Scuola, bocciati smartphone e minigonne

da La Stampa

Gli istituti alle prese con i repentini cambiamenti che coinvolgono gli studenti

Scuola, bocciati smartphone e minigonne

I divieti del Garante della privacy e dei presidi: nel mirino nuove tecnologie e look
maria corbi
ROMA

Chiamatele se volete, semplicemente, regole. Anche se quando si tratta della scuola qualsiasi indicazione anche solo di bon ton viene vissuta dagli studenti come un divieto preistorico, un attentato reazionario. Una lista di cose da non fare nei corridoi e nelle aule scolastiche che si modifica negli anni, «ere geologiche» quando i protagonisti sono gli studenti. Certamente eravamo in un’era geologica diversa quando per telefonare ci volevano i gettoni. Quando baciarsi era una cosa intima.

 

Quando le ragazze non ritenevano le calze-fouseaux dei pantaloni. E così oggi è necessario ripensare ai divieti, alla lista delle cose ammesse e non ammesse. Tra i grandi imputati c’è lo smartphone, spesso usato per copiare le versioni, o la soluzione di un problema di matematica. Un grande motivo di disattenzione, protestano i professori che cercano di arginare l’uso dei cellulari. E le regole dettate dal Garante per la Privacy prima dell’inizio dell’anno scolastico non sono di grande aiuto. Il cellulare non è stato bandito. Ma devono essere le scuole a dover decidere modi e luoghi di utilizzo. Così come per i tablet (sempre più diffusi come contenitori di libri di testo). In generale l’uso di cellulari e smartphone è consentito, ad esempio, per registrare le lezioni, sempre nel rispetto delle persone. Mentre non si possono diffondere immagini, video o foto sul web se non con il consenso delle persone riprese.

 

Questione dibattuta è quella del sequestro. L’insegnante può sequestrare il cellulare, in caso di uso illecito (vedi versioni copiate) ma deve restituirlo al termine delle lezioni o affidarlo in custodia alla scuola per una successiva restituzione ai genitori. Non può portarselo a casa o in borsa così come non può assolutamente perquisire gli studenti in cerca, per esempio, dei bigliettini «salva compiti in classe»: tutti reati perseguibili penalmente.

 

Non lede, invece, la privacy l’insegnante che assegna ai propri alunni il classico tema: «parlami di te» dove si affrontano argomenti personali.

Problema complicato da risolvere quello del fumo che è vietato nei luoghi pubblici e quindi anche a scuola. Ma rimane il problema dei cortili dove gli studenti passano i momenti di ricreazione.

 

A volte i presidi sono chiamati a limitare i comportamenti troppo affettuosi dei loro alunni, che con l’ormone scatenato si lanciano in effusioni. Qualche anno fa la circolare del preside Rusconi del liceo «Newton» di Roma vietò i baci all’interno della scuola, ma solo per prevenire un’epidemia di influenza aviaria.

 

E c’è il dramma del look. Ragazze con pantaloncini filo-sedere, con calze al posto dei pantaloni, con gonne corte come cinte. Ragazzi con pantaloni a vita tanto bassa da mostrare troppo, infradito, canottiere. L’unica legge esistente in questo caso è quella del buon senso. Ma spesso fallisce per colpa di genitori troppo tolleranti, o semplicemente sfiniti. Alcuni istituti hanno messo, o tentato di mettere, delle regole. Al Convitto nazionale di Roma per esempio non sono tollerati pantaloncini corti e abiti succinti. Il rettore Fatovic ha cercato di imporre la divisa, riuscendoci solo fino alle medie.

 

I maggiori alleati degli studenti che protestano? I genitori, of course.

All’Istituto professionale per il commercio e turismo di Sanremo, il preside venne accusato addirittura di censura (con un’interrogazione parlamentare) per aver approvato un regolamento che vietava abiti sconvenienti: minigonne, ma anche magliette «nude look», pantaloni con gli strappi e scollature eccessive. Ma sono tanti i presidi che si oppongono alla moda balneare, spesso senza successo come accaduto l’anno scorso al liceo Tasso di Roma dove a un’indicazione in tal senso gli studenti hanno risposto con una potente alzata di spalle.

 

Alla Scuola Media Statale Palazzeschi di Torino un regolamento invita gli alunni a presentarsi a scuola vestiti in modo semplice e ordinato, conforme alla serietà dell’ambiente scolastico. Normale buon senso, direte voi. Ma non è così scontato.

Concorso scuola, preselezione: almeno 6 su 10 aspiranti insegnanti bocciati

da Il Fatto Quotidiano

Concorso scuola, preselezione: almeno 6 su 10 aspiranti insegnanti bocciati

Il test era composto da 50 quesiti da svolgere in 50 minuti. L’hanno superato in 45.787, il 33,6% dei partecipanti. Toscana, Piemonte, Liguria e Lombardia le regioni più “virtuose” con oltre il 40% degli ammessi. Il 13 gennaio il calendario con le prossime prove

di Redazione Il Fatto Quotidiano

Oltre il 65% è stato bocciato. Si è chiusa così la prima giornata della preselezione del maxiconcorso per aspiranti insegnanti che mette in palio 11.542 cattedre a 13 anni di distanza dall’ultimo concorso. Delle prime due sessioni solo 45.787 candidati, cioè il 33,6%, hanno superato la prova. Su un totale di 172.248 candidati ammessi a sostenere l’esame delle 9 e delle 11 se ne sono presentati 136.289, cioè il 79,7% di quelli previsti. Di questi, appunto, hanno passato la prova in 45.787.

Solamente in quattro regioni gli ammessi hanno superato la quota del 40%: Toscana con il 44,4%, Piemonte con il 40,8%, Liguria con il 40,5% e Lombardia con il 41,4%. Le percentuali più basse, invece, sono state registrate in Molise (20,7%), in Calabria (20,8%) e in Basilicata (21,6%). Il numero maggiore di prove svolte si è registrato in Campania e in Sicilia (4651, ammessi il 27,1%), mentre i due candidati più veloci, di cui uno a Roma, hanno ultimato la prova in venti minuti, con esito positivo.

Secondo quanto riferito dal ministero dell’Istruzione il concorso si è svolto regolarmente: nessun intoppo o problemi di sistema. A Pescara, però, in un istituto si è verificato un black out e i computer si sono spenti a dieci minuti dal termine della prova così che i candidati sono stati costretti a ripetere l’esame tra le lamentele. Il test era composto da 50 quesiti a risposta multipla, con quattro opzioni di risposta, da svolgere in 50 minuti. I quesiti erano suddivisi in 18 domande di capacità logiche, 18 domande di comprensione del testo, 7 domande su competenze digitali, 7 domande sulla lingua straniera. Per superare la prova era necessario conseguire un punteggio non inferiore a 35/50.

La preselezione si articola in due giorni, 17 e 18 dicembre, suddivisi in quattro sessioni: alle 9, alle 11, alle 15 e alle 17.30. I candidati che hanno superato la prova di preselezione sono ammessi alle successive prove scritte relative alle discipline oggetto di insegnamento per ciascun posto o classe di concorso. La prova scritta della scuola primaria comprende anche l’accertamento della conoscenza della lingua inglese. Il calendario delle future prove sarà pubblicato dal ministero nella Gazzetta Ufficiale del 15 gennaio 2013. Chi supera i test scritti sarà ammesso allo svolgimento delle prove orali che prevedono una lezione simulatanovità assoluta del concorso – della durata di 30 minuti su una traccia estratta dal candidato 24 ore prima dello svolgimento della prova orale e un colloquio, anch’esso della durata di 30 minuti, nel corso del quale saranno approfonditi i contenuti, le scelte didattiche e metodologiche operate nella lezione simulata. Così come nello scritto, l’orale della scuola primaria comprende anche l’accertamento della conoscenza dell’inglese.

Lettera ai miei allievi: oggi hanno bocciato il maestro!

da Il Fatto Quotidiano

Lettera ai miei allievi: oggi hanno bocciato il maestro!

di Alex Corlazzoli

Cari allievi, oggi il vostro maestro è stato bocciato. Sì, avete letto bene: il Ministero della Pubblica istruzione, al Concorsone, mi ha rimandato. Il maestro, che ogni anno entra in classe insegnando storia, geografia, musica, educazione all’immagine, informatica, scienze, dopo aver passato un concorso e ottenuto l’abilitazione nel 1999, non ha passato il test di preselezione che è stato costretto a fare per tentare di non essere più precario.

