Concorso a cattedra – anche a Bolzano ammessi i docenti laureati negli ultimi 10 anni

Concorso a cattedra – Anief sbaraglia il Miur anche a Bolzano: ammessi i docenti laureati negli ultimi 10 anni.

Il 13 dicembre la sentenza per altre migliaia di ricorrenti che hanno conseguito il titolo tra il 2001 e il 2012 ed il Ministero dell’Istruzione ha deciso incautamente di escludere dalle preselezioni.

 

Anche a Bolzano i docenti laureati negli ultimi 10 anni potranno partecipare alla prova preselettiva del concorso a cattedra per assumere in ruolo 11.542 nuovi docenti: la notizia è stata fornita dallo stesso ufficio legale dell’Anief che alcune settimane fa aveva presentato il ricorso in tribunale per prevedere – nel rispetto del Testo Unico della Scuola – la possibilità di ammettere tutti i laureati con titolo di studio valido per accedere alle classi di concorso relative ai posti banditi, prescindendo dall’anno del suo conseguimento.

 

È utile ricordare che la decisione di ammettere i giovani laureati che hanno presentato domanda nella provincia di Bolzano arriva negli stessi giorni in cui la Commissione UE ha inviato al Parlamento Europeo un documento ufficiale da cui si evince che in Italia i giovani insegnanti risultano sempre più rari. Dal documento, intitolato “Ripensare l’istruzione: investire nelle abilità in vista di migliori risultati socioeconomici”, si evincono due importanti messaggi: il forte richiamo alla necessità di investire nell’istruzione per uscire dalla lunga spirale di crisi economica che negli ultimi anni ha interessato l’Europa e non solo, necessità che in Italia sembra non trovare riscontro, mentre, ad esempio, in altri Paesi, come il Brasile, sono stati assegnati alla scuola i proventi del settore petrolifero.

 

Il secondo monito dell’UE riguarda proprio la distribuzione percentuale per età dei docenti di scuola secondaria inferiore e superiore: a fronte del primato per numero di insegnanti con età superiore a 50 anni, l’Italia si classifica ultima per numero di docenti nella fascia 30-39 anni. Per non parlare del numero di insegnanti under 30, per i quali sempre l’Italia – caso unico in tutta Europa – è addirittura fuori scala, non registrandosi alcuna presenza.

 

Per questi motivi l’Anief intende opporsi fino all’ultimo alla scelta del Governo italiano, davvero immotivata, di respingere i giovani laureati dal concorso a cattedra organizzato dal Ministero dell’Istruzione: giovedì 13 dicembre sarà il giorno in cui si conoscerà l’esito dei ricorsi di migliaia di ricorrenti di tutta Italia, dalla Val d’Aosta a Trento fino alla Sicilia, che hanno conseguito la laurea tra il 2001 e il 2012. Il giorno in cui tanti giovani laureati sperano di poter dire che, malgrado tutto, in Italia la giustizia riesce ancora a prevalere su delle norme sbagliate e inique.

 

Bufera sul concorso per Dirigenti scolastici

Bufera sul concorso per Dirigenti scolastici: dopo i Tar della Calabria, della Lombardia e del Lazio, anche il tribunale amministrativo del Molise ha annullato la prova selettiva a seguito dell’accertamento di gravi vizi procedurali.

Anief ribadisce la sua proposta politica: rifare le prove scritte e orali, ammettendovi tutti coloro che erano risultati idonei.

 

Mentre sulla liceità del concorso per Dirigenti scolastici si attende il responso definitivo del ricorso Anief, discusso lo scorso 22 novembre, dai tribunali amministrativi continuano a giungere sentenze di bocciatura di una selezione che si sta rivelando sempre più male organizzata e viziata da tante distorsioni. A partire dalla pessima composizione e organizzazione delle prove preliminari, impostate sulla base di un alto numero di quesiti scorretti. Passando per la composizione irregolare delle commissioni giudicatrici dei candidati. Sino agli errori riscontrati nel corso dello svolgimento delle prove scritte.

 

A questo punto, da troppi Tar sono giunte sentenze che hanno accertato le non più presunte irregolarità. E non si dimentichi che molti parlamentari, appartenenti anche a diversi schieramenti politici, hanno presentato delle precise interrogazioni sul tema per far emergere la verità.
Per questi motivi – ricorda Marcello Pacifico, presidente Anief – il nostro sindacato ha chiesto da tempo una soluzione politica. Che guardi alla rinnovazione dell’intera selezione. Perché solo l’annullamento delle prove concorsuali e la conseguente ripetizione degli esami scritti ed orali potrà ridare dignità e credibilità al concorso per dirigenti scolastici”.

 

Anief lo dice da diversi mesi: “l’unica soluzione per evitare l’annullamento delle procedura, è quella di rifare le prove selettive. Facendovi accedere tutti candidati risultati ‘idonei’ che hanno fatto ricorso, come già avvenuto per l’ultimo concorso per la selezione dei presidi siciliani. È l’unico modo – conclude Pacifico – per rifare una graduatoria di merito, dopo aver finalmente valutato con obiettività le capacità concrete dei candidati”.

 

Summit europeo per l’istruzione tecnico professionale

Summit europeo per l’istruzione tecnico professionale

(Roma, 11 Dicembre 2012) L’Europa per l’occupazione giovanile e il potenziamento del ruolo dell’istruzione tecnico-professionale. A Berlino, per due giorni, 10 e 11 dicembre, 6 paesi dell’Ue, tra cui l’Italia e la Germania, sono riuniti per sviluppare un piano di cooperazione per attività mirate ad “annodare” scuole, strutture formative e imprese. Lo scopo è quello di creare una rete solida di interscambio tra diversi Paesi volta a sviluppare l’alternanza scuola-lavoro e l’apprendistato soprattutto attraverso la mobilità di studenti, docenti e dirigenti con il sostegno delle Camere di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura e la partecipazione di parti sociali.

I Ministri dell’Educazione di Spagna, Portogallo, Lettonia, Grecia, Slovacchia, Germania e per l’Italia il Sottosegretario Elena Ugolini, con delega all’Istruzione tecnico-professionale, sottoscriveranno un Memorandum sull’istruzione tecnico professionale. Presenti per la delegazione italiana Laura Piatti, Capo segreteria tecnica del Ministro del Lavoro Elsa Fornero, Ivan Lo Bello, Vice Presidente Confindustria Education, Francesco Lauria, rappresentante della CISL ,Claudio De Martini, docente ordinario del Politecnico di Torino, Flavio Burlizzi, rappresentante di Unioncamere a Berlino.

Porre l’istruzione e formazione professionale al centro dell’agenda europea come volano per l’occupazione giovanile e la competitività delle imprese nel mercato globale sono tra gli obiettivi principali del Memorandum, che fa seguito agli accordi già stabiliti a Napoli, lo scorso novembre alla presenza dei due Ministri italiani Francesco Profumo e Elsa Fornero, il Ministro federale del lavoro e degli Affari Sociali tedesco, Ursula von der Leyen e il Direttore Generale per la cooperazione internazionale ed europea nell’Istruzione e nella Ricerca del Ministero Federale dell’Educazione e della Ricerca tedesco, Volker Riecke. Oltre alla firma dell’accordo sono previsti incontri bilaterali per avviare concreti programmi di lavoro di durata biennale da realizzare nel 2013-2014.

