Sugli inidonei il Governo non vuole fare marcia indietro

Sugli inidonei il Governo non vuole fare marcia indietro, perché i risparmi sono intoccabili

 

Anche Anief-Confedir non arretra: rimane incredibile che l’esecutivo non trovi le risorse per salvare 5mila docenti da un passaggio professionale illegittimo. Ancora possibile fare ricorso.

 

Sugli oltre 4 mila docenti inidonei e quasi mille Itp titolari delle classi di concorso C999 e C555 il Governo non vuole fare marcia indietro. A distanza di quasi un anno dall’approvazione del D.L. 95/2012 sulla spending review, poi convertito nella Legge 135/12, in particolare dei commi 13 e 14 dell’art. 14, il sottosegretario all’Istruzione Gabriele Toccafondi ha riferito in Commissione Cultura al Senato sul numero e sui risparmi di spesa derivanti dal passaggio di questi docenti nei ruoli Ata.

 

In base a quanto dichiarato da Toccafondi, i circa 100 milioni di euro l’anno di risparmi di spesa previsti dall’anno in corso fino al 2017 non possono essere annullati: prima di tutto perché sono già stati inseriti nei saldi di finanza pubblica; in secondo luogo perché dal 1° gennaio 2014 non sarà più possibile prorogare l’applicazione dei risparmi derivati dal trasferimento di ruolo dei lavoratori coinvolti.

 

Il destino dei docenti inidonei e degli Itp della C999 e C555 deve essere quindi considerato segnato? Anief assicura di no. Il sindacato ribadisce che per evitare il loro transito nei ruoli del personale Ata ha predisposto un ricorso ad hoc al Tar Lazio, al fine di ottenere la sospensione del decreto interministeriale, firmato nel marzo scorso e ancora in corso di registrazione, che vuole dare seguito, sul piano attuativo, proprio agli artt. 13 e 14 della Legge 135/12.

 

Il nostro ricorso – spiega Marcello Pacifico, presidente Anief e delegato Confedir per il contenzioso – vuole evitare che con questo passaggio professionale il Governo riesca nell’obiettivo di danneggiare tutti: i docenti inidonei, peraltro spesso vittime di seri problemi di salute, perché oltre al cambio forzato di ruolo potrebbero ritrovarsi costretti a cambiare provincia; gli ITP perché ‘degradati’ in Ata; il personale Ata in attesa del ruolo perché rischia di veder vanificate le proprie aspettative di stabilizzazione, mortificate dall’occupazione di tanti posti vacanti e disponibili dal personale transitato da altri ruoli”.

 

Per non parlare – continua Pacifico – della qualità della scuola italiana, destinata a ridursi ulteriormente proprio in virtù dell’utilizzo di personale in ruoli diversi da quelli che gli competono. E, non per ultimi, ci sono i 5.400 Ata che da un anno sono in attesa di essere immessi in ruolo (a fronte di 40mila posti vacanti!), ma cui è stato detto di attendere gli esiti di una vicenda con la quale, soprattutto i collaboratori scolastici, non hanno nulla a che vedere”.

 

A questo punto – conclude il sindacalista Anief-Confedir – il Governo non ha scelta: trovi le risorse per evitare il passaggio forzato di inidonei e Itp, come chiedono tutti. Ad iniziare dal Parlamento, i cui rappresentanti si sono più volte già espressi contro questa norma ritenuta palesemente sbagliata”.

 

Coloro che sono interessati a chiedere informazioni ulteriori, anche su eventuali ricorsi, possono scrivere a riconversione@anief.net o a inidonei.itp@anief.net.

Organici Personale ATA 2013/14

Questa mattina si e’ svolta presso l’ufficio scolastico provinciale di Bari, alla presenza del Dirigente, dott. Trifiletti, l’incontro di informativa sugli organici del personale Ata della provincia di Bari per il prossimo anno scolastico.
Ancora una volta si conferma la riduzione dell’organico per tutti i profili ata della provincia (collaboratori scolastici, tecnici e amministrativi) non solo rispetto a quello assegnato lo scorso anno alla nostra provincia, ma soprattutto rispetto alle tabelle organico emanate dallo stesso Governo. Per il quarto anno consecutivo le scuole non riceveranno quanto spetterebbe sulla base dei parametri stabiliti dal Decreto Interministeriale e l’amministrazione scolastica non rispettera’ le stesse norme e i criteri che la stessa si da’ per l’assegnazione del personale Ata. In pratica se quei criteri fossero applicati alla lettera, nelle scuole di Bari il prossimo anno ci sarebbero 90 collaboratori scolastici, 31 amministrativi e 3 assistenti tecnici in più. Una situazione paradossale che costringera’ le scuole a fare i salti mortali per assicurare anche solo aperture e servizi minimi, soprattutto nelle scuole del primo ciclo (infanzia, elementari e medie), a partire da settembre. Scuole meno pulite e sicure, servizi amministrativi e laboratori carenti saranno un’ulteriore conseguenza di questa situazione che si scarichera’ su alunni e famiglie.
I lavoratori, invece, conosceranno ancora una volta una riduzione delle opportunita’ lavorative, a causa della riduzione di posti. Non solo, gli Ata della provincia di Bari, aspettano ancora le immissioni in ruolo non autorizzate per quest’anno e lo sblocco della vertenza dei docenti inidonei che tiene bloccate le stabilizzazioni di centinaia di unita’ di personale in provincia. Una vera e propria emergenza, insomma quella del personale Ata in provincia di Bari, che si aggiunge alle tante emergenze occupazionali che negli ultimi giorni stanno colpendo il nostro gia’ ampiamente depauperato territorio.

Ezio Falco
Segr. Gen. Flc Cgil

Insediata la commissione Miur – Co.Re.IS.

Insediata la commissione Miur – Co.Re.IS.,  Comunità religiosa islamica italiana
per favorire il dialogo interreligioso e interculturale realizzando percorsi formativi nelle scuole

Si è insediata oggi al Miur, alla presenza del Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca  Maria Chiara Carrozza, la Commissione Miur- Co.Re.IS. per la divulgazione dei valori della multiculturalità e la promozione di percorsi di formazione ed educazione sui temi del dialogo interculturale e interreligioso.

La Commissione, presieduta dal Direttore generale per lo studente, l’integrazione, la partecipazione e la comunicazione del Miur, Giovanna Boda, è composta da membri della stessa Direzione, da Yahya Pallavicini, vicepresidente Co.Re.IS. Italiana, Chiara IlhamAllah Ferrero, segretario generale Co.Re.IS. Italiana, Laura Mulayka Enriello, responsabile educazione Co.Re.IS. Italiana, Nicola Isa Abd al-Haqq Benassi, esperto di studi islamici.

