SCIOPERO GENERALE DELLA SCUOLA

PER IMPEDIRE LO SVOLGIMENTO DEI QUIZ INVALSI SCIOPERO GENERALE DELLA SCUOLA IL 7 MAGGIO NELLE MATERNE ED ELEMENTARI, IL 14 NELLE MEDIE, IL 16 NELLE SUPERIORI.

Contro i quiz-Invalsi che immiseriscono la scuola e l’istruzione
No al Sistema di (S)valutazione che annulla la libertà di insegnamento e subordina scuole, studenti, docenti e i loro salari, a demenziali e umilianti indovinelli
Contro l’austerità che colpisce i settori sociali più indifesi e premia chi la crisi l’ha provocata
Restituire a docenti ed Ata il salario rubato con il blocco dei contratti e degli scatti di anzianità.
Impediamo la deportazione dei docenti “inidonei” e l’espulsione degli Ata precari.
Assunzione dei precari su tutti i posti disponibili
No alla richiesta di contributi alle famiglie, alle prove selettive per entrare a scuola, alle classi-pollaio
Basta con la Casta dei sindacati monopolisti, diritto di assemblea e di contrattazione per tutti/e

Indicazioni “made in China” e indicazioni perenni

Indicazioni “made in China” e indicazioni perenni
Sulle indicazioni ex 2004/2007, ora 2012 e l’asiatizzazione delle scuole d’Occidente

di Gabriele Boselli

 

Sono doverose l’attenta lettura, l’esegesi, l’interpretazione, la critica e perfino l’attuazione delle Indicazioni in quanto espressioni di un Ministero. Quantunque questo appaia non particolarmente elevato (comunque giganteggia rispetto a quello che lo aveva preceduto). Ma a orientare di fatto il percorso delle scuole sono i “programmi perenni”, quelli che conservano sempre la loro essenziale attualità: insegnare l’amore per la lettura e la scrittura,  far provare curiosità e attrazione per il mondo e le strutture formali delle discipline. Indicazioni o programmi di alto profilo culturale avrebbero potuto essere importanti: potevano servire soprattutto a far percepire un segno di attenzione dello Stato verso la scuola, a far capire che questo, massima delle istituzioni, non serve solo a provvederla di (pochi) mezzi ma a indicare –grazie al contributo di persone di scuola che siano anche persone di scienza- l’intenzionalità generale del sistema in cui la scuola è inserita.

La riscrittura 2012 delle Indicazioni ex versioni 2004 e 2007 segue invece una curvatura “cinese”: niente mete ma obiettivi su obiettivi, alla Foxconn, molte competenze e relativi traguardi e poco conoscere, una contenutistica culturalmente subordinata e finalizzata alle verifiche INVALSI.  Lavorare a testa bassa senza mai levare il capo, assente l’invito a guardare alto e lontano. Vi sarebbe stato invece bisogno di ben altro respiro culturale, in considerazione dell’evoluzione della cultura e del mondo in questi ultimi anni. Indifferenti rispetto al mondo della cultura e della scienza, le indicazioni esprimono il mondo dei circoli associazionistici e parapolitici che da trent’anni gravitano inalterati intorno al Ministero dell’Istruzione.

Per la scuola primaria vi è pure il fatto che –con l’abolizione dei moduli- le “risorse umane” della scuola primaria sono diminuite quasi di un terzo e non è pensabile che quanto si faceva in tre si possa fare ugualmente anche in due. Ma siamo ormai una provincia dell’Impero cinese.

 

Quale curriculum (percorso) può essere pensato e forse realizzato per far pervenire a una intelligenza non riduzionistica dell’ ipercomplessità culturale e scientifica del mondo a venire? Potrebbe avere alcune delle caratteristiche che seguono, alcune tratte anche dal meglio delle Indicazioni precedenti.

 

 

Indicazioni di ieri e classi e insegnanti di oggi

 

Nel 2007 erano tre per classe, ora sono due, con qualche raro extra. Le vere indicazioni non sono quelle scritte, ma quelle pensate e attuate ogni giorno e quindi contano le singolarità degli insegnanti e pure il loro numero.

Occorrerebbe un piano di formazione di portata e intensità analoga a quello escogitato per i programmi del 1995; non tanto per spiegare le nuove indicazioni quanto per ricostruirle insieme, riscriverle con un contributo reale di tutte le componenti significative  della scuola.

