Regolamento di riorganizzazione dei CPIA

Regolamento di riorganizzazione dei CPIA: una prima risposta all’apprendimento permanente

Il Regolamento di riorganizzazione dei Centri Provinciali d’Istruzione per gli Adulti (CPIA), compresi i corsi serali, completato il suo iter istituzionale dopo una lunga fase procedurale durata quasi sei anni, è stato approvato, in via definitiva, dal Consiglio dei Ministri il 4.10.2012 ed è ufficialmente in vigore da ieri, 25 febbraio, data della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale n. 47. Il Regolamento è rubricato come dPR n. 263 del 29.10.2012.

La legge 27.12.2006, n. 296, art. 1, comma 632, per la prima volta nella storia della scuola italiana, interviene sull’educazione degli adulti, istituendo i CPIA; nel contempo ne cambia la mission formativa ridenominandola “Istruzione degli adulti”. Non è un cambiamento solo nominale, ma di vera sostanza in quanto lo Stato sceglie di assumersi la responsabilità di fornire un’istruzione (rilascio titoli) di propria esclusiva competenza, lasciando agli enti locali la possibilità di intervenire per l’ampliamento dell’offerta formativa.

Apprezzabile l’intento del legislatore che con questa norma, mentre finalmente attribuiva dignità legislativa al settore, rendeva poco efficace la sua applicazione in quanto nasceva con un vincolo ben preciso, per un nuovo CPIA che si istituisce, una autonomia scolastica muore. Adesso con l’approvazione del Regolamento viene data attuazione a questa norma definendo identità, organizzazione didattica, assetti organizzativi e modalità attuative di questi nuovi Centri.

Finalmente l’istruzione degli adulti, sostenuta da un provvedimento normativo, entra a pieno titolo nel sistema di istruzione del nostro Paese, rappresentando una prima significativa risposta al deficit formativo presente in modo diffuso nella popolazione adulta, ciò in prospettiva della costruzione di un organico sistema di apprendimento permanente, i cui elementi essenziali sono stati delineati nella riforma del mercato del lavoro.

L’attuale organizzazione didattica dei corsi per adulti, soprattutto i corsi serali finalizzati al conseguimento del diploma di maturità tecnica e/o professionale, è rigida e ripropone, integralmente, gli stessi ordinamenti previsti per i ragazzi, senza alcun riconoscimento delle conoscenze e delle competenze acquisite nei contesti di vita e di lavoro come avviene in gran parte dei Paesi europei.

Con i nuovi percorsi articolati in periodi didattici si potrà realizzare, non solamente un carico orario più sostenibile, ma anche un evidente accorciamento, da cinque a tre anni, del’itinerario che conduce al conseguimento del titolo di scuola secondaria di secondo grado.

Il provvedimento conferma che i CPIA saranno riferimento per l’obbligo d’istruzione, potendo rilasciare il titolo di studio conclusivo del primo ciclo, la certificazione delle competenze connesse all’obbligo di istruzione e il riconoscimento formale dei percorsi di alfabetizzazione e di apprendimento della lingua italiana; il rilascio dei diplomi dell’istruzione tecnica e dell’istruzione professionale, invece, resta in capo alle istituzioni scolastiche sede dei corsi serali.

Questi gli strumenti previsti dal nuovo regolamento:

  • l’organizzazione per classi è superata dall’organizzazione in due livelli: il primo per il conseguimento della “licenza media” e delle competenze per l’assolvimento dell’obbligo di istruzione; il secondo, per il conseguimento di un diploma di istruzione tecnica, di istruzione professionale e di liceo artistico;
  • il riconoscimento dei crediti, comunque acquisiti dalle persone, anche nel tempo libero, con la definizione del “Patto formativo individuale”. Ciascun adulto potrà sapere a quale livello si inserisce e quale percorso didattico dovrà seguire. Rispetto ai percorsi per i ragazzi, l’orario è ridotto del 30%. E’ previsto anche l’insegnamento a distanza per il 20% del percorso. Non si dovrà ricominciare daccapo nelle materie per le quali l’adulto ha ottenuto riconoscimento di quello che sa, eliminando così la frustrazione, oggi causa di molti abbandoni da parte di coloro che iniziano questi percorsi;
  •  ai centri territoriali potranno iscriversi anche i giovani di sedici anni che non hanno assolto all’obbligo di istruzione e gli adulti stranieri per seguire percorsi di alfabetizzazione e di apprendimento della lingua italiana, con il rilascio della relativa certificazione necessaria per l’ingresso nel mondo del lavoro;
  •   gli organi collegiali dei centri territoriali saranno diversi da quelli delle scuole ordinarie. Ad esempio, il consiglio di classe sarà sostituito dal consiglio di livello.

Si apre adesso una fase di innovazione sperimentale prevista dallo stesso decreto attraverso “progetti assistiti a livello nazionale”, che necessita di un confronto serio e produttivo con le rappresentanze di categoria e confederale per affrontare tutte le specifiche questioni che riguardano, da un lato l’efficacia e l’efficienza del servizio offerto e dall’altro la tutela della professionalità di tutti gli operatori (dirigenti, docenti e a.t.a.) impegnati nel settore.

Le “Linee Guida” che l’Amministrazione è chiamata ad adottare rappresentano, infatti, lo strumento chiave che potrà consentire di definire, in maniera condivisa, i dettagli organizzativi relativi alle modalità attuative.

Un primo problema da affrontare riguarderà la distribuzione dei nuovi CPIA nel territorio nazionale e locale. Bisogna prestare molta attenzione ai parametri numerici ed ai criteri di qualità che ispireranno le decisioni, tenendo presente la dimensione provinciale e i 55 CPIA già istituiti con codice meccanografico salvaguardati dallo stesso provvedimento.

Dovranno essere formalizzate le modalità di organizzazione, su base provinciale, dei servizi formativi in modo da garantire, attraverso accordi di rete con altre istituzioni scolastiche e altri soggetti del territorio, una presenza diffusa nel territorio stesso atta a favorire l’accesso a tutti.

Altra questione è connessa all’offerta formativa erogata dai CPIA; definiti con chiarezza i percorsi didattici finalizzati al conseguimento dei titoli, occorre individuare gli elementi funzionali a garantire l’alfabetizzazione funzionale e la delicata questione della certificazione attraverso i test della conoscenza della lingua italiana per il rilascio del permesso di soggiorno.

Se da un lato è stato riconosciuto, da più parti, il ruolo fondamentale dei Centri Territoriali Permanenti nel rapporto con i cittadini migranti e con la loro formazione, dall’altro gli stessi CTP sono stati coinvolti in attività e investiti di compiti istituzionali che non solo hanno significativamente aumentato il carico di lavoro, ma hanno anche accresciuto il livello di complessità dei loro interventi.

I meccanismi di attestazione/certificazione previsti dalla normativa rendono centrale il ruolo del Centro Territoriale, che si trova però in situazioni di forte sottodimensionamento dell’organico docente, in particolare per la ridotta presenza di docenti alfabetizzatori. Ai nuovi Centri dovranno essere assicurate tutte le risorse necessarie per dare continuità a questa specifica attività.

Si rende indispensabile una specifica e dettagliata definizione del parametro “10 docenti per 160 studenti”, che garantisca una presenza equilibrata di docenti alfabetizzatori e di docenti delle discipline connesse all’acquisizione delle competenze di base relative all’obbligo di istruzione.

Dovranno essere assicurate, inoltre, proprio per poter rispondere all’articolazione diffusa nel territorio, dotazioni organiche di personale a.t.a. adeguate al bisogno. Appaiono del tutto generici, infatti, i parametri indicati dal decreto. Positiva, invece, l’opportunità di assegnare ai Centri unità di personale del profilo di assistente tecnico sulla base di disponibilità rientrante nei tetti organici previsti o ricorrendo all’istituto contrattuale delle collaborazioni plurime.

Le “Linee Guida”, inoltre, dovranno sia definire in modo analitico e puntuale i criteri per il riconoscimento dei crediti, valorizzando le competenze acquisite nei contesti formali, non formali e informali, sia individuare le modalità per fruire efficacemente delle flessibilità funzionali alla personalizzazione dei percorsi, alla fruizione a distanza del 20% del monte ore, all’attività di accoglienza per non più del 10% del monte ore medesimo.

Il cantiere è aperto!

