Tribunale di Roma: ribadita l’assoluta validità del titolo Montessori rilasciato da Enti diversi dall’Opera Nazionale Montessori

Tribunale di Roma: ribadita l’assoluta validità del titolo Montessori rilasciato da Enti diversi dall’Opera Nazionale Montessori. MIUR condannato alla stipula dei contratti a tempo indeterminato precedentemente negati.

 

Accolti ulteriori due ricorsi sulla “questione titolo Montessori” conseguito presso Ente diverso dall’Opera Nazionale Montessori. Le sentenze di totale accoglimento emesse dal Giudice del Lavoro di Roma hanno disposto l’immissione in ruolo delle docenti specializzate con titolo Montessori rilasciato da Ente autorizzato dal MIUR, ma paradossalmente non ritenuto valido dallo stesso Ministero all’atto della convocazione e della stipula di contratto di lavoro a tempo indeterminato.

Durante le operazioni di convocazione per il conferimento di incarichi a tempo indeterminato dalle graduatorie degli specializzati per il metodo differenziato Montessori relative all’a.s. 2012/2013, infatti, il Ministero dell’Istruzione aveva negato a molte docenti, regolarmente convocate e inserite nelle specifiche graduatorie, la possibilità di accettare la nomina in ruolo in quanto il titolo di specializzazione da loro posseduto non era stato rilasciato dall’Opera Nazionale Montessori. Alle stesse, inoltre, i funzionari del MIUR avevano comunicato l’imminente cancellazione dalle graduatorie dei docenti con “Specializzazione Montessori” da cui sarebbe scaturita l’impossibilità di conseguire qualsiasi tipo di nomina, anche a tempo determinato, nelle scuole statali montessoriane.

Alcune di queste docenti si sono immediatamente opposte all’iniqua decisione del MIUR e hanno proposto ricorso al competente Giudice del Lavoro, ottenendo definitivamente ragione. Il Tribunale di Roma, infatti, ha confermato che la mancata stipula di contratto a tempo indeterminato su posto d’insegnamento con “Metodo Didattico Differenziato Montessori” – e la cancellazione dalle relative graduatorie – operata dal MIUR nei confronti dei docenti in possesso di specifico diploma di specializzazione con la mera motivazione che il titolo non è rilasciato dall’Opera Nazionale Montessori o Enti da quest’ultima autorizzati risulta priva di supporto normativo.

Secondo quanto già da tempo stabilito dal Consiglio di Stato, infatti, la circostanza per cui l’Opera Nazionale Montessori abbia assunto tra i suoi fini statutari la promozione, lo sviluppo e la diffusione del metodo d’insegnamento Montessori, non le attribuisce una posizione giuridica qualificata a svolgere in esclusiva corsi di didattica differenziata fondati sullo stesso metodo, di modo che uguale attività sia preclusa ad ogni altro soggetto pur ritenuto idoneo dalla competente autorità a norma dell’art. 46 del R.D. 5 febbraio 1928 n. 577; pertanto, legittimamente il Ministro della Pubblica Istruzione autorizza l’espletamento dei predetti corsi da parte di Enti diversi dalla citata Opera.

In accoglimento integrale di quanto richiesto è stata, dunque, nuovamente riconosciuta l’assoluta validità del titolo montessoriano posseduto dalle docenti e il MIUR è stato condannato, nel pieno rispetto della normativa vigente, a mantenere le ricorrenti nelle graduatorie definitive per la classe di concorso per l’insegnamento con titolo Montessori e all’immissione in ruolo delle stesse con contratto di lavoro a tempo indeterminato su specifico posto a indirizzo montessoriano.

Avv. Salvatore Russo

Emergenza scuole senza dirigente in Lombardia

Emergenza scuole senza dirigente in Lombardia. Una soluzione più rischiosa del problema da risolvere

In merito al Concorso per Dirigenti Scolastici in Lombardia, il giorno 24 Luglio 2013 il ministro dell’Istruzione Maria Chiara Carrozza, in risposta alla interrogazione parlamentare della deputata del PD Maria Coscia, ha riferito di essersi fatta promotrice di un intervento normativo che “contemperi il giudicato e l’esigenza di dare figure di vertice alla scuola”. Il ministro ha altresì affermato che tale norma potrebbe essere inserita in un provvedimento urgente del Governo. Dalle commissioni parlamentari istruzione, ci giungono informazioni per le quali esisterebbero proposte volte ad aggirare nella sostanza il risultato della sentenza del Consiglio di Stato, che ha giudicato la vecchia graduatoria del concorso “non precettiva” e quindi “non impugnabile”. Nell’ipotesi in cui tale provvedimento o altro atto amministrativo dovesse conferire degli incarichi di presidenza sulla base della graduatoria annullata dal CDS con sentenza 3747/2012, vedremmo concretizzarsi la peggiore delle situazioni, ovvero l’innescarsi di un processo di azioni legali che potrebbero annullare atti ritenuti aggiramenti del giudicato, in tutela di quanto ordinato dal su citato dispositivo del Consiglio di Stato, e gli atti da costoro prodotti. In questo modo, un intervento pensato a soccorso della scuola lombarda potrebbe addirittura procurare maggiori danni di quanto non sia sin qui accaduto.

