Pulizie di Natale

Pulizie di Natale

 di Claudia Fanti

Caspita, che analisi meticolosa e rigorosa!

L’articolo del 16 dicembre sul Corriere della Sera, indigna ancor più di ogni corbelleria che ci è stata propinata negli ultimi anni sia dal potere politico, sia da quello “tecnico”, sia dai vari cocchieri obbligati a diramare, sostenere, formare secondo i diktat  di persone lontane anni luce dalla scuola, quindi non certo abilitate a decidere di organizzazione, metodi, didattica e pedagogia.

Chissà se a qualcuno interessa ancora, oltre alla politica spicciola e alle enormi difficoltà contingenti, indignarsi dinanzi ad articoli e analisi del tipo qui proposto! Un vero schiaffo all’intelligenza di tutti coloro che insegnano nella scuola primaria. Qui, non una parola di alcuno degli interpellati, Roberto Ricci in testa, su ciò che ha subito quest’ordine di scuola. Accidenti, ormai siamo alle insinuazioni sulle differenze di genere e  genetiche, pur di nascondere la realtà della scuola primaria distrutta dalle politiche scolastiche volute dai politicanti al potere. In questi mesi ho seguito con viva partecipazione personale tutto il dibattito sulla scuola e tutte le rivendicazioni, ma purtroppo nessuno, nemmeno la massa arrabbiata dei colleghi degli altri ordini di scuola, ha difeso oltre se stessa anche le generazioni dei totalmente indifesi, di quelli che non possono andare né in piazza né, per via della loro tenera età, sostenere i propri diritti argomentando con la parola. Chi parlerà allora per loro a parte i quattro soliti gatti spelacchiati di cui faccio parte nella pratica quotidiana?

Vediamo in questa fredda domenica di dicembre di pulire un po’ la casa dalla spazzatura che si è accumulata sotto i divani.

Spazzatura:

-numero esorbitante di alunni per classe

-più inserimenti in un’unica classe di 25 bambini di alunni con disagi di varia tipologia senza sostegno adeguato

-scomparsa dei moduli paritari, tre insegnanti su due classi, che permettevano sia la specializzazione sulla propria disciplina d’insegnamento (tanto utile per esempio a incentivare la lettura, citata nell’articolo del Corriere, e l’analisi di una molteplicità di testi) sia una stretta programmazione con i colleghi e una scelta, condivisa giorno per giorno, di linea educativa.

-introduzione lenta e inesorabile del maestro prevalente, poi divenuto “unico” o quasi unico (in realtà per coprire l’orario eccedente le 22 ore, gli insegnanti in organico nei plessi vanno a coprire le ore con insegnamenti come storia, geografia, scienze, immagine, motoria…: insegnamenti che divengono quasi un’ appendice, con ovvia perdita dell’interdisciplinarità

-eliminazione o erosione progressiva dei tempi delle compresenze che permettevano sia il recupero del disagio, sia l’arricchimento dell’offerta formativa

-riduzione dell’orario di scuola

-introduzione di progetti e progettini voluti dal territorio, ma spesso subiti o accettati dagli insegnanti stanchi di combattere una battaglia persa contro chi li ritiene sempre non all’altezza di “competere” con le novità. Anche in questo caso perdita della gestione dei tempi di apprendimento e di interdisciplinarità

-erosione continua e costante dell’ autostima degli insegnanti per mezzo di campagne mediatiche vergognose, con il risultato di far perdere fiducia nelle proprie competenze pedagogiche agli insegnanti di classe con un progressivo spostamento degli stessi verso l’accettazione dell’introduzione di esperti dall’esterno, ognuno con esigenze di orario che interrompono, nella maggioranza dei casi, la continuità didattica su tutte le materie e ovviamente anche sulla lingua italiana, quella che insieme con la matematica, viene poi testata dall’Invalsi. Anche in questo caso perdita della gestione dei tempi di apprendimento e di interdisciplinarità