Programme Details of the Conference “Vocational Education and Training in Europe – Perspectives for the Young Generation” 10./11. December 2012, Berlin

Chair of the day: Andreas Pieper, press representative BIBB

Day 1: Welcome and information on the summit agenda (in English)

2:00 – 3:00 pm Salon 7 / room Wien

(in English)

Dr. Georg Schütte, State Secretary, Federal Ministry of Education and Research (BMBF)
Prof. Dr. Friedrich Hubert Esser, President, Federal Institute of Vocational Education and Training (BIBB)
Xavier Prats Monné, Deputy Director-General for Education and Culture, European Commission

Aims of the this part:

  • Presentation of background and aims of the conference
  • Meaning of the cooperation for the development and enhancement of VET
  • Creating connection to European VET-Strategy
  • Mutual learning process

Day 1: Forums

3:00 – 6:30 pm

3:00 – 4:15

Forum 1: Shaping cooperation between players in VET

Field of action 3 (for all participants): Salon 7 / Wien

How to make social partners and industry assume responsibility for VET

Chair: Kornelia Haugg, Head of Department Vocational Training; Lifelong Learning, BMBF Speakers:
Prof. Dr. Reinhold Weiß, Deputy Secretary General/Head of Research, BIBB
Dr. Achim Dercks, Deputy Chief Executive, Association of German Chambers of Commerce and Industry (DIHK)

Ingrid Sehrbrock, Deputy Chairwoman, German Confederation of Trade Unions (DBG) Peter Clever, Member of Management Board, Confederation of German Employer Associations (BDA)

4:15 – 4:30

Coffee break

4:30 – 6:30

Forum 2: Modernization and cooperation in Vocational Education and Training (VET)
Salon 7 / Wien

Forum 3: The European dimension Salon 1 / Moskau

4:30 – 5:30

Field of action 1: Increasing the attractiveness and quality of VET

4:30 – 5:30

Field of action 4: Increasing mobility in VET, contributing to the development of a European labour market and Education Area

Chair: Barbara Hemkes, Head of Division Development Programmes / Pilot Projects, BIBB
Speakers:

Peter Thiele, Head of Division Basic Policy Issues of Initial and Continuing Vocational Training, BMBF
Wolfgang Kreher, Ministry of Education of the German federal state Hesse Hans-Joachim Böhmer, Managing Director, German Portuguese Chamber of Commerce

Chair: Berthold Hübers, National Agency at BIBB (NA BIBB)
Speakers:
Thomas Klement, Leiter Corporate/HR Labor Employability, Merck KGaA

Franz Piesche-Blumtritt, EURES-Manager, Federal Employment Agency
Dr. Volker Born, Head of Department Vocational Education and Training, German Confederation of Skilled Crafts (ZDH)

5:30 – 6:30

Field of action 2: Support in modernizing VET

5:30 – 6:30

Field of action 5: Links with European cooperation in VET, using EU programmes and structures

Chair: Birgit Thomann, Head of Department Internationalisation of VET / Knowledge Management, BIBB Speakers:
Christiana Tings, Division EU Education Programmes, International Cooperation in Education, BMBF
Bernd Weisschuh, Manager Vocational Policies & Workforce Development, Daimler AG

Chair: Klaus Fahle, Head of National Agency at the Federal Institute of Vocational Education and Training (NA BIBB)
Speakers:

Antonio Silva Mendes, Head of the Unit in charge of the European training policy and the Leonardo da Vinci Programme, European Commission

Christian Stertz, Head of Division EU Education Programmes, International Cooperation in Education, BMBF

Aims of the forums:

Mutual Understanding of the fields of action

Aims:

Summarizing key messages of the forums and deliver to Christian F. Lettmayr, director of Cedefop

Participants:

Keynote speaker Mr. Lettmayr, Chairs, minute-takers

Tag 1: Debriefing

6:30 – 7:15 Salon 4 / London

Day 1:
Reception /
Dinner of the Ministers and High- level representatives of industry organizations

7:30
20:00 Invitation from BMBF Salon 11 / Madrid

Tag 1: Dinner of delegations

from 7:30 Salon Brasserie

Chair of the day: Andreas Pieper, Press representative BIBB

Participants:

  • Representatives of the BMBF
  • Members of the delegations of the invited countries
  • Further participants: Delegation from the European Commission, Social Partners, etc.

    Aims:

  • Planning meetings of experts and social partners with members of the German delegation to agree follow-up activities (roadmap, projects, tasks)

    Agenda of the bilateral meetings:

  • 6 bilateral meetings in 2 blocks (8:00 – 10:00 am and 11:00 am – 1:00 pm)
  • Working language: English
  • During the last 30 minutes, the chairs will summarize the key messages / common fields of interest / results of the bilateral meeting on one sheet.
  • The sheet of results will be aligned with the delegations and social partners
  • The chairs will be supported by the facilitators

    Chairs and facilitators Bilateral Meeting I:

Tag 2: Bilateral Meeting I

8:00 – 10:00 am 3 rooms

Country

Chairs (BMBF)

Responsible person for country /facilitators

Greece

Peter Thiele, Head of Division Basic Policy Issues of Initial and Continuing Vocational Training, BMBF

Volker Grünewald (JOBSTARTER)

Latvia

Christiana Tings, Deputy Head of Division EU Education Programmes, International Cooperation in Education, BMBF

Hannelore Kress (BIBB, AB 1.2)

Spain

Christian Stertz, Head of Division EU Education Programmes, International Cooperation in Education, BMBF

Herbert Tutschner (BIBB, AB 4.4)

 

Day 2:
Ministers visit of a Berlin enterprise

Press Talk

08:20 departure from the hotel 9:00 – 9:45 am
Artis Gmbh Columbiadamm 23 10965 Berlin
Artis: Engineering your ideas

10:15 – 10:25 am

Day 2: Welcome

Salon 7 Wien / simultaneous interpretation

Welcome of the ministers by Prof. Dr. Schavan at the venue

Importance and challenges of dual training in Europe

Christian F. Lettmayr, Director, European Centre for the Development of Vocational Training (Cedefop); all summit participants

10:30 – 10:50
Salon 7 Wien / simultaneous interpretation

Tag 2: Keynote

Day 2:
Meeting of the ministers

11:00 – 13:00 am

Salon 21 / Dublin simultaneous interpretation

Chair:

Prof. Dr. Schavan, Federal Minister of Education and Research, Germany

Aims:

Mutual exchanges on the progress of developments in the countries regarding the fields of action of the Memorandum (simultaneous interpretation)

Participants:

Ministers with two or three members of their delegation (per country: Minister of Education, in some cases Minister of Labour, in some cases State Secretary)

  • José Ignacio Wert Ortega, Minister for Education, Culture and Sport, Spain
  • Secretary of State For Labour and Social Security or State Secretary, Spanien
  • Prof. Dr. Nuno Crato, Minister of Education and Science, Portugal
  • João Grancho, State Secretary for Primary and Secondary Education, Portugal
  • Dr. Pedro Silva Martins, State Secretary for Labour, Portugal
  • Roberts Kilis, Minister of Education and Science, Latvia
  • Dušan ČAPLOVIČ, Minister of Education, Science and Sport, Slovakia
  • Konstantinos Arvanitopoulos, Minister of Education, Culture and Sport, Greece
  • Elena Ugolini, State Secretary of the Ministry of Teaching, Universities and Research, Italy
  • Prof. Dr. Annette Schavan, Federal Minister of Education and Research, Germany
  • Dr. Annette Niederfranke, State Secretary, Ministry of Labour and Social Affairs, Germany

    Details of the Meeting of Ministers:

Mr Prats Monné: short introduction to the Memorandum of Understanding open discussion about 3 topics, along leading questions
final statement

11:00 – 11:05 Introduction Minister Prof. Dr. Annette Schavan
11:05 – 11:10 Xavier Prats Monné, European Commission, short statement about the

Memorandum
11:10 – 12:50 Block of Diskussion I

Which goals do you wish to achieve with regard to

  • a balanced and labour market orientated mix of qualifications in VET and higher education?
  • (esp. in the VET area) a better connection between the educational system and the employment system?

    Block of Diskussion II

    What education policy reforms and issues in your country are particularly suited for bilateral cooperation with Germany (esp. based on the fields of action oft the Memorandum of Understanding?

    Block of Diskussion III

    What financial options do you expect for an expansion of our cooperation in 2013? Could we jointly coordinate a strategic use of EU funding from 2014 onwards, esp. of the EU Programme Erasmus for all and the new European Social Fund? Furthermore, could we jointly coordinate operational structures for our bilateral cooperations?

    Is there an interest and willingness from your side, with a jointly developed strategy that considers the interests of both sides, to enhance the VET and labour market mobility?

12:50 – 1:00 pm Final statement Minister Prof. Dr. Annette Schavan

Day 2: Bilateral Meeting II

11:00 am – 1:15 pm 3 Rooms

Plenum Chair: Peter Thiele

1:15 – 2:00 pm Salon 17 / Riga

Chairs and facilitators Bilateral Meeting II:

Country

Chairs (BMBF)

responsible person for country / facilitators

Portugal

Peter Thiele, Head of Division Basic Policy Issues of Initial and Continuing Vocational Training, BMBF

Isabelle Le Mouillour (BIBB, AB 1.1)

Italy

Christiana Tings, Deputy Head of Division EU Education Programmes, International Cooperation in Education, BMBF

Berthold Hübers (NA beim BIBB)

Slovakia

Christian Stertz, Head of Division EU Education Programmes, International Cooperation in Education, BMBF

Ute Hippach-Schneider (BIBB, AB 1.1)

Day 2: Press Conference

1:00 – 2:00 pm
Salon 7 Wien / simultaneous interpretation

Chair: Minister Prof. Dr. Annette Schavan, Ms Koufen, Press department, BMBF

Participants: all Ministers, in some cases State Secretary

Content:

  • Memorandum of Understanding
  • Peer-Learning-Forum
  • Beacon projects and quantitative measures
  • Time frame and people in charge for conference follow-up (first bilateral meetings etc.)
  • Details:1 participant from each country with each a 3 min. statement. Afterwards, time for questions.

