Le scuole migliori? Quelle multietniche

da Il Messaggero

Le scuole migliori? Quelle multietniche

ROMA

La scuola migliore ha tanti colori e tante culture. Sono gli immigrati l’energia vincente delle classi italiane, cenerentole tra i grandi Paesi d’Europa sul piano delle risorse economiche, ma sorprendenti quando sanno valorizzare la ricchezza della presenza multietinica. È quanto sta emergendo dalle ultime analisi che mettono a confronto diversi dati statistici. Come quelli dell’Invalsi, l’Istituto nazionale di valutazione del sistema di istruzione. Una ricerca della fondazione Agnelli già poco più di un anno fa aveva dato la sua sentenza: le scuole migliori d’Italia sono quelle dove maggiori sono le diversità. I ricercatori hanno messo a punto un indicatore che misura il grado di varietà all’interno delle classi divise per provincia, e l’hanno confrontato con i test Invalsi che servono a quantificare il livello di preparazione di tutti gli studenti (italiani e non). Le province con classi più eterogenee in Italia sono Trieste, Mantova e Varese. Più mirato sulla multietnicità è uno studio di Tuttoscuola (96 indicatori utilizzati per l’anno scolastico 2010/2011). Premia Torino come prima tra le grandi città per il livello medio degli istituti. E Torino è la prima anche come multietnicità: nei suoi banchi sono rappresentate 130 nazioni diverse, mentre la media di alunni stranieri è di quasi 3 punti più alta di quella italiana (11,8%). Così come i molti stranieri delle scuole di Milano (12,8%) corrispondono a un settimo posto di qualità. Roma, che è nella media (9,5%) è 71ma nella classifica qualità.

BRAVI IN MATEMATICA
Ma tornando all’Invalsi. I test fatti su quasi tre milioni di studenti nel 2012, hanno evidenziato che lo scarto medio tra italiani e non si sta riducendo sempre più al punto che gli stranieri di seconda generazione (quasi trecentomila) sono praticamente allineati agli italiani. In terza media, in italiano, la differenza è di sette punti. Mentre in matematica di appena tre. Quello che sorprende è che questa differenza si riduce nelle regioni che hanno una maggiore presenza di alunni stranieri. Tanto per fare un esempio, nel Veneto (la seconda regione in Italia per numero di alunni stranieri con 89.367 presenze) i risultati degli studenti nelle prove di matematica sono superiori di 35 punti rispetto alla Sardegna (solo 4.741 alunni stranieri, quart’ultima nella classifica nazionale) che è la regione con gli esiti più bassi. «Gli alunni stranieri possono essere una ricchezza per la scuola – spiega Vinicio Ongini, autore di saggi sull’educazione interculturale e uno dei massimi esperti italiani del settore -. Là dove le scuole hanno saputo cogliere questa opportunità, i risultati si vedono. Nelle classi con gli alunni stranieri c’è più dinamismo. I compagni sono più aperti al confronto e pronti ad aiutarsi se sostenuti dagli insegnanti».
APPRENDIMENTO RECIPROCO
L’integrazione degli alunni stranieri è un problema particolarmente sentito dalla scuola italiana. Gli studenti immigrati sono il 9% del totale, circa 756mila. Ci sono quasi mille scuole che arrivano ad una concentrazione che supera il 40% del totale degli iscritti. Poco più di 400 quelle dove gli italiani sono in minoranza. Tra queste 40 sono istituti record con gli stranieri che superano l’80%. L’Italia, poi, ha un primato europeo: è il Paese più multiculturale, non come quantità, ma come differenze (con alunni di 80 lingue diverse). Nell’interazione, nell’esempio diverso, nell’apprendimento reciproco, la multicultura è un valore aggiunto. E gli stranieri qualche volta permettono alla scuola di vivere: è la storia di due istituti, uno in Lombardia e uno sull’Appennino calabrese, che stavano per chiudere e hanno tenuto aperto per ospitare rispettivamente piccoli rifugiati dal Kurdistan e dall’Afghanistan.
Alessia Camplone

