  telematica  ai  sensi  del  presente
articolo, sono trasmesse e pubblicate  in  tabelle  riassuntive  rese
liberamente scaricabili in un formato digitale  standard  aperto  che
consenta di analizzare e rielaborare, anche a fini statistici, i dati
informatici. Entro il 31 dicembre di  ciascun  anno  il  Dipartimento
della funzione pubblica trasmette alla Corte dei conti l'elenco delle
amministrazioni che hanno omesso  di  trasmettere  e  pubblicare,  in
tutto o in parte,  le  informazioni  di  cui  al  terzo  periodo  del
presente comma in formato digitale standard aperto»; 
    l) dopo il comma 16-bis e' aggiunto il seguente: 
      «16-ter. I dipendenti che, negli ultimi tre anni  di  servizio,
hanno esercitato poteri autoritativi  o  negoziali  per  conto  delle
pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, non possono
svolgere, nei tre anni successivi alla  cessazione  del  rapporto  di
pubblico impiego,  attivita'  lavorativa  o  professionale  presso  i
soggetti   privati   destinatari   dell'attivita'   della    pubblica
amministrazione svolta attraverso  i  medesimi  poteri.  I  contratti
conclusi e gli incarichi conferiti in violazione di  quanto  previsto
dal presente comma sono nulli ed e' fatto divieto ai soggetti privati
che li hanno conclusi o conferiti di  contrattare  con  le  pubbliche
amministrazioni per i successivi tre anni con obbligo di restituzione
dei compensi eventualmente percepiti e accertati ad essi riferiti». 
  43. Le disposizioni di cui all'articolo 53, comma  16-ter,  secondo
periodo, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, introdotto dal
comma 42, lettera l), non si applicano ai contratti gia' sottoscritti
alla data di entrata in vigore della presente legge. 
  44. L'articolo 54 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165,  e'
sostituito dal seguente: 
    «Art. 54. - (Codice di comportamento). - 1. Il Governo  definisce
un  codice  di   comportamento   dei   dipendenti   delle   pubbliche
amministrazioni al fine di assicurare la  qualita'  dei  servizi,  la
prevenzione dei  fenomeni  di  corruzione,  il  rispetto  dei  doveri
costituzionali  di  diligenza,  lealta',  imparzialita'  e   servizio
esclusivo alla cura dell'interesse pubblico. Il codice  contiene  una
specifica sezione dedicata ai doveri  dei  dirigenti,  articolati  in
relazione alle funzioni attribuite, e comunque prevede  per  tutti  i
dipendenti  pubblici  il  divieto  di  chiedere  o  di  accettare,  a
qualsiasi titolo, compensi, regali o altre utilita',  in  connessione
con l'espletamento delle proprie funzioni  o  dei  compiti  affidati,
fatti salvi i regali d'uso, purche' di modico  valore  e  nei  limiti
delle normali relazioni di cortesia. 
    2.  Il  codice,  approvato  con  decreto  del  Presidente   della
Repubblica, previa  deliberazione  del  Consiglio  dei  ministri,  su
proposta  del  Ministro  per  la  pubblica   amministrazione   e   la
semplificazione, previa intesa in sede di  Conferenza  unificata,  e'
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale e consegnato al  dipendente,  che
lo sottoscrive all'atto dell'assunzione. 
    3.  La  violazione   dei   doveri   contenuti   nel   codice   di
comportamento, compresi quelli relativi all'attuazione del  Piano  di
prevenzione   della   corruzione,   e'   fonte   di   responsabilita'
disciplinare. La violazione dei doveri e' altresi' rilevante ai  fini
della   responsabilita'   civile,    amministrativa    e    contabile
ogniqualvolta  le  stesse  responsabilita'   siano   collegate   alla
violazione di doveri, obblighi, leggi o regolamenti. Violazioni gravi
o reiterate del codice comportano l'applicazione  della  sanzione  di
cui all'articolo 55-quater, comma 1. 
    4. Per ciascuna magistratura e per l'Avvocatura dello Stato,  gli
organi delle associazioni di categoria adottano un codice etico a cui
devono aderire gli appartenenti  alla  magistratura  interessata.  In
caso di inerzia, il codice e' adottato dall'organo di autogoverno. 
    5. Ciascuna pubblica  amministrazione  definisce,  con  procedura
aperta alla partecipazione e previo parere obbligatorio  del  proprio
organismo  indipendente  di  valutazione,  un   proprio   codice   di
comportamento che integra e specifica il codice di  comportamento  di
cui al comma 1. Al codice di comportamento di cui al  presente  comma
si applicano le disposizioni del comma 3. A tali fini, la Commissione
per   la   valutazione,   la   trasparenza   e   l'integrita'   delle
amministrazioni pubbliche (CIVIT) definisce criteri,  linee  guida  e
modelli uniformi per singoli settori o tipologie di amministrazione. 
    6. Sull'applicazione dei  codici  di  cui  al  presente  articolo
vigilano i dirigenti responsabili di ciascuna struttura, le strutture
di controllo interno e gli uffici di disciplina. 
    7. Le pubbliche amministrazioni verificano annualmente  lo  stato
di applicazione dei codici e organizzano attivita' di formazione  del
personale per la conoscenza e la corretta applicazione degli stessi». 
  45. I codici di cui all'articolo 54,  commi  1  e  4,  del  decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165, come sostituito dal comma 44, sono
approvati entro sei mesi  dalla  data  di  entrata  in  vigore  della
presente legge. 
  46. Dopo l'articolo 35 del decreto legislativo 30  marzo  2001,  n.
165, e' inserito il seguente: 
    «Art. 35-bis. - (Prevenzione del fenomeno della corruzione  nella
formazione di commissioni e nelle  assegnazioni  agli  uffici)  -  1.
Coloro che sono stati condannati, anche con sentenza non  passata  in
giudicato, per i reati previsti nel capo I del titolo  II  del  libro
secondo del codice penale: 
      a) non possono fare parte, anche con compiti di segreteria,  di
commissioni per l'accesso o la selezione a pubblici impieghi; 
      b) non possono essere assegnati, anche con funzioni  direttive,
agli  uffici  preposti  alla  gestione  delle  risorse   finanziarie,
all'acquisizione  di  beni,  servizi  e   forniture,   nonche'   alla
concessione o all'erogazione  di  sovvenzioni,  contributi,  sussidi,
ausili finanziari o attribuzioni di  vantaggi  economici  a  soggetti
pubblici e privati; 
      c) non possono fare parte delle commissioni per la  scelta  del
contraente per l'affidamento di lavori, forniture e servizi,  per  la
concessione  o  l'erogazione  di  sovvenzioni,  contributi,  sussidi,
ausili finanziari, nonche' per l'attribuzione di  vantaggi  economici
di qualunque genere. 
    2. La disposizione  prevista  al  comma  l  integra  le  leggi  e
regolamenti che disciplinano la formazione di commissioni e la nomina
dei relativi segretari». 
  47. All'articolo 11 della legge 7 agosto 1990, n. 241, al comma  2,
e' aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Gli  accordi  di  cui  al
presente articolo devono essere motivati ai sensi dell'articolo 3». 
  48. Il Governo e' delegato ad adottare, entro sei mesi  dalla  data
di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo per
la  disciplina  organica  degli   illeciti,   e   relative   sanzioni
disciplinari, correlati al superamento dei termini di definizione dei
procedimenti amministrativi, secondo i seguenti  principi  e  criteri
direttivi: 
    a) omogeneita' degli illeciti connessi al ritardo,  superando  le
logiche   specifiche   dei   differenti   settori   delle   pubbliche
amministrazioni; 
    b) omogeneita' dei controlli da  parte  dei  dirigenti,  volti  a
evitare ritardi; 
    c) omogeneita', certezza e cogenza nel  sistema  delle  sanzioni,
sempre in relazione al mancato rispetto dei termini. 
  49. Ai fini della prevenzione e  del  contrasto  della  corruzione,
nonche' della prevenzione dei conflitti di interessi, il  Governo  e'
delegato ad adottare, senza nuovi o maggiori  oneri  per  la  finanza
pubblica, entro sei mesi  dalla  data  di  entrata  in  vigore  della
presente legge, uno o piu' decreti legislativi diretti  a  modificare
la  disciplina  vigente  in  materia  di  attribuzione  di  incarichi
dirigenziali e di  incarichi  di  responsabilita'  amministrativa  di
