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26 agosto Razionalizzazione ed Occupazione nelle PA

Il Consiglio dei ministri, nel corso della seduta del 26 agosto, approva un Decreto-Legge, Disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni, ed un Disegno di Legge, Disposizioni in materia di occupazione nelle pubbliche amministrazioni.

Il Consiglio dei Ministri ha approvato, su proposta del presidente del Consiglio, Enrico Letta, e del Ministro per la pubblica amministrazione e semplificazione, Gianpiero D’Alia, un decreto legge recante disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni. Si blocca anzitutto l’acquisto di autoblu fino al 31 dicembre 2015, si riducono le spese per le consulenze e si razionalizzano e semplificano le assunzioni e la mobilità volontaria all’interno delle pubbliche amministrazioni. In coerenza con questo obiettivo, si prevedono forme di reclutamento finalizzate a valorizzare la professionalità acquisita da coloro che hanno maturato, nell’ultimo quinquennio, un’anzianità di tre anni con rapporti di lavoro flessibile nel settore pubblico. Al contempo, si interviene per:

ribadire la natura prevalente del contratto a tempo indeterminato nella pubblica amministrazione, limitando a casi eccezionali il ricorso ai contratti di lavoro a tempo determinato, al fine di prevenire il formarsi di nuovo precariato;
rafforzare la responsabilità dei dirigenti in caso di utilizzo non consentito dei contratti di lavoro flessibile;
inasprire le sanzioni.
Razionalizzazione della spesa nelle pubbliche amministrazioni

Stop all’acquisto di autoblu fino al 31 dicembre 2015

Previste misure di contenimento della spesa per auto blu e consulenze. Per quanto riguarda le auto di servizio, viene prolungato di un anno (fino 31 dicembre 2015) il divieto per le amministrazioni pubbliche, le autorità indipendenti e la Commissione nazionale per le società e la borsa (Consob), di acquistare autovetture e stipulare contratti di locazione finanziaria aventi ad oggetto autovetture.

Si stabilisce poi il divieto, a decorrere dall’anno 2014 – per le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della PA, le autorità indipendenti, ivi inclusa la Commissione nazionale per le società e la borsa (Consob) e le società dalle stesse amministrazioni controllate – di effettuare spese di ammontare superiore all’80 per cento del limite previsto per l’anno 2013 per l’acquisto, la manutenzione, il noleggio e l’esercizio di autovetture, nonché per l’acquisto di buoni taxi, qualora non abbiano provveduto ad effettuare la comunicazione relativa alle autovetture in dotazione al dipartimento della Funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri (prevista dal Dpcm dell’agosto 2011).

Vengono infine introdotte la nullità degli atti adottati in violazione delle disposizioni, la nullità dei relativi contratti, la responsabilità per illecito disciplinare a carico del responsabile della violazione delle disposizioni medesime, nonché la nullità della sanzione amministrativa pecuniaria a carico del medesimo.

Ulteriore riduzione delle spese per consulenze

Per gli incarichi di consulenza, viene stabilito che la spesa annua per studi ed incarichi – inclusa quella relativa a consulenze conferite a pubblici dipendenti, sostenuta dalle amministrazioni pubbliche – non possa essere superiore al 90 cento del limite di spesa per l’anno 2013. Si prevedono poi la nullità degli atti adottati in violazione delle disposizioni in materia di consulenza, nonché la nullità dei relativi contratti; si stabilisce, inoltre, che l’affidamento degli incarichi in esame in violazione delle disposizioni indicate costituisce illecito disciplinare e determina responsabilità erariale.

Viene infine prevista la possibilità di disporre ulteriori misure di contenimento della spesa per auto di servizio e consulenze nella pubblica amministrazione, attraverso un regolamento adottato su proposta dei Ministri per la Pubblica Amministrazione e dell’Economia e delle Finanze.

Contrasto al fenomeno del precariato

Viene rafforzato il principio in base al quale il ricorso al lavoro flessibile nella PA è consentito esclusivamente per rispondere a esigenze temporanee o eccezionali: ne deriva che nella PA non è consentito sottoscrivere contratti elusivi del reclutamento tramite concorso. Il tutto al fine di evitare, per il futuro, la formazione di nuovo precariato.
Contestualmente si avviano interventi per risolvere i problemi attuali:

procedure selettive per assumere, fino al 31 dicembre 2015, attraverso concorso, il personale non dirigenziale con contratto a tempo determinato che abbia maturato, negli ultimi cinque anni, almeno tre anni di servizio alle dipendenze dell’amministrazione, con esclusione dei periodi maturati presso uffici di diretta collaborazione degli organi di governo;
assunzione prioritaria di tutti i vincitori di concorso e degli idonei appartenenti alle graduatorie approvate dal 1° gennaio 2008.
Viene esteso alle scuole d’infanzia e agli asili nido il regime attualmente previsto per il comparto delle scuole statali. Si estende l’esclusione dell’assoggettamento al patto di stabilità interno anche ai servizi scolastici e per l’infanzia.

Per quanto riguarda, il comparto sanità, per la specificità del settore che ha caratteristiche diverse dal resto della Pubblica Amministrazione, tramite un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, da adottare entro tre mesi dall’entrata in vigore del decreto legge, su proposta del Ministro della Salute, sarà possibile stabilizzare, attraverso procedure concorsuali specifiche, circa 35.000 persone tra medici, personale infermieristico, tecnici e altre figure professionali. Il contenuto del decreto sarà condiviso con le Regioni e le Province Autonome di Trento e di Bolzano, al fine di accelerare il percorso attuativo di competenza di queste ultime.

Sono previste norme di semplificazione per facilitare le procedure di assunzione negli enti di ricerca.

Accesso nelle pubbliche amministrazioni

Il testo interviene anche sul decreto legge “spending review”, in quanto il margine di assunzione viene subordinato al congelamento di posti corrispondenti al valore finanziario delle posizioni soprannumerarie che saranno assorbite mediante prepensionamento. In ogni caso, l’autorizzazione ad assumere viene valutata dal Dipartimento della Funzione Pubblica e dal Ministero dell’Economia e Finanze, previa presentazione di un piano di assorbimento delle eccedenze. Viene spostato al 31 dicembre 2015 (invece che al 31 dicembre 2014) il termine previsto per la maturazione dei requisiti pensionistici in base alla disciplina vigente prima dell’entrata in vigore dell’articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, per assorbire le eccedenze in alternativa alle procedure di mobilità del personale, in modo da rendere le disposizioni coerenti con lo slittamento delle procedure di “spending rewiev”.

Nessun taglio alle dotazioni organiche previste dalla “spending rewiev” per ordini e collegi professionali.

Il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e del Turismo, inoltre, potrà assumere già nel 2013, nel limite del 20% delle unità cessate nell’anno precedente, circa 150 nuovi dipendenti presi dalle graduatorie dei concorsi.

Infine, l’Agea (Agenzia per le erogazioni in agricoltura) potrà assumere tre unità dirigenziali che avranno funzione di raccordo con i fondi europei.

Mobilità nel pubblico impiego

Per sopperire alle gravi carenze di personale negli uffici giudiziari, si introduce la possibilità di un passaggio diretto presso il Ministero della Giustizia per ricoprire i posti vacanti del personale amministrativo: questo avviene mediante cessione del contratto di lavoro e previa selezione secondo criteri prefissati dallo stesso Ministero della Giustizia.

Si introduce, altresì, un sistema di facilitazione della mobilità del personale all’interno delle società partecipate dalla medesima amministrazione al fine di favorire piani industriali più razionali e sostenibili. Lo strumento della mobilità può essere utilizzato anche in ambiti più ampi, regionali e interregionali, con la prevista partecipazione sindacale.

Trasparenza, anticorruzione e valutazione performance

La “mission” della CIVIT (commissione indipendente per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche) sarà concentrata sui compiti di trasparenza e di prevenzione della corruzione; sono trasferite all’ARAN (Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni) le funzioni in materia di misurazione e valutazione della performance. A tal fine viene adeguata la composizione del Collegio di indirizzo e controllo dell’ARAN con l’aggiunta di due ulteriori componenti esperti in servizi e management. Sono trasferite al Dipartimento della funzione pubblica le funzioni della CIVIT in materia di qualità dei servizi pubblici.

Nuove norme sui servizi di controllo aeroportuali

Si stabilisce che l’ENAC (Ente nazionale per l’aviazione civile) possa affidare, nel rispetto dei principi comunitari, ai gestori delle aerostazioni alcuni servizi di controllo dei veicoli, del personale che opera in queste infrastrutture, degli equipaggi dei velivoli, nonché degli altri soggetti che accedono alle aree sterili degli aeroporti. La supervisione sui servizi di controllo si svolgerà con il concorso delle forze di polizia previste dal locale dispositivo di sicurezza.

Il Ministero dell’Infrastrutture e dei Trasporti potrà assumere fino a 50 unità di personale per implementare i controlli sulle concessioni stradali.

Al fine di assicurare la funzionalità e la razionalizzazione della spesa nell’ambito del Comparto sicurezza e difesa, il Ministero dell’Interno è autorizzato a stipulare, a condizioni di reciprocità, uno o più convenzioni anche con il Ministero della Difesa per l’espletamento delle attività delle commissioni mediche anche nei confronti del personale militare, compreso quello del Corpo della Guardia di finanza.

Vigili del fuoco: 1000 unità in più

Al fine di garantire il potenziamento e la piena operatività del corpo nazionale dei Vigili del fuoco viene incrementata di 1.000 unità la dotazione organica oggi composta da 17.193 unità. È inoltre garantita la prosecuzione delle procedure di copertura del turn-over nel triennio considerato mediante ulteriore proroga al 31 dicembre 2015 della vigenza di entrambe le graduatorie oggetto delle disposizioni approvate dal 1° gennaio 2008.

Rafforzamento delle politiche di coesione territoriale e di miglioramento dell’utilizzazione dei Fondi europei

Nel quadro dei provvedimenti che riguardano la pubblica amministrazione si inseriscono anche alcune norme che hanno l’obiettivo di rendere più efficace l’uso dei fondi europei, sia dal punto di vista della capacità di spesa che da quello della qualità della spesa stessa, come è stato anche raccomandato dalla Commissione europea. Per rispondere a questa esigenza è necessario potenziare il coordinamento e il controllo sull’uso dei fondi, obiettivi che comportano un rafforzamento della capacità di governo nazionale.

A questo fine viene prevista la creazione di un’Agenzia per la Coesione territoriale che svolga tre tipi di funzioni:

monitoraggio sistematico e continuo sull’uso dei fondi;
sostegno e assistenza tecnica alle amministrazioni interessate nella gestione dei programmi, sia attraverso attività di formazione specifica del personale, sia con apposite strutture di sostegno alle amministrazioni, per quanto riguarda in particolare la gestione degli appalti pubblici;
svolgimento, in alcuni casi bene definiti, di compiti diretti di autorità di gestione tanto per progetti sperimentali, quanto nell’ipotesi di gravi inadempienze e ritardi di alcune autorità di gestione dei programmi, valutati dal Presidente dei Consiglio e dal Ministro per la Coesione territoriale.
La costituzione dell’Agenzia è un passo significativo nella direzione del necessario miglioramento dell’utilizzo di risorse strategiche per lo sviluppo del Paese che comporteranno per i prossimi sette anni l’impiego di circa 100 miliardi di euro, includendo le risorse europee e quelle nazionali.

Istruzione: misure per le scuole italiane all’estero

Per garantire il funzionamento delle istituzioni scolastiche all’estero si stabilisce che a decorrere dall’anno scolastico 2013-2014, per specifiche e insopprimibili esigenze didattiche o amministrative, possano essere conservati, a invarianza di spesa, un numero limitato di posti sui quali possano essere assegnate unità di personale da individuare tra coloro utilmente collocati nelle graduatorie previste dall’articolo 640 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297.

Semplificazioni sul controllo della tracciabilità dei rifiuti

Il SISTRI (Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti) sarà molto più semplice e riguarderà principalmente i rifiuti pericolosi. I produttori iniziali di rifiuti pericolosi e gli enti o le imprese che raccolgono o trasportano rifiuti pericolosi a titolo professionale, o che effettuano operazioni di trattamento, recupero, smaltimento, commercio e intermediazione di rifiuti pericolosi, inclusi i nuovi produttori, potranno aderire al sistema di controllo su base volontaria. Il SISTRI sarà operativo dal primo ottobre prossimo per i nuovi produttori, per chi raccoglie, trasporta e tratta i rifiuti pericolosi e anche per enti e imprese che lo vogliano utilizzare su base volontaria mentre per i produttori cosiddetti iniziali, per i Comuni e le imprese di trasporto dei rifiuti urbani della Campania l’inizio dell’operatività sarà il 3 marzo 2014. Le semplificazioni sono finalizzate anche ad assicurare la riduzione dei costi di esercizio del sistema e verranno stabilite periodicamente con decreto del ministro dell’Ambiente.

Disposizioni su imprese di interesse nazionale

Al fine di garantire l’attuazione del Piano e delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria necessarie per assicurare il rispetto delle prescrizioni di legge e dell’autorizzazione integrata ambientale rilasciata allo stabilimento ILVA di Taranto, in considerazione dell’urgente necessità di provvedere a ulteriori ritardi, è autorizzata la costruzione e la gestione delle discariche per rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi localizzate nel Comune di Statte, località “Mater gratiae”, che hanno ottenuto parere di compatibilità ambientale e valutazione di impatto ambientale positivi alla data di entrata in vigore del presente decreto legge.

Al commissario straordinario dell’ILVA è attribuita la possibilità di sciogliersi dai contratti in corso d’esecuzione alla data di avvio del commissariamento che non risultino coerenti rispetto alle esigenze connesse alla predisposizione ed all’attuazione del piano delle misure di tutela ambientale, sanitaria e di sicurezza e del piano industriale di conformazione della produzione alle predette prescrizioni.

È, infine, riconosciuto il beneficio della prededuzione per i finanziamenti a favore dell’ILVA, funzionali alla predisposizione ed all’attuazione dei piani di risanamento.

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Il Consiglio dei Ministri ha approvato, su proposta del ministro per la Pubblica Amministrazione e Semplificazione, Gianpiero D’Alia, un disegno di legge in tema di lavoro pubblico che persegue l’obiettivo di adottare soluzioni volte alla semplificazione dei meccanismi di assunzione e delle procedure di mobilità volontaria all’interno delle pubbliche amministrazioni.

Semplificazione delle procedure di reclutamento del personale

Sono disciplinate a regime le procedure di reclutamento del personale, precisando i limiti della riserva di posti per titolari di rapporti di lavoro a tempo determinato e dell’utilizzazione di graduatorie concorsuali.

Norme di semplificazione

Sono previste norme di semplificazione di vario genere, rispondenti alle esigenze di funzionalità delle amministrazioni:

per favorire e ampliare l’utilizzo di dirigenti in posizioni di fuori ruolo o comando, allo scopo di favorire la valorizzazione delle professionalità dirigenziali, la rotazione e l’acquisizione di esperienze differenziate, oltre a una maggiore flessibilità per le singole amministrazioni nel conferimento degli incarichi ai dirigenti appartenenti ad altre amministrazioni;
criteri di regolamentazione delle priorità tra categorie riservatarie da applicare ai concorsi pubblici;
semplificazione delle procedure di autorizzazione a bandire e ad assumere per le amministrazioni centrali;
monitoraggio, da parte del dipartimento della Funzione Pubblica, delle graduatorie concorsuali vigenti al fine di favorire l’assunzione dei vincitori;
semplificazioni delle procedure di mobilità volontaria tra amministrazioni pubbliche.
Misure in materia di protezione civile

Soccorso pubblico integrato con mezzi aerei e prevenzione incendi per le attività a rischio di incidente rilevante.

Ferme restando le competenze delle Regioni e delle Province autonome in materia di soccorso sanitario, il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, in contesti di particolare difficoltà operativa e di pericolo per l’incolumità delle persone, può realizzare interventi di soccorso pubblico integrato con le Regioni e le Province autonome utilizzando la propria componente aerea. Gli accordi per disciplinare lo svolgimento di tale attività sono stipulati tra il Dipartimento dei Vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile del Ministero dell’interno e le regioni e le province autonome che vi abbiano interesse. I relativi oneri finanziari sono a carico delle Regioni e delle Province autonome. Sono fatte salve le funzioni riservate al Corpo nazionale del soccorso alpino e speleologico.

Sono inoltre previste norme che riguardano l’alienazione e la rottamazione di veicoli sequestrati per illecito amministrativo e misure per gli affari esteri in materia di razionalizzazione della spesa relativa al personale in servizio all’estero.

Il Consiglio dei ministri, nel corso della seduta del 23 agosto, approva un Decreto presidenziale realtivo al Regolamento recante modalità di adozione del piano dei conti integrato delle amministrazioni pubbliche, a norma dell’articolo 4, comma 3, lettera a), del DLG n. 91 del 2011

Il Consiglio dei Ministri è stato riconvocato lunedì pomeriggio alle ore 16.30 per concludere l’esame del disegno di legge e del decreto legge contenenti importanti misure in tema di riduzione e razionalizzazione della spesa pubblica, di lavoro nelle pubbliche amministrazioni e di contrasto al fenomeno del precariato, di razionalizzazione dei controlli in materia di rifiuti e altre rilevanti misure.

