A proposito di contributi volontari delle famiglie

Finanziamenti alle scuole

A proposito di contributi volontari delle famiglie

LA FORMA E LA SOSTANZA

Registriamo, con disappunto, un ulteriore intervento ministeriale sulla questione dei “contributi volontari” che molte scuole sono costrette a richiedere alle famiglie dei propri studenti all’atto dell’iscrizione. Non è purtroppo la prima volta che si registrano tali comunicazioni, che ci hanno già in passato spinto ad assumere posizione nel merito. Se mai, la novità è che questi interventi sono ormai diventati ricorrenti, quasi sempre in coincidenza con le iscrizioni degli studenti e con le lagnanze che rimbalzano sui siti Internet relativamente ad abusi veri o presunti.
Dobbiamo allora, per l’ennesima volta, puntualizzare alcune cose
  • la richiesta di contributi volontari non costituisce un abuso da parte delle scuole e dei loro dirigenti. Ci sono norme di legge (legge 40/07) e di regolamento (DI 44/01) che li prevedono e li regolano;
  • in passato, tali contributi erano richiesti per importi assai modesti (qualche decina di euro). Se oggi si chiede di più, non è per un capriccio o per “far soldi”. Sarebbe bene ricordare che quei soldi vengono spesi per garantire a tutti gli studenti (anche a chi non li paga) servizi che altrimenti non sarebbe materialmente possibile assicurare loro;
  • questo ci porta al cuore del problema. Se le scuole fossero finanziate in misura meno avara, non avrebbero necessità di ricorrere a questo strumento di sostentamento. Ed è particolarmente spiacevole che lo stesso Ministero che dovrebbe garantire loro un giusto livello di risorse, invece di sentirsi chiamato in causa per la propria incapacità a fare quel che è il suo “dovere” istituzionale e di attivarsi in conseguenza, interviene solo per rimproverare i dirigenti scolastici che cercano di far sopravvivere le comunità loro affidate;
  • se pure il contenuto della nota ministeriale è giuridicamente corretto, esso risulta inaccettabile nella sostanza. E’ vero che le scuole ed i dirigenti non hanno titolo giuridico ad imporre tributi obbligatori: ma non si può far finta di ignorare che, con quello che ricevono, non potrebbero neppure pagare servizi indispensabili. A cominciare da quella “digitalizzazione” universale che il legislatore – ed il Ministro pro tempore – hanno voluto “senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”. Va bene la crisi economica, ma almeno si potrebbe evitare – per decenza – di fare la predica a coloro che ne sono vittime;
  • più in generale, sarebbe auspicabile che il Ministero interpretasse finalmente il suo ruolo per quello che è e che gli ordinamenti gli assegnano: quello di un soggetto di indirizzo e di una struttura di servizio alle autonomie scolastiche. Come tale, responsabile in primo luogo di assicurare le condizioni per il loro migliore funzionamento. Quello cui assistiamo è invece l’abbandono sistematico delle responsabilità proprie e la continua colpevolizzazione dei dirigenti scolastici, chiamati in causa ad ogni piè sospinto per cose di cui non sono responsabili ed ora anche per quelle cui – pur non essendone responsabili – cercano di porre in qualche modo rimedio.

UN MINIMO DI CHIAREZZA SUL CONCORSO IN LOMBARDIA E NELLE ALTRE REGIONI

UN MINIMO DI CHIAREZZA SUL CONCORSO IN LOMBARDIA E NELLE ALTRE REGIONI

Con periodica frequenza appaiono notizie allarmanti o confortanti per gli aspiranti dirigenti dirigenti scolastici, in attesa delle lente decisoni della magistratura.
Quello che dispiace, se dispiaceri possiamo aggiungere, é la diffusione di notizie sciocche, più che false.
Vogliamo ricordare che i concorsi a dirigente scolastico sono regionali e che non sono possibili spostamenti dalle graduatorie degli idonei da una regione all’altra. Ciò é avvenuto per il concorso del 2004, a seguito di apposita, specifica legge che alleghiamo per chi volesse rileggersi la norma.
Gli aspiranti dirigenti scolastici in Lombardia e nelle altre regioni interessate dalla mancata conclusione degli esiti concorsuali meritano attenzione e rispetto.
Per quanto ci riguarda vogliamo evitare strumentalizzazioni fuori luogo e ipotesi fantasiose che non hanno alcun fondamento.

Gregorio Iannaccone
Presidente Nazionale ANDIS

 

Decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248

coordinato con la legge di conversione 28 febbraio 2008, n. 31 recante:

Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni urgenti in materia finanziaria

(Gazzetta Ufficiale n. 51 del 29-2-2008 – Suppl. Ordinario n. 47)

Articolo 24-quinquies –
(Disposizioni in materia di dirigenti scolastici)

1. Dopo la nomina dei vincitori del corso-concorso di formazione ordinario a dirigente scolastico indetto con decreto direttoriale del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca 22 novembre 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale – 4ª serie speciale – n. 94 del 26 novembre 2004, e del corso-concorso di formazione riservato per il reclutamento di dirigenti scolastici indetto con decreto del Ministro della pubblica istruzione 3 ottobre 2006, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale – 4ª serie speciale – n. 76 del 6 ottobre 2006, nonché dopo la nomina dei soggetti aventi titolo ai sensi dei commi 605, lettera c), e 619 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni, gli aspiranti utilmente inclusi nelle rispettive graduatorie, che non conseguono la nomina per carenza di posti nel settore formativo cui si riferisce la nomina stessa, possono chiedere di essere nominati, nell’ambito della medesima tipologia concorsuale cui hanno partecipato, a posti rimasti eventualmente vacanti e disponibili in un diverso settore formativo, previo inserimento alla fine della relativa graduatoria. La possibilità di nomina, previo inserimento alla fine della relativa graduatoria, in ordine di punteggio degli idonei afferenti al primo e al secondo settore formativo, è ammessa anche per la copertura di posti rimasti eventualmente vacanti e disponibili in altra regione. Le graduatorie dei suddetti concorsi sono trasformate in graduatorie ad esaurimento.

 

Donna 2013

Donna 2013

di Antonio Stanca

    Molto si è parlato, in occasione della Festa della Donna 2013, circa il problema della violenza sulle donne. Di nuovo è emerso che esso non è limitato ad alcune zone del mondo, che le aree sottosviluppate non lo soffrono di più rispetto a quelle progredite, che non avviene solo in certi ambienti sociali poiché avviene ovunque anche se assume aspetti diversi. Da molti anni ormai il fenomeno, rimasto nascosto per secoli, è diventato noto, ne è informata l’opinione  pubblica, se ne discute in televisione, di esso si scrive, ad esso dedica tanta attenzione il cinema e nonostante tutto i risultati raggiunti non sono tali da poter considerare il problema come risolto. Uno degli ostacoli è da indicare, ancora una volta, nel silenzio che persiste al riguardo, nella paura di parlare da parte di chi è vittima.