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Scheda di lettura

Regolamento recante norme generali per la ridefinizione dell’assetto organizzativo didattico dei Centri d’Istruzione per gli Adulti,
ivi compresi i corsi serali

Approvato in via definitiva dal Consiglio dei Ministri il 4 ottobre 2012

(GU n. 47 del 25 febbraio 2013)

Definizioni

Il Regolamento definisce i nuovi assetti dei Centri Provinciali d’Istruzione per gli Adulti (CPIA) ivi compresi i serali, che saranno attivati a partire dall’a.s. 2013/14 e non oltre il 2014/15, nei quali saranno ricondotti i CTP, i corsi serali e i serali negli istituti di prevenzione e pena.

Identità

Si costituisce una tipologia di istituzione scolastica autonoma, dotata di uno specifico assetto didattico e organizzativo, articolata in reti territoriali di servizio, di norma su base provinciale, ovviamente, nel rispetto della programmazione regionale.

Tali istituzioni hanno la medesima autonomia attribuita alle istituzioni scolastiche con proprio organico, propri Organi Collegiali opportunamente adattati, e operano in stretto raccordo con le autonomie locali, il mondo del lavoro e delle professioni realizzando un’offerta formativa strutturata per livelli di apprendimento.

I Centri realizzano un’offerta formativa finalizzata al conseguimento del titolo di studio conclusivo del primo ciclo, di certificazione delle competenze connesse all’obbligo di istruzione e di riconoscimento formale dei percorsi di alfabetizzazione e di apprendimento della lingua italiana non inferiore al livello A2.

Si prevede, inoltre, l’opportunità di ampliare l’offerta formativa in virtù del dPR 275/99.

Utenza

Adulti in età lavorativa anche stranieri che non hanno assolto l’obbligo di istruzione o che non sono in possesso del titolo di studio conclusivo del primo ciclo di istruzione.

Ragazzi che hanno compiuto 16 anni privi del titolo del primo ciclo e/o che non hanno assolto l’obbligo.

Possibilità di inserire, in presenza di particolari e motivate esigenze, anche i quindicenni.

Assetto didattico

Offerta formativa

L’offerta formativa è strutturata per livelli di apprendimento;
I percorsi di I livello sono articolati in due periodi didattici:

  • il primo periodo didattico è finalizzato conseguimento del titolo di studio conclusivo del primo ciclo; in tale ambito, su nostra specifica richiesta, vengono “recuperati” i corsi di alfabetizzazione in lingua italiana destinati agli stranieri.
  • il secondo periodo didattico è finalizzato al conseguimento della certificazione attestante l’acquisizione delle competenze di base connesse all’obbligo di istruzione

    I percorsi di II livello sono articolati in tre periodi didattici:

    • il primo periodo didattico è finalizzato all’acquisizione della certificazione necessaria per l’ammissione al secondo biennio dei percorsi degli istituti tecnici o professionali;
    • il secondo periodo didattico è finalizzato all’acquisizione della certificazione necessaria per l’ammissione all’ultimo anno dei percorsi degli istituti tecnici o professionali;
    • il terzo periodo didattico è finalizzato all’acquisizione del diploma di istruzione tecnica o professionale.

      Orari

      I percorsi di primo livello relativi al primo periodo didattico hanno un orario complessivo di 400 ore implementabili fino ad un massimo di ulteriori 200 ore, in assenza di certificazione conclusiva della scuola primaria e/o utilizzabile ai fini dell’alfabetizzazione in lingua italiana degli adulti stranieri.

      I percorsi di secondo livello, relativi ai tre periodi didattici hanno un orario complessivo pari al 70 per cento di quello previsto dai corrispondenti ordinamenti degli istituti tecnici o professionali con riferimento all’area di istruzione generale e alle singole aree di indirizzo.

      I percorsi di secondo livello sono realizzati dalle istituzioni scolastiche presso le quali funzionano i percorsi di istruzione tecnica, professionale e artistica.

      Nell’ambito dell’ampliamento dell’offerta formativa, le istituzioni scolastiche possono prevedere l’istituzione di percorsi di istruzione liceale.

      Con successivo decreto del MIUR e del MEF saranno definite le linee guida e le modalità per rendere sostenibili i carichi orari (riconoscimento dei crediti, personalizzazione dei percorsi, fruizione a distanza del 20% del monte ore, attività di accoglienza per non più del 10% del monte ore).

Assetto organizzativo

L’assetto organizzativo descritto ed in particolare le unità di apprendimento, la possibilità di apprendimento a distanza, i gruppi di livello e il “Patto Formativo Individuale” dovranno favorire le sviluppo e l’efficacia dell’offerta formativa, secondo criteri e modalità stabilite da apposite linee guida.

Viene definita la possibilità di accertare il livello di conoscenze, abilità e competenze e la valorizzazione del patrimonio culturale e professionale della persona ai fini dell’’accesso ai vari periodi didattici. Gli elementi innovativi previsti presuppongono una fase di sperimentazione, come transizione da vecchia a nuova organizzazione.

Si ribadisce con forza l’importanza strategica della certificazione delle competenze-chiave in esito a ciascun periodo didattico ed in particolare quella relativa alla valorizzazione delle competenze acquisite in contesti formali, non formali e informali i cui criteri di riconoscimento saranno definite con le linee guida prima citate.

Valutazione e certificazione

La valutazione è definita a partire dal patto formativo individuale, in modo da valorizzare le competenze acquisite in esito agli apprendimenti e le competenze comunque acquisite nei contesti informali e non formali. Riteniamo che la valutazione non potrà tener conto soltanto degli esiti degli apprendimenti, ma più ampiamente e in senso complessivo delle condizioni di status dell’adulto che rientra in formazione con un portato di esperienze comunque acquisite.

I titoli di studio conclusivi sono conseguiti a superamento degli esami di Stato e corrispondo al primo e al secondo ciclo d’istruzione.

L’esame di Stato prevede:

  • tre prove scritte (italiano, lingua straniera e matematica);
  • una specifica prova scritta a carattere nazionale;
  • un colloquio pluridisciplinare.

    L’esame si conclude con un giudizio motivato della Commissione. Con successivi decreti saranno definiti i criteri e linee guida per la valutazione e la certificazione, ivi compresi i relativi modelli.

Organi collegiali

Viene dedicato un apposito articolo agli organi collegiali, definendone ruoli, competenze e specificità.

L’adattamento più evidente si riferisce alla rappresentanza degli studenti che, in quanto adulti, sostituiscono in toto la componente genitori.

Gestione amministrativo contabile

Al pari delle altre istituzioni scolastiche, si applicano le disposizioni del Decreto Interministeriale 44/01.

Dotazioni organiche

In ossequio a quanto disposto dall’art. 64 del decreto-legge 112/08 si prevede un organico funzionale (quanto?) definito sulla base della serie storica degli scrutinati, con un rapporto non superiore a 10 docenti ogni 160 studenti.

Non viene stabilito alcun riferimento agli ordini di scuola e alle classi di concorso.

Appaiono del tutto generici i parametri relativi alle dotazioni organiche del personale A T A che pure dovrebbero tenere in debito conto l’articolazione diffusa nel territorio.

E’ prevista l’opportunità di assegnare ai centri unità di personale del profilo di assistente tecnico sulla base di disponibilità rientrante nei tetti organici previsti o ricorrendo anche all’istituto contrattuale delle collaborazioni plurime.

Monitoraggio e valutazione di sistema

Positiva la previsione di un’azione costante di monitoraggio e valutazione, operata attraverso l’INDIRE e l’INVALSI, oggetto di apposito rapporto triennale da rendere al Parlamento.

Disciplina transitoria

Viene sottolineato l’avvio graduale a partire dall’anno scolastico in corso con progetti assistiti a livello nazionale.

Dal prossimo anno scolastico 2013/14, le nuove disposizioni saranno applicate alle classi prime, seconde, terze e quarte dei corsi serali dell’istruzione tecnica, dell’istruzione professionale e dei licei artistici.

Si ribadisce, a litania, che non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

L’istituzione dei centri potrà avvenire esclusivamente in presenza di una corrispondente riduzione di ulteriori autonomie scolastiche come previsto dal Piano programmatico predisposto ai sensi dell’articolo 64 del decreto-legge 112/08. Sono fatti salvi i centri già istituiti (55) senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, per l’a.s. 2009/10 e che detengono già il codice meccanografico.

Nell’ambito di tali regole, le Regioni nel predisporre il piano di dimensionamento della rete scolastica per i futuri anni scolastici, dovranno prevedere l’istituzione dei nuovi Centri d’Istruzione per gli Adulti.

