Orientamento: uno studente su due è pentito del percorso scelto

ORIENTAMENTO SCOLASTICO

Uno studente su due è pentito del percorso scelto. È la conferma che occorre potenziare i progetti di orientamento didattico nelle classi terminali delle scuole medie e superiori.

 

In Italia l’orientamento scolastico non funziona proprio. A sostenerlo stavolta è il consorzio nazionale Almadiploma, che in queste ore ha pubblicato dei preoccupanti numeri sui giovani diplomati dei nostri istituti. Questi i dati: quasi un giovane su due uscito dalla scuola superiore è infatti pentito dell’indirizzo della scuola superiore che aveva prescelto pochi anni prima; di questi, circa il 25 per cento cambierebbe sia scuola che indirizzo; il 10 per cento confermerebbe il corso, ma non l’istituto; quasi la stessa percentuale sceglierebbe un diverso corso pur sempre nella stessa scuola.

 

Questi dati – commenta Marcello Pacifico, presidente dell’Anief – confermano la necessità di potenziare i progetti di orientamento didattico. Sia quelli rivolti agli alunni della scuola secondaria di primo grado, spesso spaesati per le iscrizioni alla formazione superiore, sia quelli che dalle classi terminali delle superiori si proiettano nel mondo universitario, tecnico-superiore o lavorativo. Se la metà di loro si dice oggi pentito significa che, ovviamente, più di qualcosa non funziona. E che le famiglie hanno urgente bisogno di un supporto informativo, attraverso l’azione di tutor preparati per questo genere di attività”.

 

Fortunatamente, in soccorso dei genitori degli alunni e dei tanti istituti scolastici che ancora non hanno sviluppato adeguate forme di orientamento, possono venire una serie di attività che nascono proprio con questa finalità. Tra queste, l’Anief segnala l’interessante proposta realizzata dall’Associazione Eurosofia.

 

Eurosofia offre a tutti i docenti il corso per l’ottenimento della qualifica professionale di “Orientatore Didattico”, in collaborazione con l’Università Pegaso. Il corso dà diritto all’iscrizione al Registro Nazionale orientatori ed è totalmente gratuito, escluse le sole spese amministrative per chi completa con successo l’attività laboratoriale. Il corso prevede, infatti, anche un’attività di laboratorio da svolgere presso le ultime classi della scuola media superiore, attraverso la somministrazione di questionari psico-attitudinali.

 

Per qualsiasi informazione o approfondimenti è possibile contattare: segreteria@eurosofia.it – tel. 0916573784.

 

Tfa speciali – Finalmente una buona notizia

Tfa speciali – Finalmente una buona notizia: potranno partecipare anche i docenti già abilitati in un’altra classe di concorso. Ma non basta.

E sulle classi di concorso il Miur fa bene ad attendere la formazione del nuovo Governo.

 

Ancora una volta le dure posizioni dell’Anief nei confronti dell’amministrazione scolastica producono risultati concreti a favore dei docenti: il Miur ha oggi infatti comunicato ai sindacati l’intenzione di far accedere ai Tfa speciali, riservati ai precari che hanno già del servizio pregresso, anche i docenti già abilitati in un’altra classe di concorso. Si tratta di un risultato importante, per il quale il giovane sindacato ha speso tante energie. Di cui ora si raccolgono i frutti.

 

Non tutte le nostre rivendicazioni hanno tuttavia avuto un riscontro. Il Miur ha infatti comunicato l’intenzione di confermare, come requisito minimo per accedere ai Tfa speciali, le tre annualità a partire dall’anno scolastico 1999/2000 fino allo scorso anno scolastico: non sembra trovare accoglimento, quindi, l’esigenza di ridurre a 360 giorni il servizio minimo necessario per accedere ai prossimi corsi speciali abilitanti. Contestualmente, l’amministrazione continua a non voler rendere utile per l’iscrizione ai Tfa speciali il periodo svolto sotto forma di dottorato di ricerca.

 

L’amministrazione si ostina, inoltre, a non voler inserire nelle graduatorie ad esaurimento tutti coloro che conseguiranno l’abilitazione tramite questo genere di percorsi abilitanti. Né vuole dare la possibilità, analogamente con quanto avveniva per i corsi universitari Ssis, di conferire tre punti di maggiorazione a coloro che svolgono il più impegnativo Tfa ordinario.

 

Includere queste richieste a tutela dei diritti dei lavoratori, è bene ricordarlo, eviterebbe l’avvio di un contenzioso presso i tribunali della Repubblica: infatti, finché la legge non cambia le modalità per accedere alla professione non possono che rimanere le medesime. Ancora di più se a tentare di cambiare le regole è un ministro dimissionario.

 

Fa bene, invece, il Miur a non pubblicare il decreto di riordino delle classi di concorso: la revisione delle discipline d’insegnamento è un’operazione delicata, che merita di essere attuata tenendo conto di una serie di variabili ancora tutte da definire: il taglio che il Governo vorrà dare alla nuova scuola secondaria superiore, la necessaria adozione dell’organico funzionale pluriennale, pure a livello di rete, oltre che la valorizzazione di una serie di nuovi insegnamenti utili a potenziare le forme di apprendistato, come anche stabilito a dicembre a Berlino con gli impegni di collaborazione assunti tra Italia e Germania attraverso il Memorandum europeo d’intesa e cooperazione sulla formazione professionale e rilanciati proprio oggi a Bologna dal sottosegretario all’Istruzione Elena Ugolini.

 

Classi di concorso: il Ministro prova ad accelerare

Classi di concorso: il Ministro prova ad accelerare. Lo stop della FLC e degli altri sindacati

In violazione dei precedenti accordi si tenta una forzatura prontamente denunciata. Un provvedimento di questa portata non può essere assunto da un Ministro in uscita.