Un personal computer, non una persona, in cinquanta minuti ha deciso che io non potrò continuare a essere il vostro maestro ogni anno ma sarò destinato ancora a girare come le giostre da un paese all’altro.

Con me sono stati bocciati sei su dieci che hanno provato: su 22 persone che erano in aula con me solo 9 sono state promosse.

Volete sapere cosa mi hanno chiesto? No, non ho il coraggio di dirvelo, cari allievi. Voi state immaginando domande sulla didattica, su come si trasmettono a voi la storia, la geografia, l’educazione civica. State immaginando che mi hanno “interrogato” per sapere come v’insegno a usare internet, la mail, i social network che il 74% di voi utilizza.

No, nulla di tutto questo. Mi hanno fatto un quiz, come quelli che fate voi quando vi costringono a fare i test dell’Invalsi più o meno. Per sapere se so fare il maestro mi hanno chiesto: “Pamela, Fiona e Gina, sono tre ragazze newyorkesi. Stanno prendendo il sole in una piscina della loro città. Pamela indossa un costume intero. Fiona legge un libro, Pamela e Gina sono cugine”. Dovevo indovinare la risposta esatta tra queste quattro:  “Fiona è una studentessa universitaria;  Pamela è grassa; a Roma non sono le 9 del mattino; Pamela e Fiona sono cugine”.

Lo so che state ridendo. Ma i vostri maestri oggi non hanno il sorriso. Dicono che si chiama logica, cari ragazzi.

Eppure domani dovrò tornare in classe in una scuola illogica. Mi hanno bocciato ma per qualche mese servo ancora al signor Ministro che avrei voluto vedere fare un test con me.

Domattina tornerò tra voi, continueremo a leggere il quotidiano insieme, a imparare la Costituzione e la democrazia con i nostri consigli comunali di classe. Parleremo ancora di musica senza suonare il piffero ma ascoltando Fabrizio De Andrè e Giorgio Gaber. Vi insegnerò scienze portandovi alla fiera del consumo critico a Milano. Cercherò di ascoltare ancora i problemi di quelli tra voi che hanno il papà e la mamma separati; di chi non riesce a studiare perché a casa non c’è nessuno che lo può aiutare visto che mamma e papà parlano poco l’italiano ma molto bene l’arabo. No, non mi sono dimenticato: anche se non so bene rispondere al quiz di Fiona, Gina e Pamela; anche se la nostra Scuola italiana non ha soldi continuerò a organizzare il nostro viaggio d’istruzione al Parlamento a Roma o sui beni confiscati alla mafia in Sicilia, cercando soldi tra qualche imprenditore. Andremo a Mirandola, a incontrare i bambini che vivono nei container: perché per noi parlare di Emilia è anche questo.

Non preoccupatevi, quel signore che si chiama Francesco Profumo, forse non ama veramente la scuola ma il vostro maestro prova ogni giorno ad amarla. Anche se è stato bocciato.

Il futuro delle Sezioni Primavera?

Il futuro delle Sezioni Primavera?

Le “Sezioni Primavera”, in base alla Legge 27 Dicembre 2006 n. 296 “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato” (legge finanziaria per il 2007) al comma 630[1] dell’art.1 e per l’esigenza di contrastare  gli effetti dell’anticipo dell’età di accesso alla scuola dell’infanzia decretato dalla riforma Moratti[2], sono servizi socio-educativi integrativi alle attuali strutture dei nidi e delle scuole dell’infanzia concepite per bambini dai 24 ai 36 mesi.  In un apposito Memorandum, curato da un gruppo di esperti nel 2007 presso il Ministero dell’Istruzione, le esperienze sperimentali in atto su alcuni territori vengono valutate in questi termini “Le ragioni della proposta di sperimentazione di nuove strutture  educative dedicate all’infanzia dai 2 ai 3 anni sono di natura sociale (contribuire ad incrementare e diversificare l’offerta formativa per bambini dai 24 ai 36 mesi, che attualmente non trovano accoglienza nelle strutture esistenti) ma anche di natura pedagogica, sulle migliori caratteristiche di un contesto dedicato in grado di favorire lo sviluppo delle potenzialità (cognitive, sociali, affettive, di creatività) di ogni bambino”[3]. Il Memorandum prepara l’introduzione del nuovo servizio educativo tracciandone sinteticamente il quadro pedagogico e organizzativo “Le sezioni sperimentali aggregate alla scuola dell’infanzia vengono quindi a svolgere una duplice funzione: una di natura sociale ed assistenziale (ed in quanto tale ricadono sotto la podestà legislativa delle leggi regionali, sui servizi a domanda individuale) l’altra di carattere educativa (come suggerisce la Corte Costituzionale con Sentenza n.370/2003) a maggior ragione in quanto se ne propone l’assunzione di gestione, in via sperimentale, anche da parte delle scuole dell’infanzia statali oltre che fi quelle paritarie pubbliche (comunali) e private[4]”.  Il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca ha effettuato un monitoraggio delle Sezioni Primavera A.S.2010/2011; 50 pagine allo scopo di fornire dettagliate informazioni in merito a questo servizio importantissimo per le famiglie con bambini così piccoli. Le notizie che apprendono dalla stampa i 5.000 educatori, assistenti all’infanzia  e le tante famiglie di tutta Italia non sono positive; il sottosegretario al Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Marco Rossi Doria ha reso noto in commissione Cultura della Camera che la prossima legge di bilancio conterà i fondi per mantenere in vita le attuali Sezioni Primavera. Il contributo per le Sezioni Primavera nel triennio 2013/2015 sarà di 12 milioni di euro per ciascun anno, tale previsione di bilancio è già stata comunicata al Ministero dell’economia e delle finanze – Ispettore generale di bilancio[5] , in vista della sua approvazione definitiva da parte del Parlamento con la legge di bilancio; emerge dunque come, per un verso, non si verifica soluzione di continuità nei finanziamenti, per altro verso questi, assumono carattere di prosecuzione per il futuro. Per quanto attiene i fondi di competenza del Dipartimento per le politiche della famiglia[6] ha comunicato che la somma prevista, pari a tre milioni di euro, non è stata ancora versata dal Ministero dell’economia e delle finanze al Ministro per la cooperazione internazionale e l’integrazione. Non appena effettuato tale trasferimento, il Dipartimento si attiverà per l’erogazione dei fondi. Le Organizzazioni Sindacali Confederali CGIL CISL e UIL in un documento datato 8 Novembre 2012 “chiedono alla Conferenza Unificata Stato Regioni, Autonomie Locali, di governare la mancata stipula di Intese Regionali per l’anno scolastico 2012/2013 individuando con la massima urgenza le forme idonee, affinché tutti gli attori responsabili del servizio Sezioni Primavera agiscano politicamente  e concorrano a mettere a disposizione le risorse finanziarie al fine di assicurare nell’immediato la continuazione di questo importante servizio educativo innovativo[7]”.  Nonostante le informazioni riportate, l’articolo pubblicato da “Tecniche della scuola” il 14/12/2012 evidenzia la totale soppressione di ogni riferimento delle Sezioni Primavera per quanto riguarda la bozza della circolare per le iscrizioni A.S. 2013/2014 , in quanto ad oggi, non sono quantificate le risorse economiche ad esse destinate e se ve ne saranno; la notizia rende davvero senza parole tutti coloro che attendono l’apertura del servizio a maggior ragione dato il comunicato di una loro continuazione (sempre in via sperimentale) per il triennio 2013-2015[8]. Le Sezioni Primavera in quanto adeguato aiuto alle famiglie di tutta Italia necessitano di aiuti urgenti soprattutto per il loro avvio per l’anno 2012/2013. Le famiglie non possono più attendere, anche i bambini delle Sezioni Primavera hanno il diritto di vivere il loro inserimento in sezione fin dai primi giorni di scuola (Settembre) e non aspettare (ogni anno è sempre peggio) l’arrivo del nuovo anno.

La situazione è davvero drammatica e chiediamo che venga urgentemente presa visione del problema. È un dato di fatto che le Sezioni Primavera sono riuscite a essere un servizio valutato positivamente, dal punto di vista pedagogico, come un  aiuto fondamentale per tante famiglie anche da parte del CNPI[9] sottolineandone l’importanza della loro diffusione, la loro stabilizzazione e la possibilità di essere supportati da interventi governativi <<“Sezioni Primavera” – che vede interagire più soggetti: Stato, Regioni, Enti Locali, istituzioni scolastiche statali e non, siano assicurati tutti i supporti necessari in termini di progettualità dell’innovazione, occorre prevedere che l’esperienza – sia sul livello amministrativo e di governance sia sul livello della qualità educativa dei servizi erogati – venga supportata da azioni sistematiche di monitoraggio coordinate dal livello centrale”.