Siamo tutti dislessici? I rischi di un’iper-diagnosi

da Corriere della sera

Siamo tutti dislessici? I rischi di un’iper-diagnosi

Trentamila nuovi casi all’anno solo in Italia «Ma spesso sui ragazzi si sbaglia»

«Un tempo erano bambini discoli, disattenti, disordinati; oggi, tramontata l’epoca delle punizioni, si chiamano dislessici, discalculici, disgrafici. Finalmente la definizione corretta di un disagio che, attenzione, non è una malattia». Giacomo Stella, psicologo clinico, docente all’università di Modena e Reggio Emilia, una sfilza di libri e una vita dedicata alla dislessia, è soddisfatto: in Italia c’è una nuova sensibilità al disturbo, c’è una legge (la 170 del 2010) che gli dà piena identità e stabilisce quali strumenti di appoggio ed esenzioni debbano essere adottati, c’è la presa in carico degli insegnanti. Ma oggi le scuole sembrano traboccare di dislessici; non c’è classe dove almeno un ragazzino non sia in crisi con la lettura, l’ortografia o le tabelline. Le cifre ufficiali parlano del 5 per cento della popolazione scolastica e i nuovi casi superano i trentamila all’anno. È una nuova epidemia, oppure l’attenzione ha preso la mano a tutti? Difficile dirlo anche perché si sospetta che la «trasparenza» dell’italiano, ovvero il fatto che si legga come si scrive, abbia per troppo tempo occultato la reale incidenza del disturbo in Italia, problema prorompente nei paesi anglosassoni, dove sfiora l’8 per cento. Spiega Valentina Bambini, ricercatrice del centro di Neurolinguistica e sintassi teorica della Scuola superiore universitaria IUSS di Pavia: «Se ci esprimiamo in termini di fonemi e grafemi (le unità della lingua parlata e scritta, ndr), la differenza è impressionante: l’italiano ha circa 25 fonemi e 33 grafemi, fra la fonologia e l’ortografia la sovrapposizione è pressoché totale; l’inglese ha 40 fonemi e 1.120 grafemi, una lingua ostica, inevitabilmente, per chi ha problemi con la lettura. Già nel 1985 su mille studenti americani e italiani, una ricerca mise in evidenza una frequenza della dislessia negli Stati Uniti doppia che in Italia». E i metodi di studio del cervello sofisticati, in grado di scoprire quali aree cerebrali sono attive mentre si svolgono certe azioni e compiti, che cosa hanno aggiunto alla conoscenza della dislessia? Qualcosa hanno spiegato di quella che un tempo gli stessi scienziati chiamavano con un’espressione colorita, ma spia di grande ignoranza, la «cecità delle parole», dimostrando, ad esempio, che c’è una diversa densità della materia grigia a livello del lobo temporale sinistro del cervello, quello più implicato nel riconoscimento e l’elaborazione visiva del linguaggio. Una «neurodiversità», la definisce Giacomo Stella. Presente in uguale misura in dislessici adulti inglesi, francesi e italiani stando a uno studio pubblicato sulla rivista Brain da vari ricercatori tra i quali Daniela Perani, neuroscienziata dell’università del San Raffaele di Milano. Diversità che deve essere sostenuta, ma non guarisce «visto che in età adulta — precisa Stella — la dislessia è ancora presente nel 75 per cento di quelli che ne hanno sofferto da piccoli». Confermando l’ipotesi che qualcosa di ereditario ci sia. Il bambino oggi viene aiutato con vari strumenti: registratore, programmi di videoscrittura con correttore ortografico, calcolatrice. «La normativa non prevede l’insegnante di sostegno, per cui il lavoro aggiuntivo può diventare un carico pesante per l’insegnante — ci informa Francesca Conti, professoressa di scienze in una scuola media dell’hinterland milanese —. Fortunatamente cominciano ad essere disponibili, offerti in omaggio dalle case editrici in questa fase sperimentale, libri studiati per i dislessici, che facilitano la lettura attraverso espedienti di colore, di maggiore distanza fra le frasi, di sottolineatura di parole chiave. Ma nel corpo insegnante c’è tanta paura di sbagliare». Fenomeno confermato da Jubin Abutalebi, docente di neuropsicologia all’università del San Raffaele di Milano che vede molti di questi bambini (per legge sono le Asl e gli ospedali che devono fare la diagnosi): «Spesso arrivano alla nostra osservazione ragazzini definiti dislessici dagli insegnanti, che ad un esame approfondito si rivelano normali». Dove sta la verità? Secondo Abutalebi (e non solo) solo studi ulteriori chiariranno meglio questa «diversità» dei dislessici.
Franca Porciani