Contrariamente a quanto concordato nel precedente incontro del 28 gennaio (vedi correlati), nell’incontro del 19 febbraio, convocato da un giorno all’altro, c’è stato un tentativo di accelerazione sul Decreto relativo alle classi di concorso.

Abbiamo immediatamente ribadito le nostre obiezioni di metodo e di merito sulle quali si è riscontrata unanimità tra tutte le organizzazioni sindacali.

Abbiamo sottolineato l’inopportunità politica dell’adozione di un provvedimento di questa portata da parte di un Ministro (tecnico) uscente e a 5 giorni dal voto. Inoltre abbiamo evidenziato che il provvedimento non è stato mai analizzato nel merito, malgrado vi fosse stato un impegno in tal senso, ma già ad una prima analisi presenta errori ed omissioni anche gravi.

Sussistono anche questioni procedurali, quali l’utilizzo di un Decreto invece di un regolamento e la mancata richiesta di parere al CNPI, che forse volutamente, non si è voluto prorogare nell’attuale composizione.

Di fronte alle obiezioni sindacali l’Amministrazione ha preso atto della situazione e non si è proceduto ad alcuna informativa.

Ci auguriamo che il Ministro abbia la correttezza di prendere atto del mancato confronto e dell’inopportunità di un atto ancora tutto da analizzare e approfondire in considerazione della portata dello stesso sia sulla funzionalità delle scuole che sui docenti.

Ricordiamo, per la cronaca, che un provvedimento sulle classi di Concorso era già stato predisposto dal Ministro Gelmini con già alcuni pareri acquisiti e un impianto abbastanza equilibrato e che fu lo stesso Ministro Profumo, all’atto del suo insediamento, a non voler procedere ricominciando con un’impostazione completamente diversa. Crediamo che per coerenza dovrebbe rispettare la volontà del futuro Ministro del Governo (politico) che si formerà dopo le prossime elezioni.

18/02/2013 – Avvio del Piano per la Formazione e Informazione di Team per la Valutazione nell’ambito delle indagini nazionali e internazionali – Annualità 2013-2014

 Oggetto: Obiettivo/Azione B.3. “Interventi di formazione sulla valutazione nei processi di apprendimento”. Avvio del Piano per la Formazione e Informazione di Team per la Valutazione nell’ambito delle indagini nazionali e internazionali – Annualità 2013-2014.

Circolare n. 2070 del 15 febbraio 2013

Dietro l’angolo la prossima sfida: valutare i docenti

da ItaliaOggi

Dietro l’angolo la prossima sfida: valutare i docenti

Al di là degli spot sul merito, non esistono idee chiare e proposte concrete per evitare l’ennesimo fallimento

di Damiano Previtali* *Dirigente scolastico Miur-Invalsi 

Vi è un passaggio delicato, interno all’accordo sindacale sottoscritto all’Aran il 12 dicembre 2012 (meglio conosciuto come accordo sugli scatti): i sindacati si sono impegnati, con il prossimo rinnovo contrattuale, a «individuare più idonei istituti contrattuali finalizzati ad assicurare livelli di produttività e di qualità adeguati ai fabbisogni, alle politiche del settore educativo e scolastico ed alle esigenze di funzionalità delle istituzioni» (art. 3). Come a dire: non si può continuare a riconoscere la professionalità dei docenti semplicemente attraverso l’anzianità di servizio, ma bisogna trovare altre forme. Bene, ma quali sono le altre forme per assicurare la produttività e la qualità degli insegnanti? Ci sono idee con cui presentarsi all’appuntamento del rinnovo contrattuale previsto per il 2014?

In particolare, possiamo iniziare a parlare di valutazione dei docenti? Perché è di questo che bisognerà iniziare a discutere con il rinnovo contrattuale. Il tema della valutazione degli insegnanti, ed in particolare delle loro performance, costituisce oggi uno degli elementi su cui si è concentrata l’attenzione delle indagini internazionali e della stessa UE verso l’Italia (ricordiamoci le domande dell’UE all’Italia nel 2011 e, in particolare, la n. 14 ad oggi inevasa: «Come intende il governo valorizzare il ruolo degli insegnanti?»).

Attraverso i sistemi di valutazione dei docenti tutti i Paesi stanno perseguendo alcuni obiettivi strategici, fra cui in particolare: migliorarne la pratica didattica; sviluppare percorsi di riconoscimento e sviluppo professionale; individuare standard di prestazione professionale; premiare i risultati. Ebbene, di tutto questo in Italia non succede nulla. O peggio, la valutazione dei docenti da noi è diventata un tabù, in quanto fino ad ora è stata solo motivo di fallimenti e forti contrasti (pensiamo al segno indelebile che ha lascito il “concorsone” di berlingueriana memoria o alle difficoltà dell’ultima sperimentazione “Valorizza” che intendeva introdurre la valutazione in base alla reputazione). Si potrebbe facilmente ipotizzare una sindrome italiota della valutazione dei docenti, una specie di coazione ossessiva a ripetere sperimentazioni che hanno le giuste condizioni per non portare a nessun risultato, permettendo al sistema di mantenersi costantemente in una patologia cronica in cui non si scontenta nessuno e nessuno è contento. Infatti, non è un caso che lo stesso “Regolamento sul Sistema nazionale di valutazione” si interessi della scuola e dei dirigenti ma non parli dei docenti. In sostanza, su un tema determinate per il futuro della nostra scuola, come è la qualità degli insegnanti ed il loro giusto riconoscimento in merito e carriera, siamo bloccati. Possiamo cercare di fare un passo in avanti ed andare oltre le usuali affermazioni, indiscutibili quanto generiche, del tipo: «bisogna premiare il merito, riconoscere i migliori, incentivare chi lavora».