Day 2: Joint buffet lunch

from 2:00 pm Foyer 1. floor

La famiglia nella legge istitutiva degli asili-nido

La famiglia nella legge istitutiva degli asili-nido

di Margherita Marzario

Abstract:L’Autrice, esaminando la funzione dell’asilo-nido, evidenzia i ruoli e le responsabilità delle persone protagoniste delle relazioni domestiche.

 

  1. L’asilo-nido

Gli anni Settanta hanno prodotto leggi che rappresentano ancora delle pietre miliari sotto il profilo giuridico, sociale e culturale. Tra queste la legge 6 dicembre 1971 n. 1044 “Piano quinquennale per l’istituzione di asili-nido comunali con il concorso dello Stato” che, seppure discussa allora e disattesa oggi, presenta aspetti costituzionali di un certo rilievo e ha anticipato alcuni elementi delle leggi successive, come la riforma del diritto di famiglia, ed anche della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia del 1989 (cosiddetta Convenzione di New York).

Gli articoli di cui è possibile una lettura attualizzata sono in particolare l’art. 1 e l’art. 6.

I primi due commi dell’art. 1 recitano nel modo seguente: “L’assistenza negli asili-nido ai bambini di età fino a tre anni nel quadro di una politica per la famiglia, costituisce un servizio sociale di interesse pubblico. Gli asili-nido hanno lo scopo di provvedere alla temporanea custodia dei bambini, per assicurare una adeguata assistenza alla famiglia e anche per facilitare l’accesso della donna al lavoro nel quadro di un completo sistema di sicurezza sociale”.

“Assistenza”, termine che ricorre spesso anche nella Convenzione di New York, non deve essere intesa nel senso negativo di passivizzazione del soggetto, ma nel senso positivo e primitivo di stare accanto, stare presente (dal latino “adsistere”, stare presso), quindi aspettare e rispettare i tempi del bambino, i diritti naturali (enucleati da Gianfranco Zavalloni), in particolare “il diritto all’ozio a vivere momenti di tempo non programmato dagli adulti” e “il diritto a un buon inizio”. Ogni bambino, come ogni persona, ha diritto che venga rispettata la sua natura, quella “inclinazione naturale” di cui all’art. 147 cod. civ., ad essere considerato “naturus”, colui che nascerà perché ogni giorno è un’occasione per rinascere. È questo il significato di “libertà di espressione” e “libertà di ricercare” (art. 13 par. 1 Convenzione di New York) e di “rivelare le sue risorse” (Charte du Bureau International Catholique de l’Enfance del 2007). “In sostanza occorre che la famiglia si renda conto della autonomia del fanciullo e carattere decisivo che ha per il suo sviluppo e fin dai primi mesi di vita il fatto di non essere subordinato alle esigenze di vita dei genitori (art. 3 Carta dei diritti del fanciullo al gioco e al lavoro del 1967) e in ciò un grosso contributo è dato dall’assistenza dell’asilo-nido.

“Servizio sociale” richiama le “prestazione sociali” per la famiglia di cui all’art. 16 della Carta sociale europea e i “servizi adeguati e sufficienti” per i bambini dell’art. 17 della Carta; inoltre ha anticipato la ratio della legge 328/2000 sul sistema integrato di interventi e servizi sociali come si legge nel primo comma dell’art. 1: “La Repubblica assicura alle persone e alle famiglie un sistema integrato di interventi e servizi sociali, promuove interventi per garantire la qualità della vita, pari opportunità, non discriminazione e diritti di cittadinanza, previene, elimina o riduce le condizioni di disabilità, di bisogno e di disagio individuale e familiare, derivanti da inadeguatezza di reddito, difficoltà sociali e condizioni di non autonomia, in coerenza con gli articoli 2, 3 e 38 della Costituzione”. Bisogna investire di più negli asili-nido e nelle scuole e non nelle comunità e nei carceri minorili, di più nella prevenzione primaria e non nella prevenzione secondaria e terziaria. La necessità della prevenzione (senza cadere negli eccessi) è confermata dal fatto che responsabile degli asili-nido è il Ministero della sanità (artt. 2 e 3 legge 1044/1971) e per due volte è menzionato il profilo sanitario (art. 6 n. 3 e art. 7). In Italia ci sono diverse associazioni (per es. “Mamme per la Salute e l’Ambiente Onlus”) che promuovono tenacemente la salute dell’infanzia, in particolare la prima infanzia, visto che l’infanzia italiana è una delle più a rischio in Europa per incidenza dei tumori, conflitti familiari, disimpegno sociale e mancanza di strutture.

“Politica per la famiglia”: il nome singolare “politica” auspica l’organicità e l’univocità delle scelte e degli interventi a favore della famiglia, politica che agendo sulla dimensione “biopsicosociale” (locuzione usata nella legge del Brasile del 2011 contro la PAS) delle persone è manifestazione della “biopolitica” in un’accezione ampia. Inoltre è più indicativa l’espressione “politica per la famiglia”, cui bisognerebbe aggiungere “con la famiglia”, e non “politiche familiari”.

“Temporanea custodia”: custodire significa proteggere, preservare qualcosa di prezioso, tutelare i diritti di qualcuno che non può farlo, significati che riecheggiano quelli di coltivare, ovvero attendere con premura, rispettare. L’asilo-nido ha di nome e di fatto, quindi, il compito di custodire e coltivare la prima infanzia, la vita in divenire: la protezione e la promozione di cui si parla anche nelle fonti internazionali. Concetti che evocano l’enunciato, che sinora rimane unico nell’ordinamento italiano, dell’art. 1 della Carta dei diritti del fanciullo al gioco e al lavoro: “La personalità del fanciullo è sacra”. “Temporanea custodia” è una formula che ricorre spesso in alcune relazioni educative riguardanti i bambini, per esempio nell’affidamento in caso di separazione e divorzio dei coniugi oppure in alcune soluzioni alternative all’asilo-nido, come la cosiddetta “famiglia diurna”, esperienza caratteristica della Svizzera e sperimentata pioneristicamente in Lombardia.

“Assicurare” (dal latino “sine cura”, senza preoccupazioni, senza timore, senza pericolo), verbo presente in alcuni articoli della Costituzione, come l’art. 37 comma 1 “assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione”, e più volte ripetuto nella Convenzione Internazionale del 1989, per esempio nell’art. 3 par. 2 “assicurare al fanciullo la protezione e le cure necessarie al suo benessere”.

“Facilitare l’accesso della donna al lavoro nel quadro di un completo sistema di sicurezza sociale”, oltre a richiamare l’art. 37 comma 1 Costituzione e l’art. 9 “Misure per conciliare tempi di vita e tempi di lavoro”, richiama le fonti internazionali in cui si prevede espressamente che il bambino ha diritto alla sicurezza sociale (art. 26 par. 1 Convenzione di New York). Tanto il concetto di “assicurare” quanto quello di “sicurezza sociale” inducono a riflettere sugli ambienti di vita dei bambini, dalla strada alla scuola, che non sono affatto sicuri e sugli effetti negativi dell’iperprotezionismo dei genitori. Prima ancora della sicurezza sociale, il bambino ha bisogno “di sicurezza materiale e morale” (art. 6 Dichiarazione dei diritti del bambino del 1959).

L’espressione “esigenze delle famiglie” dell’art. 6 n. 1 della legge n. 1044, che richiama la stessa usata nell’art. 144 cod. civ., presuppone una ponderazione delle singole esigenze tenuto conto dell’“interesse superiore del fanciullo” (art. 3 par. 1 e art. 18 par. 1 Convenzione di New York).

La previsione dell’art. 6 n. 2 “essere gestiti con la partecipazione delle famiglie e delle rappresentanze delle formazioni sociali organizzate nel territorio”, riformulata nell’art. 5 “Innovazione e sperimentazione di servizi socio-educativi per la prima infanzia” della legge 285/1997, riprende l’espressione “partecipazione” dell’art. 3 comma 2 Costituzione e l’altra “formazioni sociali” dell’art. 2 Costituzione; quest’aspetto avvalora che la cittadinanza e l’educazione alla cittadinanza si manifesta già nei confronti della prima infanzia.