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Sull’argomento si è soffermata la dottoressa Anna Capone, Psicologa e Psicoterapeuta, nella relazione “Violenza subita dalle donne” che ha tenuto Venerdì 8 Marzo a Sternatia (Lecce) alla presenza di un folto pubblico presso il Centro Studi “Chora-Ma”, presieduto da Donato Indino e sempre impegnato a promuovere ed ospitare manifestazioni di carattere culturale. La dottoressa ha lavorato e lavora su gran parte del territorio nazionale, i suoi interessi sono rivolti al recupero, alla riabilitazione di casi difficili a causa di problemi del corpo o della mente. Inoltre di molte donne, bambine, giovani, vecchie, figlie, mogli, madri, ha raccolto durante la sua attività pensieri, rivelazioni circa problemi da esse sofferti nell’ambito familiare, nel rapporto coniugale o in altre situazioni. Sono state queste esperienze a farle sapere che molte volte la violenza verso le donne avviene e rimane sconosciuta, non la si dichiara perché si ha paura delle conseguenze, si ha paura di guastare quella dignità, quel decoro ai quali non si vuole rinunciare da parte della persona che subisce o dell’intera sua famiglia. Un invito è stato, dunque, quello della Capone rivolto alle donne perché abbiano coraggio, si facciano rispettare e non temano di dire quel che patiscono. Ma affinché esse pervengano ad una tale posizione serve, ha continuato la relatrice, che le famiglie le educhino, le formino in modo da farle crescere sicure delle proprie capacità e qualità. Soltanto acquistando coscienza di sé potranno affrontare l’esterno una volta divenute adulte, potranno essere mogli, madri non maltrattate, potranno esprimersi al meglio tramite il lavoro.

La famiglia come luogo di formazione perché si evitino o si affrontino meglio i pericoli derivanti dalla vita: è stato questo l’argomento principale della relazione della Capone e degno di nota deve essere considerato ché, in effetti, una simile operazione servirebbe a correggere il fenomeno della violenza nelle case, potrebbe impedire che avvenisse. E’ la violenza più diffusa quella nelle case ma è anche quella che più di tutte rimane nascosta. Una donna preparata, sicura di sé, non avrebbe paura a denunciarla e sarebbe l’inizio del suo riscatto.

Condiviso è stato l’argomento dal pubblico presente anche se da parte di altre personalità convenute è stato osservato che oltre alla famiglia altri organi, quali la scuola, dovrebbero maggiormente impegnarsi affinché la donna acquistasse coscienza dei propri diritti.

Sono state, poi, recitate poesie, alcune in lingua dialettale, riferite alla figura femminile, alla sua importanza nella vita di ogni giorno, alla necessità della sua presenza e della sua funzione nella casa, nella famiglia, negli ambienti di lavoro.

La serata si è conclusa tra musiche folkloristiche e il Buffet offerto dal Centro Studi “Chora-Ma”.

Approvato il Sistema Nazionale di (S)valutazione

COLPO DI MANO DEL GOVERNO ZOMBI! APPROVATO IL Sistema Nazionale di (S)valutazione

Cobas Scuola

L’INVALSI SALE IN CATTEDRA A DISTRUGGERE LA QUALITA’ DELLA SCUOLA PUBBLICA

Sembrava impossibile che trovassero il coraggio di varare un provvedimento così importante con un governo inesistente. E invece il governo Monti l’8 marzo 2013 ha dato vita al Sistema Nazionale di (S)valutazione, mai discusso dalle scuole e anzi bocciato da moltissimi collegi docenti quando fu proposto sotto forma di sperimentazione; e anche il Consiglio di Stato aveva dato un parere fortemente critico, così come il Consiglio Nazionale Pubblica Istruzione. Ma la casta è andata avanti incurante dell’opinione delle scuole ed introduce uno strumento coercitivo per piegare l’istruzione alle logiche della scuola-azienda e della scuola-quiz, imposte a docenti, studenti e genitori senza aver risposto alla domanda centrale: QUALI ELEMENTI RENDONO UNA SCUOLA “MIGLIORE”? Evitando ogni risposta, si dà all’’INVALSI il potere di stabilire i criteri che dovrebbero orientare – ma in realtà SVALUTARE verso la scuola-miseria – l’azione dei nostri istituti.

COSA PREVEDE IL PROVVEDIMENTO

1)     “Autovalutazione”(???): la scuola si “autovaluta” sulla base dei risultati dei quiz INVALSI (ridicoli e del tutto eterodiretti), dei parametri forniti dal MIUR e in base ad altri indicatori scelti da essa (che però non conteranno nulla). Poi redige un rapporto su un modello in formato elettronico che arriverà direttamente dall’Invalsi ed elabora un piano di “miglioramento”. Perché hanno l’ipocrisia di chiamarla “AUTOvalutazione”? È l’Invalsi che valuta e decide cosa valutare: nelle scuole si imporrà la subordinazione ai parametri indicati, eliminando ciò che non sarà oggetto di valutazione (ad es. la buona didattica). Ricordiamo che dal prossimo anno i fondi alle scuole saranno dati in base ai risultati di “qualità”.

2)     Valutazione esterna:in base ai risultati dei rapporti, si individueranno le scuole da sottoporre per prime alla “cura” (ma successivamente si estenderà a tutte): ci saranno visite deinuclei di valutazione esternicostituiti da ispettori e “esperti” formati e selezionati dall’Invalsi; essi riformuleranno il piano di miglioramento a cui la scuola dovrà attenersi: di fatto viene annullata la libertà d’insegnamento.

3)     Azioni di miglioramento:entra in campo l’INDIREchesupporterebbe le scuole nella definizione dei piani di “miglioramento” attraverso l’utilizzo di nuove tecnologie, di corsi di formazione in servizio per docenti, ATA e presidi, potendo avvalersi anche di privati.

4)     Valutazione dei dirigenti:anche i presidi, tramite gli USR, saranno sottoposti a valutazione.

E se la cura non funziona?Nessuno dice cosa succederà alle scuole che, nonostante la “cura”, non riusciranno a raggiungere gli standard previsti: negli USA e Gran Bretagna vengono chiuse e i docenti licenziati (la legge Brunetta prevede il licenziamento dei dipendenti pubblici a fronte di rendimenti negativi).