L’intesa tra il Miur e la Comunità Religiosa Islamica Italiana è finalizzata all’avvio di progetti formativi rivolti a studenti e insegnanti di ogni ordine e grado e alle Università, con l’obiettivo di promuovere attività di scambio, formazione e divulgazione di corretti percorsi di integrazione socio-culturali.

Sustainable Development Solutions for the Mediterranean Region

Sustainable Development Solutions for the Mediterranean Region

Intervento Ministro On. Prof. Maria Chiara Carrozza

1. Thank you for your kind invitation. I am honored to represent the Italian government and to participate in such a distinctive gathering of international scholars and experts, focused on sustainability in a Mediterranean perspective. I am sure these days will provide a great opportunity for students, researchers and professors.
2. This event reminds me of the first sentence in a 2011 report by the Royal Society, “Knowledge, networks and nations: Global scientific collaboration in the 21st century”: “Science is a global enterprise”. Italian scientists, professors, researchers, students need to be aware that research, science and technology are global by nature. As a scientist myself, I know we are players in these fields as long as we are willing to be part of a truly global conversation.
MED Solutions is indeed an example of where efforts of such an integrated and global approach could be directed to. We need to see more of these projects in Italy, as long as they are born with the right resources, the right partnerships and the right agenda. We don’t need networking activities for the sake of networking per se, we rather need real partnerships and patterns of collaboration.
3. In these brief remarks, I would like to share with you some of my views on the relationship between sustainability and innovation. At first glance, these two concepts might seem rather different: sustainability highlights the ability of societies to endure, whilst innovation has a lot to do with change. A sustainable development is, first of all, a balance, because it meets the needs of the present generation without compromising the ability of future generations to meet their own needs. How can this be achieved? Of course, through innovation. In a nutshell, innovation is an investment in the present in order to make the future sustainable.
This is why, when I think about sustainable development, my mind goes to the concept of social innovation. And in the UN Leadership Council for Sustainable Development Solutions Network report I find the three dimensions of social innovation that I have in mind:

  • Inclusiveness
  • Truly innovative (disruptive and enabling, rather than incremental)
  • Open to contamination to a variety of actors.

4. The global scientific community is increasingly driven by the need to find solutions to a range of issues that threaten sustainability. At the recent G8 science summit in London with my colleagues we reinforced our shared agenda to face global challenges together. We affirmed the role that science has to play in securing present and future sustainable growth. Many of today’s challenges are global, and thus require a coordinated action and a strengthened international cooperation on all global challenges: during the G8 science summit, we highlighted in particular urbanization, pollution, energy security, climate change, biodiversity, ocean acidification, youth unemployment, inequality, population ageing.
We need to innovate also our methodology, both for education and research. A cross-disciplinary and cross-sectoral approach is absolutely needed, in order to face these global challenges properly.
Today, openness in science and research is a part of innovation itself. This is why, at the G8 science summit, we have identified as a key priority to “open our databases” and share information, scientific publications. We have emphasized that we want to work on the definition and the enforcement of key global research infrastructures, as assets for the development of science, technology, but also as sentinels of a global dialogue and therefore peace and mutual understanding.
5. The themes that the Leadership Council identifies as goals of sustainable development are the themes that humanity should focus on right now, and I strongly believe that on each of these issues Science and Technology can and should make a contribution. It has done so in the past, it is doing so with an incredible speed right now.
In order to face global challenges, we need to be creative. We recently launched a new program, focused on innovation demand, in order to attract students, researchers and professors, similar to the challenge prizes in other parts of Europe and in North America. Our goal is to involve schools, university and various firms in the challenges to solve specific issues on social innovation, and on the Italian artistic and cultural heritage. We will present the outcomes at the Milan Expo 2015, which will showcase to the world what Italian creativity and talent can produce if properly motivated. Expo 2015 is an initiative strongly related with sustainability issues, starting from the title “Feeding the planet. Energy for life”.
6. In order to feed the planet, we need to feed the future, starting from now. The sustainability of our system depends on clear political choices. We need to disagree loudly with those who consider the resources allocated to science and technology as an expense. As any serious economic research shows, these resources are the greatest investment… into the future of our country. Developed countries such as Italy need to invest most of all in human capital in order to maintain their competitiveness. And developing countries can pursue a path of sustainable growth only through the investment in education and research.
As any investment, research needs an evaluation. We need clear Key Performance Indicators, even in the short term. I warmly invite you to take a look at the report that will be presented on the 16th of July by the Ministry of Education, University and Research, that will clearly show the performance of our research system. Based on these results we will identify the way forward for the development of future initiatives.
7. I strongly appreciate the “multidimensional approach” of the MED Solution project. You emphasize that you work on (1) support to regional governance, (2) applied research, (3) teaching
This is indeed something which I really like. Our universities and our schools need to be multidimensional as well. It is difficult to stress only on research, it is difficult to be good teachers if you don’t research, it is impossible to advise governments if you are not updated with the international scientific debate or if you don’t transfer to the system prepared leaders.
8. In conclusion, both the Northern and the Southern shore of the Mediterranean are living in difficult times. On the one hand, these are times of crisis, of uncertainty, of instability. On the other hand, these difficulties could emphasize the common challenges we face and provide a unique opportunity of exchange and collaboration for our students and researchers.

Portale della lingua italiana

Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca
Direzione Generale per lo Studente, l’Integrazione, la Partecipazione e la Comunicazione

E’ on line il “Portale della lingua italiana” – www.italiano.rai.it strumento multimediale per sostenere gli stranieri nel percorso di integrazione e acquisizione di competenze e conoscenze linguistiche.
Il Portale, realizzato dal Ministero dell’Interno, dal Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca e da RAI Educational, cofinanziato dal Fondo Europeo per l’integrazione di cittadini di Paesi Terzi, è organizzato in sezioni: Impariamo l’italiano, dedicata agli stranieri adulti che potranno migliorare la conoscenza della lingua italiana, Naviga nell’italiano, per i docenti dei Centri Territoriali Permanenti (CTP) che potranno disporre di materiali multimediali di supporto all’insegnamento e Cultura civica e vita civile, contenente materiali e documenti per promuovere la partecipazione attiva e responsabile dello straniero in Italia e per conoscere i principi della Carta Costituzionale.
Il Portale vuole essere uno strumento d’ausilio al servizio dello straniero per favorire il percorso d’integrazione così come previsto dall’Accordo di Integrazione (DPR 179/2011).
All’interno del Portale sono inseriti materiali e strumenti coerenti con le Linee guida elaborate dal MIUR, per la progettazione dei percorsi di alfabetizzazione e di apprendimento della lingua italiana per stranieri.