Infatti, gli insegnanti e i dirigenti della scuola italiana sono nella grande maggioranza persone colte che hanno molto da dare e molto da dire di proprio.  Occorre tenere alto il senso della meta e contrarre le pretese specifiche. Finchè si lavorava in tre su due classi, l’insegnante più capace soccorreva quello debole, oggi questo non è più possibile. Inoltre, i genitori dal 2007 a oggi sono divenuti molto più esigenti.

Considerando anche l’invecchiamento del corpo docente, la casualità delle vincite al concorso direttivo e la presenza di persone obbligate a restare in servizio solo perché non hanno l’età anagrafica o l’anzianità per andare in pensione, dopo la riforma Monti/Fornero, non è difficile prevedere gravi difficoltà di contesto.

 

Ricchezze ignorate e indicazioni per riscoprirle

 

Se i documenti programmatici ministeriali cambiano o passano senza che molti se ne accorgano (anche perché gli ispettori sono ridotti a 1/10 dell’organico e dunque difettano sia la promozione culturale che il controllo e la ricerca scientifica), per fortuna il tesoro, che chi insegna ha il compito di custodire, di tremila anni di cultura dell’Occidente e delle persone che abbiamo con noi,  resta. Si incontrerà sempre di più negli anni a venire con altri tesori, in particolare con quelli della cultura araba, cinese e indiana e le persone che vengono da quelle terre. Ogni giorno la scuola riscrive le Indicazioni possibili, autonomamente da quelle ufficiali.

In questa contingenza siamo confortati anche dalla prevedibile ripresa del processo di rivoluzione scientifica, sostanzialmente interrotto dopo il primo trentennio del secolo scorso. E’ ormai, nelle scienze dello spirito come nelle scienze del mondo fisico, il tempo di un ulteriore assetto del pensiero. E, tra vent’anni, di documenti programmatici formali che ne tengano conto.

 

L’insegnante e il dirigente come Maestri

 

Chi è oggi il Maestro? Quale figura di docente è considerata/ignorata nell’attuale riscrittura delle indicazioni

L’insegnante–Maestro è -insieme agli scolari e alla comunità educante (Laporta)- l’essenza della scuola. Chi insegna o dirige davvero è persona che ha capacità di critica e detiene autonomia intellettuale, morale ed estetica (Kant).

Il suo tramandare il conoscere (per addestrare a competenze bastano degli istruttori) non è operazione neutra; attraversando il campo specifico di conoscenza il Maestro lo “contamina” della sua soggettualità e la sua soggettualità né è profondamente “contaminata”.  Porta in dono agli alunni una disciplina dell’Intero rigorosamente e filologicamente studiata e fedelmente ricostruita quanto personalmente frequentata, ripensata,  interpretata, reinventata.

Insegnare o dirigere è e potrebbe essere sempre più espressione dell’ “esser-presso” (presso i libri, i laboratori, i colleghi, gli allievi) e prevedere (Mortari) per il docente innanzitutto l’accogliersi, l’approvarsi, il riconoscersi come soggetto, come co-autore di un campo di eventi intenzionalizzato (le discipline come officine di senso), di storie improgrammabili.

 

Per nuovi curricula: essenzializzazione

 

Che imperino Programmi, che regnino Indicazioni o difettino culturalmente e pedagogicamente sia i primi che le seconde (è forse il caso di cui trattasi), la scuola fa il suo corso; è protagonista di un cammino continuo, sia sul piano umano che culturale, anche per essere meglio in grado di leggere la diversità e la sofferenza attraverso i  segnali che queste mandano.  Il suo percorso è in gran parte frutto di autocoscienza, ma anche di impegno, dialogo, dialettica; cerca di portare all’intelligenza delle destinazioni.

Essenzializzazione era la parola cardinale dell’atto di indirizzo del 2010, ora non più. Conoscenza “essenziale” non è affatto sinonimo di “minima” (spesso i due termini sono considerati tali), aggettivo quest’ultimo interno a una cultura della necessità, della determinazione, del riduzionismo e dunque della competenza. E quel che è essenziale non è traguardabile, essendo all’origine.