Cosa intendiamo per merito? Quali incentivi riconoscere fra salario e carriera? In quale forma, in quale misura? Inoltre, bisognerà identificare i soggetti atti a valutare i docenti: chi? Come? Quando? Con quali strumenti? In Italia, oltre le definizioni di opportunità comunemente condivise di introdurre un sistema di valutazione delle professionalità e in particolare dei docenti, manca una chiarezza di fondo sugli obiettivi, gli oggetti, i metodi, i riscontri premiali di retribuzione e di carriera, tutti aspetti su cui non abbiamo definizioni ed, ancor meno, accordi condivisi. È indubbio che spetterà al prossimo Ministro mettere sul tavolo una proposta, ma è altrettanto vero che non si sono costruite le condizioni preliminari e necessarie affinché quel tavolo non sia l’ennesimo fallimento. Questo è un passaggio troppo importante e nello stesso tempo delicato. Il rinnovo contrattuale è quanto mai vicino e la scuola rischia di arrivarci divisa e senza proposte concrete. Tutti hanno già capito che non vi saranno le condizioni per continuare a finanziare gli scatti così come sono ora, ma nessuno ha in campo una proposta solida su cui iniziare a costruire consenso.

Scatti, ora anche Monti dice sì

da ItaliaOggi

Scatti, ora anche Monti dice sì

Il governo ha dato il via libera all’intesa Aran-sindacati. La palla passa alla Corte dei conti

di Carlo Forte

Via libera del Consiglio dei ministri all’accordo per il recupero dei gradoni. Il placet di palazzo Chigi è giunto il 15 febbraio scorso e adesso si attende solo l’ok della Corte dei conti. É ormai alle battute finali, dunque, il complesso iter per il recupero dell’utilità del 2011 ai fini della progressione di carriera.

Che ha determinato una profonda spaccatura tra i sindacati rappresentativi: Cisl, Uil, Snals e Gilda-Unams, schierati in favore del sì all’intesa e Cgil schierata per il no, al punto da non firmare l’accordo. Non di meno, se gli organi di controllo non avanzeranno rilievi, i docenti e gli Ata dovrebbero ottenere i benefici economici dell’accordo già nella busta paga di marzo. Va detto subito che tali benefici valgono per tutti e, a regime, comportano un aumento della retribuzione annuale di circa 1000 euro con effetti a valere anche sulla pensione. L’ipotesi di contratto è stata sottoscritta all’Aran il 12 dicembre scorso. E il 30 gennaio è stata sottoscritta anche l’intesa che detta le regole per la distribuzione dei fondi alle scuole per il miglioramento dell’offerta formativa, decurtati dell’importo utile per finanziare la parte residua della somma necessaria al recupero dell’utilità del 2011 ai fini dei gradoni, sempre senza la firma della Cgil. L’entità delle risorse ammonta complessivamente a 924.040.000 euro e, per effetto dell’intesa, le scuole riceveranno a breve un acconto di 553,33 milioni di euro. I passaggi ai tavoli negoziali si sono resi necessari perché l’art. 9, comma 23, del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78 ha disposto che: «Per il personale docente, amministrativo, tecnico ed ausiliario (Ata) della scuola, gli anni 2010, 2011 e 2012 non sono utili ai fini della maturazione delle posizioni stipendiali e dei relativi incrementi economici previsti dalle disposizioni contrattuali vigenti».

L’intenzione del legislatore, infatti, era quella di introdurre un ritardo di tre anni nella maturazione degli scatti di anzianità. E ciò avrebbe comportato, a regime, una perdita secca di circa 1000 euro per ognuno degli anni del triennio, sia nella retribuzione che nella pensione. Con ulteriori decurtazioni della buonuscita. Gli effetti delle nuove disposizioni, però, sono stati mitigati da un successivo intervento legislativo, che ha ripristinato il recupero del 2010. Il tutto mediante l’utilizzo dei fondi inizialmente accantonati per finanziare il merito.

Fondi derivanti dal taglio di circa 135mila posti di lavoro nella scuola, disposti tramite il piano programmatico dell’art.64 della legge 133/2008. Il ritardo, dunque, era già stato ridotto di un anno, grazie al recupero dell’utilità del 2010. Per il recupero del 2011, però, i soldi del merito sono risultati insufficienti. Anche perché buona parte delle disponibilità sono state utilizzate dal governo per retribuire i docenti di sostegno, autorizzati in deroga alle riduzioni di organico. E quindi, per trovare i fondi che mancavano, governo e sindacati si sono messi intorno a un tavolo e, alla fine, hanno deciso a maggioranza di utilizzare una parte dei fondi previsti per finanziare lo straordinario dei docenti e degli Ata.

In ciò utilizzando il fondo per il miglioramento dell’offerta formativa (Mof).

Resta da vedere cosa succederà il prossimo anno, quando bisognerà individuare le risorse per finanziare il recupero del 2012, così da sanare definitivamente la questione. Sempre che non intervengano nuove misure di contenimento della spesa.