I dirigenti, le educatrici, le assistenti del gruppo Facebook chiedono un’immediata presa visione della situazione delle Sezioni Primavera.

 



[1] Legge 27 Dicembre 2006, n. 296 “Disposizione per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)” Comma n. 630. Per far fronte alla crescente domanda di servizi educativi per i bambini al di sotto dei tre anni di età, sono attivati, previo accodo in sede di Conferenza Unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 Agosto 1997, n. 281, progetti tesi all’ampliamento qualificato del’offerta formativa rivolta a bambini dai 24 ai 36 mesi di età, anche mediate la realizzazione di iniziative sperimentali improntate a criteri di qualità pedagogica, flessibilità, rispondenza alle tipologie, con priorità per quelle modalità che si qualificano come sezioni sperimentali aggregate alla scuola dell’infanzia, per favorire un’effettiva continuità del percorso formativo lungo l’asse cronologico 0-6 anni di età. Il Ministero della Pubblica Istruzione concorre alla realizzazione delle sezioni sperimentali attraverso un progetto nazionale di innovazione ordinamentale ai sensi dell’articolo 11 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 Marzo 1999, n. 275 e assicura specifici interventi formativi per il personale docente che chiede di essere utilizzato nei nuovi servizi. A tale fine sono utilizzate annualmente le risorse previste dall’articolo 7 , comma 5, della legge 28 Marzo 2003, n.53, destinate al finanziamento dell’ articolo 2, comma 1, lettera e), ultimo periodo, della medesima legge. L’articolo 2 del decreto legislativo 19 Febbraio 2004, n.59, è abrogato.

[2] Legge 28 Marzo 2003, n°53.

[3] Dipartimento per le Politiche della Famiglia., Centro nazionale di documentazione e analisi sull’infanzia e l’adolescenza., Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali., Monitoraggio del Piano di sviluppo dei servizi socio-educativi per la prima infanzia., Rapporto al 31 Dicembre 2011.

[4] Memorandum., Ipotesi di offerta formativa per i bambini dai 2 ai 3 anni., MPI 2006.

[5] VII Commissione Parlamentare ( Cultura, scienza e istruzione). 5-07747 De Pasquale: Sulle iniziative sperimentali denominate <<Sezioni Primavera>>. 27 Settembre2012.

[6] Ivi.

[7] CGIL, CISL, UIL., Oggetto: “servizi educativi 0-3 anni e sezioni primavera”., Roma., 8 Novembre 2012.

[8] VII Commissione Parlamentare ( Cultura, scienza e istruzione). 5-07747 De Pasquale: Sulle iniziative sperimentali denominate <<Sezioni Primavera>>. 27 Settembre2012.

[9] Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Dipartimento per l’Istruzione. Direzione Generale per gli Ordinamenti Scolastici e per l’Autonomia Scolastica., Segreteria del Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione MIUROODGOS Prot. n. 7877.,”Documento di contributo sulla situazione e sul monitoraggio relativi alle sezioni aggregate alla scuola dell’infanzia per i bambini dai 24 ai 36 mesi” Roma., 23 Novembre 2011.

 

Concorsone, a Roma il candidato più veloce: ha risposto in 20 minuti

da La Stampa
17/12/2012

Concorsone, a Roma il candidato più veloce: ha risposto in 20 minuti

Partita la due giorni per selezionare i professori nella scuola. Si è presentato il 74,6% dei candidati
flavia amabile
roma

Partito il concorsone per la prima selezione di professori nella scuola: il Miur rivela che non si segnalano intoppi o problemi di sistema in tutta la complessa macchina del concorso per la scuola.

Dopo la conclusione della terza sessione prevista per oggi, è stata superata la quota dei 100 mila partecipanti al test preselettivo del concorso per la scuola. Finora, infatti, sono stati 103.470 gli aspiranti docenti che hanno svolto la prova. E tra questi hanno superato il test in 34.851, il 33,7%.

Nello specifico, alla sola terza sessione – iniziata alle ore 15 – hanno partecipato in 33.874, con una percentuale di ammissione che si attesta al 33,5%. Ovvero, 11.363 candidati. Complessivamente, il numero di coloro che avrebbero dovuto sostenere la terza sessione era di 42.635.

I due candidati più veloci, di cui uno a Roma, hanno ultimato -e anche superato – la prova in venti minuti.

Le prove proseguiranno anche domani, e si svolgono in modo diverso dal passato, sono personalizzate. Ogni candidato prende posto davanti ad un pc, inserisce i propri dati e il computer per i 50 minuti successivi seleziona 50 domande scegliendole a caso dalla banca dati del ministero. Il risultato viene fornito in tempo reale al candidato che quindi sa se potra’ partecipare alla prova successiva.

Esempi domande concorso docenti

concorsone

PROGRESSIONE ECONOMICA DEI DOCENTI PRECARI

PROGRESSIONE ECONOMICA DEI DOCENTI PRECARI: IL MIUR DEVE OTTEMPERARE

Il lungo braccio di ferro, iniziato ormai tre anni fa, tra la Gilda degli Insegnanti di Padova – assistita dai legali Avv. Marco Cini e Avv. Giovanni Attilio De Martin – e l’amministrazione scolastica al fine di ottenere il DIRITTO alla PROGRESSIONE ECONOMICA anche per i Docenti precari e far così cessare la discriminazione stipendiale nei loro confronti, è giunto finalmente a conclusione – almeno per la parte formale – una conclusione più che positiva per i docenti ricorrenti.

Il TAR di Venezia, infatti, con la Sentenza n. 01277/2012 REG. RIC. depositata in data 11/12/2012, ha accolto le nostre richieste ed ha emesso un verdetto di obbligo di ottemperanza nei confronti del MIUR, rappresentato dall’Ufficio Scolastico Territoriale IX di Padova.

Riassumiamo i fatti: il 14 gennaio 2011 la Sezione Lavoro del Tribunale di Padova emetteva una sentenza che affermava in capo ai 31 ricorrenti – docenti a tempo determinato da oltre 4 anni (la maggior parte in realtà da 10-15 o anche oltre 20 anni) – il diritto al riconoscimento della anzianità di servizio maturata, sia ai fini giuridici che per la progressione stipendiale; la sentenza passava in giudicato e diventava definitiva, non avendo la controparte proposto appello nei termini di legge; a questo punto i legali si adoperavano, tramite la notifica, ad ottenere l’applicazione della sentenza (posizionamento nella fascia stipendiale di competenza di ciascun ricorrente, liquidazione degli arretrati, pagamento delle spese processuali) ma l’amministrazione rimaneva inerte. Per questo motivo la Gilda di Padova insieme con i legali ed i ricorrenti decideva di procedere alla richiesta del Giudizio di ottemperanza presso il TAR di Venezia.
L’odierna sentenza è di fondamentale importanza da molti punti di vista:

Ø Accoglie pienamente le richieste dei ricorrenti, riconfermando le loro ragioni;
Ø Vincola l’Amministrazione ad ottemperare entro 60 giorni;
Ø Nomina, per il caso di mancata applicazione della sentenza, un Commissario ad acta nella

persona del Prefetto di Padova (o di un suo funzionario nominato);
Ø Sanziona l’inerzia dell’Amministrazione scolastica, prevedendo l’eventuale deferimento

alla Corte dei Conti per valutare il danno erariale causato.
Il risultato ottenuto con questa sentenza sarà, effettivamente, la attribuzione ai Docenti ricorrenti – sia che siano ancora “precari” sia che nel frattempo siano entrati in ruolo ed abbiano già avuto la ricostruzione di carriera – della “progressione stipendiale spettante per effetto dell’anzianità riconosciuta” e del “pagamento della nuova retribuzione ……… e delle maturate differenze retribuite”.

La Gilda degli Insegnanti, che da anni si batte su tutto il territorio nazionale per far cessare l’anomalia tutta e soltanto italiana del precariato scolastico, non può che essere estremamente soddisfatta di questo risultato.