-introduzione del voto numerico e di fatto una valutazione sempre più schematica e giudizi sommari in funzione dei documenti di valutazione ministeriali e di ricerca di medie matematiche impossibili nella primaria. Una tipologia di valutazione forse comoda per molti, ma francamente pedagogicamente insostenibile perché tanti danni produce a una serena e distesa creazione dei rapporti fra bambini, fra bambini e famiglie, tra famiglie e docenti, i quali tutti insieme dovrebbero invece mirare a far sì che la scuola elementare sia ricerca del sapere allo stato puro, la più pura e cioè quella che rispetta le condizioni di partenza di ognuno e le stimola attraverso una didattica scevra da verifiche continue e da paletti numerici. Il voto è una vera misura, anche se nei vari documenti ufficiali che la scuola produce, lo si maschera per mezzo di giudizi descrittivi accanto, si cerca di renderlo soft comunicando ai genitori i significati più gentili e rasserenanti possibili. Favole! Il voto introduce una bieca differenziazione troppo precoce e le sfumature di significato attribuite dagli adulti a esso, non sono comprese dai bambini. Mi dilungo sul voto, perché anche la lettura, oggetto dell’articolo del Corriere e dei dati esaminati, è qualcosa di estremamente condizionato dagli stati emotivi, dall’autostima e dalle relazioni con i compagni e le compagne. Chiaramente, non basta eliminare i voti per raggiungere la serenità in classe, ci vuole molto altro e questo molto altro lo si dovrebbe  incentivare con risorse e formazione sulla gestione dei conflitti, sulla relazione fra persone, sulle strategie di conduzione delle classi, strategie che esistono e danno ottimi frutti

-eliminazione delle sperimentazioni, anche di quelle a costo zero e produttive (non c’è bisogno  neppure di commentare il fatto che nella scuola eliminare la diversità, la ricerca, le strade divergenti, significa eliminare tout court la vivacità culturale, l’impegno, la passione per finire nell’appiattimento e nel grigiore più totale: perfino gli adulti rischiano di non leggere più indotti da una depressione costante dei loro impulsi intellettuali, figuriamoci le bambine!

Quadro finale: bambini in corsa per apprendere in meno ore  con insegnanti che perdono di anno in anno, da anni, la consuetudine ad aggiornarsi metodicamente concentrandosi sulla propri materia di insegnamento disperdendo energie culturali e professionali sia su altre materie  (ad esempio vedi la questione tutta italiana dell’aggiornamento obbligatorio in lingua inglese di docenti non laureati in tale ambito e che spesso addirittura non l’hanno mai studiato in tutto il proprio percorso scolastico) sia in miriadi di impegni da onorare per le varie commissioni nelle quali si devono portare avanti conversazioni estenunati e di solito conflittuali su come redigere varie tipologie di documentazioni atte a dimostrare che la scuola è preparata in materia di organizzazione, di relazioni con il pubblico, di programmi ministeriali (che nella primaria cambiano alla velocità della luce sempre in peggio, ma si finge che sia in meglio per accontentare prima un ministero, poi un altro, poi un altro…)

Per conoscere la scuola primaria e le maestre veramente non si devono frequentare i Collegi dei Docenti, bensì il backstage: là si sentono i problemi, là c’è il polso della situazione, là si parla di rabbia, di dolore per non avere più niente di ciò che si era ottenuto in anni e anni di lavoro e di battaglie per una scuola inclusiva, accogliente e competente al tempo stesso. Il resto sono chiacchiere cari giornalisti e prof. di Invalsi & Co.

Ora poi molte scuole saranno chiamate a formare i cosiddetti Comprensivi, insiemi di scuole dell’infanzia, primaria e secondaria di primo grado. Altre energie verranno spese  altrove per ricominciare a intrecciare nuove relazioni, a riempire in centinaia i Collegi, presieduti da un unico dirigente, il quale insieme coi docenti dovrà cercare nel tempo le vie giuste per riorganizzare il tutto. So che ci sono anche buone esperienze partite anni fa sul territorio, ma ora la questione è alquanto complessa e pericolosa per gli equilibri ormai divenuti instabili a causa dei tagli continui, delle fibrillazioni costanti indotte dalle politiche scolastiche di riforme e controriforme per nulla amate…il buon senso avrebbe richiesto di fermarci tutti a riflettere su ciò che non funziona nell’attuale organizzazione, nell’attuale situazione. Un bell’altolà per riprendere fiato, invece no…avanti tutta, mentre schiere di bambini e bambine avranno sempre maggiore bisogno di tutte le nostre energie.

Allora agli estensori dell’articolo dico: ma cosa state analizzando! Ma di che vi state occupando! Ma cosa state elucubrando!