Usb Sicilia denuncia irregolarità nello svolgimento delle prove scritte del concorso a cattedra

da Tecnica della Scuola

Usb Sicilia denuncia irregolarità nello svolgimento delle prove scritte del concorso a cattedra
di Lucio Ficara
In una nota del sindacato di base siciliano si legge: “Siamo al quarto giorno delle prove scritte del concorso e continuano ad arrivarci segnalazioni di presunte irregolarità in merito alle procedure concorsuali”.
Che il concorso a cattedra non fosse stato accolto con trionfo da centinaia di migliaia di docenti precari già abilitati all’insegnamento è cosa ormai arci nota . Infatti moltissimi docenti che dagli anni duemila ad oggi si sono abilitati attraverso i vari canali concorsuali, dal concorso a cattedra bandito nel 1999, dai vari corsi abilitanti indetti con la legge 124/99 ed espletati tra il 2000 e il 2001 , ai vari cicli delle Siss che ci hanno tenuto compagnia dal 2001 al 2009, per poi lasciare il testimone ai TFA ordinari e adesso pure speciali, hanno considerato questo concorso a cattedra, tanto voluto dal ministro Profumo, come un vero e proprio ostacolo per rendere l’approdo verso un meritato contratto a tempo indeterminato, sempre più difficile e sempre più lontano. Molte critiche sono piovute sulla superficialità organizzativa di questo concorso, ritenuto dal ministro un concorso serio, efficiente e meritocratico, ma contestato e mal digerito da moltissimi precari storici. Adesso che il concorso è nel pieno dello svolgimento delle prove scritte, arriva la denuncia, da parte del USB Sicilia, di presunte irregolarità nello svolgimento delle prove scritte del concorso a cattedra, tenutosi in Sicilia. In una nota del sindacato di base siciliano si legge : Siamo al quarto giorno delle prove scritte del concorso e continuano ad arrivarci segnalazioni di presunte irregolarità in merito alle procedure concorsuali”. Le irregolarità riguarda la nomina delle commissioni di alcuni ambiti disciplinari, tale nomine sarebbero state fatte, da alcuni riscontri oggettivi, in data successiva allo svolgimento delle prove scritte. Di conseguenza le prove in oggetto si sarebbero svolte senza che le commissioni fossero state nominate nella loro interezza. Un’altra anomalia rilevata dal sindacato USB è : “che nella prima giornata della prova scritta dell’ambito 4 (Italiano, Storia, educazione civica e Geografia):, sono stati consegnati ‘fogli di brutta’ senza alcun timbro ministeriale o sigla , mentre dell’ambito 7 (Filosofia, Psicologia e Scienze dell’Educazione) e di altri ambiti sono stati consegnati, correttamente, fogli timbrati e siglati. In ultimo viene evidenziata l’assenza dei commissari durante la somministrazione delle prove, in modo tale che alle richieste di chiarimenti sulla traccia da parte dei concorrenti, nessun chiarimento è stato dato. Il concorso dell’efficienza, da queste denunce sembra essere diventato il concorso della disorganizzazione.

Assegnato l’acconto del FIS

da Tecnica della Scuola

Assegnato l’acconto del FIS
di L.L.
L’acconto riguarda il MOF per il periodo settembre-dicembre 2012 e il 50% dell’importo riferito a gennaio-agosto 2013
In esecuzione dell’Intesa siglata il 30 gennaio scorso e in attesa del perfezionamento dell’ipotesi di CCNl del 12 dicembre scorso, il Miur ha definito le assegnazioni in acconto del MOF Lordo Stato per l’a.s. 2012/2013 per il finanziamento degli istituti contrattuali di cui all’art. 88 del CCNL 29.11.2007 e delle risorse per il finanziamento degli istituti contrattuali di cui agli artt. 33 (funzioni strumentali), 62 (incarichi specifici per il personale ATA), 30 (ore eccedenti sostituzione colleghi assenti) e 87 (progetti pratica sportiva).
L’acconto è pari al totale del MOF per il periodo settembre-dicembre 2012 e al 50% dell’importo rimodulato riferito al periodo gennaio-agosto 2013 e va gestito secondo le modalità previste dal cedolino unico.
Le somme assegnate sono contenute nelle tabelle di cui alla Nota prot.n. 1067 del 18 febbraio 2013.

Tfa speciali, si faranno. Ma non prima di maggio

da Tecnica della Scuola

Tfa speciali, si faranno. Ma non prima di maggio
di Alessandro Giuliani
Il sì delle commissioni Cultura di Senato e Camera ha aperto le porte al loro avvio. Solo che mancano ancora una serie di passaggi tecnico-burocratici. Che porteranno all’emanazione dei decreti attuativi solo nel mese di aprile. Si allungano pure i tempi per le nuove classi di concorso. I particolari delle due operazioni sono contenuti nella versione cartacea di questo sito, fruibile anche on line
Ormai non ci sono più dubbi: i Tfa speciali, riservati al personale con un congruo periodo di supplenze alle spalle, si faranno. Solo che quello che doveva rappresentare uno degli ultimi atti approvati dal ministro Profumo, prima del suo addio al Miiur, vedrà la sua concretizzazione non prima di alcune settimane. Il sì all’unanimità della commissione Cultura del Senato e quello, più sofferto, dei colleghi di Montecitorio ha infatti spalancato le porte all’approvazione del provvedimento. Solo che dopo il via libera politico, occorre espletare un iter burocratico ancora tutt’altro che indifferente.
Col risultato che per permettere l’attuazione delle norme che modificano le norme vigenti sulla formazione in entrata, previste dal D.M. 249/2010, occorrono infatti altri 50-60 giorni.
Sull’ultima edizione del quindicinale “La Tecnica della Scuola”, acquistabile anche on line, sono riportati tutti gli aspetti tecnici per cui i decreti attuativi dei corsi verranno emanati non prima del mese di aprile 2013. E l’avvio dei corsi, di conseguenza, almeno un mese dopo.
Sempre sulla versione cartacea di questa testata giornalistica, sarà possibile approfondire le ultime notizie sul rinnovo delle classi di concorso. Il prossimo incontro tra amministrazioni e rappresentanti dei lavoratori sulla materia, che avrà i suoi effetti solo per i futuri Tfa e i concorsi (almeno per alcuni anni non riguarderà organici, mobilità e GaE), si svolgerà martedì 19 febbraio. In quella sede i sindacati esporranno le ulteriori parti che reputano non coerenti. Con i rappresentanti del Miur che valuteranno se le obiezioni siano da reputare pertinenti. Terminato questo confronto, il decreto dovrebbe essere approvato definitivamente dal Ministro. Che però non sarà più Francesco Profumo.
Sul numero 12 della Tecnica della Scuola sono presenti, inoltre, delle interviste esclusive ai vertici uscenti dell’attuale ministero dell’Istruzione: al ministro Francesco Profumo e ai sottosegretari Marco Rossi Doria e Elena Ugolini. E tanto altro ancora…

