SU CONTRATTO ASSEGNAZIONI SCARICABARILE MIUR E FUNZIONE PUBBLICA

SCUOLA, GILDA: SU CONTRATTO ASSEGNAZIONI SCARICABARILE MIUR E FUNZIONE PUBBLICA

“Rimaniamo esterrefatti di fronte allo scaricabarile in corso tra i ministeri dell’Istruzione e della Funzione pubblica relativo all’ipotesi di accordo sulle assegnazioni e utilizzazioni provvisorie per l’anno scolastico 2013-2014. Qualcuno non la racconta giusta. E noi vorremmo sapere al più presto a chi addebitare le responsabilità”. E’ quanto dichiara in una nota il coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti, Rino Di Meglio, in seguito alla diatriba tra i due dicasteri emersa sulle pagine di ItaliaOggi.

Sconcertanti decisioni della giustizia amministrativa in materia di concorsi

Reclutamento dirigenti

Sconcertanti decisioni della giustizia amministrativa in materia di concorsi

Danneggiate centinaia di scuole in Lombardia ed in Abruzzo

Con una coincidenza di data senza dubbio casuale, ma con effetti che oggettivamente si sommano, il Consiglio di Stato ed il Tar dell’Aquila hanno pubblicato ieri 11 luglio due diverse sentenze, che hanno per effetto di affondare il concorso a dirigente scolastico, rispettivamente in Lombardia ed in Abruzzo.

Cominciamo dal primo caso, per la rilevanza dei numeri in gioco. Non si può non rimanere perplessi di fronte alla motivazione principale, che finisce con l’assorbire tutti gli altri aspetti della questione: non l’accertata violazione dell’anonimato, ma la semplice, “astratta” (sic!), possibilità che questo accadesse è bastata a Palazzo Spada per azzerare tutto. Come dire che non serve provare che un fatto illecito sia accaduto: basta che non sia impossibile che accada. E su questo filo argomentativo (che sarà pure corretto quanto si vuole sul piano, appunto, “astratto”), si butta a mare, dopo oltre un anno di delibazioni, perizie e rinvii, un intero concorso: e, con esso, gli interessi di trecentocinquanta scuole, un terzo dell’intero sistema di istruzione di una regione come la Lombardia.

Come nel gioco dell’oca, si torna al punto di partenza: anzi, no. Si riparte dalla correzione degli scritti e, prima ancora, dalla reimbustatura delle prove; un compito di segreteria, che la sentenza affida, con qualche eccesso di puntiglio, non disgiunto da una misura di svilimento per la funzione, a tre dirigenti del Ministero, di cui almeno uno di prima fascia.

E’ del tutto ovvio che – come siamo stati fino ad oggi al fianco dei concorrenti incolpevoli – così continueremo ad esserlo anche nel prosieguo di questa incredibile vicenda, in tutte le sedi in cui essa avrà seguito (come non mancherà di accadere). E fin da subito dichiariamo il nostro impegno ad esercitare ogni possibile pressione sul Ministero e sul Governo perché faccia quanto di sua competenza per tutelare, con i provvedimenti possibili ed appropriati, gli interessi di chi è stato danneggiato. Senza dimenticare tutte quelle scuole lombarde, che per il secondo anno consecutivo, si vedrebbero private di una guida stabile ed a tempo pieno.

Non meno paradossale la sentenza relativa all’Abruzzo, in cui il motivo dell’annullamento è l’eccessivo numero di presidenti e commissari che si sono avvicendati durante la correzione delle prove scritte. All’amministrazione in questo caso si rimprovera di aver sempre sostituito, senza batter ciglio, quelli che via via si sono dimessi, quasi tutti per asseriti motivi di salute. Argomenta il TAR che tutte quelle malattie dovevano risultare sospette e che l’USR non avrebbe dovuto “bersela”. E che avrebbe dovuto fare, di grazia, di fronte ai certificati medici: mandare i carabinieri?

Anche qui, almeno quaranta scuole sono vittime incolpevoli di ragionamenti “astratti”, che non tengono conto del principio di realtà e degli interessi in gioco.

Non è nostra intenzione mettere in discussione la dottrina giuridica che sottostà alle sentenze, né la correttezza professionale di chi le ha emesse. Ma è evidente che qualunque procedura amministrativa – ed in particolare qualunque procedura concorsuale (nella quale, per definizione, si scontrano interessi contrapposti) – soccomberebbe e soccomberà, se esaminata con la semplice ottica dell’astrazione di principio. La giustizia amministrativa non esiste per librarsi su principi astratti, ma per governare scontri di interessi concreti.  E nelle sue decisioni non può ignorare i danni che eventualmente produce.

Più in generale, queste vicende confermano il nostro giudizio – espresso da tempo – circa l’inidoneità del modello di concorso che conosciamo da centocinquant’anni a misurarsi con le nuove realtà e tensioni sociali. Non può più bastare l’astratto (ancora una volta) richiamo al precetto costituzionale, quando si continua a dimenticare che esso è posto a presidio del “buon andamento”. Di quale buon andamento si può parlare quando nessun concorso ormai va a buon fine, perché si sommano tre elementi tutti sfavorevoli: l’inadeguatezza dell’Amministrazione, la litigiosità degli esclusi e la sovrana indifferenza dei giudici amministrativi per la salvaguardia degli interessi comuni?

La Costituzione va rispettata, ma nei suoi valori e non solo nella sua lettera: e gli astratti principi vanno sempre messi a riscontro con le conseguenze che ne discendono nei fatti. Quando troppo spesso gli effetti sono dannosi, occorre interrogarsi sulle cause.

Concorsi da rifare: dalla negligenza i danni di un infinito contenzioso

Concorsi da rifare: dalla negligenza i danni di un infinito contenzioso

“Non può non preoccupare quanto sta avvenendo in questi giorni sul reclutamento dei dirigenti scolastici. Prove annullate in Abruzzo, scritti da ricorreggere in Lombardia, sono solo gli ultimi due episodi di una tornata concorsuale quanto mai tormentata. Inevitabile, e indiscutibile, che si cerchi la tutela dei propri diritti quando li si ritiene lesi: resta tuttavia difficile rimanere indifferenti al fatto che sia ormai la giustizia amministrativa, in tante occasioni, ad avere l’ultima parola sul reclutamento del personale.