Il passaggio al nuovo ordinamento, infine, è definito da linee guida, adottate dal MIUR di concerto con il MEF, a sostegno dell’autonomia organizzativa e didattica dei centri, con particolare riferimento all’applicazione del nuovo assetto didattico dei percorsi.

L’ipotesi del blocco degli stipendi fino a tutto il 2014 ha il sapore della beffa

Stipendi, l’ipotesi del blocco degli stipendi fino a tutto il 2014 ha il sapore della beffa. Se le cose stanno così il Governo si appresti immediatamente a restituire gli ingenti fondi sottratti al Miglioramento dell’offerta formativa. E i sindacati imparino a rivedere le loro strategie: certe battaglie si vincono in tribunale e non attraverso la concertazione.

 

Secondo l’Anief, se fosse confermata la notizia diffusa oggi dalla stampa specializzata sulla volontà dei ministri Patroni Griffi e Vittorio Grilli di far firmare al premier Mario Monti un decreto attraverso cui verranno bloccati gli aumenti contrattuali del personale statale degli anni 2013-2014 senza possibilità di recupero, oltre che il “riconoscimento degli incrementi contrattuali eventualmente previsti a decorrere dall’anno 2011”, il Governo italiano dovrebbe contestualmente restituire le ingenti somme sottratte al comparto Istruzione attraverso la riduzione di un terzo del Miglioramento dell’offerta formativa. E di conseguenza tornare a finanziare tutte quelle attività didattiche e collaterali alla didattica – attività motoria, incentivi alle scuole poste in zone a rischio, recupero studenti, ecc. – negati già dall’anno in corso agli alunni italiani.

 

Inoltre, sempre se le indiscrezioni della stampa fossero vere, saremmo di fronte ad una clamorosa presa di posizione. Che farebbe venire meno le responsabilità politiche del nostro Governo che ha sottoscritto l’intesa per salvaguardare i dipendenti pubblici. In particolare il personale della scuola, che non ha altra modalità di fare carriera se non quella di accedere agli scatti di anzianità. Lo sanno bene i sindacati rappresentativi, i quali hanno sempre più chiaramente sbagliato a scegliere la strada della concertazione piuttosto che quella dei tribunali.

 

L’Anief ricorda, infatti, che qualsiasi atto che dovesse introdurre un blocco degli stipendi di docenti e Ata rimane sempre in contrasto con la sentenza della Corte Costituzionale 223/2012, la quale ha dato ragione a quei magistrati che avevano rivendicato il diritto allo stipendio equo. Ora, poiché è stato appurato che l’irrecuperabilità stipendiale è lesiva degli articoli 1, 36 e 39 della Costituzione, tale principio può essere sicuramente allargato a tutte le professionalità che operano nel comparto pubblico. Ad iniziare da tutti i docenti, amministrativi, tecnici, ausiliari e Dsga.

Nelle scuole ancora caos e risorse taglieggiate

Nelle scuole ancora caos e risorse taglieggiate:

ritardi nelle procedure e nel pagamento delle retribuzioni, tagli alle risorse di oltre il 30% e blocco degli stipendi. così sale il contributo delle famiglie

 

Dapprima era stato il passaggio del pagamento dei supplenti al Ministero del Tesoro. Una rivendicazione storica che doveva dare certezza del pagamento da sempre molto incerto degli stipendi. E invece si è trasformato in un incubo. Il passaggio della competenza nel pagamento dalle scuole al MEF (Ministero dell’economia e delle finanze) dal 1 di gennaio attraverso il nuovo sistema informatico “NoiPA” si è trasformato in un incubo. La Direzione provinciale del tesoro e le scuole sono sommerse di proteste e richieste di chiarimenti da parte dei tanti precari che, in alcuni casi, non percepiscono stipendi da 3/4 o 5 mesi.

 

Quello del pagamento degli stipendi non è l’unico ritardo che il personale del Ministero dell’istruzione deve subire. Anche le procedure relative ai pensionamenti e, soprattutto, alla mobilità stanno subendo un ritardo gravissimo che si scaricherà inevitabilmente su tutte le prossime scadenze del mondo della scuola: organici, assegnazioni del personale e nuove assunzioni, costringendo i Provveditorati (sempre più a corto di personale) a compiere, come avvenuto lo scorso anno, scelte drastiche e penalizzanti per dare regolarmente avvio al prossimo anno scolastico.

 

Le difficoltà delle scuole della provincia però sono principalmente economiche. Le stesse scuole che aumentano i contributi per le iscrizioni agli alunni il 18 febbraio scorso hanno ricevuto l’importo delle risorse per il miglioramento dell’offerta formativa. Si tratta delle risorse del cosiddetto Fondo d’Istituto (FIS), soldi che servono a retribuire il lavoro straordinario del personale di ciascuna scuola (docenti e ATA) impegnato nelle attività di recupero, di potenziamento e in tutte le altre attività aggiuntive (coordinamenti, segretariati, viaggi d’istruzione, ecc.). In un raffronto con lo scorso anno scolastico, si nota come a fronte della crescente mole di lavoro e delle complicazioni, nelle nostre scuole arriverà tra il 25% e il 30% in meno e anzi, al momento, le anticipazioni che arrivano in questi giorni coprono a malapena il 60% delle somme attribuite lo scorso anno.

 

ITC Marco Polo

FIS 2011-12 246.994,00 Riduzione a.s. precedente Disponibilità in percentuale rispetto a.s. precedente
FIS 2012-13 178.000,00 -68.994.00 -27,93%
Anticipo FIS 2012-13 137.923,53 -109.070,47 -44,15%

 

Istituto Comprensivo Balilla-Imbriani

FIS 2011-12 83.546,00 Riduzione a.s. precedente Disponibilità in percentuale rispetto a.s. precedente
FIS 2012-13 48.000,00 -35.546,00 -42,54%
Anticipo FIS 2012-13 22.854,00 -60.692,00 -72,64%

 

IISS Euclide

FIS 2011-12 273.199,00 Riduzione a.s. precedente Disponibilità in percentuale rispetto a.s. precedente
FIS 2012-13 195.000,00 -78.199,00 -28,62%
Anticipo FIS 2012-13 150.731,00 -122.468,00 -44,82%

Scuola media Michelangelo

FIS 2011-12 55.384,00 Riduzione a.s. precedente Disponibilità in percentuale rispetto a.s. precedente
FIS 2012-13 30.500,00 -24.884,00 -44,92%
Anticipo FIS 2012-13 13.899,00 -41.485,00 -74,90%

 

Scuola elementare Re David

FIS 2011-12 97.180,00 Riduzione a.s. precedente Disponibilità in percentuale rispetto a.s. precedente
FIS 2012-13 55.500,00 -41.680,00 -42,88%
Anticipo FIS 2012-13 26.336,00 -70.844,00 -72,89%

 

 

Come si vede dalle varie situazioni esemplificate, le istituzioni scolastiche della nostra provincia stanno ricevendo in questi giorni solo una minima parte delle risorse ricevute lo scorso anno. La riduzione delle risorse assegnate alla fine dell’anno scolastico oscillerà tra il 25% (riduzione dei fondi per le superiori) e il 40-45% (scuole medie, elementari e comprensivi), mentre l’anticipo che stanno ricevendo in questi giorni è davvero irrisorio rispetto alle somme ricevute lo scorso anno scolastico già ai primi di settembre.

 

Una situazione, questa che renderà incerta l’assicurazione di alcune attività essenziali nelle scuole (si pensi solo alle supplenze brevissime che si rischia persino di non poter retribuire) nelle 210 scuole della provincia di Bari. Il caos che rischia di riversarsi nelle scuole di tutta la provincia dipende dall’accordo che il precedente Governo ha voluto stringere con quasi tutti i sindacati (CGIL esclusa) per coprire parzialmente il blocco degli scatti d’anzianità a circa il 10% dei lavoratori della scuola. Lo sblocco degli scatti d’anzianità, infatti, nonostante la cospicua contrazione del FIS, non toccherà nell’immediato il 90% del personale e lascia insoluto il problema del recupero dell’anno 2012, ma comporta subito una drastica contrazione di risorse per le nostre scuole. La sofferenza finanziaria, in parte, si scarica sulle famiglie e sugli alunni ai quali viene diffusamente chiesto un contributo all’iscrizione che, troppo spesso, diviene una vera e propria tassa anche per le scuole dell’obbligo che dovrebbero essere completamente gratuite.