Viaggi d’istruzione, problematiche connesse ed autonomia scolastica

da Tecnica della Scuola

Viaggi d’istruzione, problematiche connesse ed autonomia scolastica
Riportiamo l’intervento di un lettore sul complesso tema della responsabilità connesse alla valutazione preventiva del rischio, anche alla luce dei recenti pronunciamenti della Corte di Cassazione.
Ecco le considerazioni del prof. Giuseppe Iaconis:
“Calabria, Roma, Torino, Aosta e ritorno in pullman. E’ questo l’itinerario sintetico relativo ad un viaggio d’istruzione proposto agli allievi frequentanti il terzo anno di una scuola secondaria di primo grado (ex scuola media) di una cittadina della Locride, in provincia di Reggio Calabria. Non occorre essere dei tour operator per comprendere che percorrere circa 3.000 chilometri in pullman in pochi giorni rappresenta uno sforzo fisico eccessivo persino per dei ragazzini di 13 anni. E non è neppure difficile immaginare quale possa essere la logica conseguenza derivante dall’utilizzo di un mezzo di trasporto che, evidentemente, non consente il pieno recupero delle energie fisiche e mentali spese durante le soste intermedie del lungo viaggio, vale a dire una scarsa ricaduta sul piano formativo.
Tuttavia, non è su questo evidente limite che si intende effettuare una riflessione critica, anche se ai più sfugge la finalità didattica ricollegata ad un viaggio cosi “variegato”. E’ interessante, invece, valutare le possibili conseguenze sotto il profilo giuridico che una scelta di questo tipo può determinare a carico della singola istituzione scolastica, dei docenti e, più in generale, dell’amministrazione pubblica, anche alla luce dei recenti orientamenti giurisprudenziali (Cassazione, sentenza n. 1769/12 dell’8 febbraio 2012 – Cassazione, sentenza n. 9542 del 22 aprile 2009).
E’ innegabile che a seguito dell’entrata in vigore del D.P.R. 275/1999 (Regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche) la normativa antecedente al 1° settembre 2000 non riveste più carattere prescrittivo, in quanto le istituzioni scolastiche sono autonome nella definizione delle modalità di organizzazione dei viaggi d’istruzione e delle visite guidate. Tuttavia una nota del ministero dell’istruzione (datata 11 aprile 2012, prot. n. 2209) se da un lato ribadisce la totale autonomia delle istituzioni scolastiche in materia di viaggi d’istruzione, dall’altro puntualizza, anche al fine di “garantire la tutela dell’incolumità dei partecipanti”, che la vecchia normativa comunque “costituisce opportuno riferimento per orientamenti e suggerimenti operativi”.
A questo punto sorgono una serie di interrogativi. Cosa accadrebbe, in termini di responsabilità, se nel contesto di un viaggio organizzato sul modello sopra illustrato uno dei partecipanti riportasse delle lesioni? Sarebbe configurabile una responsabilità dell’istituzione scolastica, nella persona del dirigente e dei docenti?
Per dare una risposta esaustiva a tali interrogativi occorre fare riferimento a due sentenze della Corte di Cassazione, dal combinato disposto delle quali si evince chiaramente che sussistono responsabilità in tal senso. La suprema corte, infatti, poco meno di un anno addietro (sentenza n. 1769/2012) in tema di responsabilità civile ha affermato che, ai fini del superamento della presunzione di responsabilità che ricade sulla scuola e sui docenti per fatto illecito dell’allievo (ex art. 2048 c.c.), non è sufficiente la sola dimostrazione di non essere stati in grado di evitare il danno, “ma è necessario anche dimostrare di aver adottato, in via preventiva, tutte le misure disciplinari o organizzative idonee ad evitare il sorgere di una situazione di pericolo” (Cass. 22 aprile 2009, n. 9542).
Nel caso in esame, l’utilizzo del pullman, nonostante si tratti di un viaggio particolarmente lungo che implica il trascorrere di molte ore a bordo del mezzo di trasporto, può tradursi in una responsabilità dell’istituzione scolastica? La scuola, con questa scelta, può sostenere di aver preventivamente adottato tutte le misure organizzative atte ad evitare il sorgere di una situazione di pericolo?
A questi interrogativi si potrebbe obiettare che la valutazione preventiva del rischio, in talune situazioni, presuppone una serie di competenze tecniche che, spesso, esulano dal patrimonio di conoscenza del personale scolastico. Tale obiezione, tuttavia, è destinata a cadere di fronte ai numerosi ed esaustivi interventi normativi del ministero dell’istruzione in tema di viaggi e visite guidate, i quali, pur non rivestendo più carattere prescrittivo, mantengono inalterata la loro validità sotto il profilo informativo e d’indirizzo.
La C. M. n. 291 del 14 ottobre 1992, al punto 9.1, in particolare, affermava chiaramente: “Si consiglia di utilizzare il treno, ogni volta che i percorsi programmati lo consentano, specie per i viaggi a lunga percorrenza. In proposito, è auspicabile che le località direttamente collegate con la ferrovia siano raggiunte attraverso una oculata combinazione treno + pullman”. Tale disposizione, com’è agevole intuire, affonda le sue radici nell’esigenza di garantire la sicurezza e l’incolumità degli alunni nella consapevolezza che la scelta del pullman per viaggi molto lunghi, concentrati in un lasso di tempo estremamente limitato (massimo 6 giorni), determina eccessivi livelli di stress fisici e mentali che, molto spesso, rappresentano la causa scatenante delle più diffuse situazioni di pericolo. Il venir meno dell’obbligatorietà di tale normativa, in seguito all’attuazione dell’autonomia scolastica, ha determinato anche il venire meno del dovere posto a carico delle singole scuole di garantire l’incolumità fisica dei propri allievi?
La risposta è certamente no. Il ministero dell’istruzione, infatti, nella nota in precedenza citata (prot. n. 2209), non a caso ha affermato che la normativa antecedente il 1° settembre 2000 comunque “costituisce opportuno riferimento per orientamenti e suggerimenti operativi” volti a garantire l’incolumità dei partecipanti. Particolarmente delicata, nella fattispecie in esame, è la posizione del dirigente scolastico, nella sua qualità di rappresentante legale dell’istituzione, sul quale ricade l’obbligo di vigilare affinché vengano adottate dall’organizzatore del viaggio (docente o agente di viaggio) le soluzioni organizzative in grado di ridurre al minimo i rischi per gli allievi e, soprattutto, il dovere di agire nel caso si riscontrassero criticità capaci di mettere a repentaglio l’incolumità fisica degli alunni.
Negli ultimi anni, tuttavia, una discutibile interpretazione delle norme sull’autonomia, ha spinto un numero crescente di scuole a delegare ad organizzatori di viaggi senza scrupoli (il cui unico interesse è il profitto) valutazioni che invece sono proprie dell’istituzione scolastica. Le conseguenze di tale procedura, oltre ad apparire palesemente inopportune sotto il profilo economico ed etico, poiché determinano un sensibile aggravio di costo a carico delle famiglie, rischiano di pregiudicare la validità formativa delle esperienze extracurriculari che, in qualche caso, risultano persino rischiose per i ragazzi partecipanti alle uscite didattiche.
L’autonomia scolastica, che avrebbe dovuto esaltare i territori, valorizzare e incrementare le relazioni tra scuola, famiglia e mondo del lavoro, per giungere ad una pianificazione condivisa dell’offerta formativa, sta invece provocando uno scollamento sempre più vistoso tra le istituzioni scolastiche e le realtà locali”.
Giuseppe Iaconis