Comitato Articolo 97 Lombardia

La digitalizzazione della scuola e la rivoluzione dell’editoria

da Repubblica.it

La digitalizzazione della scuola e la rivoluzione dell’editoria

Entro il 2014 tutti i testi dovranno essere disponibili anche in versione digitale, ma gli editori non sono ancora pronti. Una nicchia di mercato aperta a imprenditori e start up: “E’ un segmento che vale ancora l’1%, ma cambierà tutto in fretta” dice Roberto Murgia, fondatore di Scuolabook 

di GIULIANO BALESTRERI

MILANO – Lanciare un start up nel mondo dell’editoria sembra più azzardo che un investimento, eppure nonostante le difficoltà alcuni settori del mercato sono in pieno fermento. A cominciare dall’editoria scolastica che ha avuto un impulso fortissimo dai decreti sulla digitalizzazione della scuola che – al netto di cambi dell’ultima ora – dovrà essere completata su scala nazionale entro il primo settembre 2014, dalle elementari al liceo. “Noi siamo partiti nel 2009 con il decreto Gelmini che lanciava l’ebook per le scuole: c’era il decreto, ma non c’erano gli editori. Nessuno era pronto per il passaggio al digitale” racconta Roberto Murgia, amministratore delegato di Scuolabook che ha creato “un’ecosistema per gli editori” portando tutti i testi degli editori che hanno aderito al progetto in formato digitale.
Un business ancora piccolo, ma a ritmi di crescita altissimi. Il fatturato è passato in pochi anni da 1,5 a 6,5 milioni di euro in mercato – quello dell’editoria scolastica – che vale circa 700 milioni di euro e senza – per il momento – competitor: “E’ ancora una nicchia perché il digitale vale l’1% dell’intero mercato, ma cambierà tutto grazie anche agli investimenti dello Stato” che per il 2013 ha messo sul piatto quasi 40 milioni di euro necessari anche per l’acquisti delle attrezzature: dalle lavagne digitali ai tablet. “E poi – continua Murgia – non è mercato attraente per big del settore come Amazon o Apple, perché serve una profonda conoscenza del paese. Bisogna tenere i contatti gli insegnati e seguire tutto il processo del libro. Non è una semplice vendite, ma c’è anche l’assistenza. Anche per questo noi abbiamo un accordo di revenue share con gli editori. Noi teniamo circa il 15%”.
Certo non tutti sono entusiasti della digitalizzazione della scuola, anche perché si tratta di una vera e propria rivoluzione: basti pensare che quasi nessuno degli editori si è attrezzato autonomamente per la transizione. “Quando abbiamo capito la situazione ci siamo lanciati. Per adesso abbiamo avuto ragione, ma credo – prosegue l’imprenditore – che le critiche siano sbagliate. La digitalizzazione della scuola è al passo con i tempi, permette agli studenti partecipare più attivamente. Di condividere note, appunti, di aver più dialogo con gli insegnanti. In questo modo il libro diventa liquido: si evolve, si arricchisce del contributo di studenti e insegnanti”. Per il momento la risposta è positiva perché l’applicazione è già stata scaricata oltre 260mila volte.

Valutazione, stipendi, sindacati: tutto quel che non c’è nel mondo dei presidi

da www.ilsussidiario.net

SCUOLA/ Valutazione, stipendi, sindacati: tutto quel che non c’è nel mondo dei presidi