vertice nelle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo l,  comma
2, del decreto legislativo  30  marzo  2001,  n.  165,  e  successive
modificazioni, e negli enti di diritto privato sottoposti a controllo
pubblico esercitanti funzioni amministrative, attivita' di produzione
di beni e servizi a  favore  delle  amministrazioni  pubbliche  o  di
gestione di servizi pubblici,  da  conferire  a  soggetti  interni  o
esterni alle pubbliche amministrazioni, che  comportano  funzioni  di
amministrazione  e  gestione,  nonche'  a  modificare  la  disciplina
vigente in materia di incompatibilita' tra i  detti  incarichi  e  lo
svolgimento di  incarichi  pubblici  elettivi  o  la  titolarita'  di
interessi privati che possano  porsi  in  conflitto  con  l'esercizio
imparziale delle funzioni pubbliche affidate. 
  50. I decreti legislativi di cui  al  comma  49  sono  emanati  nel
rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi: 
    a) prevedere in modo esplicito, ai fini della prevenzione  e  del
contrasto della corruzione, i casi di non conferibilita' di incarichi
dirigenziali,  adottando  in  via  generale  il  criterio  della  non
conferibilita' per  coloro  che  sono  stati  condannati,  anche  con
sentenza non passata in giudicato, per i reati previsti  dal  capo  I
del titolo II del libro secondo del codice penale; 
    b) prevedere in modo esplicito, ai fini della prevenzione  e  del
contrasto della corruzione, i casi di non conferibilita' di incarichi
dirigenziali,  adottando  in  via  generale  il  criterio  della  non
conferibilita' per coloro che per un congruo periodo  di  tempo,  non
inferiore ad un anno,  antecedente  al  conferimento  abbiano  svolto
incarichi o ricoperto cariche in enti di diritto privato sottoposti a
controllo o finanziati da parte dell'amministrazione  che  conferisce
l'incarico; 
    c) disciplinare i criteri di conferimento nonche' i casi  di  non
conferibilita' di incarichi dirigenziali ai  soggetti  estranei  alle
amministrazioni che, per un congruo periodo di tempo,  non  inferiore
ad un anno, antecedente al conferimento abbiano fatto parte di organi
di indirizzo politico o abbiano ricoperto cariche pubbliche elettive.
I casi di non conferibilita' devono essere  graduati  e  regolati  in
rapporto  alla  rilevanza  delle  cariche   di   carattere   politico
ricoperte,  all'ente  di  riferimento  e   al   collegamento,   anche
territoriale, con l'amministrazione  che  conferisce  l'incarico.  E'
escluso  in  ogni  caso,  fatta  eccezione  per  gli   incarichi   di
responsabile degli uffici di diretta collaborazione degli  organi  di
indirizzo politico,  il  conferimento  di  incarichi  dirigenziali  a
coloro  che  presso  le  medesime  amministrazioni   abbiano   svolto
incarichi di indirizzo politico o abbiano ricoperto cariche pubbliche
elettive  nel  periodo,  comunque   non   inferiore   ad   un   anno,
immediatamente precedente al conferimento dell'incarico; 
    d) comprendere tra gli incarichi oggetto della disciplina: 
      1)  gli  incarichi  amministrativi  di  vertice   nonche'   gli
incarichi dirigenziali, anche  conferiti  a  soggetti  estranei  alle
pubbliche  amministrazioni,  che  comportano   l'esercizio   in   via
esclusiva delle competenze di amministrazione e gestione; 
      2)  gli  incarichi   di   direttore   generale,   sanitario   e
amministrativo  delle  aziende  sanitarie  locali  e  delle   aziende
ospedaliere; 
      3) gli incarichi di amministratore di enti pubblici e  di  enti
di diritto privato sottoposti a controllo pubblico; 
    e) disciplinare i casi di incompatibilita' tra gli  incarichi  di
cui alla lettera d) gia' conferiti e  lo  svolgimento  di  attivita',
retribuite  o  no,  presso  enti  di  diritto  privato  sottoposti  a
regolazione, a controllo o finanziati da  parte  dell'amministrazione
che ha conferito l'incarico o lo svolgimento in proprio di  attivita'
professionali, se l'ente o l'attivita' professionale sono soggetti  a
regolazione o finanziati da parte dell'amministrazione; 
    f) disciplinare i casi di incompatibilita' tra gli  incarichi  di
cui alla lettera d) gia' conferiti e  l'esercizio  di  cariche  negli
organi di indirizzo politico. 
  51. Dopo l'articolo 54 del decreto legislativo 30  marzo  2001,  n.
165, e' inserito il seguente: 
    «Art. 54-bis. -  (Tutela  del  dipendente  pubblico  che  segnala
illeciti). - 1.  Fuori  dei  casi  di  responsabilita'  a  titolo  di
calunnia o  diffamazione,  ovvero  per  lo  stesso  titolo  ai  sensi
dell'articolo 2043 del codice  civile,  il  pubblico  dipendente  che
denuncia all'autorita' giudiziaria o alla  Corte  dei  conti,  ovvero
riferisce al proprio superiore gerarchico condotte  illecite  di  cui
sia venuto a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro,  non  puo'
essere  sanzionato,   licenziato   o   sottoposto   ad   una   misura
discriminatoria, diretta o indiretta, avente effetti sulle condizioni
di lavoro per motivi collegati  direttamente  o  indirettamente  alla
denuncia. 
    2. Nell'ambito del  procedimento  disciplinare,  l'identita'  del
segnalante non puo' essere rivelata, senza il  suo  consenso,  sempre
che  la  contestazione  dell'addebito  disciplinare  sia  fondata  su
accertamenti distinti e ulteriori rispetto alla segnalazione. Qualora
la  contestazione  sia  fondata,  in  tutto   o   in   parte,   sulla
segnalazione, l'identita' puo' essere rivelata ove la sua  conoscenza
sia assolutamente indispensabile per la difesa dell'incolpato. 
    3.  L'adozione  di  misure  discriminatorie   e'   segnalata   al
Dipartimento  della  funzione  pubblica,  per  i   provvedimenti   di
competenza,  dall'interessato  o   dalle   organizzazioni   sindacali
maggiormente  rappresentative  nell'amministrazione  nella  quale  le
stesse sono state poste in essere. 
    4. La denuncia e' sottratta all'accesso previsto  dagli  articoli
22 e seguenti della  legge  7  agosto  1990,  n.  241,  e  successive
modificazioni». 
  52.  Per  l'efficacia  dei  controlli  antimafia  nelle   attivita'
imprenditoriali di  cui  al  comma  53,  presso  ogni  prefettura  e'
istituito l'elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed  esecutori
di lavori non soggetti a tentativo di infiltrazione mafiosa  operanti
nei medesimi settori. L'iscrizione  negli  elenchi  della  prefettura
della provincia in cui l'impresa ha sede  soddisfa  i  requisiti  per
l'informazione antimafia per l'esercizio della relativa attivita'. La
prefettura  effettua  verifiche  periodiche   circa   la   perdurante
insussistenza dei suddetti rischi  e,  in  caso  di  esito  negativo,
dispone la cancellazione dell'impresa dall'elenco. 
  53.  Sono  definite  come  maggiormente  esposte   a   rischio   di
infiltrazione mafiosa le seguenti attivita': 
    a) trasporto di materiali a discarica per conto di terzi; 
    b) trasporto, anche transfrontaliero, e  smaltimento  di  rifiuti
per conto di terzi; 
    c) estrazione, fornitura e trasporto di terra e materiali inerti; 
    d) confezionamento, fornitura e trasporto di  calcestruzzo  e  di
bitume; 
    e) noli a freddo di macchinari; 
    f) fornitura di ferro lavorato; 
    g) noli a caldo; 
    h) autotrasporti per conto di terzi; 
    i) guardiania dei cantieri. 
  54. L'indicazione delle attivita' di cui al comma  53  puo'  essere
aggiornata, entro il 31 dicembre di ogni anno, con  apposito  decreto
del Ministro dell'interno, adottato di concerto con i Ministri  della
giustizia, delle infrastrutture e dei  trasporti  e  dell'economia  e
delle  finanze,  previo   parere   delle   Commissioni   parlamentari
competenti, da rendere entro trenta giorni dalla data di trasmissione
del relativo schema  alle  Camere.  Qualora  le  Commissioni  non  si
pronuncino  entro  il  termine,  il  decreto  puo'  essere   comunque
adottato. 
  55. L'impresa iscritta nell'elenco di cui al comma 52 comunica alla
prefettura competente qualsiasi modifica dell'assetto proprietario  e
dei propri organi sociali,  entro  trenta  giorni  dalla  data  della
modifica. Le societa' di capitali quotate  in  mercati  regolamentati