 

Equipollenza dei titoli AFAM ai titoli universitari

Un’altra vittoria: l’equipollenza dei titoli AFAM ai titoli universitari

Come sapete, il 30 novembre 2011 il Senato della Repubblica ha approvato il disegno di legge n. 1693, dal titolo “Valorizzazione del sistema dell’alta formazione e specializzazione artistica e musicale”, che raccoglieva in sé tutte le migliori proposte per la valorizzazione e il rilancio del settore AFAM, tra le quali quelle portate avanti dal CNAFAM. Il DDL si proponeva di realizzare alcuni degli scopi che il CNAFAM persegue dalla sua fondazione: tra questi, l’equiparazione dei titoli di studio AFAM ai titoli universitari.

Il primo dicembre 2011 il disegno di legge è stato trasmesso alla Camera dei Deputati, e rubricato come proposta di legge n. 4822. Il 5 dicembre è stato assegnato alla VII Commissione Cultura per l’esame in sede referente.

Di fronte alla recentissima crisi di Governo, al’imminente scioglimento delle Camere e alla conseguente sicura decadenza della PDL n. 4822, il suo primo articolo – contenente l’equiparazione dei titoli AFAM ai titoli universitari – è stato inserito nella legge di stabilità (A.S. n. 3584) con un emendamento approvato in Commissione Bilancio del Senato in data 14/12/2012.

E’ una giornata storica per il comparto AFAM.

Se, come tutto fa pensare, il testo della legge di stabilità passerà così come approvato dal Senato anche alla Camera dei Deputati (il Governo chiederà quasi certamente la fiducia), allora finalmente gli sforzi di tutti gli artisti e i musicisti di buona volontà saranno premiati.

L’emendamento approvato dalla Commissione Bilancio del Senato infatti prevede:

1. l’equipollenza dei diplomi accademici di I livello alle lauree universitarie della classe L-3 (Lauree triennali in Discipline delle arti figurative, della musica, dello spettacolo e della moda);
2. l’equipollenza dei diplomi accademici di II livello alle lauree magistrali universitarie (Lauree quinquennali nella classe LM 45 – Musicologia per Conservatori, Istituti musicali pareggiati e Accademia Nazionale di Danza; classe LM 12 – Design per l’ISIA; classe LM 65 – Scienze dello spettacolo e produzione multimediale per l’Accademia Nazionale di Arte Drammatica; classe LM 89 – Storia dell’arte, classe LM 12 – Design e classe LM 65 – Scienze dello spettacolo e produzione multimediale per le Accademie di Belle Arti);
3. l’equipollenza dei diplomi di vecchio ordinamento ai diplomi accademici di II livello (e dunque alle lauree magistrali);
4. la messa a regime di tutte le sperimentazioni entro dodici mesi dall’entrata in vigore della legge e l’equipollenza dei titoli sperimentali di I e II livello già conseguiti;
5. i diplomi accademici di II livello (e dunque anche quelli di vecchio ordinamento) costituiranno titolo di accesso per i corsi universitari di specializzazione e di dottorato di ricerca.

Il CNAFAM esprime tutta la propria soddisfazione per l’approvazione dell’emendamento. Ricorda di aver sostenuto da sempre la completa equiparazione dell’AFAM all’Università (si legga il nostro Manifesto programmatico), intervenendo più volte in audizione presso le competenti commissioni di Camera e Senato. Onore al merito va dato – sia sottolineato con vigore – ai colleghi dell’UNAMS, che hanno lottato con coerenza in prima linea e con i quali abbiamo da sempre condiviso la necessità di dare una svolta radicale alla gestione del settore AFAM.

Nuove classi di concorso: no all´approvazione per decreto

Nuove classi di concorso: no all´approvazione per decreto
Non si può aver fretta di approvare un provvedimento che rischia di pesare come un macigno per i prossimi vent´anni

In un momento così delicato e difficile della politica italiana, di fronte alle imminenti dimissioni del governo, alcuni solerti funzionari e consulenti del MIUR stanno cercando di far approvare in fretta e in furia le nuove classi di concorso con un semplice Decreto ministeriale. Ciò potrebbe avvenire in netto contrasto con la legge 133/08 che prevede che la riforma delle classi di concorso avvenga invece con Regolamento sottoposto al vaglio delle competenti Commissioni Parlamentari di Camera e Senato.