Non c’è dubbio che sotto accusa vadano messe, prima di tutto, la superficialità, la leggerezza, la poca cura di cui ha dato prova chi aveva il compito di assicurare in modo diretto o con la sua vigilanza il rispetto degli essenziali requisiti di regolarità delle procedure. Se, come già detto, nessuno contesta il diritto di far valere le proprie ragioni a chi si ritiene ingiustamente escluso da una selezione, è fuor di dubbio che in molti casi si sono offerti ghiotti pretesti al contenzioso, anziché far di tutto per prevenirlo. Ed è pienamente giustificata, oggi, la rabbia di chi vede rimesso in discussione il frutto delle proprie fatiche, e ancor più il senso di un lavoro che sta svolgendo da mesi, sul quale non è in grado di darsi prospettive certe.

E infine, ma non certo per ordine di importanza, l’aggravarsi del disagio di tante scuole che a fatica cercano un minimo di stabilità negli assetti di governo e vengono invece ricacciate nella più totale incertezza. Difficile pensare che il contenzioso finisca con le sentenze pronunciate: fin troppo facile invece immaginare che il rifacimento, totale o parziale, delle prove concorsuali ne inneschi di nuovo, in una spirale di cui non si vede la fine e che solleva pesanti interrogativi sulla stessa credibilità e affidabilità di procedure di reclutamento così frequentemente invalidate”.

Francesco Scrima, segretario generale Cisl Scuola

12 luglio Nuovi Capi Dipartimento

Il Consiglio dei Ministri, nel corso della seduta del 12 luglio 2013, ha approvato, su proposta del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, Maria Chiara Carrozza, il conferimento dei seguenti incarichi di Capo Dipartimento:

– Luciano CHIAPPETTA – Dipartimento dell’istruzione;
– Marco MANCINI – Dipartimento dell’università, l’alta formazione artistica, musicale e coreutica e per la ricerca;
– Sabrina BONO – Dipartimento per la programmazione e la gestione delle risorse umane, finanziarie e strumentali.

MIUR, NOMINATI I NUOVI CAPI DIPARTIMENTO

Il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro Maria Chiara Carrozza, ha nominato i nuovi Capi Dipartimento del Miur. A dirigere il Dipartimento per l’Istruzione è stato chiamato il Dottor Luciano Chiappetta, al Dipartimento per l’Università, l’AFAM e per la Ricerca il Professor Marco Mancini, mentre al Dipartimento per la Programmazione e la gestione delle risorse umane, finanziarie e strumentali la Dottoressa Sabrina Bono.

Luciano Chiappetta, attualmente Direttore generale del Personale scolastico, ha una lunga esperienza direttiva all’interno dell’amministrazione, dove ha rivestito tra l’altro l’incarico di Dirigente del C.S.A. di Napoli, Dirigente incaricato del coordinamento degli organici del personale della scuola presso la Direzione Generale Regionale della Lombardia, Provveditore agli Studi di Pavia.

Marco Mancini, Rettore dell’Università di Viterbo e Presidente della CRUI dal 2011, è socio dell’Accademia Nazionale dei Lincei e Vice-Presidente della Fondazione per l’Innovazione e la Tecnologia (COTEC); è stato Presidente del Parco Scientifico e Tecnologico dell’Alto Lazio e dell’Istituto Italiano per l’Africa e l’Oriente (IsIAO).

Sabrina Bono, direttore generale e attualmente Vice Capo di Gabinetto Vicario del Miur, ha una vasta esperienza amministrativa maturata in diverse amministrazioni centrali dello Stato (Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della funzione pubblica, Ministero degli affari esteri e Ministero delle comunicazioni).

Gli Invalsi confermano: l’Italia è spaccata in due. Al Nord studenti più preparati che al Centro-Sud

da la Repubblica

Gli Invalsi confermano: l’Italia è spaccata in due. Al Nord studenti più preparati che al Centro-Sud

Presentati i risultati 2013 dei test sulla scuola italiana. Purtroppo con poche sorprese: la provincia di Trento al top, Sicilia quasi sempre ultima nelle graduatorie. Femmine meglio dei maschi, e il divario tra settentrione e meridione si allarga