La prescrizione “essere dotati di personale qualificato sufficiente ed idoneo a garantire l’assistenza sanitaria e psicopedagogica del bambino” dell’art. 6 n. 3 ha anticipato il contenuto dell’art. 3 par. 3 della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia. Inoltre, la specificazione “assistenza sanitaria e psicopedagogica” ricorda che il benessere del bambino non si basa solo sullo “stare bene” ma anche sull’“essere bene”. L’assistenza psicopedagogica, di cui si è parlato per la prima volta in questa legge, è stata poi prevista solitamente nelle leggi sui disabili, come per esempio la legge 104/1992 quando, invece, l’assistenza psicopedagogica dovrebbe caratterizzare ogni relazione educativa.

La locuzione “garantire l’armonico sviluppo del bambino” dell’art. 6 n. 4 ricorda le premesse delle fonti internazionali, tra cui quella della Dichiarazione dei diritti del bambino in cui si afferma che “il bambino […] ha bisogno di una particolare protezione e di cure speciali compresa una adeguata protezione giuridica, sia prima che dopo la nascita” e l’art. 1 della Carta dei diritti del fanciullo al gioco e al lavoro.

Il fatto che la legge n. 1044 riproponga alcune espressioni della Costituzione relative alla tutela del lavoro (artt. 35-38) conferma che il lavoro e la famiglia (con l’arrivo dei figli) sono la massima espressione della persona e per questo si devono adottare tutte le misure per conciliare lavoro e famiglia, come nel progetto europeo Audit Famiglia e lavoro.

  1. L’asilo della famiglia

Parafrasando questa legge e assimilando la famiglia all’asilo-nido, si potrebbe dire che la famiglia costituisce un servizio sociale di interesse pubblico che ha lo scopo di provvedere alla temporanea custodia dei bambini e di garantire l’assistenza sanitaria e psicopedagogica del bambino. La famiglia costituisce un servizio di interesse pubblico, soprattutto per i compiti di educazione e di istruzione, e non semplicemente un luogo d’affetti come è intesa oggi in cui si assiste sempre di più all’individualismo della famiglia e nella famiglia. La famiglia è etimologicamente e ontologicamente un “servizio”, infatti deriva dal latino “famul” o “famulus”, cioè servitore che a sua volta deriva dall’osco “faama”, cioè casa, origine che avvalora l’inviolabilità (come nel significato etimologico di “asilo”) e la domesticità (nel senso di sfera domestica contrapposta alla crescente violenza domestica ed extradomestica) dell’infanzia e quindi l’assimilazione della famiglia all’asilo-nido.

“Temporanea custodia” per rammentare che i figli non sono né oggetto di proprietà né di desiderio. Anzi l’uso dell’aggettivo “sociale” per tre volte nella legge, deve far riflettere che l’asilo-nido contribuisce alla socialità della famiglia e dei bambini, pure nel senso che i bambini sono essi stessi una risorsa da condividere.

“Assistenza” – nel senso di essere presente a un atto per vedere e udire, oppure star presso ad alcuno per aiutarlo, soccorrerlo o altrimenti giovargli – che i genitori devono assicurare ai figli perché costoro hanno bisogno della presenza dei genitori (e non della televisione baby-sitter) e in particolare di assistenza psicopedagogica perché chi meglio dei genitori li può conoscere e educare. L’assistenza ai bambini è il riflesso di quell’assistenza morale e materiale dovuta tra i coniugi (art. 143 cod. civ.).

La famiglia si deve riappropriare del suo essere “formazione sociale ove si svolge la personalità” (art. 2 Cost.) e del suo essere “società naturale” (art. 29 comma 1 Cost.) e in special modo occorre che il padre si riappropri delle sue funzioni.

  1. L’asilo della paternità

Se la legge istitutiva della scuola materna sembra delineare quello che dovrebbe essere il “codice materno”, la legge istitutiva degli asili-nido sembra riferirsi, invece, al “codice paterno”.

Infatti, all’asilo-nido spettano tre “strappi” necessari per la crescita, che una volta erano realizzati nei riti di iniziazione che spettavano al padre: la fine della condizione prenatale e neonatale, dell’allattamento e del legame esclusivo con la madre. Mentre la madre è portata a “consolare” (che implica un portare verso di sé e non un allontanare), al padre, etimologicamente “colui che protegge, dà nutrimento” (come l’asilo-nido), tocca “conciliare” (mettere insieme, rendere amico, guadagnarsi l’affetto, come nel significato e nell’essenza dell’asilo-nido), gli si chiede di conciliare i tempi per consentire alla donna lavoratrice l’adempimento della sua essenziale funzione familiare (mutuando la terminologia dell’art. 37 comma 1 Cost.), senza essere né il “padre padrone” del passato né il “mammo” di oggi, gli si chiede di conciliare “securitas” e “auctoritas” (dal latino “augere”, far crescere, far avanzare), in altre parole protezione e promozione. È forse questa la spiegazione dell’art. 316 comma 4 in cui si prevede: “Se sussiste un incombente pericolo di un grave pregiudizio per il figlio, il padre può adottare i provvedimenti urgenti ed indifferibili”; unica norma in cui continua a farsi riferimento solo al padre anche dopo la riforma del diritto di famiglia.

Ognuno deve tenere a mente che “il vuoto strutturale della moderna società occidentale proviene dall’assenza del padre. In un certo senso l’affievolimento o addirittura la scomparsa di tutti gli altri ruoli parentali derivano da quella lacuna che sta al vertice della famiglia” (Eugenio Scalfari[1]).



[1] E. Scalfari, Il padre che manca alla nostra società, in La Repubblica, 27 dicembre 1998.

Stipendi ai precari della scuola, il ministero si muove, forse, tardi e male

Dopo che da settembre migliaia di insegnanti precari non ricevono lo stipendio

dopo che la CUB Scuola Università e ricerca ha sollevato il caso e organizzato diffide e ricorsi

il ministero scopre il problema e, in data 6 dicembre, manda istruzioni alle scuole (alleghiamo il testo in questione) per “risolvere” questa situazione allucinante.

In pratica, i precari della scuola e, in particolare quelli sino al termine delle attività didattiche o su supplenze temporanee, in moltissimi casi non si sono visti retribuire, sono stati costretti a ricorrere a prestiti, hanno affrontato, ed affrontano, difficoltà di ogni genere.

Questo dopo che già è stato loro sottratto il pagamento delle ferie, un diritto che per chi è in basso nella piramide dei lavoratori della scuola, con ogni evidenza, non vale più.

Un ministro che si è distinto per trovate incredibili quali il prolungamento dell’orario di insegnamento e che ha fatto vanto delle meraviglie della scuola informatizzata, è riuscito nell’incredibile impresa di non garantire le banalissime retribuzioni ai lavoratori della scuola.

La CUB Scuola che in questo periodo ha operato contro questa indecenza ed ha organizzato, ed organizza, ricorsi contro il ritardo continuerà la sua iniziativa per garantire i diritti dei colleghi precari nella consapevolezza che un torto fatto al segmento più debole della categoria è doppiamente inaccettabile.

Per la CUB Scuola Università Ricerca

Cosimo Scarinzi

Ultima bozza di Decreto sulle classi di concorso. Ancora accorpamenti

Ultima bozza di Decreto sulle classi di concorso. Ancora accorpamenti.

Il MIUR ha reso nota l’ultima bozza di regolamento di riforma delle classi di concorso, datata 8 novembre 2012.
Sembrerebbe una svolta in una vicenda contrassegnata dalla lentezza esasperante con cui il Ministero ha gestito la vicenda (la prima bozza resa pubblica risale addirittura al 30 settembre 2009, cioè a ormai più di tre anni fa). Forse proprio per l’esigenza di una maggiore speditezza dell’iter, il Ministero ha deciso di evitare lo strumento del D.P.R., e di ricorrere al più agile strumento del Decreto Ministeriale.

Secondo la relazione illustrativa, la revisione delle vigenti disposizioni intende:

  • procedere alla razionalizzazione ed accorpamento delle classi di concorso, al fine di consentire una maggiore flessibilità nell’impiego dei docenti e una diminuzione degli esuberi;
  • armonizzare la disciplina delle classi di concorso con le esigenze dei nuovi percorsi di istruzione del primo e del secondo ciclo di istruzione;
  • collegare le nuove classi di concorso ai percorsi formativi e di abilitazione (lauree magistrali, diplomi accademici di secondo livello, percorsi di tirocinio formativo attivo) disciplinati dal Decreto del MIUR 10 settembre 2010, n. 249;

Il MIUR sottolinea in particolare l’entità degli accorpamenti, che porterebbero le classi di concorso dalle 122 esistenti in base al vigente D.M. 39/1998 alle 56 (70 con i sottocodici) previste dall’attuale bozza di Decreto Ministeriale.