La FGU-Gilda degli Insegnanti reputa tale comportamento inaccettabile e chiede che le complesse problematiche inerenti il riordino delle classi di concorso siano oggetto di adeguata riflessione nella futura legislatura con l´intervento anche della sfera legislativa. Infatti, non si tratta di un mero provvedimento “tecnico”, per di più finalizzato a conseguire ulteriori contenimenti di spesa, come alcuni vorrebbero, ma di una norma che interviene profondamente sugli assi culturali delle discipline e riorganizza tutta l´offerta formativa del settore scolastico.

Per la FGU-Gilda degli Insegnanti non è altresì accettabile che tale riordino sia compiuto modificando in itinere la collocazione e le competenze disciplinari dei docenti che stanno da anni svolgendo il loro lavoro specifico professionale, il quale non può essere considerato “prestazione fungibile”.

La immediata revisione delle classi di concorso, così come prevista dalle bozze che sono state recentemente consegnate alle OO.SS., determinerebbe pesanti effetti sulla determinazione degli organici della scuola secondaria laddove è prevista l´unitarietà nella gestione dell´organico degli istituti di istruzione superiore. Ciò significa un incremento della precarietà delle posizioni dei docenti in organico con l´attribuzione di ampia discrezionalità al dirigente scolastico nella scelta delle discipline da assegnare agli insegnanti inseriti in più classi di concorso o nell´ambito disciplinare.

La FGU-Gilda degli Insegnanti chiede quindi che sia interrotta la procedura di approvazione per decreto del provvedimento, che si apra con il futuro Ministro un percorso condiviso per procedere alle necessarie modifiche e che si interrompa contestualmente l´iter per l´indizione dei futuri concorsi per l´insegnamento e per l´attivazione dei futuri TFA (a.a. 2013-14) che prevedono prove e programmi incardinati già nelle classi di concorso riformate.

Servizio Militare: nuova vittoria in Tribunale

Servizio Militare: nuova vittoria ANIEF in Tribunale

 

L’ANIEF vince ancora in Tribunale: il servizio militare prestato non in costanza di nomina deve sempre essere valutato nelle graduatorie a esaurimento; diversamente si metterebbe in atto una “sostanziale discriminazione” nei confronti di chi ha assolto il proprio dovere nei confronti della nazione.

 

Questo quanto sostenuto dal Giudice del Lavoro di Lucera (FG) che, accogliendo il ricorso predisposto a tutela di un nostro iscritto dagli Avvocati Fabio Ganci e Walter Miceli, impone al MIUR l’immediato riconoscimento del punteggio aggiuntivo nelle graduatorie d’interesse.

 

L’Avv. Alfredo Donatacci, patrocinando con competenza le ragioni di un docente precario a lui affidato dall’ANIEF, ha ottenuto ragione presso il Tribunale di Lucera che, considerata “La portata assolutamente generale del 7° comma dell’art. 485 D.Lvo 297/1994, che non è connotata da limitazioni di sorta, ed il rango primario della norma che non si presta dunque ad essere derogata dalle norme di rango secondario”, ha accolto pienamente il ricorso, deducendo che “il servizio prestato debba essere valutato non solo agli effetti della carriera, una volta che il docente sia immesso in ruolo, ma anche nelle graduatorie composte proprio ai fini della immissione in ruolo”.

 

Come sempre l’ANIEF porta avanti con successo le proprie battaglie giudiziarie e ottiene ragione davanti ai Giudici tutelando i diritti dei propri iscritti contro ogni discriminazione messa in atto dall’Amministrazione. Il Giudice ha, infatti, individuato nel comportamento del MIUR – che ancora si ostina a negare il punteggio relativo al periodo del servizio militare obbligatorio svolto non in costanza di nomina ma in possesso del titolo valido all’accesso all’insegnamento – una sostanziale disparità di trattamento che è stata ritenuta, come da sempre sostenuto dal nostro sindacato, “realmente ingiustificabile”.

 

La scuola sempre più povera: meno attività, sindacati divisi

da Repubblica.it

La scuola sempre più povera:
meno attività, sindacati divisi

Dal ministero arriveranno meno fondi pertutti i progetti a carico degli istituti, dallo sport alla musica. I soldi sono andati a coprire gli scatti di stipendio per il personale, ma l’intesa non è stata sottoscritta dalla Flc Cgil

di SALVO INTRAVAIA

Scuola sempre più povera. A partire da quest’anno scolastico gli istituti italiani riceveranno dal ministero dell’Istruzione meno finanziamenti per tutte le attività a carico del fondo d’istituto: attività sportive, funzioni strumentali, progetti pomeridiani e scuole in aree a rischio. E’ tutto, nero su bianco, nell’intesa sugli scatti stipendiali sottoscritta qualche giorno fa dai sindacati con l’Aran, l’Agenzia che negozia i contratti dei dipendenti pubblici per conto del governo. E l’unità sindacale faticosamente ritrovata dopo anni si è nuovamente incrinata. Da un lato la Flc Cgil che non ha sottoscritto l’accordo sugli scatti e dall’altro lato tutti gli altri sindacati: Cisl e Uil scuola, Snals e Gilda.