comunicano le variazioni rilevanti secondo quanto previsto dal  testo
unico di cui al decreto legislativo  24  febbraio  1998,  n.  58.  La
mancata comunicazione comporta la cancellazione dell'iscrizione. 
  56. Con decreto del  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  su
proposta  dei  Ministri  per  la  pubblica   amministrazione   e   la
semplificazione, dell'interno, della giustizia, delle  infrastrutture
e dei  trasporti  e  dello  sviluppo  economico,  da  adottare  entro
sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge,
sono definite le modalita' per l'istituzione e l'aggiornamento, senza
nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, dell'elenco di cui al
comma 52, nonche' per l'attivita' di verifica. 
  57. Fino al sessantesimo giorno successivo alla data di entrata  in
vigore del decreto di cui al  comma  56  continua  ad  applicarsi  la
normativa vigente alla data  di  entrata  in  vigore  della  presente
legge. 
  58. All'articolo 135,  comma  l,  del  codice  di  cui  al  decreto
legislativo 12 aprile 2006, n.  163,  dopo  le  parole:  «passata  in
giudicato»  sono  inserite  le  seguenti:  «per  i  delitti  previsti
dall'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater,  del  codice  di  procedura
penale, dagli articoli 314, primo comma, 316, 316-bis, 317, 318, 319,
319-ter, 319-quater e 320 del codice penale, nonche'». 
  59. Le disposizioni di prevenzione della corruzione di cui ai commi
da 1 a 57 del presente articolo, di diretta attuazione del  principio
di imparzialita' di cui  all'articolo  97  della  Costituzione,  sono
applicate in tutte le amministrazioni pubbliche di  cui  all'articolo
1, comma 2,  del  decreto  legislativo  30  marzo  2001,  n.  165,  e
successive modificazioni. 
  60. Entro centoventi giorni dalla data di entrata in  vigore  della
presente legge, attraverso intese in sede di Conferenza unificata  di
cui all'articolo 8, comma l, del decreto legislativo 28 agosto  1997,
n.  281,  si  definiscono  gli  adempimenti,  con  l'indicazione  dei
relativi termini, delle regioni e delle province autonome di Trento e
di Bolzano e degli enti locali, nonche' degli  enti  pubblici  e  dei
soggetti di diritto privato sottoposti al loro controllo, volti  alla
piena e sollecita attuazione delle disposizioni della presente legge,
con particolare riguardo: 
    a) alla definizione, da parte di  ciascuna  amministrazione,  del
piano triennale di prevenzione della corruzione, a partire da  quello
relativo agli anni 2013-2015, e alla sua  trasmissione  alla  regione
interessata e al Dipartimento della funzione pubblica; 
    b) all'adozione, da parte di ciascuna amministrazione,  di  norme
regolamentari relative all'individuazione degli incarichi vietati  ai
dipendenti pubblici di cui all'articolo 53, comma 3-bis, del  decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165, introdotto dal comma  42,  lettera
a), del presente articolo, ferma restando la disposizione del comma 4
dello stesso articolo 53; 
    c) all'adozione, da parte di ciascuna amministrazione, del codice
di comportamento  di  cui  all'articolo  54,  comma  5,  del  decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165, come sostituito dal comma  44  del
presente articolo. 
  61. Attraverso intese in sede di Conferenza unificata sono altresi'
definiti gli adempimenti attuativi  delle  disposizioni  dei  decreti
legislativi previsti dalla presente legge da parte  delle  regioni  e
delle province autonome di Trento e di Bolzano e degli  enti  locali,
nonche' degli  enti  pubblici  e  dei  soggetti  di  diritto  privato
sottoposti al loro controllo. 
  62. All'articolo l della legge 14 gennaio  1994,  n.  20,  dopo  il
comma 1-quinquies sono inseriti i seguenti: 
    «1-sexies. Nel giudizio di responsabilita', l'entita'  del  danno
all'immagine   della   pubblica   amministrazione   derivante   dalla
commissione di un reato contro  la  stessa  pubblica  amministrazione
accertato con sentenza passata in giudicato si presume,  salva  prova
contraria, pari  al  doppio  della  somma  di  denaro  o  del  valore
patrimoniale  di   altra   utilita'   illecitamente   percepita   dal
dipendente. 
    1-septies. Nei giudizi di responsabilita' aventi ad oggetto  atti
o fatti di cui al comma 1-sexies, il sequestro  conservativo  di  cui
all'articolo 5, comma 2, del decreto-legge 15 novembre 1993, n.  453,
convertito, con modificazioni, dalla legge 14 gennaio 1994, n. 19, e'
concesso in tutti i casi di  fondato  timore  di  attenuazione  della
garanzia del credito erariale». 
  63. Il Governo e' delegato ad  adottare,  senza  nuovi  o  maggiori
oneri per la finanza pubblica, entro un anno dalla data di entrata in
vigore della presente legge, un decreto legislativo recante un  testo
unico della normativa in materia di incandidabilita' alla  carica  di
membro del Parlamento  europeo,  di  deputato  e  di  senatore  della
Repubblica, di incandidabilita' alle elezioni regionali, provinciali,
comunali e circoscrizionali e di divieto di ricoprire le  cariche  di
presidente e di  componente  del  consiglio  di  amministrazione  dei
consorzi, di presidente e di componente dei consigli e  delle  giunte
delle unioni di  comuni,  di  consigliere  di  amministrazione  e  di
presidente  delle  aziende  speciali  e  delle  istituzioni  di   cui
all'articolo 114 del testo unico delle leggi  sull'ordinamento  degli
enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000,  n.267,  e
successive modificazioni, di presidente e di componente degli  organi
esecutivi delle comunita' montane. 
  64. Il decreto legislativo di cui al comma 63 provvede al  riordino
e all'armonizzazione della vigente normativa ed e' adottato secondo i
seguenti principi e criteri direttivi: 
    a) ferme restando le disposizioni del codice penale in materia di
interdizione perpetua dai pubblici uffici, prevedere  che  non  siano
temporaneamente candidabili  a  deputati  o  a  senatori  coloro  che
abbiano riportato condanne definitive a pene superiori a due anni  di
reclusione per i delitti previsti dall'articolo  51,  commi  3-bis  e
3-quater, del codice di procedura penale; 
    b) in aggiunta a quanto previsto nella lettera a), prevedere  che
non siano temporaneamente candidabili a deputati o a senatori  coloro
che abbiano riportato condanne definitive a pene superiori a due anni
di reclusione per i delitti previsti nel libro  secondo,  titolo  II,
capo I, del codice penale ovvero per altri delitti  per  i  quali  la
legge preveda una pena detentiva superiore nel massimo a tre anni; 
    c) prevedere la durata dell'incandidabilita' di cui alle  lettere
a) e b); 
    d) prevedere  che  l'incandidabilita'  operi  anche  in  caso  di
applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell'articolo 444  del
codice di procedura penale; 
    e) coordinare le disposizioni relative  all'incandidabilita'  con
le vigenti norme in materia di interdizione dai pubblici uffici e  di
riabilitazione, nonche' con le restrizioni all'esercizio del  diritto
di elettorato attivo; 
    f) prevedere che le condizioni di incandidabilita' alla carica di
deputato e di senatore siano applicate altresi' all'assunzione  delle
cariche di governo; 
    g) operare una completa ricognizione della normativa  vigente  in
materia di incandidabilita' alle  elezioni  provinciali,  comunali  e
circoscrizionali e di divieto di ricoprire le cariche  di  presidente
della provincia,  sindaco,  assessore  e  consigliere  provinciale  e
comunale, presidente e  componente  del  consiglio  circoscrizionale,
presidente  e  componente  del  consiglio  di   amministrazione   dei
consorzi, presidente e componente dei consigli e delle  giunte  delle
unioni di comuni, consigliere di amministrazione e  presidente  delle
aziende speciali e delle istituzioni  di  cui  all'articolo  114  del
testo unico di cui al citato decreto legislativo  n.  267  del  2000,
presidente  e  componente  degli  organi  delle  comunita'   montane,
determinata da sentenze definitive di condanna; 
    h) valutare per le cariche di cui alla lettera  g),  in  coerenza