Il CNAFAM si riserva di emanare un documento sulla bozza attuale, dopo averla esaminata approfonditamente.

Ultimo scatto del governo Monti

da ItaliaOggi

Ultimo scatto del governo Monti

Alessandra Ricciardi

Governo Monti, ultimo atto. Il precipitare della crisi politica rischia di lasciare sul campo alcuni provvedimenti messi a punto dal ministro dell’istruzione, Francesco Profumo. Tra questi, il nuovo regolamento sul reclutamento a cui dedichiamo un servizio nelle pagine a seguire. E così l’ultimo atto potrebbe essere la chiusura all’Aran dell’intesa per il recupero degli scatti di anzianità. Domani un nuovo vertice. Si tratta di aumenti automatici legati all’anzianità di servizio, che valgono dai 289 euro in più l’anno del primo scatto del personale ausiliario, tecnico e amministrativo fino ai 1600 euro dell’ultimo scatto, dopo 35 anni di servizio, di un docente delle scuole superiori. Bloccati dall’allora ministro dell’economia, Giulio Tremonti, poi da questi sbloccati, sono stati pagati per il 2010. Per il 2011, l’Economia aveva rilevato l’incapienza dei fondi, pari a una quota dei risparmi di spesa inferti con il decreto legge 112/2008, ovvero la cura dimagrante che ha tagliato alla scuola 8 miliardi e più di 100 mila posti. Dopo un lungo tira e molla tra i ministeri dell’economia, dell’istruzione e della funzione pubblica, e uno sciopero (poi confermato solo dalla Flc-Cgil), il governo ha deciso di delegare, tramite direttiva, Aran e sindacati a reperire i fondi che mancano. Una situazione che si è sbloccata solo dopo che il ministro dell’economia, Vittorio Grilli, ha messo da parte la sua contrarietà al meccanismo degli automatismi, che la Commissione europea aveva già avuto modo di bacchettare. I fondi mancanti ammontano a circa 300 milioni di euro su 384. Le risorse vanno scovate nel Mof, recita la direttiva, ovvero il fondo per il miglioramento dell’offerta formativa che ammonta a circa 1,3 miliardi di euro. Con alcuni paletti, recita la direttiva, come i finanziamenti per i corsi di recupero, che non vanno intaccati, e i trattamenti accessori ritenuti incomprimibili. Il ministero dell’economia, in una nota a margine inviata all’Aran, ha poi precisato che per le attività aggiuntive le scuole dovranno stare attente a non formulare, dopo i tagli, richieste in eccesso, perché non saranno evase. Come sia, domani dovrebbe essere la giornata definitiva per la chiusura dell’accordo, sempre che gli uffici tecnici dell’Aran diano il via libera. E la produttività? Già, perché il ministro dell’economia Grilli a Palazzo Chigi, in sede di accordo politico, aveva sottolineato ai sindacati la necessità di definire un sistema di maggiore produttività. Alla fine però si è deciso che sarà compito della prossima contrattazione nazionale, ha precisato Profumo, decidere come realizzare un reale confronto su «un nuovo modello di scuola e di docente». Sugli scatti si sta consumando anche l’ultimo scontro tra i sindacati, con la Flc-Cgil di Mimmo Pantaleo che attacca le altre sigle per «accordi al ribasso», e Cisl scuola, Uil scuola, Snals-Confsal e Gilda, guidate rispettivamente da Francesco Scrima, Massimo Di Menna, Marco Nigi e Rino Di Meglio, che invece ribadiscono che i tagli al Mof non intaccheranno il buon funzionamento della scuola e che «l’intesa tutela in concreto gli interessi di tutti i lavoratori». Lo scatto 2011 interessa circa 200 mila lavoratori. L’anno pagato però consente a tutti di maturare il periodo necessario a scattare in futuro. Fermo restando che bisognerà vedere che progressioni di carriera ci saranno con il prossimo rinnovo contrattuale. Un rinnovo che non è affatto imminente

Scuole diverse, organico unico

da ItaliaOggi

Scuole diverse, organico unico

Antimo Di Geronimo

Organico unico negli istituti di istruzione superiore che comprendono diversi tipi di scuole. E maggiore spendibilità delle abilitazioni possedute dai docenti titolari. Che potranno evitare di andare in soprannumero se ci saranno ore a sufficienza anche in scuole di diverso tipo, purché comprese nello stesso istituto superiore.

La novità è contenuta nella bozza di decreto sulle nuove classi di concorso predisposta dal ministero dell’istruzione ed inviata al Consiglio nazionale della pubblica istruzione per il prescritto parere. In particolare la fusione degli organici delle scuole di cui si compongono gli istituti superiori è prevista dal comma 6 dell’articolo 4. Il dispositivo prevede che «a decorrere dall’entrata in vigore del presente decreto, l’organico delle istituzioni scolastiche della scuola secondaria di secondo grado è gestito unitariamente anche in presenza di percorsi di istruzione liceale, tecnica e professionale».

La chiave di lettura è contenuta nella relazione illustrativa. Che individua la ratio della nuova disposizione nella necessità di una più razionale, efficace ed economica gestione degli organici.

Il tutto per il tramite del trattamento unitario dell’organico assegnato a ogni istituzione scolastica. Attualmente, infatti, l’organico risulta separato per percorsi, eredi dei vecchi ordini dell’istruzione liceale, tecnica e professionale. Che derivano dalla vecchia e ormai dismessa organizzazione dell’istruzione secondaria per ordini (istruzione liceale, istruzione artistica, istruzione tecnica, istruzione professionale) e tipologie (gli istituti magistrali, i licei classici). Oggi, invece, sempre secondo l’amministrazione scolastica, la diffusione degli istituti di istruzione superiore, che vedono la convivenza di diversi percorsi di istruzione liceale, tecnica, professionale presso un’unica istituzione scolastica, rendono la rigida divisione gestionale desueta e foriera di paradossi nella gestione degli esuberi, dei soprannumeri, degli spezzoni. In questi anni, infatti, docenti con incarico a tempo indeterminato sono stati costretti a trasferirsi nonostante la disponibilità di insegnamenti per la stessa classe di concorso presso la stessa istituzione scolastica. Si sono moltiplicati inutilmente i così detti spezzoni. Una gestione compatta dell’organico , invece, secondo il ministero, garantirebbe sensibili miglioramenti sotto l’aspetto qualitativo e organizzativo. E rispecchierebbe in prospettiva la configurazione delle classi di concorso proposte dalla bozza di decreto che supera le divisioni tra classi di concorso per i licei, per i tecnici e per i professionali definita dal vecchio decreto 39/1998. In buona sostanza, dunque, l’amministrazione avrebbe intenzione di sistematizzare definitivamente il sistema delle confluenze. Superando, quindi, gli steccati della specificità delle scuole e valorizzando la spendibilità delle discipline anche in tipi di scuole diverse da quelle dove tradizionalmente vengono insegnate.

Per fare questo, più che consentire maggiori chanches ai docenti in sede di mobilità, l’amministrazione avrebbe intenzione di dare più potere ai dirigenti scolastici nella collocazione dei docenti interni all’istituzione scolastica. Anche in scuole di tipo diverso da quelle dove tradizionalmente avrebbero dovuto trovare impiego. Ciò per consentire di limitare al minimo l’insorgenza di situazioni di soprannumerarietà e di esubero.

Quanto alla scelta dello strumento amministrativo del decreto ministeriale in luogo del decreto del Presidente della Repubblica, previsto dall’art.64 del decreto legge 112/2008, secondo il ministero sarebbe legittima. Perché le economie di spesa che il legislatore intendeva perseguire con dpr sono state già raggiunte. Peraltro per effetto di legge ordinaria. E cioè con l’art.14 commi 17-21 del decreto legge 95/2012. Pertanto l’amministrazione avrebbe pieno titolo ad agire con decreto, giovandosi della facoltà prevista dall’articolo 405 del decreto legislativo 297/94.

Basta riforme, troppo stress

da ItaliaOggi

Basta riforme, troppo stress

Giovanni Scancarello

Sulla scuola il Paese deve raffreddare gli animi e prendersi il tempo giusto. Tra spending review e diminuzione di risorse, il sistema è arrivato alla fine dell’anno con il fiato troppo corto. É quanto emerge dall’ultimo rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese. La scuola è forse uno dei settori che ha risentito maggiormente, dopo quello produttivo, della parabola ansiogena della crisi iniziata nel 2007.