Scuola, a settembre sui banchi con la tecnologia

da Corriere della Sera

Scuola, a settembre sui banchi con la tecnologia

Novità in arrivo in 300 istituti grazie a un progetto internazionale targato Samsung: tablet e percorsi formativi per gli insegnanti

Può un Paese che alla scuola riserva solo le briciole fare da volano per l’innovazione digitale nella didattica? Ci ha creduto il ministro Profumo, per il breve spazio della sua permanenza al dicastero dell’Istruzione. Tanto da varare un «Piano Nazionale Scuola Digitale» che prevedeva una serie di azioni (i progetti Lim, cl@ssi 2.0., Scuol@ 2.0) e di interventi (quali la nuova legge sui libri digitali e la digitalizzazione dell’amministrazione scolastica), pieni di buoni propositi, però sprovvisti di dote. L’Ocse, in un consuntivo di qualche mese fa, aveva stabilito che con l’attuale tasso di diffusione delle tecnologie digitali occorrerebbero almeno 15 anni per raggiungere paesi come la Bretagna, dove l’80% delle classi può contare su strumenti didattici informatici di nuova generazione.

ULTIMO POSTO – Oggi la stessa Organizzazione ribadisce, in uno studio globale – «Education at a glance» – che tra le insufficienze collezionate dalla scuola italiana, al primo posto c’è quella relativa alle risorse: l’austerity con cui fa i conti il sistema scolastico da oltre 15 anni, relega la Penisola in fondo alla classifica dei 30 Paesi membri di cui si hanno dati: l’Italia nel 2010 dedicava alla scuola complessivamente il 4,7% del Pil contro una media Ocse del 6,3.

DIDATTICA DIGITALE – In attesa delle nuove linee guida del ministro Carrozza, i modelli di apprendimento digitale, frenati dalla mancanza di dotazioni, e dall’inconsistenza delle reti wi-fi e della banda larga, trovano respiro grazie a iniziative di aziende e privati. Come il nuovo e ambizioso progetto di Samsung, «Smart Future», declinato su  scala internazionale, che punta a dotare le classi di tablet e software, ma anche a sviluppare piattaforme e ambienti di lavoro tagliati sulle esigenze di alunni e insegnanti.

LE SCUOLE – Dopo averlo portato in 27 paesi, dall’Africa agli Stati Uniti, il gigante sudcoreano fa ora tappa in Italia con l’obiettivo di dare vita, entro il 2015, a 300 classi digitali, di cui 50 già attive entro fine anno. Oltre alla formazione sull’uso dei nuovi strumenti didattici, alle scuole verrà fornito tutto l’hardware necessario: lavagna digitale, tablet e banda larga wi-fi. E a livello di software, Samsung ha realizzato una serie di applicazioni integrate che coprono ogni aspetto dell’apprendimento, dai quiz interattivi a una piattaforma di pubblicazione sulla quale gli editori potranno diffondere i loro contenuti. Il bando è atteso per metà luglio, la selezione delle scuole («le più volonterose e meritevoli» – anticipano i responsabili del progetto), entro settembre. A fare da apripista saranno la Lombardia e il Lazio, poi sarà la volta delle scuole del Sud.

IN CLASSE – Con le classi così attrezzate, sarà possibile gestire le lezioni e il calendario, i profili degli studenti, i voti, da mostrare ai colloqui con i genitori, invece del registro cartaceo.  Nel video realizzato da Samsung per presentare il progetto, si vedono anche i ragazzi prendere appunti, proiettare note e risposte sulla lavagna elettronica, gestire immagini e video dal proprio tablet. E i professori interagire, trasmettere alla e-board interventi e quiz interattivi, vedere i risultati, replicare, rispondere. Dallo schermo che avrà tra le mani, l’insegnante potrà monitorare gli schermi di tutti i ragazzi, controllare il loro lavoro, bloccare i dispositivi per evitare distrazioni, predisporre la modalità di «lavoro in gruppo» per la collaborazione e la condivisione.

IL PROGETTO – Il progetto, lanciato tre anni fa in patria, è già stato esportato in diversi paesi, tra i quali, in Europa, la Francia e la Gran Bretagna. La strategia: «contribuire allo sviluppo sociale ed economico dei territori nei quali siamo presenti», ha detto Carlo Barlocco, senior vice president per l’Italia.  «Obiettivo – sostiene Luca Danovaro, marketing director Italia – offrire agli studenti un’istruzione evoluta e allineata agli standard di altri Paesi». A garantire rigore e coerenza, è previsto un Advisory board (di cui fan parte pedagogisti, insegnanti, giornalisti, e il presidente del Moige, che rassicurerà i genitori sulla sicurezza dell’ambiente Internet a scuola), che valuterà periodicamente le classi in cui inserire i dispositivi digitali, il tipo di supporto da garantire agli insegnanti, il coinvolgimento degli studenti.

ROADSHOW – A settembre partirà un roadshow che coinvolgerà 7 regioni con sessioni dimostrative, incontri e dibattiti per raccontare con un linguaggio diretto ed efficace come può cambiare il modo di apprendere. Un Osservatorio presso il Cremit (Centro di Ricerca sull’Educazione ai Media, all’Informazione e alla Tecnologia) dell’Università Cattolica si occuperà del monitoraggio di tutto il processo.

Antonella De Gregorio

Invalsi, ecco tutti i segreti del “mostro” che produce i test temuti da studenti e prof

da Il Fatto Quotidiano

Invalsi, ecco tutti i segreti del “mostro” che produce i test temuti da studenti e prof

Dall’anno prossimo le prove di valutazione saranno estese al diploma di maturità e in futuro ai test d’ingresso dell’università. L’ente che le impone è commissariato da due anni, il personale è in gran parte precario. E la sede è in una faraonica villa del 600 che costa “solo” mille euro d’affitto e altri 250mila in manutenzione. Il ministero continua a puntare su questi quiz: il timore dei sindacati è che l’obiettivo siano nuovi tagli alla scuola

di Thomas Mackinson

Per molti è un esame di Stato un po’ astruso, per altri un’inutile perdita di tempo. Qualcuno è convinto invece sia una vera e propria “mina” piazzata nelle fondamenta della scuola italiana. Nome in codice “Invalsi” che sta per Istituto nazionale di valutazione del sistema educativo, quello che –  tra le altre cose – prepara i test standardizzati per valutare il livello d’apprendimento degli studenti e la qualità generale del sistema-istruzione. Innocui quiz a scopo statistico? Non proprio. Perché dietro a quel nome girano un sacco di soldi, problemi, intenti, sospetti e beghe politiche. Invalsi è ancora e soprattutto un ente pubblico commissariato da anni e nebuloso da sempre, con i suoi test detestati, i fondi che affondano, il personale precario e il tutto nella curiosa cornice di una faraonica villa del 600 a Frascati, che costa solo mille euro d’affitto ma altri 250mila in manutenzione. E tutto per 45 dipendenti, un vero affare.