“Mancata stabilizzazione” e il Miur dovrà risarcire

da Tecnica della Scuola

“Mancata stabilizzazione” e il Miur dovrà risarcire
Un risarcimento record da 150.385 euro per “i danni subiti” è stato riconosciuto dal giudice di pace di Trapani a un insegnate di educazione fisica e di sostegno. Il ministero dovrà pagare scatti e mensilità estive per gli anni pregressi (2005-2011) e per gli anni futuri fino all’età pensionabile
La notizia racconta di un risarcimento record da 150.385 euro per “mancata stabilizzazione”, riconosciuto dal giudice di pace di Trapani a un docente precario di educazione fisica, sostenuto dall’Anief.
Il Miur dovrà pagare scatti e mensilità estive per gli anni pregressi (2005-2011) e per gli anni futuri fino all‘età pensionabile, con un’addizionale del 10% in via equitativa per i possibili mancati contratti. ”La necessità dell’assunzione per pubblico concorso non può giustificare deroghe alle disposizioni che limitano il potere di abuso del datore di lavoro nello stipulare contratti a termine, né autorizzare comportamenti contra legem della pubblica amministrazione”.
Il docente precario di educazione fisica e sostegno aveva ottenuto dal 2005 diversi contratti da supplente su posti vacanti e disponibili, ma insegnava già dal 2001.
Per il presidente dell’Anief, Marcello Pacifico, si tratta di “una giusta condanna che risarcisce in maniera adeguata i precari danneggiati dai comportamenti illegittimi del Miur”. In questo senso, prosegue, la sentenza del giudice del lavoro di Trapani “può fare scuola dopo la recente pronuncia della Cassazione che paventava un possibile grave danno erariale alle casse dello Stato fissando dei nuovi criteri risarcitori. In ogni caso, è confermata la dottrina secondo cui non vi possono essere trattamenti economici diversi tra lavoratori precari e di ruolo mentre il contratto al 31 agosto deve essere sempre riconosciuto se il posto è vacante e disponibile”.
Sono almeno due precedenti di riconoscimento di un risarcimento per docenti precari. Nel luglio del 2011 il tribunale di Trani aveva accolto il ricorso presentato da una docente, precaria da oltre 7 anni che chiedeva la conversione del rapporto di lavoro da tempo determinato a indeterminato, oltre ad un risarcimento a compensazione dei disagi e dei danni subiti a causa della precarietà prolungata nel tempo. Il giudice aveva ordinato al Miur di riammettere immediatamente in servizio l’insegnante e risarcirle il danno. Nel giugno del 2009 il giudice del lavoro di Viterbo aveva condannato il ministero della Pubblica Istruzione a pagare da 4 a 6 mensilità ai 63 tra docenti e personale Ata precari, in servizio nelle scuole viterbesi di ogni ordine e grado, ai quali, dal 2007, a seguito dei tagli degli organici, non era stato rinnovato il contratto.