Gianni Zen

domenica 4 agosto 2013

Strano mondo, quello dei dirigenti scolastici. Da quando, da più di dieci anni, hanno assunto e moltiplicato impegni e responsabilità, c’è stata come una gara a farne i capri espiatori di tutte le magagne della scuola: dalle continue riforme ai tagli sulle risorse, dalle classi pollaio a precarietà di vario tipo. Responsabili di tutto ma con nessuna possibilità di vera decisione dal punto di vista del governo del “sistema scuola”, responsabile dei risultati di fronte a studenti, genitori e contesto territoriale senza nessuna autonomia nei confronti del personale e delle risorse finanziarie. Per questo motivo, ho preso l’abitudine di mettere in un angolo la forma (“dirigente scolastico”) per riprendere la sostanza (“preside”). Cioè, io non “dirigo”, ma “presiedo”. O, meglio, cerco di farlo nel migliore dei modi, nonostante il guazzabuglio di “organi collegiali” ancora legati alle mitologie da anni settanta, figlie di un assemblearismo che ancor oggi continua a guardare con distacco l’etica delle reciproche responsabilità. Appunto, la responsabilità. In particolare, quella verso gli utenti del nostro “servizio”, cioè gli studenti e la loro domanda di futuro possibile. Quanti collegi dei docenti, quante assemblee sindacali conoscono il senso del “servizio”? Ma anche nel mondo dei “presidi”, nella totale indifferenza politico-soindacale, al di lá delle solite parole di rito, troviamo le ingiustizie. Per dirne una: fanno lo stesso mestiere, ma hanno stipendi diversi. Non parlo dello stipendio base, nemmeno di quella parte che è legata alla complessità della propria scuola, secondo una specifica “fascia”, differenza prevista dalla contrattazione integrativa regionale (“retribuzione di posizione nella parte variabile”). Parlo invece dello stipendio al netto della diversità delle proprie scuole, grandi o piccole. Sappiamo le tre diverse situazioni stipendiali: lo stipendio di chi era preside prima del passaggio nel 2001 alla dirigenza scolastica (quando era meno complicato fare il preside); lo stipendio di chi era preside “incaricato” da docente prima di diventare “di ruolo” attraverso, soprattutto, concorsi riservati, cioè delle sanatorie; lo stipendio infine di coloro che sono diventati presidi vincendo da docenti un vero concorso, cioè un concorso ordinario, iper-selettivo e per pochi fortunati. Qui non si discutono tanti colleghi in gamba, ma l’ingiustizia della non-pari opportunità. Non c’è cioè “pari dignità”. Quanti tra i dirigenti vincitori dell’ultimo concorso ordinario conoscono tutto questo? A dire il vero, ci sono stati tentativi, con ricorsi ad hoc, per chiedere il rimedio a questa ingiustizia. Ma, ad oggi, solo illusioni. Ovviamente, a parte le solite prese di posizione solo di facciata, nella totale indifferenza da parte delle sigle sindacali, compresa l’Anp. Provo a spiegare. Per coloro che erano già presidi prima del 2001 c’è la Ria, per i vecchi docenti a suo tempo presidi “incaricati” c’è ancora oggi, anche se sono diventati presidi di ruolo dopo il 2007, cioè dopo i vincitori del primo concorso ordinario (l’unico vero concorso in uno Stato serio), un assegno ad personam (sic!). La Ria dei vecchi presidi invece è una sorta di rivalutazione, chiamata “retribuzione individuale di anzianità”, calcolata sugli anni di presidenza prima della dirigenza scolastica. Una stranezza. Dire queste cose secondo verità è fare polemica fine a se stessa, o invece iniziare a mettere ordine nella confusione generale della burocrazia statale? Su questo aspetto “di solidarietà”, a parte, come dicevo, parole di rito, ciò che sconcerta è il silenzio, appunto, dei sindacati. Guidati ancora oggi, altro sconcerto, dagli stessi per tanti anni. Una riforma, su questo punto, davvero urgente? Introdurre un limite di due mandati. Sarebbe facile chiedere di alzare lo stipendio a tutti, ma l’attuale crisi non credo lo possa permettere. Ci vuole quindi un atto di solidarietà. È proprio su questa solidarietà che dovrebbe emergere il ruolo di un sindacato: se non persegue diritti e solidarietà, appunto, a che pro iscriversi? Solo per la assicurazione? Ecco il motivo del vuoto culturale dei sindacati odierni. Le organizzazioni sindacali, è sempre bene ribadirlo, sono importanti in una società democratica. Il problema è che i sindacati devono fare i sindacati, cioè i rappresentanti, ovviamente, degli interessi di una parte, ma di una parte che sa aprirsi al “bene comune”. Oltre i corporativismi.

Per il mondo della scuola, è facile notarlo, la crisi della rappresentanza sindacale non riguarda solo i docenti ed i non docenti, ma anche i presidi: difficile oggi trovare luoghi adeguati di lettura delle nuove professionalità richieste dalla nostra “società aperta”.