con  le  scelte  operate  in  attuazione  delle  lettere  a)  e   i),
l'introduzione di ulteriori ipotesi di  incandidabilita'  determinate
da sentenze definitive di  condanna  per  delitti  di  grave  allarme
sociale; 
    i) individuare, fatta salva la competenza  legislativa  regionale
sul  sistema  di  elezione  e  i  casi  di   ineleggibilita'   e   di
incompatibilita' del presidente e degli altri componenti della giunta
regionale  nonche'  dei  consiglieri   regionali,   le   ipotesi   di
incandidabilita' alle elezioni regionali e di  divieto  di  ricoprire
cariche negli organi politici di vertice delle regioni, conseguenti a
sentenze definitive di condanna; 
    l) prevedere l'abrogazione espressa della normativa incompatibile
con le disposizioni del decreto legislativo di cui al comma 63; 
    m) disciplinare le ipotesi di sospensione e decadenza di  diritto
dalle cariche di cui al comma 63 in caso di  sentenza  definitiva  di
condanna per  delitti  non  colposi  successiva  alla  candidatura  o
all'affidamento della carica. 
  65. Lo schema del decreto legislativo di cui al comma 63, corredato
di relazione tecnica, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge
31  dicembre  2009,  n.  196,  e'  trasmesso  alle  Camere  ai   fini
dell'espressione dei pareri da parte delle  Commissioni  parlamentari
competenti per materia e per i  profili  finanziari,  che  sono  resi
entro sessanta giorni dalla data  di  trasmissione  dello  schema  di
decreto. Decorso il termine di cui al periodo precedente senza che le
Commissioni abbiano espresso i pareri di  rispettiva  competenza,  il
decreto legislativo puo' essere comunque adottato. 
  66.  Tutti  gli  incarichi  presso  istituzioni,  organi  ed   enti
pubblici, nazionali ed internazionali attribuiti in posizioni apicali
o  semiapicali,  compresi  quelli  di  titolarita'  dell'ufficio   di
gabinetto,  a  magistrati  ordinari,  amministrativi,   contabili   e
militari, avvocati e procuratori dello Stato,  devono  essere  svolti
con contestuale collocamento in posizione di fuori  ruolo,  che  deve
permanere per tutta la durata dell'incarico. Gli incarichi  in  corso
alla data di entrata  in  vigore  della  presente  legge  cessano  di
diritto se nei centottanta giorni successivi non  viene  adottato  il
provvedimento di collocamento in posizione di fuori ruolo. 
  67. Il Governo e' delegato ad adottare, entro  quattro  mesi  dalla
data  di  entrata  in  vigore  della  presente  legge,   un   decreto
legislativo per l'individuazione di ulteriori incarichi, anche  negli
uffici di diretta collaborazione, che, in aggiunta a quelli di cui al
comma 66, comportano  l'obbligatorio  collocamento  in  posizione  di
fuori ruolo, sulla base dei seguenti principi e criteri direttivi: 
    a) tener conto delle differenze e specificita' dei regimi e delle
funzioni  connessi  alla  giurisdizione  ordinaria,   amministrativa,
contabile e militare, nonche' all'Avvocatura dello Stato; 
    b) durata dell'incarico; 
    c) continuativita' e onerosita' dell'impegno lavorativo  connesso
allo svolgimento dell'incarico; 
    d) possibili situazioni di conflitto di interesse tra le funzioni
esercitate  presso  l'amministrazione  di   appartenenza   e   quelle
esercitate in ragione dell'incarico ricoperto fuori ruolo. 
  68. Salvo quanto previsto dal  comma  69,  i  magistrati  ordinari,
amministrativi, contabili e  militari,  gli  avvocati  e  procuratori
dello Stato non possono essere collocati in posizione di fuori  ruolo
per   un   tempo   che,   nell'arco   del   loro   servizio,   superi
complessivamente  dieci  anni,  anche   continuativi.   Il   predetto
collocamento non puo'  comunque  determinare  alcun  pregiudizio  con
riferimento alla posizione rivestita nei ruoli di appartenenza. 
  69. Salvo quanto previsto nei commi 70, 71 e 72 le disposizioni  di
cui al comma 68 si applicano anche agli incarichi in corso alla  data
di entrata in vigore della presente legge. 
  70. Le disposizioni di cui ai commi da 66 a 72 non si applicano  ai
membri di Governo, alle cariche elettive, anche presso gli organi  di
autogoverno, e ai  componenti  delle  Corti  internazionali  comunque
denominate. 
  71. Per gli incarichi previsti dal comma 4 dell'articolo 1-bis  del
decreto-legge  16   settembre   2008,   n.   143,   convertito,   con
modificazioni, dalla  legge  13  novembre  2008,  n.  181,  anche  se
conferiti successivamente all'entrata in vigore della presente legge,
il termine di cui al comma 68 decorre dalla data di entrata in vigore
della presente legge. 
  72. I magistrati ordinari, amministrativi,  contabili  e  militari,
nonche' gli avvocati e procuratori dello  Stato  che,  alla  data  di
entrata in vigore della presente legge, hanno gia'  maturato  o  che,
successivamente  a  tale  data,  maturino  il  periodo   massimo   di
collocamento in posizione di fuori ruolo, di  cui  al  comma  68,  si
intendono confermati nella posizione di fuori ruolo sino  al  termine
dell'incarico, della legislatura, della consiliatura  o  del  mandato
relativo all'ente o soggetto presso cui e' svolto l'incarico. Qualora
l'incarico non preveda un termine, il collocamento  in  posizione  di
fuori ruolo si  intende  confermato  per  i  dodici  mesi  successivi
all'entrata in vigore della presente legge. 
  73. Lo schema del  decreto  legislativo  di  cui  al  comma  67  e'
trasmesso alle Camere ai fini dell'espressione dei  pareri  da  parte
delle Commissioni parlamentari competenti per materia, che sono  resi
entro trenta giorni dalla data di trasmissione del medesimo schema di
decreto. Decorso il termine senza che le Commissioni abbiano espresso
i pareri di rispettiva competenza il decreto legislativo puo'  essere
comunque adottato. 
  74. Entro un anno dalla data  di  entrata  in  vigore  del  decreto
legislativo di cui al comma 67, nel rispetto dei principi  e  criteri
direttivi ivi  stabiliti,  il  Governo  e'  autorizzato  ad  adottare
disposizioni integrative o correttive del decreto legislativo stesso. 
  75. Al codice penale sono apportate le seguenti modificazioni: 
    a)  all'articolo  32-quater,  dopo  le  parole:  «319-bis,»  sono
inserite le seguenti: «319-quater,»; 
    b) all'articolo 32-quinquies,  dopo  le  parole:  «319-ter»  sono
inserite le seguenti: «, 319-quater, primo comma,»; 
    c)  al  primo  comma  dell'articolo  314,  la  parola:  «tre»  e'
sostituita dalla seguente: «quattro»; 
    d) l'articolo 317 e' sostituito dal seguente: 
      «Art. 317.  -  (Concussione).  -  Il  pubblico  ufficiale  che,
abusando della sua qualita' o dei suoi  poteri,  costringe  taluno  a
dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra
utilita' e' punito con la reclusione da sei a dodici anni»; 
    e) all'articolo 317-bis, le parole: «314 e 317»  sono  sostituite
dalle seguenti: «314, 317, 319 e 319-ter»; 
    f) l'articolo 318 e' sostituito dal seguente: 
      «Art. 318. - (Corruzione per l'esercizio della funzione). -  Il
pubblico ufficiale che, per l'esercizio delle sue funzioni o dei suoi
poteri, indebitamente riceve, per se' o per un terzo, denaro o  altra
utilita' o ne accetta la promessa e' punito con la reclusione da  uno
a cinque anni»; 
    g) all'articolo 319, le parole: «da due a cinque» sono sostituite
dalle seguenti: «da quattro a otto»; 
    h) all'articolo 319-ter sono apportate le seguenti modificazioni: 
      1) nel primo comma, le parole: «da tre a otto» sono  sostituite
dalle seguenti: «da quattro a dieci»; 
      2) nel secondo comma, la parola: «quattro» e' sostituita  dalla
seguente: «cinque»; 
    i) dopo l'articolo 319-ter e' inserito il seguente: 
      «Art. 319-quater. - (Induzione indebita  a  dare  o  promettere
utilita'). - Salvo che il fatto  costituisca  piu'  grave  reato,  il
pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che,  abusando
della sua qualita' o dei suoi  poteri,  induce  taluno  a  dare  o  a
promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilita'
e' punito con la reclusione da tre a otto anni. 
      Nei casi previsti dal primo comma, chi da' o promette denaro  o