 

Innalzamento della “qualità”? In realtà questo sistema SVALUTERA’ rapidamente e con danni irreparabili la qualità della scuola pubblica a tutto vantaggio di quella privata, come già accaduto nella scuola inglese e statunitense. Una quantità enorme di risorse sarà ulteriormente dirottata nella burocrazia (già immaginiamo i moduli da riempire) e sottratta al lavoro concreto della didattica. E ancor più pericoloso sarà  il potere retroattivo del sistema: ci verrà imposto di adeguare le nostre programmazioni e la nostra attività didattica agli indicatori stabiliti dall’INVALSI, pena la “cura” a suon di ispettori e di corsi di “miglioramento”.

Il popolo della scuola deve saper rispondere con decisione a quest’attacco. Il Sistema di (S)valutazione modificherà il nostro lavoro ed entrerà di forza dentro le nostre classi: vogliono imporcicosainsegnare ecomeinsegnare. I docenti devono reagire ed essere in prima fila nella difesa della qualità della scuola pubblica italiana.

No alla scuola-azienda, no alla scuola quiz dei valutatori.

Solo una scuola pubblica di qualità, Bene comune per tutti/e, può battere la privatizzazione e la mercificazione dell’istruzione

Nasce il Sistema nazionale di valutazione

Politica scolastica

Nasce il Sistema nazionale di valutazione.

L’inizio di un percorso

Il regolamento sul SISTEMA NAZIONALE di VALUTAZIONE in MATERIA di ISTRUZIONE E FORMAZIONE ha visto la luce con l’approvazione da parte del Consiglio dei Ministri l’8 Marzo.
Un iter difficile che conclude un lungo percorso, a partire dal Decreto legislativo 286 del 2004, che ha avuto molte resistenze da parte di chi ha sempre visto nella valutazione aspetti negativi per ragioni di merito e/o di metodo.
L’Anp – che a più riprese ha fatto della valutazione oggetto di studi ed analisi ed anche di proposte – accoglie con favore il nuovo regolamento, pur rilevandone alcuni aspetti critici, in quanto ritiene che questo possa costituire l’inizio di un percorso positivo, utile per tutte le scuole per:
  • uscire dall’autoreferenzialità che, di fatto, ha sempre caratterizzato il sistema
  • concretizzare il rapporto autonomia – valutazione che è la base della ratio dell’autonomia stessa, come supporto alla tenuta dell’intero sistema nazionale di istruzione e formazione
  • garantire trasparenza ed equità del servizio tutelando così i diritti non solo degli utenti, ma di tutti i cittadini
  • dare finalmente alle scuole punti di riferimento certi per la costruzione di processi di miglioramento nelle loro attività.

L’insieme di autovalutazione e di valutazione esterna può consentire alle scuole di acquisire la piena consapevolezza della qualità del lavoro svolto e, nel contempo, valorizzare e rispettare la loro libertà didattica e progettuale che, senza alcun riferimento di tipo valutativo, finisce per restare indeterminata circa i fini ed i risultati.

Restano diversi aspetti da definire e da discutere, a partire dagli strumenti che saranno messi a disposizione delle scuole (conosciamo solo quelli usati per la sperimentazione in atto) fino alla delineazione del rapporto (dal punto di vista del significato e del “peso”) tra i dati della scuola, gli. esiti degli apprendimenti e la valutazione dei contesti socio-familiari, cosa tanto più importante in quanto definisce la filosofia del sistema di valutazione nel rapporto tra misurazione di dati oggettivi e interpretazione degli stessi.

Ma, al di là di punti anche controversi da affrontare, è importante che il cammino sia iniziato, poiché l’autonomia delle scuole non può pensare di vivere e di rafforzarsi senza una rendicontazione dell’operato di ciascuna e senza un sistema che sia in grado di valutarne le prestazioni.

Ai leaders

Ai  leaders

di Adriana Rumbolo

Oggi le immagini girano velocemente: un telegiornale, trasmissioni  che raccolgono storie e “opinioni”, cortei di protesta, di disperazione e di follia collettiva.

Dove spesso o la miseria economica o la miseria dell’anima (niente fiducia, niente speranza, niente coraggio, niente sogni) o l’opportunismo più sofisticato acclamano,  seguono, inseguono Perchè?

L’ansia figlia di paure irrisolte, quando supera il suo livello di guardia per cause esistenziali, criticità economiche gravi, perdita di lavoro, futuro senza speranza, opacizza la capacità di discernere, allaga in panico collettivo e allora ne potrebbe approfittare  un  soggetto, che  necessitando della  paura e della miseria altrui per accrescere la propria autostima si  trasforma velocemente in leader promettendo miracoli, dando  o restituendo alla massa la certezza o l’illusione di esistere, con grande carisma.

Madre Teresa di Calcutta lo chiamava quando era a fin di bene “egoismo altruistico”. A volte però quando non è a fin di bene potrebbe  da egoismo  diventare  egocentrismo.

Molti di noi negli ultimi  tempi hanno potuto toccare con mano il percorso di troppe esperienze politiche che nate per  paure sociali e ansia  sono state facilmente  predate  da leaders senza scrupoli  con  promesse facili spesso  in cambio di un voto.

Non  è il modo più democratico anzi di democratico non c’è più niente.

Quando la massa spaventata e disorientata sarà costretta a risvegliarsi per le problematiche quotidiane sarà sempre  troppo tardi. E’ bello scegliere un leader, ma non occorre per ascoltarlo, perdere la propria autonomia di pensiero e decisionale.

Se abbiamo dato un voto come consenso a un progetto abbiamo il diritto di seguire quel  percorso e di partecipare, oppure rischiamo di non esistere.. con gravi problemi economici ,fisici e psichici.

Si sono viste troppe piazze che inneggiano a un nuovo leader, ma il leader capisca bene che in quel momento non lo ringraziano perché  ancora non ha fatto niente, ma gli urlano solo le loro miserie e la loro collaborazione.

Nessuno può e deve più approfittarne altrimenti ci saranno presto nuove tragedie sempre più gravi

Miur, il contributo nelle scuole è volontario

da LaStampa.it

Miur, il contributo nelle scuole è volontario

Qualunque discriminazione derivante dal rifiuto di versamento risulterebbe illegittima e gravemente lesiva del diritto allo studio
roma

Il contributo nelle scuole è volontario e non può essere in alcun modo imposto, di questo le istituzioni devono dare comunicazione chiara e trasparente a studenti e famiglie; la scuola è un servizio di cui si usufruisce gratuitamente ed il mancato pagamento di contributi ulteriori non può essere sanzionato in alcun modo.

È quanto chiarisce una circolare diffusa dal ministero dell’Istruzione e della ricerca (Miur) e resa nota dagli studenti della Rete della conoscenza, dopo le numerose polemiche sul problema del contributo volontario.