Il rischio è quello di intaccare il già precario capitale emotivo degli insegnanti. Stridente il quadro presentato dal Censis quasi in contemporanea, infatti, con le recenti agitazioni di insegnanti e studenti. Sono più di dieci anni, ormai, che la scuola è chiamata ad un cambiamento che non sembra riuscire mai veramente a restituire un senso condiviso dell’impresa educativa dei giovani. La scuola oggi mostra la sua parte più viva soprattutto quando riesce a fare rete con il proprio territorio e le altre scuole, nell’intento di favorire l’orientamento degli studenti verso il mondo del lavoro. Una tendenza che interessa tanto gli istituti professionali (81,5%), i tecnici (79,3%) ma anche i licei (65,8%). Nel 56% dei casi, avverte il Censis, si tratta di veri e propri poli formativi che vanno nella direzione auspicata dal legislatore e che costituiscono una base di lavoro da non sottovalutare. Ma per il resto, dopo tanti anni di riforme, tra quelle tentate e quelle riuscite, dopo i tagli, adesso serve un periodo di decantazione del cambiamento. Sulla scuola rischia di consumarsi la deriva più rischiosa. Quella appunto dell’avvilimento dei docenti. Nonostante l’avvio di processi come il riordino delle secondarie superiori, l’approvazione del testo unico sull’apprendistato, nonché gli interventi attuati per innalzare le performance educative (dall’istituzione dell’Invalsi, al piano scuola digitale, al riordino del sistema di reclutamento degli universitari e degli insegnanti delle scuole) precisa il Censis, adesso c’è bisogno che «gli operatori maturino piena consapevolezza delle variazioni sottese ai loro compiti e mansioni, a partire dalle quali riorganizzare in modo certo e duraturo il loro lavoro». Ma il Censis avverte anche circa l’evidenza che l’istruzione sia un servizio pubblico sotto sforzo. Soprattutto lo sono i docenti che, nonostante l’alto livello motivazionale collegato al loro mestiere e al rapporto con i giovani, rischiano di restare schiacciati sotto il peso del disorientamento. Per cui anche i risultati più virtuosi che l’opera di razionalizzazione fino ad oggi ha potuto determinare «rischiano di essere annullati dalla riduzione dei trasferimenti pubblici, dal ridimensionamento della rete scolastica, dalla ridotta e ondivaga capacità di spesa del sistema della affermazione professionale». Un rischio che, chiarisce il Censis, non si risolve con un aumento generalizzato della partecipazione all’obbligo scolastico e della collaborazione delle famiglie. Il rischio infatti è che venga intaccato il «capitale emotivo» dei docenti. Occorre, conclude l’istituto diretto da Giuseppe Roma, definire i contorni di campo dell’istruzione e della formazione in modo indubbio e permanente.

Doccia fredda sui precari, nessuna riserva nei concorsi

da ItaliaOggi

Doccia fredda sui precari, nessuna riserva nei concorsi

La scuola è fuori dalla norma di favore pensata dalla funzione pubblica e in ballo al senato

Carlo Forte

La riserva dei posti nei concorsi pubblici in favore dei precari con 36 mesi di servizio non sarà applicata alla scuola. É quanto è emerso in un incontro che si è tenuto la settimana scorsa tra il ministro della funzione pubblica, Filippo Patroni Griffi, e i rappresentanti delle confederazioni del pubblico impiego.

Il titolare del dicastero di palazzo Vidoni ha spiegato che ci sarà un emendamento nel quale sarà prevista la proproga dei contratti in scadenza, il cui termine sarà differito fino all’entrata in vigore delle nuove disposizioni contrattuali sui contratti a termine. Disposizioni che saranno contenute in un accordo quadro che sarà stipulato a breve. Nello stesso emendamento, che nel frattempo è stato firmato dai relatori del disegno di legge di stabilità al senato (e che però potrebbe anche slittare nel Milleproroghe), sarà prevista anche l’adozione di una quota di riserva, pari al 40% dei posti messi a concorso, destinata ai precari della pubblica amministrazione che avranno maturato i fatidici 36 mesi. E cioè ai lavoratori che, per effetto della reiterazione dei contratti a termine, avranno raggiunto il limite massimo consentito dalla normativa comunitaria, superato il quale scatterebbe la conversione del contratto. Il condizionale è d’obbligo, perché nel nostro ordinamento queste disposizioni sono previste in via generale dal decreto legislativo 368/2001. Che non fa altro che recepire la normativa comunitaria che lo prevede. Secondo la prevalente giurisprudenza di merito, tra l’altro, sarebbe di immediata applicazione (self executing). Ma nel pubblico impiego, la trasformazione del contratto a termine in contratto a tempo indeterminato incontra il limite dell’articolo 36 del decreto legislativo 165/2001. Che vieta la conversione del contratto, fermo il diritto al risarcimento per equivalente. In più, secondo la Suprema corte (si veda Italia Oggi del 26/06/2012) nella scuola non si applica nemmeno il risarcimento in denaro. Perché il reclutamento è regolato da ulteriori norme speciali, che legittimano la reiterazione dei contratti a termine. E cioè dalla legge 124/99, che delinea un sistema di reclutamento basato sulla valorizzazione dell’esperienza professionale, alla quale viene assegnato un punteggio. Che una volta fatto valere nelle graduatorie, consente di raggiungere posizioni utili alla maturazione del diritto all’assunzione anche a tempo indeterminato. Ed è proprio a causa della specialità della disciplina, che regola il reclutamento nella scuola, che la Funzione pubblica tenderebbe ad escludere del tutto l’applicabilità della proroga e della riserva in favore dei precari triennalisti della scuola, calcolati dallo stesso dipartimento in crica 130 mila. Una posizione che rischia di scatenare un contenzioso di enormi proporzioni in vista del prossimo concorso a cattedre. Quello attualmente in corso, infatti, non risentirà della nuova disciplina, perché il bando è ormai a regime. I motivi di doglianza difficilmente potrebbero appuntarsi sulla preclusione delle proroghe. Perché il contratto della scuola prevede ipotesi puntualmente regolate, che resisterebbero alla disciplina generale disegnata da palazzo Vidoni. Ma gli eventuali ricorrenti potrebbero avere gioco facile sulla preclusione della riserva. Nei concorsi scolastici, infatti, si applicano le stesse riserve previste in generale per tutte le selezioni di pubblico impiego. E dunque, l’esclusione dei triennalisti della scuola potrebbe tradursi in una vera e propria discriminazione. Resta da vedere cosa succederà delle intenzioni del governo con il precipitare della crisi politica e le turbolenze parlamentari in corso.

Reclutamento, arriva il patto tra generazioni: part-time agli “anziani”, largo ai giovani