E se, a cominciare dall’anno 2012-2013, le scuole vorranno mantenere lo stesso livello di offerta formativa del passato potranno seguire soltanto due strade: chiedere più risorse ai genitori oppure cercare sponsor che facciano arrivare nelle casse dello Stato risorse fresche. I fondi “sottratti” alle scuole sono serviti a pagare gli scatti stipendiali, previsti dal contratto del personale scolastico (docenti e Ata), che due anni fa il governo Berlusconi aveva bloccato fino al 2012. Per la Flc Cgil è “ancora una brutta pagina sulla scuola”. “L’ipotesi di accordo sul ripristino degli scatti di anzianità – dichiara Mimmo Pantaleo – è una beffa a danno dei lavoratori e un ulteriore taglio alle risorse della scuola pubblica”.

“Gli effetti – prosegue Pantaleo – saranno pesantissimi per tutti ma soprattutto per la scuola dell’infanzia, primaria e media”. Ma l’accordo, secondo la Cgil, “divide ancora i lavoratori: i precari che non hanno diritto agli scatti, buona parte del personale a tempo indeterminato che matura gli scatti nei prossimi anni ai quali non viene data alcuna garanzia e coloro che per effetto dei tagli non avranno la garanzia del pagamento del lavoro già svolto”. E per finire “l’accordo pretende che le risorse prese dal fondo per il miglioramento dell’offerta formativa vengano recuperate in termini di produttività nel rinnovo dei contratto: vale a dire maggior lavoro a parità di retribuzione”.

Ma la Cisl scuola la vede in maniera diametralmente opposta. “L’accordo – replica Francesco Scrima della Cisl scuola – chiude in modo positivo una vicenda che si è trascinata già troppo a lungo e su cui era molto forte l’attesa dei lavoratori. Chi non ha ritenuto di firmare l’accordo definisce “baratto indecente” l’intesa. Di indecente, in questa vicenda, c’è solo il comportamento di chi, incapace di indicare soluzioni diverse, ha cercato fino all’ultimo di ostacolare la chiusura della trattativa, nonostante fosse molto rischioso, in questa situazione economica e politica, perdere altro tempo. Alla faccia dei lavoratori, i cui interessi evidentemente avrebbero potuto attendere”.

Anche Uil scuola, Snals e Gilda sono contenti della trattativa. “Senza minare la qualità dell’offerta formativa – spiega Massimo Di Manna, della Uil scuola – e la sostanza del fondo di istituto si riconosce l’anno 2011 ai fini della anzianità e si garantisce  il pagamento con tutti gli arretrati per chi ha maturato lo scatto al 31 dicembre 2011”. “Sono tempi molto difficili – aggiunge Rino Di Meglio della Gilda – e non è stato facile portare a casa questo risultato. Il fatto oggettivo che nel fondo del Migliormaento dell’offerta formativa (Mof) restino risorse per circa un miliardo di euro dovrebbe mettere la parola fine a polemiche strumentali e a informazioni non corrette”.

Ma quanto arriverà nelle casse delle scuole per le diverse attività? Il Fondo d’istituto – con il quale si pagano una miriade di attività, dai progetti alle retribuzioni extra al personale – verrà decurtato del 24 per cento nel 2012 e del 27 per cento nel 2013. Le risorse per l’attività sportiva alle medie e alle superiori, le Funzioni strumentali per l’attuazione del Piano dell’offerta formativa (Pof) e gli incarichi specifici al personale Ata si assottiglieranno, nel 2013, del 26 per cento. E verrà ridotta di un quarto anche la dotazione finanziaria per le scuole che mettono in campo attività volte al recupero della dispersione scolastica.