Nel Consiglio dei Ministri è stato raggiunto l’accordo politico sul complesso delle misure e si rende necessario proseguire la riunione del Consiglio principalmente per definire le norme da inserire del Decreto legge e quelle da inserire nel Disegno di legge.

(…)

È stato poi approvato, su proposta del Presidente del Consiglio e del Ministro dell’economia e delle finanze, un regolamento sulle modalità di adozione del piano dei conti integrato delle amministrazioni pubbliche che consentirà evidenza e trasparenza ai conti. A norma del decreto legislativo n. 91 del 2011, le amministrazioni pubbliche che utilizzano la contabilità finanziaria, sono tenute ad adottare un comune piano dei conti integrato, costituito da conti che rilevano le entrate e le spese in termini di contabilità finanziaria e da conti economico-patrimoniali redatto secondo comuni criteri di contabilizzazione:

• il piano sarà adottato dalle pubbliche amministrazioni diverse dai ministeri a partire dal 2015 e non si applica alle Regioni, agli enti locali e ai loro organismi;

• sarà composto dall’elenco delle unità elementari del bilancio finanziario gestionale e dei conti economico-patrimoniali;

• rappresenta la struttura di riferimento per la predisposizione dei documenti contabili e di finanza pubblica di ciascuna amministrazione;

Per facilitare la corretta classificazione delle transazioni elementari nelle voci del piano dei conti, il contenuto delle stesse viene esemplificato in un glossario pubblicato periodicamente sul sito internet del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato.

Sul testo sono stati acquisiti i pareri del Consiglio di Stato e delle Commissioni parlamentari.

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Su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, Gianpiero D’Alia, e del Ministro dell’economia e delle finanze, Fabrizio Saccomanni, il Consiglio ha inoltre autorizzato il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca ad assumere a tempo indeterminato, per l’anno scolastico 2013-2014, 672 dirigenti scolastici (compresi i trattenimenti in servizio) e 11.268 unità di personale docente ed educativo.

20 agosto Convocazione Camera dei Deputati

CAMERA DEI DEPUTATI

Convocazione (13A07090)
(GU n.191 del 16-8-2013)

La Camera dei deputati e’ convocata in 70ª seduta pubblica per martedì 20 agosto 2013, alle ore 13,00, con il seguente Ordine del giorno:

Comunicazioni del Presidente.

La Presidente della Camera dei deputati, Laura Boldrini, ha dato comunicazione che il Presidente del Consiglio dei ministri, Enrico Letta, ha presentato alla Presidenza il disegno di legge n. 1540 di conversione del decreto-legge n.93/2013 recante disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle province. Il disegno di legge è stato assegnato in sede referente alle Commissioni riunite Affari costituzionali e Giustizia.

9 agosto Camera approva “Decreto del Fare”

Il 9 agosto la Camera approva definitivamente il disegno di legge di conversione del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, approvato dal Senato il 7 agosto.
Il 31 luglio la 7a Commissione del Senato esprime parere favorevole con osservazioni sul disegno di legge di conversione del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE SUL DISEGNO DI LEGGE N. 974

La Commissione, esaminato il disegno di legge in titolo, di conversione in legge del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69,

tenuto conto che il disegno di legge in titolo reca numerose norme di interesse della Commissione per quanto riguarda la scuola, l’università e la ricerca, i beni culturali e lo sport, in quanto detti settori rappresentano il volano dello sviluppo del Paese;

salutata con favore l’introduzione, all’articolo 9, del potere sostitutivo del Governo in caso di inerzia o inadempimento delle amministrazioni pubbliche responsabili degli interventi da realizzare attraverso i fondi strutturali europei, per l’utilizzo dei quali sono peraltro previste misure di accelerazione;

condiviso il coinvolgimento delle Regioni e degli enti locali nella gestione delle risorse per la messa in sicurezza degli edifici scolastici, che consente di evitare duplicazioni di interventi e di garantire il pieno rispetto delle priorità dei territori;

valutata la necessità di chiarire le modalità di funzionamento di Arcus Spa alla luce della sua reviviscenza, disposta dall’articolo 39, comma 1-bis¸ nonchè l’eventuale meccanismo di assegnazione in suo favore di una quota del Fondo infrastrutture;

preso atto della soppressione, disposta dall’articolo 42, di alcuni certificati sanitari tra cui quello di idoneità psico-fisica all’attività di maestro di sci;

rilevato positivamente che l’articolo 58 anticipa di un anno la possibilità per le università e gli enti di ricerca di effettuare assunzioni nella misura del 50 per cento (in luogo del 20 per cento) della spesa relativa al corrispondente personale cessato dal servizio nell’anno precedente;

manifestata soddisfazione per l’istituzione, all’articolo 59, di borse aggiuntive di mobilità per gli studenti capaci, meritevoli e privi di mezzi che vogliono iscriversi a corsi di laurea in Regioni diverse da quelle di residenza, in quanto integrano il diritto allo studio in modo che sia reso esigibile su tutto il territorio nazionale;

esprime per quanto di competenza parere favorevole con le seguenti osservazioni:

1. quanto all’articolo 11, si ritiene indispensabile, da un lato, incrementare le somme stanziate per le agevolazioni fiscali a vantaggio dell’industria cinematografica, onde riportarle ai livelli degli anni precedenti e, dall’altro, allungarne l’orizzonte temporale di efficacia quanto meno ad un triennio;

2. in merito all’articolo 13, comma 2, si invita a valutare l’opportunità di fare salve le competenze dell’Istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa (INDIRE), rispetto ai compiti dell’Agenzia per l’Italia digitale, come previsto dalla precedente normativa;

3. circa l’articolo 32, condiviso l’obiettivo di alleggerire gli adempimenti posti a carico delle associazioni sportive, che poggiano quasi totalmente sull’impegno dei volontari, si ritiene opportuna una riflessione sulla formulazione prevista dalla norma, onde raggiungere gli scopi previsti;

4. all’articolo 39, si invita a valutare l’opportunità di ripristinare il limite massimo alla efficacia dell’autorizzazione paesaggistica, tenuto conto che nel testo originario era posto un termine finale, pari a dodici mesi, poi soppresso durante l’esame alla Camera;

5. all’articolo 59 si registra una incongruenza tra i commi 1 e 4, in quanto si fa riferimento nel comma 1 alla residenza dello studente e nel comma 4 alla residenza della famiglia di origine; sarebbe dunque necessaria quanto meno una formulazione uniforme;

6. all’articolo 59, comma 4, si reputa necessario adeguare il termine entro il quale il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca deve comunicare la graduatoria degli studenti che hanno richiesto di accedere alla borsa di mobilità e assegnare le borse stesse. Infatti, posto che il bando dovrà essere adottato entro 15 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione, detta comunicazione non potrà essere effettuata entro il 3 settembre 2013 come attualmente previsto dal testo, ma sarebbe preferibile un termine di 45 giorni dal bando e comunque non oltre il 30 settembre 2013, cioè in tempo utile per l’iscrizione all’anno accademico 2013-2014;

7. si ritiene indispensabile correggere gli effetti degli articoli 59-bis e 60 che causano il default tecnico di molte università italiane. L’applicazione delle suddette disposizioni non può infatti determinare la riduzione della quota del Fondo di finanziamento ordinario (FFO) spettante a ciascuna università. Occorre pertanto rifinanziare al più presto il Fondo integrativo per il diritto allo studio e il FFO, tracciando definitivamente i livelli essenziali delle prestazioni (LEP) e costi standard;

8. si reputa altresì urgente reintegrare il Fondo unico per lo spettacolo (FUS) in misura quanto meno pari ai tagli effettuati per il 2013;

9. si ritiene indispensabile ripristinare i comitati tecnico-scientifici del Consiglio superiore dei beni culturali il quale, oltre ad esprimere pareri, svolge un ruolo propositivo-previsionale di supporto al Ministro sull’intera cultura del Paese e non solo in relazione ai beni culturali strettamente intesi;

10. si invitano le Commissioni di merito a semplificare le norme sulla sicurezza relative allo svolgimento degli spettacoli musicali dal vivo.

Il 30 e 31 luglio la 7a Commissione del Senato esamina, in sede consultiva per le Commissioni riunite I e V, il disegno di legge di conversione del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, già approvato dalla Camera il 26 luglio us.

(7a Senato, 30.7.13) Riferisce alla Commissione anche la correlatrice PUGLISI (PD) relativamente alle norme inerenti l’istruzione, l’università e la ricerca, la quale premette che nel provvedimento le competenze dei Dicasteri di riferimento sono considerate strategiche per uscire dalla crisi economica.

Illustra quindi l’articolo 9 sull’accelerazione nell’utilizzo dei fondi comunitari, finalizzato ad evitare i ritardi e le conseguenti sanzioni per il mancato impiego di tali risorse. Saluta peraltro con favore l’introduzione del potere sostitutivo del Governo in caso di inerzia o inadempimento delle amministrazioni pubbliche responsabili degli interventi. Riferisce altresì che il Ministro per la coesione territoriale, nel maggio scorso, ha reso noti i dati sulla spesa certificata cumulata per il complesso dell’Italia che ha superato l’obiettivo di spesa complessiva, anche se non tutti i territori riescono ad utilizzare i fondi in eguale misura.

Dà poi conto dell’articolo 13 riguardante la governance dell’Agenda digitale italiana, della cui cabina di regia fa parte anche il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, segnalando che vengono escluse le competenze dell’Istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa (INDIRE) nel supporto allo sviluppo del Piano di innovazione nelle istituzioni scolastiche. In proposito, pone l’accento sulla funzione di tale Istituto per l’innovazione della didattica e invita a riflettere sull’opportunità di ripristinarne le competenze in tale ambito.

Passa poi ad esaminare l’articolo 18, commi da 8 a 8-sexies, che dota di 300 milioni di euro nel triennio 2014-2016 il Piano nazionale di messa in sicurezza degli edifici scolastici. Esprime soddisfazione per l’attribuzione di tali risorse alle Regioni e agli enti locali, che consente di evitare duplicazioni di interventi e di garantire il pieno rispetto delle priorità dei territori. Dopo aver sottolineato l’urgenza di riqualificare e mettere in sicurezza le scuole anche in relazione a quelle nelle quali è stata censita la presenza di amianto, si sofferma sull’articolo 32 che stabilisce le modalità di riconoscimento del credito formativo per coloro i quali svolgono formazione in materia di sicurezza sul lavoro, menzionando gli istituti di istruzione e quelli universitari tra i soggetti che rilasciano i relativi attestati.

Cita anche l’articolo 42 che sopprime l’obbligo di alcune certificazioni sanitarie, tra cui ad esempio il certificato di sana e robusta costituzione per l’ammissione a scuola.

Esamina in maniera più dettagliata l’articolo 57, recante interventi straordinari a favore della ricerca per lo sviluppo del Paese, con particolare riferimento ad una serie di obiettivi puntualmente elencati. Al riguardo rileva che, anche a seguito del parere espresso dalla VII Commissione della Camera, in prima lettura è stato inserito il riferimento ai progetti di ricerca in campo umanistico, artistico e musicale, in relazione alla digitalizzazione e messa on line dei relativi prodotti.

Si sofferma indi sull’articolo 57-bis introdotto in prima lettura, riguardante il personale scolastico collocato fuori ruolo per compiti connessi con l’attuazione dell’autonomia scolastica, ricordando che detto contingente era stato già ridotto da 300 a 150 unità. Riferisce dunque che viene fatto salvo il personale collocato fuori ruolo per l’anno scolastico 2013-2014; nel ritenere positiva detta norma, afferma infatti che i docenti distaccati per compiti connessi all’autonomia scolastica svolgono un’importante azione di supporto sui territori e fanno da “ponte” con le scuole.

Illustra altresì l’articolo 58, relativo allo sblocco del turn over nelle università e negli enti di ricerca, che anticipa di un anno la possibilità per detti soggetti di effettuare assunzioni nella misura del 50 per cento (in luogo del 20 per cento) della spesa relativa al corrispondente personale cessato dal servizio nell’anno precedente. Dopo aver dato conto della copertura prevista per tale disposizione, passa a esaminare l’articolo 59, che istituisce borse aggiuntive di mobilità per gli studenti capaci, meritevoli e privi di mezzi che vogliono iscriversi a corsi di laurea in Regioni diverse da quelle di residenza. Sottolinea peraltro che dette borse integrano il diritto allo studio, sono corrisposte attraverso un bando del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca e sono attribuite sulla base di una graduatoria nazionale, secondo il testo modificato dalla Camera dei deputati.

Riferisce poi sull’articolo 59-bis introdotto in prima lettura, e sull’articolo 60, modificato in maniera consistente dalla Camera dei deputati, i quali hanno l’obiettivo – a suo avviso lodevole – di cercare di superare alcuni difetti del meccanismo nazionale del diritto allo studio, superando le disparità. Rileva tuttavia criticamente che in virtù delle modifiche apportate si rischia di sottrarre risorse al contributo statale al sistema regionale del diritto allo studio, come peraltro segnalato dalla Conferenza delle Regioni. Invita pertanto ad approfondire tali norme onde correggere le storture suscettibili di provocare difficoltà applicative. Ritiene peraltro necessaria una revisione dei livelli essenziali delle prestazioni in modo che il diritto allo studio sia esigibile in tutto il Paese. Afferma inoltre che il merito delle università deve essere premiato con stanziamenti che permettono loro di accogliere studenti in quanto virtuose.

In ultima analisi, dà conto dell’articolo 73 sul tirocinio dei laureati in giurisprudenza presso gli uffici giudiziari, con particolare riguardo ai requisiti d’accesso, alla procedura di ammissione, agli obblighi del magistrato formatore, e al contenuto dello stage, manifestando talune perplessità sul comma 4.

Il 24 luglio l’Aula della Camera vota, con 427 voti favorevoli e 167 contrari, la questione di fiducia posta dal Governo sull’approvazione, senza emendamenti ed articoli aggiuntivi, dell’articolo unico del disegno di legge di conversione del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia (C. 1248-A/R), nel testo approvato dalle Commissioni.

Il 22, 23, 24, 25 e 26 luglio l’Aula della Camera esamina il DdL 1248-A di conversione in legge del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, recante disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia.