Ma a quale mondo appartiene la creatura “Invalsi”? Un tempo si chiamava Centro europeo dell’Educazione ed era una struttura burocratica e asettica, di “servizio” e uso interno del ministero. Roba ignota ai più. In un trentennio, oltre a cambiare nome, ha cambiato natura, missione e dimensione. “Ente di diritto pubblico” dal 2004, a suon di decreti ministeriali l’Invalsi diventa il perno delle politiche di valutazione della scuola e ondeggia pericolosamente tra le mani dei governi che si succedono e in continuità tra loro sognano di farne un potente strumento per la valutazione degli istituti e degli studenti nell’era in cui tutti – almeno a parole – professano l’autonomia scolastica. Ed entra così a forza nella vita degli italiani: nel 2007 arrivano, in forma sperimentale, i primi test tra le 141mila classi d’Italia, dal 2009 concorrono per legge alla valutazione degli alunni nell’esame di Stato di terza media (materie italiano e matematica e ora inglese). Nelle altre classi (II primaria, V primaria, prima media, seconde superiori) non concorrono a valutazione ma servono a fornire alle scuole dati sui livelli d’apprendimento raggiunti dai propri studenti. Questo lo stato dell’arte, perché dall’anno prossimo sembra certa l’estensione della funzione d’esame al diploma di maturità e in futuro ai test d’ingresso dell’università (al momento 12 atenei hanno aderito ai test Teco voluti all’Anvur per misurare la preparazione degli studenti del triennio e dell’ultimo anno del quinquennio).

Quanto ci costano questi test. Per le prove somministrate nel 2012 a 2,9 milioni di studenti si sono spesi 7,4 milioni di euro. Buona parte serve a pagare i “somministratori” delle prove che hanno contratti temporanei ma ben pagati: “un dirigente scolastico può integrare stipendio o pensione con 450 euro lorde al giorno, un professore laureato con 5 anni di servizio è pagato 180 euro per ogni somministrazione (classe o scuola, a seconda del profilo per cui è selezionato)”, denuncia l’Unione sindacale di base della scuola.  Il tutto per prove che, a detta degli stessi professori, sono l’esatto opposto della valutazione formativa realizzata tutti i giorni in classe. “Che ci stiamo a fare noi?”, si chiedono in tanti. Al di là dell’utilità c’è un altro problema, forse più urgente ancora: quello dei fondi. Il Miur era partito in quarta mettendo sul piatto dell’Invalsi un sacco di soldi. Nel 2005 il contributo statale era di 10,9 milioni. L’ambizione iniziale deve fare però i conti con la coperta corta elle risorse pubbliche che vengono via via ridotte. Oggi il contributo ministeriale non supera i 2,9 e da tempo l’Invalsi si tiene in vita grazie a fondi europei (PON) e progetti straordinari. Più volte l’ente ha rischiato di portare i libri in tribunale: ancora nel 2012, ad esempio, il bilancio di previsione registrava un disavanzo di competenza per 13,1 milioni cui si è fatto fronte con una quota di avanzo di amministrazione di 22 milioni di euro. Così la “creatura” del Miur, commissariata, si avvia verso il destino comune a tanti “carrozzoni” di Stato, inaugurati tra fuochi d’artificio e poi lasciati a bordo strada senza benzina e nell’incertezza totale. E ora tocca capire su quale strada marcia.

Una direzione è tutta interna alla scuola. Invalsi serve anche a valutare la qualità dell’insegnamento nelle istituzioni scolastiche. Su questo serpeggia da sempre il timore che le prove standardizzate e l’attività di osservazione della scuola da parte di Invalsi non siano asettiche, come viene ufficialmente dichiarato. Ma siano piuttosto finalizzate a stabilire un sempre più incisivo “benchmarking” (così è scritto nel piano triennale 2013-2015) tra le scuole che la politica potrebbe usare in modo strumentale per tagliare, accorpare, cancellare i rami secchi nel grande albero dell’istruzione, premiare o punire professori e dirigenti con progressioni di carriera o riconoscimenti economici. Il timore si è alimentato anche per il  fatto che “l’operazione Invalsi” coincide di fatto con la stagione dei grandi tagli alla scuola pubblica, avviata nel 2009 che ha portato alla riduzione di 8 miliardi di spesa e cancellato 130mila posti di lavoro tra personale docente e ausiliario.

Indice di questa paura è quanto accaduto a maggio, con l’ultima tornata di test, quando i sindacati di base della scuola e centinaia di professori hanno tentato di boicottare le prove. Il tentativo di “disobbedienza” è stato un flop. A Firenze, ad esempio, su 12 istituti solo uno ha rigettato il test. Che del resto divide la scuola: molti professori difendono la cultura della valutazione e pensano di poter utilizzare gli esiti delle prove Invalsi per migliorare la propria didattica, altri invece detestano e temono l’uso improprio del “quizzone” ma anche le conseguenze di un eventuale boicottaggio. “Siamo arrivati al punto in cui i test facoltativi sono resi obbligatori dagli stessi professori imponendoli come integrazione al voto”, spiega Barbara Battista, responsabile della Usb Scuola. Altri hanno attrezzato “bigini” artigianali per aiutare gli alunni a superarlo sperando così da assicurarsi un buon punteggio come classe e istituto. Non sono mancate minacce di provvedimenti disciplinari a carico di quei professori che, invece, si sono resi indisponibili a far eseguire il test.

Ma sarà un’ossessione o davvero l’Invalsi è in potenza la “macchina” che la politica vuol mettere in moto per potare la scuola? E se sì, sulla base di quali obiettivi e quale visione della scuola? L’ex ministro Profumo nella sua audizione alla Camera aveva indicato la strada entro il 2014: un primo livello di autovalutazione della scuola nel solco dell’autonomia, un secondo livello tramite valutazione esterna (Invalsi), un protocollo finale di miglioramento cui sono subordinati gli obiettivi dei Dirigenti scolastici che, in questo modo, contrattano la parte premiale del loro stipendio. Ad alimentare il dubbio anche la scelta dei vertici dell’Invalsi. Uomini del Miur? Esperti del mondo della scuola? No, da due anni a questa parte il commissario straordinario è Paolo Sestito, direttore superiore della Banca d’Italia. Non a caso, anche dentro l’Invalsi, si lamenta la progressiva trasformazione dell’ente in un’appendice del Tesoro e di via Nazionale. Senza però i benefici, visto che oltre il 50% dei lavoratori dell’ente è composto da precari, molti in servizio da oltre 13 anni e con contratto in scadenza al 31 dicembre (col rischio che l’istituto si svuoti del tutto). Nel complesso i tempi indeterminati fra ricercatori, collaboratori tecnici e amministrativi non arrivano alle 30 unità che, per valutare le quasi 10mila istituzioni di primo e secondo ciclo, un organico a detta degli stessi “decisamente sottodimensionato”.