Vogliamo riformare questo mondo: basterebbe porre un limite ai mandati sindacali, al massimo due. Una piccola-grande rivoluzione. Quando riceviamo inviti per riunioni sindacali, sappiamo già la loro consistenza, cioè assise di routine, raramente occasioni importanti per cogliere a fondo il merito dei problemi. Cioè una cultura sindacale aperta e coinvolgente in termini sociali. Ce lo diciamo ogni giorno: è nei momenti difficili che si possono e si devono fare le riforme serie. Non solo. Perché i presidi oggi hanno un’altra responsabilità: aprire per primi la strada al sistema di valutazione nel mondo della scuola. Arriverà anche per i presidi, finalmente, una forma di valutazione, tentata anni fa col progetto Sivadis, e poi sparita nel nulla? Se dunque differenza anche stipendiale ci deve essere, è giusto che derivi da una valutazione concreta del proprio “servizio”, non dai retaggi corporativi del passato. Un sindacato serio questo dovrebbe mettere tra le proprie priorità! A dire il vero qualcosa si sta muovendo: parlo qui del progetto VALeS. Un primo passo. Ma se i presidi è giusto che vengano valutati, vanno date a loro anche le possibilità e le risorse per gestire con qualità queste responsabilità. Ad oggi discorsi ancora tabù. Di tutto questo dovrebbero discutere i presidi nei loro incontri sindacali, contro il rischio del piccolo cabotaggio. Ma non so se sia una pia illusione. Perché, per ritornare all’ingiustizia denunciata, i sindacati non fanno una proposta semplice ed incisiva, per ragioni di equità? Basta poco: riassorbire la Ria e l’assegno ad personam ridistribuendoli in modo equo a tutti i presidi. In forma proporzionale. Per farmi capire: con una scuola “di prima fascia”, con 2000 studenti, 165 docenti, sei indirizzi, 45 Ata, ricevo lo stesso stipendio di un collega, a suo tempo “preside incaricato”, che presiede una scuola di 600 studenti. E nessuno che si scandalizzi, tra i sindacati, ovviamente, ma in primis tra i ministeriali. Tutti indifferenti. Lo sappiamo tutti: le cose importanti non sono quelle che convengono, ma quelle che costano. Piccole-grandi scelte di solidarietà.

Domande accesso ai corsi abilitanti PAS: problemi per la validazione dell’a.s. 2012/13

da Tecnica della Scuola

Domande accesso ai corsi abilitanti PAS: problemi per la validazione dell’a.s. 2012/13
di A.G.
Forte disorientamento tra alcune migliaia di candidati per i quali è indispensabile dichiarare l’anno scolastico in corso direttamente nella voce “servizi”: il sistema telematico predisposto dal Miur non lo contempla. È auspicabile che l’amministrazione attui quanto prima una modifica al programma. O pubblichi una FAQ chiarificatrice.
L’allungamento dei tempi per perfezionare il sistema telematico che permette entro il prossimo 29 agosto di presentare domanda d’accesso ai Percorsi abilitanti speciali non è servito a sanare tutti i “bug” presenti: in particolare, diversi candidati all’abilitazione sono preoccupati per l’impossibilità, di far valere l’anno scolastico 2012/13.
Ora, è vero che nel comma 4 dell’art. 1 del decreto dirigenziale n. 58 del 25 luglio 2013, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 30 luglio scorso, viene dichiarato che “nelle more della revisione dei requisiti di accesso relativi al servizio, gli aspiranti potranno dichiarare anche i servizi relativi all’anno scolastico 2012/13”. Ma è altrettanto vero che ad oggi sono in migliaia i candidati all’accesso ai PAS a cui serve la validazione dell’anno in corso.
Ma non renderla utile, come hanno fatto sinora i programmatori del modello di domanda telematica, predisposto all’interno della piattaforma “Istanze on line”, sta creando non pochi turbamenti. La domanda più ricorrente è la seguente: poiché ad oggi l’a.s. 2012/13 figura solamente tra quelli collocabili come “Ulteriori anni di servizio” cosa dobbiamo fare, visto che con l’attuale configurazione risulta che abbiamo svolto solo due supplenze annuali. E quindi, in tal caso, la domanda non può essere inoltrata?
Giriamo il quesito al Miur. È urgente che modifichi, quanto prima, il modello telematico. Collocando l’anno in corso direttamente tra i “servizi” da dichiarare per l’accesso ai corsi. O che pubblichi, qualora fosse sufficiente, una FAQ chiarificatrice.
Vale la pena ricordare che a livello normativo la validazione dell’anno in corso avverrà, dopo una lunga serie di passaggi istituzionali, tra cui quelli non proprio repentini in seno alle commissioni parlamentarli. Che per essere espletati, anche se il consenso appare totale, necessitano di alcuni mesi. Mentre è necessario fornire, sin da subito, indicazioni certe agli aspiranti candidati ai PAS che devono fare domanda d’accesso.