Il 4 e 9 luglio la 7a Commissione della Camera, in sede consultiva per le Commissioni riunite I e V, esamina il DL 69/2013: Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia

(7a Camera, 4.7.13) Flavia PICCOLI NARDELLI, relatore, ricorda che la cornice di riferimento del provvedimento in esame deve essere raccordata con le raccomandazioni rivolte all’Italia dalla Commissione Europea il 29 maggio 2013 nel quadro della procedura di coordinamento delle riforme economiche per la competitività: «semestre europeo» e dovrà essere raccordato con il decreto-legge 28 giugno 2013, n. 75 recante: «Primi interventi urgenti per la promozione dell’occupazione, in particolare giovanile, della coesione sociale nonché in materia di imposta sul valore aggiunto «IVA» e altre misure finanziarie urgenti», in discussione al Senato. Il provvedimento, che vuole dare risposte concrete alla citata Raccomandazione, prevede un insieme coordinato di interventi su livelli ed ambiti differenti per sostenere il rilancio dell’economia italiana, tra i quali un ampio e qualificato spettro attiene alle competenze della VII Commissione per ciò che riguarda l’istruzione, l’università e la ricerca, il patrimonio culturale, lo spettacolo e il cinema, lo sport, l’Agenda digitale.
Richiama l’attenzione innanzitutto sulla sottolineatura che da più parti viene posta sul ruolo della cultura per la ripresa dello sviluppo e il superamento della grave crisi economica in cui si trova il Paese e su come questa prospettiva rappresenti un elemento nuovo e importante che il Parlamento, il Governo, le istituzioni di ricerca, le Università e gli istituti culturali debbono saper cogliere e valorizzare. Spetta loro, nei campi diversissimi in cui operano, dimostrare che la cultura rappresenta davvero una leva per invertire rotta, rompere con il clima di depressione e apatia che sta colpendo molte fasce della popolazione, che demotiva i giovani, soprattutto quelli che non vedono valorizzata la loro preparazione e l’investimento fatto nello studio. La cultura, sia nelle specializzazioni avanzate della ricerca e della sperimentazione, sia nelle attività di formazione e diffusione volte ad elevare il capitale sociale di cui disponiamo, è una risorsa strategica per affrontare la crisi. Su queste affermazioni il consenso è oggi ampio, anche se purtroppo non unanime, d’altro canto i riscontri attuali sui Paesi che hanno scelto con decisione e profitto tale strada sono inconfutabili. Non si tratta però di una battaglia vinta in partenza, tutt’altro. Infatti, la costruzione di collegamenti virtuosi tra economia e cultura, investimento e rendimento, reintroduce la retorica negativa del carattere superfluo delle attività culturali e della stessa ricerca quando queste non siano meramente strumentali. Nella misura in cui questo atteggiamento continua a tradursi in senso comune il destino delle istituzioni culturali resterà difficile e precario. Ricorda che mettere al centro della ripresa il settore della cultura, significa promuovere azioni concrete, ed oggi, con l’avvio della discussione del provvedimento in questione, si ha la possibilità di tradurre in una visione unitaria e strategica l’articolato, affinché la cultura sia considerata oltre che imprescindibile per la crescita della società, motore di crescita in termini economici: non un peso ma uno stimolo allo sviluppo. Ritiene che ciò sia possibile, anche nell’immediato, perché la cultura, la ricerca e le loro istituzioni, più di ogni altro soggetto o realtà istituzionale, sono attrezzate per trarre il meglio della rivoluzione tecnologica in atto e farne uno strumento straordinario di crescita individuale e sociale, di organizzazione della produzione e della vita, di conservazione, diffusione, valorizzazione del patrimonio culturale in tutte le sue espressioni.
Per questo, nell’analizzare il provvedimento, è opportuno considerare anche l’articolo 13, relativo all’agenda digitale, per ora solo una potenziale occasione da cogliere introducendo l’elemento del potenziamento culturale fra quelli di interesse dell’agenda. È questa una proposta che sottopone. Nel caso specifico poi, la rivoluzione digitale e l’insieme delle tecnologie digitali offrono alle istituzioni culturali un’opportunità senza precedenti storici di democratizzare la cultura e farne uno strumento intelligente di sviluppo sostenibile. Ritiene che la digitalizzazione del patrimonio culturale costituisca un’opportunità straordinaria per farlo conoscere, trasmetterlo, utilizzarlo in forme innovative e creative e, in ragione della vastità e varietà dei contenuti; la digitalizzazione costituisce un campo di grande rilevanza nell’innovazione e sperimentazione delle tecnologie della comunicazione e dell’informazione, consentendo un uso creativo, intelligente e diversificato del patrimonio culturale stesso in grado di sostenere lo sviluppo di una industria creativa di qualità coerente con le scelte sottese alla nuova programmazione della ricerca europea (2014-2020). In tale prospettiva, sottolinea come in primo luogo sia utile ed opportuno valorizzare il coordinamento tra le varie autorità competenti in materia ed in particolare le pregresse intese tra il Ministero dell’istruzione, dell’università e la ricerca e il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, per tutto ciò che attiene alla programmazione e coordinamento della ricerca e dell’innovazione. Sottolinea altresì che il provvedimento in esame affronta nei limiti delle disponibilità economiche, il tema delle risorse umane quale fattore prioritario ed ineludibile per la stessa sopravvivenza dell’intero Sistema Ricerca italiano ed europeo. Evidenzia come la consapevolezza del ruolo e della qualità dei ricercatori italiani ed europei per sostenere la stessa competitività europea non può essere sottesa perché costante riferimento e modo sostanziale di partecipare allo sviluppo del Paese, lungo la linea tracciata dalla strategia di Lisbona e ribadita da Europa 2020. La dimensione internazionale ed europea della ricerca, e gli strumenti attuativi per la realizzazione dello Spazio Europeo della Ricerca, non possono infatti non tener conto del sottodimensionamento delle risorse umane necessarie per mantenere le posizioni di leader della ricerca europea che le viene riconosciuto.
Ricorda, quindi, che il decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, recante «Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia», è composto da 86 articoli. Si sofferma, quindi, sulle disposizioni direttamente o indirettamente finalizzate allo sviluppo del sistema della cultura, della scuola, della ricerca, dell’università e dello sport. Si tratta, in particolare, dei capi I e III del Titolo I, recante misure per la crescita, nonché dei capi I, III e IV del Titolo II, recante misure per le semplificazioni. Al capo I del Titolo I recante misure per la crescita, entrando nello specifico degli articoli che interessano i lavori della Commissione, osserva che l’articolo 11, sulla proroga del credito d’imposta per la produzione, la distribuzione e l’esercizio cinematografico, proroga per l’anno 2014 i crediti d’imposta per la produzione, la distribuzione e l’esercizio cinematografico previsti dalla legge finanziaria 2008, nel limite massimo di spesa di 45 milioni di euro, metà del contributo concesso in precedenza. La disposizione prevede l’emanazione di un provvedimento dell’Agenzia delle entrate con cui sono dettati i termini e le modalità di fruizione dei crediti di imposta nonché ogni altra disposizione finalizzata a garantire il rispetto del limite massimo di spesa di cui al precedente periodo. Sottolinea che la proposta mira a prorogare per il periodo d’imposta 2014, la disciplina del tax credit, la cui scadenza è fissata al 31 dicembre 2013, allo scopo di dare al settore cinematografico, la cui attività è fortemente connotata dalla necessità di programmazione a lunga scadenza, utili e significative certezze, nel presente difficile frangente economico, sul mantenimento di uno strumento di sostegno che ha dato, nei primi anni di attuazione, ottimi risultati, tanto da essere considerato ormai imprescindibile per il cinema italiano. Ricorda che, in particolare, sono estesi al periodo d’imposta 2014-2015 i crediti d’imposta per la produzione, la distribuzione e l’esercizio cinematografico previsti dall’articolo 1, commi da 325 a 328 e da 330 a 337, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria 2008). In sostanza, si tratta di un credito di imposta ai soggetti passivi IRPEF e ai titolari di reddito di impresa a fini IRPEF, che non appartengono alla filiera del settore cinematografico ed audiovisivo (cosiddetto tax credit esterno) nella misura del 40 per cento degli apporti in denaro effettuati per la produzione di opere cinematografiche riconosciute di nazionalità italiana di cui all’articolo 5 del decreto legislativo n. 28 del 2004, entro il limite massimo di 1 milione di euro e purché sia rispettato il cosiddetto «requisito di territorialità», con l’obbligo di utilizzare l’80 per cento degli apporti nel territorio nazionale, impiegando manodopera e servizi italiani.
Aggiunge che per le imprese interne alla filiera del cinema – cosiddetto tax credit interno – vengono invece riconosciuti, ai fini delle imposte sui redditi, crediti di imposta differenziati in varie percentuali e con determinati limiti massimi, a seconda che si tratti di imprese di produzione cinematografica, di imprese di distribuzione cinematografica ovvero di imprese di esercizio cinematografico. I suindicati crediti d’imposta, con riferimento alla stessa opera filmica, non sono in ogni caso cumulabili a favore della stessa impresa ovvero delle imprese che facciano parte dello stesso gruppo societario, o ancora di soggetti legati tra loro da un rapporto di partecipazione o controllati anche indirettamente dallo stesso soggetto, secondo le norme civilistiche. Il comma 334 stabilisce inoltre che l’efficacia delle agevolazioni introdotte sia subordinata all’autorizzazione della Commissione europea in materia di aiuti di Stato. I crediti d’imposta di cui è possibile fruire, pertanto, devono essere riferiti esclusivamente a spese sostenute successivamente a tale atto autorizzatorio. Il successivo comma 335 attribuisce, inoltre, un credito d’imposta per spese relative a manodopera italiana: alle imprese di produzione esecutiva e di post-produzione nazionali viene riconosciuto un credito d’imposta, quando utilizzano manodopera italiana, del 25 per cento dei costi di produzione, entro il limite massimo di 5 milioni di euro per ciascun film, su commissione di produzioni estere di pellicole, o loro parti, girate sul territorio nazionale. Le norme attuative di tale agevolazione, da emanarsi con decreto del Ministero per i beni, le attività culturali e il turismo, come previsto al comma 336, sono contenute nel sopra richiamato decreto ministeriale 7 maggio 2009. Ricorda ancora che il comma 337 ha stabilito infine che i crediti d’imposta in commento sono utilizzabili esclusivamente in compensazione, non concorrono alla formazione del reddito ai fini fiscali, alla formazione del valore della produzione ai fini IRAP e non rilevano ai fini del calcolo degli interessi passivi deducibili dalla base imponibile. La disposizione prevede l’emanazione di un provvedimento dell’Agenzia delle entrate con cui sono dettati termini e modalità di fruizione dei crediti di imposta nonché ogni altra disposizione finalizzata a garantire il rispetto del limite massimo di spesa di cui al precedente periodo. La relazione tecnica stabilisce un limite massimo di spesa pari a 45 milioni di euro, metà del contributo concesso in precedenza, coperti, come disposto dall’articolo 61, mediante l’aumento dell’aliquota dell’accisa sulla benzina e gasolio.
Evidenzia quindi che il capo II del Titolo I reca misure per il potenziamento dell’agenda digitale italiana. Si sofferma in particolare sulle modifiche previste dall’articolo 13, in materia di governance dell’Agenda digitale Italiana, che trattano temi trasversali poiché attengono alle competenze di una pluralità di autorità – beni culturali, università e ricerca, sviluppo economico, Presidenza del Consiglio, Agenzia per l’Italia Digitale – e alla sua valenza strategica. Ribadisce che il patrimonio culturale italiano, senza eguali per dimensioni e profondità storica, è una risorsa strategica per il Paese; per unanime riconoscimento, un bene di valore universale. Ritiene in questo senso che la digitalizzazione costituisca un’opportunità senza precedenti per farlo conoscere, trasmetterlo, utilizzarlo in forme innovative e creative. In ragione della vastità e varietà dei contenuti, si conferma un campo di grande rilevanza nell’innovazione e sperimentazione delle tecnologie della comunicazione e dell’informazione, consentendo un uso creativo, intelligente e diversificato del patrimonio culturale resi disponibili dalla digitalizzazione in grado di sostenere lo sviluppo di una industria creativa di qualità. Auspica che, anzitutto nella governance dell’Agenzia per l’Italia digitale ed in particolare nella cabina di regia, sia previsto – anche di concerto con il Ministero per i beni e le attività culturali e che sia affidato all’Agenzia per l’Italia Digitale – un ruolo di catalizzatore e di sostegno di attività di digitalizzazione e diffusione del patrimonio culturale del Paese, promuovendo progetti condivisi e infrastrutture capaci di metterlo a disposizione dei cittadini e della comunità internazionale. In sostanza, così come auspicato dal «Comité des Sages» europeo sulla digitalizzazione del patrimonio culturale europeo, ritiene che dovrebbe essere affidata all’Agenzia per l’Italia digitale la transizione delle istituzioni culturali verso l’era digitale e la ricerca di nuovi ed efficaci modelli imprenditoriali che accelerino la digitalizzazione, attraverso un Piano straordinario di formazione e digitalizzazione del patrimonio culturale nazionale. Osserva, quindi, che l’introduzione nel provvedimento in esame di tale prospettiva rappresenta l’occasione per ribadire l’interesse da parte del Parlamento a proporre usi innovativi delle risorse digitali, rilanciando ed innovando i progetti di digitalizzazione verso prodotti capaci di condividere contenuti in modo diretto quanto flessibile che permetta di trasformare le sperimentazioni delle Istituzioni culturali italiane in progetti inclusivi, concreti e coerenti con le azioni previste dall’Agenda digitale europea.
Ricorda ancora che l’articolo 13 modifica alcune disposizioni del decreto-legge «semplificazioni» (decreto-legge 5 del 2012) e del decreto-legge «crescita» (decreto-legge n. 83 del 2012) con i quali è stato delineato il quadro complessivo di intervento per l’Agenda digitale italiana. Infatti, al comma 1, si intende modificare la governance della Cabina di regia, mentre il comma 2 prevede modifiche che riguardano la realizzazione degli obiettivi dell’Agenda, incidendo sul soggetto cui sono state attribuite funzioni operative nel settore, cioè l’Agenzia per l’Italia digitale. In particolare, le azioni indicate hanno trovato una specificazione per obiettivi nel comma 2-bis, la cui elencazione dalla lettera a) alla lettera i), riempie di contenuti concreti l’attività di coordinamento della cabina di regia, da svolgere nel quadro delle indicazioni dell’agenda digitale europea, di cui alla comunicazione della Commissione europea COM (2010) 245 definitivo/2 del 26 agosto 2010. La cabina, istituita con decreto 28 marzo 2012, ai sensi dell’articolo 47, comma 2, articolata in sei gruppi di lavoro per i seguenti obiettivi dell’Agenda digitale: infrastrutture e sicurezza; eCommerce; eGovernment Open Data; alfabetizzazione Informatica – competenze digitali; ricerca e innovazione; smart Cities and Communities. Precisa che l’articolo 13, al comma 1, aggiunge ai componenti della cabina il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca. La presidenza della cabina è attribuita al Presidente del Consiglio dei ministri o ad un suo delegato. Oltre ad individuare la composizione, costituita da rappresentanti degli Esecutivi statali, regionali e comunali, il comma 1 disciplina i rapporti tra la cabina di regia e il Parlamento assicurando a quest’ultimo uno strumento conoscitivo sullo stato dell’agenda digitale definito «quadro complessivo» che la cabina di regia presenta al Parlamento, entro novanta giorni dall’entrata in vigore del decreto-legge, di cui dovrà essere chiarita la forma e di cui dovrà essere ridefinita la collegialità. L’ultimo periodo del comma 1 stabilisce poi che all’istituzione della cabina di regia si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Il comma 2, lettera b), del medesimo articolo amplia la competenza dell’Agenzia, in quanto sopprime la previsione di salvezza delle funzioni dell’Istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa (INDIRE) nel supporto allo sviluppo del piano di innovazione nelle istituzioni scolastiche, inserita nel testo previgente dell’articolo 20, comma 2, primo periodo, del decreto-legge n. 83 del 2012, convertito in legge n. 134 del 2012. Con specifico riferimento al piano di innovazione nelle istituzioni scolastiche, la Direzione generale per gli Studi, la Statistica e i Sistemi informativi del MIUR, ha avviato un Piano per la scuola digitale.
Sottolinea quindi che al capo III del Titolo I recante misure per il rilancio delle infrastrutture, l’articolo 18, comma 8, in materia di edilizia scolastica, prevede che L’INAIL, nell’ambito del piano di impiego dei fondi disponibili, destini, per il triennio 2014/2016, uno stanziamento di 100 milioni di euro finalizzati ad un piano di riqualificazione degli immobili scolastici, che andrebbe precisato con un emendamento abbia «almeno» tale consistenza, per innalzare il livello di sicurezza degli edifici scolastici, su proposta della Presidenza del Consiglio dei ministri, d’intesa con i Ministeri dell’istruzione, dell’università e della ricerca e delle infrastrutture e dei trasporti. Si tratta dunque di un piano di 300 milioni di euro per la manutenzione ordinaria e straordinaria delle scuole, in una situazione in cui la responsabilità del settore è molto distribuita, riguarda, infatti, Comuni, Province, Regioni, Stato. Tale intervento è effettuato restando fermo quanto previsto dall’articolo 53, comma 5, del decreto-legge n. 5 del 2012, convertito in legge n. 35 del 2012, che demanda al CIPE, su proposta del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca e del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentita la Conferenza unificata, l’approvazione di un Piano di messa in sicurezza degli edifici scolastici esistenti e di costruzione di nuovi edifici scolastici. Ritiene, dunque, opportuno chiarire il rapporto fra il piano di edilizia scolastica previsto dal comma in esame e i due piani previsti dall’articolo 53 del citato decreto-legge n. 5 del 2012. Precisa che lo stanziamento deve avvenire nell’ambito degli investimenti immobiliari previsti dal piano di impiego dei fondi disponibili a carico degli enti pubblici e delle persone giuridiche private che gestiscono forme di previdenza e assistenza, di cui all’articolo 65 della legge n. 153 del 1969, che stabilisce che, se non per particolari esigenze di bilancio, la percentuale da destinare agli investimenti immobiliari non può superare il 40 per cento né essere inferiore al 20 per cento dei fondi disponibili. Segnala il rischio che il fondo dell’INAIL possa essere utilizzato solo per la costruzione di nuovi edifici. Appare necessaria una precisazione in merito. Auspica che nel corso dell’esame venga inserito all’interno del provvedimento, che prevede misure per il rilancio delle infrastrutture, il tema di straordinaria importanza relativo alle infrastrutture culturali, attualmente in grande sofferenza. Evidenzia, ancora, l’assenza di una norma che preveda l’esclusione dal patto di stabilità delle spese per gli interventi di edilizia scolastica per consentire l’utilizzo virtuoso di risorse già disponibili in bilancio o già assegnate. Ricorda che sono numerosi i Comuni che hanno avuto serie difficoltà a rispettare i vincoli imposti dal Patto di stabilità interno per la necessità di portare a termine lavori di completamento, di ampliamento o di messa in sicurezza delle scuole. Esiste quindi il reale rischio che le risorse indicate – che, considerata l’urgenza degli interventi saranno assegnate direttamente agli enti proprietari degli immobili, Comuni e Province –, non potranno essere spese per non incorrere nelle sanzioni imposte dai vincoli del patto.
Ricorda quindi che al capo I del Titolo II recante misure per la semplificazione amministrativa, l’articolo 30 disciplina le semplificazioni in materia di edilizia. In particolare il comma 1, lettera d), contiene la definizione di ristrutturazione edilizia come ripristino o sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, l’eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi ed impianti. La modifica non è rivolta naturalmente agli immobili sottoposti a vincoli ai sensi del Codice dei beni culturali e il paesaggio. Fa presente che una riflessione va fatta sulla soppressione del riferimento alla sagoma, ancorché applicata a beni non culturali, in quanto potrebbe determinare un impatto molto forte sui contesti urbani anche mantenendo ferma la volumetria. Si specificano inoltre interventi per i quali è richiesto il permesso di costruire e in riferimento alla denuncia di inizio attività (DIA), si specifica che la stessa è riferita a: varianti e permessi che non incidono sui parametri urbanistici e volumetrie, non modificano destinazioni d’uso e sagome di edifici vincolati, non violano le prescrizioni contenute nel permesso di costruire. Aggiunge che l’articolo 39, recante disposizioni in materia di beni culturali, prevede norme in materia di beni culturali che modificano alcune norme del codice dei beni culturali e del paesaggio. Segnala la necessità di rendere più omogenei i comportamenti dell’amministrazione sul territorio nazionale. La relazione illustrativa evidenzia che si tratta di un chiarimento del quadro normativo vigente, poiché, in base all’articolo 17, comma 3, lettera l), del decreto del Presidente della Repubblica 233 del 2007, recante regolamento di riorganizzazione del Ministero per i beni e le attività culturali, la competenza a concedere in uso i beni culturali in consegna allo stesso Ministero spetta al direttore regionale e non al soprintendente. Rinvia alla documentazione predisposta dagli uffici circa le ulteriori modifiche introdotte dall’articolo in esame, riservandosi di recepire le osservazioni ivi formulate. Illustra quindi l’articolo 40, il quale prevede la possibilità che il ministro per i beni e le attività culturali versi all’entrata del bilancio dello Stato risorse disponibili nei conti di tesoreria delle Soprintendenze dotate di autonomia speciale, per la successiva riassegnazione, a fini di reintegro, allo stato di previsione della spesa del Ministero per i beni e le attività culturali, in aggiunta agli ordinari stanziamenti di bilancio, per l’attività di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale. Fa presente che ciò comporta un’importante razionalizzazione dei fondi del Ministero per i beni e le attività culturali che consentirà al ministro di gestire i fondi non spesi dei diversi comparti, evitando che vadano perse o restituite al tesoro garantendo così anche la copertura delle emergenze. La norma non comporta oneri a carico delle finanze dello Stato e permette di ottimizzare l’utilizzo delle risorse disponibili all’interno dell’amministrazione. Ricorda che le Soprintendenze dotate di autonomia speciale sono individuate dall’articolo 15, comma 3, lettere da a) a f), del decreto del Presidente della Repubblica n. 233 del 2007: Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e Pompei; Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Roma; Soprintendenza speciale per il patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico e per il polo museale della città di Venezia e dei comuni della Gronda lagunare; Soprintendenza speciale per il patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico e per il polo museale della città di Napoli; Soprintendenza speciale per il patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico e per il polo museale della città di Roma; Soprintendenza speciale per il patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico e per il polo museale della città di Firenze. Alle Soprintendenze sopra citate si aggiungono l’Istituto superiore per la conservazione ed il restauro, la Biblioteca nazionale centrale di Roma, la Biblioteca nazionale centrale di Firenze, il Centro per il libro e la lettura, l’Archivio centrale dello Stato per la gestione dei fondi loro assegnati in applicazione dei piani di spesa per la realizzazione di interventi nel settore dei beni culturali. Ricorda che la relazione tecnica precisa che la norma non comporta oneri a carico della finanza pubblica, ma permette di ottimizzare l’utilizzo delle risorse disponibili all’interno dell’Amministrazione. Sottolinea infine che ci sono due importanti problemi che non vengono considerati nelle proposte del decreto-legge in esame: l’inserimento nell’elenco ISTAT di enti, fondazioni, e altri istituti d’arte che li assimila alle amministrazioni pubbliche e attribuisce loro tutti i limiti dell’apparato burocratico. Ritiene auspicabile che la legge ne salvi l’autonomia gestionale prevedendo la loro esclusione da tale elenco; non compare poi nel decreto cosiddetto «del fare» il recupero dei Comitati Tecnici e degli altri organi collegiali del Ministero che consentirebbero il corretto funzionamento del Consiglio superiore dei beni culturali in grado di sbloccare molti dei provvedimenti sospesi (l’operazione è a costo zero perché non sono previsti nuovi emolumenti se non rimborsi per eventuali missioni).