All’ inizio della una nuova campagna elettorale per le elezioni politiche, ancora in piena crisi economica, la Gilda di Padova si augura con le sue azioni a favore del riconoscimento giuridico, economico e PROFESSIONALE della anzianità di servizio dei colleghi precari di contribuire a DIFENDERE, e a RESTITUIRE DIGNITA’ alla Professione Docente ed alla Scuola, troppo spesso usate come riserva di caccia per il risparmio e di conseguenza al centro di attacchi immotivati.

 

A proposito di perequazione retributiva

A proposito di perequazione retributiva

Nei giorni scorsi si è appreso che il Giudice del Lavoro di Roma, ha riconosciuto ai dirigenti scolastici vincitori del concorso ordinario il diritto alla retribuzione individuale di anzianità che, in atto, viene attribuita solo ai colleghi inquadrati nel ruolo dirigenziale, provenienti dalla carriera dei presidi.
Nel ricordare che anche i dirigenti scolastici, già presidi incaricati, fruiscono di un assegno ad personam, determinato in ragione del loro specifico pregresso livello stipendiale, non possiamo non puntualizzare i molteplici ed articolati aspetti della questione:

  • L’ANP è ovviamente favorevole alla perequazione interna ed esterna dei dirigenti scolastici sia se acquisita attraverso la via “contrattuale” sia se raggiunta per via “giudiziaria”.
  • L’ANP si batte per la perequazione dall’inizio del decennio scorso, quando ancora non esisteva chi oggi si auto-attribuisce l’esclusiva in materia e quando gli attuali colleghi vincitori dell’ultimo concorso, vittime della sperequazione, non potevano prevedere che anch’essi sarebbero stati coinvolti nell’ingiustizia retributiva che all’epoca sembrava dover penalizzare solo i dirigenti scolastici ex presidi incaricati. Quella penalizzazione fu evitata – è bene ricordarlo – proprio per l’impegno fermo e coerente dell’Anp.
  • Nessuna lezione su come si fa sindacato possiamo accettare da chi critica l’ANP per avere sottoscritto il CCNL area V del 15/7/2010, lasciando irrisolto il problema della perequazione. Chi oggi ci critica con toni accesi dovrebbe spiegare almeno come:
    1. avrebbe ottenuto la firma del CCNL da parte dell’ARAN, avanzando proposte dal costo economico superiore a quello per il quale l’ARAN era stata autorizzata a trattare e a sottoscrivere il contratto;
    2. avrebbe risolto i casi di incapienza di molti fondi regionali destinati alla retribuzione accessoria;
    3. avrebbe impedito l’atto unilaterale del MIUR in caso di mancato accordo tra OOSS e ARAN;
    4. avrebbe evitato, in caso di mancata firma, il blocco delle retribuzioni del pubblico impiego, introdotto dal D.L. 31/5/2010 n. 78.
  • L’ANP, con la sottoscrizione dell’ultimo CCNL, ha operato nell’interesse di tutti dirigenti scolastici, coniugando al massimo livello possibile ragione e responsabilità, come è dimostrato dall’attuale situazione economica, sociale e politica: anche più pesante di quella che veniva prospettata nel 2010. Oggi, la gravità delle condizioni economiche del paese dimostra che, se si fossero seguiti i proclami dei “sindacalisti intransigenti” (sostenitori del rinvio o del rifiuto del contratto), i dirigenti scolastici non avrebbero trovato nulla da negoziare e, ugualmente, non avrebbero raggiunto l’obiettivo della perequazione!
  • L’ANP sta vagliando strumenti e modi per continuare ad assicurare la piena tutela degli interessi dei dirigenti scolastici in tutte le sedi percorribili. L’assenza di scadenze perentorie entro cui proporre eventuali atti impugnativi consente che la valutazione della complessa materia avvenga con un supplemento di analisi delle norme legislative e contrattuali più idonee alla difesa concreta e realistica degli interessi dei capi di istituto.
  • La pronuncia del Giudice del Lavoro è favorevole ma, purtroppo, interlocutoria. Per questa situazione di incertezza l’ANP non può non esprimere una doverosa cautela, dettata esclusivamente dal rapporto di lealtà e di trasparenza verso i suoi iscritti. Del resto, qualche dubbio sugli sviluppi della questione trapela anche da un commento di quanti oggi lanciano proclami bellicosi: «….Certamente, la dir-presidi-scuola è consapevole che l’ineludibile via contenziosa sarà irta di ostacoli, a cominciare dal sicuro appello da parte del MIUR, non costituitosi e restato contumace in primo grado, di una sentenza idonea a sortire effetti esplosivi, a macchia d’olio, in lungo e in largo lo stivale» [comunicato del 10 dicembre ore 11.46].

Se a mettere le mani avanti sono gli stessi che hanno deciso di rivolgersi ai Giudici perché ritengono che il luogo proprio dell’azione sindacale stia nelle aule giudiziarie, sarà consentito all’ANP di seguire la sua agenda sindacale, senza farsela dettare da chi ha puntato, per la propria sopravvivenza, sulla propaganda. L’ANP non verrà meno all’impegno di essere l’Associazione che interpreta e difende in ogni circostanza i bisogni professionali dei dirigenti scolastici e che assicura al meglio la salvaguardia dei loro interessi economici e di lavoro.

Concorso 321.210 candidati in corsa per 11.542 posti

da TuttoscuolaNews

Concorso/1. 321.210 candidati in corsa per 11.542 posti

L’inizio di questa settimana, a ridosso delle festività natalizie, vede un enorme numero di partecipanti al concorso a cattedre, che ritorna dopo tredici anni di rinvii contra legem, visto che si sarebbero dovuti bandire per legge ogni tre anni.

Se i candidati ufficiali alle prove di preselezione sono 321.210, le richieste complessive per le diverse cattedre messe a concorso sono 501.287, poiché alcuni candidati hanno chiesto di concorrere per più classi di concorso. E può darsi che a presentarsi saranno anche altri candidati, ammessi alla prova preselettiva dal TAR o addirittura in attesa dell’esito dei ricorsi presentati (dei quali saranno ammessi solo quelli che hanno una ordinanza di ammissione con riserva, non basta la semplice presentazione del ricorso, o la presenza dell’avvocato).

Cifre esorbitanti che si spiegano con la prolungata sospensione dei concorsi e anche con la mancanza, per molti dei concorrenti, di alternative nell’attuale mercato del lavoro: ben due terzi dei candidati (214.453) non provengono dalle graduatorie ad esaurimento, non sono insomma persone che hanno fatto dell’insegnamento la loro prima scelta professionale. Solo 106.757 (33,2%) sono infatti i candidati presenti nelle graduatorie.

Ma queste cifre abnormi si spiegano soprattutto alla luce della conclamata incapacità della macchina amministrativa del Miur di mantenere il ritmo triennale dei concorsi, che avrebbero dovuto essere banditi nel 2002, 2005, 2008, 2011 e che per varie ragioni di carattere politico-sindacale, ma anche per “convenienza” di potere dell’apparato burocratico, non sono stati banditi.

Si tenga conto che nello stesso periodo, tra il 2000 e il 2012, sono state effettuate, con cadenza triennale, ben cinque sessioni di prove Ocse-Pisa, di complessa organizzazione: nel 2000, 2003, 2006, 2009 e 2012. In questo caso la macchina ha funzionato, forse perché ha potuto contare sulla partecipazione attiva delle scuole. Anche per i concorsi futuri potrebbe essere questa la strada.

Indagini internazionali/1. I diversi approcci di IEA e OCSE

da TuttoscuolaNews

Indagini internazionali/1.
I diversi approcci di IEA e OCSE

La scorsa settimana l’Invalsi ha presentato, per la prima volta in contemporanea con la pubblicazione dei risultati internazionali, gli esiti nazionali delle indagini Pirls e Timss 2011, analisi comparative promosse periodicamente dalla IEA (International Association for the Evalutation of Educational Achievement) sui livelli di apprendimento conseguiti dagli alunni a due livelli di scuola (non di età, che può variare nei diversi Paesi): di quarta classe il Pirls sulla comprensione della lettura, e di ottava classe il Timss per matematica e scienze.

A differenza dell’Ocse, che pure svolge indagini comparative sui livelli di apprendimento nelle stesse aree attraverso il programma Pisa, e che è un ente intergovernativo, finanziato dagli Stati aderenti, la IEA è una associazione tra centri di ricerca, servizi statistici, fondazioni, enti indipendenti che si occupano di valutazione comparativa ponendosi soprattutto dal punto di vista degli obiettivi di apprendimento stabiliti dai programmi delle diverse discipline. E’, in un certo senso, più ‘disciplinarista’ dell’Ocse, la cui committenza è ab origine di carattere macroeconomico, e tende a leggere i processi educativi con gli occhiali di chi è interessato alla crescita di competenze funzionali allo sviluppo economico più che culturale.