Arriva il blocco al “salva precari”

da Tecnica della Scuola

Arriva il blocco al “salva precari”
Una proroga per salvare i precari della pubblica amministrazione con contratto in scadenza E’ una delle misure previste da un emendamento al ddl stabilità presentato dai relatori in commissione Bilancio al Senato
E’ arrivata la proroga per salvare i precari della P.A. E’ quanto prevede un emendamento presentato dai relatori al ddl Stabilità in commissione Bilancio al Senato. I precari della P.A. saranno ”salvi” fino al 31 luglio. La proroga riguarda infatti i contratti a tempo che hanno superato il limite dei 36 mesi ed è subordinata ad un accordo sindacale. Tra le altre modifiche richieste dai relatori una che prevede “ottocentocinquanta milioni in più” per allentare il patto di stabilità interno. Secondo quanto riferito dal relatore del Pdl Paolo Tancredi, “450 milioni vanno ai Comuni, 150 alle province mentre altri 250 servono a ammorbidire i tagli già effettuati”. I congedi parentali potranno essere anche “su base oraria” e la fattura elettronica arriva finalmente anche in Italia. Le due norme, originariamente previste dal decreto Salva-Infrazioni, sono state recepite nella Legge di Stabilità.

Nel concorso a DS possibili responsabilità penali, contabili e civili

da Tecnica della Scuola

Nel concorso a DS possibili responsabilità penali, contabili e civili
di Aldo Domenico Ficara
Per comprendere meglio il futuro iter giudiziario del concorso a Ds, è utile trascrivere il pensiero e le argomentazioni giuridiche espresse dall’avvocato Iacovino durante una sua recente conferenza stampa sulle dinamiche delle stesse procedure concorsuali
L’avvocato Iacovino comincia con il dire che farà una denuncia alla procura della repubblica (responsabilità penale), perché il commissario di una commissione giudicatrice in un concorso pubblico come quello per Ds deve firmare un’autodichiarazione per evidenziare il fatto che non ci siano problemi di incompatibilità.
Altra iniziativa dell’avvocato è quella di un prossimo esposto alla Corte dei Conti (responsabilità contabile), perché non è giusto e non è corretto che la eventuale ripetizione del concorso sia pagata dai cittadini con le loro tasse.
Infatti, il danno economico di tale ripetizione deve essere computato a chi ha commesso le irregolarità procedurali causa del blocco stesso del concorso. Iacovino allarga l’ipotesi di irregolarità procedurale su tutto il territorio nazionale, infatti, dice: “Abbiamo scoperto che in tutta Italia c’è uno ‘schifo incredibile’ che ha portato a una scelta poco serena di coloro che devono essere i presidi dei nostri figli“.
Lo stesso avvocato rincara la dose dicendo che se a tutto questo ci mettiamo l’illecito (perché tali vicende hanno un costo), i responsabili dovranno risponderne, risarcendo il danno causato.
Infine si afferma l’inizio di una causa per danni morali (responsabilità civile), perché gli aspiranti presidi hanno dovuto studiare, hanno speso soldi, hanno fatto sacrifici a casa e hanno fatto sacrifici dal punto di vista professionale. Per questi motivi non è giusto che si adombri una situazione assolutamente fuori norma.
Tempi duri per tutti coloro che inseriti nelle commissioni giudicatrici non potranno dimostrare la compatibilità della loro nomina.
Questa trascrizione è stata ricavata dal video al seguente link

Paritarie: rischio caos

da  tuttoscuola.com

Protesta dei genitori delle scuole cattoliche
Paritarie: rischio caos

Caos per le scuole paritarie. Così com’è il testo del Decreto numero 200, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 24 novembre scorso, risulta iniquo e fumoso. E’ necessario che il Governo chiarisca i parametri che prevedono l’esenzione dall’imposta per le scuole non statali che, in caso contrario, sono costrette a mettere in discussione la continuità d’esercizio“. Lo ha detto il presidente di A.Ge.S.C. (Associazione Genitori Scuole Cattoliche) Roberto Gontero.

Il testo del provvedimento, spiega, “prevede l’esenzione dall’Imu per le scuole paritarie nel caso in cui ‘i corrispettivi (le rette) sono tali da coprire solamente una frazione del costo effettivo del servizio’. Ma non si precisa di quale frazione si tratti, generando una condizione di confusione tra i gestori. Infatti, le rette, non coprendo la totalità delle spese d’esercizio, costituiscono comunque una ‘frazione’ delle spese stesse”.

Il provvedimento, conclude Gontero, “mette i genitori che devono iscrivere i figli a gennaio in una situazione di totale incertezza. Auspichiamo che il Governo recepisca le istanze delle scuole paritarie, facendo chiarezza una volta per tutte sul provvedimento, così da evitare il pagamento di un’imposta che mette in seria discussione la sostenibilità della continuità formativa di numerosi istituti“.