Ricorda quindi che l’articolo 47, in materia di Fondo per gli impianti sportivi, reca modifiche all’articolo 90 della legge n. 289 del 2002 in relazione al Fondo di garanzia per i mutui relativi alla costruzione, all’ampliamento, all’attrezzatura, al miglioramento o all’acquisto di impianti sportivi. Segnala che vi è un mero adeguamento per attualizzare il riferimento all’autorità competente ad adottare i criteri in base ai quali dovrà essere gestito il Fondo di garanzia per i mutui relativi alla costruzione, all’ampliamento, all’attrezzatura, al miglioramento o all’acquisto di impianti sportivi, istituito presso l’Istituto di credito sportivo (vigilato dall’Autorità di Governo con la delega allo sport). La successiva lettera b) abroga il comma 15 dell’articolo 90, ai sensi del quale la garanzia prestata dal Fondo è di natura sussidiaria, e si esplica nei limiti e con le modalità stabiliti dal regolamento e opera entro i limiti delle disponibilità del Fondo. La soppressione della garanzia sussidiaria (già eliminata in sede di modifica del comma 12 ad opera del decreto-legge n. 78 del 2012) ha lo scopo di rendere più fruibile l’accesso al fondo di garanzia per il finanziamento per la costruzione di impianti sportivi, per cui continuano a sussistere le ordinarie forme di garanzia. La relazione tecnica afferma che dalla disposizione non derivano effetti finanziari sui saldi di finanza pubblica. Aggiunge che il capo III del Titolo II reca misure in materia di istruzione, università e ricerca. In particolare, l’articolo 57, concernente interventi straordinari a favore della ricerca per lo sviluppo del Paese, è parzialmente riconducibile al tema del sostegno alle imprese e prevede una serie di finalità volte a favorire lo sviluppo delle attività di ricerca fondamentale e di ricerca industriale, tramite il sostegno del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca. Tale sostegno si sostanzia in un contributo alla spesa, nel limite del 50 per cento della quota relativa alla contribuzione a fondo perduto disponibili nel Fondo per le agevolazioni alla ricerca (FAR). Tali finalità fanno riferimento, tra l’altro, alla creazione e allo sviluppo di start up innovative e spin-off universitari; al potenziamento del rapporto tra mondo della ricerca pubblica e imprese; al sostegno agli investimenti in ricerca delle piccole e medie imprese, e in particolare delle società nelle quali la maggioranza delle quote o delle azioni del capitale sia posseduta da giovani al di sotto dei 35 anni. Ritiene che la Commissione può sottolineare l’importanza di incentivare anche progetti di ricerca relativi ai beni culturali come valorizzazione di cooperative di archeologia terrestre e subacquea, studi e ricerche sui criteri e metodi di restauro, materiali ed altro.
Rileva inoltre che l’articolo 57 prevede il potenziamento del rapporto tra la ricerca pubblica e le imprese, attraverso l’incentivo alla partecipazione del mondo industriale al finanziamento dei corsi di dottorato e assegni di ricerca post-doc; il potenziamento infrastrutturale delle università e degli enti pubblici di ricerca, in linea con il programma Horizon 2020; il sostegno agli investimenti in ricerca delle piccole e medie imprese, con particolare riferimento a quelle a partecipazione maggioritaria dei giovani al di sotto dei trentacinque anni; la valorizzazione di grandi progetti o programmi a medio-lungo termine di partenariato tra imprese e mondo pubblico della ricerca, con l’obiettivo di affrontare le grandi sfide sociali; l’incentivazione dei ricercatori che risultino vincitori di grant europei o di progetti a carico dei fondi PRIN o FIRB; il sostegno dell’internazionalizzazione delle imprese che partecipano a bandi europei di ricerca. Sono interventi diretti al sostegno e allo sviluppo delle attività di ricerca fondamentale e di ricerca industriale che il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca sostiene con un contributo alla spesa, utilizzando a tal fine una parte della quota del fondo FAR destinata alla contribuzione a fondo perduto, nel limite del 50 per cento di essa (comma 1). Sottolinea poi che a causa della grave crisi economica di questi ultimi anni le imprese si sono trovate in grandi difficoltà a utilizzare il finanziamento di progetti di ricerca sotto la forma di mutui/prestiti e di credito agevolato, nonostante le condizioni particolarmente favorevoli sia con riferimento al tempo di restituzione (piano di ammortamento in dieci anni) che al tasso molto agevolato accordato (0,5 per cento). Si rende pertanto necessario un intervento mirato di sostegno alle imprese privilegiando il contributo alla spesa. Ricorda infine che la relazione tecnica specifica che le risorse disponibili sul Fondo FAR, ad oggi, ammontano a 100 milioni di euro, di cui il 12 per cento destinato ai contributi alla spesa e l’88 per cento al credito agevolato. La norma succitata si limita a dare una diversa finalizzazione, per questo non comporta nuovi o maggiori oneri.
Con riferimento all’articolo 58, recante disposizioni urgenti per lo sviluppo del sistema universitario e degli enti di ricerca, rivela che lo stesso stabilisce alcune disposizioni urgenti per lo sviluppo del sistema universitario e degli enti di ricerca, novellando l’articolo 29, comma 7, della legge n. 240 del 2010. In particolare, il comma 1 aumenta la facoltà di assumere, sia per le università sia per gli enti di ricerca, elevando, per l’anno 2014, dal 20 per cento al 50 per cento il limite di spesa, previsto dall’articolo 66, commi 13-bis e 14, del decreto-legge n. 112 del 2008, rispetto alle cessazioni del precedente anno. Il comma 2 consente di trasferire le somme necessarie per coprire l’aumento delle facoltà di assunzione degli enti e delle università sul Fondo per il funzionamento delle università statali e sul Fondo ordinario degli enti di ricerca, a carico dei quali sono poste le spese per il personale. Il comma 3 reca una norma di semplificazione che intende escludere il parere della commissione nominata dal Comitato universitario nazionale nel caso di chiamate dirette per i vincitori di uno dei programmi di ricerca di alta qualificazione. Ricorda come il parere della predetta commissione non appare necessario, in quanto la valutazione tecnica è stata già fatta in sede di selezione dei programmi, che sono stati individuati dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca con decreto 1o luglio del 2011. Sottolinea come, pur apprezzando la norma in esame, non si possa nascondere grande preoccupazione per la copertura finanziaria utilizzata, pari a 25 milioni di euro per l’anno 2014 e complessivi 49,8 milioni di euro a decorrere dall’anno 2015, che riduce drasticamente le risorse per i servizi esternalizzati di pulizia e di servizi ausiliari nelle istituzioni scolastiche. Auspica che in fase di discussione emerga la possibilità di reperire risorse che non vadano a penalizzare i servizi scolastici. Ricorda come il comma 6 dell’articolo 57 specifica inoltre che gli ulteriori risparmi di spesa sono destinati al funzionamento delle istituzioni scolastiche e alle supplenze brevi.
Con riferimento all’articolo 58, commi 1, 2 e da 4 a 7, specifica che tali disposizioni anticipano di un anno la possibilità che le università e gli enti di ricerca effettuino assunzioni nella misura del 50 per cento (in luogo del 20 per cento) della spesa relativa al corrispondente personale complessivamente cessato dal servizio nell’anno precedente. Ai maggiori oneri derivanti dall’aumento della facoltà di assunzione, pari ad euro 25 milioni nell’anno 2014 ed euro 49,8 milioni annui, a decorrere dall’anno 2015, si provvede utilizzando parte dei risparmi conseguenti alle riduzioni di spesa per i servizi esternalizzati nelle scuole. Aggiunge che l’articolo 29, comma 7, della legge n. 240 del 2010 ha aggiunto alle due possibilità di chiamata diretta, da parte delle università, di professori ordinari e associati e di ricercatore, già previste dall’articolo 1, comma 9, della legge n. 230 del 2005 (studiosi impegnati all’estero da almeno un triennio in attività di ricerca o insegnamento universitario, che ricoprano una posizione accademica equipollente in istituzioni universitarie estere; studiosi che abbiano già svolto per chiamata diretta autorizzata dal MIUR, nell’ambito del «programma di rientro dei cervelli», un periodo di almeno 3 anni di ricerca e di docenza nelle università italiane e conseguito risultati scientifici congrui rispetto al posto per il quale ne viene proposta la chiamata), una terza possibilità, riferita a studiosi che siano risultati vincitori nell’ambito di specifici programmi di ricerca di alta qualificazione, finanziati dall’Unione europea o dallo stesso MIUR. Ricorda come in base al comunicato stampa presente sul sito del Governo, in tal modo «si liberano posti per 1.500 professori ordinari e 1.500 nuovi ricercatori in «tenure track» (di cui all’articolo 24 della legge n. 240 del 2010). I programmi in questione sono stati individuati con decreto ministeriale del MIUR 1 luglio 2011, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 256 del 3 novembre 2011. In particolare, l’articolo 2 di questo decreto ministeriale ha disposto che i programmi devono avere una durata almeno triennale e non devono essersi conclusi, al momento della proposta di chiamata, da più di tre anni. Gli articoli 3 e 4 hanno identificato gli specifici programmi finanziati, rispettivamente, dal MIUR e dall’Unione europea, mentre l’articolo 5 ha disposto la revisione del decreto ministeriale ogni due anni.
Rileva inoltre come un’ulteriore modifica introdotta dall’articolo 29, comma 7, della legge n. 240 del 2010 ha riguardato la procedura. In particolare, è stato previsto che, per tutte le ipotesi di chiamata diretta, la concessione o il rifiuto del nulla osta da parte del Ministro, sulla base delle proposte formulate dalle università, siano preceduti dal parere di una commissione, nominata dal CUN, composta da tre professori ordinari appartenenti al settore scientifico disciplinare in riferimento al quale è proposta al chiamata (previamente, il parere era richiesto solo per la chiamata di studiosi di chiara fama, ulteriore ipotesi disciplinata dall’articolo 1, comma 9, della legge n. 230 del 2005). In materia di limiti alle assunzioni per le università, si ricorda che l’articolo 66 del decreto-legge n. 112 del 2008 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008) è stato da ultimo novellato dall’articolo 14, comma 3, del decreto-legge n. 95 del 2012 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012) che, in particolare, con il comma 13-bis, ha definito una nuova disciplina per il turn over. In base alla nuova disciplina, le misure percentuali fissate valgono con riferimento «al sistema» delle università nel suo complesso, mentre all’attribuzione del contingente di assunzioni spettante a ciascun ateneo si provvede con decreto ministeriale, tenuto conto di quanto previsto dall’articolo 7 del decreto legislativo n. 49 del 2012 (che ha individuato le combinazioni dei livelli degli indicatori di spesa per il personale e di spesa per indebitamento rilevanti, per ciascun ateneo, per la determinazione, tra l’altro, della misura delle assunzioni di personale a tempo indeterminato e del conferimento di contratti di ricerca a tempo determinato). Ricorda come a tal fine, il comma 2 incrementa i fondi sui quali gravano le spese per il personale dei rispettivi comparti, prevedendo che: il «Fondo per il funzionamento delle università statali» – rectius: Fondo per il finanziamento ordinario delle università – è incrementato di 21,4 milioni di euro nel 2014 e di 42,7 milioni di euro annui dal 2015; e che il Fondo ordinario per gli enti di ricerca vigilati dal MIUR è incrementato di 3,6 milioni di euro nel 2014 e di 7,1 milioni di euro annui dal 2015. Specifica che la relazione tecnica chiarisce che l’importo stimato per il 2014 è pari al 50 per cento (circa) di quello a regime, ipotesi strutturata sull’assunto che nel 2014 le nuove assunzioni siano equamente distribuite in corso d’anno. Il Fondo per il finanziamento ordinario delle università (FFO), previsto dall’articolo 5, comma 1, lettera a), della legge 537 del 1993, è allocato sul capitolo 1694 dello stato di previsione del MIUR. Il decreto ministeriale 111878 del 31 dicembre 2012, di ripartizione in capitoli, reca in corrispondenza del capitolo 1694 una previsione di stanziamento di 6.574,3 milioni di euro per il 2014 e di 6.544,7 milioni di euro per il 2015, a fronte di 6.694,7 milioni di euro stanziati per il 2013.
Evidenzia ancora come il Fondo ordinario per gli enti di ricerca vigilati dal MIUR (Consiglio nazionale delle ricerche, Agenzia spaziale italiana, Istituto nazionale di fisica nucleare, Istituto nazionale di astrofisica, Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, Istituto nazionale di ricerca metrologica, Istituto nazionale di oceanografia e geofisica sperimentale, Stazione zoologica A. Dohrn, Consorzio per l’Area di ricerca scientifica e tecnologica di Trieste, Istituto nazionale di alta matematica «F. Severi», Museo storico della fisica-Centro di studi e ricerche E. Fermi, Istituto italiano di studi germanici), previsto dall’articolo 7 del decreto legislativo n. 204 del 1998, è determinato nella tabella C della legge di stabilità ed è allocato sul capitolo 7236 dello stato di previsione del MIUR. Aggiunge che il decreto ministeriale di ripartizione in capitoli sopra citato reca, in corrispondenza del capitolo 7236, una previsione di spesa di 1.766,2 milioni di euro per il 2014 e di 1.759,5 milioni di euro per il 2015, a fronte di 1.768,5 milioni di euro stanziati per il 2013. In merito ai profili di quantificazione non ha rilievi da formulare, tenuto conto che le quantificazioni riportate nella relazione tecnica in merito agli oneri determinati dai commi 1 e 2 appaiono sostanzialmente in linea con la quantificazione dei risparmi effettuata dalla relazione tecnica riferita al decreto-legge n. 95 del 2013 (Spending review) relativi alla riduzione delle facoltà di assumere delle università e degli enti di ricerca. Ricorda quindi che l’articolo 59, concernente borse di mobilità per gli studenti universitari, prevede un’autorizzazione di spesa di complessivi 17 milioni di euro per gli anni 2013-2015, finalizzata all’erogazione di borse per la mobilità in favore di studenti che intendano iscriversi nell’anno accademico 2013/2014 ad una università che abbia sede in una regione diversa da quella di residenza. Per avere accesso al beneficio è necessario aver conseguito in Italia, nell’anno scolastico 2012/2013, un diploma di istruzione secondaria di secondo grado con voto almeno pari a 95/100. Sono poi individuati ulteriori criteri per l’inserimento nella graduatoria di ammissione al beneficio. Ricorda come in particolare, il comma 1 dispone che è autorizzata la spesa di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013 e 2014 e di 7 milioni di euro per l’anno 2015, da iscrivere sul Fondo per il finanziamento ordinario delle università, per l’erogazione di borse per la mobilità a favore di studenti meritevoli che, per l’anno accademico 2013/2014, intendano iscriversi a corsi di laurea o a corsi di laurea magistrale a ciclo unico di cui all’articolo 6, comma 3, del decreto ministeriale n. 270 del 2004, presso università statali o non statali italiane – con esclusione delle università telematiche – che hanno sede in regione diversa da quella di residenza. Ricorda, peraltro, che, con il decreto ministeriale 249 del 2010 è stato istituito, in deroga esplicita alla previsione generale del «modello 3+2», il corso di laurea magistrale a ciclo unico in Scienze della formazione primaria per l’insegnamento nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria (LM-85-bis) e che con il decreto ministeriale 2 marzo 2011 è stata definita la classe di laurea magistrale a ciclo unico in Conservazione e restauro dei beni culturali (LMR/02) che, ha «come fonte normativa l’articolo 9 – più correttamente 29 – , comma 9, del Codice dei beni culturali e del paesaggio e l’articolo 1, comma 4, del decreto ministeriale n. 87 del 2009». Appare dunque necessario – per il relatore – chiarire se sono inclusi nella possibilità di ricevere le borse di studio per la mobilità gli studenti che si iscrivano ai corsi di laurea magistrale a ciclo unico in scienze della formazione primaria e ai corsi della classe di laurea magistrale a ciclo unico in conservazione e restauro dei beni culturali. Sembrerebbe, inoltre, opportuno chiarire il riferimento all’iscrizione di risorse sul FFO anche in rapporto alle iscrizioni alle università non statali. Aggiunge che il comma 3 prevede che l’ammissione al beneficio è disposta sulla base di criteri di merito, economici e logistici. Con riferimento al criterio di merito – che rappresenta, anzitutto, un requisito – è previsto il conseguimento del diploma di istruzione secondaria di secondo grado in Italia nell’anno scolastico immediatamente precedente quello dell’iscrizione, ossia l’anno scolastico 2012/2013, con votazione almeno pari a 95/100. Valori superiori, come si vedrà, rilevano ai fini della graduatoria di ammissione al beneficio. Specifica che le condizioni economiche dello studente sono individuate sulla base dell’Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) e che il criterio logistico attiene alla distanza fra la sede di residenza dello studente e la sede dell’università alla quale questi intende iscriversi. In base ai commi 2 e 4, le risorse sono suddivise fra le regioni con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, sentita la Conferenza Stato-regioni. Ogni regione elabora una graduatoria per le università site nel suo territorio ed attribuisce le borse fino ad esaurimento delle risorse spettanti.
Sottolinea a tale proposito che le graduatorie sono comunicate al MIUR che, in base al comma 8, assegna le somme direttamente all’università presso la quale lo studente è iscritto, all’atto della sua effettiva immatricolazione. L’università provvede poi all’erogazione a favore dello studente. Ricorda come con riferimento alla formazione della graduatoria, il comma 4 dispone, inoltre, che, in caso di parità di punteggio, prevale, nell’ordine, il candidato che presenta un punteggio più alto relativo al criterio afferente alla condizione economica, quindi alla distanza fra la sede di residenza e quella dell’università prescelta e, infine, al voto conseguito nell’esame di Stato. Peraltro, la definizione dei punteggi e delle modalità di attribuzione degli stessi per ciascuno dei criteri individuati dal comma 3 non è esplicitamente prevista dal provvedimento. Infatti, il comma 5 prevede che con un decreto interministeriale MIUR-MEF, da adottare, sentita la Conferenza Stato-regioni, entro il 30 luglio 2013, sono definiti «ulteriori criteri per la formazione della graduatoria». Reputa, dunque, opportuno chiarire se con l’espressione utilizzata si intenda fare riferimento anche all’aspetto indicato. Ricorda come allo stesso decreto è demandata, altresì, la definizione dell’importo delle borse di mobilità (che, secondo la relazione tecnica, potrebbe essere differenziato per regione, in rapporto ai costi del territorio) e le modalità di presentazione delle domande da parte degli studenti, per via telematica. Si stabilisce sin d’ora che il possesso dei requisiti richiesti è dichiarato dallo studente sotto la sua responsabilità ed è sottoposto a verifica all’esito dell’eventuale ammissione al godimento della borsa di studio. Con riferimento al procedimento di emanazione dei decreti previsti ai commi 2 e 5, specifica che occorre valutare se la modalità di coinvolgimento della Conferenza Stato-regioni possa considerarsi sufficiente, alla luce della competenza legislativa esclusiva delle regioni in materia di diritto allo studio. In particolare, occorre valutare se non debba essere prevista l’intesa, in analogia con quanto dispone l’articolo 7 del decreto legislativo 68 del 2012.
Con riferimento al decreto previsto al comma 5, evidenzia, inoltre, che il termine previsto per la sua emanazione – 30 luglio 2013 – potrebbe essere antecedente alla data di conversione in legge del decreto-legge in esame e, dunque, esso potrebbe essere emanato senza tener conto delle modifiche eventualmente apportate nel corso dell’esame parlamentare. Il comma 7 dispone che le borse di mobilità sono cumulabili con le borse di studio assegnate ai sensi del decreto legislativo 68 del 2012. Sottolinea che al fine di promuovere l’eccellenza e il merito fra gli studenti universitari, l’articolo 4 della legge n. 240 del 2010 ha istituito presso il MIUR un Fondo destinato a erogare premi di studio – a fondo perduto – e buoni studio, di cui una quota, determinata in relazione ai risultati accademici conseguiti, corrisposta in forma di prestito, e a costituire una garanzia per finanziamenti concessi agli studenti. Aggiunge come l’articolo 9 del decreto-legge n. 70 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 106 del 2011, ha istituito la Fondazione per il merito, come strumento operativo cui viene affidata la gestione del Fondo, cui possono affluire capitali pubblici e privati. Specifica che dal decreto ministeriale 16 aprile 2012, n. 71, recante i criteri di ripartizione del FFO per il 2012, sono stati altresì destinati a sostegno del Fondo 9 milioni di euro, nell’ambito degli interventi a favore degli studenti. Ricorda come il provvedimento ipotizza un importo della borsa di mobilità individuale pari a 5.000 euro in base al quale la somma di 5 milioni consentirebbe di finanziare la borsa per 1.000 studenti. Ribadisce poi che all’onere derivante dall’attuazione dell’intervento previsto, si provvede mediante l’utilizzo delle risorse, non ancora pagate, concernenti l’autorizzazione di spesa relativa agli interventi per il merito. Tali risorse sono mantenute in bilancio per essere versate all’entrata del bilancio dello Stato per i corrispondenti importi autorizzati.
Con riferimento all’articolo 60 recante semplificazione del sistema di finanziamento delle università e delle procedure di valutazione del sistema universitario ricorda che esso dispone che, a decorrere dal 2014, nel Fondo di finanziamento ordinario delle università statali e nel contributo alle università non statali legalmente riconosciute confluiscono le risorse attualmente destinate alla programmazione dello sviluppo del sistema universitario, alle borse di studio post laurea, nonché al Fondo per il sostegno dei giovani e per favorire la mobilità degli studenti. Rinvia alla documentazione predisposta dagli uffici per gli approfondimenti relativi a tale norma. Ricorda che per l’anno 2014, si prevede uno stanziamento di 72,2 milioni di euro per il fondo indicato. Per completezza, con riferimento al FFO, evidenzia che, in base all’incremento disposto dalla norma in esame, nonché alle risorse per consentire maggiori assunzioni nelle università, previste dall’articolo 58, comma 2, e all’ulteriore afflusso di somme finalizzato all’erogazione di borse per la mobilità, sulla base di quanto disposto dall’articolo 59, complessivamente la disponibilità nel 2014 dovrebbe essere pari a 6.860 milioni di euro. Aggiunge inoltre che si dispone che il sistema di valutazione delle attività amministrative delle università e di 12 enti di ricerca vigilati dal MIUR è svolto dall’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR). Il comma 2, integrando il comma 12 dell’articolo 13 del decreto legislativo 150 del 2009 – che concerne la Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche – dispone quindi che «il sistema di valutazione» delle attività amministrative delle università e di 12 enti di ricerca vigilati dal MIUR – Consiglio nazionale delle ricerche, Agenzia spaziale italiana, Istituto nazionale di fisica nucleare, Istituto nazionale di astrofisica, Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, Istituto nazionale di ricerca metrologica, Istituto nazionale di oceanografia e geofisica sperimentale, Stazione zoologica A. Dohrn, Consorzio per l’Area di ricerca scientifica e tecnologica di Trieste, Istituto nazionale di alta matematica «F. Severi», Museo storico della fisica – Centro di studi e ricerche E. Fermi, Istituto italiano di studi germanici –, riordinati ai sensi del Capo I del decreto legislativo 213/2009, «è svolto dall’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR)». In base al comma 3, l’ANVUR deve svolgere le funzioni indicate al comma 2 utilizzando le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Sottolinea come in relazione alla formulazione letterale utilizzata, appare opportuno chiarire se restano ferme le attività di valutazione della gestione amministrativa affidate ai nuclei di valutazione interna degli atenei. In merito ai profili di copertura finanziaria, segnala che il comma 1 prevede la semplificazione e il riordino del sistema di finanziamento delle università mediante una riallocazione delle risorse disponibili nello stato di previsione del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca. In particolare, la norma prevede che, a decorrere dall’anno 2014, confluiscano nei capitoli 1692 e 1694, recanti risorse per le università statali, anche le risorse iscritte in altri capitoli del suddetto stato di previsione. Tuttavia, mentre ai sensi della disposizione richiamata dalla norma in esame sembrerebbero confluire nei citati capitoli 1692 e 1694 soltanto gli stanziamenti per la mobilità degli studenti e gli assegni di ricerca, dalla relazione tecnica, invece, risulta che dovrebbero confluire in tali capitoli anche le risorse relative alla scuola di ateneo per la formazione europea Jean Monnet di cui all’articolo 1, comma 278, della legge n. 311 del 2004, e all’articolo 11-quaterdecies, comma 3 del decreto-legge n. 203 del 2005. Al riguardo, potrebbe pertanto risultare opportuno integrare i riferimenti normativi previsti dalla disposizione conformemente al contenuto della relazione tecnica. Sul punto appare opportuno acquisire l’avviso del Governo. Ricorda, infine, che l’articolo 61 reca la copertura finanziaria degli oneri derivanti dalle disposizioni considerate, rinvia alla documentazione predisposta dagli uffici al riguardo.
Si riserva quindi di presentare una proposta di parere nel seguito dell’esame.