di SALVO INTRAVAIA

IL RAPPORTO sugli apprendimenti 2013 dell’Invalsi promuove la scuola di Trento e rimanda a settembre quella meridionale. Bocciata la scuola siciliana, ultima in 8 delle dieci classifiche regionali stilate dall’istituto di Frascati. Questa mattina, a Roma, gli esperti dell’Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione hanno presentato i risultati dei test Invalsi somministrati dal 7 maggio al 17 giugno scorsi a quasi 3 milioni di alunni italiani. Rapporto pubblicato a tempo di record, 24 giorni dopo la prova nazionale di terza media. Alla presentazione era presente anche il ministro dell’Istruzione, Maria Chiara Carrozza, che ha sottolineato il valore formativo della valutazione e gettato acqua sul fuoco rispetto alle polemiche che ogni anno accompagnano i test Invalsi.
Una operazione, ha spiegato il ministro, che deve “uscire da una logica di ‘guerre di religione’ essendo ben consapevoli del fatto che non si tratta del ‘giudizio di Dio'”. E che dovrebbe essere invece considerata “come ascolto e come occasione di conoscere meglio la scuola e i suoi problemi, che sia un’utile guida per un percorso dove sono sempre le persone, con il loro impegno, a fare la differenza”.
Ma c’è chi la pensa in un altro modo. “Nessuna ‘guerra di religione’ –  replica alla ministra la senatrice Alessia Petraglia, capogruppo di Sinistra, ecologia e libertà in commissione Istruzione  –  ma i risultati ottenuti nei test Invalsi non possono misurare gli esiti educativi complessivi di quelle scuole che riescono, spesso con risorse scarsissime, a motivare alla frequenza anche gli alunni più svantaggiati”.
“La valutazione scolastica  –  prosegue la parlamentare  –  è tema delicato che non si può affrontare in maniera parziale e senza una interlocuzione continua e approfondita con il corpo insegnante. Piuttosto è grave – prosegue Petraglia – che la ministra Carrozza non dica nulla sull’impoverimento e la marginalizzazione che la scuola ha subito nel nostro Paese a causa dei tagli e senza peraltro intervenire sulle situazioni più critiche”. I dati snocciolati poche ore fa confermano l’enorme differenza di performance esistente ancora in Italia tra le regioni settentrionali e quelle meridionali del Paese. Un gap che in alcuni casi si accentua rispetto all’anno scorso.
In cima alla classifica dei sistemi scolastici regionali c’è quello della provincia autonoma di Trento, che in quasi tutte le graduatorie di Italiano e Matematica  –  riguardanti gli alunni della seconda e quinta elementare, prima e terza media e seconda superiore  –  si piazza in testa. Ma sono le regioni del Nord-Ovest a strappare, tra le aree geografiche, i migliori risultati. In fondo alla classifica si piazzano le regioni meridionali, Calabria, Sardegna e Sicilia in particolare. Un divario, che a distanza di 12 mesi, si è addirittura incrementato. Basta fare qualche esempio. I 200 punti della media nazionale per tutte le prove diventano 215 in Piemonte e 178 in Sardegna per la prova di Matematica della scuola superiore.
Una differenza di 37 punti che l’anno scorso ammontava “soltanto” a 27 punti. In parecchi casi, quindi, il gap tra Nord e Sud si è amplificato. La peculiarità del sistema formativo italiano a due velocità è dato da due diversi trend: al Nord le performance migliorano dalla seconda elementare ella seconda superiore; al Sud e nelle regioni dell’Italia centrale l’andamento si inverte. E i risultati peggiorano procedendo verso le classi della scuola secondaria di secondo grado. Tra le regioni dell’Italia centrale spiccano i buoni risultati delle scuole delle Marche, in testa a tutte le regioni del raggruppamento centro-meridionale.
Permangono quasi inalterate le differenze di performance, evidenziate già in passato, tra alunni maschi e femmine, a vantaggio di queste ultime; tra italiani e stranieri, a vantaggio dei primi, e alunni in regola col percorso scolastico e in ritardo. Si confermano superiori le performance degli studenti liceali rispetto ai compagni che frequentano gli istituti tecnici e professionali, ma capita anche che un liceale meridionale si veda superato da uno studente che frequenta l’istituto tecnico in una scuola del Nord. Leggermente meglio, nel complesso, le competenze in Italiano rispetto a quelle in Matematica.
E a sorpresa, nel corso della presentazione dei risultati, Roberto Ricci  –  a capo degli esperti dell’Invalsi  –  svela che le enormi differenze di performance fra la scuola settentrionale e quella meridionale sono da attribuire soltanto in parte alle diverse condizioni socio-economiche e culturali. Tali differenze sarebbero dovute, in base alle elaborazioni effettuate dall’istituto, al diverso funzionamento tra i sistemi scolastici. “La notizia positiva è che  –  ha detto durante la presentazione  –  ci sono ampi margini di miglioramento”. In apertura, i precari dell’Invalsi hanno letto un comunicato al ministro sulla condizione dell’istituto, che non ha ancora i vertici dirigenziali, e dei precari che non hanno certezza del futuro.
Il ministro Carrozza si è impegnato a risolvere il primo punto entro luglio. Nel corso di quasi tre ore di presentazione, i relatori hanno sottolineato a più riprese il ruolo di supporto alle decisioni delle singole scuole che svolgono le rilevazioni condotte dall’Invalsi. Senza nessuna intenzione inquisitoria né premiale. E con un occhio rivolto al web, con una indagine  –  condotta via internet  –  sulla percezione di studenti e genitori delle prove del primo grado.

Maturità, crollano i 100 e lode l’anno nero dei superbravi i presidi: regole troppo rigide

da la Repubblica

Maturità, crollano i 100 e lode l’anno nero dei superbravi i presidi: regole troppo rigide

Delusione da nord a sud. A Milano niente encomi nei licei storici

SALVO INTRAVAIA

LA SCUOLA italiana perde i suoi cervelloni. Sembra che non riesca più a formare studenti degni di lode, quella che dal 2007 le commissioni possono attribuire ai ragazzi particolarmente brillanti. Dal 2010 al 2012 il crollo dei diplomati con 100 e lode è netto: meno 46% nelle scuole statali, meno 74 nelle paritarie.E QUEST’ANNO andrà ancora peggio: il numero dei superbravi è destinato ad assottigliarsi ancora. Così mentre gli scrutini sono ancora in corso montano le proteste dei presidi che chiedono una norma “più flessibile”. Anche perché ora la lode vale 10 punti di bonus per l’accesso a Medicina e alle altre facoltà a numero chiuso. Da Nord a Sud, i capi d’istituto censurano l’eccessiva rigidità delle regole per l’attribuzione del massimo punteggio. «Ci sono polemiche diffuse sulla scarsità delle lodi – ammette Gregorio Iannaccone, presidente dell’Associazione nazionale dei dirigenti scolastici – ma non stiamo parlando della tessera del pane. La lode è un fatto eccezionale che necessita di regole rigide». Più diplomatico Giorgio Rembado, presidente dell’Associazione nazionale presidi: «Non si può inflazionare il massimo dei voti – commenta – Ma qualunque meccanismo rigido che vincola ai risultati degli anni precedenti non consente alla commissione d’esame nessuna flessibilità di giudizio e si trasforma in una tagliola». A Milano, in appena due anni, le eccellenze si sono dimezzate. E per la prima volta i classici Berchet, Manzoni e Parini sono rimasti senza superbravi. «Questi criteri sono ingiusti. C’è tutto un sistema da ripensare», si lamentano i presidi meneghini. In calo le lodi anche a Torino e nelle altre grandi città. Da tre anni, lo scientifico Cannizzaro di Palermo non vede studenti lodati. «Attribuire la lode – spiega il preside Leonardo Saguto – è diventato troppo difficile: basta un niente per farla svanire. Occorrerebbe dare più spazio al percorso scolastico e maggiori margini alle commissioni». A Napoli, niente lodi al liceo classico Vittorio Emanuele, e solo tre all’Umberto, il liceo del presidente Giorgio Napolitano, che l’anno scorso ne contò otto. Nella Capitale, i superbravi scarseggiano anche nei licei, che hanno sempre fatto il pieno. Righi e Tacito sono in attesa di salutare il primo genietto cum laude. Una sola lode, finora, al Visconti e due al Mamiani. «Folle il fatto – spiega Alessandra Francucci, preside del liceo scientifico Sabin di Bologna – che non sia concesso di avere un voto inferiore all’8 in pagella ed è un peccato perché così non si valorizzano i ragazzi». Anche nel capoluogo emiliano si contano pochissime eccellenze: solo tre, e tutte conquistate da donne, nello storico liceo classico Galvani. Dal 2012, per aggiudicarsi la lode occorre il massimo punteggio nelle prove d’esame – 75 in tutto – e presentarsi alla commissione col massimo credito scolastico: 25 punti, che si ottengono con una media, nelle pagelle degli ultimi tre anni, superiore a 9, e senza essersi aggiudicati neanche un 7. In più, le decisioni sul punteggio da attribuire agli studenti devono essere state assunte all’unanimità. Fino al 2009, il percorso per arrivare al voto record era più semplice: bastavano le prove e il credito al top. E per quest’ultimo bisognava presentarsi con una media in pagella superiore a otto decimi. Poi la Gelmini ha inasprito le regole, entrate a regime nel 2012, e anche per gli studenti eccellenti l’esame di maturità è diventato più difficile