 

Per questa ragione nei giorni scorsi la FLC CGIL di Bari ha svolto assemblee in 22 comuni coinvolgendo oltre 1300 lavoratori e certificando l’orientamento dei partecipanti che, nella stragrande maggioranza, oltre il 94% si sono detti contrari a questo accordo, mostrando non solo attaccamento alla propria retribuzione, ma una sensibilità particolare e attenzione per le sorti della scuola pubblica statale. Quella stessa retribuzione che, se i rumors del Consiglio dei ministri dovessero essere confermate, sarebbero nuovamente esposte a gravi rischi, considerando la minaccia di blocco ulteriore degli scatti d’anzianità e della stessa indennità di vacanza contrattuale per il 2013 e 2014.

 

La FLC CGIL di Bari non lascerà soli né i lavoratori, né le istituzioni scolastiche e, nonostante i pochi spiccioli riversati nelle casse disastrate delle istituzioni scolastiche, continuerà a battersi per il recupero integrale degli scatti d’anzianità e per la restituzione di risorse congrue a tutte le istituzioni scolastiche che permettano di far proseguire le attività fondamentali all’interno dei nostri istituti.

 

Segreteria provinciale FLC CGIL Bari

MIUR travolto dai ricorsi pettine

MIUR travolto dai ricorsi pettine ANIEF: ‘condotta ostruzionistica e inadempiente’. Nuova condanna per lite temeraria.

 

Il “tornado” dei ricorsi pettine patrocinati dall’ANIEF travolge il Ministero dell’Istruzione con una nuova pesante condanna per lite temeraria e numerose sentenze di accoglimento ottenute nei tribunali di tutta Italia. Gli avvocati Fabio Ganci e Walter Miceli, coordinando i nostri legali sul territorio, continuano ad ottenere soddisfazione e giustizia in favore dei nostri iscritti. Per colpa delle avventate scelte politiche orientate dalla Lega, che aveva imposto il blocco dei trasferimenti e la collocazione dei docenti in quelle che sono state definite le “code della vergogna”, lo Stato continua a pagare ingenti condanne alle spese e cospicui risarcimenti danni per lite temeraria ex art. 96 c.p.c.

Dopo la favorevole sentenza di Termini Imerese, l’ANIEF, avvalendosi dell’esperienza e della professionalità dell’Avv. Michele Speranza, ottiene un nuovo provvedimento di pieno accoglimento in favore di una nostra iscritta presso il Tribunale di Napoli e una nuova condanna a carico del MIUR “al pagamento alla ricorrente, a titolo di risarcimenti del danno ex art. 96 c.p.c., della somma di euro 7.000,00 oltre interessi legali dalla data odierna al soddisfo”. Anche le spese legali, che ammontano a ben 4.560 Euro, sono a carico dell’Amministrazione soccombente.

Da tempo l’ANIEF aveva denunciato la condotta riprovevole del MIUR nel perseverare con pervicace ostinazione a non ottemperare alle numerose pronunce emesse nel corso degli anni in favore dei ricorrenti “pettine”; il Giudice di Termini Imerese, condannando il Ministero per lite temeraria ex art. 96 c.p.c., aveva già correttamente ravvisato a carico del MIUR una “preoccupante (nell’ottica dell’art. 113 Cost.) ritrosia ad accettare ed eseguire le pronunce giurisdizionali”. In sentenza il Giudice si è espresso in maniera chiara e lapidaria, ritenendo di dover emettere condanna nei confronti del Ministero in quanto “nonostante l’uniforme orientamento espresso dalla giurisprudenza di merito in senso favorevole ai ricorrenti, del tutto ovvio ed inevitabile una volta dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 1 comma 4ter D.L. 134/09, il Ministero ha continuato a serbare una condotta ostruzionistica ed inadempiente”.

 

La sentenza di pieno accoglimento delle richieste ANIEF, lascia ben poco spazio alle interpretazioni e stabilisce che il MIUR, con la sua pervicace ostinazione, ha colpevolmente costretto “i ricorrenti (“questi” ricorrenti come centinaia o forse migliaia in tutta Italia) ad ulteriori e defatiganti iniziative giudiziarie, con danno, fra l’altro, per l’amministrazione giudiziaria nel suo complesso”. La condanna ex art. 96 c.p.c. del MIUR viene, dunque, stabilita “tenendo conto degli anni occorsi per l’affermazione del diritto dei ricorrenti e dunque del protrarsi, per loro, di una sgradevole situazione di incertezza e conflittualità”.

Il “tornado” dei ricorsi Pettine ANIEF, nell’ultima settimana, ha travolto il MIUR con numerose soddisfacenti sentenze; le ultime arrivano dal Tribunale di Prato (Avv. Simona Fabbrini); dal Tribunale di Bologna (Avv. Tiziana Sponga), dal Tribunale di Torino (Avv.ti Maurizio Ragusa e Giovanni Rinaldi), dai Tribunali di Chieti e di Pescara (Avv. Francesca Marcone) e riconoscono il diritto all’immissione in ruolo dei nostri iscritti in virtù del loro corretto inserimento “a pettine”, con conseguente condanna alle spese di lite a carico dell’Amministrazione soccombente per un totale di 13.800 Euro.

Forte della ormai consolidata e univoca giurisprudenza favorevole, L’ANIEF sta ottenendo giustizia demolendo in Tribunale le illegittime statuizioni imposte dalla Lega nell’avventato tentativo di comprime il diritto costituzionalmente garantito alla mobilità territoriale e all’immissione in ruolo in base al merito. Attraverso le decine di sentenze favorevoli ottenute, inoltre, il sindacato ha dato degna risposta a quei “falsi profeti” che tempo fa davano per certo l’arrivo di un nuovo “tesoretto” in favore del MIUR a discapito dei nostri iscritti: la serietà e la competenza nel difendere e tutelare i diritti costituzionalmente garantiti si dimostrano solo con i fatti e non con le vane parole. Il tempo ci ha dato ragione e il Ministero dell’istruzione, è proprio il caso di dirlo, sta imparando la lezione pagandone (tutte) le spese.

VUOI IL TEMPO PIENO? IMPUGNA LE ISCRIZIONI ON LINE!

VUOI IL TEMPO PIENO? IMPUGNA LE ISCRIZIONI ON LINE!

Iscrizioni on line: tanta nuova tecnologia, genitori che meditano dubbiosi, segreterie che fanno i salti mortali, lodi del Ministro, e quatto quatto se ne è passato inosservato il più sistematico attacco al Tempo pieno e più in generale al tempo scuola degli ultimi 10 anni. Il bello è che la procedura di Iscrizioni on line è del tutto illegittima, per cui, se non si interviene nel modo corretto, saltano le iscrizioni alla scuola primaria e al tempo prolungato della scuola media, laddove non rispettano la reale volontà delle famiglie.

“Che ne è stato delle belle circolari di monito alle scuole perché non forzassero la libera scelta delle famiglie? E del tanto lavoro delle Associazioni dei genitori? La legge parla chiaro e così pure la circolare delle iscrizioni, il problema nasce con le istruzioni delle Iscrizioni on line” dichiara preoccupata Rita Di Goro, presidente dell’Associazione genitori A.Ge. Toscana “Se le scuole non hanno indicato quattro moduli orari per ciascun plesso di scuola primaria e due/tre per ogni scuola media, i genitori hanno pieno diritto di far valere il loro diritto di scelta”.

Infatti in base all’art. 4 del DPR 89/2009 “Revisione dell’assetto ordinamentale, organizzativo e didattico della scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione”:  Il tempo-scuola della primaria è svolto, secondo il modello dell’insegnante unico che supera il precedente assetto del modulo e delle compresenze e secondo le differenti articolazioni dell’orario scolastico settimanale a 24, 27, e sino a 30 ore, nei limiti delle risorse dell’organico assegnato; è previsto, altresì, il modello delle 40 ore, corrispondente al tempo pieno.
Le istituzioni scolastiche, nella loro autonomia e sulla base delle richieste delle famiglie, adeguano i diversi modelli orario agli obiettivi formativi e ai piani di studio fissati per legge.

Nel manuale d’uso per le Iscrizioni on line si danno invece istruzioni completamente diverse. I genitori debbono adattarsi alle scelte fatte dalla scuola in piena violazione alla normativa vigente: “Per l’iscrizione  al primo ciclo, sia  alla scuola primaria  che secondaria  di I grado, l’utente deve selezionare il Tempo scuola desiderato fra quelli che la scuola prevede di erogare.  Se compaiono più opzioni, l’utente può scegliere indicando la priorità. La prima scelta è obbligatoria (priorità 1), le altre priorità vanno indicate solo se il genitore è disposto a valutare alternative diverse. Se in elenco è presente un solo “Tempo Scuola”, questo deve essere, in ogni caso, selezionato con priorità 1.
Se la scuola non ha pubblicato il proprio modello d’iscrizione, l’utente si troverà a scegliere tra tutti i tempi scuola previsti dall’ordinamento vigente”.