8 agosto Blocco stipendi in CdM

Il Consiglio dei ministri, nel corso della seduta dell’8 agosto, ha approvato un regolamento che proroga il blocco della contrattazione e degli automatismi stipendiali per i pubblici dipendenti sino al 31 dicembre 2014.

Il Consiglio ha approvato in esame definitivo, a seguito del parere espresso dalle Commissioni parlamentari e dal Consiglio di Stato, un regolamento che proroga il blocco della contrattazione e degli automatismi stipendiali per i pubblici dipendenti. L’adozione del regolamento si rende necessaria per la particolare contingenza economico-finanziaria, che richiede interventi non limitati al solo 2013, i cui effetti sono stati già scontati sui saldi di finanza pubblica. Sussistono infatti condizioni di eccezionalità tali da giustificare la proroga al 31 dicembre del 2014 di una serie di misure in materia di pubblico impiego, comunque con un orizzonte temporale limitato, come richiesto nei pareri delle Commissioni parlamentari che hanno espresso parere favorevole sul provvedimento. In particolare vengono prorogati:
– il blocco dei trattamenti economici individuali;
– la riduzione delle indennità corrisposte ai responsabili degli uffici di diretta collaborazione dei Ministri e l’individuazione del limite massimo per i trattamenti economici complessivi spettanti ai titolari di incarichi dirigenziali;
– il limite massimo e la riduzione dell’ammontare delle risorse destinate al trattamento accessorio del personale;
– i blocchi riguardanti meccanismi di adeguamento retributivo, classi e scatti di stipendio, le progressioni di carriera comunque denominate del personale contrattualizzato e di quello in regime di diritto pubblico.

7 agosto Ministro su TFA e Studenti stranieri alla Camera

Il 7 agosto il ministro dell’Istruzione risponde alla Camera a tre interrogazioni a risposta immediata

(Iniziative per garantire parità di trattamento tra i docenti che hanno seguito i tirocini formativi attivi ordinario e speciale – n. 3-00260)

PRESIDENTE. L’onorevole Santerini ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00260, concernente iniziative per garantire parità di trattamento tra i docenti che hanno seguito i tirocini formativi attivi ordinario e speciale (Vedi l’allegato A – Interrogazioni a risposta immediata), per un minuto.

MILENA SANTERINI. Signor Presidente, signora Ministro, i tirocini formativi attivi ordinari, che sono conclusi o in procinto di concludersi, hanno formato circa 11 mila docenti che hanno concluso un cammino impegnativo di formazione, hanno superato una selezione e, parallelamente, invece, l’approvazione dei tirocini formativi attivi speciali abiliterà un numero molto maggiore di docenti che entreranno soprattutto sulla base dell’esperienza di servizio svolto. Ambedue questi gruppi potranno accedere alla stessa seconda fascia delle graduatorie. Ci chiediamo se il primo gruppo, che ha svolto un accurato cammino di formazione, non venga ad essere svantaggiato rispetto al secondo e le chiediamo quali sono le misure che intende prendere e in quali tempi preveda l’emanazione di un bando di un secondo ciclo di tirocini formativi per i neolaureati.

PRESIDENTE. La Ministra dell’istruzione, dell’università e della ricerca, Maria Chiara Carrozza, ha facoltà di rispondere.