Scritti concorso a cattedra, delle “Avvertenze Generali” si sono perse le tracce

da Tecnica della Scuola

Scritti concorso a cattedra, delle “Avvertenze Generali” si sono perse le tracce
di A.G.
Al via la seconda settimana di verifiche scritte. Finora, nelle prime sette diverse sessioni sono mancati i riferimenti agli aspetti organizzativi scolastici e gestionali della didattica: presenti solo in pochi quesiti e comunque con riferimenti marginali. Al Miur, evidentemente, hanno dato priorità ai contenuti disciplinari. Poco male: per i candidati che passeranno il “turno”, la preparazione acquisita servirà comunque in occasione dei colloqui.
Riprendono, nella mattinata del 18 febbraio, le prove scritte del concorso a cattedra per assegnare 11.542 posti nel prossimo biennio. Sinora si è parlato molto del posticipo dei primi due giorni, causa maltempo, delle prove di media difficoltà (definite ma in genere su argomenti delle discipline abbastanza “centrali” e non troppo dettagliati). Rimane da capire però una aspetto: che fine hanno fatto i riferimenti ai “contenuti trasversali indicati nelle Avvertenze Generali”, indicati esplicitamente nell’allegato n. 3 del bando di concorso?
Sinora, nelle prime sette diverse sessioni non ci sono stati riferimenti agli aspetti organizzativi scolastici e gestionali della didattica. Se si eccettuano alcuni quesiti, per i quali è stato chiesto il percorso didattico più adatto da adottare nell’affrontare un determinato tema, sinora sono mancate le indicazioni ai Progetti dell’Offerta Formativa, all’autonomia, agli organi collegiali, agli obblighi dei docenti. E via dicendo.
Si tratta di un’assenza che non può passare inosservata. Soprattutto perchè diversi candidati, soprattutto quelli più a corto di questo genere di conoscenze, avevano deciso di preparare tale versante del concorso attraverso la frequenza di corsi ad hoc.
Evidentemente al ministero dell’Istruzione devono aver considerato prevalente, dopo la prima scrematura su argomenti di tipo generalista, la verifica delle competenze prettamente disciplinari. Comunque, per coloro che supereranno gli scritti, non sarà stato tempo perso: in occasione delle prove orali, infatti questo genere di competenze saranno sicuramente trattate.

Profumo agli studenti: siate curiosi

da tuttoscuola.com

Profumo agli studenti: siate curiosi

E’ quasi una citazione di Steve Jobs (“Be hungry, Be foolish”) quella che il ministro Profumo rivolge agli studenti nell’intervista rilasciata al portale Skuola.net: “Cercate durante la scuola di essere interessati e curiosi, solo attraverso la curiosità si può avere una continuità nell’innovazione e poter diventare cittadini del mondo”.