 

Gli obiettivi non reggono l’ipercomplessità

 

Il nostro è il tempo delle dizioni e delle contraddizioni del mondo, delle linearità e delle non-linearità, delle distinzioni e delle contrapposizioni, del pensiero e del non-pensiero, dell’inclusione e dell’esclusione. Il tempo, augurabilmente, della transizione a una progettualità pedagogica europea (ma di marca ”continentale”) che prepari i giovani a pensare il mondo in cui vivranno loro, non quello in cui stiamo vivendo noi. Per corrispondere alla ipercomplessità del mondo si dovrebbe veicolare una cultura narrante,   non frammentata in obiettivi e competenze.  I nuovi saperi della scuola dovranno tener conto che non solo i contenuti e le forme ma anche le stesse categorie classiche della conoscenza umana stanno mutando nell’interazione con il nuovo mondo, con velocità assai maggiore che nel tempo della pura parola o dell’immagine preelettronica. Additare la complessità (iper) vuol dire riavviare la ricomposizione secondo ermeneutica dei saperi classici e l’entrata di quelli “nuovi” e in particolare delle nuove morfologie del sapere che possono servire a intendere le pieghe del mondo di inizio millennio.

 

Disciplinarismo e discipline come accessi all’Intero

 

Certo, per indicare l’Intero, le mete, un senso che trascenda il momento occorre averne qualche idea.  Le discipline del conoscere che hanno luogo nelle aule/officine sono gli ambiti ideali ove il lavoro intellettuale degli insegnanti indirizza il cammino degli alunni a trovare e riconoscere radici, storicità e senso al proprio intendere e procedere verso ulteriori stati del conoscere. Il lavoro/otium  (agire della persona cosciente, libero, intrinsecamente motivato,  generativo di valore) si svolge attraverso il confronto con la vicenda dell’interrogarsi dell’uomo intorno al mondo e alle linee di significazione del mondo dal punto di vista dell’esistenza quale si è costituita nelle varie discipline in quanto tradizioni di ricerca e depositi attivi di conoscenza.

Nella prospettiva della pedagogia fenomenologica, ad esempio, le discipline non mostrano ma, detto di sé e riconosciuti gli interlocutori,  raccontano e additano, formano in quanto offrono consuetudini di approccio affinché il venire a evidenza dei fenomeni fisici e culturali, nel momento come in tutta la storia del conoscere, lasci tracce attive nella coscienza del soggetto, divenga storia sua. Un additare l’evidenza che inviti all’apertura,  intro-duca non tanto alla conoscenza quanto al conoscere, non tanto allo stato quanto al senso, metta in moto nelle direzioni verso cui l’intelligenza del soggetto in sintonia/dissintonia con la comunità dei ricercatori è vocata a trascendersi .

L’essenza delle discipline:

Religione: Matrice per via teologica di ogni disciplina d’Occidente, percorso culturale verso un’intelligenza e un sentimento dell’Intero, anche oltre lo spazio e il tempo

Lingua italiana: Lingua come madre e maestra, suono e luce dell’Intero

Lingua latina (purtroppo facoltativa nel I ciclo): la lingua matrice, struttura profonda di ogni disciplina, lingua delle radici e delle cime

Lingua straniera: lingua di altri mondi, vicini o lontani

Matematica: struttura di forma e formalizzazione, a ridotto tasso di ambiguità, di ogni pensabile relazione tra enti

Scienze: costituzione trascendentale dei fenomeni dell’Intero riconosciuta dalla comunità degli scienziati

Arti: dono di universali vissuti non concettualmente, ma comunicati attraverso il comune sentire. Prospettive sull’Intero

Corpo: Il nostro protenderci fisico verso l’Intero.

 

 

Le indicazioni mancanti

 

Alcune tesi sulle indicazioni presenti nel dibattito del CNPI sulle Indicazioni sono poi andate perdute. Le Indicazioni avrebbero potuto prospettare con forza come in Europa siamo a un momento di vera e propria mutazione culturale, nonché di uscita dalla lunga crisi della cultura e della scienza che dura dalla compressione degli anni quaranta.  Servirebbe un quadro epistemologico emozionalmente sostenuto, una lettura anche “mitica” della contemporaneità, capace di appassionare.

Più che “Traguardi di sviluppo della competenza” chiusi nel sintagma tardomoderno e nelle visioni economicistiche meno aperte alla filosofia dell’innovazione diffusa, sarà forse necessario in futuro indicare le direzioni cui s’intende volgere il senso dell’ azione pedagogica e didattica. Linee che primariamente indirizzino al conoscere, finalità essenziale di tutta la scuola e solo secondariamente alle competenze, che tra l’altro, senza le prime, costituiscono una forma di agire insensato.

Andrebbe rafforzata l’indicazione dell’unità del soggetto e dell’ unità/pluralità della cultura, dell’unità del sapere sulle frammentazioni microdisciplinari, del primato del conoscere sulle competenze, della cultura sullo spezzatino didattico, della persona sulla banalità del Mercato, della complessità irriducibile del conoscere, della necessaria ermeneutica dei saperi (Antiseri, Esposito), del Maestro sul sistema.