Certo i dipendenti Invalsi si possono consolare guardando fuori dalla finestra. Lavorano nella splendida cornice di Villa Falconieri a Frascati (foto sopra), un sontuoso palazzone di fine 600 ma decisamente inadatto a sede di un ente di ricerca, con condizioni precarie anche dal punto di vista sanitario: un intero piano ha solo un bagno per quasi 30 persone, gli uffici stessi non sono a norma, tanto che è stato fatto anche un esposto alla Procura della Repubblica per prese e fili volanti, parapetti bassi, ecc). Gli ascensori non funzionano ormai da mesi e alcune stanze sono completamente inagibili perché umide o con infiltrazioni d’acqua. Mancano spazi adeguati a consentire lo sviluppo tecnologico di un ente che gestisce una enorme mole di dati. Ecco spiegata la bizzarria di un affitto di soli 1.260 euro per un immobile che vale (almeno sulla carta dell’Agenzia del Demanio) 19,9 milioni ma richiede 259mila euro l’anno in spese per la manutenzione. Le pulizie? Il costo varia tra gli 80 e i 60 mila euro. Solo il riscaldamento ne costa 40mila, mille euro a dipendente. Per fortuna il tutto è così lontano da Roma da non essere visibile agli esterni (e logisticamente scomodo per i dipendenti). E forse anche questa è una scelta precisa: meglio non far sapere che il “mostro” che fa paura alla scuola è in realtà un altro frutto amaro della politica.

Sicurezza: alunni equiparati ai lavoratori

da Tecnica della Scuola

Sicurezza: alunni equiparati ai lavoratori
di Aldo Domenico Ficara
Il D.Lgs. 81/08, considera “lavoratori” gli studenti universitari, i dottorandi, gli specializzandi, i tirocinanti, i borsisti ed i soggetti ad essi equiparati che frequentino non saltuariamente laboratori didattici, di ricerca o di servizio e in ragione dell’attività specificatamente svolta
Tali figure pertanto, qualora sussistano le condizioni di cui sopra, sono soggette a tutte le misure di igiene e sicurezza previste dalle norme vigenti a tutela dell’integrità fisica dei lavoratori, tra cui la sorveglianza sanitaria e la formazione. Di contro non sono da equiparare ai lavoratori gli allievi durante le attività svolte in palestra e gli alunni della scuola dell’obbligo occupati in attività creative all’interno di apposite aule attrezzate a questo scopo. Da notare però che l’ art. 4 del T.U. 81/2008 stabilisce che, ai fini della determinazione del numero di lavoratori dal quale discendono i particolari obblighi previsti dal Testo Unico sulla sicurezza, non sono conteggiati gli allievi degli istituti di istruzione e universitari e i partecipanti ai corsi di formazione professionale nei quali si faccia uso di laboratori, attrezzature di lavoro in genere, agenti chimici, fisici e biologici, ivi comprese le attrezzature munite di videoterminali.
Questo significa che nonostante l’equiparazione ai lavoratori, il numero degli allievi non entra, ad esempio, nel computo complessivo degli addetti ai fini della possibilità da parte del datore di lavoro di svolgere direttamente il ruolo degli RSPP o delle modalità di elezione degli RLS. Quindi il Dirigente Scolastico, nella qualità di datore di lavoro, deve avere, in riferimento alla sicurezza nei luoghi di lavoro della propria scuola, degli obblighi diversi nei confronti degli alunni, a seconda della loro equiparazione ai lavoratori e della loro considerazione nel computo complessivo degli addetti .

Organico di fatto, il Miur non vuole aumentare i posti: deroghe solo se ne cancellano altrettanti

da Tecnica della Scuola

Organico di fatto, il Miur non vuole aumentare i posti: deroghe solo se ne cancellano altrettanti
di A.G.
La comunicazione è stata data ai sindacati il 2 luglio: incrementi di cattedre o di unità di personale Ata rispetto all’a.s. precedente dovranno essere necessariamente compensati da altrettante riduzioni. I rappresentanti dei lavoratori non ci stanno. L’amministrazione invece alza le braccia sulle ore di sostegno ai disabili: basta soccombere nei contenziosi. Il confronto proseguirà il 3 giugno.
Il confronto del 2 luglio tra i sindacati e l’amministrazione scolastica non ha riguardato solo le imminenti utilizzazioni e assegnazioni provvisorie: si è parlato, infatti, anche dalla costituzione dell’organico di fatto di tutto il personale docente, educativo e ATA per il prossimo anno scolastico 2013-2014. Ad avviso del Miur, per quanto riguarda le dotazioni organiche del personale docente, così come già previsto per l’organico di diritto, in applicazione dell’art. 19, comma 7, della Legge 111/11, l’organico di fatto non potrà superare la consistenza di quello previsto per l’anno scolastico 2011/12. Ciò significa che se una provincia avrà bisogno di un numero maggiore di docenti e Ata dovrà necessariamente farlo a discapito di un’altra provincia.
Su questo punto la Flc-Cgil ha chiesto che “sia prevista la possibilità di attivazione di posti in deroga, quanto meno in organico di fatto ed in attuazione di impegni e dichiarazioni fatte della stesso Ministro Carrozza, in particolare a favore della scuola dell’infanzia che vede in diverse province richieste massicce di statalizzazione di scuole dell’infanzia gestite dai Comuni per difficoltà economiche. Queste richieste, che vanno accolte per assicurare il servizio, non possono essere soddisfatte a ‘posti zero’, ovvero per sottrazione di posti in organico di fatto da altri gradi di scuola”. Anche la Uil Scuola ha rappresentato al ministero dell’Istruzione “l’esigenza che le scuole debbano essere messe nelle condizioni di funzionare, con organico adeguato al di là dei ‘tetti’ predefiniti. Pertanto, a settembre andranno affrontate e risolte tutte le situazioni di criticità che si dovessero presentare, sia sul versante docente che Ata”. Ma c’è anche un altro aspetto delle comunicazioni del Miur che non è piaciuto ai sindacati: la scelta da parte dell’amministrazione di adottare dei criteri per la determinazione degli organici in base ai dati previsionali degli iscritti e non a quelli reali.
Contro questa scelta si schierata la delegazione della Gilda degli insegnanti, che ha subito posto un esempio pratico: quello del Veneto, che sarebbe stato “pesantemente penalizzato con l’ attribuzione di oltre un centinaio di posti in meno, comprimendo l’ offerta formativa in quella Regione. In considerazione di quanto sopra, quindi, la ns. Delegazione ha invitato l’ Amministrazione a rivedere gli organici laddove si è verificata una sensibile discrepanza fra i dati previsionali e quelli reali”, ha sottolineato il sindacato guidato da Di Meglio.
La Gilda ha anche fatto sapere che con l’arrivo al tavolo del confronto Miur-sindacati del direttore generale, Luciano Chiappetta,  si è parlato anche della “quantificazione oraria per i disabili prevista dalle competenti commissioni dell’ ASL, in quanto i ricorsi presentati in opposizione ai tagli degli Uffici Territoriali risultano sempre vincenti e creano un notevole aggravio per il bilancio del Ministero”. Premesso ciò, Chiappetta ha chiesto ai sindacalisti presenti di “dare comunicazione al MIUR dei tagli indiscriminati ed ingiustificati che possono veder soccombere l’ Amministrazione, onde intervenire per prevenire l’ insorgere del contenzioso, concedendo i posti in deroga nel rispetto delle certificazioni delle ASL”.
Il confronto tra le parti proseguirà nella tarda mattinata, al massimo a partire dal primo pomeriggio di mercoledì 3 luglio: le premesse fanno pensare ad una dialettica tutt’altro che serena.