altra utilita' e' punito con la reclusione fino a tre anni»; 
    l) all'articolo 320, il primo comma e' sostituito dal seguente: 
      «Le disposizioni degli articoli 318 e 319  si  applicano  anche
all'incaricato di un pubblico servizio»; 
    m) all'articolo 322 sono apportate le seguenti modificazioni: 
      1) nel primo comma, le parole:  «che  riveste  la  qualita'  di
pubblico impiegato, per indurlo a compiere un atto del  suo  ufficio»
sono sostituite dalle seguenti: «, per l'esercizio delle sue funzioni
o dei suoi poteri»; 
      2) il terzo comma e' sostituito dal seguente: 
        «La pena di  cui  al  primo  comma  si  applica  al  pubblico
ufficiale o all'incaricato di un pubblico servizio che sollecita  una
promessa o dazione di denaro o altra utilita' per  l'esercizio  delle
sue funzioni o dei suoi poteri»; 
    n) all'articolo 322-bis sono apportate le seguenti modificazioni: 
      1) nel secondo comma, dopo le parole:  «Le  disposizioni  degli
articoli» sono inserite le seguenti: «319-quater, secondo comma,»; 
      2) nella rubrica, dopo la parola: «concussione,» sono  inserite
le seguenti: «induzione indebita a dare o promettere utilita',»; 
    o) all'articolo 322-ter, primo comma, dopo  le  parole:  «a  tale
prezzo» sono aggiunte le seguenti: «o profitto»; 
    p) all'articolo 323, primo comma, le parole: «da sei mesi  a  tre
anni» sono sostituite dalle seguenti: «da uno a quattro anni»; 
    q) all'articolo 323-bis, dopo la parola: «319,» sono inserite  le
seguenti: «319-quater,»; 
    r) dopo l'articolo 346 e' inserito il seguente: 
      «Art. 346-bis. - (Traffico di influenze illecite). -  Chiunque,
fuori dei casi di concorso nei reati  di  cui  agli  articoli  319  e
319-ter, sfruttando relazioni esistenti con un pubblico  ufficiale  o
con un incaricato di un pubblico servizio, indebitamente  fa  dare  o
promettere, a se' o ad altri, denaro o altro vantaggio  patrimoniale,
come prezzo della  propria  mediazione  illecita  verso  il  pubblico
ufficiale  o  l'incaricato  di  un  pubblico  servizio   ovvero   per
remunerarlo, in relazione al  compimento  di  un  atto  contrario  ai
doveri di ufficio o all'omissione o al ritardo di  un  atto  del  suo
ufficio, e' punito con la reclusione da uno a tre anni. 
      La stessa pena si applica a chi indebitamente  da'  o  promette
denaro o altro vantaggio patrimoniale. 
      La pena e' aumentata se il soggetto che indebitamente fa dare o
promettere, a se' o ad altri, denaro o altro  vantaggio  patrimoniale
riveste la qualifica di pubblico ufficiale  o  di  incaricato  di  un
pubblico servizio. 
      Le pene sono altresi' aumentate se i  fatti  sono  commessi  in
relazione all'esercizio di attivita' giudiziarie. 
      Se i fatti sono di particolare tenuita', la pena e' diminuita». 
  76. L'articolo 2635 del codice civile e' sostituito dal seguente: 
    «Art. 2635. - (Corruzione tra privati).  -  Salvo  che  il  fatto
costituisca  piu'  grave  reato,  gli  amministratori,  i   direttori
generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili
societari, i sindaci e i liquidatori, che, a seguito della dazione  o
della promessa di denaro o altra  utilita',  per  se'  o  per  altri,
compiono od omettono atti, in violazione degli obblighi  inerenti  al
loro ufficio o degli obblighi di fedelta', cagionando nocumento  alla
societa', sono puniti con la reclusione da uno a tre anni. 
    Si applica la pena della reclusione fino a un anno e sei mesi  se
il fatto e' commesso da chi  e'  sottoposto  alla  direzione  o  alla
vigilanza di uno dei soggetti indicati al primo comma. 
    Chi da' o promette denaro o altra utilita' alle persone  indicate
nel primo e nel secondo comma e' punito con le pene ivi previste. 
    Le pene stabilite nei commi precedenti  sono  raddoppiate  se  si
tratta di  societa'  con  titoli  quotati  in  mercati  regolamentati
italiani o di altri  Stati  dell'Unione  europea  o  diffusi  tra  il
pubblico in misura rilevante ai sensi  dell'articolo  116  del  testo
unico delle disposizioni in materia di  intermediazione  finanziaria,
di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58,  e  successive
modificazioni. 
    Si procede a querela della persona offesa, salvo  che  dal  fatto
derivi una distorsione della concorrenza nella acquisizione di beni o
servizi». 
  77. Al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, sono apportate le
seguenti modificazioni: 
    a) all'articolo 25: 
      1) nella rubrica, dopo la parola: «Concussione»  sono  inserite
le seguenti: «, induzione indebita a dare o promettere utilita'»; 
      2) al comma  3,  dopo  le  parole:  «319-ter,  comma  2,»  sono
inserite le seguenti: «319-quater»; 
    b) all'articolo 25-ter, comma 1, dopo la lettera s)  e'  aggiunta
la seguente: 
      «s-bis) per il delitto di  corruzione  tra  privati,  nei  casi
previsti dal terzo comma dell'articolo 2635  del  codice  civile,  la
sanzione pecuniaria da duecento a quattrocento quote». 
  78. All'articolo 308 del codice di procedura penale, dopo il  comma
2 e' inserito il seguente: 
    «2-bis. Nel caso si proceda per uno dei  delitti  previsti  dagli
articoli  314,  316,  316-bis,  316-ter,  317,  318,  319,   319-ter,
319-quater,  primo  comma,  e  320  del  codice  penale,  le   misure
interdittive perdono efficacia decorsi  sei  mesi  dall'inizio  della
loro esecuzione. In ogni caso, qualora esse siano state disposte  per
esigenze probatorie, il giudice puo' disporne la  rinnovazione  anche
oltre  sei  mesi  dall'inizio  dell'esecuzione,  fermo  restando  che
comunque la loro efficacia  viene  meno  se  dall'inizio  della  loro
esecuzione e' decorso un periodo di tempo pari al triplo dei  termini
previsti dall'articolo 303». 
  79. All'articolo 133, comma 1-bis, delle norme  di  attuazione,  di
coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al
decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, dopo le parole: «319-ter»
sono inserite le seguenti: «, 319-quater». 
  80. All'articolo 12-sexies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306,
convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto  1992,  n.356,  e
successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni: 
    a) al comma 1,  dopo  le  parole:  «319-ter,»  sono  inserite  le
seguenti: «319-quater,»; 
    b) al comma 2-bis, dopo le parole: «319-ter,»  sono  inserite  le
seguenti: «319-quater,». 
  81. Al testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti  locali,
di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, sono  apportate
le seguenti modificazioni: 
    a) all'articolo 58, comma 1, lettera b), le parole:  «(corruzione
per un atto d'ufficio)» sono sostituite dalle seguenti:  «(corruzione
per  l'esercizio  della  funzione)»  e  dopo  le   parole:   «319-ter
(corruzione  in  atti  giudiziari),»  sono  inserite   le   seguenti:
«319-quater, primo comma (induzione  indebita  a  dare  o  promettere
utilita'),»; 
    b)  all'articolo  59,  comma  1,  lettera  a),  dopo  le  parole:
«319-ter» sono inserite le seguenti: «, 319-quater»; 
    c) all'articolo 59, comma 1, lettera c), dopo le parole:  «misure
coercitive di cui  agli  articoli  284,  285  e  286  del  codice  di
procedura  penale»  sono  aggiunte  le  seguenti:  «nonche'  di   cui
all'articolo 283, comma 1, del codice di procedura penale, quando  il
divieto di  dimora  riguarda  la  sede  dove  si  svolge  il  mandato
elettorale». 
  82. Il provvedimento di revoca di cui all'articolo  100,  comma  1,
del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267,
e' comunicato dal prefetto all'Autorita' nazionale anticorruzione, di
cui al comma 1 del presente articolo, che  si  esprime  entro  trenta
giorni. Decorso tale termine, la revoca diventa efficace,  salvo  che
l'Autorita' rilevi che la stessa sia correlata alle attivita'  svolte
dal segretario in materia di prevenzione della corruzione. 
  83. All'articolo 3, comma 1, della legge 27 marzo 2001, n. 97, dopo
le parole: «319-ter» sono inserite le seguenti: «, 319-quater».
                               Art. 2 