Come orientare i docenti e attraverso di loro i bambini e gli studenti più grandi, a una intelligenza della complessità dell’universo culturale ed economico globale?  Con le sole meccaniche competenziali?

 

 

Onorare la tradizione e aver fede in noi stessi

 

Pur con tutte le difficoltà che ci attendono, nella scuola e nell’università abbiamo ragioni e forze che ci permettono di sperare. Una forza che nessun decreto legge ci può togliere è quella della tradizione. Mentre l’arco di visione del potere e degli apparati di consenso è limitato alla cronaca, il Maestro proviene dalla storia, fa vivere una tradizione e addita il futuro. Ogni Indicazione insistente nel mero orizzonte della cronaca è sempre cronaca di un non-essere.

I Maestri sapranno autonomamente recuperare nella tradizione dei saperi il punto di vista trascendentale che sorreggerà: insegneranno a guardare il mondo nuovo nel complesso degli atti di relazione che il soggetto, confortato dall’amicizia del maestro e dei compagni, può instaurare con il mondo a partire dal campo delle sue letture e delle sue  esperienze.Forse in qualche venturo documento programmatico verrà privilegiato il pensiero pensante ed evitato il risucchio nelle correnti discendenti della banalità, nel pensiero amministrante, volto a una scuola che miri solo a far acquisire a basso prezzo per il sistema competenze misurabili.

Nelle scuole autentiche (luogo di persone amiche tra loro che si raccolgono per guardare alto e lontano) si addita ai giovani l’Intero, che non è solo interdisciplinarità. Il mondo tardomoderno è plurale ma uno deve essere lo sguardo che lo coglie: lo sguardo degli Interi (le persone) che si volgono all’Intero  (tutto ciò che è) (Platone, Agostino, Hegel, Gentile, Husserl, Heidegger, cioè il futuro del pensare). Nella cultura e nella società contemporanee e in quelle prossime venture l’Intero non è un ammasso di pietra omogenea ma è un fluido; non è l’Unico ma riflette e trascende il tempo della pluralità.

In estrema sintesi, occorre che la scuola insegnante, la scuola dei Maestri che non si illude più ma non ha perso la capacità di sperare “scriva” anche in proprio, in sintonia con la scienza e la cultura, indicazioni finalizzate a volgere lo sguardo e il cuore agli Interi e all’Intero; e che la società riconosca  a ogni valido insegnante, dirigente e ispettore la piena dignità del Maestro.

 

Post scriptum   Il conformismo intellettuale dilaga e ora la sindrome “cinese” si abbatte anche sugli studenti tredicenni: per essere ammessi a certi licei statali ben frequentati dovranno superare dei test. Dall’anno prossimo la buona scuola secondaria di I grado sarà –come in Cina, in Giappone e in Corea- quella i cui studenti saranno ammessi nei “migliori” licei. Il teaching for testing diverrà di fatto obbligatorio e gli studenti dotati di pensiero critico e creativo (quello che nei test non risulta, mentre è ivi esaltato il pensiero convergente e applicativo) dovranno accontentarsi dell’istruzione professionale.

Via libera dunque ai cretini o a coloro che, forzando se stessi, sapranno escogitare risposte cretine per passare i test.

 

Bibliografia

 

Erbetta A. (a cura di), Senso della politica e fatica di pensare, Bologna CLUEB, 2002.

Bertolini, P. (a cura di), Per un lessico di pedagogia fenomenologica, Erickson, Trento, 2006.

Boselli, G.,  Non-pensiero. Scenari e volti per un’educazione al pensare venturo, 2007 presso Erickson, Trent

Saskia Sassen,   Territorio, autorità, diritti, Bruno Mondadori, 2008.

La rivista elettronica Paedagogica, la rivista e il sito Encyclopaideia (Bononia University Press)

A scuola meno pareti e più web

da Il Sole 24 Ore

A scuola meno pareti e più web

di Fabio Di Giammarco           

La futura scuola digitale – tra ritardi, difficoltà e ristrettezze – prova a battere un colpo. Dopo la partenza sperimentale dei primi due progetti Miur sulla diffusione delle Lim (Lavagne interattive digitali) e per gli ambienti innovativi (Cl@ssi 2.0), ora sembra arrivato il momento del terzo indirizzo: quello dell’editoria digitale per fornire nuovi contenuti didattici da condividere tra ambiente classe e ambienti online.