Tutelare i lavoratori della scuola non statale

da Tecnica della Scuola

Tutelare i lavoratori della scuola non statale
Nella scuola non statale operano da anni tre distinti Contratti, tutti sottoscritti dalle OO.SS. di FLC Cgil, Cisl Scuola, UIL Scuola e SNALS, che, pur avendo numerosi istituti contrattuali comuni, differiscono in modo significativo soprattutto nella parte economica
Questi contratti sono: CCNL Agidae per le scuole religiose cattoliche, CCNL Fism per i nidi e le scuole dell’infanzia di ispirazione cristiana e CCNL Aninsei per le istituzioni scolastiche laiche. Al loro interno ci sono differenze soprattutto retributive imputabili ad un gap storico risalenti alla stipula dei primi CCNL unitari. Per questo, scrive la Flc-Cgil, le organizzazioni sindacali firmatarie dei tre CCNL hanno avanzato unitariamente, a tutte le associazioni datoriali la proposta di addivenire ad un contratto unico finalizzato soprattutto ad armonizzare le retribuzioni e gli orari di alcune figure professionali. Il tutto finalizzato per meglio affrontare la perdurante crisi che ha drammaticamente investito il comparto.

Ancora in giro lo spettro dell’aumento dell’orario di servizio dei docenti?

da Tecnica della Scuola

Ancora in giro lo spettro dell’aumento dell’orario di servizio dei docenti?
di Lucio Ficara
L’aumento, per via legislativa, dell’orario di servizio dei docenti delle scuole secondarie da 18 a 24 ore settimanali a parità di stipendio, che tanto scompiglio e indignazione generò tra i docenti e sindacati, forse non fu solo uno svarione del governo Monti.
Per alcuni protagonisti del mondo della scuola quella proposta rappresenta un’idea strategica che dovrebbe trovare conferma nella prossima partita di rinnovo contrattuale. Infatti esiste un dietro le quinte politico-sindacale, in cui si parla insistentemente della necessità, non più procrastinabile, di aumentare il servizio settimanale dei docenti delle scuole secondarie di primo e secondo grado, dalle attuali 18 ore alle tanto temute 24. Voci abbastanza attendibili raccontano di sottosegretari all’istruzione impegnati in un giro di ricognizione a ragionare con i sindacati, sul bisogno di inserire nel prossimo rinnovo contrattuale della scuola l’aumento dell’orario di servizio dei docenti delle scuole d’istruzione secondaria.
Bisogna ricordare che nella bozza di legge di stabilità 2012, all’art. 3, si era tentato di introdurre, fraudolentemente e contro il parere dei sindacati, l’aumento dell’orario di servizio dei docenti delle scuole secondarie.
Infatti in tale articolo era scritto: “a decorrere dal primo settembre 2013 l’orario di servizio del personale docente della scuola primaria e secondaria di primo e di secondo grado, incluso quello di sostegno, è di 24 ore settimanali. Nelle sei ore eccedenti l’orario di cattedra il personale docente non di sostegno della scuola secondaria titolare su posto comune è utilizzato per la copertura di spezzoni orario disponibili nell’istituzione scolastica di titolarità e per l’attribuzione di supplenze temporanee per tutte le classi di concorso per cui abbia titolo nonché per posti di sostegno, purché in possesso del relativo diploma di specializzazione. Le 24 ore di servizio del personale docente di sostegno sono dedicate interamente ad attività di sostegno”. Il tentativo di fare passare questa cosa, non ebbe successo, soprattutto perché si riconobbe che le questioni legate all’orario di servizio erano da considerarsi materia contrattuale. Adesso che si torna a parlare di un possibile rinnovo contrattuale, quanto meno per ciò che riguarda la parte giuridica, e non economica, visto i gravi problemi finanziari in cui versa il Paese, ecco tornare come un incubo inaspettato, ma forse non troppo, la questione dell’aumento del servizio per i docenti delle scuole secondarie fino a 24 ore settimanali.
Come si comporteranno i sindacati, se queste voci si rivelassero fondate?
Esiste realmente il dietro le quinte di cui stiamo parlando? Vorremmo tanto che il sottosegretario Rossi Doria e i sindacati smentiscano con forza le indiscrezioni che riporterebbero a galla, anche se per via contrattuale, la questione delle 24 ore settimanali.