Il ministro, rispondendo ad alcune fra le oltre 200 domande arrivategli via web, ha colto l’occasione per lanciare un appello ai politici impegnati nella campagna elettorale affinchè “in questi ultimi giorni di campagna elettorale ci sia una discussione seria e non di sogni sul tema scuola, università e ricerca”.

Tra le priorità che il ministro uscente segnala al suo successore stanno la sicurezza delle scuole, la programmazione degli interventi e delle risorse e la centralità dello studente, da rimettere al centro del processo scolastico.

Quanto alle ulteriori riforme di ordinamento, in particolare quella di rendere più unitario il biennio iniziale di scuola secondaria superiore, Profumo esprime la sua contrarietà. Serve a suo giudizio una  maggiore congruenza tra i percorsi formativi e le richieste del mondo lavorativo, e quindi la proposta di un biennio comune per le superiori e un triennio di indirizzo “oggi non corrisponde a un’esigenza del mercato del lavoro, che ha necessità che ci sia una scelta decisa sulla base dell’orientamento tra il percorso liceale e quello di istruzione tecnica professionale”.

Va incoraggiata, invece, la tendenza a rafforzare quest’ultima. “Paesi con economie simili alla nostra hanno percentuali di scelta sulla formazione tecnica professionale intorno al 70%, noi quest’anno per la prima volta siamo arrivati al 52% partendo dal 40% di qualche anno fa”, dice il ministro.

Qui, per la verità, Profumo pecca di imprecisione, perchè la percentuale complessiva degli studenti iscritti a percorsi tecnico-professionali (istituti tecnici, istituti professionali, istituti d’arte), non è mai scesa in Italia al 40%. Malgrado il notevole calo degli iscritti essa si è mantenuta sempre sopra al 50%, considerando ovviamente gli istituti professionali di Stato. Negli ultimi anni, da Prodi-Fioroni in avanti, è stato fatto uno sforzo assai rilevante per rilanciare l’istruzione tecnico-professionale (soprattutto quella tecnica), la tendenza al calo degli iscritti è stata bloccata e nell’ultimo anno ha cambiato segno. Ma di poco: il problema di fondo resta aperto.

Invalsi: strategie anti-cheating (anti-copiatura)

da tuttoscuola.com

Invalsi: strategie anti-cheating (anti-copiatura)

I test, soprattutto quelli a risposta multipla, hanno numerosi vantaggi rispetto alle prove tradizionali: possono essere standardizzati a determinati livelli di difficoltà, possono essere somministrati a grandi numeri di studenti, non si prestano a distorsioni valutative soggettive, e soprattutto possono essere corretti in tempi rapidissimi. Hanno lo svantaggio di prestarsi a un doppio tipo di cheating (copiatura): lo student cheating, quando gli studenti copiano tra di loro, e il teacher cheating, quando per varie ragioni (rifiuto dei test, timore di fare ‘brutta figura’ se i propri alunni falliscono la prova, tacita complicità con gli studenti…) sono gli stessi insegnanti ad aiutare, a fornire le risposte esatte.

Per questo i Paesi, come quelli anglosassoni, che da sempre ricorrono ai test per valutare i livelli di apprendimento hanno sviluppato tecniche e tecnologie finalizzate a combattere il fenomeno, in modo da rendere attendibili i risultati dei test. L’ETS (Educational Testing Service) di Princeton, la più affermata società mondiale produttrice di test valutativi, ha tra i suoi più importanti direttori centrali il responsabile della sicurezza, che di tali tecniche e tecnologie si occupa.

Anche l’Invalsi ha dovuto fare i conti con il cheating. Per le peculiari caratteristiche del Servizio nazionale di valutazione ad esso affidato, che comporta la restituzione dei risultati dei test da una parte alle singole scuole (anche ai fini dell’autovalutazione), e dall’altra al Ministero ai vari livelli territoriali fino a quello nazionale, l’Istituto ha dovuto sviluppare una complessa strategia anti-cheating, basata essenzialmente su sofisticati algoritmi statistici che ‘depurano’ i risultati dalle copiature e dagli ‘aiutini’. Operazione che si applica su larga scala, mentre in un ristretto numero di casi (le ‘scuole campione’, controllate da un valutatore esterno) si preferisce puntare sull’eliminazione in radice delle copiature, come prova a fare l’ETS.

L’ideale sarebbe che le scuole, e gli insegnanti per primi, comprendessero appieno che i test possono essere utili per il loro lavoro solo se non intervengono fatti distorsivi che ne alterino i risultati. La soluzione del problema non sta tanto nel controllo esterno quanto nell’autocontrollo dei comportamenti da parte di tutti, alunni e insegnanti.

Piano nazionale scuola digitale: tempo di strategie e decisioni

da TuttoscuolaFOCUS

Piano nazionale scuola digitale: tempo di strategie e decisioni

“Ci troviamo di fronte ad un progetto ambizioso”, dichiara a Tuttoscuola la dottoressa Giuliana Pupazzoni, direttore generale dell’ufficio scolastico della Liguria, che “impone di offrire ai dirigenti scolastici e al personale docente opportunità di formazione in servizio volte alla promozione di un approccio alla didattica interattiva e al passo con i tempi”.

La scuola, precisa a Tuttoscuola Giuseppe Desideri, presidente dell’associazione dei maestri cattolici (AIMC), “deve recuperare la piena partecipazione dei giovani con l’innovazione tecnologica, che non è una moda passeggera. Il cambiamento dei comportamenti di apprendimento non dipende strettamente dal contesto scolastico come è stato per la didattica modulare, per obiettivi, perché in questo caso è il contesto esterno che è cambiato o sta cambiando rapidamente”.