MARIA CHIARA CARROZZA, Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca. Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei premettere che problemi come   MARIA CHIARA CARROZZA, Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca. Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei premettere che problemi come
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quelli segnalati dall’interrogante, relativi alle diverse categorie di soggetti che aspirano a entrare in ruolo come docenti nelle scuole e alle lamentate disparità di trattamento tra l’una e l’altra categoria, dipendono principalmente dalla discontinuità del sistema di abilitazione e di quello di reclutamento ed alla protratta assenza di concorsi. La strada maestra per rimediare alle insoddisfazioni e alle incertezze che ne sono derivate è un ordinato e costante processo di reclutamento che assicuri la regolarità delle abilitazioni e dei concorsi. È in questo senso che si rivolge il mio impegno.
Una certa inversione di tendenza, in effetti, vi è stata negli ultimi anni con il concorso bandito nel 2012 e anche con l’avvio dei tirocini formativi attivi ordinari e di quelli speciali, ai quali fa riferimento l’interrogazione, rivolti a due distinte categorie di aspiranti docenti, gli uni e gli altri meritevoli. I primi, come osservato nell’interrogazione, per avere superato una difficile selezione; i secondi, per avere insegnato nelle scuole senza garanzie di stabilità nel posto consentendo il regolare svolgimento del servizio scolastico.
Rispondo alla seconda parte del quesito posto dall’onorevole interrogante informandola che ho già trasmesso al Ministro dell’economia e delle finanze e al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione la richiesta di autorizzazione a bandire il prossimo ciclo di tirocinio formativo attivo ordinario per oltre 29 mila posti. Confido, quindi, in un rapido avvio del percorso formativo. Quanto all’ipotizzata disparità di trattamento, in termini generali osservo che in questa materia bisogna contemperare diverse esigenze. Da un lato, la giusta valorizzazione del merito e, dall’altro, la tutela delle aspettative generate dal sistema scolastico. Il bilanciamento tra queste esigenze è alla base del sistema equilibrato di reclutamento, al quale il sistema scolastico aspira da tempo, senza riuscire pienamente a realizzarlo.
In termini più specifici, osservo che la diversità di disciplina dipende dall’oggettiva diversità di situazioni. A chi abbia un’anzianità di servizio di almeno tre anni scolastici e frequenta i tirocini speciali non avrebbe senso imporre il tirocinio, ma imposto un carico didattico decisamente superiore. Indubbiamente questi soggetti hanno titoli di servizio che i neolaureati non hanno, ma che non possono essere ignorati. Il Ministero non può eliminare le innegabili differenze tra le diverse categorie di abilitati, ma si adopererà per soddisfare tutte le giuste aspettative attraverso un regolare processo di reclutamento.

PRESIDENTE. L’onorevole Santerini ha facoltà di replicare, per due minuti.

MILENA SANTERINI. Signor Presidente, Ministro, sono parzialmente soddisfatta, cioè lo sono per quanto riguarda il suo impegno personale e per quello che riguarda l’interesse a un tema per cui bisogna contemperare le esigenze, lo sappiamo, di persone che hanno una lunga esperienza nella scuola, che aspirano legittimamente ad entrare nell’insegnamento, e quelle dei giovani neolaureati che hanno svolto un percorso impegnativo. E lo sono anche per quanto riguarda, ovviamente, l’impegno al nuovo bando per il tirocinio formativo attivo. Non lo sono per quanto riguarda, invece, appunto, l’inversione di tendenza di cui lei parlava. Le faccio l’esempio di scienza della formazione primaria in particolare. Gli studenti che hanno frequentato quattro o cinque anni di università si trovano oggi svantaggiati rispetto a un regolamento che prevede che possa insegnare nella scuola dell’infanzia e primaria anche chi ha solo un diploma di istituto magistrale o di scuola magistrale. Troviamo che questo sia un ritorno indietro al passato, perché chi ha frequentato un corso universitario – e c’erano dodici anni per potersi iscrivere – e ha realizzato 240 o 300 crediti, non può essere messo alla pari con chi ne avrà soltanto 60.
Io credo che la maggior parte delle università, come quella di Torino, non attiveranno questi corsi, perché credono in una formazione più approfondita per la qualità della scuola. Chiediamo in questo senso che non si torni indietro, come lei giustamente diceva, rispetto alla tendenza ad una più qualificata formazione degli insegnanti rispetto al passato (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l’Italia e della deputata Centemero).

(Problematiche riguardanti l’inserimento nella terza fascia delle graduatorie ad esaurimento dei docenti abilitati tramite la frequenza del tirocinio formativo attivo ordinario – n. 3-00261)

PRESIDENTE. L’onorevole Di Lello ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00261, concernente problematiche riguardanti l’inserimento nella terza fascia delle graduatorie ad esaurimento dei docenti abilitati tramite la frequenza del tirocinio formativo attivo ordinario (Vedi l’allegato A – Interrogazioni a risposta immediata), per un minuto.

MARCO DI LELLO. Signor Presidente, signora Ministro, come ricordava la collega che mi ha preceduto, al tirocinio formativo attivo (TFA) di quest’anno sono stati abilitati quasi 11 mila docenti, che, per accedervi, hanno dovuto superare tre dure prove di accesso, pagare una lauta tassa di iscrizione, frequentare corsi disciplinari e pedagogico-didattici, oltre al tirocinio e all’esame finale.
Tutto questo impegno e sforzo rischia di venire annullato non solo dal decreto ministeriale n. 249 del 2010 e successivi confusi regolamenti, per cui l’abilitazione conseguita risulta declassata rispetto a quella conseguita in passato con i cicli della Scuola di specializzazione all’insegnamento secondario (SSIS), ma, a differenza di quanto avvenuto in passato, al titolo conseguito con il TFA spetterebbe solo l’inserimento nella seconda fascia delle graduatorie d’istituto.
Ora, il suo decreto n. 572 comporta un’ulteriore discriminazione – mi consenta – insopportabile tra chi si è abilitato con il TFA e chi ha conseguito il titolo equipollente presso gli altri Paesi dell’Unione europea o chi, dopo aver interrotto la SSIS, si è abilitato frequentando lo stesso corso di TFA. Cioè, il decreto ministeriale crea una disparità di trattamento fra i titoli di abilitazione equipollenti, violando la direttiva europea, per cui i docenti abilitati nei Paesi dell’Unione europea possono accedere alle graduatorie ad esaurimento e, quindi, al ruolo, mentre i docenti che hanno conseguito lo stesso titolo in Italia vengono relegati nella seconda fascia. Per un europeista convinto come me e i miei colleghi socialisti, ha quasi il sapore della beffa.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

MARCO DI LELLO. Le chiedo allora, signor Ministro, cosa intenda fare il Governo, dopo dieci anni di smantellamento della scuola pubblica, che ci ha portato a questa preoccupante guerra tra poveri, per la riapertura e l’inserimento nella terza fascia delle graduatorie ad esaurimento dei docenti abilitati tramite la frequenza del TFA ordinario e, soprattutto, ci dica se il merito ha ancora un valore.

PRESIDENTE. La Ministra dell’istruzione, dell’università e della ricerca, Maria Chiara Carrozza, ha facoltà di rispondere.

MARIA CHIARA CARROZZA, Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca. Signor Presidente, onorevoli colleghi, l’interrogazione verte su una questione di grande importanza nell’ambito del sistema di abilitazione e reclutamento del personale docente della scuola, quella dei tirocini formativi attivi. Rispondo con qualche considerazione su ciascuno dei tre punti toccati dall’interrogazione: la natura di questo percorso formativo, l’ipotesi di inserimento dei docenti abilitati nelle graduatorie ad esaurimento avanzata dall’onorevole interrogante e le disparità di trattamento da lui lamentate.
Quanto alla natura dei tirocini formativi attivi, vorrei chiarire che si tratta di un percorso volto all’abilitazione e non al reclutamento. Nell’attuale sistema normativo risultante da scelte legislative e dal regolamento ministeriale sui tirocini formativi attivi del 2010, si tratta di due processi distinti, anche se collegati. L’esito naturale del completamento del percorso formativo è l’assunzione, che, però, deve conseguire ad un concorso, secondo il principio costituzionale in materia di accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni. Questo costituisce uno dei due canali di reclutamento al quale si fa riferimento nell’interrogazione.
Conseguentemente, con riferimento al secondo punto, l’inclusione degli abilitati nelle graduatorie ad esaurimento, oltre a non essere coerente con il sistema delineato, sarebbe contraria a precise disposizioni legislative che, a partire dal 2006, hanno ripetutamente disposto l’impossibilità di integrare le graduatorie. È attraverso un regolare svolgimento dei concorsi, in grado di assorbire gli abilitati secondo il principio del merito, che devono essere soddisfatte le loro giuste aspettative.
Con riferimento, infine, alle disparità di trattamento rispetto ad altri soggetti che sono stati inclusi nelle graduatorie ad esaurimento, osservo che le categorie dei docenti che l’onorevole interrogante prende come termine di paragone – quella di chi ha completato in ritardo le preesistenti scuole per l’insegnamento secondario e quella di chi ha conseguito l’abilitazione in un altro Stato membro dell’Unione europea – sono comunque categorie chiuse, derivanti da vicende di una fase precedente le riforme indicate. Si tratta di soggetti che hanno conseguito l’abilitazione entro l’anno scolastico 2008-2009, il cui inserimento è stato, in qualche caso, reso necessario dall’intervento delle istituzioni europee e nei confronti dei quali l’atteggiamento del Ministero è sempre stato rigoroso. È, quindi, escluso ogni percorso preferenziale nell’immissione in ruolo. Non c’è nessuno che oggi possa scavalcare gli abilitati, ottenendo l’iscrizione nelle graduatorie ad esaurimento.

PRESIDENTE. L’onorevole Di Lello ha facoltà di replicare, per due minuti.

MARCO DI LELLO. Signor Presidente, signora Ministro, mi duole replicare che non posso considerarmi soddisfatto da questa risposta, anche perché resta ancora tanto da chiarire. Io mi chiedo come verranno affrontati tutti gli altri nodi che riguardano il reclutamento dei docenti, che derivano a cascata, causa i provvedimenti confusi che sono stati adottati dal Ministero dell’istruzione negli ultimi anni. Ad esempio, mi chiedo cosa intenda fare per equiparare il titolo conseguito tramite il TFA a quello ottenuto nel periodo 1999-2009 dagli abilitati della SSIS, sulla base dello stesso riconoscimento del valore di prova concorsuale che spettava a questi ultimi, in modo così da ottemperare, certo, all’articolo 97 della Costituzione, che prevede l’assunzione, previo concorso, nella pubblica amministrazione.
Ancora, sempre in merito ai titoli, sarebbe opportuno capire se lei non ritiene di attivarsi perché sia garantito l’accesso diretto e in sovrannumero al secondo ciclo TFA anche per i vincitori di più classi di concorso, poiché oggi la normativa vigente non consente il congelamento delle prove. Questo viene avvertito come un diritto negato che veniva invece garantito precedentemente alle SSIS. Per molti sarebbe un’ingiustizia, credo, e lei potrà condividere, dover sostenere nuovamente un iter selettivo dopo aver già dimostrato, in base a una graduatoria, di poter accedere con merito ai corsi di abilitazione, a differenza di chi, come i PAS vi prende parte senza selezione. Ci piace sperare, onorevole Ministro, che con questo Governo, finalmente, ci possa essere un’inversione di tendenza rispetto alla politica di tagli, tagli e ancora tagli che sono stati posti in essere, nella scuola pubblica, negli ultimi dodici anni. La prego, davvero, di non deludere le nostre attese (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Partito Socialista Italiano (PSI)-Liberali per l’Italia (PLI)).

(Iniziative per la piena applicazione della circolare del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca dell’8 gennaio 2010, al fine di un’equa distribuzione di studenti italiani e studenti immigrati negli istituti scolastici nazionali – n. 3-00262)

PRESIDENTE. L’onorevole Rampelli ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00262, concernente iniziative per la piena applicazione della circolare del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca dell’8 gennaio 2010, al fine di un’equa distribuzione di studenti italiani e studenti immigrati negli istituti scolastici nazionali (Vedi l’allegato A – Interrogazioni a risposta immediata).

FABIO RAMPELLI. Signor Presidente, signora Ministro, la circolare in questione che ho citato esattamente nell’interrogazione a risposta immediata che le ho presentato deriva dal 1994, anno in cui il Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, approvò un decreto del Presidente della Repubblica che offriva, per l’appunto, queste linee guida per un’equa distribuzione di bambini italiani e stranieri negli istituti scolastici. Il tutto, ovviamente, per garantire effettivi, e non astratti, processi di integrazione culturale e anche adeguati livelli qualitativi di istruzione per gli scolari stessi. In seguito a tale decreto del Presidente della Repubblica, i Ministri della pubblica istruzione, tanto di centrodestra quanto di centrosinistra, a cominciare dalla Moratti, passando per il Ministro Fioroni e a finire con il Ministro Gelmini hanno emesso le relative circolari con le quali sono state date al sistema scolastico indicazioni e raccomandazioni per l’integrazione di alunni con cittadinanza italiana ed alunni senza cittadinanza italiana.

PRESIDENTE. Onorevole Rampelli, concluda.

FABIO RAMPELLI. Le circolari, soprattutto l’ultima, hanno sancito una percentuale massima di presenza di bambini stranieri all’interno degli istituti scolastici stabilita nella misura del 30 per cento. Di fronte a tali indicazioni, oggi, invece, abbiamo praticamente un incremento esponenziale di bambini stranieri, più 25 per cento in alcune scuole, addirittura ci sono 415 istituti scolastici dove i bambini italiani sono minoranza, e quindi volevamo sapere in quale modo si possano applicare e si possano vedere applicate queste circolari da parte del sistema scolastico.

PRESIDENTE. La Ministra dell’istruzione, dell’università e della ricerca, Maria Chiara Carrozza, ha facoltà di rispondere.

MARIA CHIARA CARROZZA, Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la presenza nelle scuole di alunni di diversa provenienza geografica, con diversa formazione culturale e diverse esperienze di apprendimento è un fenomeno in aumento, effetto della globalizzazione e dell’intensificarsi dei flussi migratori che non dipende, quindi, dalla scuola, ma al quale la scuola deve fare fronte fornendo una formazione adeguata a tutti gli alunni.
Questo è un fenomeno che da un lato può comportare un arricchimento per tutti gli studenti e dall’altro può determinare il rischio di parziale o totale insuccesso formativo. Il principale problema, com’è evidente, è quello della conoscenza della lingua italiana, requisito indispensabile per il buon esito del percorso scolastico e di un armonioso inserimento sociale. Questi problemi e questo rischio non fanno venir meno l’obbiettivo prioritario di favorire, per tutti gli studenti, la crescita delle capacità autonome di studio e di apprendimento e il rafforzamento dell’attitudine all’interazione sociale. Il principio fondamentale che orienta l’azione del Ministero, in questo campo, è quello del diritto allo studio, unitamente all’obiettivo dell’integrazione, ed è proprio a questo principio che vanno ricondotte le regole organizzative inerenti alla composizione delle classi, dettate dalla circolare del 2010, alla quale fa riferimento l’interrogazione.
Vorrei rassicurare l’onorevole interrogante sul fatto che la circolare menzionata è pienamente vigente e operativa. Essa viene puntualmente richiamata ogni anno nella circolare relativa alle iscrizioni per l’anno scolastico successivo, compresa la circolare n. 96 del 17 dicembre 2012, relativa all’anno scolastico 2013-2014.
Vorrei però anche ribadire che l’obiettivo perseguito dal Ministero, anche con la circolare in questione, non è quello di limitare, semplicemente, la presenza di alunni stranieri ma di favorire il diritto allo studio, l’integrazione e il successo del percorso formativo. Il diritto allo studio nella mia visione prescinde dall’origine geografica, dalla etnia e dalla nazionalità.
Conseguentemente, il limite del 30 per cento degli alunni con cittadinanza non italiana sul totale degli iscritti è un criterio tendenziale e indicativo, che, sempre in base alla circolare, può ben tollerare eccezioni, giustificate dalla presenza di alunni stranieri in possesso di adeguate competenze linguistiche, dalla disponibilità di risorse professionali e strutture di supporto anche esterne alla scuola, da ragioni di continuità didattica per classi costituite negli anni precedenti o da stati di necessità provocati dall’oggettiva assenza di soluzioni alternative.
Queste indicazioni presenti nella circolare del 2010 sono puntualmente richiamate dal Ministero e rispettate dagli uffici scolastici regionali.

PRESIDENTE. L’onorevole Rampelli ha facoltà di replicare, per due minuti.

FABIO RAMPELLI. Signor Presidente, non sono affatto soddisfatto, perché intanto non è affatto vero che le circolari sono attuate. Quindi, si possono anche replicare, ma si può dire tutto e il contrario di tutto se poi le cose che vengono decise non vengono realizzate. Si dice che il 30 per cento è un indicatore tendenziale: siamo perfettamente d’accordo, se non fosse, però, che le direzioni scolastiche utilizzano, forse anche per pigrizia, l’istituto della deroga rispetto a questo indice tendenziale. È ovvio che se è il 25 invece che il 30 o il 35 invece che il 30 nessuno se la prenda a male, per così dire. Mi pare che l’indicazione sia stata fatta, appunto, dal Presidente della Repubblica Ciampi nel 1994, con largo anticipo rispetto a un incremento esponenziale dei flussi migratori. Quindi, una volta tanto siamo arrivati in anticipo, nel tentativo di garantire i processi di integrazione, perché questo è l’obiettivo ovviamente che ispira anche l’interrogante, ci mancherebbe altro.
Ma c’è una distrazione o forse c’è una deformazione ideologica per cui, quando c’è un’incapacità o una non volontà di rispettare queste indicazioni tendenziali, accade che alcune scuole si trasformano praticamente in ghetti, intorno a questi ghetti nascono ghetti urbanistici dove c’è una maggioranza assoluta di bambini o di famiglie di provenienza straniera, e questo non favorisce, per un processo logico e psicologico, l’integrazione, non favorisce lo scambio, gli stranieri si chiudono dentro se stessi – perché è anche ovvio che sia la soluzione più normale, più facile, più alla portata – e quindi non c’è alcuna possibilità, se non nell’astrazione ideologica a cui appunto si riferisce evidentemente anche la risposta del Ministro, di arrivare ad una oggettiva, concreta e tangibile integrazione sociale, oltre che culturale. Questa è la ragione per la quale – è un fenomeno che abbiamo monitorato già da tempo – c’è da un lato un’indicazione da parte del Presidente della Repubblica, dall’altro lato ci sono indicazioni di Ministri che fanno il loro dovere ed emettono circolari e dall’altro c’è una sorta di ribellione oppure di pigrizia e quindi di non volontà di dare seguito a queste circolari, a queste indicazioni, fino alla degenerazione di questo processo, che significa non gestione – e concludo – dei processi migratori e del principio assoluto e condivisibile dell’integrazione culturale e dell’integrazione sociale.