Il CdS respinge l’appello e l’Usr Lombardia non procederà alla nomina in ruolo degli idonei

da Tecnica della Scuola

Il CdS respinge l’appello e l’Usr Lombardia non procederà alla nomina in ruolo degli idonei
di Aldo Domenico Ficara
L’undici luglio 2013 il Consiglio di Stato ha inviato, con numero di Registro Generale: 5836/2012, l’avviso di pubblicazione della sentenza tanto attesa sulla vicenda delle nomine in ruolo degli idonei al concorso dirigenti scolastici della Lombardia. L’avviso comunica che è stato Respinto l’appello incidentale. A tal proposito nel sito web della DISAL si può leggere:
“l’Ufficio Scolastico Regionale non potrà procedere alla nomina in ruolo degli idonei che hanno superato il concorso lombardo; il prossimo anno 355 scuole non avranno un dirigente scolastico titolare; altre 355 (siamo a 710 su 1100) avranno un dirigente scolastico nominato in reggenza sulle prime; senza contare altre 110 circa senza preside titolare per motivazioni varie. Un incredibile colpo alla scuola lombarda, agli operatori, agli studenti ed alle famiglie ed a quei docenti che si sono battuti in questi mesi per veder riconosciuto il merito del proprio percorso concorsuale. DiSAL, dopo un anno di battaglie, esprime la propria solidarietà a questi insegnanti e conferma (come in parte già preannunciato in attesa di notizie) la propria decisione di esplorare tutte le forme (senza escludere uno sciopero) per opporsi al grave abuso delle reggenze che in questi anni ha sfruttato la disponibilità di migliaia di presidi in Italia. In questa inziativa DiSAL cercherà tutte le collaborazioni che vorranno condividere la difesa della scuola, del merito, della dirigenza scolastica“.

Alle prove Invalsi si copia? Sembra proprio di sì

da Tecnica della Scuola

Alle prove Invalsi si copia? Sembra proprio di sì
di Pasquale Almirante
E se si copia a cosa servono le prove? A usare questa pratica truffaldina sarebbero gli studenti di Calabria, Sicilia e Lazio. E inoltre: se i risultati complessivi rispecchiano quelli degli altri anni, perché non si sono colmate le lacune? Forse l’anno venturo? O l’altro ancora?
Niente copioni, altrimenti che senso avrebbe una prova che deve misurare i battiti complessivi del nostro sistema di istruzione? Per intervenire nelle aritmie o nelle brachicardie infatti occorre che la prova sia il più possibile omogenea e che tutti gli elettrodi siano ben collegati e funzionanti, e invece? E invece si scopre che copiare è l’attività che meglio sanno fare i nostri alunni, spalleggiati, bisogna dirlo, con ogni probabilità da chi deve vigilare. È vero che molti docenti sono critici nei confronti del sistema nazionale di valutazione, ma la deontologia professionale dovrebbe imporsi e anche se la pena è ingiusta, Socrate insegna, e pur se iniqua, accettarla. E durante la sua relazione di oggi, il Commissario Invalsi, sulla base delle sue statistiche, ha individuato dove dorme la lepre della copiatura, e cioè nelle prove per l’esame di terza media. I quelle tane infatti, visto lo spauracchio del voto finale nell’attestato di licenza, si acquatta la povera bestia, mentre le terra della sua frequentazione pare siano quelle del sud e in modo particolare Calabria e Sicilia, un po’ meno in Campania, Puglia e Lazio. Ma dalle parti dell’Invalsi tuttavia bisogna dire che non ci sono cacciatori di lepri del tutto sprovveduti e allora ecco la minaccia: il prossimo anno provvederemo, “abbiamo in serbo altre novità ma non possiamo svelarle”. L’attesa è dunque alla riapertura delle scuole, quando si avranno i risultati, e allora nulla toglie che ci possa essere la possibilità di individuare le irregolarità e quindi di prendere i provvedimenti del caso che però rimangono, anch’essi, segreti. La conclusione generale di tanto spreco di forze e di intelligenze è comunque quella, al di là delle copiature, che i gli studenti del Nord ottengono i risultati migliori dei loro colleghi del sud che, come al solito, arrancano. E proprio questo: “come al solito” che fa male. Se infatti il responso Invalsi anno per anno è sempre lo stesso, a cosa serve questo sistema di valutazione? In altri termini, quale cura è stata intrapresa per pareggiare i conti fra sud e nord? Chi si sta prendendo la briga di bloccare le brachicardie meridionalistiche? Se si è scoperta, come avviene anno dopo anno, la tana della lepre meridionale un po’ acciaccata, ci sarà pure qualche cacciatore bene intenzionato a tirarla fuori? O è sufficiente solo l’odore della fiera per tirare avanti?