Nella circolare si ricorda «il principio dell’ obbligatorietà e gratuità dell’istruzione che, previsto dall’ articolo 34 della Costituzione, è stato esteso dall’attuale normativa fino a ricomprendere i primi 3 anni dell’istruzione secondaria superiore. In tutte le istituzioni scolastiche statali pertanto – chiarisce il capo dipartimento del Miur – la frequenza della scuola dell’obbligo non può che essere gratuita mentre per le sole classi 4 e 5 della scuola secondaria di secondo grado, fatti salvi i casi di esonero, essa è subordinata esclusivamente al pagamento delle tasse scolastiche erariali».

«Nessuna ulteriore capacità impositiva viene riconosciuta dall’ordinamento a favore delle istituzioni scolastiche… qualunque somma, ulteriore alle tasse erariali e a quanto strettamente necessario per il rimborso delle spese sostenute dalla scuola per conto delle famiglie, può quindi essere richiesta soltanto quale contribuzione volontaria…tale impianto ovviamente non può essere messo in discussione in nome dell’autorità scolastica».

«Detto quanto detto – conclude la lunga circolare – appare quindi evidente che subordinare l’iscrizione degli alunni al preventivo versamento del contributo non solo è illegittimo ma si configura, per i soggetti che sono responsabili della gestione, come una grave violazione dei propri doveri d’ufficio… si ricorda infine che qualunque discriminazione ingiustificata a danno degli studenti derivante dal rifiuto di versamento del contributo, risulterebbe del tutto illegittima e gravemente lesiva del diritto allo studio».

«Questa circolare – osserva l’Unione degli Studenti – è un prezioso strumento nelle mani degli studenti che hanno subito comportamenti scorretti da parte delle scuole, perchè oltre a ribadire i termini di legge, demanda agli Uffici Scolastici Regionali di prendere provvedimenti anche sanzionatori nei confronti delle istituzioni scolastiche che non avranno un comportamento corretto».

Scuola, Cdm approva norme su autovalutazione

da Repubblica.it

Scuola, Cdm approva norme su autovalutazione.
Ma Cgil e Gilda criticano il governo: “Arrogante”

Via libera del Regolamento che prevederà controlli e piani di miglioramento per tutti i 9.300 istituti italiani. I risultati saranno resi pubblici così che le famiglie possano valutare e scegliere le scuole migliori. Critiche dai sindacati: “La montagna ha partorito un topolino velenoso”

di SALVO INTRAVAIA

PARTE la valutazione delle scuole italiane. Poche ore fa, il Consiglio dei ministri ha approvato in via definitiva il Regolamento sulla valutazione del sistema di istruzione e formazione nostrano. Per scuole ed enti di formazione regionali è una novità assoluta. E, come spesso avviene, il mondo della scuola si divide tra favorevoli e contrari.

Cosa vuol dire? Dal prossimo anno scolastico tutte le scuole italiane dovranno iniziare un percorso di autovalutazione, controllato da nuclei esterni, e attivare interventi di miglioramento sull’apprendimento degli alunni e sul funzionamento delle scuole. L’Italia, in ambito europeo, era uno dei pochi paesi non ancora dotato di un sistema di questo tipo. E da settembre insegnanti, dirigenti scolastici e personale Ata verranno chiamati alle proprie responsabilità.

Del resto, che la scuola italiana arranchi è sotto gli occhi di tutti. I test Ocse-Pisa sulle cosiddette literacy (abilità) in Lettura, Matematica e Scienze dei quindicenni italiani ci collocano nelle ultime posizioni in Europa e anche i test internazionali sugli apprendimenti dei bambini di quarta elementare e terza media  –  sempre in Lettura, Matematica e Scienze  –  ci vedono arretrare. Il nuovo sistema di valutazione, che per la prima volta in maniera organica cercherà di capire dove la macchina italiana si inceppa, è molto diverso da quello premiale lanciato dalla Gelmini che, tra le polemiche del personale della scuola, dava un premio in denaro alle “migliori” scuole e ai migliori docenti.

“Abbiamo voluto sottolineare la centralità della scuola  –  spiega Elena Ugolini, sottosegretario all’Istruzione  –  per cercare di condividere con gli stessi dirigenti scolastici e i docenti la valutazione del sistema. E i primi seminari sulla sperimentazione avviata in oltre mille istituti sembrano darci ragione”. Questa volta, però la valutazione verrà estesa a tutti i novemila e 300 istituti italiani. E alla fine le famiglie potranno rendersi conto di quali saranno le scuole che funzionano meglio.

Un testo in otto punti. Il decreto varato da Palazzo Chigi in appena otto articoli spiega come funzionerà la valutazione “di sistema”: finora, con i test Invalsi sono stati valutati soltanto gli alunni e non l’intero sistema scolastico o le scuole.

Il primo passo sarà l’autovalutazione d’istituto: sulla base di una serie di indicatori predisposti dall’Invalsi, uguali per tutte le scuole italiane, verrà compilato il Rapporto di autovalutazione che ha la finalità di fare emergere gli eventuali punti deboli della scuola. Il secondo passo consiste nella predisposizione di un Piano di miglioramento per cercare di colmare il divario con le altre scuole. Per la predisposizione di quest’ultimo, le scuole potranno rivolgersi all’Indire (l’Istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa), alle università o agli enti che riterranno più idonei. Poi, inizierà un periodo di due/tre anni in cui le scuole dovranno mettere in pratica le azioni di miglioramento e, alla fine, stilare un nuovo Rapporto di autovalutazione per valutare gli effetti del Piano e gli eventuali progressi.

Ma le scuole, durante il loro iter valutativo, riceveranno la visita dei nuclei di valutazione esterna  –   composti da un ispettore (ora dirigente tecnico), un dirigente scolastico e un esperto in materia di valutazione  –  che guideranno e indirizzeranno le scuole nel difficile percorso che stanno per intraprendere. L’idea di Profumo è quella di valorizzare l’autonomia scolastica con un contrappeso statale che renda la valutazione omogenea su tutto il territorio nazionale.

L’altra novità è che la cosiddetta Rendicontazione sociale delle istituzioni scolastiche  –  tra le performance prima e dopo la terapia del Piano  –  avverrà attraverso “la diffusione dei risultati raggiunti, attraverso indicatori e dati comparabili”. Così, all’atto delle iscrizioni, le famiglie potranno anche scegliere le scuole “migliori”.

Una strada che non piace a Flc Cgil e Gilda degli insegnanti. “E la montagna partorì il topolino velenoso”, commenta a caldo Mimmo Pantaleo, leader della Flc Cgil. “E’ davvero incredibile  –  continua Pantaleo  –  la protervia e l’arroganza di questo governo che in limine mortis licenzia la bozza di regolamento sul sistema nazionale di valutazione. Auspichiamo un sistema nazionale di valutazione che risponda effettivamente all’esigenza di migliorare istruzione e formazione in questo Paese e non è il caso del regolamento appena approvato. L’unico vero motivo  –  conclude  –  è di rispondere agli impegni assunti nel 2011 dall’Italia con l’Unione europea”.