Tfa speciali, venerdì 5 luglio il decreto in Gazzetta Ufficiale

da Tecnica della Scuola

Tfa speciali, venerdì 5 luglio il decreto in Gazzetta Ufficiale
di Alessandro Giuliani
Solo un intoppo burocratico farebbe slittare la pubblicazione del testo di modifica del DM 249/2010 sul reclutamento a martedì 9 luglio. Seguirà il regolamento a firma del ministro Carrozza. Ancora possibile l’inserimento dell’annualità in corso tra i titoli d’accesso. Se ne parlerà il 3 luglio con i sindacati.
Alla fine, dopo un sofferto iter di approvazione e un sensibile sforamento dei tempi prefissati, il decreto di approvazione dei Tfa speciali approda in Gazzetta Ufficiale. Fonti attendibili indicano in venerdì 5 luglio il giorno della pubblicazione del testo. Al massimo, in presenza di un intoppo tecnico-burocratico, il testo slitterebbe a martedì 9 luglio.
Nel volgere di pochi giorni, dopo l’empasse degli ultimi mesi, anche a seguito del cambio di Governo, le modifiche del DM 249/2010 sul reclutamento, indispensabili per permettere ad almeno 75 mila candidati all’abilitazione di frequentare i corsi abilitanti, arrivano dunque a meta.
L’ultimo scoglio, rappresentato dalla Corte di Conti, era stato del resto superato una decina di giorni fa. Quando anche era arrivato il via libera, non prima di aver imposto al Miur alcune modifiche, dei dirigenti statali a cui spetta la verifica della compatibilità economica del complesso provvedimento.
Per il resto, come già indicato dalla Tecnica della Scuola, l’arrivo in Gazzetta Ufficiale del decreto non conterrebbe sostanziali novità rispetto alla versione che era stata approvata dalle commissioni parlamentari di competenza. E poi uscita da un editing finale compiuto dai funzionari del dicastero di viale Trastevere.
Il testo giunto in G.U. non contiene, quindi, la prova nazionale, un’idea dell’ex ministro dell’Istruzione, Francesco Profumo, che non faceva parte della bozza iniziale si cui per oltre un anno si sono concentrati i vari organismi deputati a giudicarla e le commissioni parlamentari di competenza. L’impressione è che difficilmente, a questo punto, il ministro Carrozza introduca i test, finalizzati ad una “spalmatura” su tre anni dei partecipanti ai corsi abilitanti. Anche se annunciata come non selettiva, la prova nazionale avrebbe infatti obbligato i partecipanti ai corsi (in particolare quelli con performance peggiori) a conseguire l’abilitazione con il massimo dei voti: in caso contrario, qualora non avessero compiuto un percorso “netto”, altissimo sarebbe stato il rischio di non centrare il punteggio minimo per conseguire il titolo. I sindacati, a tal proposito, hanno già espresso le loro perplessità al ministro Carrozza ed al nuovo staff dirigenziale (nel frattempo il capo dipartimento Lucrezia Stellacci dovrebbe essere andata in pensione) che segue l’evoluzione dei Tfa speciali. Come minino, quindi, si arriverà ad una versione meno severa del modello di accesso ai corsi. Ma è più probabile che salti completamente.
Un discorso diverso va fatto, invece sulla possibile inclusione dell’anno scolastico 2012/13 tra quelli utili per completare il “monte” di annualità che permettono l’accesso ai corsi abilitanti. Le lezioni, infatti, sono ormai finite e quando verrà pubblicato il regolamento ministeriale anche la maturità si potrà dire archiviata. “Bisogna solo capire – è il parere del segretario della Uil Scuola, Massimo Di Menna – se il regolamento che emanerà il ministro, comprendente questa eventuale estensione temporale, possa essere vulnerabile da un punto di vista giuridico. Mi sembra che la volontà politica e sindacale ci sia. Resta però da capire se tecnicamente è fattibile”.
Qualcosa in più si saprà già mercoledì 3 settembre, quando alle ore 10,00 i sindacati saliranno al ministero dell’Istruzione: si parlerà della presenza di tutte le classi di concorso e dei tempi celeri per l’ottenimento dell’abilitazione. Ma uno dei temi al centro dell’incontro sarà proprio quello dell’allargamento degli anni di supplenze utili per partecipare ai sospirati tirocini formativi riservati.