Ciò non toglie che esista una certa convergenza nelle caratteristiche delle prove che la IEA e l’Ocse-Pisa propongono agli studenti, e che tendono in entrambi i casi a privilegiare la capacità di governare criticamente le conoscenze disciplinari possedute piuttosto che a misurare la quantità delle conoscenze apprese. Ciò rende i risultati delle diverse indagini in buona misura omogenei e quindi utilizzabili per valutazioni di carattere globale, che considerino tutti i dati disponibili.

Sia la IEA (dal 1970) sia l’Ocse (dal 2000) dispongono inoltre di serie storiche dei dati, di grande utilità per conoscere le tendenze emergenti a livello nazionale e internazionale. Analizziamo i risultati per l’Italia.

Supplenti contro prof dilettanti l’ultima sfida del concorsone

da la Repubblica

Supplenti contro prof dilettanti l’ultima sfida del concorsone

Domani la prima prova. Protesta dei precari: “Per noi è squalificante”

ROMA
— La schermata, domani mattina e quindi martedì per la seconda sessione di questo concorso per docenti, avrà lo sfondo giallo. Nella tastiera virtuale che apparirà sullo schermo, contorno azzurro questa, Chiara Preti dovrà scrivere nome, cognome, codice fiscale e lingua scelta. “Conferma e inizia la prova”, invio: partirà così la clessidra per i test di preselezione. Cinquanta minuti, cinquanta domande: diciotto per testare le capacità logiche, diciotto per la comprensione di un testo, sette sulle competenze digitali, sette sulla lingua straniera.
Non ci saranno i neolaureati, a questo concorsone, il più discusso della storia della Repubblica. Ma ci saranno molti trentenni tra gli aspiranti prof. Come Chiara Preti, 31 anni, laureata in Filosofia nel 2004, dottorato nel 2008. Per abilitarsi lei fece la scuola di specializzazione all’insegnamento secondario, la Ssis, trenta esami, fin qui inutili. Non se ne lagna. Per mantenersi Chiara collabora con Giovanni Bachelet, deputato del Pd. Ora è ferma, in maternità. La sua bambina ha due mesi. «Non mi sento una sfigata, solo una
portaborse precaria che non riesce a campare: l’anno scorso ho guadagnato 1.500 euro lorde, ora passerò a 1.200 nette al mese. La mia carriera scolastica? Nel 2009 iniziai a fare qualche supplenza, prendevo al volo quello che arrivava. Sono iscritta alle graduatorie a esaurimento, trecentesima nella mia classe di concorso, storia e filosofia. Sì, nelle aule vedo insegnanti anziani un po’ affaticati, c’è bisogno di un ricambio».
Attende la prova a quiz con gusto della sfida Elisabetta Ambrosi, giornalista
free lance,
37 anni, un figlio di due e mezzo. Si è laureata a Roma tredici anni fa, una sessione dopo il mitico concorso per docenti del 1999, l’ultimo utile per prendere una cattedra. Filosofia politica, poi dottorato in etica. Non ha mai insegnato e dice: «A tutti quelli della mia generazione è stato impedito di diventare maestri e professori, ora questo concorso aprirà le porte alla mia
seconda vita. Fin qui è stato un impegno interessante, anche un po’ tragico visto che questa occasione parla a troppe persone insoddisfatte. Come giornalista mi pagano a pezzo, sopravvivo perché sono sposata. Ho un po’ di rabbia e credo mi farà bene: mi avete chiuso una possibilità? E io ci riprovo. È giusto che la metà dei posti siano destinati agli outsider, giovani che nella vita hanno fatto tutt’altro e hanno passione. Io
vorrei ripartire da una classe di scuola media, magari in provincia. Avrei le competenze giuste e tempo per formarmi». Precari contro giovani? «La competizione c’è ed è triste: mia sorella vive di spezzoni di supplenze e ogni mattina attende la telefonata del provveditorato per l’incarico di giornata».
Alessandra Bastia è una precaria dell’insegnamento. Un percorso classico, il suo, nella scuola
italiana. Ha 46 anni ed è riuscita ad arrivare alle supplenze annuali in una media di Terni. Sono sei stagioni che supplisce, iniziò con il sostegno (bambini in difficoltà) alle elementari. «Prima dei quarant’anni la scuola non mi ha dato certezze, alle docenze ho dovuto affiancare allestimenti, restauri, sono stato esperta di listini in un’azienda e ufficio stampa per alcuni festival. Ho due lauree: lettere moderne e scienze della formazione primaria. Vivo sola, con meno di 1.200 euro. Mia cugina mi dà la casa. Parteciperò a tre classi di concorso, primarie, medie, superiori, con quattro materie e in due regioni diverse. Certo che il concorsone è una guerra: io sono vicina al posto fisso, ma i nuovi vincitori potrebbero ricacciarmi indietro in classifica. E allora partecipo anch’io».
Antonio Venneri, 37 anni, toscano, a ventiquattr’ore ore dal test è ancora indeciso. Dice: «Mi sono iscritto, ma non sono convinto di partecipare. Da undici anni lavoro a scuola come supplente, incarichi annuali, e ho già dimostrato se sono in grado di far crescere studenti. Insegno materie letterarie alle superiori e questo concorso colpisce la dignità di
che è già abilitato. I posti in cui oggi lavoriamo esistono, vanno solo stabilizzati con un contratto a tempo indeterminato». Ribadisce, e dettaglia il concetto, l’insegnante Daniele Bardi: «Non ho nemmeno più voce per dirlo: noi precari provenienti dalla scuola di specializzazione Ssis abbiamo già vinto un concorso, fatto tirocinio in aula, superato più di trenta esami, discusso una tesi e superato una prova finale. Abbiamo acquisito con merito il diritto all’assunzione, diritto che ora è misconosciuto d’autorità». Marco Pappalardo, insegnante (fisso) in una scuola salesiana paritaria, dice a tutti (precari di scuola e precari di vita): «Non parteciperò anche se oggi non posso dirmi sicuro del futuro. Non ho fatto ricorsi, non sono sceso in piazza, ma ho scelto di prepararmi ogni giorno per i miei ragazzi piuttosto che per la mia realizzazione personale».