Invitiamo quindi tutti i genitori che non sono rimasti soddisfatti dalle proposte avanzate dalla scuola a presentare in segreteria una domanda in carta libera:

Al Sig. Dirigente Scolastico
Oggetto: Richiesta tempo scuola anno scolastico 2013/14

Noi sottoscritti genitori di alunni iscritti per l’a.s. 2013/14 alla classe prima della scuola primaria plesso scolastico “Nome scuola”, non essendo stato reso disponibile nel modulo di Iscrizioni on line il tempo scuola articolato su XX ore, relativamente alla scuola medesima, e ritenendo che sia stato in questo modo negato il diritto di scelta delle famiglie, chiediamo che la nostra domanda di iscrizione sia integrata con la preferenza: Tempo scuola XX ore Priorità 1.

Cognome Nome genitore        Cognome Nome alunno/a       Firma genitore

Chiediamo una risposta scritta nel più breve tempo possibile al seguente indirizzo:……………….
Per eventuali comunicazioni si prega di rivolgersi al/alla Sig/Sig.ra …………..Tel………  Email…….

“La situazione è la medesima anche per la scuola media, in quanto il tempo scuola può essere di 30 oppure 36 ore settimanali elevabili fino a 40; il tempo prolungato è una realtà ormai residuale, ma è previsto che le famiglie possano richiederlo se ci sono dei risparmi sull’organico dei docenti –conclude Di Goro- Come genitori auspichiamo che il Ministero provveda in breve a sanare questa grave irregolarità, riammettendo le famiglie a esercitare il diritto di scelta che loro compete. Né si prenda a scusante il regolare avvio dell’anno scolastico 2013/14, ormai compromesso dai gravi ritardi nelle procedure dei trasferimenti del personale della scuola. Per parte nostra, visto che siamo ormai a fine febbraio, informeremo tutti i nostri contatti sul territorio nazionale: genitori, Associazioni, insegnanti, biblioteche, comuni”.

Docenti inidonei

Docenti inidonei – L’amministrazione continua a considerarli malati cronici oppure li colloca coattivamente nelle segreterie, senza che vi siano le indispensabili indicazioni attuative della Legge 135/2012. Si tratta di soluzioni illecite: questo personale va mantenuto nelle biblioteche scolastiche. Altre soluzioni costituiscono gratuiti accanimenti professionali e morali. E producono un disservizio all’utenza. L’Anief non starà a guardare.

 

Continua lo stato di incertezza professionale e di collocazione provvisoria di migliaia di docenti inidonei all’insegnamento per motivi di salute: l’approvazione della spending review, attraverso la Legge 135/2012, non ha infatti avuto seguito. In attesa di un decreto attuativo di cui si sono perse le tracce, causa peraltro del blocco delle immissioni in ruolo di tutto il personale Ata, gli uffici scolastici territoriali si sono comportati adottando modalità disparate. Tanto che una parte degli inidonei sono stati utilizzati come assistenti amministrativi; un’altra parte, la più consistente, continua ad essere collocato in malattia obbligatoria.

 

Tale incerto procedere dell’amministrazione ha fatto sì che tantissimi di questi docenti rimangano, ad otto mesi dell’approvazione della legge, in una assurda situazione di “stand by”. Inoltre, il quadro, già di per sé avvilente, è peggiorato da un’altra discutibile decisione: gli inidonei che nel corso degli ultimi anni avevano trovato una proficua collocazione all’interno delle biblioteche scolastiche sono stati sollevati da questo incarico. Spesso per essere collocati nelle segreterie.

 

Secondo l’Anief quanto sta accadendo non è lecito. Prima di tutto perché in attesa dell’attuazione di una nuova legge rimangono sempre in vigore le “vecchie” norme. In questo caso, valgono quindi le indicazioni contenute nel Contratto collettivo nazionale di lavoro. Che non prevedono alcuna collocazione forzosa. La quale sta tra l’altro producendo una notevole mole disagio ai diretti interessati. I quali, è sempre bene ricordarlo, sono dei lavoratori con attestate condizioni di salute particolari. Spesso portatori di disagi gravi.

 

In secondo luogo, l’amministrazione sta producendo un evidente danno al servizio scolastico e alla sua utenza. Molti docenti inidonei, infatti, sono stati sradicati del ruolo professionale che la stessa amministrazione aveva loro affidato. Privando le tante biblioteche esistenti negli istituti scolastici di una figura di riferimento indispensabile. E abbandonando di fatto il patrimonio culturale e librario delle scuole, proprio per mancanza di personale addetto. Utilizzare questi lavoratori coattivamente su altri compiti creerebbe, quindi, un problema di non poco conto.

 

In conclusione, l’Anief torna a ribadire che mantenere il personale inidoneo all’interno delle biblioteche scolastiche non minerebbe più di tanto la dignità di questa categoria di lavoratori. I quali rimarrebbero comunque nelle scuole, mantenendo un ruolo più vicino a quello primario per cui erano stati assunti: operare per gli studenti. Altre soluzioni, invece, non sono percorribili. È bene che il nuovo Governo lo sappia sin d’ora. Qualora, invece, la loro collocazione come malati cronici o amministrativi forzati dovesse diventare permanente, saranno le aule dei tribunali a mettere le cose a posto. E a risarcirli per l’enorme danno subito. Professionale e morale.

 

Statali a digiuno fino al 2014

da ItaliaOggi

Statali a digiuno fino al 2014

Nessun aumento anche per la scuola. Nuova inflazione

di Alessandra Ricciardi

Dalle parti di via XX Settembre, dove il decreto è stato lavorato in tandem con i tecnici del ministro della Funzione pubblica, Filippo Patroni Griffi, spiegano che si tratta di un atto dovuto. Vista la situazione del bilancio dello stato, non ci sarebbero le condizioni per far fronte a un aumento di stipendio in sede di rinnovo contrattuale per i 3 milioni di dipendenti pubblici.

Il decreto che sarà nei prossimi giorni alla firma del premier Mario Monti, su proposta di Patroni Griffi e del ministro dell’economia, Vittorio Grilli, è dunque solo un mettere nero su bianco un blocco dei contratti che era nell’aria già ai tempi dell’approvazione della legge di Stabilità. E su cui nessuno, neanche un esecutivo di centrosinistra, dicono rumors governativi, potrebbe fare diversamente. Il provvedimento, che ItaliaOggi ha letto, recita che «non si dà luogo, senza possibilità di recupero, alle procedure contrattuali e negoziali ricadenti negli anni 2013-2014 del personale dipendente dalle amministrazioni pubbliche cosi come individuate ai sensi dell’articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009 n. 196 e successive modificazioni». Nel novero del blocco contrattuale ricade dunque la scuola, che con il suo milione di lavoratori è il settore più corposo dell’intero pubblico impiego. La proroga comporta anche per il 2013 il blocco degli scatti di anzianitàdi dcoenti, ausiliari e amministrativi, che per gli anni passati sono stati recuperati in sede negoziale tra governo e sindacati. «Per il medesimo personale non si dà luogo, senza possibilità di recupero, al riconoscimento degli incrementi contrattuali eventualmente previsti a decorrere dall’anno 2011».
Ma non è finita, per gli anni 2013 e 2014 non ci sarà neanche la corresponsione dell’indennità di vacanza contrattuale: «In deroga alle previsioni di cui all’articolo 47 bis, comma 2 del decreto legislativo 30 marzo 2011, n. 165 e successive modificazioni, e all’articolo 2, comma 35 della legge 22 dicembre 2008, n. 303, per gli anni 2013 e 2014 non si dà luogo, senza possibilità di recupero, al riconoscimento di incrementi a titolo di indennità di vacanza contrattuale che continua a essere corrisposta nelle misure di cui all’articolo 9, comma 17, secondo periodo, del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78/2010.

L’indennità di vacanza contrattuale relativa al triennio contrattuale 2015-2017 è calcolata secondo le modalità e i parametri individuati dai protocolli e dalla normativa vigenti in materia». Ci sarà infatti un nuovo meccanismo per individuare anche l’inflazione da recuperare, avendo mandato in soffitta il parametro europeo dell’Ipca.