Presentato il Rapporto Invalsi 2013

da Tecnica della Scuola

Presentato il Rapporto Invalsi 2013
di Lara La Gatta
Risultati insoddisfacenti nelle regioni del Mezzogiorno, dove le differenze sono molto marcate anche tra un istituto e l’altro o addirittura tra classi della stessa scuola. Va meglio al Nord, mentre al Centro i risultati tendono a peggiorare nel passaggio dalla scuola secondaria di primo grado a quella di secondo grado.
Come già anticipato, è stato presentato oggi il Rapporto Invalsi “Rilevazioni nazionali sugli apprendimenti 2012‐13”.
Il documento riporta a livello di sistema nazionale e regionale i risultati delle rilevazioni sugli apprendimenti condotte nel maggio e nel giugno 2013. Gli ambiti coinvolti sono l’italiano e la matematica e i gradi scolastici rappresentati sono quelli coinvolti nelle rilevazioni, quindi la II e la V primaria, la I e la III secondaria di primo grado, e la II secondaria di secondo grado.
Il quadro che emerge è decisamente variegato, con evidenti differenze territoriali. Purtroppo, è confermata la situazione più svantaggiata del Mezzogiorno, dove i risultati sono meno soddisfacenti, pur con differenziazioni al suo interno, perché Abruzzo, Molise, Puglia e Basilicata vanno un po’ meglio delle altre regioni del sud. Il divario territoriale, come negli anni passati e così come evidenziato nelle maggiori indagini internazionali sugli apprendimenti, cresce lungo il corso degli studi. Le regioni meridionali denotano anche una maggiore variabilità interna dei propri risultati e, specie nei primi due segmenti (il primario e il secondario di I grado), questa maggiore variabilità interna si associa ad una maggiore quota di variabilità tra scuole e tra classi della stessa scuola. Questo vuol dire in sostanza che non solo le scuole delle regioni meridionali ottengono risultati in media più bassi ma anche che le differenze tra un istituto e l’altro sono maggiori di quanto non accada nelle altre aree dell’Italia.
Anche le regioni del Centro non vanno meglio e denotano un certo peggioramento della propria posizione relativa nel passaggio dalla scuola secondaria di primo grado a quella di secondo grado.
Meglio al nord, dove in seconda superiore gli studenti del Nord-Ovest e del Nord-Est appaiono in vantaggio di una decina di punti rispetto al Centro, di circa 20-30 punti rispetto alle due macro-aree meridionali.

Quota 96: alcune precisazioni sulla specificità della scuola

da Tecnica della Scuola

Quota 96: alcune precisazioni sulla specificità della scuola
La legge “non ammette ignoranza”, ma non sempre è così. Dal prof. Giuseppe Grasso, fra i fondatori del Comitato “Quota 96, una importante chiarificazione sulla platea del nati nel 1952, e in attesa che le Commissioni parlamentari, Lavoro e Istruzione, definiscano positivamente e al più presto un vulnus inaccettabile
Relativamente alla vicenda dei lavoratori della scuola appartenenti alla Quota 96, qualcuno parla di disparità fra i lavoratori della scuola nati nel 1952. Nelle lotte portate avanti dal Comitato Civico Quota 96, ha assunto sempre particolare salienza politica la rivendicazione della peculiarità della scuola. Viene quindi da chiedersi come sia possibile, dopo tanta letteratura, prefigurare di mandare in pensione i soli nati ENTRO il 31 agosto del 1952. Per quale motivo bisognerebbe creare delle divisioni all’interno del popolo di Quota 96 quando invece servirebbero, quali atteggiamenti sovrani, l’unione e l’intesa? Ci permettiamo di fare qualche breve riflessione in merito nella speranza di dissipare eventuali dubbi. Un popolo così agguerrito e così preparato, che ha organizzato, grazie al direttivo del Comitato, ben tre manifestazioni nazionali per tutelare il diritto negato dal governo Monti alla pensione con le vecchie regole, è sorto, come i lettori sapranno, per difendere (e per far correggere) l’errore tecnico contenuto in un articolo della legge Fornero. Non è un caso che abbia chiesto ripetutamente, al passato come al presente governo, di rimodulare, senza stravolgerla, quella iniqua legge-manovra al comparto scuola. La legge 449/97, all’articolo 59, comma 9, ripresa anche dal giudice di Siena, recita così: «Per il personale del comparto scuola resta fermo, ai fini dell’accesso al trattamento pensionistico, che la cessazione dal servizio ha effetto dalla data di inizio dell’anno scolastico e accademico, con decorrenza dalla stessa data del relativo trattamento economico nel caso di prevista maturazione del requisito entro il 31 dicembre dell’anno». I requisiti per il pensionamento nella scuola, in buona sostanza, si possono maturare entro il 31 dicembre dell’anno solare (ecco perché si parla di «prevista maturazione del requisito»: sia quello anagrafico, sia quello contributivo); ma il pensionamento effettivo, come sempre è stato in questo settore, avviene il 1 settembre, cioè alla «data di inizio dell’anno scolastico e accademico». Il che vuol dire, per la scuola, come già precisato, dal 1 settembre, e per l’Afam, l’Alta formazione artistica e musicale, che comprende le accademie e i conservatori, dal 1 novembre. Tutti i patronati fanno i loro calcoli, da che mondo è mondo, con questi dati ben precisi. Basta andarsi a leggere le circolari del Miur degli ultimi anni per averne chiara e precisa conferma. Stupisce, pertanto, che qualche dubbioso e inesperto educatore abbia potuto rimettere in discussione, dopo un anno e mezzo di lotte e di puntualizzazioni sul piano giuridico, un principio elementare sancito da una legge tuttora in vigore per la quale il Comitato si sta battendo energicamente e che Manuela Ghizzoni ha esplicitamente richiamato nel suo sito (come nelle sue proposte di legge) chiarendo che non esiste alcuna disparità fra i nati nel 1952 secondo il principio normativo regolato dalla citata legge 449/97. I giuristi insegnano che una norma generale non può prevalere su una norma speciale – in base al principio «Lex specialis derogat generali» – e che una legge generale, destinata a una generalità indifferenziata di casi, viene sempre derogata da una legge speciale che tiene conto di situazioni particolari, meritevoli di una disciplina ad hoc. Se così non facesse, la legge generale sarebbe viziata da irragionevolezza e illogicità e quindi incostituzionale. È singolare che il Comparto Scuola, che è sempre stato oggetto di una disciplina speciale in materia previdenziale, venga fatto rientrare nella disciplina generale dalla riforma Fornero senza che nulla sia stato modificato rispetto al passato. Se una legge, come quella che regola il pensionamento del settore scolastico, ha attribuito a un soggetto un diritto soggettivo, un diritto che è entrato a far parte del suo patrimonio giuridico, una legge successiva non glielo può togliere perché si tratterebbe di una situazione sostanzialmente equiparabile ad un esproprio. Proprio per queste ragioni riteniamo che sia controproducente, in questo delicatissimo momento, proporre simili ragionamenti falsati che servono solo a creare disordine e confusione nei lettori, o forse a destabilizzare le rivendicazioni di questo nuovo popolo rosa nato e cresciuto sul web.