Anche la Gilda è parecchio critica. “La valutazione  –  dichiara Rino Di Meglio  –  rischia di trasformarsi in un impegno burocratico troppo gravoso per gli insegnanti che rischiano di sottrarre tempo all’insegnamento. E, inoltre, non sono previsti investimenti”. Ma per la Cisl scuola “la direzione è quella giusta”: “La valutazione che serve alla scuola  –  spiega Francesco Scrima  –  è quella che le permette di lavorare in modo più consapevole, favorendo la qualità dei risultati e mettendola in condizione di migliorare il servizio reso all’utenza. Non interessa e non serve, invece, una valutazione che si limiti a stilare classifiche, o peggio ancora a erogare premi o infliggere punizioni. Il nuovo regolamento approvato oggi  –  conclude  –  ci sembra in linea con il primo modello, lontano dalla caricatura che per troppo tempo qualcuno ha fatto del merito e della valutazione”.

I docenti e le prove Invalsi

da Tecnica della Scuola

I docenti e le prove Invalsi
di Giovanni Sicali
Sulla base dell’articolo 51 non resta alcun margine di dubbio sull’obbligatorietà delle prove Invalsi per le “istituzioni scolastiche”. E qui c’è largo spazio alle interpretazioni e al dibattito per una corretta prassi comportamentale
I docenti hanno subito una serie di pretese indebite dalle norme Miur per lo svolgimento delle prove Invalsi, secondo un vero e proprio crescendo rossiniano. Inizialmente , con la C.M. n.86 del 22 /10/2009, è stato loro richiesto un “armonico coinvolgimento di tutte le parti interessate”, la “collaborazione” e la “disponibilità”. Poi si è passati all’obbligatorietà con l’Art. 51, comma 2 della Legge 4/4/2012, n. 35 su “Potenziamento del sistema nazionale di valutazione”. Qui si afferma categoricamente: “Le istituzioni scolastiche partecipano, come attività ordinaria d’istituto, alle rilevazioni nazionali degli apprendimenti degli studenti”.
Sulla base di questo articolo 51 ormai non resta alcun margine di dubbio sull’obbligatorietà delle prove Invalsi per le “istituzioni scolastiche”. E qui c’è largo spazio alle interpretazioni e al dibattito per una corretta prassi comportamentale.
In questo sito, il 6/10/2012, è stata riportata la sentenza n. 212/2012 del 29/8/2012 del Tribunale ordinario di Trieste, sezione civile riguardante la obbligatorietà della somministrazione delle prove dell’Ente Invalsi da parte del personale docente. “Si tratta di una materia sottratta all’autonomia del singolo istituto scolastico che trova disciplina uniforme e competenze unitarie nell’ambito del territorio nazionale. In particolare, è proprio e significativamente il regolamento dell’autonomia delle istituzioni scolastiche che, all’art. 10, comma 1, DPR 275/1999 prevede che “per la verifica del raggiungimento degli obiettivi di apprendimento e degli standard di qualità del servizio il Ministero della Pubblica Istruzione fissa metodi e scadenze per rilevazioni periodiche (…) Al Collegio Docenti potrebbero tutt’al più riconoscersi facoltà propositive di modalità organizzative per conciliare lo svolgimento delle rilevazioni Invalsi con l’ordinaria attività didattica, ma non ha decisione sullo svolgimento o meno delle stesse”.
Dopo aver sottolineato che è indispensabile il “concorso istituzionale” di tutti i soggetti e specialmente la collaborazione delle scuole, il Ministero ( con le note del 20/4/2011 e del 18/10/2011) rammenta anche che “gli impegni connessi allo svolgimento delle rilevazioni dovranno trovare adeguato spazio di programmazione nell’ambito del piano annuale delle attività, predisposto dal dirigente scolastico e deliberato dal collegio dei docenti ai sensi dell’art. 28, comma 4, del vigente CCNL”.
Le prove Invalsi rientrano quindi nell’attività ordinaria dell’Istituto e sono un obbligo nella loro articolazione totale per i dirigenti scolastici (rappresentanti delle istituzioni), ma non attengono – in tutte le fasi dello svolgimento – alla persona del singolo docente. Il problema nasce dal fatto che i docenti non sono l’istituzione scolastica.
A nostro parere, l’unico obbligo individuale per i docenti rimane quello previsto dal contratto ancora in vigore all’art. 29, comma 5. Questo dovere si può riferire unicamente alla fase di somministrazione delle prove Invalsi in orario di ordinaria attività di servizio, e come attività di vigilanza sugli studenti. Per altre attività al di fuori di queste (ad esempio la preparazione e la correzione delle prove Invalsi), giustamente, il riconoscimento economico potrà essere individuato in sede di contrattazione integrativa di istituto, ai sensi degli artt.6 e 88 del vigente CCNL come attività incentivate. Ma proprio perché incentivate, tali attività propriamente aggiuntive restano soggette alla libera accettazione dei docenti e quindi non sono obbligatorie perché non previste dalla funzione docente.
I docenti, contrari alla “invalsione” della scuola, sono ormai disprezzati e calunniati dall’opinione pubblica e sono tacciati di essere fannulloni quando invece è proprio sulla pelle dei pubblici dipendenti che si accaniscono tutti i governi: vengono aumentati gli oneri di lavoro ma restano bloccati gli scatti stipendiali e i contratti nazionali; e si allungano gli anni prima del sospirato pensionamento.

I dirigenti scolastici restituiscano i contributi scolastici

da Tecnica della Scuola

I dirigenti scolastici restituiscano i contributi scolastici
di Lucio Ficara
Prevenire è meglio che curare, ma quanto accade nella pantomima tra Miur e dirigenti scolastici, sulla questione dei contributi scolastici richiesti irregolarmente, fa temere che si adotti il procedimento inverso
La questione è riferita alla fase di iscrizione dei nostri studenti alle classi successive. In questa fase i dirigenti scolastici, fanno pervenire, tramite i ragazzi , alle famiglie i moduli di iscrizione alla classe successiva dove si richiedono contributi scolastici a partire da 50 euro ad arrivare anche fino a 130 euro. In tali moduli ci si dimentica, diciamo maliziosamente, di scrivere che il contributo è puramente volontario, come fosse una donazione, lasciando credere alle famiglie che la quota sia dovuta. Alcuni dirigenti la pretendono, arrivando anche a minacciare la non iscrizione e quindi la non frequenza, alla classe successiva.
Si tratta di comportamenti deplorevoli , che bisogna assolutamente stigmatizzare. Ieri il Miur ha preso carta e penna ed ha scritto una circolare, firmata dal capo dipartimento Dott.ssa Lucrezia Stellacci dove si condannano simili comportamenti che, oltre a danneggiare l’immagine dell’intera Amministrazione scolastica e minare il clima di fiducia e collaborazione che è doveroso instaurare con le famiglie, si configurano come vere e proprie lesioni al diritto allo studio costituzionalmente garantito.
Un messaggio duro e inequivocabile, ma che non rende pienamente giustizia. Parafrasando il proverbio iniziale, questa circolare sta alle porte di ferro, come i ladri stanno agli esattori che hanno incassato questi contributi mascherati. Quello che sarebbe opportuno è che i dirigenti scolastici si impegnino a restituire i contributi scolastici estorti, altrimenti il Miur dovrebbe provvedere a sanzionarli anche severamente