La sicurezza incendia i rapporti

da ItaliaOggi

La sicurezza incendia i rapporti

Nel mirino l’orario di servizio dei corsi di formazione

di Mario D’Adamo

Nelle scuole della regione Friuli Venezia Giulia si sta svolgendo la formazione del personale docente e di quello tecnico, amministrativo e ausiliario (Ata) su temi e argomenti riguardanti la sicurezza, formazione che è una delle attività cui ogni lavoratore deve partecipare e che ogni datore di lavoro, nella scuola è il dirigente scolastico, deve apprestare.

Per quella che si sta svolgendo in Friuli, dodici ore per lavoratore, vengono utilizzate due modalità, quella on line e quella tradizionale in presenza, al termine di ciascuna delle quali è anche prevista una verifica delle conoscenze apprese.

Ma la formazione così com’è impostata e realizzata sta destando polemiche, giacché non ha luogo nell’orario di lavoro, così come prevede il codice sulla sicurezza (art. 37, 12° comma, del decreto legislativo n. 81 del 2008) anche per quella on line svolta al domicilio privato del lavoratore («orario di lavoro effettivo», recita l’accordo stato – regioni del 21 dicembre 2011, attuativo del codice). Né d’altra parte in tutte le scuole sono stati negoziati contratti che prevedano, nei casi in cui la formazione si svolga al di fuori dell’orario di lavoro, la possibilità del recupero o in alternativa il compenso sostitutivo o entrambe le opzioni. Addirittura, scrive Natalino Giacomini, segretario generale regionale della Cgil scuola, le organizzazioni sindacali non hanno potuto condividere nell’apposito tavolo di confronto con l’amministrazione regionale l’importante iniziativa.

Risulta poi che in alcune scuole non siano nemmeno stati consultati i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza e da parte sindacale si contesta anche il fatto che la formazione sia indifferenziata tanto relativamente ai contenuti, uguali per tutti, quanto relativamente ai soggetti coinvolti, dei cui livelli di competenza già acquisiti e delle cui eventuali, ulteriori esigenze formative non s’è fatta alcuna rilevazione. Secondo altri la formazione sulla sicurezza dovrebbe essere inclusa nel piano annuale delle istituzioni scolastiche delle attività di aggiornamento, previsto dall’art. 66 del vigente contratto di lavoro, attività che si dovrebbero svolgere, ordinariamente, «fuori dell’orario di insegnamento» (altro articolo del contratto, il n. 64, secondo comma). Ma è un errore, giacché il piano annuale delle attività di formazione e aggiornamento può contenere unicamente iniziative di carattere e contenuto metodologico – didattico e pedagogico – educativo, funzionali all’attuazione del piano dell’offerta formativa, che devono essere preventivamente approvate dal collegio dei docenti.

Sono solo queste le attività di aggiornamento che devono svolgersi al di fuori dell’orario di insegnamento, non quelle sulla sicurezza dei lavoratori, che invece sono obbligatorie e si devono svolgere all’interno dell’orario di lavoro. Tali iniziative non sono assimilabili alle ordinarie attività di aggiornamento non solo per diversità dei contenuti ma perché attivazione e partecipazione, essendo dovute, non possono nemmeno essere oggetto di delibera di approvazione da parte di alcun organo collegiale. Sarebbe paradossale che obblighi convergenti di datore di lavoro e lavoratori si dovessero condizionare a discrezionalità decisionali che potrebbero pregiudicarne l’osservanza, esponendo gli obbligati a sanzioni. La formazione sulla sicurezza rientra invece a pieno titolo nel negoziato fra rappresentanze sindacali e dirigente scolastico per definire modalità del recupero e/o determinare compensi.

Una delle obiezioni che la parte datoriale rivolge al recupero è che l’orario di lavoro del personale docente coincide con l’orario delle lezioni, che non possono essere sospese, altrimenti si pregiudica la regolarità dell’anno scolastico. È invece possibile la compensazione della formazione svolta dai docenti con le ore riservate alle riunioni collegiali, da valutare caso per caso e purché non se ne pregiudichi il quorum funzionale, mentre per il personale Ata il problema neppure si pone. Se il recupero non è fattibile, l’impegno formativo deve essere monetizzato, attingendo a stanziamenti che la direzione regionale avrebbe dovuto prevedere o all’assegnazione per il funzionamento, annualmente erogato alle scuole senza vincoli di destinazione.

Niente tetti per il prof precario

da ItaliaOggi

Niente tetti per il prof precario

Le supplenze possono essere reiterate oltre i tre anni

di Carlo Forte

La scuola resterà fuori dall’accordo quadro sui contratti a tempo determinato per il quale si sta trattando all’Aran in questi giorni. E dunque, anche dall’applicazione della riforma Fornero. L’esclusione è stata decisa dal ministero della Funzione pubblica, Filippo Patroni Griffi, che lo ha messo nero su bianco nella direttiva inviata all’agenzia con la quale ha dato il via alle trattative: «Per quanto riguarda il comparto scuola e quello delle istituzioni di alta formazione artistica e musicale», si legge nel provvedimento, «continuano a trovare applicazione le specifiche disposizioni contrattuali e normative di settore».

L’effetto più evidente della decisione è quello della esclusione della scuola dall’applicazione delle disposizioni contenute nella legge 92/12, che regolano la reiterazione dei contratti a termine. Esclusione che si spiega sulla base di due considerazioni. Entrambe suggerite dalla giurisprudenza di legittimità. La prima è che la normativa scolastica ha carattere di specialità. E ciò la rende impermeabile alla prescrizioni contenute nella normativa generale. Come per esempio, quelle della legge 92/12 e del decreto legislativo 368/2001. La seconda è che la Corte di cassazione (10127/2012) ha stabilito che la reiterazione dei contratti nella scuola non viola la normativa europea. Perché e legata ad esigenze temporanee di sostituzione dei dipendenti assenti o comunque non in servizio. E in ogni caso non ha nulla a che fare con il decreto legislativo 368/2001, che vieta la reiterazione oltre i 36 mesi. Ciò perché le disposizioni in esso contenute valgono per tutto il pubblico impiego (dunque si tratta di norme generali) mentre le disposizioni sulla scuola valgono solo per questo comparto ( legge 124/99 e decreto legislativo 297/94). Resta il fatto, però, che queste argomentazioni valgono per le supplenze disposte in organico di fatto. E cioè per quelle che non vanno oltre il 30 giugno e che vengono disposte su cattedre e posti non vacanti ( fatte salve quelle che vengono fuori dopo la chiusura dell’organico di diritto). Ma incontrano il limite delle supplenze annuali. Che vengono disposte su cattedre e posti vacanti, che potrebbero essere coperti con immissioni in ruolo. Dunque, non per fare fronte ad esigenze temporanee o di sostituzione. Per queste ultime, quindi, la partita resta aperta. Tanto più che la Funzione pubblica non intende aprire spazi negoziali per risolvere la questione al di fuori delle aule di Tribunale. E a complicare il tutto vi è anche una questione pregiudiziale sollevata dal Tribunale di Napoli davanti alla Corte di giustizia europea (ordinanza 2 gennaio 2013, proc. 5288/12 Rgac). Questione che, se ritenuta fondata dalla Corte di Bruxelles, avrebbe l’effetto di moltiplicare esponenzialmente il contenzioso con sicura soccombenza dell’amministrazione. Va detto, inoltre, che nonostante la posizione assunta dalla Cassazione, non sono pochi i giudici di merito che continuano ad accogliere i ricorsi dei precari ultratriennalisti. E in alcuni casi le sentenze sono anche passate in giudicato. Resta aperto anche il match sulla mancata piena contrattualizzazione del rapporto di lavoro a tempo determinato nella scuola. Dove l’art. 40 del contratto di lavoro continua a fare a pugni con il decreto ministeriale 131/2007. E non di rado a finire a tappeto è il contratto. Non tanto per la questione del reclutamento dei supplenti, che in ogni caso, prima dell’accettazione della proposta, resta sempre di stretta competenza dell’amministrazione. Quanto, invece, per la fase successiva allo scambio tra proposta e accettazione. E cioè dopo la conclusione del contratto. A partire dalla quale, viale Trastevere dovrebbe cedere il passo alla contrattazione collettiva. E invece continua a definire le sanzioni per i rinunciatari e le prescrizioni sul diritto al completamento. Con buona pace dell’art. 36 del decreto legislativo 165/2001, che fissa la riserva di contratto per il rapporto di lavoro a tempo determinato, in ciò precludendone la regolazione per decreto.