da Tecnica della Scuola

Reclutamento, arriva il patto tra generazioni: part-time agli “anziani”, largo ai giovani
di Alessandro Giuliani
I lavoratori prossimi alla pensione potranno ridurre l’orario ed aprire le porte ad uno “nuovo”. Lo Stato si farà carico del differenziale contributivo da versare all`Inps. Il decreto in Gazzetta Ufficiale, dopo il via libera della Corte dei Conti e la suddivisione delle quote regionali. Una possibilità che nella scuola, dove spesso la stanchezza prende il sopravvento, sarebbe sicuramente bene accolta.
La disoccupazione si può combattere in tanti modi. Anche alleggerendo il carico di ore di attività professionale dei lavoratori prossimi alla pensione. E cedere la quota di lavoro settimanale ai giovani. Un po’ alla chetichella, senza troppi annunci, il progetto ha trovato compimento. Si tratta del decreto del ministero del Lavoro sul patto tra generazioni, approdato in questi giorni in Gazzetta Ufficiale e che ora entra nella fase operativa, dopo aver incassato il via libera dalla Corte dei Conti e dopo che sono state stabilite anche le quote regionali per la sua attuazione.
L’obiettivo del legislatore è semplice: coniugare l`occupazione giovanile e la salvaguardia dei lavoratori giunti a ridosso dal lasciare l’occupazione. Così, quella che si realizzerà dovrebbe essere una vera e propria “staffetta” tra i lavoratori più maturi e quelli lasciati sino ad oggi ai margini dell’occupazione per mancanza di spazio.
Il meccanismo è semplice: coloro che sono prossimi alla pensione potranno accedere (volontariamente) al part-time e lasciare dunque una parte del proprio lavoro a un giovane, in cambio dell`assunzione da parte delle aziende di quest`ultimo a tempo indeterminato. Anche se all’inizio solo nella veste di apprendisti.
Per agevolare l’operazione, le aziende beneficerebbero di un contributo statale: sarà infatti il soggetto pubblico a farsi carico del differenziale contributivo da versare all`Inps a favore del lavoratore anziano, in modo da non nuocere sulla sua copertura previdenziale. Il lavoratore, quindi, avrà uno stipendio ridotto, in proporzione al numero di ore che svolgerà in meno settimanalmente. Ma la scelta non inciderà negativamente sulla pensione.
Il Decreto prevede, quindi, ben cinque attori attivi: i soggetti pubblici, gli enti previdenziali, le aziende, i lavoratori anziani e quelli giovani. Tra i vincoli previsti che quello che i numeri degli impiegati non si sbilanciato in negativo. In pratica, per ogni pensionando che andrà in part time dovrà corrispondere un giovane da assumere come apprendista.
Soddisfatto il ministro del Lavoro, Elsa Fornero:”L’idea di un patto fra generazioni è certamente una prospettiva, anche etica, di grande respiro, che si auspica possa in futuro sostenere azioni concrete per disegnare una società più equa e più inclusiva”. E così “si assicura la salvaguardia dei livelli di occupazione per le nuove generazioni e si mantengono condizioni di reddito accettabili per le fasce di popolazione meno giovani”. Tra i sostenitori del decreto c’è il presidente di Italia Lavoro, Paolo Reboani. Secondo cui con la pubblicazione in gazzetta del decreto ministeriale sul patto tra generazioni si supera “finalmente, la sterile opposizione tra giovani e anziani nel mondo del lavoro: il progetto ha un`importante valenza etica e sociale” e “potrà essere un modello anche per risolvere il problema di una parte degli esodati, se valutiamo che secondo i nostri calcoli con 40 milioni di euro potremo avere 3.000 nuovi assunti e un numero corrispondente di lavoratori accompagnati alla pensione in modo produttivo“.
Il mondo della scuola, dove a “spingere” per trovare un’occupazione stabile sono diverse decine di migliaia di docenti e Ata e nel contempo vi sono altrettanti lavoratori avanti con gli anni stanchi ed esausti, dovrebbe guardare con interesse ad un modello del genere. Moltissimi dipendenti prossimi alla pensione, con un numero di anni di servizio tra i 30 e i 40 anni, rinuncerebbero probabilmente volentieri ad una parte del loro stipendio in cambio di un alleggerimento del carico di lavoro. La riduzione di stipendio, inoltre, verrebbe parzialmente compensata dal fatto che l’assegno mensile, dopo tanti anni di lavoro, è in genere del 30-40% maggiorato rispetto a quello dei colleghi più giovani. Il problema è che lo Stato, soprattutto in questo momento di crisi finanziaria, non sarebbe in grado di sopportare la copertura previdenziale per un numero troppo alto di lavoratori. E si allora si pensasse di dare questa possibilità almeno ai 3-4mila rimasti penalizzati dalla riforma pensionistica? Per i cosiddetti “Quota 96” non si tratterebbe di certo della soluzione. Ma almeno si ridurrebbe la portata del danno subito.

CCNI sulla formazione: i sindacati non firmano

da Tecnica della Scuola

CCNI sulla formazione: i sindacati non firmano
di R.P.
I sindacati lamentano la scarsità di risorse e non solo. Il Miur avrebbe già definito le modalità di impiego dei fondi sottraendoli di fatto alle direzioni regionali e alle istituzioni scolastiche.
Nel pomeriggio del 10 dicembre si è svolto presso il Ministero un ulteriore incontro fra i dirigenti di viale Trastevere e le organizzazioni sindacali per procedere all’esame del contratto integrativo sulla formazione del personale scolastico relativo all’esercizio finanziario 2012. L’incontro non ha però dato gli esiti sperati e anzi si è interrotto dopo che i sindacati hanno preso atto che nessuna delle richieste avanzate già in precedenza è stata recepita dall’Amministrazione. La trattativa andava avanti dal mese di marzo e oggi si è arrivati, come era facilmente prevedibile, ad una rottura irreparabile. A questo punto il Ministero dovrà affrontare la questione ricorrendo ad un atto unilaterale, come peraltro era già avvenuto alcune settimane addietro per l’analogo contratto dei dirigenti scolastici. I sindacati lamentano in particolare che le scarse risorse (di molto inferiori a quelle dello scorso anno) risultano di fatto già destinate ad iniziative di carattere nazionale. “Per di più – sottolinea la CislScuola – senza alcun confronto su criteri e parametri”. Aggiunge il sindacato di Francesco Scrima: “ Abbiamo in vario modo ribadito la richiesta di ridistribuire l’esigua entità delle risorse sulla base di criteri equi e condivisi. Il nostro sindacato, in particolare, ha chiesto di destinare una quota consistente delle risorse alle Direzioni Regionali, finalizzandole alla realizzazione di progetti promossi da reti di scuole su obiettivi concordati in sede di contrattazione regionale”. CislScuola rileva anche che “continua l’inaccettabile pretesa di procedere unilateralmente su un istituto contrattuale che tratta una materia di rilevanza strategica per il miglioramento in efficacia e qualità della scuola e per la crescita professionale dei suoi operatori”.
Il fatto è che secondo il Ministero – dopo l’entrata in vigore del “decreto Brunetta” – quella della formazione e dell’aggiornamento non è più materia strettamente contrattuale. Per parte loro, le organizzazioni sindacali ritengono che l’intera questione debba essere riesaminata in quanto la scuola presenta specificità che non consentono l’automatica applicazione di diverse norme del decreto 150.

Contrattazione di istituto a rilento

da Tecnica della Scuola

Contrattazione di istituto a rilento
di R.P.
Fino alla chiusura della trattativa sugli scatti stipendiali non si conoscerà l’entità complessiva delle risorse che potranno essere assegnate alle scuole. Ma se il Miur dovesse decidere di attendere la certificazione del MEF, i tempi si allungherebbero di molto.
La contrattazione integrativa di istituto continua ad andare molto a rilento un po’ dappertutto.
A frenare le trattative è la mancanza di dati certi sulla effettiva consistenza del fondo di istituto. In alcune scuole si sta tentando di siglare un contratto “provvisorio” in cui si far riferimento alle risorse dello scorso anno, con l’impegno reciproco di rivedere tutto non appena si conosceranno le cifre definitive, ma nella stragrande maggioranza dei casi il confronto fra RSU e dirigenti scolastici procede faticosamente. Il problema, come è noto, dipende dal fatto che per garantire gli scatti stipendiali sarà necessario attingere, in modo ancora da definire, al fondo di istituto.
Tutto dipende da come si concluderà la trattativa nazionale in corso fra Aran e sindacati anche se, ormai, sull’ordine di grandezza del taglio al fondo i pareri convergono. Tutti parlano infatti di una riduzione che dovrebbe oscillare fra i 350 e i 400 milioni di euro. La firma del contratto nazionale dovrebbe avvenire nella serata (o più verosimilmente nella notte) di mercoledì 12 e quindi subito dopo si dovrebbe sapere di quanto il fondo sarà ridotto. Nell’arco di pochi giorni il Miur potrebbe pertanto essere in grado di comunicare l’entità delle risorse spettanti a ciascuna istituzione scolastica. Ma le cose potrebbero andare diversamente perché il Miur potrebbe anche decidere di parlare di cifre del fondo delle scuole solo dopo che il contratto nazionale sugli scatti stipendiali sarà stato certificato dal Mef e dalla Funzione Pubblica. E, considerata l’esperienza degli ultimi contratti, i tempi potrebbero essere davvero lunghi, molto lunghi. Nella migliore delle ipotesi il via libera definitivo sul contratto potrebbe arrivare verso la fine di gennaio: in questo caso le scuole conoscerebbero l’assegnazione spettante non prima della metà di febbraio. Ma questa è una ipotesi ottimistica; se qualcosa dovesse andare storta e se il Mef dovesse chiedere qualche chiarimento al Miur si potrebbe arrivare anche al mese di marzo. Insomma, c’è il rischio che quest’anno la contrattazione di istituto si chiuda, nella maggioranza dei casi, ben oltre la metà dell’anno scolastico.