In questa azione” – aggiunge Massimo Di Menna, segretario generale del sindacato UIL-scuola “va incluso anche il personale che opera nelle segreterie delle istituzioni scolastiche perché è altrettanto fondamentale elevarne il livello di competenza e di efficienza”.

In questo scenario il mondo dell’impresa di settore – sottolinea a Tuttoscuola l’ingegnere Ernesto D’Alessandro, Supervisor Samsung Electronics Italia – “presta grande attenzione all’Agenda Digitale della Scuola e vuole fare la propria parte con un concorso di intenti realistici e coraggiosi. In particolare Samsung Smart School è orgogliosa di poter contribuire al processo di costruzione di un nuovo modello di scuola. La tecnologia non deve sottrarre spazio al docente che deve essere posto in grado di adattare lo strumento alle proprie scelte. Va contrastata l’idea che le ITC possano sostituire alla lunga i docenti”.

Ma sul piano nazionale di scuola digitale grava tuttavia più di un’incognita a partire dalla disponibilità di una rete a banda larga quanto mai necessaria per l’azzeramento del digital divide, che interessa la gran parte delle istituzioni scolastiche che non possono accedere ai collegamenti necessari. Il piano per l’azzeramento del digital divide oggi può contare su un finanziamento di 353,6 milioni di cui 30,4 milioni provenienti dal Piano Azione Coesione. Non molto, ma certamente in grado di avviare un’azione di rimonta da posizioni poco lusinghiere nelle graduatorie europee.

 

Scuola, memorandum europeo su formazione professionale e apprendistato

Scuola, memorandum europeo su formazione professionale e apprendistato

Oggi Ugolini alla prima riunione della Task Force bilaterale Italia – Germania

Il Sottosegretario: “Rafforzata dimensione europea dell’istruzione tecnica e professionale”

(Roma, 19 Febbraio 2013) Individuare i primi progetti-pilota e dare attuazione agli impegni di collaborazione assunti tra Italia e Germania attraverso il Memorandum d’intesa e cooperazione – in materia di formazione professionale, apprendistato e istruzione – stipulato a Berlino lo scorso mese di dicembre. E’ questo il compito della task force bilaterale Italia – Germania che oggi, alla presenza del Sottosegretario di Stato Elena Ugolini, si è riunita per la prima volta a Bologna, presso la Ducati Motor Holding.

Le delegazioni italiana e tedesca hanno analizzato, in particolare, due casi di eccellenza del settore della meccanica-meccatronica e della robotica: Ducati e Comau. Si tratta di casi di eccellenza non solo in termini imprenditoriali ma anche in termini di sviluppo di raccordi sistematici con le filiere formative di riferimento, a livello secondario e post-secondario. Il raccordo e l’allineamento tra le filiere produttive e le filiere formative è, infatti, il principale obiettivo delle Linee Guida per la realizzazione dei Poli tecnico-professionali, recentemente adottate dal Governo, previa intesa con le Regioni.

La Task Force ha deciso di avviare progetti – pilota di formazione duale a partire dall’esperienza realizzata da Ducati e da quella sviluppata da Comau. La realizzazione dei progetti-pilota sarà inserita anche, in una logica multi -regionale, nell’ambito della ri-programmazione del Piano di Azione Coesione (PAC), con particolare riferimento alle quattro Regioni del PON, per rilanciare la qualità dell’istruzione tecnica e professionale e la competitività delle filiere produttive territoriali.

“Rafforzare la dimensione europea rende ancora più attrattiva l’offerta formativa dell’istruzione tecnica e professionale – ha dichiarato il Sottosegretario Elena Ugolini – e questo è un elemento di particolare soddisfazione, che sono certa sarà mantenuto anche dal prossimo Governo”.

La necessità di passare in tempi rapidi alla fase attuativa del Memorandum è stata confermata anche dal Consiglio dell’Unione europea della scorsa settimana che ha ribadito l’importanza di adottare azioni immediate, specialmente in periodo di crisi, per aiutare i giovani a trovare un’occupazione, garantendo un loro competenze le necessarie per inserirsi nel mondo del lavoro. Proprio per stimolare i Paesi membri ad affrontare il problema della disoccupazione giovanile con maggiore efficacia, l’Ue ha suonato un campanello d’allarme affiche venga dato spazio alla cultura del lavoro in tutti i percorsi di istruzione e formazione attraverso l’alternanza scuola-lavoro e l’apprendistato.

Diffondere l’alternanza scuola-lavoro nella scuola italiana è una priorità sulla quale richiamare l’attenzione di dirigenti scolastici, docenti, giovani e loro famiglie, e di tutti i soggetti istituzionali e sociali interessati ad aiutare le nuove generazioni nella costruzione del loro futuro e a partecipare alla crescita sociale ed economica del Paese. Un numero crescente di scuole si è già messo in gioco per realizzare stage e tirocini nei percorsi di studio, in modo da:

  • attuare modalità di apprendimento flessibili ed equivalenti sotto il profilo culturale ed educativo, collegando sistematicamente la formazione in aula con l’esperienza pratica in contesti di lavoro;
  • far acquisire agli studenti, nel corso degli studi, competenze spendibili anche nel mercato del lavoro, favorendone l’orientamento per valorizzare vocazioni personali, interessi e stili di apprendimento personali;
  • realizzare un organico collegamento nei processi formativi con il mondo del lavoro e delle professioni, ivi compreso il volontariato e il privato sociale;
  • correlare i loro piani dell’offerta formativa allo sviluppo culturale, sociale ed economico del territorio.