Vacanze e moduli orari compatti: si può?

da Tecnica della Scuola

Vacanze e moduli orari compatti: si può?
di Pasquale Almirante
Spalmare le vacanze scolastiche lungo l’arco dell’anno per agevolare il turismo, evitando ingorghi negli alberghi e nelle strade delle ferie, e pure le famiglie? Si può fare? Forse
L’industria del turismo, anche per rafforzare l’economia del Paese, chiede talvolta supporti logistici alla scuola per coordinare le proprie attività e rendere più efficienti i servizi, in considerazione del fatto che le famiglie, per andare in vacanza, sono condizionati dai tempi dell’istruzione dei figli. Si potrebbero allora spalmare le vacanze scolastiche nel corso dell’anno, come avviene per certi versi in Germania, invece di concentrali quasi tutti nel periodo estivo, da luglio ad agosto? Un modo per consentirlo potrebbe essere legato alla definizione precisa delle competenze terminali per ciascuna materia, i livelli essenziali dei saperi, i traguardi formativi, così come è stato implementato per le lingue straniere, in riferimento al “Quadro comune europeo di riferimento per la conoscenza delle lingue (QCER)”. Ottenuta questa chiarezza si potrebbe pensare di concentrare l’orario scolastico in moduli compatti per disciplina. Che significa? Le matterie più corpose di un corso di studi, quelle che hanno un totale di 3-4 o più ore a settimana, potrebbero essere concentrate nell’arco di un mese e mezzo, con corsi compatti e modulari sul tipo della full-immersion, come avviene per i corsi di lingua all’estero o per quelli di aggiornamento o per i corsi Ifts. L’insegnante cioè invece suddividersi giornalmente fra più classi, si troverebbe assegnata una sola classe con tutto il pacchetto delle ore previste nell’arco dell’anno, intervallate certamente da pause funzionali ai bisogni di alunni e professori. A conclusione del ciclo, una verifica finale sulle griglie delle competenze predisposte dal Ministero, supportata comunque da altre in itinere, esprimerà il giudizio complessivo. Si tratterebbe di svolgere 4/5 ore di insegnamento per 5 giorni consecutivi in una sola classe che potrebbe perfino risultare una sorta di ufficio personale gestito da un solo insegnante e all’interno della quale verrebbe riposto tutto il materiale didattico di cui c’è bisogno, compreso il computer, il registro personale, i compiti e quant’altro. Concentrare due, tre pacchetti di materie in alcuni mesi, potrebbe pure voler dire avere a disposizione, a conclusione dell’iter formativo, un periodo di vacanze che non necessariamente vengano a coincidere con quelle estive. Sicuramente bisognerà trovare strategie didattiche diverse e innovative, mentre ciascuna scuola, o gruppi di scuole consorziate, sulla base proprio di questa suddivisone, potrebbe pure pensare di introdurre i semestri, intercalando per esempio questi moduli di didattica compatta per le materie più pesanti con altri meno pesanti o con i laboratori, non lasciando inoltre intentata la via, seguita fra l’altro da tutti i paesi d’Europa, dello sfruttamento delle ore pomeridiane, recuperando così un giorno libero settimanale. Che non è parola vuota in funzione dei Weekend, i fine settimana tanto sfruttati nel nord d’Europa e che da noi, dove il clima meglio lo consente, potrebbe indurre alla breve gita e alla breve fuga verso luoghi turistici d’arte o di mare. In ogni caso per qualunque modifica in questa direzione, spalmando o contraendo, occorre che il Ministero metta all’opera i suoi esperti soprattutto in funzione delle competenze certificabili, tanto più necessarie quanto più improcrastinabili, sia per valutare scientificamente il livello di preparazione degli alunni, e sia per dare chiarezza anche agli esami di stato finali, non più con un voto unico ma con i livelli di preparazione raggiunti per singola disciplina. Si tratta, come si intuisce, di una visione parziale di un problema, quello cioè di coniugare didattica, tempo scuola, esigenze delle famiglie e di operatori turistici, nella prospettiva pure di rendere più funzionale l’istruzione