Dove stanno gli ispettori per le scuole paritarie?

da Tecnica della Scuola

Dove stanno gli ispettori per le scuole paritarie?
di Pasquale Almirante
La legge n. 62/2000 aveva l’obiettivo di controllare anomalie, carenze e irregolarità nell’organizzazione e nel funzionamento delle scuole paritarie, ma nonostante le evidenze, soprattutto in istituti di istruzione secondaria di II grado dell’Italia centrale e meridionale, i diplomifici continuano negli affari
Educazione e Scuola, nel proprio sito, rende un ottimo servizio alla scuola con una analisi sulle condizioni delle paritarie trasformate in diplomifici che potrebbero essere benissimo controllate, ed eventualmente chiuse, solo si facessero delle semplici verifiche. Il primo elemento visibile: corsi a “piramide rovesciata”. Si passa dall’esiguo numero di alunni delle classi iniziali a uno eccessivo (fino a oltre 100) nelle V classi, determinato dai troppi privatisti ammessi a sostenere l’esame di idoneità all’ultimo anno, in deroga alle norme regolanti la materia che vietano alle scuole paritarie di accogliere all’esame di idoneità un numero di candidati esorbitante rispetto alla ricettività dei locali e alle classi funzionanti.
2): la particolare “disinvoltura” nella gestione delle prove e dei colloqui e l’indulgenza totale nelle valutazioni; 3): privi di garanzie di serietà sono risultati anche gli esami di idoneità alle classi che precedono l’ultima dei candidati esterni; 4): gravi e censurabili si sono rivelate, altresì, le irregolarità imputabili al mancato rispetto delle disposizioni concernenti lo svolgimento degli esami integrativi degli allievi provenienti da indirizzi di studio diversi; 5):alle irregolarità sopraccennate si è aggiunto il fatto che numerosi docenti hanno valutato, in sede di esami di idoneità o integrativi, candidati che erano stati loro studenti prima che si ritirassero dalle lezioni;
6):spesso, all’insaputa dell’Amministrazione, sono state svolte sessioni suppletive degli esami suddetti, in palese violazione delle norme che, come è noto, prevedono che si possa tenere una sola sessione per anno;
7):molteplici, inoltre, sono state le anomalie segnalate nello svolgimento degli esami preliminari all’esame di stato; si citano, a titolo di esempio, i calendari con tempi molto compressi, che non hanno consentito un serio esame e un’adeguata valutazione, e le nomine di docenti impegnati solo per l’occasione.
Ma non solo, continua ancora l’analisi: – il rilevante numero di assenze degli alunni favorite da una registrazione irregolare e talvolta fittizia, in modo particolare nei corsi serali per lavoratori, spesso veri e propri “corsi fantasma”; – la proliferazione dei cosiddetti ottisti o saltatori, ammessi a sostenere, con un anno di anticipo, l’esame di stato; – la costituzione di commissioni formate con soli alunni privatisti; – la costituzione di commissioni con un numero eccessivo di candidati esterni, in deroga alla legge n. 425/97; – l’inconsistente o addirittura mancata iscrizione di alunni disabili; – la diffusa inidoneità dei locali, spesso non in regola con le norme di cui al d.lgs. 81/2008; – la mancanza o inidoneità di laboratori, biblioteche, palestre, ecc.; – l’irregolare funzionamento degli organi collegiali e la irregolare riunione e la durata del tutto irrisoria dei consigli di classe – l’assunzione di docenti non in possesso dell’abilitazione all’insegnamento, anche nei casi in cui nelle graduatorie permanenti erano presenti e disponibili docenti abilitati; – il mancato, puntuale rispetto delle norme contrattuali relative al rapporto di servizio del personale docente e non docente; – la irregolare tenuta degli atti amministrativo-contabili;
– la lacunosa e confusa tenuta dei fascicoli personali degli studenti, spesso privi dei certificati di studio, recanti autocertificazioni e dichiarazioni non conformi alle disposizioni vigenti; – la scarsa trasparenza della gestione contabile spesso caratterizzata da richieste agli alunni di somme aggiuntive; – i continui avvicendamenti dei docenti in corso d’anno e il frequente utilizzo degli stessi nelle commissioni di esame di stato;
– la carente azione didattica soprattutto per quel che concerne lo svolgimento delle lezioni, le interrogazioni e le valutazioni. Se tuttavia la Legge 62/200 prevedeva un regime che avrebbe dovuto, in maniera sostanziale e rilevante, garantire “requisiti di qualità ed efficacia”, contestualmente sono venuti meno tutta una serie di controlli previsti nei confronti delle scuole legalmente riconosciute. In effetti, se è vero che sarebbe risultato impossibile effettuare visite ispettive sulle circa 9.000 scuole paritarie, è altrettanto vero che tali ispezioni si sarebbero potute disporre almeno a campione. Né è stato possibile effettuare i necessari controlli negli anni scolastici successivi al 2000/2001, allorché la competenza in materia di riconoscimento della parità fu decentrata agli Uffici scolastici regionali. Le nuove richieste di parità furono, infatti, così numerose (circa 4.000) che assorbirono totalmente l’attività del personale ispettivo a disposizione dei citati Uffici, senza, peraltro, coprire l’intero arco delle esigenze da fronteggiare. Ne è prova il fatto che, mentre in alcune regioni i nuovi riconoscimenti furono dati a seguito di verifiche puntuali e accurate, in altre, le ispezioni furono effettuate a campione. D’altra parte la rilevante carenza di personale dirigenziale tecnico-ispettivo ha costretto gli Uffici ad effettuare vigilanze solo saltuarie ed azioni di consulenza alquanto limitate, nonostante le molteplici esigenze e la riconosciuta utilità dei suddetti interventi. Le patologie di cui trattasi hanno anche costituito oggetto di indagini, alcune delle quali tuttora in corso, da parte dell’Autorità Giudiziaria. Si osserva ancora che il disposto sull’esame di Stato con commissari interni (ministro pro tempore Letizia Moratti), ha determinato un notevole proliferare delle irregolarità e delle patologie sopra descritte, essendo venuta meno la possibilità di verifiche e valutazioni di tipo esterno sulla preparazione dei candidati. Purtroppo gli interventi correttivi apportati dall’Amministrazione scolastica spesso sono stati vanificati da pronunce cautelari del TAR e del Consiglio di Stato: tale è il caso, ad esempio, di commissioni di esame comprendenti un numero eccessivo di candidati esterni o di soli candidati esterni. Gli esami presso il famigerato istituto Pacioli di Nola si sono svolti per effetto di un provvedimento del Tar Lazio. Da quanto rilevato in ambito nazionale in ordine alla costituzione e al funzionamento delle scuole paritarie, emerge la necessità di adottare interventi e correttivi atti a connotare il sistema in termini di legalità, efficacia, efficienza e trasparenza. Cosa occorre fare? “Educazione e scuola” è molto chiara: – avviare un processo costante di monitoraggio dei livelli di qualità; – stabilire più efficaci e funzionali forme e modalità di coordinamento tra l’Amministrazione centrale e gli Uffici scolastici – potenziare i servizi di consulenza a sostegno delle scuole paritarie; – incrementare la rete dei collegamenti con e tra le scuole, – mettere a sistema la rete informatica per realizzare comunicazioni amministrative, didattiche e di funzionamento;
– promuovere azioni finalizzate alla formazione del personale, dell’Amministrazione centrale e periferica, operante nell’ambito della parità;
– garantire uniformità di applicazione delle normative per tutto il territorio nazionale. In questa prospettiva si è proceduto alla rilevazione anagrafica delle istituzioni scolastiche e dei relativi aggregati. Ora si rende opportuno programmare un servizio di documentazione anche con riferimento alla valutazione facente carico all’INVALSI. Dovranno, poi, essere attivate apposite iniziative e misure di verifica e controllo con specifico riguardo all’andamento didattico – organizzativo degli istituti paritari e allo svolgimento degli esami di idoneità e degli esami di stato. Tali iniziative e misure dovranno trovare attuazione attraverso rigorosi piani annuali di visite ispettive, nonché mediante puntuali e accurati riscontri da effettuare attraverso l’utilizzo di indicatori quantitativi e qualitativi (check list, di cui si allega un esempio).
E’ necessario rivedere le norme sugli esami di idoneità ed adottare una serie di misure che, nel rispetto della libertà di scelta degli studenti, rendano il servizio funzionale, trasparente e coerente con le nuove norme relative alla valutazione. Indubbiamente il raggiungimento dei risultati attesi si lega soprattutto al potenziamento numerico del corpo ispettivo