Concorsone, domenica 16 e lunedì 17 le notti prima degli esami (preselettivi)

da  tuttoscuola.com

Concorsone, domenica 16 e lunedì 17 le notti prima degli esami (preselettivi)

È conto alla rovescia per la prova preselettiva del concorso per insegnanti indetto dal ministro Francesco Profumo, che si svolgerà, vista la mole di candidati, in due giornate fra lunedì e martedì. Ultimi ripassi delle domande (3.500 sono quelle nel database) e un occhio al calendario ‘variabile’ (il ministero ha chiesto di tenere d’occhio fino all’ultimo possibili mutamenti di aule o orari) segnano le ultime ore prima dell’avvio della selezione. La prima dopo 13 anni nella scuola. La prima al mondo totalmente computer based (svolta con mezzi informatici) con oltre 300mila iscritti alla preselezione. Una mole enorme che ha costretto il Miur a forti sforzi di organizzazione. Pende intanto l’ombra dei ricorsi. Molti di quelli portati avanti dal Codacons, dal sindacato Anief, dall’Adida, Associazione docenti invisibili da abilitare, hanno già avuto esiti a favore degli esclusi dalla preselezione.

In tutto sono 321.210 i candidati alla prova preselettiva, oltre 27 per ciascun posto. Le cattedre a bando sono 11.542. Dei partecipanti la gran parte – 258.476 – è costituita da donne. I restanti 62.734, sono uomini. Ben i due terzi degli aspiranti insegnanti che hanno fatto domanda di partecipazione al concorso non proviene dalle graduatorie ad esaurimento. Sono persone che attualmente fanno altri lavori e in molti casi non hanno mai insegnato. L’età media dei canditati è di 38,4 anni. Di poco più alta è l’età media degli uomini (40 anni) rispetto a quella delle candidate donne (38 anni). Nello specifico, la maggior parte dei candidati (158.879) ha un’età compresa tra 36 e 45 anni. Seguono i 113.924 candidati con un’età pari o inferiore ai 35 anni e i 45.595 con un’età compresa tra i 46 e i 55 anni. I candidati con un’età superiore a 55 anni sono 2.812. Sono oltre 7.400 le aule che saranno coinvolte nella procedura in tutta Italia.

Per passare la prova bisogna rispondere almeno a 35 quesiti su 50. Il tempo per lo svolgimento della preselezione è un minuto a quesito, 50 in tutto. Ogni candidato avrà davanti un computer con un software che è lo stesso su cui hanno potuto esercitarsi i prof in queste settimane di preparazione. Ogni prova sarà diversa con 50 quiz estratti da un database di 3.500.

Sono centinaia le persone ammesse poi via ricorso. “Solo l’Anief – ha spiegato all’agenzia di stampa Dire il presidente Marcello Pacifico- ha contribuito alla riammissione di 1.500 laureati degli ultimi 10 anni che non erano rientrati nei criteri del bando perché laureati dopo il 2004”. Poi ci sono quelli che hanno vinto la causa con Adida e Codacons. Nel complesso si parla di quasi 2mila candidati in più. Poi ci sono anche gli insegnanti di ruolo a cui il bando non consentiva di partecipare che hanno fatto ricorso pure loro. Solo l’Anief è riuscita a farne ammettere 100. “Persone che non sanno dove devono andare a fare la prova a tutt’oggi- accusa Pacifico- dovranno presentarsi in una sede qualunque con il foglio del Tar per sostenere la prova. Vanno ammessi per forza”.

In Rete ci si interroga, intanto, sul valore qualitativo delle domande della preselezione per selezionare i nuovi insegnanti. Per passarla bisogna fra l’altro sapere cosa significano le parole godet e martingala che appartengono al ramo della moda, carter (termine appartenente al linguaggio della meccanica) o la definizione di “home banking” (l’accesso via internet ai servizi della banca).