Nell’intenzione di spingere l’introduzione del libro digitale nella scuola, il ministro Profumo ha firmato un decreto per l’adozione nelle scuole elementari (prima e quarta), medie (prima) e superiori (prima e terza) di libri di testo in formato misto (digitale e cartaceo) o completamente digitale. Iniziativa che dall’anno scolastico 2014/2015 dovrebbe produrre un taglio netto sui tetti di spesa per le dotazioni librarie degli studenti. Le famiglie interessate potranno risparmiare il 20% se gli istituti scolastici propenderanno per la forma mista e fino al 30% se il formato prescelto sarà solo digitale. Inoltre, il Ministero metterà a disposizione una piattaforma con la quale gli insegnanti potranno «consultare e scaricare online le demo illustrative dei libri di testo in versione mista e digitale ai fini della loro successiva adozione».

Spinta importante, ma che riporta in primo piano la questione dei ritardi e carenze infrastrutturali: mancato cablaggio in fibra degli edifici scolastici, e scarsa alternativa wifi per la poca copertura degli ambienti scolastici con conseguente oggettiva difficoltà – in assenza di adeguate connessione a internet – nella fruizione di libri digitali. Non solo. Rimane anche al palo l’indispensabile formazione tecnologica dei docenti. E su tutto grava la coperta sempre più corta delle risorse: difficile trovare finanziamenti per la scuola di domani, e per ora nello striminzito bilancio ci sarebbero solo alcune decine di milioni di euro mentre per il solo cablaggio pare ne servirebbero almeno tre, ma di miliardi.

C’è poi, tra le reazioni al decreto, il disagio degli editori. L’Aie precisa che il Ministro «non ha affatto convinto gli editori della bontà» del provvedimento. L’Associazione italiana editori si è detta non solo preoccupata per la filiera (editori, grafici, cartai, librai, agenti) di un settore come quello dell’editoria scolastica che registra un giro di affari di 650 milioni di euro, ma anche per le note insufficienze tecnologiche (banda larga) della scuola e per i costi in più che le famiglie dovranno sobbarcarsi per dotare i propri ragazzi delle indispensabili attrezzature tecnologiche (portatili, tablet, e-reader eccetera) Tuttavia, il tassello del libro digitale resta fondamentale e va inserito nella prospettiva più ampia di una rivoluzione in corso della didattica che promette di ridisegnare la “forma della scuola”.

Parole chiave: didattica digitale e delle competenze. Gli esperti della formazione vi insistono da tempo, e nelle strategie sia Ue che nazionali è al centro dei programmi educativi. Il suo impatto è così forte che va oltre i modelli di insegnamento: spinge a trasformare le strutture scolastiche ridisegnandone gli spazi. È una didattica dinamica che mette fine alla tradizionale centralità della classe come unità di studio in uno spazio circoscritto. Niente schemi rigidi e chiusi. Il lavoro può articolarsi in gruppi e/o individualmente per poi riconnettersi attraverso le infrastrutture cloud. Lo “spazio scuola” diventa funzionale all’elaborazione, alla manipolazione, alla condivisione, ma anche al rispetto dei tempi e ritmi del singolo fino allo “spazio pausa” dedicato ad attività non strutturate. Il modello architettonico nel quale si estrinseca – già sperimentato nel Nord Europa – è quello dell’open space. Riassumibile in “meno pareti e più cablaggio”. E poi “aree connettive” invece di corridoi, spazi comuni, laboratori e soprattutto l’agorà: centro simbolico del nuovo mondo-scuola.

Per entrare nel futuro la scuola italiana guarda a questi modelli. Tuttavia, l’introduzione finora in via sperimentale delle Ict nelle aule ha reso consapevoli che la sola innovazione tecnologica non basta se poi non si rimuovono le vecchie strutture che impediscono la fluidità dei processi comunicativi innescati dalla sinergia tra didattica delle competenze e digitale. Arriva allora al momento giusto la proposta strategica dell’Ance (Associazione nazionale costruttori edili) che in uno recente studio ha presentato un piano-paese per una riqualificazione delle infrastrutture scolastiche in linea con le esperienze più innovative in campo internazionale inclusa la dimensione open space.