Blocco o rinnovo contrattuale?

da Tecnica della Scuola

Blocco o rinnovo contrattuale?
di Lucio Ficara
Una domanda poniamo con l’avanzare della nuova legislatura: blocco o rinnovo contrattuale? Questo è il problema. Colpito duramente da politiche di austerità, la scuola dal 2009 non ha rinnovato il contratto di lavoro e si parla di arrivare così fino al 2014
I sindacati come è ben noto esprimono unanimemente una netta contrarietà a quanto deliberato dalle Commissioni Affari Costituzionali e Lavoro della Camera dei deputati, che hanno espresso parere favorevole all’ulteriore blocco dei contratti e delle retribuzioni dei dipendenti pubblici.  Bisogna ricordare che la scuola è un settore duramente colpito da politiche di austerità che durano da almeno un decennio, si sono tagliati dal 2008 ad oggi oltre 8 miliardi di euro, il contratto della scuola è scaduto dal 2009 e lo scatti di anzianità per il 2012 è ancora bloccato, adesso si parla convintamente di bloccali ancora fino al 2014. Se si procedesse con l’attuazione del blocco contrattuale, tale provvedimento sarebbe per il personale della scuola doppiamente penalizzante, in quanto al blocco del contratto aggiungerebbe il blocco degli aumenti di anzianità, previsti dal Contratto vigente e quindi già stabilmente finanziati. Nonostante si dica che un’ulteriore proroga del blocco dei contratti sarebbe inaccettabile e rischierebbe di ledere i rapporti sindacali con il governo, la macchina tritatutto della nuova spending review continua ad elaborare la concreta possibilità di tale blocco. Ma in cosa consisterebbe con precisione questa elaborazione? Si tratta di un provvedimento che non darà luogo , senza possibilità di recupero, alle procedure contrattuali e negoziali ricadenti negli anni 2013/2014 del personale dipendente dalle amministrazioni pubbliche”. Oltre dunque alla sospensione delle previsioni contrattuali, per il personale, “non si darà luogo, senza possibilità di recupero, al riconoscimento degli incrementi contrattuali eventualmente previsti a decorrere dall’anno 2011.  Nella sostanza si tratterebbe di un ritorno al blocco triennale degli scatti di anzianità, si parla anche di un blocco di un ulteriore incremento della vacanza contrattuale e della proroga dell’attuale contratto scuola ancora fino al 2014. In questa fase la politica si è chiusa nelle sue stanze, con l’evidente dubbio amletico : blocco o rinnovo contrattuale? Pare che questa decisione dipenda anche dal gravoso problema legato all’eliminazione dell’ IMU e al tentativo di scongiurare l’aumento dell’IVA, che per ora è rinviato alla fase politica autunnale. Nel frattempo la considerazione principale da fare, visto le basse retribuzioni del personale della scuola, è quella di comprendere l’importanza della salvaguardia del potere di acquisto, che potrebbe essere vanificata da un ulteriore blocco contrattuale, con evidente ripercussioni nei consumi. Purtroppo guardando le problematiche dei docenti del Portogallo e della Grecia, che stanno subendo in questi giorni tagli, licenziamenti e blocco dei contratti, il timore che il dubbio amletico del “blocco o rinnovo contrattuale”, si risolva nella certezza di un gravo e insostenibile prolungamento del blocco del contratto scuola. Ma a volere essere ottimisti ci piace rimanere con il dubbio: sarà blocco oppure rinnovo contrattuale?