Perché le nostre bambine leggono peggio di 5 anni fa

da Corriere della sera

Perché le nostre bambine leggono peggio di 5 anni fa

L’Invalsi: i nativi digitali hanno difficoltà con i libri

E pensare che fino a cinque anni fa il grande salto sembrava fatto. L’ultima fotografia globale scattata sugli alunni di dieci anni ci dice invece che le capacità di lettura dei bambini italiani sono retrocesse al livello del 2001. Sia subito chiaro: comunque un buon livello, visto che il nostro Paese occupa un dignitoso 18° posto nella classifica mondiale su 45 nazioni, ma sicuramente negativo se rapportato al trend e alle competenze a cui ci avevano abituato le alunne di sesso femminile: sono state infatti le bambine, storicamente e universalmente più brave nella lettura, a peggiorare. Portando la forbice tra i due sessi a livelli minimi: tre punti appena separano le bambine dai maschietti. Un dato che pone l’Italia al 2° posto dopo la Colombia, mentre la differenza media internazionale è di 17 punti.
La classifica Pirls è stata realizzata dall’Iea, l’associazione internazionale per la valutazione del rendimento scolastico. L’Italia ha riportato un punteggio medio in lettura di 541 punti, lo stesso del 2001, mentre nel 2006 di 551: in cinque anni si sono bruciati dieci punti. Le bambine ne hanno persi due rispetto al 2001 ma addirittura 12 rispetto al 2006. I maschietti, invece, sullo stesso periodo ne hanno persi otto ma sul decennio ne hanno guadagnati tre (nel Centro Italia sono risultati più bravi). Tutto questo mentre Paesi come gli Usa hanno guadagnato complessivamente 14 punti, Hong Kong e Singapore una quarantina.
E dunque: cosa è successo ai nostri alunni di quarta, classe in cui i bambini passano dall’imparare a leggere al leggere per imparare? E soprattutto cosa è successo alle bambine da sempre — per ragioni forse culturali, qualcuno tira in ballo anche la genetica — più brave nella lettura narrativa? Roberto Ricci, responsabile dell’area prove dell’Invalsi (il nostro sistema di valutazione) mette in fila le ipotesi che saranno approfondite con indagini nazionali. La prima, l’introduzione nelle prove di testi diversi da quelli tradizionali narrativi: «Testi informativi, da quelli giornalistici a quelli iconici». La seconda, il cosiddetto singhiozzo statistico: «Cinque anni in cui si sono avuti bambini ma soprattutto bambine meno bravi». La terza, una diversa predisposizione delle nuove generazioni: «Più sensibili a testi diversi da quelli letterari: Internet, tv, giochi di ruolo… Generazioni di nativi digitali che, alle prese con testi tradizionali e non, hanno però gli stessi problemi di comprensione». La quarta ipotesi, la più allarmante, un appiattimento verso il basso delle competenze: «Un arretramento, insomma, delle categorie migliori. La nostra scuola si è concentrata sulla popolazione scolastica più debole, ed è positivo. Lo svantaggio è che questo ha forse portato a un appiattimento verso il basso trasformando in un falso successo la riduzione del divario tra i sessi». I dati sembrano confermarlo: ben l’85% degli studenti dimostra un livello intermedio, ma solo il 10% avanzato (a fronte di un 24% di Singapore). «La scuola deve puntare quindi su una molteplicità di testi e trovare il modo di trasformare le nozioni in competenze».
Anche Mauro Palumbo, sociologo che si occupa di sistemi educativi, legge nei numeri Pirls quell’«appiattimento verso il basso che già affligge la scuola media». Poi fornisce altri due spunti di riflessione: «La presenza sempre più alta di studenti stranieri che non parlavano l’italiano prima di iniziare la scuola». Il 6% tra quelli che hanno preso parte all’indagine (rispetto a un 2% della Francia, a un 3 della Germania). «Quindi una correlazione tra competenze dei bambini e numero di libri che hanno in casa». L’influenza maggiore che subiscono è quella dell’ambiente culturale in cui vivono. E quello nostrano non aiuta visto che i dati Aie ci dicono che i lettori italiani sono il 45,3%, i francesi il 70 e i tedeschi l’82.
La scrittrice Chiara Gamberale non concorda: «In casa mia, con mamma ragioniere e papà ingegnere, i libri li ho portati io. Eppure…». Punta quindi il dito su quella che definisce la «sciatteria» del nostro linguaggio: «Veloce, povero, senza grammatica. Senza storie. I grandi lo parlano e i piccoli, le piccole più sveglie ancora di più, li copiano salvo poi arrancare davanti a una pagina ben scritta. Se fossi nata solo cinque anni dopo forse non sarei quella che sono: per leggere bene ci vuole concentrazione e lentezza».
Alessandra Mangiarotti

Preselettive concorso a cattedra, ecco le ultime indicazioni utili ai 321mila che vogliono fare il prof!

da Tecnica della Scuola

Preselettive concorso a cattedra, ecco le ultime indicazioni utili ai 321mila che vogliono fare il prof!
di Alessandro Giuliani
Controllare sino all’ultimo la data e il luogo di svolgimento della prova. Portare con sé documento di riconoscimento valido e codice fiscale: i ricorrenti, laureati negli ultimi 10 anni e di ruolo, anche la copia dell’atto giudiziario a loro favorevole. Le commissioni forniranno carta e penne. Vietato alzarsi durante lo svolgimento della prova. Attendere seduti sulla postazione informatica il termine del tempo prefissato. Ed entro pochi minuti su ciascun monitor sarà visualizzato il risultato finale.
Ormai ci siamo: lunedì 17 e martedì 18 dicembre oltre 321mila aspiranti docenti si cimenteranno nelle risposte ai 50 quesiti a risposta multipla incentrati su capacità logiche e di comprensione del testo, competenze digitali e su una lingua straniera.
Dopo aver ribadito il nostro in bocca al lupo a tutti i lettori della Tecnica della Scuola che si cimenteranno nella verifica, e raccomandato di presentarsi nella sede prefissata con almeno mezzora di anticipo (sono previste fino a quattro sessioni giornaliere), ricordiamo alcuni punti che potrebbero tornare utili per il loro regolare svolgimento. Partendo dalla fine:
– il Miur ha comunicato (attraverso la nota Prot. n. AOODGPER. 8899/bis) che coloro che termineranno la prova prima dei 50 minuti, dovranno comunque attendere seduti sulla postazione il termine del tempo prefissato. L’esito della verifica (ma non delle singole risposte) sarà immediato: “al termine delle operazioni (…) su ciascuna postazione informatica sarà visualizzato il risultato della prova”;
– tutti i candidati verranno forniti di “istruzioni necessarie per l’utilizzo delle postazioni informatiche” e delle “avvertenze relative al corretto svolgimento della prova, ivi compresa quella relativa al divieto assoluto di lasciare l’aula durante e prima della conclusione della stessa”. Il Miur ha infatti specificato che “i candidati sono tenuti a non lasciare per alcuna ragione la propria postazione e ad attendere i risultati senza ostacolare in nessun modo le operazioni di acquisizione delle prove”;
– le commissioni responsabili forniranno ai candidati, 25 per sessione, “una congrua dotazione di fogli di carta bianca e di penne da rendere disponibile presso ogni postazione informatica”;
– è bene che tutti i partecipanti alle prove preselettive, in particolare quelli di Campania, Liguria, Molise, Puglia, Sardegna e Toscana, controllino nuovamente la data e il luogo di svolgimento dove sono stati destinati: come indicato in una nota pubblicata nelle ultime ore dallo stesso Ministero dell’Istruzione, a seguito di eventi inattesi collegati a cause di forza maggiore, in alcune località i calendari sono stati ripubblicati;
– come previsto dal comma 8, dell’articolo 5 del DDG n. 82 del 24 novembre 2012, sarà indispensabile che “i candidati siano muniti di un documento di riconoscimento in corso di validità e del codice fiscale”;
– chi non si presenta sarà escluso automaticamente: l’art. 5 del bando di concorso spiega che “la mancata presentazione nel giorno, ora e sede stabiliti, comunque giustificata e a qualsiasi causa dovuta, comporta l’esclusione dal concorso”;
– i commissari dovranno “verificare che siano ammessi a sostenere la prova, se non presenti negli elenchi degli aspiranti che hanno inoltrato regolare domanda di partecipazione al concorso, solo candidati muniti di ordinanze o di decreti cautelari dei giudici amministrativi a loro favorevoli”. A tal proposito, l’Anief ha raccomandato ai circa 2.000 ricorrenti laureati negli ultimi dieci anni, ammessi proprio attraverso questa modalità, che “dovranno recarsi nelle sedi d’esame indicate negli elenchi forniti dal Miur”. E anche che “i ricorrenti di ruolo dovranno presentarsi presso le sedi di esame portando con sé, oltre che il documento di identità in corso di validità e il codice fiscale, anche una copia dell’atto giudiziario”;
– ogni candidato si cimenterà su una prova personalizzata, attraverso un selezionatore informatico che preleverà automaticamente i 50 quesiti dai 3.500 complessivi;
– la risposta corretta varrà 1 punto, la risposta non data vale 0 punti e la risposta errata vale –0,5 punti. Saranno ammessi alla prova scritta i candidati che hanno conseguito un punteggio non inferiore a 35/50. Ovviamente, il non superamento della prova comporterà l’esclusione dal prosieguo della procedura concorsuale. Il Miur ha infine specificato che “il punteggio della prova non concorre alla formazione del voto finale nella graduatoria di merito”;
– chi passerà il primo scoglio sarà ammesso alle prove successive: Il calendario delle prove scritte sarà pubblicato dal Ministero nella Gazzetta Ufficiale del 15 gennaio 2013;
– nei mesi successivi, sarà la volta degli orali. I vincitori saranno individuati prima dell’estate e potranno entrare in ruolo poco prima dell’avvio degli anni scolastici 2013/14 e 2014/15.