Regolamento sulla valutazione, tutti i motivi del dissenso

da Tecnica della Scuola

Regolamento sulla valutazione, tutti i motivi del dissenso
di A.G.

Forti critiche da associazioni e sindacati. L’Unione degli studenti il 16 maggio boicotterà le prove Invalsi con scioperi bianchi: ci sentiamo schedati. Flc-Cgil: il vero motivo dell’approvazione è puntare ai fondi strutturali 2014/2020. Gilda: non è stato atteso l’esito della sperimentazione ed ora per i docenti si profila un aggravio di lavoro. Anief: fa parte dello stesso progetto governativo che vuole cancellare gli scatti e introdurre il merito legato alle performance.
Se si eccettua la Cisl Scuola, di cui abbiamo riportato il pensiero all’interno di un altro articolo, i pareri di sindacati e associazioni di categoria sull’approvazione da parte del Cdm del nuovo regolamento del Servizio Nazionale di Valutazione sono fortemente critici. In alcuni casi addirittura demolitori. Li abbiamo raccolti qui di seguito.
Iniziamo dall’Unione degli studenti, secondo cui “l’approvazione decisa all’ultimo, da un governo in scadenza, non fa che confermare la volontà da parte del Miur di procedere sul tema della valutazione come se fosse neutra amministrazione, ignorando le voci di dissenso, facendo a meno, illegittimamente, di una discussione larga col mondo della scuola su un tema così cruciale per il futuro dell’istruzione pubblica”.
Si è deciso di imporre autoritariamente alle scuole un modello di valutazione pedagogicamente ambiguo e finanziariamente insostenibile, – denuncia Carmen Guarino dell’Unione degli Studenti – che aveva incontrato negli scorsi mesi molte e pesanti criticità da parte delle associazioni e degli istituti e che si vede legittimato solo ed unicamente dai diktat avanzati in merito dall’Unione Europea. Il nuovo regolamento assegna infatti all’Invalsi un ruolo di centralità, non accenna quindi alla necessità di trasformare l’Istituto in un ente realmente indipendente dal Miur, così come sono in Europa tutti gli enti di ricerca, nè intende rimettere in discussione quel modello di valutazione incentrato sul controllo”.
L’Uds ha anche annunciato che il 16 maggio, data di somministrazione dei test Invalsi alle superiori, scenderà “in campo con scioperi bianchi e boicottaggi per protestare contro queste scelte illegittime. Rivendichiamo una valutazione che innanzitutto sia capace di raccontare lo stato emergenziale che vive la scuola pubblica, una valutazione che sia capace di riavvicinare gli studenti allo studio e non soltanto di schedarli”.
Il dissenso per il provvedimento approvato dal Governo è forte pure nella Flc-Cgil. Per il suo segretario generale dei lavoratori della conoscenza, Mimmo Pantaleo, “il consiglio dei Ministri approva in limine mortis” un vero e proprio “sistema pasticciato in cui si mischia la valutazione di sistema con la valutazione dei dirigenti scolastici. Anche nel caso in cui siano state recepite le osservazioni e proposte contenute nei pareri del Consiglio nazionale della pubblica istruzione, della Conferenza unificata, del Consiglio di Stato, il giudizio non cambia. Nello schema di regolamento sono assenti e quindi appaltate all’esterno le finalità politico-istituzionali del sistema nazionale di valutazione, con una sorta di ipertrofia della funzione tecnica a danno del ruolo debole attribuito all’autonomia scolastica”.
Per Pantaleo nel comunicato stampa del Governo è presente, tra le righe, l’unico vero motivo a fondamento di questa scelta: “l’approvazione del regolamento consente di rispondere agli impegni assunti nel 2011 dall’Italia con l’Unione europea, in vista della programmazione dei fondi strutturali 2014/2020. Altro che miglioramento dell’offerta formativa e della qualità della scuola! La Flc chiederà l’impegno formale a tutte le forze politiche di cambiare radicalmente questo regolamento e metterà in campo tutte le iniziative necessarie per difendere la scuola pubblica da questo ennesimo intervento dannoso”.
Anche Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli insegnanti non va per il sottile: “il sistema nazionale di valutazione così come è stato approvato non va. Un colpo di mano che non può trovarci d’accordo”. Il sindacalista punta anche il dito sull’eccesiva fretta nell’approvazione ai rischi di aggravio di lavoro per i docenti: “prima del via libera, sarebbe stato opportuno aspettare l’esito della sperimentazione dei ValeS partita in 300 scuole (per il Miur sarebbero 1.300 ndr). Non è trascurabile, inoltre, la possibilità che il meccanismo di valutazione finisca col rivelarsi un impegno burocratico troppo gravoso per gli insegnanti, tra carte da compilare e processi da giustificare. Tempo prezioso sottratto all’insegnamento”.
Il leader della Gilda si scaglia anche contro l’eccessivo potere dell’Invalsi “a cui sarà affidato il compito di proporre protocolli di valutazione, indicatori di efficacia ed efficienza per individuare le scuole in difficoltà, oltre a quelli per valutare i dirigenti”.
Nel ribadire un secco no alla bozza appena licenziata dal governo, infine, Di Meglio evidenzia la mancanza di investimenti a supporto del regolamento: “Già questo – conclude – ci rende molto scettici sul successo del progetto. Senza contare, e non è un elemento secondario, il fatto che gli insegnanti siano stati tenuti del tutto fuori dalla discussione su un tema centrale per il mondo della scuola”.
Un concetto, quest’ultimo, ripreso dall’Anief, che giudica la valutazione delle scuole “un provvedimento a costo zero, non discusso con gli ‘attori’ che devono viverlo e preludio di ulteriori tagli alla scuola”. Il sindacato autonomo associa l’approvazione del regolamento con il tentativo dell’amministrazione, che però non ha ottenuto il consenso dei sindacati, “di far approvare alle confederazioni sindacali un pre-accordo sulla formulazione del rinnovo dei contratti che prevede l’abolizione degli scatti di anzianità e l’introduzione di un modello scolastico di tipo aziendale, incentrato sulle performance individuali all’interno istituti trasformati quasi in centri produttivi. I quali si dovrebbero attenere al modello standard prefissato (su che basi?) dal Miur, per poi addirittura entrare in un regime di concorrenza fratricida”.
Durissimo Marcello Pacifico, presidente Anief: “con questo regolamento – commenta – il Governo dimissionario ha deciso di abdicare al ruolo costituzionale dello Stato di garantire l’istruzione su tutto il territorio e a tutte le fasce sociali. Per fare spazio a un modello che castra la libertà d’insegnamento dei docenti, annulla le loro uniche progressioni di carriera, legate agli ‘scatti’ stipendiali, e tenta demagogicamente di unificare tutte le diverse realtà territoriali e sociali italiane. Alla fine della fiera – continua Pacifico – ci ritroveremo finanziamenti solo per le scuole d’elite, mentre quelle che ne hanno più bisogno, perché collocate in realtà difficili e a contatto con un’utenza più bisognosa, verranno miseramente lasciate al loro destino”. Severo anche il giudizio sull’Invalsi, a cui verrebbe “dato sempre più ampio potere all’Invalsi. Un ente, sulla carta ‘super partes’, che improvvisamente perderà il ruolo di monitore, per vestire quello di mortificatore”, conclude il presidente Anief.