ANTEPRIMA – Utilizzazioni e assegnazioni provvisorie: imminente la circolare

da Tecnica della Scuola

ANTEPRIMA – Utilizzazioni e assegnazioni provvisorie: imminente la circolare
di A.G.
Da fonti ministeriali risulta che le domande per i docenti di infanzia e primaria verranno inviate solo on line tra il 10 ed il 20 luglio; tutti gli altri insegnanti avranno tempo fino al 25 luglio, ma presenteranno il tradizionale modulo cartaceo; gli Ata entro il 12 agosto (con possibile slittamento). La novità di quest’anno è che i posti disponibili saranno resi pubblici via internet.
Sarebbero imminenti le disposizioni e le scadenze per la presentazione delle domande di utilizzazioni e assegnazione provvisorie del personale scolastico: da fonti ministeriali, La Tecnica della Scuola ha appreso che malgrado la pre-intesa raggiunta con i sindacati nelle scorse settimane non abbia avuto il via libera dagli organi di controllo, in particolare dal ministero della Funzione Pubblica, il Miur ha intenzione di pubblicare comunque la circolare applicativa entro un paio di giorni.
Il tempo, infatti, stringe. E l’espletamento di tutte le operazioni di mobilità è un elemento imprescindibile per avviare la macchina organizzativa delle assunzioni (in ruolo e annuali). Due punti su cui il ministro Carrozza si è impegnato, nei giorni scorsi, davanti alle Commissioni Cultura. E che devono essere quindi condotti necessariamente in porto prima dell’avvio dell’anno scolastico.
Nella circolare ministeriale saranno indicate le seguenti “finestre” e modalità per presentare le domande di utilizzazione e assegnazione provvisoria:
i docenti della scuola d’infanzia e primaria avranno la possibilità di fare domanda esclusivamente ON LINE (attraverso il collaudato sistema Polis) nel periodo che va dal 10 al 20 luglio prossimi;
i docenti della scuola secondaria di primo e secondo grado, gli insegnanti di religione cattolica ed il personale educativo potrà presentare la domanda, di tipo CARTACEO, alla propria scuola di servizio ed entro il 25 luglio;
anche il personale Ata presenterà la domanda tradizionale, su CARTA, ma la scadenza è stata posticipata al 12 agosto (con possibilità di ulteriore slittamento qualora dovessero esserci problemi con la definizione dei trasferimenti).
Non risultano, al momento, novità rilevanti nell’imminente regolamento rispetto allo scorso anno. Tranne una: tutti i candidati alla mobilità annuale avranno la possibilità di visionare la lista dei posti liberi, suddivisi per province e classi di concorso, attraverso un motore di ricerca messo a disposizione via internet dal ministero dell’Istruzione. Un servizio che, se realizzato così come è stato presentato, determinerà non pochi benefici: al personale che verrà indirizzato nelle province, nei comuni e nei municipi dove vi sono effettivamente delle possibilità di centrare l’utilizzazione o l’assegnazione annuale; al personale del Miur, che riceverà una mole di dati (da trattare) sicuramente inferiore a quella mastodontica degli ultimi anni.

La maturità a prezzo di saldo lo scandalo dei diplomifici dove l’esame costa 8 mila euro

da la Repubblica

La maturità a prezzo di saldo lo scandalo dei diplomifici dove l’esame costa 8 mila euro

Da tutta Italia in tre scuole campane, inchiesta e arresti

CONCHITA SANNINO NOLA — Un volo verso Capodichino, e un diploma. Un assegno staccato da papà, e un “titolo di studio”. «Dai, lo sanno tutti come funziona. No?». Ma sì, forse ha ragione il rampollo ventisettenne di una famiglia veneta che, libero di sfogarsi dopo il faccia a faccia con gli investigatori, consegna la sua fotografia ad un amico che lo aveva accompagnato per farsi una gita. «Quante domande, ma facciamola finita… Io mi sono iscritto qui a Nola perché da noi sappiamo che se ti iscrivi giù, al “Luca Pacioli”, non hai problemi. Paghi. Seimila. Settemila euro. Qualche poverocristo di qui mi ha confessato che pagava a rate. Non ti fai vedere per un anno. Non frequenti. Nessuno ti rompe. E alla fine dell’anno, arrivi, copi il compito, ti prendi il tuo bel diplomino. Lo so io, e qui non lo sanno?». È andata così per almeno duemila studenti, negli ultimi due anni, e solo in una ristrettissima area: il Nolano, ad alta densità di scuole-bluff. Più che diplomifici, associazioni per delinquere: perché i primi dovrebbero produrre diplomi, le altre solo denaro per sé e per gli altri carta straccia, benché le si attribuisca un valore. Sono aziende scolastiche in apparenza, e scatole vuote. Che, però, da anni riescono a gabbare lo Stato, il ministero, l’Ufficio scolastico regionale: grazie anche a sciatterie o autentiche complicità ben pagate, come dimostrano gli arresti, ad aprile, a carico di ispettori del Provveditorato. È andata così per troppo tempo, racconta l’inchiesta della Procura di Nola, che ad aprile ha colpito con sequestri e misure cautelari per 15 persone le scuole Luca Pacioli e Vittorio Emanuele di Nola e la Achille Lauro di Torre Annunziata. Va ancora così, è il sospetto nutrito dalle indagini delle Fiamme Gialle di Torre Annunziata, anche in altri presìdi-satelliti collegati: sia in Campania, sia nel resto d’Italia. È un affare da 10 milioni di euro l’anno, stima approssimata per difetto. La prova di una sostanziale impunità è nel clamoroso blitz svelato da Repubblica: il colonnello Carmine Virno rimanda i finanzieri alla “Pacioli”, l’altro ieri, e trova oltre 550 ragazzi che fanno l’esame di maturità senza registri di classe, senza documentazione, in un clima definito di «diffusa illegalità». Com’è stato possibile? Grazie al solito duello tra istituzioni. Doppio pronunciamento: di segno opposto. L’Ufficio scolastico regionale revoca subito la “parifica” a quell’istituto: anche perché le carte mostrano falsi di ogni natura, distruzione di atti. Ma il “Pacioli” fa ricorso al Tar del Lazio che sospende lo stop. Così, tutto torna a posto. Benvenuti, ragazzi. Addio incubi, zero notti passate a studiare. È una passeggiata, la sfida con l’esame di Stato. Peccato che stavolta ci siano gli uomini in divisa, nelle aule, a complicare la gita. Così interviene anche il ministro dell’Istruzione, Maria Chiara Carrozza. «La vicenda dell’istituto paritario “Pacioli” di Nola è molto grave. Auspico che si faccia presto piena luce sul caso, sul quale il ministero e l’Ufficio scolastico regionale stanno facendo approfondite verifiche». Il ministro annuncia anche che intende «rivedere la normativa che disciplina questi istituti, prevedendo un regime diverso, più restrittivo ». Eppure, basterebbero semplici regole. Com’è pensabile che un allievo che risieda a Sassari o ad Aosta possa frequentare sul serio, e con profitto, una scuola del Nolano? Ma anche le analoghe, doverose, intenzioni dei predecessori della Carrozza si sono dissolte nelle nebbie parlamentari. Per anni, sono state solo comitive rumorose e goliardiche di ragazzi, quelle che invadevano con i vari dialetti l’area del nolano. Erano portatori di “economia locale”. Si sceglievano anche vetture con autista, andavano in cerca di un po’ di fumo e qualche locale “carino”. Tutto nel pacchetto diploma finto più esotica incursione. Tutto per diecimila euro, compreso il viaggio. Una storia lunga, quella di diplomi e lauree, un tanto al chilo. Radicata in ambienti di camorra: sia tra i promotori, sia tra i destinatari. Dallo storico blitz al vecchio Settembrini, lì dove Rosetta Cutolo, la sorella del sanguinario padrino di camorra Raffaele, e altri camorristi di rango avevano conseguito titoli di studio restando inesorabilmente analfabeti, ai diplomifici riveduti e corretti dove — fino a qualche anno fa — un osannato Nicola Cosentino partecipava all’inaugurazione di nuovi e prestigiosi “indirizzi”, in compagnia di un’ampia rappresentanza istituzionale e di un delegato del Ministro. Oggi, il procuratore capo di Nola, Paolo Mancuso, evita accuratamente ogni riferimento al merito dell’inchiesta, e osserva: «C’è una normativa francamente incomprensibile, che disciplina gli obblighi di presenza di esaminandi “esterni” e degli “interni”. E questo favorisce un più agevole ricorso all’illegalità. Un fenomeno in crescita. Non escludo ci siano altri istituti “Pacioli” in giro per l’Italia».