Perché le nostre bambine leggono peggio di 5 anni fa

da Il Corriere della Sera

Perché le nostre bambine leggono peggio di 5 anni fa

L’Invalsi: i nativi digitali hanno difficoltà con i libri

E pensare che fino a cinque anni fa il grande salto sembrava fatto. L’ultima fotografia globale scattata sugli alunni di dieci anni ci dice invece che le capacità di lettura dei bambini italiani sono retrocesse al livello del 2001. Sia subito chiaro: comunque un buon livello, visto che il nostro Paese occupa un dignitoso 18° posto nella classifica mondiale su 45 nazioni, ma sicuramente negativo se rapportato al trend e alle competenze a cui ci avevano abituato le alunne di sesso femminile: sono state infatti le bambine, storicamente e universalmente più brave nella lettura, a peggiorare. Portando la forbice tra i due sessi a livelli minimi: tre punti appena separano le bambine dai maschietti. Un dato che pone l’Italia al 2° posto dopo la Colombia, mentre la differenza media internazionale è di 17 punti.

La classifica Pirls è stata realizzata dall’Iea, l’associazione internazionale per la valutazione del rendimento scolastico. L’Italia ha riportato un punteggio medio in lettura di 541 punti, lo stesso del 2001, mentre nel 2006 di 551: in cinque anni si sono bruciati dieci punti. Le bambine ne hanno persi due rispetto al 2001 ma addirittura 12 rispetto al 2006. I maschietti, invece, sullo stesso periodo ne hanno persi otto ma sul decennio ne hanno guadagnati tre (nel Centro Italia sono risultati più bravi). Tutto questo mentre Paesi come gli Usa hanno guadagnato complessivamente 14 punti, Hong Kong e Singapore una quarantina.

E dunque: cosa è successo ai nostri alunni di quarta, classe in cui i bambini passano dall’imparare a leggere al leggere per imparare? E soprattutto cosa è successo alle bambine da sempre — per ragioni forse culturali, qualcuno tira in ballo anche la genetica — più brave nella lettura narrativa? Roberto Ricci, responsabile dell’area prove dell’Invalsi (il nostro sistema di valutazione) mette in fila le ipotesi che saranno approfondite con indagini nazionali. La prima, l’introduzione nelle prove di testi diversi da quelli tradizionali narrativi: «Testi informativi, da quelli giornalistici a quelli iconici». La seconda, il cosiddetto singhiozzo statistico: «Cinque anni in cui si sono avuti bambini ma soprattutto bambine meno bravi». La terza, una diversa predisposizione delle nuove generazioni: «Più sensibili a testi diversi da quelli letterari: Internet, tv, giochi di ruolo… Generazioni di nativi digitali che, alle prese con testi tradizionali e non, hanno però gli stessi problemi di comprensione». La quarta ipotesi, la più allarmante, un appiattimento verso il basso delle competenze: «Un arretramento, insomma, delle categorie migliori. La nostra scuola si è concentrata sulla popolazione scolastica più debole, ed è positivo. Lo svantaggio è che questo ha forse portato a un appiattimento verso il basso trasformando in un falso successo la riduzione del divario tra i sessi». I dati sembrano confermarlo: ben l’85% degli studenti dimostra un livello intermedio, ma solo il 10% avanzato (a fronte di un 24% di Singapore). «La scuola deve puntare quindi su una molteplicità di testi e trovare il modo di trasformare le nozioni in competenze».

Anche Mauro Palumbo, sociologo che si occupa di sistemi educativi, legge nei numeri Pirls quell’«appiattimento verso il basso che già affligge la scuola media». Poi fornisce altri due spunti di riflessione: «La presenza sempre più alta di studenti stranieri che non parlavano l’italiano prima di iniziare la scuola». Il 6% tra quelli che hanno preso parte all’indagine (rispetto a un 2% della Francia, a un 3 della Germania). «Quindi una correlazione tra competenze dei bambini e numero di libri che hanno in casa». L’influenza maggiore che subiscono è quella dell’ambiente culturale in cui vivono. E quello nostrano non aiuta visto che i dati Aie ci dicono che i lettori italiani sono il 45,3%, i francesi il 70 e i tedeschi l’82.

La scrittrice Chiara Gamberale non concorda: «In casa mia, con mamma ragioniere e papà ingegnere, i libri li ho portati io. Eppure…». Punta quindi il dito su quella che definisce la «sciatteria» del nostro linguaggio: «Veloce, povero, senza grammatica. Senza storie. I grandi lo parlano e i piccoli, le piccole più sveglie ancora di più, li copiano salvo poi arrancare davanti a una pagina ben scritta. Se fossi nata solo cinque anni dopo forse non sarei quella che sono: per leggere bene ci vuole concentrazione e lentezza».

Alessandra Mangiarotti