Approvato dal Governo il nuovo codice di comportamento dei dipendenti pubblici

da Tecnica della Scuola

Approvato dal Governo il nuovo codice di comportamento dei dipendenti pubblici
di R.P.
I dipendenti pubblici dovranno comunicare alla Amministrazione l’appartenenza ad Associazioni i cui ambiti di interesse possano interferire con lo svolgimento delle attività d’ufficio. I regali di valore superiore a 150 euro dovranno essere consegnati alla Amministrazione che li utilizzerrà per scopi istituzionali.
Complicazioni in arrivo per i dipendenti pubblici con il nuovo codice di comportamento approvato dal Consiglio dei Ministri nella giornata dell’8 marzo.
Alcune disposizioni sembrano di difficile applicazione, come ad esempio quella relativa al divieto di ricevere regali che, se superano il valore di 150 euro, devono essere “immediatamente messi a disposizione dell’Amministrazione per essere devoluti a fini istituzionali”.
Questa formulazione fa pensare che un dirigente scolastico che riceva per Natale un cesto di prodotti alimentari particolarmente ricco debba consegnarlo alla Amministrazione (e quindi del direttore regionale) che lo utilizzerà per scopi istituzionali: che cosa però significhi nel concreto non è affatto chiaro.
Ma la norma più discutibile ci sembra quella secondo cui ogni dipendente pubblico ha l’obbligo di comunicare alla propria Amministrazione l’ adesione o l’appartenenza ad associazioni e organizzazioni (esclusi partici politici e sindacati) i cui ambiti di interesse possano interferire con lo svolgimento delle attività dell’ufficio.
In proposito sarebbe molto interessante conoscere il parere del Garante per la privacy tenuto conto che l’appartenenza a partiti, sindacati ed associazioni è espressamente tutelata dal Testo unico sulla privacy che li considera dati sensibili e dunque disponibili per la Pubblica Amministrazione solo a particolari condizioni previste dalla legge.
C’è da credere che una norma del genere, in mancanza di ulteriori precisazioni e chiarimenti, potrebbe dare origine a forme estenuanti di contenzioso se non addirittura a comportamenti vessatori da parte di questo o quel dirigente periferico.
Un’altra regola, peraltro già presente nel codice attualmente in vigore, prevede che il dipendente pubblico abbia anche il dovere di rendere noti i rapporti diretti o indiretti di collaborazione avuti con soggetti privati nei 3 anni precedenti e in qualunque modo retribuiti; stesso obbligo vale per i rapporti sussistenti fra soggetti privati e il coniuge, il convivente, i parenti e gli affini entro il secondo grado del dipendente stesso.
Del tutto incomprensibile risulta poi la regola secondo cui ogni dipendente ha “l’obbligo di astenersi dal prendere decisioni o svolgere attività inerenti le sue mansioni in situazioni di conflitto di interessi anche non patrimoniali, derivanti dall’assecondare pressioni politiche, sindacali o dei superiori gerarchici”.
Cosa si vuole intendere con “pressioni” di natura politica o sindacale ?
Se la vogliamo interpretare alla lettera una regola di questo genere potrebbe anche significare che un insegnante non è libero di criticare i test Invalsi nello svolgimento delle proprie funzioni all’interno del collegio dei docenti perché tale critica potrebbe essere considerata anche un “cedimento” alle “pressioni” di questo o quel sindacato.
Insomma, prima di dare il via libera definitivo al provvedimento, il Governo farebbe forse bene ad approfondire meglio la questione per evitare proteste anche clamorose.

Regolamento sulla valutazione: di che si tratta?