7 agosto Personale inidoneo e ITP in 7a Senato

Il 19 e 25 giugno, il 2, 9 e 24 luglio, il 7 agosto si svolge nella 7a Commissione del Senato l’esame congiunto dei disegni di legge:

1. PUGLISI ed altri. – Abrogazione dei commi 13, 14 e 15 dell’articolo 14 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, in materia di transito del personale docente dichiarato permanentemente inidoneo e di insegnanti tecnico-pratici nei ruoli di personale amministrativo, tecnico ed ausiliario (ATA). (Pareri della 1ª e della 5ª Commissione) (316)
2. CENTINAIO. – Abrogazione dei commi 13, 14 e 15 dell’articolo 14 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, in materia di transito del personale docente dichiarato permanentemente inidoneo e di insegnanti tecnico-pratici nei ruoli di personale amministrativo, tecnico ed ausiliario (ATA). (Parere della 1ª e della 5ª Commissione) (728)

(7a Senato, 2.7.13) Riprende l’esame congiunto, sospeso nella seduta del 25 giugno scorso, nel corso della quale – ricorda il PRESIDENTE – la Commissione aveva avanzato alcune richieste di chiarimento al Governo, prima di dare avvio alla discussione generale.

Ha quindi la parola il sottosegretario TOCCAFONDI, il quale conferma che, come già annunciato dal Ministro in sede sia di dichiarazioni programmatiche che di replica, la questione dei docenti inidonei riveste particolare rilevanza per il Governo. Lo stesso Ministro ha del resto auspicato un lavoro congiunto sul tema, pur tenendo conto delle attuali compatibilità finanziarie.
Riferisce indi che, a giudizio degli Uffici del Ministero, non possono esserci mutamenti rispetto a quanto valutato in occasione dell’approvazione del decreto-legge n. 95 del 2012 recante la “spending review“, quando fu stimato che la questione investisse circa 3.565 docenti permanentemente inidonei, 800 docenti temporaneamente inidonei e 900 docenti titolari delle classi di concorso C999 e C555, con risparmi di spesa pari a euro 114,31 milioni nel 2013, 110,09 milioni nel 2014, 105,86 milioni nel 2015, 101,63 milioni nel 2016 e 97,41 milioni a decorrere dal 2017, in quanto le suddette cifre sono state inserite nei saldi di finanza pubblica. Pertanto, anche nel caso in cui il numero degli inidonei non fosse più quello a suo tempo comunicato dal Dipartimento per l’istruzione, occorrerebbe comunque trovare una copertura finanziaria corrispondente a quelle cifre. Ciò, sia nel caso di un’abrogazione della norma che dispone il transito dei suddetti docenti nel personale ATA, come prevedono i disegni di legge in titolo, sia nel caso che la normativa resti immutata ma il numero dei passaggi nei ruoli ATA risulti di fatto inferiore rispetto a quello preventivato.
Nell’affermare che la questione necessita a suo avviso di ulteriori verifiche, precisa poi che, quando il Ministro in sede di replica ha parlato di un costo inferiore dell’intervento, si riferiva esclusivamente alla categoria dei docenti permanentemente inidonei, sulla quale era stato richiesto un chiarimento nel corso del dibattito. Gli importi dianzi riferiti sono relativi invece alla copertura necessaria all’abrogazione dell’intera norma, che comprende anche i docenti temporaneamente inidonei e i docenti titolari delle classi di concorso C999 e C555.
Il Sottosegretario fa presente poi che, per ora, alla mancata attuazione della norma si è data copertura con la clausola di salvaguardia di cui all’articolo 1, comma 621, lettera b), della legge n. 296 del 2006, nei fatti riducendo l’importo disponibile dei fondi di cui all’articolo 4, comma 82, della legge n. 183 del 2011 e di cui all’articolo 64, comma 9, del decreto-legge n. 112 del 2008. Al riguardo, precisa tuttavia che, ferma restando la necessità di verificare in quale misura detta copertura sia effettivamente disponibile nel corrente anno 2013, sicuramente non lo sarà più dal 1° gennaio 2014. A decorrere da quella data, infatti, il fondo di cui all’articolo 4, comma 82, della legge n. 183 del 2011 risulta azzerato per effetto della legge n. 228 del 2012 e l’ammontare di risorse residue nel fondo di cui all’articolo 64, comma 9, del decreto-legge n. 112 del 2008 potrebbe essere nullo, salva più favorevole certificazione a cura del Ministero dell’economia, in attuazione del contratto collettivo nazionale siglato in data 13 marzo 2013.
Egli pone quindi in luce come, a decorrere dal 1° gennaio 2014 e forse già da quest’anno, la mancata attuazione della norma sugli inidonei o una sua abrogazione determineranno l’esigenza di trovare una copertura completa, pari alle somme dianzi indicate.

La relatrice PUGLISI (PD) ringrazia il Sottosegretario non solo per i dati forniti ma anche, e soprattutto, per l’impegno ad approfondire ulteriormente la questione. Non può infatti a suo avviso essere trascurato il fatto che alcuni docenti, nell’ambito di quelli solo temporaneamente inidonei, sono tornati in servizio e che sarebbe comunque increscioso trasferire nei ruoli ATA docenti solo temporaneamente inidonei all’insegnamento contestualmente lasciando senza rinnovo del contratto gli attuali precari. Auspica pertanto una fattiva intesa fra Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, Ministero dell’economia e delle finanze e Ministero del lavoro e delle politiche sociali onde risolvere definitivamente la questione. Nell’attesa, ritiene preferibile rinviare l’apertura della discussione generale.

Conviene il senatore BOCCHINO (M5S), il quale sollecita tuttavia una più chiara presa di posizione da parte del Governo, a fronte di una dichiarata volontà comune a tutte le forze politiche di evitare il passaggio dei docenti inidonei nei ruoli ATA. Al di là della quantificazione delle unità di personale cui si riferirebbe la norma, certamente essenziale ai fini di una corretta copertura finanziaria, reputa infatti prioritario che il Governo chiarisca se intende risolvere positivamente la questione o meno.

Si associa il senatore CENTINAIO (LN-Aut), il quale dichiara che il suo Gruppo non è disponibile ad accontentarsi di mere affermazioni di principio ed invoca una parola chiara da parte del Governo circa le sue intenzioni nei confronti dei docenti inidonei.

Il presidente SIBILIA osserva che il Sottosegretario si è impegnato ad approfondire ulteriormente la questione.

Riprende quindi la parola il sottosegretario TOCCAFONDI, il quale conferma che la questione dei docenti inidonei è senz’altro fra le priorità del Governo, come hanno dimostrato le dichiarazioni programmatiche del ministro Maria Chiara Carrozza e la sua replica agli intervenuti nel dibattito. La volontà del Governo di risolvere positivamente la vicenda è quindi fuori discussione. Se peraltro non è possibile dare concretamente seguito a tali affermazioni nell’immediato, ciò dipende dalla necessità di fare i conti con la difficile situazione di finanza pubblica e dalla conseguente esigenza di reperire un’adeguata copertura finanziaria. A tal fine, ribadisce la necessità di una previa quantificazione precisa.

Il seguito dell’esame congiunto è rinviato.

(7a Senato, 25.6.13) Riprende l’esame congiunto, sospeso nella seduta del 19 giugno scorso, nel corso della quale – ricorda il PRESIDENTE – si era svolta la relazione.

Prima dell’apertura del dibattito, la relatrice PUGLISI (PD) sollecita nuovamente l’Esecutivo a fornire i dati sul numero effettivo di docenti e insegnanti tecnico-pratici (ITP) coinvolti, tenuto conto che alcuni di essi sono rientrati in servizio, ovvero sono stati collocati in quiescenza. Ciò, al fine di comprendere l’esattezza della copertura finanziaria, che risulta ineccepibile sul piano tecnico ma va rapportata al contingente di docenti interessati. Rammenta peraltro che il risparmio preventivato dal decreto-legge n. 95 del 2012 non teneva conto dei costi derivanti dalle sostituzioni per malattia dei docenti collocati nei ruoli ATA.
Coglie indi l’occasione per domandare chiarimenti sulla permanenza dell’istituto della dispensa, attraverso il quale in particolari condizioni di salute, è possibile per gli insegnanti richiedere la pensione anticipata. Ravvisa al riguardo eccessive disparità di trattamento, tenuto conto che alcune direzioni scolastiche regionali consentono il ricorso alla dispensa, mentre altri no. Occorre dunque a suo giudizio un’interpretazione univoca dal parte del Ministero sulla possibilità di fruire di tale strumento, eventualmente attraverso una circolare.
Infine, ribadisce l’unanime volontà politica volta a porre rimedio alla doppia ingiustizia nei confronti dei docenti inidonei e dei precari ATA.Concorda la senatrice PETRAGLIA (Misto-SEL), la quale sollecita a sua volta l’Esecutivo a chiarire le proprie intenzioni politiche a fronte della convergenza registratasi fra tutti gli schieramenti. Occorre infatti reperire le risorse necessarie per sostenere finanziariamente i disegni di legge altrimenti l’esame rischia di diventare un mero esercizio di dialettica legislativa.

Il sottosegretario TOCCAFONDI riconosce che i temi della quantificazione e della copertura erano già stati sollevati nell’esposizione introduttiva della relatrice. Prende atto peraltro delle intenzioni del Parlamento, ribadendo la necessità di compiere ulteriori approfondimenti sul numero degli interessati onde poi affrontare il difficile tema del reperimento delle risorse.
Quanto all’istituto della dispensa, concorda con l’esigenza di imprimere un indirizzo uniforme, che è allo studio del Ministero. Si riserva dunque di fornire i chiarimenti richiesti in una prossima seduta. In ultima analisi fa presente che sull’argomento in esame, oltre ai disegni di legge in titolo, vi sono anche atti di sindacato ispettivo e atti di indirizzo, rispetto ai quali il ministro Carrozza ha manifestato, in sede di dichiarazioni programmatiche, l’intenzione di intervenire, compatibilmente con i vincoli di bilancio.

Il PRESIDENTE prende atto con soddisfazione della grande attenzione al tema, che testimonia l’unità di intenti di tutte le forze politiche e consentirà alla Commissione di sostenere l’Esecutivo nella ricerca di una soluzione adeguata al problema degli inidonei e degli ITP. In considerazione delle affermazioni del Sottosegretario, sollecita comunque il Governo a fornire entro la settimana prossima le risposte richieste sulla quantificazione e la copertura e propone conseguentemente di attendere tali chiarimenti prima di dichiarare aperta la discussione generale e di fissare un termine per la presentazione degli emendamenti.

Dopo un intervento del senatore MARIN (PdL), il quale giudica corretto il percorso delineato dal Presidente e ringrazia il Sottosegretario per l’impegno dimostrato, la Commissione conviene sulla proposta del Presidente.

Il seguito dell’esame congiunto è rinviato.

(7a Senato, 19.6.13) Riferisce alla Commissione la relatrice PUGLISI (PD) la quale ringrazia tutti i Capigruppo per il sostegno manifestato sul disegno di legge n. 316 nonché il Presidente per la celere calendarizzazione. Il testo abroga i commi 13 e 14 dell’articolo 14 del decreto-legge n. 95 del 2012 che hanno disposto il transito dei docenti inidonei e degli insegnanti tecnico-pratici (ITP) nei ruoli ATA. Dopo aver evidenziato che nessuno degli ultimi due Ministri della funzione pubblica ha sottoscritto il decreto attuativo delle norme oggetto di esame, ritiene che sia stata compiuta una doppia ingiustizia, a danno tanto degli inidonei quanto dei precari ATA.
In merito al primo aspetto sottolinea che molti insegnanti sono stati giudicati idonei ad altri compiti e non più all’insegnamento in quanto hanno contratto malattie professionali o non erano più in grado di svolgere quel mestiere. Essi tuttavia rivestono un ruolo importante all’interno delle autonomie scolastiche in quanto gestiscono le biblioteche, i laboratori, i corsi di orientamento, organizzano le visite di istruzione e le prove INVALSI. Qualora dovessero effettivamente passare nelle segreterie amministrative delle scuole, finirebbero per sovrapporsi con il lavoro dei circa 3.500 ATA precari, essenziali per mantenere in vita gli istituti. Coglie quindi l’occasione per rilevare criticamente le drastiche riduzioni di personale compiute nelle segreterie scolastiche nonostante le scuole siano oberate da oneri burocratici, come ad esempio la rendicontazione dei fondi europei.
Stigmatizza inoltre che, attraverso il decreto-legge n. 95 del 2012, si sia affermato il principio – a suo giudizio deleterio – per cui nella scuola chiunque può svolgere qualsiasi compito, come dimostra peraltro la previsione per cui i docenti sovranumerari possono transitare su altre cattedre purchè in possesso di un titolo idoneo.
Reputa pertanto urgente approvare il disegno di legge affinché si affermi il criterio della competenza e per invertire la tendenza volta all’indebolimento della scuola.
Sul piano dei presunti risparmi di spesa connessi al passaggio di tali docenti tra gli ATA, segnala che attualmente gli inidonei assenti per malattia non vengono sostituiti mentre ciò non accadrebbe nel caso in cui essi ricoprissero dei posti in segreteria, con indubbi aggravi di spesa legati alle sostituzioni. Ritiene dunque che l’obiettivo di contenimento della spesa sia raggiunto in maniera discutibile.
Le medesime norme, prosegue, prevedono il transito degli ITP negli stessi ruoli ATA, privando perciò la scuola di quelle figure che assistono i ragazzi nei laboratori e aiutano ad unire il sapere con il saper fare.
Soffermandosi poi sulla copertura, reperita attraverso la riduzione delle missioni di spesa dei Ministeri, si dichiara disponibile a lavorare con l’Esecutivo per apportare le correzioni eventualmente necessarie.
Avviandosi alla conclusione, rimarca negativamente l’ingiustizia protrattasi quest’anno al punto che sono state bloccate le stabilizzazioni di tutti gli ATA precari che finirebbero per essere licenziati. Riferisce altresì che il Gruppo Lega Nord e Autonomie ha presentato un proprio testo, il n. 728, che si pone in linea con il disegno di legge n. 316 e dunque testimonia l’ampia volontà politica comune, confermata altresì dal ministro Maria Chiara Carrozza in occasione delle dichiarazioni programmatiche durante le quali ha accennato alla necessità di risolvere detta questione.
Infine propone di richiedere il trasferimento alla sede deliberante, con il sostegno di tutti i Gruppi e dell’Esecutivo, tanto più che sul disegno di legge n. 316 hanno aggiunto la propria firma tutti gli schieramenti.

Il senatore CENTINAIO (LN-Aut), intervenendo sull’ordine dei lavori, chiarisce che il proprio Gruppo aveva già predisposto un testo pressocchè identico a quello della relatrice e per questo ha presentato un autonomo disegno di legge. Ciò non pregiudica peraltro l’intenzione di procedere in maniera concorde con gli altri Gruppi, ma conferma anzi l’attenzione di tutte le forze politiche.

Il sottosegretario TOCCAFONDI dichiara di comprendere la volontà politica sottesa all’articolato, riservandosi tuttavia di compiere una verifica sull’impatto economico del testo che reca una copertura non del tutto esigua.

Prende brevemente la parola la relatrice PUGLISI (PD) per precisare che le risorse necessarie potrebbero risultare inferiori a quelle preventivate, essendosi ulteriormente ridotto il numero dei docenti interessati. Chiede pertanto la collaborazione del Governo nelle stime effettive dei soggetti coinvolti, ribadendo che qualora si perfezionasse il passaggio nei ruoli ATA vi sarebbero aggravi di spesa connessi alle sostituzioni per malattia. In ultima analisi si augura vivamente che l’Esecutivo non collochi più la scuola tra le ultime priorità.

Sull’ordine dei lavori interviene anche il senatore MARIN (PdL), per precisare di aver interpretato in senso positivo la riserva posta dal Sottosegretario, che evidentemente intende compiere un ulteriore approfondimento per supportare l’iniziativa in modo non formale.