                       Clausola di invarianza 

  1. Dall'attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o
maggiori oneri a carico della finanza pubblica. 
  2. Le amministrazioni competenti provvedono allo svolgimento  delle
attivita'  previste  dalla  presente  legge  con  le  risorse  umane,
strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente. 
  La presente legge, munita del sigillo dello Stato,  sara'  inserita
nella  Raccolta  ufficiale  degli  atti  normativi  della  Repubblica
italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla
osservare come legge dello Stato. 
    Data a Roma, addi' 6 novembre 2012 

                             NAPOLITANO 

                                Monti, Presidente del  Consiglio  dei
                                Ministri 

                                Severino, Ministro della giustizia 

Visto, il Guardasigilli: Severino 

                         LAVORI PREPARATORI 

Senato della Repubblica (atto n. 2156): 
    Presentato dal Ministro  della  giustizia  (Alfano),  IV  Governo
Berlusconi, il 4 maggio 2010. 
    Assegnato alle Commissioni riunite 1ª (Affari  costituzionali)  e
2ª (Giustizia), in sede referente, il 5 maggio 2010 con pareri  delle
Commissioni 3ª, 5ª, 8ª e Questioni regionali. 
    Esaminato dalle Commissioni riunite, in sede referente, l'11,  20
e 25 maggio 2010; il 16  giugno  2010;  il  27  luglio  2010;  il  29
settembre 2010; il 6 e 20 ottobre 2010; il 3 e 23 novembre  2010;  il
18 gennaio 2011; il 19 aprile 2011; il 3, 19 e 24 maggio 2011; il  1°
giugno 2011. 
    Esaminato in Aula il 17 maggio 2011; il 1°, 7, 8 e 9 giugno 2011. 
    Il 14 giugno 2011 approvato stralcio  art.  7  a  formare  il  S.
2156-BIS; art. 8 a formare il  2156-TER;  art.  9  a  formare  il  S.
2156-QUATER. 
    Approvato il 15 giugno 2011. 
Camera dei deputati (atto n. 4434): 
    Assegnato alle Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e II
(Giustizia), in sede referente, il 21 giugno 2011  con  pareri  delle
Commissioni III, V, VIII, X, XI, XII, XIV e Questioni regionali. 
    Esaminato dalle Commissioni riunite I e II, in sede referente, il
7, 14, 21 e 28 luglio 2011; il 15, 20, 21,  22,  27  e  29  settembre
2011; l'11, 12, 18, 25 e 26 ottobre 2011; il 3 e 8 novembre 2011;  il
13 dicembre 2011; il 2, 15 e 16 febbraio 2012; il 15 marzo  2012;  il
17 aprile 2012; l'8, 10, 15, 17, 22 e 24 maggio 2012; 
    Esaminato in Aula il 6 ottobre 2011; il 26 marzo 2012; il 28,  30
e 31 maggio 2012; il 5, 6, 7, 12 e 13 giugno 2012  e  approvato,  con
modificazioni, il 14 giugno 2012. 
Senato della Repubblica (atto n. 2156-B): 
    Assegnato alle Commissioni riunite 1ª (affari  costituzionali)  e
2ª (giustizia), in sede referente, il 20 giugno 2012 con pareri delle
Commissioni 5ª, 8ª e Questioni regionali. 
    Esaminato dalle Commissioni 1ª e 2ª riunite, in  sede  referente,
il 28 giugno 2012; il 5, 11 e 26 luglio 2012; il 2 agosto  2012; l'11
e 18 settembre 2012; il 2, 4 e 9 ottobre 2012. 
    Esaminato in Aula il 10 e  16  ottobre  2012,  e  approvato,  con
modificazioni, il 17 ottobre 2012. 
Camera dei deputati (atto n. 4434-B): 
    Assegnato alle Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e II
(Giustizia), in sede referente, il 23 ottobre 2012 con  pareri  delle
Commissioni III, IV, V, VIII e X. 
    Esaminato dalle Commissioni riunite I e II, in sede referente, il
24 e 25 ottobre 2012. 
    Esaminato in Aula il 29 e 30  ottobre  2012  e  approvato  il  31
ottobre 2012.


Nota 6 novembre 2012, Prot.n. 2989

Nota 6 novembre 2012, Prot.n. 2989

Oggetto: DPR 20 agosto 2012, n. 175 – “Esecuzione dell’intesa tra il Ministro dell’Istruzione, dell’università e della ricerca e il Presidente della Conferenza episcopale italiana per l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche, firmata il 28 giugno 2012”

Nota USR Piemonte 6 novembre 2012, Prot. n. 12563/U

Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca

Ufficio Scolastico Regionale per il Piemonte

Direzione Generale

Prot. n. 12563/U                                                                                             Torino, 6 novembre 2012

Circ. Reg. n. 547

Ai Dirigenti

delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado

statali e paritarie

e p.c.     ai Dirigenti e ai Reggenti

degli Ambiti Territoriali del

Piemonte

E p.c. al Dirigente dell’Ufficio III dell’USR per il Piemonte

OGGETTO: Diritto allo studio degli alunni/e e degli studenti/studentesse con disturbi specifici di apprendimento: ricognizione delle più recenti pronunce giurisprudenziali. Dispensa/Esonero lingue straniere

Si ritiene opportuno, in considerazione dei numerosi quesiti che pervengono a questo Ufficio,  richiamare le disposizioni contenute nel D.M. n. 5669 del 12 luglio 2011 ed in particolare gli artt. 4 e 6 (che saranno successivamente esaminati), nonché l’art. 17 bis dell’O.M. n. 41 dell’11 maggio 2012 ai sensi del quale: “La Commissione d’esame – sulla base di quanto previsto dall’articolo 10 del D.P.R. 22/6/2009, n. 122 e dal relativo DM n. 5669 12 luglio 2011 di attuazione della Legge 8 ottobre 2010, n. 170, recante Nuove norme in materia di disturbi specifici di apprendimento in ambito scolastico – nonché dalle Linee Guida allegate al citato DM n. 5669/2011, considerati eventuali elementi forniti dal Consiglio di classe, terrà in debita considerazione le specifiche situazioni soggettive, adeguatamente certificate, relative ai candidati affetti da disturbi specifici di apprendimento (DSA), in particolare, le modalità didattiche e le forme di valutazione individuate nell’ambito dei percorsi didattici individualizzati e personalizzati.

A tal fine il Consiglio di classe inserisce nel documento del 15 maggio di cui al DPR n. 323/1998 il Piano Didattico Personalizzato o altra documentazione predisposta ai sensi dell’art. 5 del DM n. 5669 del 12 luglio 2011. Sulla base di tale documentazione e di tutti gli elementi forniti dal Consiglio di classe, le Commissioni predispongono adeguate modalità di svolgimento delle prove scritte e orali.

Nello svolgimento delle prove scritte, i candidati possono utilizzare gli strumenti compensativi previsti dal Piano Didattico Personalizzato o da altra documentazione redatta ai sensi dell’art. 5 del D.M. 12 luglio 2011”. Sarà possibile prevedere alcune particolari attenzioni finalizzate a rendere sereno per tali candidati lo svolgimento dell’esame sia al momento delle prove scritte, sia in fase di colloquio”.

Di rilievo, inoltre, sono le disposizioni contenute nel D.M. n. 5669 del 12 luglio 2011 ed, in particolare, gli artt. 4, Misure educative e didattiche, e 6, Forme di verifica e valutazione:

L’art. 4 – Misure educative e didattiche – richiama le Istituzioni scolastiche ad “(..) attuare i necessari interventi pedagogico-didattici (..) attivando percorsi di didattica individualizzata e personalizzata (..). I percorsi didattici individualizzati e personalizzati articolano gli obiettivi, compresi comunque all’interno delle indicazioni curricolari nazionali (..) sulla base del livello e delle modalità di apprendimento dell’alunno (..), adottando proposte di insegnamento che tengano conto delle abilità possedute e potenzino anche le funzioni non coinvolte nel disturbo”.

Al comma 4 si ricorda di assicurare l’impiego degli opportuni strumenti compensativi (curando l’acquisizione delle competenze per un efficiente utilizzo degli stessi) mentre al comma 5 dello stesso articolo si richiama la ratio delle misure dispensative, che si propongono di evitare situazioni di affaticamento e disagio in compiti direttamente coinvolti dal disturbo, senza peraltro ridurre il livello degli obiettivi di apprendimento.

Risulta quindi presupposto indifferibile per la scuola elaborare e realizzare percorsi formativi personalizzati, che tengano conto delle esigenze e delle potenzialità di ciascun alunno, come più volte ribadito da alcune sentenze (TAR Lombardia, sentenza n. 2251/08; TAR Lazio, sentenza n. 31203/10):“E’ illegittimo per difetto di motivazione il giudizio negativo formulato dal consiglio di classe in ordine alla promozione alla classe successiva di un alunno, allorché, in presenza di un accertato disturbo specifico di apprendimento da cui lo stesso sia affetto (nel caso, dislessia), abbia omesso di fare menzione e di valutare il rilievo di tale situazione, ai fini del giudizio sui risultati raggiunti dall’alunno”. (TAR per il Lazio, sentenza 23 agosto 2010, n. 31203).

Nello stesso senso, TAR Lazio – Sezione terza bis (ordinanza n. 3616/2010) ha accolto l’istanza cautelare di ammissione con riserva all’esame di licenza media di alunno con D.S.A. “(..) considerato che dall’esame del verbale di non ammissione versato in atti risulta che il Consiglio di classe ha dato atto di essere a conoscenza e di avere considerato le cartelle cliniche dello scolaro ma che da tale scarna e generica affermazione – peraltro contrastante con quanto affermato dal Dirigente Scolastico nella nota del 23 giugno 2010 – non è dato evincere quali motivate scelte didattiche siano state operate in costanza di tale peculiare situazione oggettiva, in presenza della quale l’ordinamento prevede la predisposizione di prove differenziate oltre che l’utilizzo di strumenti compensativi e misure dispensative”.

Sotto più ampio profilo, il Tribunale di Giustizia Amministrativa sezione autonoma di Trento e Bolzano (sentenza n. 122/2011) ha dichiarato illegittimo il provvedimento di non ammissione di uno studente con D.S.A. alla classe successiva in relazione a una serie di comportamenti omissivi della scuola di riferimento (mancata adozione del Piano Educativo Individualizzato (PEI), omessa definizione e attuazione degli strumenti dispensativi e compensativi, difetto di rapporti collaborativi con A.S.L. e famiglia). Nella motivazione si precisa che: “Se in presenza di un alunno con disturbi specifici di apprendimento la scuola non rispetta le indicazioni studiate da esperti del settore e trasposta in leggi, regolamenti e circolari e note ministeriali, per sopperire a tali difficoltà con misure di sostegno individualizzate, che sicuramente implicano un maggior impegno per gli insegnanti, la valutazione finale del consiglio di classe è “inutiliter data”, perché non supportata da quel percorso pedagogico specifico che consente all’alunno in questione di far emergere le proprie competenze ed agli insegnanti di valutarlo con l’ausilio degli strumenti appropriati”.