Valutazione, eppure si parte

da ItaliaOggi

Valutazione, eppure si parte

di Giovanni Bardi

Sulla valutazione la partita sembra definitivamente rinviata alla prossima legislatura. Ma mentre lo schema di regolamento governativo si ferma all’ultimo consiglio dei ministri, dopo i niet del Pd che ha chiesto che sia il prossimo governo a occuparsene, parte la sperimentazione del progetto Vales, voluto dal miur e invalsi per spianare la strada alla valutazione esterna delle scuole.

Il modello da sperimentare prevede l’assoggettamento delle scuole a periodiche rilevazioni nazionali sugli apprendimenti degli studenti da parte di Invalsi e altri organismi internazionali, effettuate su base censuaria nelle classi seconda e quinta della scuola primaria, prima e terza della scuola secondaria di 1° grado, seconda e ultima della scuola secondaria superiore. Con la restituzione dei dati le scuole verificano il proprio operato e riportano i risultati in un rapporto di autovalutazione, per arrivare alla formulazione di un piano di miglioramento. Va detto, che, nonostante il parere favorevole, il consiglio di Stato aveva già espresso alcune perplessità su alcuni dei passaggi del regolamento che avrebbe portato il modello a regime per tutti dal prossimo anno. Rilievi soprattutto riguardanti la natura organica e l’indipendenza degli ispettori, ma anche la composizione dei nuclei ispettivi che parteciperanno all’autovalutazione di istituto, come quando si legge che debbano essere costituiti da «soggetti esterni all’amministrazione scolastica, iscritti in apposito elenco». Sulla valutazione la discussione comunque resta aperta tra chi pensa che i test Invalsi debbano essere somministrati a campione e chi su base censuaria. Il confronto è soprattutto tra Cgil-Pd e Miur. L’amministrazione non sembra però voler scendere a compromessi. Tant’è che con tutto il regolamento in stand by, il ministero dell’istruzione tira dritto con le scuole del Vales (200 nelle regioni obiettivo convergenza e 100 nelle altre regioni) che, come previsto dalla direttiva 85/2012, spianeranno la strada entro il 2015 alla definizione dei protocolli di valutazione, che potranno poi essere utilizzati a regime per la valutazione esterna delle istituzioni scolastiche. Certo è che adesso spetta al nuovo esecutivo l’ultima parola sul regolamento. La sua adozione, se da una parte sembra un atto dovuto, potrebbe essere difficile da spiegare, senza prima aver risolto questioni come il contratto e riforma degli organi collegiali. D’altra parte nemmeno una difesa a oltranza della scuola dalla valutazione esterna, sembra ragionevole rispetto agli interessi dell’autonomia scolastica e alla globalizzazione educativa in atto. Esistono esperienze virtuose, come quelle del Trentino, in cui l’autovalutazione è «necessaria in funzione dell’autonomia» (http://www.archivio.vivoscuola.it/valutazione/). E poi c’è Rete, sempre più protagonista, anche nell’attualità politica. Oltre alla rendicontazione sociale, c’è da tenere conto che con l’integrazione dei dati sulla valutazione, tra anagrafi, database e scuole in chiaro, gli utenti potranno accedere ad una mole sempre più ricca di dati sul valore aggiunto dell’apprendimento degli studenti, come quelli sul proseguo della loro carriera scolastica e universitaria, oppure sull’accesso al mondo del lavoro. A quel punto anche la valutazione della scuola sarà eterodiretta dalla Rete.

Inviate 1,4 milioni di iscrizioni online: si chiude il 28

da Tecnica della Scuola

Inviate 1,4 milioni di iscrizioni online: si chiude il 28
Si chiude fra tre giorni, il prossimo 28 febbraio, la procedura per l’iscrizioni scolastiche alle prime classi di scuola primaria e secondaria. In attesa della copertura totale, il Miur lancia un appello ai ritardatari
Da quest’anno l’iscrizione va fatta esclusivamente on line e sono 1,7 milioni gli studenti coinvolti, mentre secondo i dati forniti dal ministero dell’Istruzione, finora sono state 1.399.581 le domande trasmesse dalle famiglie, 1.425.703 quelle registrate. A pochi giorni dalla chiusura della procedura di iscrizione online, il ministero lancia il suo ‘appello’ ai genitori ritardatari: “Si consiglia di perfezionare quanto prima le pratiche- per evitare di incappare nell’inevitabile picco finale delle domande”. In questo weekend elettorale, infatti, c’e’ stato un rallentamento nell’invio. Ma si prevede la corsa finale di chi non ha ancora completato le operazioni. La percentuale migliore è quella relativa alle primarie (87%), seguita dalle secondarie di primo grado (81%) e poi dalle secondarie di secondo grado (64%). Tra le province, complessivamente, si sono portate più avanti di tutte le famiglie di Ravenna e Rimini (80%), seguite da Bologna (79%), Forlì e Ferrara (78%), Parma e Reggio Emilia (75%), Modena (73%) e Piacenza (72%). Nel complesso, sempre al 20 febbraio risultavano già iscritti 91.094 studenti.

L’11 marzo scattano gli ultimi 100 giorni agli esami di Stato

da Tecnica della Scuola

L’11 marzo scattano gli ultimi 100 giorni agli esami di Stato
di P.A.
Skuola.net fa il conto inverso rispetto alle promesse elettorali dei partiti: loro infatti parlano dei primi 100 giorni per realizzare l’inverosimile, ma i ragazzi a partire dell’11 marzo iniziano il conto alla rovescia degli ultimi 100 giorni alla conclusione degli studi. Tutti pronti a festeggiare e pure al pellegrinaggio al Santuario
Mentre attendiamo di conoscere i responsi definitivi delle urne elettorali, Skuola.net mette in linea la scadenza dell’11 marzo, quando “inizierà il countdown ufficiale all’esame di stato 2013”. E con essa anche le idee “per rendere memorabile la giornata”. E visto che ormai si tratta di una tradizione consolidata già da qualche anno, ci si prepara da mesi all’evento e infatti sarebbero in migliaia i maturandi pronti “a fare qualcosa di davvero speciale per rendere merito a questo giorno”. Fra l’altro la maggior parte degli studenti sembra sia in grado di organizzare “delle vere e proprie collette per le strade della propria città in modo da racimolare il denaro necessario ad organizzare qualcosa che possa rendere memorabile questa data che li separa dall’inizio del loro esame di Stato”. Tra i diversi progetti, secondo il sito degli studenti, quello che ogni anno va per la maggiore è il viaggio fuori città di qualche giorno per staccare la spina prima di iniziare il vero e proprio conto alla rovescia all’esame. Molti hanno intenzione di sfruttare, magari restando in economia, la casa fuori città dei genitori di qualche amico oppure affittare a poco una villetta per il weekend fino a lunedì 11. Se il tempo lo permette molti altri uniranno il divertimento al rito scaramantico per eccellenza, quello cioè di andare al mare e scrivere “scrivere il voto di maturità sulla sabbia. Questo rito di buon auspicio può essere fatto in diversi modi: – scrivere il voto desiderato alla Maturità sul bagnasciuga lasciandolo cancellare dalle onde del mare; – scrivere il voto sulla sabbia abbinando il lancio di una manciata di sale nell’acqua; – scrivere il voto atteso agli esami maggiorato di 10 per sperare di vederlo avverato.” Rimanendo in tema di riti scaramantici in vista dell’esame di Maturità, ce n’è uno che resta il più “famoso in assoluto e che unisce la tradizione al viaggio: il famoso rito alla Lucertola di Pisa, posta sulla porta del Battistero della città. Sempre tra i più scaramantici è molto in voga il rito delle 100 cose: si tratta, di ripetere in quel giorno la stessa azione 100 volte”. “Altra usanza molto diffusa è quella di passare una serata in pizzeria in compagnia dei propri insegnanti, anche quelli meno simpatici e con i quali si è avuto qualche screzio. In genere sono gli studenti ad offrire la cena, magari con l’intento nemmeno troppo velato di attirare le simpatie dei prof in vista dell’esame di Maturità”. Tuttavia, in occasione degli esami, si riscopre pure la religiosità che spingerebbe “centinaia e centinaia di maturandi a ricorrere all’intercessione dei Santi. Tra i più famosi ricordiamo il pellegrinaggio a San Gabriele, a Pescara, dove per l’occasione allestiscono messe per i maturandi con tanto di benedizione delle penne, organizzano navette per accedere al santuario e preparano magliette celebrative. Questo perché San Gabriele e niente di meno che il protettore di tutti gli studenti. Inoltre, quest’anno, ci sarà una novità in più ad attendere tutti quegli studenti che hanno deciso di affidare alla religione la propria Maturità. Infatti, Skuola.net, insieme agli amici di viaggiodimaturita.it, vi aspetterà al Santuario di san Gabriele per coprire l’evento”.