Il PRESIDENTE fa presente anzitutto che la richiesta di trasferimento alla sede deliberante potrà essere avanzata a conclusione dell’esame in sede referente, dopo che saranno pervenuti i pareri delle Commissioni 1a e 5a tanto sul testo quanto sugli eventuali emendamenti che saranno presentati.
Segnala altresì che potrà essere elaborato un testo unificato nel quale confluiranno le firme di tutti i presentatori. Puntualizza a sua volta che il ministro Maria Chiara Carrozza ha mostrato una esplicita sensibilità alla questione durante l’esposizione delle sue linee programmatiche.

Il seguito dell’esame congiunto è rinviato.

 

2 agosto Abolizione Province e DL Valore Cultura in CdM

Il 2 agosto il Consiglio dei Ministri esamina un Ddl Costituzionale per l’Abolizione delle Province ed approva un Decreto-Legge recante disposizioni urgenti per la tutela, la valorizzazione e il rilancio dei beni e delle attività culturali e del turismo.

Il Consiglio dei ministri, su proposta del presidente del Consiglio, Enrico Letta, e del ministro dei Beni e delle attività culturali e del turismo, Massimo Bray, ha approvato il decreto legge “Valore Cultura” riguardante disposizioni urgenti per la tutela, la valorizzazione e il rilancio dei beni e delle attività culturali e del turismo.

Un direttore generale per l’Unità “Grande Pompei”

Con il decreto legge si dà il via libera a una Unità con il compito di coordinare e di far convergere in un’unica sede decisionale tutte le decisioni amministrative necessarie alla realizzazione dei piani, dei progetti e degli interventi strumentali a consentire il rilancio economico-sociale e la riqualificazione ambientale e urbanistica dei territori dei comuni afferenti all’area, sede di importanti siti archeologici, in modo da potenziarne l’attrattività turistica dell’intera area e da stimolare il rilancio del settore dei servizi turistico-alberghieri e dell’accoglienza turistica.

L’unità è costituita dal ministro dei Beni e delle attività culturali e del turismo, la Regione Campania e gli enti locali territorialmente competenti, nonché gli altri enti pubblici.
Il direttore generale del “Grande progetto Pompei”, nominato dal Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, entro trenta giorni dalla data di conversione in legge del presente decreto, e denominato “direttore generale di progetto”, ha il compito di:

  • definire e approvare gli elaborati progettuali degli interventi di recupero e restauro propedeutici alla pronta attuazione del “grande progetto Pompei”;
  • assicurare l’efficace svolgimento delle procedure di gara dirette all’affidamento dei lavori e all’appalto dei servizi e delle forniture necessari alla realizzazione del “grande progetto Pompei”, seguendo la fase di attuazione ed esecuzione dei relativi contratti;
  • assicurare  la corretta ed efficace gestione del servizio di pubblica fruizione e di valorizzazione del sito archeologico, predisponendo la documentazione degli atti di gara e seguendo la fase di attuazione ed esecuzione dei relativi contratti;
  • assumere la responsabilità dell’efficace gestione del sito, anche mediante l’ottimale gestione del personale addetto alla custodia e alla vigilanza;
  • fornire supporto organizzativo e amministrativo alle attività di tutela e di valorizzazione di competenza della Soprintendenza.

La Soprintendenza speciale di Pompei (organismo altro rispetto all’Unità) sarà separata da quella di Napoli dove nascerà una Soprintendenza archeologica.

I 500 giovani per la cultura

Per facilitare l’accesso e la fruizione del patrimonio culturale da parte del pubblico, il ministero dei Beni e delle attività culturali e del turismo attuerà un programma straordinario che si inserisce nel quadro delle indicazioni dell’agenda digitale europea. Per questo, saranno selezionati 500 laureati under 35 ai quali sarà data la possibilità di accedere a un tirocinio di 12 mesi nelle attività di inventariazione e digitalizzazione presso gli istituti e i luoghi della cultura statali. Il progetto pilota partirà nelle regioni Puglia, Campania, Calabria e Sicilia, con i primi 100 ragazzi.

Una nuova strategia di finanziamento per i musei

  • Il ministero dei Beni e delle attività culturali e del turismo avrà la possibilità di razionalizzare i fondi interni per gestire al meglio le aperture museali;
  • Gli introiti della vendita dei biglietti e i proventi del merchandising relativi ai siti culturali, che erano stati ridotti fino all’attuale 10-15% , saranno riassegnati interamente al ministero dei Beni e delle attività culturali e del turismo;
  • Per il completamento del progetto Nuovi Uffizi saranno stanziati 8 milioni di euro;
  • Per la realizzazione della sede del Museo della Shoah di Ferrara sarà previsto uno stanziamento di 4 milioni di euro;
  • Per una serie di siti che necessitano di interventi urgenti saranno stanziati 2 milioni di euro;
  • Alcuni spazi statali e demaniali saranno affidati alla gestione di artisti under 35, sulla base di bandi pubblici a rotazione semestrale. In questo modo, sull’esempio di «59 Rivoli» a Parigi, saranno creati spazi all’interno delle città in cui gli artisti potranno esprimersi creativamente e ricercare nuove forme di espressione.

Tax credit sul cinema e sulla musica

  • Per il tax credit per il cinema, come auspicato dagli operatori del settore, sarà garantita la cifra di 90 milioni di euro;
  • Sarà introdotto un tax credit pari a 4,5 milioni di euro sulla musica, ispirato a quello sul cinema, per far fronte alla crisi del mercato musicale, promuovere giovani artisti e compositori emergenti. Ne beneficeranno opere prime e opere seconde, senza distinzioni di genere.

Fondi per il rilancio delle Fondazioni lirico-sinfoniche

La norma serve a risanare la situazione debitoria delle Fondazioni lirico-sinfoniche. È previsto un iter speciale a richiesta delle Fondazioni in stato di crisi che potranno accedere a un fondo di 75 milioni di euro, che sarà gestito da un commissario straordinario.

Le Fondazioni, per accedere al fondo, dovranno:

  • presentare entro 90 giorni un piano industriale di risanamento;
  • ridurre fino al 50% del personale tecnico amministrativo;
  • interrompere i contratti integrativi.

Il ministero dei Beni e delle attività culturali e del turismo, per salvaguardare i lavoratori, ha previsto la possibilità di trasferimento nelle varie sedi territoriali di Ales spa del personale tecnico amministrativo in esubero fino al 50%.
Cambia la governance: si stabilirà l’obbligo del pareggio di bilancio e l’applicazione delle norme del codice dei contratti pubblici.

Verrà introdotto l’obbligo di cooperazione tra le fondazioni e di condivisione di programmi e spettacoli.

Teatri ed enti culturali salvi dai tagli

Gli enti culturali vigilati dal Ministero dei Beni e delle attività culturali e del turismo e i Teatri stabili pubblici non dovranno più effettuare i tagli orizzontali sulle spese relative a pubblicità e tournée.

Donazioni più facili alla cultura

Le donazioni fino a 5mila euro in favore della cultura potranno essere effettuate:

  • senza oneri amministrativi a carico del privato;
  • con la garanzia della destinazione indicata dal donatore;
  • con la piena pubblicità delle donazioni ricevute e del loro impiego.

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Il Consiglio dei ministri ha poi esaminato, in via definitiva, su proposta del Presidente del Consiglio, Enrico Letta, del vicepresidente e ministro dell’Interno, Angelino Alfano, del Ministro per le riforme costituzionali, Gaetano Quagliariello e del Ministro per gli Affari Regionali e autonomie, Graziano Delrio, un disegno di legge costituzionale per l’abolizione delle Province che è stato sottoposto al parere della Conferenza unificata. Il provvedimento di modifica della Costituzione disciplina l’abolizione delle province istituite nell’ambito del territorio delle regioni a statuto ordinario, recependo così un’istanza, largamente  sentita e oramai giunta a maturazione, che mira al riordino del riparto di competenze fra livelli di governo a fini di razionalizzazione e di contenimento della spesa pubblica ma anche di conseguimento di un’efficacia sempre maggiore dell’azione amministrativa negli enti territoriali. Quando il processo di modifica della Costituzione giungerà a compimento verranno anche individuate forme di aggregazione e di coordinamento fra comuni per l’esercizio di funzioni di governo di cosiddetta “area vasta”. Viene attribuito allo Stato il compito di definire, tra l’altro, anche il territorio delle città metropolitane.

1 agosto Sezioni Primavera, Edilizia scolastica, Organici ATA in CUSR

L’1 agosto la Conferenza Unificata ha:

1) sancito uno Schema di accordo quadro per la realizzazione di un’offerta di servizi educativi a favore di bambini dai due ai tre anni, volta a migliorare i raccordi tra nido e scuola dell’infanzia e a concorrere allo sviluppo territoriale dei servizi socio educativi 0-6 anni.
(ISTRUZIONE, UNIVERSITA’ E RICERCA)
Accordo ai sensi dell’articolo 9, comma 2, letto c) del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.

2) sancito un’Intesa tra Governo, Regioni ed Enti locali sull’attuazione dei piani di edilizia scolastica formulati, ai sensi dell’articolo 11, comma 4-bis e seguenti, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221. (ISTRUZIONE, UNIVERSITA’ E RICERCA)
Intesa ai sensi dell’ariicolo 11, comma 4-bis del decreto-Iegge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221.

3) reso parere sullo schema di decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, recante “Disposizioni sulla determinazione degli organici del personale amministrativo tecnico ed ausiliario (ATA) delle istituzioni scolastiche e educative per l’anno scolastico 2013/2014”. (ISTRUZIONE, UNIVERSITA’ E RICERCA – ECONOMIA E FINANZE)
Parere ai sensi dell’articolo 2, comma 4, del D.PR. 20 marzo 2009, n. 81.

Relazione di accompagnamento dell’Accordo per la stabilizzazione del sistema educativo “Sezioni primavera”

Il servizio educativo sperimentale “Sezioni primavera”, previsto dalla legge n. 296/2006 come ampliamento qualificato dell’offerta formativa rivolta a bambini dai 24 ai 36 mesi e come servizio socioeducativo integrativo aggregato alle scuole dell’infanzia e degli asili nido, è arrivato al settimo anno di vita.
Si tratta di un nuovo servizio educativo, compreso nel prospettato sistema educativo integrato 0-6 anni, originato dalla criticità degli anticipi alla scuola dell’infanzia emersa nella fase di prima applicazione.
A differenza dell’istituto dell’anticipo, il nuovo servizio educativo è nato come progetto specifico dedicato, secondo criteri di qualità pedagogica, flessibilità, rispondenza alle caratteristiche della specifica fascia di età.
L’attivazione sperimentale del servizio è stata resa possibile da appositi Accordi, definiti periodicamente dalla Conferenza Unificata.
Al funzionamento di questo servizio educativo sperimentale in questi anni ha concorso prioritariamente il contributo finanziario del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, quello del Dipartimento delle politiche per la Famiglia e del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, nonché quello della maggior parte delle Regioni e dei Comuni, attraverso le risorse strumentali e umane per la gestione diretta o in convenzione.
Nonostante l’impegno finanziario profuso, le risorse disponibili hanno consentito solo parzialmente l’espansione del servizio sul territorio.
Per le note difficoltà economiche, nel corso degli ultimi anni si è registrata una riduzione delle risorse pubbliche culminata nell’ anno 2012 con l’assenza dei contributi finanziari statali, mettendo a dura prova la sopravvivenza del servizio. In alcuni territori, tuttavia, il servizio è stato assicurato dall’intervento delle Regioni e dei Comuni.
Nonostante questa fase critica, le sezioni primavera continuano ad essere oggetto di domanda da parte delle famiglie e di apprezzamento da parte degli amministratori locali, soprattutto nei territori privi o gravemente carenti di strutture di servizio per la primissima infanzia, in quanto esse, aggregate a scuole dell’infanzia o ad asili nido, consentono di ottimizzare le risorse strutturali già disponibili, riducendo i costi del servizio educativo e il correlato contributo delle famiglie.
Unitamente alle scuole dell’infanzia e agli asili nido, le sezioni primavera concorrono, quindi, a soddisfare la crescente richiesta di servizi socio-educativi per l’infanzia, favorendo anche l’occupazione femminile e contribuendo altresì a conseguire l’obiettivo fissato dall’Unione europea del 33% di bambini 0-3 anni accolti nei servizi educativi per la primissima infanzia.
Un recente monitoraggio svolto dal Miur ha messo in luce la validità del nuovo servizio che, nella prospettiva del sistema integrato O – 6 anni, si colloca in una fascia intermedia tra nidi e scuole dell’infanzia, rappresentando una esperienza di qualità pedagogica, flessibile ed originale nelle soluzioni organizzative.
Il monitoraggio ha rilevato che attualmente fruiscono del servizio circa 25 mila bambini accolti nelle oltre 1.600 sezioni primavera autorizzate e finanziate con contributo pubblico. In tali sezioni operano oltre 4mila unità di personale, impegnato nelle attività educative e nei relativi servizi di supporto.
Per l’elevata domanda di servizio sono state attivate sul territorio, ancorché non formalmente registrate e finanziate, ulteriori sezioni primavera che ospitano, secondo una stima attendibile, altri 10-15 mila bambini. Si può ritenere, quindi, che attualmente, in servizi finanziati e non, vi siano circa 35-40 mila bambini che fruiscono del servizio educativo sperimentale delle sezioni primavera.
In occasione delle selezioni annuali dei progetti sperimentali da finanziare, in molti territori, soprattutto delle aree meridionali, sono state rilevate numerose richieste di gestori privati e pubblici che sono rimaste escluse dal contributo finanziario per la ristrettezza delle risorse disponibili. Tutto ciò attesta un potenziale di servizio derivante da una forte domanda delle famiglie che cercano, pur nella contingenza attuale di crisi sociale ed economica, una risposta di sostegno per la cura, l’assistenza e l’educazione dei minori, a condizione che i costi di accesso siano contenuti e pertanto sostenibili.
Il monitoraggio sopra richiamato ha messo in evidenza potenzialità, esiti positivi e criticità delle esperienze, confermandone comunque l’utilità sia in termini di risposta ad un bisogno del territorio che di intervento pedagogico educativo funzionalmente più qualificato dell’ anticipo di iscrizione previsto dall’ ordinamento dell’ infanzia.
Il monitoraggio ha confermato come il modello della Sezione Primavera risulti idoneo a coprire i vasti territori extraurbani presenti nel nostro Paese, in cui l’insediamento umano è articolato in Comuni di piccole dimensioni.
Tutto ciò avvalora sicuramente l’esigenza di dover superare l’attuale fase sperimentale delle sezioni primavera nella prospettiva di realizzare, a breve, l’obiettivo inderogabile di potenzi arIe, diffonderle sul territorio e stabilizzarle, conferendo loro dignità di sistema integrativo all’interno dell’attuale quadro ordinamentale dei servizi 0-6 anni.
Pertanto, dopo sette anni di sperimentazione, con una domanda diffusa di servizio che incalza, diventa assolutamente necessario uscire da questa fase precaria e provvisoria, pervenendo alla stabilizzazione del servizio, valorizzando le numerose buone pratiche emerse e sviluppando al meglio le potenzialità rilevate.
Stabilizzare il servizio significa assicurarne l’indispensabile sostegno finanziario e consentirne la necessaria diffusione sul territorio, al fine di sostenerne lo sviluppo in termini quantitativi e qualitativi.
Un servizio sperimentale che si fa sistema richiede uno specifico intervento legislativo che, come leva strategica e nella prospettiva di un sistema integrato dei servizi per l’infanzia O – 6 anni, potrebbe contribuire a favorire i processi di sviluppo sociale ed economico del Paese, soprattutto nelle aree maggiormente colpite dalla crisi.
La Conferenza Unificata, convinta di tale scelta, chiede alle forze politiche di condividere siffatto obiettivo e di tradurlo quanto prima in norma di legge.

Di seguito il Comunicato stampa del MIUR:

Edilizia scolastica: Carrozza, intesa in conferenza unificata ottimo passo avanti

“La firma di oggi è un ottimo passo avanti verso una gestione più semplice ed efficace dei fondi per l’edilizia scolastica”. Con queste parole il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Maria Chiara Carrozza ha commentato il via libera in sede di Conferenza Unificata ad un’intesa in materia di edilizia scolastica.

“L’accordo prevede una maggiore collaborazione istituzionale tra i diversi attori coinvolti, una programmazione congiunta e un’accelerazione degli interventi assegnando direttamente i finanziamenti agli Enti locali. – ha aggiunto il Ministro – Con questo accordo puntiamo a superare un modello di governance che negli ultimi anni si è rivelato inefficace per i tempi troppo lunghi, non più sostenibili, per rendere spendibili le risorse stanziate e per aprire i cantieri. Oggi abbiamo dato un nuovo segnale positivo, dopo le risorse stanziate con il Decreto del fare, che conferma la centralità dell’edilizia scolastica nell’azione di questo dicastero e del governo Letta”.