Precari, la rivincita dei ricorrenti del “pettine”: immessi in ruolo con decorrenza 2009

da Tecnica della Scuola

Precari, la rivincita dei ricorrenti del “pettine”: immessi in ruolo con decorrenza 2009
di A.G.
Sempre più giudici del lavoro danno esecuzione alla sentenza n. 41/2011 con cui la Consulta aveva reputato inapplicabile il modello delle “code” ideato dall’ex ministro Fioroni. Esulta l’Anief: oltre ai cospicui risarcimenti, grazie all’assunzione retroattiva potranno partecipare alla mobilità senza il vincolo di rimanere nella provincia per 5 anni.
Ricordate la disputa sui trasferimenti a “pettine” e in “coda”, con protagonisti i docenti abilitati precari che a partire dal 2009 e fino al 2011 erano stati penalizzati per aver chiesto di cambiare provincia nelle graduatorie permanenti, poi diventate GaE? Ebbene, dopo che i giudici costituzionali, attraverso la sentenza n. 41/2011, avevano reputato inapplicabile il modello delle “code”, ideato nel 2007 dall’ex ministro Giuseppe Fioroni e sponsorizzato dalla Lega Nord per scoraggiare gli spostamenti di massa sulle località con più posti vacanti, le vertenze hanno preso una piega decisamente favorevole ai ricorrenti. A fare il punto della situazione su questa vicenda, che nel 2011 ha costretto il Miur a “congelare” 1.500 assunzioni, è in questi giorni l’Anief: l’associazione sindacale guidata da Marcello Pacifico ha prima messo in evidenza come le aule di giustizia stiano “demolendo le illegittime situazioni imposte dalla Lega nell’avventato tentativo di comprime il diritto costituzionalmente garantito alla mobilità territoriale e all’immissione in ruolo in base al merito. Attraverso le decine di sentenze favorevoli ottenute, inoltre, il sindacato ha dato degna risposta a quei ‘falsi profeti’ che tempo fa davano per certo l’arrivo di un nuovo ‘tesoretto’ in favore del Miur a discapito dei nostri iscritti: la serietà e la competenza nel difendere e tutelare i diritti costituzionalmente garantiti si dimostrano solo con i fatti e non con le vane parole. Il tempo ci ha dato ragione e il Ministero dell’istruzione, è proprio il caso di dirlo, sta imparando la lezione pagandone (tutte) le spese”. Con lo Stato che “continua a pagare ingenti condanne alle spese e cospicui risarcimenti danni per lite temeraria ex art. 96 c.p.c.”. Questo qualche giorno fa. Le notizie di questi giorni, invece, ci dicono che i tribunali avrebbero iniziato non solo ad indennizzare quei supplenti. Ma anche ad assumerli. Il giudice del lavoro gli ha riconosciuto infatti “il contratto a tempo indeterminato dal 1° aprile 2009 per l’accertato abuso dei contratti a termine e della conclamata disparità di trattamento tra personale assunto a tempo determinato e di ruolo”. Sono coloro che a causa della collocazione forzata in coda, poi reputata illegittima, si sono visti negare l’assunzione a titolo definitivo. E che ora a Catanzaro, Caltanissetta, Verbania, Parma, Roma e Velletri è arrivata. Con gli interessi: “i destinatari dei pronunciamenti favorevoli – conclude l’Anief – potranno, non appena registrata la nomina in ruolo ‘retrodatata’ al 2009 o al 2010, beneficiare anche della precedente e più favorevole normativa prevista dal CCNI e partecipare liberamente alle operazioni di mobilità territoriale anche fuori provincia”. Quindi, potranno chiedere di essere trasferiti anche fuori provincia sin da subito. Senza attendere i 5 anni previsti dal regolamento introdotto in occasione dell’ultima doppia tornata di immessi in ruolo.

Tfa speciali, prova a giugno e subito rilevazione Miur. Corsi a pagamento?