da Tecnica della Scuola

Regolamento sulla valutazione: di che si tratta?
di Pasquale Almirante
Il decreto varato oggi dal Governo si compone di otto articoli dove si illustra il funzionamento della valutazione “di sistema”. Col prossimo anno non si valuteranno soltanto gli alunni ma l’intero sistema scolastico
In breve si può dire che dal prossimo anno scolastico tutte le scuole italiane, 9.300 istituzioni, con il personale: insegnanti, dirigenti scolastici e Ata, dovranno iniziare un percorso di autovalutazione, controllato da nuclei esterni, per attivare interventi di miglioramento sull’apprendimento degli alunni e sul funzionamento delle scuole medesime.
L’obiettivo è quello di aiutare le famiglie a capire quali siano le scuole che funzionano meglio proprio perché il nuovo sistema di valutazione intende indagare i punti specifici dove la macchina istruzione tende a incepparsi.
Non si tratta quindi di incentivi economici, come era stata formulata la sperimentazione voluta da Gelmini che ebbe pura tanta disapprovazione, ma di una formulazione del tutto nuova, anche se permangono per certi versi le famose tre gambe: Invalsi, Indire, corpo ispettivo.
L’idea di Profumo in ogni caso sarebbe quella di valorizzare l’autonomia scolastica con un contrappeso statale che renda la valutazione omogenea su tutto il territorio nazionale.
Il sottosegretario all’Istruzione, Elena Ugolini, ha spiegato così il nuovo sistema: ”Abbiamo voluto sottolineare la centralità della scuola per cercare di condividere con gli stessi dirigenti scolastici e i docenti la valutazione del sistema. E i primi seminari sulla sperimentazione avviata in oltre mille istituti sembrano darci ragione”.
Intanto la partenza è data dal ministro dell’Istruzione che almeno ogni tre anni dovrà indicare le priorità “strategiche” della valutazione del sistema educativo di cui l’Invalsi dovrà tenere conto. Essa fra l’altro dovrà pure avviare le rilevazioni su “base censuaria” in II e V elementare, I e II media, II superiore come già accade ora, aggiungendo pure la V superiore.
Il primo punto è costituito dall’autovalutazione d’istituto che compilerà il “Rapporto di autovalutazione” con la finalità di fare emergere gli eventuali punti deboli della scuola. Gli indicatori su cui compilare il rapporto saranno predisposti dall’Invalsi e saranno uguali per tutte le scuole italiane. L’Istituto definirà gli indicatori di efficienza a cui le scuole e i loro dirigenti dovranno rispondere.
Il secondo punto si basa, qualora emergessero criticità, nella predisposizione di un Piano di miglioramento per cercare di colmare il divario con le altre scuole. Incaricata di predisporre questo Piano è l’Indire (l’Istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa) insieme alle università o agli enti cui le scuole potranno rivolersi e che riterranno più idonei ad aiutarle nel miglioramento della didattica.
A questo punto le scuole avranno un periodo di due/tre anni per mettere in pratica le azioni di miglioramento e quindi stilare un nuovo Rapporto di autovalutazione per valutare gli effetti del Piano e gli eventuali progressi.
È in questa fase, durante cioè l’iter valutativo, che interverranno i nuclei di valutazione esterna che sono composti da un dirigente tecnico, un dirigente scolastico e un esperto in materia di valutazione.
Il loro compito è quello di guidare e indirizzeranno le scuole nel percorso che stanno per intraprendere.
Alla fine ultima di tutto questo iter scatterà pure la cosiddetta Rendicontazione delle istituzioni scolastiche che darà atto delle performance subite dalla scuola prima e dopo la terapia del Piano. Tale rendicontazione avverrà con “la diffusione dei risultati raggiunti, attraverso indicatori e dati comparabili”, e quindi resi pubblici “in una dimensione di trasparenza” in modo da consentire alle famiglie di scegliere e valutare le scuole più adatte e migliori dove iscrivere i figli

Contributi: mai obbligatori

da tuttoscuola.com

Secca precisazione del Ministero
Contributi: mai obbligatori
 La richiesta di contributi alle famiglie da parte delle scuole è diventata in certi casi talmente pressante da indurre il ministero dell’Istruzione a emanare una dettagliata circolare per fare chiarezza sul ‘contributo volontario’.

Continuano a pervenire a questo Dipartimento da parte delle famiglie, numerose segnalazioni di irregolarità e abusi nella richiesta dei contributi scolastici – scrive il capo dipartimento del Miur, Lucrezia Stellacci – lamentele che sono divenute ancora più pressanti in coincidenza con il periodo di iscrizioni”.

Nella circolare si ricorda “il principio dell’obbligatorietà e gratuità dell’istruzione che, previsto dall’articolo 34 della Costituzione, è stato esteso dall’attuale normativa fino a ricomprendere i primi 3 anni dell’istruzione secondaria superiore”. Quindi “Nessuna ulteriore capacità impositiva viene riconosciuta dall’ordinamento a favore delle istituzioni scolastiche… qualunque somma, ulteriore alle tasse erariali e a quanto strettamente necessario per il rimborso delle spese sostenute dalla scuola per conto delle famiglie, può quindi essere richiesta soltanto quale contribuzione volontaria”, e “tale impianto ovviamente non può essere messo in discussione in nome dell’autonomia scolastica”. “Appare quindi evidente che subordinare l’iscrizione degli alunni al preventivo versamento del contributo non solo è illegittimo ma si configura, per i soggetti che sono responsabili della gestione, come una grave violazione dei propri doveri d’ufficio… qualunque discriminazione ingiustificata a danno degli studenti derivante dal rifiuto di versamento del contributo, risulterebbe del tutto illegittima e gravemente lesiva del diritto allo studio”.

E infine eventuali ulteriori segnalazioni “saranno trasmesse ai direttori degli Uffici scolastici regionali i quali provvederanno a operare le opportune verifiche e ad assumere tutte le conseguenti determinazioni, anche di carattere sanzionatorio”.

Soddisfatta l’Unione degli studenti, che aveva denunciato una serie di casi di pressione sulle famiglie: “questa circolare è uno strumento prezioso”.

Regolamento valutazione: ok della Cisl scuola

da tuttoscuola.com

Regolamento valutazione: ok della Cisl scuola
 ”La valutazione che serve alla scuola è quella che le permette di lavorare in modo più consapevole, favorendo la qualità dei risultati e mettendola in condizione di migliorare il servizio reso all’utenza. Non interessa e non serve, invece, una valutazione che si limiti a stilare classifiche, o peggio ancora a erogare premi o infliggere punizioni. Il nuovo regolamento approvato oggi dal Consiglio dei Ministri ci sembra in linea con il primo modello, lontano dalla caricatura che per troppo tempo qualcuno ha fatto del merito e della valutazione”.

Dalla Cisl Scuola arriva un giudizio positivo sul Sistema nazionale di valutazione approvato oggi dal Consiglio dei ministri. Il sindacato parla infatti di un ”documento apprezzabile”.

Francesco Scrima, segretario generale Cisl Scuola, così motiva il suo giudizio sul provvedimento: “Il percorso valutativo che propone – spiega – è ancorato all’autonomia delle scuole, si parte dall’autovalutazione e si traguarda la rendicontazione sociale. Si disegna un sistema che punta a sostenere le necessarie azioni di miglioramento, spesso richieste proprio laddove è più forte il peso delle difficoltà date da contesti particolarmente problematici. Ecco perché una valutazione correttamente intesa è fattore essenziale di equità, oltre che di qualità: fattore di promozione e non di discriminazione”.

Il regolamento – continua Scrima – ci sembra orientato in questa direzione, che si ricollega in modo coerente alle indicazioni del Quaderno Bianco del 2007. Non mancano naturalmente punti di debolezza e criticità, a partire dal fatto che non c’è un sostegno adeguato in termini di risorse, senza le quali il sistema non può funzionare efficacemente, così come appare scarsamente credibile, nelle attuali condizioni, il ruolo che può svolgere un corpo ispettivo oggi ridotto di fatto a una realtà solo virtuale. Sono aspetti su cui è necessario intervenire con decisione, nel quadro di quelle scelte forti di investimento in istruzione e formazione che da tempo rivendichiamo; siamo tuttavia convinti – conclude – che mentre l’impianto avviato può essere migliorato in fase di gestione, un ulteriore rinvio avrebbe creato un vuoto pericoloso e un danno ben più grave”.