Gli alunni migliori in azienda

da ItaliaOggi

Gli alunni migliori in azienda

Tirocini con credito per i ragazzi delle quarte superiori

 di Alessandra Ricciardi

Sparito il taglio al fondo per la valorizzazione della professione docente (si veda ItaliaOggi di giovedì scorso), il decreto legge sul lavoro uscito dal consiglio dei ministri spinge sui tirocini formativi e sull’istruzione tecnica e professionale come elementi chiave per contribuire a dare la spallata alla disoccupazione.

Misure che dovranno partire dal prossimo anno scolastico ed essere pianificate su un arco temporale triennale. A decidere le modalità operative sarà il ministro dell’istruzione, Maria Chiara Carrozza, d’intesa con il ministro dell’economia, Fabrizio Saccomanni. Intanto la Carrozza ieri ha avuto il primo faccia a faccia ufficiale con le sigle sindacale dopo il suo insediamento a viale Trastevere. Davanti alle richieste di dare risposte concrete, dal reclutamento al contratto, dall’edilizia scolastica all’autonomia , avanzate dai segretari di Flc-Cgil, Cisl e Uil scuola, Snals e Gilda, la Carrozza ha preso tempo, ribadendo la volontà di ridare centralità all’istruzione ma sottolienando anche la necessità di un coordinamento e di un consenso generale nell’intero governo perché dalle parole si possa passare ai fatti. Insomma, un incontro interlocutorio, per ammissione di tutti.

Il decreto lavoro, atteso in parlamento per la conversione, dà 60 giorni di tempo alla Carrozza per definire i piani di intervento, di durata triennale, per realizzare «tirocini formativi in orario extracurriculare presso imprese, altre strutture produttive di beni e servizi o enti pubblici, destinati agli studenti della quarta classe delle scuole secondarie di secondo grado, con priorità per quelli degli istituti tecnici e degli istituti professionali». I criteri, dice il decreto Letta, dovranno premiare «l’impegno e il merito» del ragazzi. Con lo stesso decreto si dovranno fissare i criteri per attribuire agli studenti tirocinanti i crediti formativi spendibili nell’anno scolastico successivo. In materia di istruzione e formazione professionale è prevista anche una deroga all’articolo 5, comma 3, lettera c) del decreto n. 87/2010: gli istituti professionali statali potranno utilizzare, nel primo biennio e anche nel primo anno del secondo biennio, «spazi di flessibilità entro il 25% dell’orario annuale delle lezioni per svolgere percorsi di istruzione e formazione in regime di sussidiarietà integrativa» ovvero nei corsi regionali (IeFP)che rilasciano le qualifiche professionali. Gli spazi di flessibilità dovranno essere utilizzati «nei limiti degli assetti ordinamentale e delle consistenze di organico previsti, senza determinare esuberi di personale e ulteriori oneri per la finanza pubblica». Spiega la relazione tecnica: «É attualmente già prevista l’utilizzazione, per gli istituti professionali, di spazi di flessibilità nella misura del 25% del monte ore annuale (art. 5, co. 3, lett. c), dpr n. 87/2010), ma solo per il primo biennio. I percorsi di IeFP hanno invece durata triennale e pertanto, ai fini di un efficace raccordo con gli stessi e al fine di costruire percorsi statali che, nei primi tre anni, siano compatibili con quelli IeFP, occorre garantire la medesima flessibilità (nella misura del 25%) anche per il primo anno del secondo biennio degli istituti professionali».

Carrozza: presto norme più restrittive contro i diplomifici

da tuttoscuola.com

Carrozza: presto norme più restrittive contro i diplomifici

Il ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Maria Chiara Carrozza, dopo il blitz della finanza in un istituto privato di Nola, dove sono arrivati ragazzi da tutta Italia per sostenere l’esame di maturità, annuncia: “Presto norme più restrittive contro i diplomifici“, mentre il ministero e l’ufficio scolastico regionale stanno già conducendo “approfondite verifiche“.

La condanna del ministro è netta: “La vicenda dell’istituto paritario ‘Luca Pacioli’ di Nola è molto grave. Si tratta di un episodio inaccettabile che getta discredito sull’impegno serio e quotidiano delle nostre istituzioni scolastiche”. “Auspico – continua il ministro – che si faccia presto piena luce sul caso”.

Il ministro non si ferma qui. “Intendo inoltre rivedere la normativa che disciplina questi istituti, prevedendo un regime diverso, più restrittivo, che tuteli meglio l’interesse dei nostri studenti e della nostra scuola”.

ANP al ministro: gravi vuoti di organico della dirigenza

da tuttoscuola.com

ANP al ministro: gravi vuoti di organico della dirigenza

Nell’incontro di ieri tra i sindacati rappresentativi e il ministro Carrozza, l’Anp ha sollevato, tra l’altro, il problema della dirigenza nella scuola.

È il caso dei dirigenti tecnici, – ha dichiarato Giorgio Rembado per lìAnp – provenienti da una selezione concorsuale estremamente rigorosa, a seguito della quale sono stati dichiarati vincitori meno della metà rispetto ai posti messi a concorso, nessuno dei quali finora è stato assunto nonostante l’incredibile durata nell’espletamento delle operazioni concorsuali (più di un quinquennio) per il mancato perfezionamento dell’iter autorizzativo.

Oltre alla questione dei tempi, va detto anche che la funzione della dirigenza tecnica è concordemente ritenuta importante per l’intero sistema scolastico, ma resta a livello dichiarativo, perché gli organici sono ridotti ormai ai minimi termini.

È il caso ancora della necessità di provvedere con la massima urgenza al completamento delle procedure per lo scorrimento della graduatoria dei vincitori del concorso a dirigente scolastico in vista del prossimo inizio del nuovo anno al primo settembre.

In entrambe le situazioni ne va della qualità dell’organizzazione degli uffici, la cui vacanza nei ruoli dirigenziali compromette nel primo caso la funzione valutativa del sistema e nel secondo la migliore conduzione delle scuole a seguito della proliferazione delle reggenze su istituti scoperti dal titolare.

Sull’argomento si è concluso che, una volta superata l’emergenza delle nuove assunzioni, bisognerà porsi immediatamente la questione di un nuovo bando per entrambi i profili dirigenziali, dal momento che già oggi i vuoti di organico sono preoccupanti.