Edilizia scolastica: priorità per Carrozza

da Tecnica della Scuola

Edilizia scolastica: priorità per Carrozza
di Aldo Domenico Ficara
“Oggi abbiamo dato un nuovo segnale positivo, dopo le risorse stanziate con il Decreto del fare, che conferma la centralità dell’edilizia scolastica nell’azione di questo dicastero e del governo Letta”: lo dice la ministra dell’Istruzione Carrozza.
“L’accordo prevede una maggiore collaborazione istituzionale tra i diversi attori coinvolti, una programmazione congiunta e un’accelerazione degli interventi assegnando direttamente i finanziamenti agli Enti locali. Con questo accordo puntiamo a superare un modello di governance che negli ultimi anni si è rivelato inefficace per i tempi troppo lunghi, non più sostenibili, per rendere spendibili le risorse stanziate e per aprire i cantieri. Oggi abbiamo dato un nuovo segnale positivo, dopo le risorse stanziate con il Decreto del fare, che conferma la centralità dell’edilizia scolastica nell’azione di questo dicastero e del governo Letta”. Sono queste le parole del Ministro Carrozza subito dopo la Conferenza Unificata, dove si sta lavorando per valorizzare lo strumento della programmazione territoriale degli interventi, assicurando la collaborazione istituzionale e la sinergia delle azioni da attuare. L’obiettivo è quello di essere più efficaci nella spesa per gli investimenti in edilizia scolastica. Infatti, la scuola è un settore fondamentale, rispetto al quale sono urgenti investimenti e non ci possiamo certo permettere di disperdere un solo euro. Si ricorda che sarà fondamentale il lavoro e l’impegno delle Regioni per ottenere gli importanti impegni del Governo contenuti nel “Decreto del Fare”: i 100 milioni ogni anno per un triennio di Inail e gli ulteriori 150 milioni per il 2014 (emendamento all’art. 18) per la riqualificazione e la messa in sicurezza delle scuole.
Un’altra novità dell’intesa è l’impegno all’utilizzo dell’Anagrafe dell’edilizia scolastica, che consentirà di ripartire le risorse tenendo conto del fabbisogno effettivo di ogni Regione. Le proposte di intervento sugli edifici scolastici che arrivano dai territori saranno “agganciate” ad uno strumento di rilevazione aggiornato in tempo reale.

Percorsi speciali abilitanti: le prime risposte del Miur ai dubbi dei candidati

da Tecnica della Scuola

Percorsi speciali abilitanti: le prime risposte del Miur ai dubbi dei candidati
di A.G.
Il ministero dell’Istruzione ha ‘postato’ sul proprio sito internet le FAQ relative ai quesiti più ricorrenti per accedere ai corsi e le modalità di compilazione delle domande da presentare entro il prossimo 29 agosto. Chiarimenti anche sulla spendibilità del titolo.
Il ministero dell’Istruzione ha ‘postato’ sul proprio sito internet le prime risposte alle domande più ricorrenti (le cosiddette FAQ), riguardanti i requisiti d’accesso e le modalità di compilazione delle domande per partecipare ai Percorsi abilitanti speciali, da eseguire tramite la piattaforma “Istanze On Line” entro il prossimo 29 agosto (anche se non è da escludere una proroga di un paio di giorni). L’ultima domanda predisposta dal Miur riguarda anche la spendibilità del titolo abilitante: l’amministrazione ha specificato che al termine dei PAS, coloro che supereranno l’esame finale acquisiranno un titolo che permetterà “l’inserimento nella seconda fascia delle graduatorie di istituto e costituiscono requisito di ammissione ai futuri concorsi per titoli e per esami e consentono l’assunzione con contratto a tempo indeterminato nelle scuole paritarie”. Porte sbarrate, quindi, per l’accesso alle GaE. A meno che non cambi la legge. Qui di seguito, l’elenco completo delle prime FAQ predisposte dall’amministrazione:

CHI PUO’ ISTITUIRE E ATTIVARE I PERCORSI FORMATIVI ABILITANTI SPECIALI? Gli atenei e le istituzioni dell’Alta Formazione Artistica, Musicale e Coreutica sedi dei corsi biennali di secondo livello a indirizzo didattico di cui al decreto del Ministro dell’Università e della Ricerca 28 settembre 2007, n. 137, purché sedi di Dipartimenti di didattica della Musica, e al decreto del Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca 7 ottobre 2004, n. 82.
 
QUALI SONO GLI ANNI ACCADEMICI DI ISTITUZIONE E ATTIVAZIONE DEI PERCORSI FORMATIVI ABILITANTI SPECIALI?
AA.AA. 2012/2013 – 2013/2014 – 2014/2015.
 
CHI PUO’ PARTECIPARE AI PERCORSI FORMATIVI ABILITANTI SPECIALI?
I docenti non di ruolo, compresi gli insegnanti tecnico pratici, in possesso dei titoli di studio previsti dal D.M. n.39/1998 e dal D.M. n.22/2005 che abbiano maturato, a decorrere dall’anno scolastico 1999/2000 fino all’anno scolastico 2011/2012 incluso, almeno tre anni di servizio in scuole statali, paritarie ovvero nei centri di formazione professionale, limitatamente ai corsi accreditati per l’assolvimento dell’obbligo scolastico.
QUALI SONO I SERVIZI VALIDI?
L’aspirante deve aver prestato servizio per almeno tre anni, ognuno dei quali su una specifica classe di concorso. Almeno un anno di servizio deve essere stato prestato sulla classe di concorso per la quale si chiede l’accesso al percorso formativo abilitante speciale. Ciascun anno scolastico dovrà comprendere un periodo di almeno 180 giorni ovvero quello valutabile come anno di servizio intero, ai sensi dell’art. 11, comma 14, della Legge n. 124/1999. Il suddetto requisito si raggiunge anche cumulando servizi prestati, nello stesso anno e per la stessa classe di concorso o posto, nelle scuole statali, paritarie e nei centri di formazione professionale.
 