da Tecnica della Scuola

Tfa speciali, prova a giugno e subito rilevazione Miur. Corsi a pagamento?
di Alessandro Giuliani
ANCORA NOTIZIE IN ANTEPRIMA – Viale Trastevere avrebbe intenzione di guadagnare tempo, così da poter somministrare le domande ad inizio estate: l’amministrazione non aspetterà la pubblicazione del decreto in Gazzetta Ufficiale, ma nei prossimi giorni chiederà agli almeno 75mila docenti precari interessati di apporre la loro candidatura sul portale Istanze On line. Intanto lo Snals rivela l’intenzione degli organizzatori di chiedere un contributo a ogni candidato che vorrà accedere i corsi. E non sarà una quota simbolica.
Anche se il decreto che regolamenta i Tfa speciali, modificando parte del D.M. 249/10, necessita ancora di 30-40 giorni di tempo per approdare in Gazzetta Ufficiale, al ministero dell’Istruzione si lavora alacremente: i dirigenti ministeriali hanno infatti intenzione di anticipare i tempi, avviando sin da subito la macchina organizzativa che porterà almeno 75mila candidati a svolgere nel prossimo mese di giugno la prova nazionale, composta da test a risposta multipla, finalizzata ad accertare le capacità logiche, di comprensione del testo e di lingua straniera dei candidati. E al termine della quale si stilerà la graduatoria che suddividerà i partecipanti su tre scaglioni triennali.
Per la metà di aprile, salvo contrattempi, dovrebbe infatti essere aperta una “finestra” attraverso cui sarà possibile rilevare tutti i supplenti interessati al conseguimento dell’abilitazione: tramite l’ormai collaudato sistema ministeriale “Polis”, che si avvale del portale internet “Istanze on line”, tutti i docenti precari interessati alla selezione verranno invitati ad inserire la propria candidatura entrando nel sistema con le proprie credenziali. Verrà quindi chiesto loro di dichiarare titoli e servizi. Che poi a viale Trastevere valuteranno se congruenti.
In tal modo, con il quadro degli esclusi già delineato (coloro che non hanno svolto almeno tre supplenze annuali, di cui una specifica, chi è già di ruolo, ecc.), il numero di partecipanti sarà di fatto già pronto nel momento in cui, presumibilmente a metà maggio, il testo del decreto arriverà in Gazzetta Ufficiale. Al momento, secondo il Miur i docenti precari interessati ai Tfa speciali saranno non più di 75mila. Per i sindacati, invece, il numero potrebbe essere più alto.
Dallo Snals arriva poi un’indiscrezione che farà sicuramente discutere: il sindacato autonomo rivela, infatti, “il concreto rischio di oneri economici a carico degli aspiranti a causa della previsione dell’invarianza di spesa”: torna a prendere quota, quindi, l’ipotesi del contributo di partecipazione cui ogni candidato dovrà farsi carico per accedere ai corsi. E, sempre in base a quanto risulta alla Tecnica della Scuola, non si tratterà di un contributo simbolico.

Educazione alla cittadinanza: cosa si fa in Italia e in Europa

da Tecnica della Scuola

Educazione alla cittadinanza: cosa si fa in Italia e in Europa
di R.P.
Una recente pubblicazione della Rete Eurydice illustra le modalità di realizzazione delle attività di educazione alla cittadinanza nei diversi Paesi europei.
“L’educazione alla cittadinanza in Europa” è il tema affrontato nell’ultimo numero de “I Quaderni di Eurydice” pubblicato in versione italiana in questi giorni anche in occasione dell’apertura dell’Anno europeo del cittadino. La pubblicazione si articola in cinque capitoli: la presenza dell’educazione alla cittadinanza nei curricoli europei, la partecipazione alla governance della scuola da parte di studenti e genitori, il coinvolgimento degli studenti nella vita civica, la valutazione dell’offerta di educazione alla cittadinanza e dei risultati degli studenti, la preparazione e il supporto offerto a insegnanti e capi d’istituto in tale disciplina. Il volume (poco meno di 200 pagine in tutto) si propone non solo lo scopo di far conoscere l’organizzazione delle diverse attività nei Paesi della Rete Eurydice (una trentina in tutto) ma anche di fornire idee e suggerimenti per incoraggiare la partecipazione degli studenti ad attività di educazione alla cittadinanza. Il Rapporto Eurydice fornisce anche una teorizzazione complessiva dell’educazione alla cittadinanza intesa come un complesso programma volto a preparare gli studenti a diventare cittadini attivi garantendo loro conoscenze, competenze e capacità necessarie a contribuire allo sviluppo e al benessere della società in cui vivono. “Si tratta – spiegano i curatori della pubblicazione – di un concetto ampio, che racchiude non solo l’insegnamento e l’apprendimento in classe, ma anche l’esperienza pratica acquisita durante l’attività scolastica e l’esperienza extrascolastica”. E comprende anche il concetto più ristretto di “educazione civica” limitato alla semplice “conoscenza e comprensione delle istituzioni formali e dei processi della  vita civica (il voto, ad esempio)”. La pubblicazione è disponibile nella sezione Eurydice del sito dell’Indire.