Le competenze chiave a scuola in Europa

da Tecnica della Scuola

Le competenze chiave a scuola in Europa
Cosa sono le “competenze chiave”? Concetti sempre più importanti, esse sono ormai considerate come indispensabili affinché i giovani europei riescano a realizzarsi non solo a livello professionale, ma anche a livello personale
In pratica nei paesi europei l’orientamento è rivolto verso un approccio basato sui risultati di apprendimento (learning outcomes), incentrato cioè esclusivamente sul contenuto disciplinare che l’insegnante deve erogare e i cui curricoli contengono indicazioni che riassumono ciò che gli studenti sono tenuti a sapere, comprendere o essere capaci di fare in determinati momenti del processo di apprendimento di una disciplina.
A tale scopo vengono in soccorso dei misuratori delle competenze che fanno corrispondere determinati livelli di rendimento agli anni scolastici, diventano degli strumenti di pronto uso per gli insegnanti per valutare il lavoro degli studenti e il loro livello di competenza raggiunto. Il Quadro comune europeo di riferimento (QCER), sviluppato dal Consiglio d’Europa nel 2001, per esempio, sta diventando sempre più il principale strumento per valutare le competenze degli studenti nelle lingue straniere.
Le competenze chiave comprendono le competenze di base e quelle cosiddette trasversali. Mentre lo status delle competenze di base (lingua materna, matematica e scienze), insieme a quello delle lingue straniere, è ben consolidato, la promozione delle competenze trasversali (tecnologie dell’informazione, competenze civiche e di imprenditorialità) stenta ad affermarsi e soprattutto in Italia, mentre ad oggi molti paesi hanno riformato i loro curricoli per integrarvi le competenze trasversali, ma non sempre in modo coerente.
Per esempio, in un terzo dei paesi, l’imprenditorialità non è esplicitamente riconosciuta nei documenti ufficiali di indirizzo a livello primario, mentre le competenze digitali sono indicate quasi ovunque a questo livello. Rispetto alle competenze di base, le competenze trasversali sono anche insegnate meno spesso come discipline a sé stanti.
Sono infatti generalmente integrate in altre discipline o nel complesso del curriculum, per cui tutti gli insegnanti ne condividono la responsabilità in un approccio cross curricolare. Tuttavia, l’attuazione nella pratica rivela varie problematicità. Per esempio, l’integrazione delle competenze digitali in discipline come la matematica, le scienze, le lingue è sorprendentemente rara nei curricoli dei paesi europei. Un approccio cross curricolare richiede agli insegnanti non solo di cambiare il tradizionale approccio all’insegnamento, ma esige anche una maggiore collaborazione per sviluppare e concordare risultati di apprendimento specifici e usare metodi di valutazione appropriati.
Solo attraverso la valutazione degli studenti possiamo capire se ciò che è stato insegnato è stato anche appreso. Una valutazione adeguata può pertanto svolgere un importante ruolo non solo nella verifica delle conoscenze degli studenti, ma anche nella valutazione delle scuole.
Se agli studenti viene somministrato lo stesso test su tutto il territorio nazionale, ossia sono valutati tramite prove standardizzate, i risultati possono essere usati per monitorare il sistema educativo nel suo insieme. Questo tipo di prove nazionali di valutazione è di fatto una pratica largamente diffusa nei sistemi educativi europei.
Tuttavia, queste prove si focalizzano prevalentemente sulle competenze di base, specialmente sulla lingua materna e sulla matematica, e spesso non prevedono la valutazione delle competenze trasversali. Tra le competenze chiave trasversali, solo le competenze civiche vengono testate attraverso test standardizzati, ma ciò accade solamente in circa un terzo dei paesi europei.
Tuttavia, i test standardizzati non sono l’unico modo di valutare gli alunni.
In effetti, devono essere utilizzati diversi metodi di valutazione in un quadro di valutazione coerente. E la valutazione delle competenze trasversali, che sono spesso integrate in altre materie, è senz’altro una sfida. Diventa pertanto sempre più necessario mettere a punto strumenti di valutazione che superino le barriere disciplinari.
Nei paesi europei sono stati compiuti numerosi progressi nell’insegnamento delle competenze di base. Ciò nonostante, gli scarsi rendimenti in queste competenze continuano ad essere un nodo problematico. Tali risultati rimettono in discussione non solo l’efficacia dell’insegnamento e dell’apprendimento, ma anche i sistemi educativi nel loro complesso. Per esempio, sebbene l’offerta di insegnanti specialisti nella lettura sia una misura di sostegno rivelatasi efficace per gli studenti in difficoltà, questa esiste solo in Irlanda, Malta, Polonia, Regno Unito, e nei cinque paesi nordici. Dal 2009, nessun progresso è stato registrato in questo ambito.
Mentre il numero dei diplomati in matematica, scienze e tecnologie in Europa è aumentato nel corso degli ultimi dieci anni, la quota totale dei diplomati in queste discipline, rispetto alle altre discipline, è in declino. La carenza di competenze che si sta profilando in questi ambiti è ora percepita come una minaccia per le economie attuali, fondate sulla tecnologia e la scienza. Pertanto, la maggioranza dei paesi europei ha assunto come una delle priorità l’aumento del numero dei diplomati nelle discipline matematiche, scientifiche e tecnologiche.
A livello di scuole sono già state prese misure che incoraggiano gli studenti a proseguire gli studi in questi ambiti. Altre azioni importanti da intraprendere sono tutte quelle misure volte ad aumentare la motivazione degli studenti ad apprendere la matematica e le scienze, per esempio, correggendo i pregiudizi secondo cui si tratterebbe di materie particolarmente difficili. Sarebbe anche opportuno correggere l’errata convinzione legata alle carriere future. Gli studenti hanno infatti spesso una visione ristretta delle opzioni di carriera che gli studi in queste discipline possono offrire. L’offerta a livello secondario di servizi di consulenza e orientamento professionale futuro è senz’altro un modo per eliminare questi pregiudizi. Tuttavia, questo tipo di orientamento è presente attualmente in solo circa la metà dei paesi europei.
Il seguente sunto è tratto da http://www.indire.it/eurydice/content/index.php?action=read_cnt&id_cnt=13842
Il nuovo rapporto comparativo della rete Eurydice, Developing Key Competences at School in Europe: Challenges and Opportunities for Policy, sottolinea alcuni dei principali risultati e delle maggiori sfide per lo sviluppo delle competenze chiave nelle scuole dell’istruzione obbligatoria e dell’istruzione secondaria generale in 31 paesi europei (Stati membri dell’UE, Croazia, Islanda, Norvegia, e Turchia) per l’anno scolastico 2011/2012.