Coerente con questo orientamento anche il TAR Lombardia (sentenza n. 2251/08) che ha accolto il ricorso di una studentessa che, non avendo superato l’esame di stato conclusivo di un corso di studi di istruzione secondaria superiore, accusava la Commissione di non aver tenuto conto della sua condizione di disortografica, disgrafica e discalculica e di non aver consentito l’utilizzo di strumenti compensativi (nello specifico l’utilizzo di un computer con correttore ortografico):

“La mancata predisposizione di questi presidi durante la frequenza del corso di studi da parte del liceo (omissis) ha portato anche la Commissione di esame ad una sottovalutazione delle difficoltà della ricorrente nell’affrontare le prove di esame cosicché nessuno strumento agevolativo è stato adottato per superare gli specifici handicap della stessa né sono stati adottati criteri particolari per la valutazione dell’esito delle prove. Deve pertanto essere annullato il provvedimento con cui si è dichiarato che la ricorrente non aveva superato l’esame di stato conclusivo del corso di istruzione secondaria superiore e la Commissione dovrà nuovamente far sostenere alla ricorrente le prove di esame tenendo conto di quanto prevedono le disposizioni ministeriali per le persone che presentano i disturbi di cui soffre la ricorrente stessa.”

La pronuncia più recente riguardante un’altra ipotesi di rinnovazione della prova d’esame è del TAR Liguria – Sez. II – Sent. 29/02/2012 n. 349. In quel caso la ricorrente, affetta da disturbo specifico dell’apprendimento, aveva proposto ricorso giurisdizionale contro l’esito negativo dell’esame di maturità, lamentando la mancata considerazione della sua condizione di dislessia, sia in sede di predisposizione delle prove d’esame sia di valutazione degli elaborati. Con ordinanza il giudice accoglieva l’istanza cautelare proposta e disponeva l’immediata ripetizione dell’esame da parte di una diversa commissione esaminatrice. L’Amministrazione scolastica ottemperava al provvedimento cautelare mediante sostituzione del presidente e dei tre membri esterni della commissione d’esame, restando tuttavia invariati i tre commissari interni. Anche le nuove prove d’esame davano esito negativo. L’interessata impugnava nuovamente lamentando che non erano state applicate le misure dispensative e compensative prescritte per i casi di dislessia e che la sua condizione non era stata debitamente valutata in sede di valutazione delle prove scritte. Il giudice quindi accoglieva il ricorso e disponeva nuovamente la rinnovazione della prova d’esame che, questa volta, si concludeva positivamente con l’attribuzione di 60/100.

Quindi l’interessata agiva nel giudizio oggetto della sentenza in esame per conseguire (ed ottenere) il risarcimento dei danni provocati dalla P.A. che, costringendola a ripetere per tre volte l’esame di Stato, aveva determinato un notevole ritardo nella conclusione del ciclo di studi della scuola secondaria e nell’iscrizione all’Università.

Accanto ad esempi di mancato adeguamento alla normativa vigente da parte delle istituzioni scolastiche, si annoverano tuttavia anche casi in cui la scuola ha tenuto debitamente conto delle caratteristiche di funzionamento degli studenti con DSA ed ha formulato le proprie valutazioni anche alla luce di tale elemento. Così TAR Lombardia – Milano Sez. III – Sent. 04/10/2012 n. 2462 statuisce che “E’ legittimo il giudizio di non ammissione alla classe successiva di un’alunna affetta da DSA laddove risulti dal verbale del Consiglio di classe costituente atto pubblico e come tale non contestabile se non mediante la proposizione di querela di falso, che all’alunna sono stati concessi strumenti compensativi e misure dispensative (nella specie: uso di mappe concettuali e di schemi; interrogazioni programmate, maggior tempo per le verifiche; utilizzo della calcolatrice non programmabile; dispensa dalla lettura a voce alta; dispensa dalla scrittura veloce sotto dettatura; non valutazione dell’ortografia)”.

Nello stesso senso il TAR Friuli Venezia Giulia – Sez. I – Sent. 12/01/2012 n. 9 afferma che “Ove sia dimostrato che la scuola ha posto in essere gli adempimenti ritenuti necessari per far fronte alle necessità scolastiche di un alunno affetto da DSA, è legittimo il giudizio di non ammissione alla classe successiva che abbia riportato una grave insufficienza a seguito della verifica di recupero del debito formativo nella materia caratterizzante l’indirizzo di studio; infatti la legge 170/2010 è finalizzata a garantire il successo formativo e non a garantire sempre e comunque la promozione alla classe successiva”.

La doverosa e giusta attenzione che va rivolta agli studenti con disturbi specifici di apprendimento non deve infatti “sconfinare” in comportamenti lesivi dell’autonomia delle istituzioni scolastiche che hanno tenuto invece una condotta coerente con la normativa in vigore. Per completezza espositiva, si citano pertanto due recenti pronunce (TAR Puglia, sentenza 2027/2011 e TAR Umbria, sentenza 329/2011) inerenti rispettivamente un’alunna affetta da altre patologie (diverse dai disturbi specifici di apprendimento) ed un alunno con DSA per il quale era stato utilizzato un “modello” di intervento che tenesse conto delle effettive risorse a disposizione della scuola.

Nel primo caso, il TAR Puglia evidenzia che “E’ immune da vizi il provvedimento di non ammissione alla classe terza di un’alunna di scuola media, (..) in quanto la circostanza, addotta dalla ricorrente, secondo cui lo scarso rendimento deriverebbe da disturbi specifici di apprendimento (DSA) dell’allieva, invero non trova riscontro nella certificazione medica, che diagnostica altre patologie. Ne consegue che la valutazione insufficiente (..) non può essere messa in relazione alla mancata adozione da parte della scuola degli strumenti didattici, compensativi e dispensativi previsti dalla legge in presenza di un disturbo specifico di apprendimento (che nel caso di specie non sussiste), ma piuttosto può essere attribuita al lungo percorso terapeutico intrapreso dalla minore”.

Nel secondo caso il Tar Umbria chiarisce che “(..) L’utilizzazione di una sorta di “modello” di intervento dedicato agli alunni affetti da DSA non comporta di per sé la non attuazione della L. n. 170/2010, …”.

Nel medesimo orientamento delle succitate sentenze, che hanno evidenziato la corretta applicazione della normativa vigente nell’ottica della garanzia del diritto allo studio, si colloca la recente pronuncia del TAR Umbria n. 401 del 2 ottobre 2012.

Nel tentativo di sintetizzare tale sentenza, si riportano i passaggi fondamentali. “La comunicazione di non ammissione alla classe successiva del 14/06/2012 ha evidenziato un avvio dell’anno scolastico faticoso per mancanza di prerequisiti di base e un progressivo andamento dell’anno scolastico che non ha consentito di riscontrare miglioramenti consistenti per l’incapacità di superare gli ostacoli via via emergenti, data la carente strumentazione di base e un risultato delle votazioni della seconda parte dell’anno in cui sono presenti insufficienze anche in misura grave in numerose discipline non recuperate nonostante una volta acquisita la documentazione e certificazione attestante la condizione di DSA il consiglio di classe si sia adoperato per la personalizzazione degli interventi programmati nel consiglio di classe del 16 aprile 2012, in cui ogni docente indicava le strategie e i sistemi compensativi necessari.

Al verbale sono allegate le strategie metodologiche e didattiche, le misure dispensative, gli strumenti compensativi, i metodi di valutazione individuati dai docenti per ciascuna disciplina. Relativamente alla programmazione disciplinare, i docenti concordano nello stabilire gli stessi obiettivi definiti per l’intera classe, applicando altresì la dispensa dalle prove scritte di lingua straniera. Negli allegati da 13 a 21 del deposito 01/09/29012 dell’Avvocatura dello Stato è contenuto il piano didattico personalizzato relativo all’alunno con l’indicazione delle singole materie, compilato da ciascuno degli insegnanti. Nei successivi allegati sono inoltre riportate le singole prove scritte sostenute dall’alunno in esito al piano medesimo.

Dall’esame della documentazione emerge la sufficienza e l’adeguatezza, sul piano motivazionale, delle misure compensative e degli strumenti dispensativi contenuti nel piano didattico personalizzato redatto dai singoli docenti. La precisa descrizione nel giudizio del 16 giugno 2012 degli interventi posti in essere materia per materia, vale a disattendere ogni considerazione secondo cui il consiglio di classe non avrebbe tenuto conto dei disturbi di apprendimento.