Prova scritta concorso a cattedra A059: più scienza che matematica

da Tecnica della Scuola

Prova scritta concorso a cattedra A059: più scienza che matematica
di Aldo Domenico Ficara
Nella classe di concorso A059 su tre quesiti proposti solo il secondo riguarda la matematica attraverso la richiesta su quando due triangoli siano simili o due quadrilateri siano simili. Il resto della traccia tratta di teoria dell’evoluzione, di biologia molecolare, del metodo del 14 C, o Carbonio 14 e di isotopi radioattivi
Visto il testo si comprende meglio il comunicato del Ministero che diceva: “Si comunica che nella prova scritta della classe di concorso A059 non sarà consentito l’uso della calcolatrice programmabile”. Di seguito si riporta il testo della prova scritta:
Quesito 1
Si indichi come la teoria dell’evoluzione abbia modificato i criteri di classificazione del sistema dei viventi e lo stesso concetto di specie. Si discuta come le conoscenze in biologia molecolare possano arricchire e modificare la didattica della moderna sistematica biologica. Quali altri caratteri non morfologici possono fornire elementi per distinguere specie morfologicamente simili?
Quesito 2
Un foglio rettangolare viene diviso in due fogli rettangolari uguali, tagliandolo lungo la retta che passa per i punti medi dei lati più lunghi. Ci si accorge che ciascuno dei due fogli più piccoli così ottenuti è un rettangolo simile a quello da cui si è partiti. Si dica qual è il rapporto tra i due lati del foglio iniziale, spiegandone il ragionamento in termini adatti per una presentazione nella scuola secondaria di primo grado e indicando applicazioni e motivazioni e possibili situazioni di laboratorio.
Si dica poi sinteticamente cosa significa che due triangoli sono simili e che due quadrilateri sono simili. Si descriva infine in termini delle coordinate cartesiane una similitudine del piano in sé che mantiene fissa l’origine 0 degli assi.
Quesito 3
Il metodo del 14 C, o Carbonio 14, per la datazione dei reperti fossili si basa sui due fatti seguenti: i) la percentuale dell’isotopo 14C contenuta negli organismi viventi, rispetto al totale del Carbonio contenuto negli organismi stessi, ha un valore costante po, indipendente dall’organismo; ii) il Carbonio 14, che è un isotopo radioattivo, decade nel tempo e ha un tempo di dimezzamento d di circa 5700 anni. Di conseguenza la percentuale di 14 C rispetto al totale del Carbonio, che si trova nei resti di un organismo quando è passato un tempo t dopo la morte, è po/2 .Inoltre, se p(t) indica la percentuale di Carbonio 14 quando è passato un tempo d dopo la morte, per ogni valore di t si avrà p (t+d)=1/2p(t).
1. Quanto vale p(3d)? Quanto vale all’incirca p(t) per =29.000 anni?
2. Si disegnino due assi cartesiani, mettendo sull’asse orizzontale i tempi da 0 a 50.000 anni e sull’asse verticale le percentuali da zero a 100. Si rappresentino poi sull’asse orizzontale i punti t1=d, t2=2d, …..t6=6d e si rappresentino nel piano i punti di coordinate (t1, p(t1)), (t2,p(t2)…,(t6,p(t6)).
3. Con argomentazioni adattabili per una presentazione nella scuola secondaria di primo grado, anche utilizzando il grafico, sia dia una stima del valore t* in corrispondenza al quale la percentuale p(t*) è il 70%.
4. Osservando che la percentuale p (t) segue una legge esponenziale del tipo p(t) = po e – ct, si esprima la costante c in termini del tempo di dimezzamento d. Grazie a questo si dia una formula per il valore t* di cui al punto precedente.

24 febbraio Elezioni politiche

Le elezioni politiche si svolgono nei giorni di domenica 24 e lunedì 25 febbraio 2013, mentre la prima riunione delle Camere avrà luogo il giorno venerdì 15 marzo 2013.

Manuale elettorale 2013
a cura della Camera dei deputati

Speciale elezioni
a cura del Ministero dell’Interno