Secondo alcuni esperti i nativi digitali avrebbero difficoltà con i libri

da Tecnica della Scuola

Secondo alcuni esperti i nativi digitali avrebbero difficoltà con i libri
di Pasquale Almirante
Le difficoltà di lettura registrate dalla classifica Pirlis, per cui le nostre bambine leggono peggio di 5 anni fa, sarebbero da addebitare al troppo uso dei sistemi multimediali
In pratica, così come si legge nella relazione dell’Invalsi allegata agli esiti della classifica Pirls e realizzata dall’Iea, l’associazione internazionale per la valutazione del rendimento scolastico, le capacità di lettura dei bambini italiani sono retrocesse al livello del 2001, un dato negativo se rapportato al trend e alle competenze a cui ci avevano abituato le alunne.
L’Italia ha riportato dunque un punteggio medio in lettura di 541 punti, lo stesso del 2001, mentre nel 2006 di 551: in cinque anni si sono bruciati dieci punti. Le bambine ne hanno persi due rispetto al 2001 ma addirittura 12 rispetto al 2006. I maschietti, invece, sullo stesso periodo ne hanno persi otto ma sul decennio ne hanno guadagnati tre, ma nel Centro Italia sono risultati più bravi.
Il Corriere della sera pubblica una riflessione di Roberto Ricci, responsabile dell’area prove dell’Invalsi, relativamente a delle probabili cause di questa inaspettata regressione: cosa sarebbe successo allora alle bambine di quarta elementare da sempre più brave nella lettura narrativa?
“La prima causa potrebbe essere, dice l’esperto, “l’introduzione nelle prove di testi diversi da quelli tradizionali narrativi;
la seconda, il cosiddetto singhiozzo statistico, in pratica si sarebbero avuti bambine meno brave secondo una normale casistica;
la terza, le nuove generazioni sarebbero più sensibili a testi diversi da quelli letterari: Internet, tv, giochi di ruolo… Generazioni di nativi digitali che, alle prese con testi tradizionali e non, hanno però gli stessi problemi di comprensione;
la quarta ipotesi, la più allarmante, un arretramento delle categorie migliori. La nostra scuola si è concentrata sulla popolazione scolastica più debole, ed è positivo. Lo svantaggio è che questo ha forse portato a un appiattimento verso il basso trasformando in un falso successo la riduzione del divario tra i sessi”.
Tesi, dice sempre il Corriere, confermata da Mauro Palumbo, sociologo che si occupa di sistemi educativi: “Quell’appiattimento verso il basso che già affligge la scuola media. La presenza sempre più alta di studenti stranieri che non parlavano l’italiano prima di iniziare la scuola. Il 6% tra quelli che hanno preso parte all’indagine, rispetto a un 2% della Francia, a un 3% della Germania. Quindi una correlazione tra competenze dei bambini e numero di libri che hanno in casa. L’influenza maggiore che subiscono è quella dell’ambiente culturale in cui vivono. E quello nostrano non aiuta visto che i dati Aie ci dicono che i lettori italiani sono il 45,3%, i francesi il 70% e i tedeschi l’82%.
Analisi a nostro avviso che soffre di un preconcetto e di un dato non sufficientemente tenuto in considerazione, e cioè la condizione socioeconomica dei ragazzi sottoposti ai test.
Tutti i fenomeni culturali infatti, dalla creatività e al rendimento scolastico insieme alla capacità di innovazioni su tutti i campi del sapere, non possono essere avulsi dai sistemi economici e produttivi e quindi dalla formazione di ricchezza, quella che consentì al nostro Rinascimento di imporsi a livello mondiale.
In un periodo di recessione e di latente diffusione di povertà, anche il rendimento scolastico ne risente, sia per quanto riguarda il consumo di libri e sia anche per quanto riguarda la richiesta di beni intellettuali ritenuti voluttuari, così come è ampiamente dimostrato dalle scelte del Governo, per cui costringe il maestro Riccardo Muti a perorare la causa di stanziare soldi, smettendola di sottrarne, per la musica e la cultura più ingenerale.
Fra l’altro il Sud rimane sempre nella classifiche peggiori, documentato anche in questa ultima indagine, e non certamente perché i ragazzi siano meno intelligenti o gli insegnanti meno preparati, visto che al Nord, come lamenta la Lega, ne ha un vasto e variegato campionario.
Fino a quando dunque non vengono implementare politiche economiche per uccidere definitivamente la povertà e il sottosviluppo assisteremo sempre a una lenta ma inevitabile regressione e di tale drammatica consistente attualità la denuncia viene dal rapporto “Fare comunità educante: la sfida di vincere”, di Crescere al Sud, la rete di associazioni e organizzazioni attive nel Mezzogiorno promossa da Save the Children e Fondazione con il Sud, dove viene rilasciata un’immagine sconcertante del mezzogiorno d’Italia.
In queste zone meridionali infatti 417mila minori sono in povertà assoluta su 720mila complessivi, la spesa sociale e gli asili nido sono ai minimi nazionali, la dispersione scolastica supera oltre il 20%, con punte in alcune periferie urbane fin’oltre il 30%. E sicuramente c’è da preoccuparsi considerando che fra qualche anno questi bambini saranno adulti e chiederanno, come è giusto, spazio e visibilità.
Ma non basta, al Sud, tra il 2010 e il 2011, le famiglie povere con minori sono aumentate del 2%, mentre è diminuita la spesa sociale che è di appena 25 euro in Calabria, contro 282 euro in Emilia-Romagna e 262 nel Veneto: una disparità enorme.
Ampia anche la frattura sui piani del percorso educativo che prende in carico solo 5 bambini su 100, da 0 a 2 anni, negli asili nido pubblici o nei servizi integrati in Sicilia, Calabria, Campania e Puglia, contro i 27 dell’Umbria e i 29 dell’Emilia-Romagna.
Scandalosa la percentuale di tempo pieno a scuola che supera di poco il 7% in Sicilia e in Campania contro la media nazionale del 29%, mentre l’abbandono scolastico precoce in queste regioni riguarda un adolescente su 5, con preoccupanti ricadute sullo sfruttamento, e non solo lavorativo visto che sono 681.942 i minori del Sud residenti in comuni sciolti per mafia.
E non c’è neanche bisogno di essere sociologi per capire che con l’avanzare degli studi, e con la percezione sempre più chiara del proprio disagio sociale perché più razionalmente confrontabile coi coetanei compagni di classe, il divario culturale, e quindi relativamente ai risultati documentabili dai sondaggi, si va sempre più allargando dalle elementari alle medie e fino alle superiori.
Il dato reale è purtroppo solo uno: fino a quando il mezzogiorno d’Italia sarà privo di ricchezza, di lavoro, di pari opportunità, di condizioni economiche e sociali adeguate, la scuola sarà il suo specchio fedele e quindi sempre un passo indietro non solo rispetto alle fughe del Paese ma anche e soprattutto nei confronti dell’intera Europa.

Il concorso a ds che non c’è

da Tecnica della Scuola

Il concorso a ds che non c’è
di Lucio Ficara
Il concorso che non c’è, è un qualcosa che sta nell’ immaginario delle persone oneste, degli intelletti fini, che coltivano i valori della conoscenza, del sapere, dello studio e li curano con metodo e senso critico. Ma come raggiungere il concorso che non c’è? Quali sono le coordinate che ci avvicinano il più possibile ad esso? Per dirla alla Edoardo Bennato bisognerebbe seguire la seconda stella a destra e poi diritto fino al mattino.
Questo sta a significare che per uscire dal “buio pesto” in cui vengono organizzati i concorsi attuali, bisognerebbe seguire una stella polare che ci illumina il cammino e ci porti diritti, dal buio della notte alla luce del mattino.
Continuando in questa calzante parafrasi della canzone di Bennato, potremmo dire che il concorso che non c’è, è quel concorso senza i raccomandati, senza le clientele di ogni genere, senza i continui e ripetuti vizi procedurali che vengono puntualmente rilevati dalla giustizia amministrativa.
Le cronache degli ultimi concorsi per la scuola, a partire dal concorso ds del 2004 a finire a quello del 2011, hanno evidenziato palesemente e senza ombra di dubbio che il sistema concorsuale italiano ci fa sognare ed immaginare il concorso che non c’è.
Purtroppo registriamo con amarezza l’intervento della magistratura a sospendere ed annullare in diverse regioni il penoso reclutamento per dirigenti scolastici. Si parla addirittura di un’opera della filiera del crimine, capillare e diffusa in tutto il territorio italiano. L’annullamento del concorso molisano viene considerata solo la punta di un iceberg, che potrebbe avere un seguito anche in altre regioni, qualora la magistratura avvalori gli stessi vizi procedurali.
Nel borsino delle scommesse di quale altro concorso verrà annullato, salgono le quotazioni della Calabria, dove viene fortemente contestato al presidente della commissione d’esame, di aver partecipato, nel marzo 2011 e in qualità di responsabile scientifico, ad un corso di perfezionamento rivolto a dirigenti scolastici in sevizio, ma dove avrebbero partecipato anche, in qualità di vicari, diversi candidati al contestuale concorso per ds in Calabria. In buona sostanza, si presume il vizio procedurale stante nel fatto che il presidente della commissione del concorso ds in Calabria ha accettato l’incarico di presidente del concorso, benché avesse formato, anche se occasionalmente , alcuni tra i partecipanti al concorso medesimo.
Nel borsino delle scommesse sull’annullamento delle prove concorsuali c’è un outsider , che dopo le virulente polemiche del concorso 2004 non avremmo mai immaginato di trovare nell’elenco dei cattivi, è il concorso siciliano.
Si parla di un possibile, ma tutto da verificare, vizio procedurale di incompatibilità di una commissaria di esame, dirigente scolastica in quiescenza. Di che tipo di incompatibilità si tratta? La diligente commissaria, avrebbe incautamente fornito materiale didattico, ad un’associazione che promuove la formazione professionale, per la preparazione di alcuni candidati al concorso. La stessa commissaria sarebbe stata indicata, in alcune brochure pubblicitarie, come relatrice in corsi di preparazione al concorso siciliano.
Anche in questo caso ci sono elementi per procedere ad accertamenti di carattere giudiziario-amministrativo. Rimangono altissime le quotazioni dell’annullamento del concorso anche in Lazio e Lombardia. Come uscire da quello che sembrerebbe il solito pantano concorsuale all’italiana? Non ci resta che osservare sconsolati una triste realtà e, sognare, con la speranza tipica degli intellettuali onesti, il concorso che non c’è.
Nell’ immaginario di questi è utile seguire le indicazioni che ci portano al concorso che non c’è : “seconda stella a destra e poi diritto fino al mattino”.