R. Doyle, La gita di mezzanotte

Il ricordo come presenza

di Antonio Stanca

doyleE’ nato a Dublino nel 1958, ha cinquantaquattro anni, è laureato in Lettere, ha insegnato Inglese e Geografia per quattordici anni, ha cominciato a scrivere nel 1987, dal 1993 si dedica esclusivamente alla scrittura, è autore di romanzi, racconti e libri per bambini, del 2011 è il suo lavoro più recente, il romanzo La gita di mezzanotte che in Italia è stato ora pubblicato dalla casa editrice Salani di Milano con la traduzione di Alessandro Peroni. Si tratta di Roddy Doyle che vive con la famiglia, moglie e due figli, a Dublino, è molto modesto, molto riservato ed è legato agli ambienti della periferia nord della città dal momento che gli hanno procurato l’ispirazione per molti lavori. Prima di diventare scrittore Doyle è stato un accanito lettore ed alla notorietà è giunto nel 1993, quando col romanzo Paddy Clarke Ha ha ha ha vinto il Booker Prize che in Gran Bretagna è il maggior riconoscimento letterario. Nell’opera lo scrittore indaga nell’interiorità di un bambino e scopre i motivi delle sue sofferenze. Alcuni romanzi precedenti sono diventati film di successo.

Vero, reale vuole essere Doyle nelle sue narrazioni, dei sobborghi, delle periferie irlandesi vuole scrivere, della vita che qui è vissuta dalle classi operaie, dai poveri, dai derelitti, nella loro lingua rozza, spesso volgare, vuole riportarla. A volte è stato accusato di eccedere, di accogliere anche la bestemmia nel suo linguaggio ma egli si è giustificato adducendo il proposito di voler dire di una vita dura con una lingua dura, di voler scoprire quanto di umano, di tenero può esistere tra tanta rovina.

Elemento dominante della sua scrittura è il dialogo. I suoi personaggi sono mostrati mentre parlano, in quel che dicono. E sempre parlano, sempre dicono perché sempre colti sono in faccende, situazioni che non permettono di isolarsi, di concedersi ai pensieri. Devono muoversi, agire insieme agli altri e perciò devono scambiare, comunicare con questi e nei modi più spontanei, più immediati, più vicini a quanto sta succedendo.

Così avviene pure in La gita di mezzanotte, il romanzo più recente. Anche qui Doyle è vero nei contenuti e nella forma espressiva, anche qui il dialogo occupa tutto lo spazio della narrazione ma stavolta c’è posto per l’immaginazione, per l’invenzione. Stavolta dei suoi famosi, infiniti dialoghi lo scrittore fa partecipe anche una donna morta da tempo, Tansey, il suo fantasma, che a “mezzanotte” compie una “gita” insieme ai familiari più prossimi e vivi, la figlia Emer, la nipote Scarlett e la pronipote Mary, di dodici anni. In macchina percorreranno un lungo tratto, andranno da Dublino nei luoghi dell’infanzia e dell’adolescenza di due di loro, Tansey ed Emer. Si recheranno nella fattoria dove erano nate e cresciute prima che i discendenti si stabilissero in città. La ritroveranno, ritroveranno altri luoghi meno antichi, conosciuti pure da Scarlett e Mary. Emergeranno molti ricordi, diversi questi saranno per le quattro donne poiché diversa è la loro età, diversi sono stati i tempi e i modi della loro vita. Tra questi Doyle creerà, nel libro, un continuo confronto.

Tramite interminabili dialoghi tra le donne mostrerà le somiglianze e le differenze tra quattro generazioni diverse, scoprirà i richiami che ancora esistono tra loro. Prima di farle incontrare lo scrittore aveva proceduto abbastanza nel libro narrando di ognuna la vita, la storia. Una volta messe insieme aveva fatto loro iniziare quella gita notturna in macchina e poi a piedi che sarebbe durata fino all’alba del giorno successivo e sarebbe diventata il modo più naturale, più vero per farle parlare, per far sapere quanto tra quelle vite, quelle storie era corso e correva, i principi, le regole, i sentimenti, gli affetti che le avevano unite e le univano mentre all’esterno succedevano le modifiche, le trasformazioni comportate dallo svolgersi dei tempi.

Una soluzione molto originale può essere considerata questa per uno scrittore che intende superare le barriere del tempo mediante le esperienze di persone comuni, che vuol far partecipare queste di una dimensione più ampia, che dei dialoghi tra loro vuole servirsi per procurare all’opera uno stato di continua animazione.

Strana sembrerà la situazione delle tre donne, Emer, Scarlett e Mary, che fanno gruppo con il fantasma della loro antenata, Tansey, ma il modo migliore è stato per estendere il significato dell’opera e dimostrare quanto può valere la forza dei sentimenti, quanto può durare la vita dell’anima, come si può superare la morte, come il ricordo può diventare presenza.