Le misure adottate nei confronti dell’alunno sono state nel loro complesso adeguate e conformi ai precetti della legge n. 170/2010, diretti ad attribuire agli studenti con diagnosi di DSA «il diritto a fruire di appositi provvedimenti dispensativi e compensativi di flessibilità didattica».”

L’art. 6 del D.M. n. 5669 del 12 luglio 2011 – Forme di verifica e di valutazione – raccomanda alle Istituzioni scolastiche di adottare “modalità valutative che consentano all’alunno o allo studente con DSA di dimostrare effettivamente il livello di apprendimento raggiunto (..)”. Può quindi risultare opportuno aumentare i tempi consentiti per l’effettuazione della prova e porre maggiore attenzione ai contenuti piuttosto che alla forma compromessa dagli aspetti legati all’abilità deficitaria.

Le Commissioni degli esami di Stato terranno conto di modalità di valutazione individuate nell’ambito dei percorsi didattici individualizzati e personalizzati e potranno riservare ai candidati tempi più lunghi, assicurando inoltre l’utilizzo di strumenti compensativi e valutando i contenuti più che la forma (anche nelle prove scritte).

L’articolo 6 si sofferma in particolare sulle lingue straniere, che devono essere progettate, presentate e valutate secondo modalità compatibili con le difficoltà connesse ai DSA. Tra le misure dispensative previste rientrano la dispensa dalle prestazioni scritte in lingua straniera e l’esonero dall’insegnamento delle lingue straniere.

È importante che sia ben chiara la differenza tra DISPENSA (che può anche rivestire carattere temporaneo) ed ESONERO.

–         In caso di DISPENSA, in sede di esami di Stato, conclusivi del primo e del secondo ciclo di istruzione, modalità e contenuti delle prove orali – sostitutive delle prove scritte – saranno stabiliti dalle Commissioni, sulla base della documentazione fornita dai consigli di classe.

I candidati con DSA che superano l’esame di Stato conseguono il titolo valido per    l’iscrizione alla scuola secondaria di secondo grado, ovvero all’Università.

–         L’ESONERO, che sarà concesso solo in casi di particolare gravità del disturbo di apprendimento, anche in comorbilità con altri disturbi o patologie, prevede che gli alunni con DSA abbiano necessità di seguire un Percorso Didattico Differenziato.

In sede di esami di Stato, i candidati con DSA che hanno seguito un percorso didattico      differenziato e sono stati valutati dal consiglio di classe con l’attribuzione di voti e di un             credito scolastico relativi unicamente allo svolgimento di tale piano, possono sostenere         prove differenziate, coerenti con il percorso svolto, finalizzate solo al rilascio      dell’attestazione di cui all’art.13 del D.P.R. n. 323/1998.

In entrambi i casi è necessario che ricorrano tutte le seguenti condizioni:

certificazione di DSA attestante la gravità del disturbo e recante esplicita richiesta di dispensa o esonero;
richiesta di dispensa o esonero dalle prove scritte di lingua straniera presentata dalla famiglia o dall’allievo se maggiorenne;
approvazione da parte del consiglio di classe che confermi la dispensa o l’esonero, con particolare attenzione ai percorsi di studio in cui l’insegnamento della lingua straniera risulti caratterizzante (liceo linguistico, istituto tecnico per il turismo, ecc).
Ulteriori indicazioni sull’argomento, di tipo operativo e didattico, sono specificate nelle Linee Guida, al punto 4.4 (Didattica per le lingue straniere).

Inoltre, un accenno alla collaborazione con la famiglia, la quale “(..) è chiamata a formalizzare con la scuola un patto educativo/formativo che preveda l’autorizzazione a tutti i docenti del Consiglio di classe – nel rispetto della privacy e della riservatezza del caso – ad applicare ogni strumento compensativo e le strategie dispensative ritenute idonee, previste dalla normativa vigente, tenuto conto delle risorse disponibili” (Linee Guida Cap. 6.5)

Nella documentazione degli atti risulta spesso una effettiva difficoltà relazionale tra la scuola e la famiglia del minore con DSA, come sottolineato dalla sentenza 12 ottobre 2011, n. 420, del TAR Friuli Venezia Giulia, ove si sottolinea che “(..) appare evidente che la maggior parte dei richiami annotati – e che si sono poi risolti negli indicatori negativi che hanno penalizzato la valutazione finale – risentono pesantemente di una mancata partecipazione da parte della famiglia all’organizzazione degli adempimenti scolastici”.

Nella stessa sentenza viene inoltre indicato il dovere, da parte del Consiglio di Classe, di considerare i rischi che possono derivare da una possibile disaffezione dell’alunno nei confronti della scuola, “(..) il Consiglio di classe nella valutazione finale deve adeguatamente ponderare l’effettiva pregnanza dei disturbi di cui soffre l’alunno anche alla luce della possibilità concessa dall’art. 2 comma 7, DPR n. 122/2009 di deliberare comunque la sua ammissione alla classe successiva pur in presenza di carenze relativamente al raggiungimento degli obiettivi di apprendimento, con annotazione sul documento di valutazione finale. Il Consiglio di classe è tenuto inoltre ad affrontare la valutazione dei rischi derivanti da una possibile totale disaffezione dell’alunno nei confronti della scuola.”

Il TAR Friuli Venezia Giulia ha infatti accolto il ricorso, ritenendolo fondato perché:

“(..) la valutazione finale non risulta aver adeguatamente ponderato l’effettiva pregnanza dei DSA di cui soffre l’alunno (..). E’ anche evidente che il Consiglio di classe non ha affrontato la valutazione dei rischi derivanti da una possibile totale disaffezione dell’alunno nei confronti della scuola, desumibili anche dal fatto che in due materie nelle quali durante l’anno scolastico precedente alla ripetenza aveva ottenuto la sufficienza, ha invece conseguito risultati insufficienti (storia ed educazione tecnologica).” (TAR Friuli Venezia Giulia, sentenza 12 ottobre 2011, n. 420).

Appare infine utile ricordare che il mancato rispetto della normativa in tema di D.S.A., quale espressione in senso più ampio della lesione del diritto all’istruzione, può costituire fondamento anche per la richiesta di domande di risarcimento del danno. Così la giurisprudenza più sensibile in materia (T.A.R. Lombardia, 30/01/2011) ha accolto tale aspettativa, riconoscendo, oltre al danno patrimoniale, anche il danno non patrimoniale allo studente dislessico, ingiustamente respinto all’esame finale, rilevando che “la valutazione negativa formulata nei confronti di un ragazzo molto giovane per il mancato superamento dell’anno scolastico determina, secondo comune esperienza, uno stato d’animo di angoscia e frustrazione perché a risultarne colpita è l’immagine che l’individuo ha di sé. Il detrimento del sentimento di autostima si ripercuote sulla personalità e può anche acuirsi con il tempo. Del resto, l’inferenza di tale rischio è confermato anche nelle citate disposizioni di legge nelle quali si afferma che le difficoltà di apprendimento derivanti dalla dislessia possono comportare gravi ricadute a livello personale quali l’abbassamento dell’autostima, depressione e comportamenti oppositivi che possono a loro volta comportare un abbandono scolastico o una scelta di basso profilo rispetto alle potenzialità”. Si è avuto, in particolare, espresso riguardo “alla fragilità della struttura psichica di un soggetto molto giovane che accentua ogni trauma emotivo” e si è considerato “il tipo di lesione la cui consistenza va apprezzata non solo al momento del fatto ma anche per il fatto di essere destinata a ripercuotersi, per il futuro, lungo tutta la vita scolastica del danneggiato”.

Il medesimo orientamento forma oggetto della già citata e più recente pronuncia del TAR Liguria – Sez. II – Sent. 29/02/2012 n. 349 che parimenti riconosce che “La non promozione, specie se percepita e vissuta come conseguenza di un agire illegittimo ed ingiustificato, costituisce un evento che incide profondamente nella sfera morale dell’interessato, provocando un notevole stato di sofferenza interiore che va risarcito per se stesso, a prescindere dalla questione del danno esistenziale, e sulla base di un criterio probatorio che tenga conto sia del carattere intimo del pregiudizio sia del fatto che la sussistenza dello stesso può normalmente essere presunta in relazione a determinate tipologie di illecito. Pertanto il “danno morale soggettivo”, da identificarsi nel turbamento emotivo che il rallentamento del corso di studi ha provocato all’interessata, deve necessariamente liquidarsi in via equitativa ex art. 1226 c.c.”. Nel caso di specie, quindi, l’organo giudicante riteneva congruo riconoscere un risarcimento pari a € 2.000 di cui 1.000 per il danno da perdita di chance e 1.000 per il danno morale.

Si ricorda inoltre che sul sito del MIUR http://www.istruzione.it/web/istruzione/dsa, è disponibile tutta la normativa di riferimento, oltre ad indicazioni e modelli esemplificativi di percorsi didattici personalizzati.

IL DIRIGENTE

Stefano Suraniti