Usr Umbria nel concorso a cattedra prende le sue precauzioni

da Tecnica della Scuola

Usr Umbria nel concorso a cattedra prende le sue precauzioni
di Aldo Domenico Ficara
L’Usr Umbria in una sua nota fa sapere che si rivolgerà alle forze dell’ordine per assicurare il corretto svolgimento delle prove preselettive al concorso a cattedra
L’Usr Umbria in una sua nota (Prot. AOODRUM 18987/c10 del 4/12/2012) comunica che provvederà a segnalare alle forze dell’ordine (Prefetto ed il Questore competente) la necessità di assicurare la più completa vigilanza su tutte le scuole nelle quali si svolgono le prove preselettive, in vista di un’eventuale superaffluenza di candidati e di probabili azioni dimostrative. Inoltre lo stesso Usr accrediterà fondi specifici alle scuole per la vigilanza (su base fissa e su base proporzionale alle aule oltre che per esigenze particolari), una cifra che sarà introitata come integrazione al fondo d’istituto. Un’ulteriore quota coprirà le spese di funzionamento. A tale riguardo l’ufficio prega di assicurare una congrua dotazione di fogli di carta bianca e di penne da rendere disponibile presso ogni postazione informatica. Si danno disposizioni per verificare con il massimo rigore che non sussistano cause di incompatibilità nella nomina sia dei Presidenti che dei membri ai sensi dell’articolo 9 del D.P.R. n. 487 del 1994. Infine comunica che ai candidati con disabilità siano assicurati tutti gli ausili previsti dalla normativa vigente e previamente concordati con gli interessati. Essi saranno inseriti nei turni finali della giornata per evitare interferenze con i tempi delle prove attesa la maggior estensione della fascia oraria di competenza

Mobilità 2013/2014: sintesi delle modifiche

da Tecnica della Scuola

Mobilità 2013/2014: sintesi delle modifiche
Il report in sintesi della Flc-Cgil sulla Mobilità relativo alle modifiche nella pre-intesa sottoscritta il 6 dicembre 2012
Clausola di salvaguardia All’art. 1 c. 4 è stata prevista la possibilità di riapertura del confronto negoziale, anche su richiesta di un solo soggetto firmatario, in presenza di nuove esigenze. In particolare sarà riaperto il confronto negoziale per definire la mobilità del personale docente inidoneo o appartenente alle classi C999 e C555, a seguito dell’eventuale attuazione degli artt. 13 e 14 della legge 135/2012 di conversione con modifiche del D.L. 95/2012. Norma specifica per i docenti transitati allo Stato Con l’art. 3/bis si è regolata la mobilità dei docenti transitati nei ruoli statali dai ruoli comunali di Firenze, Genova e Ferrara, i quali potranno partecipare alla mobilità territoriale e professionale a partire dall’a.s. 2014/2015, al termine delle operazioni di transito nei ruoli statali previsti dal D.I. del 3 agosto 2011, secondo le norme e i punteggi definite dal CCNI sulla mobilità. Per quanto attiene il servizio e la continuità sarà valutato il servizio prestato in qualità di docente, in base alle tabelle allegate al CCNI. Per l’a.s. 2013/2014 non sarà possibile utilizzare, ai fini della mobilità territoriale e professionale in entrata, i posti disponibili presso l’istituto “Leonardo da Vinci” di Firenze, gli istituti “Barabino – Galilei” di Genova e l’Istituto “Dossi” di Ferrara in quanto gli stessi verranno accantonati per il completo transito di tali docenti. Sistema delle precedenze All’art. 7 è stato aggiunto un nuovo comma 3 per precisare che le precedenze comuni di cui al comma 1 sono riconosciute ai soli fini delle operazioni di mobilità volontaria e che le precedenze comuni di cui al comma 2 sono riconosciute soltanto ai soli fini dell’esclusione dalla graduatoria di istituto per l’individuazione dei perdenti posto. Introduzione della nuova normativa sulle certificazioni Il riferimento a tale norma, che lo scorso anno era stata recepita solo nell’OM, ora è stato inserito in vari articoli del contratto ed in particolare all’art. 9. In sintesi l’obbligo di documentazione con certificati è stata lasciata soltanto per i certificati medici (ivi compresi, ovviamente, quelli relativi alla legge 104/92) e quelli del Ministero degli Esteri e del Ministero della Difesa. Dimensionamento della rete scolastica ed individuazione dei docenti in soprannumero All’art. 20 sono state apportate le seguenti integrazioni e precisazioni: • Comma 2 – (Costituzione di nuovi percorsi conseguenti al riordino della scuola secondaria di secondo grado) – Al termine del comma si è stabilito che, nel caso in cui negli anni scolastici precedenti i docenti dell’istituto presso il quale è stato costituito il nuovo percorso con organico autonomo, siano stati assegnati all’organico del nuovo percorso con modalità diverse da quelle previste dallo stesso comma 2 (ad es.: mobilità volontaria o d’ufficio), gli stessi mantengono comunque il punteggio della continuità relativo alla titolarità dell’altro organico nello stesso istituto; • Comma 3 – (Formulazione delle graduatorie) – Si è chiarito che, nelle operazioni di cui all’art. 20, le precedenze comuni previste all’art. 7 si applicano soltanto per l’esclusione dalla graduatoria relativa alla individuazione dei perdenti posto (art. 7, comma 2), e non anche per la riassegnazione della titolarità nell’ambito del singolo dimensionamento;
• Comma 4 – (Disposizioni comuni) – E’ stata aggiunta, in coda, una precisazione per il personale trasferito d’ufficio senza aver prodotto domanda, oppure trasferito a seguito di presentazione di domanda condizionata, nell’ottennio precedente da un’istituzione scolastica coinvolta nelle operazioni di dimensionamento. Questo personale mantiene il diritto al rientro nella scuola di precedente titolarità, se questa è rimasta, oppure, in mancanza, in una delle scuole oggetto del medesimo dimensionamento, alle condizioni di cui all’art. 7, comma 1, punti II e IV del CCNI. Insegnanti di religione cattolica E’ stato aggiunto, all’art. 37-bis, un comma 8 in cui si prevede, per il docente di religione interamente utilizzato in altra scuola non a domanda volontaria, ma per mancanza di ore sufficienti a costituire la cattedra o il posto, la conservazione del diritto di attribuzione del punteggio per la continuità.
Dimensionamento della rete scolastica Dsga (art. 47) Analogamente a quanto previsto per i docenti all’art. 20, sono state effettuate alcune modifiche e precisazioni. • Comma 1 e 4: è stato precisato che si applicano i contenuti dell’art. 7, comma 2, del CCNI solo ai fini della individuazione del perdente posto; • Comma 3: ai fini della riassegnazione della titolarità nell’ambito del singolo dimensionamento, al contrario, non si tiene conto delle precedenze comuni di cui all’art. 7, comma 1; • E’ stata inoltre inserita una nota 2, (specifica per tutto il personale Ata, compresi i Dsga), per chiarire che si considera “istituzione scolastica di precedente titolarità” l’istituzione scolastica che mantiene la presidenza e la segreteria nello stesso edificio scolastico anche se tale istituzione cambia denominazione e codice a seguito del dimensionamento. Restante personale Ata (art. 48) • Comma 17: è stato precisato quanto già previsto per i Dsga all’art. 47, ovvero che nella formulazione della graduatoria unica per l’individuazione del personale Ata soprannumero conseguente al dimensionamento della rete scolastica si applica l’art. 7, comma 2, del CCNI; • Comma 19, punto IV: al contrario, non si tiene conto delle precedenze di cui all’art. 7, comma 1, ai fini della riassegnazione della titolarità nell’ambito del singolo dimensionamento; • Comma 23 (nuovo): è stata prevista, per il personale ATA che ha acquisito la titolarità nella nuova istituzione scolastica a seguito di dimensionamento, la possibilità di produrre domanda di trasferimento, negli stessi termini previsti per il personale soprannumerario; • Comma 24 (nuovo): si è precisato, per il personale trasferito d’ufficio senza aver prodotto domanda, o a domanda condizionata, nell’ottennio precedente da una scuola coinvolta nelle operazioni di dimensionamento, il diritto al rientro nella scuola di precedente titolarità o, in mancanza, in una delle scuole oggetto del medesimo dimensionamento, alle condizioni previste dall’art. 7, comma 1, punti II e IV del CCNI; • Infine è stata aggiunta una nota 2 (come per i Dsga) per chiarire che si considera “istituzione scolastica di precedente titolarità” l’istituzione scolastica che mantiene la presidenza e la segreteria nello stesso edificio scolastico anche se tale istituzione cambia denominazione e codice a seguito del dimensionamento.
Mobilità professionale personale Ata Al comma 2 dell’art. 50 si è precisato che il passaggio dall’area A (collaboratori scolastici) all’area AS (collaboratore scolastico dei servizi e addetto alle aziende agrarie), e viceversa, si considera sempre come mobilità professionale (passaggio) nell’ambito della stessa area. Tabelle di valutazione Nessuna modifica
Ordine delle operazioni Nessuna modifica