Invalsi 2013: problemi per grammatica e geometria

da tuttoscuola.com

Invalsi 2013: problemi per grammatica e geometria

Dal Rapporto presentato oggi dall’Invalsi emergono alcune caratteristiche della preparazione media degli alunni italiani. Per quanto riguarda le prove di italiano emerge una maggior dimestichezza dei ragazzi con i testi narrativi, rispetto a quelli basati su quesiti espositivi e a quelli di tipo non continuo o misto, in cui viene richiesto anche di interpretare dati e grafici funzionali all’esposizione dei contenuti del testo. Minori competenze sono state anche evidenziate nei quesiti di natura grammaticale rispetto a quelli di comprensione del testo.

Sul fronte della matematica, le difficoltà maggiori sono emerse soprattutto nell’ambito “spazio e figure” e in quelli “relazioni e funzioni” rispetto agli ambiti “numeri” e “dati e previsioni”. Le domande in cui è stato chiesto di interpretare e, in parte, di formulare ipotesi sono risultate più complesse, almeno fino al primo anno di scuola media.

I risultati dei test Invalsi saranno restituiti alle singole scuole a settembre, e potranno essere utilizzati come indicatori per l’autovalutazione di istituto e per l’attività didattica degli insegnanti in classe. I risultati ‘macro’, come quelli illustrati nel Rapporto presentato oggi, potrebbero invece essere utilizzati dai decisori politici centrali per eventuali adeguamenti dei programmi (‘indicazioni’) nazionali e/o per iniziative di formazione iniziale e continua dei docenti, in primo luogo – ma non solo – di quelli delle materie interessate.

Carrozza, la valutazione non è un ‘giudizio di Dio’

da tuttoscuola.com

Carrozza, la valutazione non è un ‘giudizio di Dio’

Bisogna “uscire da una logica di ‘guerre di religione’ sulla valutazione“, non si tratta del “giudizio di Dio“: lo ha detto il ministro dell’Istruzione, Maria Chiara Carrozza, intervenendo alla presentazione del Rapporto Invalsi 2013 svoltasi questa mattina, presso l’Istituto tecnico industriale Galileo Galilei di Roma

Non si comprende la valutazione – ha spiegato – se non la si lega alla conoscenza: alla consapevolezza di limiti, potenzialità. E’ alla luce di questa ‘filosofia della valutazione’, legata alla necessità di conoscere quello che facciamo e come lo facciamo, che dobbiamo vedere le prove Invalsi“.

La dichiarazione del ministro non va letta come una presa di distanza dalle prove e dai dati Invalsi, ma costituisce certamente una apertura di dialogo con gli insegnanti, molti dei quali si sentono insidiati nella loro funzione di titolari della valutazione didattica.

Quanto ai primi dati relativi alle prove 2013, lo storico divario tra Nord e Sud del Paese risulta confermato nei risultati conseguiti dagli studenti della seconda e quinta elementare, della prima e della terza media e della seconda superiore.

Il rapporto, che ha l’obiettivo di stimolare i processi di autovalutazione per migliorare le performance delle scuole, si è basato su un campione di circa novemila classi e di oltre 189mila studenti, ma complessivamente, nell’anno scolastico appena concluso, nelle prove Invalsi di italiano e matematica sono state coinvolte 13.232 scuole, 141.784 classi e 2 milioni 862mila studenti.

I risultati dell’anno scolastico 2012-2013 sono in linea con quanto emerso dalle precedenti rilevazioni: le regioni del Mezzogiorno ottengono in generale risultati peggiori, anche se si rilevano miglioramenti per Abruzzo, Molise, Puglia e Basilicata. Un ritardo, quello del Mezzogiorno, che si evidenzia già nei gradi iniziali dell’istruzione e che tende ad ampliarsi lungo il ciclo di studi.

Precari Invalsi chiedono garanzie al Ministro

da tuttoscuola.com

Precari Invalsi chiedono garanzie al Ministro

Hanno scelto un evento con forte ricaduta mediatica come la presentazione del rapporto Invalsi 2013 per dare visibilità alla propria rivendicazione. Sono i precari dell’Invalsi, un cui rappresentante ha letto un comunicato alla presenza del ministro Carrozza.

”Sono trascorsi inutilmente 3 mesi dall’appello che i precari dell’Invalsi hanno rivolto al precedente Ministro in questa stessa sala, in occasione della presentazione dei quadri di riferimento per le prove a conclusione del II ciclo di istruzione”.

Inizia così il comunicato, che poi entra nel merito: “I precari, il cui contratto scade a dicembre, non hanno ad oggi alcuna garanzia e sono sempre più consapevoli del rischio di non avere più un contratto di lavoro da gennaio 2014. I precari storici a tempo determinato da ormai 15 anni – prosegue il comunicato – si sono visti costretti a presentare domanda di partecipazione a concorsi destinati ad altro personale precario co.co.co su posti numericamente inferiori e con profili che non riconoscono nemmeno le professionalità interne all’istituto”.

I precari, tra i quali molti ricercatori impegnati nelle diverse attività valutative dell’Invalsi, chiedono “la firma immediata dei contratti di proroga e l’apertura di un tavolo tecnico con il ministero vigilante al fine di trovare soluzioni idonee al superamento della condizione di precariato dell’Istituto”.

La richiesta del ‘tavolo tecnico’ è stata accolta dal ministro, che ha detto di voler seguire personalmente la vicenda “prima della pausa estiva”.