75mila precari senza stipendio da tre mesi

da Tecnica della Scuola

75mila precari senza stipendio da tre mesi
di P.A.
“Buco nel sistema informatico” che mette sul lastrico 75mila supplenti compresi 25mila con contratto annuale
75mila supplenti pagati a stipendio zero da tre mesi, altri attendono ancora la busta paga del 2013, mentre 25mila incaricati annuali non hanno ricevuto un euro insieme quasi diecimila prof e Ata che non percepiscono salario da dicembre e perfino da novembre. La Flc- Cgil intanto,e di fronte a tanta ignavia, ha organizzato per il 27 febbraio un incontro al Miur insieme agli altri sindacati della scuola che accusano i ministri dell’Istruzione e del Tesoro di essere “indifferenti e incapaci di difendere la scuola”. La causa di tanto sfacelo sta nella decisone, presa all’interno della famosa spending review, di affidare al Ministero dell’Economia, dal primo gennaio 2013, i pagamenti dei supplenti, togliendo così alla scuole il compito di farlo. Ma fatta la legge trovato l’inganno nel sistema informatico che dovrebbe gestire i pagamenti e che non funziona a dovere, a tutto danno dei lavoratori della scuola che in attesa degli aggiustamenti non sanno come andare avanti. E così, a sei mesi dalla spendig review, regna il caos organizzativo mentre le scuole e gli insegnanti fanno la fame. “Il punto è che in sede di previsione i tecnici hanno sottostimato la spesa per le supplenze tanto che sono già andati esauriti i 196 milioni di euro stanziati nel 2013 e i 37 milioni di euro come saldo di dicembre 2012. Alcuni istituti hanno anticipato con la cassa il pagamento del mese di dicembre”, si dice dalle parti del Miur . Il ministro aveva promesso, dice il Fatto quotidiano, che il 12 febbraio ci sarebbe stata un’emissione “speciale”. Poi è saltata e l’erogazione è stata rimandata al lunedì successivo. Entro le ore 18 di quel giorno le scuole avrebbero dovuto caricare online i dati del singolo supplente. Ma un ulteriore incidente ha fatto saltare l’appuntamento: diecimila istituti nelle stesse ore hanno fatto l’accesso allo stesso server e il sistema informatico è andato subito in tilt. Interruzioni, malfunzionamenti. Alla fine non si sa più chi è stato pagato e chi no, mentre prendere contatti con il Miur è un’impresa, ottenere risposte impossibile. E una maestra supplenti di Milano raconta: “Ho chiamato il ministero, mi hanno detto di inviargli una mail, l’ho fatto e come me tanti altri, ma nessuno ha ricevuto risposte”. Poi, l’ennesimo ritardo. Alle ore 15 del 18 febbraio arriva una mail collettiva a tutte scuole italiane in cui si avvisa di inserire anche i rimborsi di novembre, dicembre e la tredicesima. Non tutte le scuole però si accorgono per tempo e perdono il turno. “I miei risparmi sono all’osso – conclude l’insegnante -. Ho aspettato, ora non ce la faccio più”. In teoria dovrebbe percepire un salario da 1290 euro mensili, ma non sa ancora se la sua richiesta di rimborso sia andata a buon fine e tantomeno quando vedrà arrivare il prossimo stipendio. Testimonianze analoghe arrivano anche da due direttori scolastici, uno di Fiorenzuola, nel piacentino, l’altro di Rozzano, alle porte di Milano: “Nessuno ci ha aggiornato sul nuovo sistema, abbiamo mille difficoltà”.

L’odissea dei supplenti che non ricevono lo stipendio da 3 mesi

da tuttoscuola.com

L’odissea dei supplenti che non ricevono lo stipendio da 3 mesi

Ammonterebbero a 75mila i supplenti che, con diversi impegni di orario, stanno lavorando senza ricevere lo stipendio da tre mesi, a causa di un cambiamento da parte del Ministero delle disposizioni in materia di pagamento delle supplenze saltuarie nelle scuole. È questa la denuncia della Fcl Cgil, che per il 27 febbraio ha organizzato un incontro con il Miur, per risolvere il problema.

La questione, che non riguarda solo gli insegnanti, ma anche personale amministrativo e ausiliario della scuola, è particolarmente grave per 25mila di questi che hanno un contratto annuale e su questo reddito fondano la fonte di sostentamento mensile. “Quasi diecimila – spiega il Fatto Quotidiano, che tra i giornali si sta occupando più attivamente della vicenda – non percepiscono lo stipendio da dicembre o addirittura da novembre”.

Entrando nella dinamica di queste mancate corresponsioni di denaro, occorre spiegare che fino al 31 dicembre 2012 le supplenze brevi erano a carico dei singoli istituti. Dal primo gennaio 2013, con la spending review, il Ministero dell’Economia veniva incaricato di occuparsi dei pagamenti. Ma le risorse necessarie sarebbero state sottovalutate, come commenta Annamaria Santoro, della segretaria nazionale Fcl Cgil: “Il punto è che in sede di previsione i tecnici hanno sottostimato la spesa per le supplenze tanto che sono già andati esauriti i 196 milioni di euro stanziati nel 2013 e i 37 milioni di euro come saldo di dicembre 2012. Alcuni istituti hanno anticipato con la cassa il pagamento del mese di dicembre”.

Il Ministero dell’Istruzione ha allora promesso per il 12 febbraio scorso ci sarebbe stata un’emissione “speciale”. Ma la procedura è poi slittata al 18 febbraio alle ore 18,00, con il caricamento da parte delle scuole dei dati relativi al pagamento degli stipendi arretrati del personale supplente. Ma il sovraccarico di collegamenti da parte delle scuole a un unico server e un invio tardivo delle indicazioni da parte del Miur avrebbero determinato l’impossibilità di inserire le disposizioni di pagamento.

L’auspicio è che questa storia di pessima burocrazia si risolva presto, anche perché va ad incidere sul precariato, la parte contrattualmente più debole del personale scolastico di questo Paese.

La mobilitazione dimenticata

da tuttoscuola.com

La mobilitazione dimenticata

Il grido d’allarme delle agenzie di viaggio che vedono crollare il business delle gite scolastiche a causa della crisi e del blocco delle attività extracurricolari da parte dei docenti richiama l’attenzione sulla mobilitazione dell’autunno scorso decisa in forma spontanea da molti collegi dei docenti.

I sindacati ‘coprirono’ quella anomala forma di sciopero, legittimandola come mobilitazione ufficiale con tanto di obiettivi da conseguire: mantenimento dell’orario di servizio a 18 ore contro la proposta di Profumo di portarlo a 24, attuazione degli scatti di anzianità, garanzia del fondo di istituto per pagare, tra l’altro, anche le missioni dei docenti accompagnatori in gita.

Tutti e tre gli obiettivi sono stati raggiunti, il sindacato ha preso atto dei risultati (con qualche coda polemica sugli scatti) e, quindi, la mobilitazione non ha più ragione d’essere.

Stando, però, a quanto dichiarano le associazioni delle agenzie di viaggio, il blocco è continuato, anche se le motivazioni di fondo che lo avevano originato non ci sono più. Non sappiamo quanto sia diffusa questa situazione, ma, stando al grido d’allarme dei tour operator, non dovrebbe trattarsi di cosa da poco.

Si può pensare che le pronunce dei collegi dei docenti non siano state revocate e che molti insegnanti si siano adattati di buon grado allo statu quo, evitando la “seccatura” delle gite.

L’anomala situazione della mobilitazione dimenticata porta ad una serie di riflessioni.

Il blocco immotivato delle gite e delle visite guidate contrasta spesso con il POF d’istituto che prevede attività extrascolastiche, gite e rapporti con il territorio. Come la mettiamo? Il POF è stato modificato o lo si può ignorare a discrezione? In questo caso a cosa serve?

Lo sciopero può essere deciso soltanto dai sindacati (nemmeno le RSU possono indirlo). In questa forma particolare di astensione in un servizio pubblico (anche se si attua con prestazioni individuali aggiuntive) possono gli operatori decidere autonomamente  una deregulation totale?

Sono interrogativi che chiamano in causa, a vario titolo, i capi d’istituto, i sindacati e la commissione di garanzia per lo sciopero nei servizi pubblici. Scommettiamo che gli interrogativi resteranno senza risposta? Tenersi buona e amica la categoria conviene…