COME E’ VALUTABILE IL SERVIZIO NEI CENTRI DI FORMAZIONE PROFESSIONALE?
Il servizio prestato nei centri di formazione professionale deve essere riconducibile a insegnamenti compresi in classi di concorso e prestato nei corsi accreditati dalle Regioni per garantire l’assolvimento dell’obbligo di istruzione a decorrere dall’anno scolastico 2008/2009.
 
E’ VALIDO IL SERVIZIO PRESTATO NEL SOSTEGNO?
SI, alle stesse condizioni del servizio prestato su classi di concorso, avendo come riferimento la graduatoria che ha costituito titolo di accesso al servizio sul sostegno.
 
E’ NECESSARIO OPTARE PER UNA SOLA CLASSE DI CONCORSO? SI – Gli aspiranti che abbiano prestato servizio in più anni e in più di una classe di concorso optano per una sola di esse, fermo restando il diritto a conseguire ulteriori abilitazioni nei percorsi di tirocinio ordinari
 
QUALI SONO LE CLASSI DI CONCORSO RICHIEDIBILI?
Quelle previste nelle tabelle A, C e D allegate al D.M.39/98.
 
COME VA INOLTRATA LA DOMANDA DI PARTECIPAZIONE? La domanda di partecipazione dovrà essere inoltrata agli Uffici Scolastici Regionali tramite apposita istanza online.
 
SONO PREVISTI PERCORSI SPECIALI PER LA SCUOLA DELL’INFANZIA E PER LA SCUOLA PRIMARIA? SI, gli aspiranti in possesso dei titoli di studio conseguiti al termine dei corsi triennali e quinquennali sperimentali di scuola magistrale e dei corsi quadriennali e quinquennali sperimentali dell’istituto magistrale, iniziati entro l’anno scolastico 1997-1998, o comunque conseguiti entro l’a.s. 2001-2002, che hanno maturato almeno tre anni di servizio specifico nella scuola dell’infanzia o nella scuola primaria, hanno diritto all’accesso ai corsi speciali previsti dall’art. 15, comma 16 del D.M. 249/2010. Il titolo conseguito al termine del percorso dà diritto all’accesso alla seconda fascia delle graduatorie d’istituto.
 
SI POSSONO CUMULARE GLI ANNI DI SERVIZIO PRESTATI NELLA SCUOLA DELL’INFANZIA E NELLA SCUOLA PRIMARIA? SI, fermo restando che, ai fini del computo dei tre anni, per ciascun anno deve essere prestato il servizio nella stessa tipologia di posto.
 
I TITOLI DI ABILTAZIONE CONSEGUITI AL TERMINE DEI PERCORSI FORMATIVI SPECIALI COME POSSONO ESSERE UTILIZZATI?
I titoli di abilitazione consentono l’inserimento nella seconda fascia delle graduatorie di istituto e costituiscono requisito di ammissione ai futuri concorsi per titoli e per esami e consentono l’assunzione con contratto a tempo indeterminato nelle scuole paritarie.

Ddl “Quota 96”: si aspetta il parere della Commissione Bilancio della Camera

da Tecnica della Scuola

Ddl “Quota 96”: si aspetta il parere della Commissione Bilancio della Camera
di R.P.
Ma poi il provvedimento dovrà passare dalla Commissione Lavoro e quindi dovrà andare in aula. Successivamente dovrà riprendere il percorso al Senato. Difficile che l’iter possa concludersi entro la fine di agosto.
Si fa sempre più complicato il percorso parlamentare del ddl sulla questione “Quota 96”. Il provvedimento, infatti, sarà esaminato lunedì 5 agosto in Commissione Bilancio che è chiamata però ad intervenire in sede consultiva: in altre parole dovrà esprimere un parere da trasmettere alla Commissione Lavoro che, in sede referente, nella seduta del 17 luglio aveva licenziato il testo definitivo del disegno di legge. La procedura prevede dunque che la Commissione Lavoro, dopo aver ricevuto i pareri delle altre commissioni parlamentari, dovrà predisporre la relazione conclusiva da inviare in aula. Il fatto è che negli ordini del giorno delle sedute del 5, 6, 7 e 8 agosto di quest’ultima commissione non c’è traccia del provvedimento in questione. C’è da aggiungere che il disegno di legge dovrà comunque essere approvato nella sua versione definitiva dall’aula della Camera per essere successivamente trasmesso al Senato dove dovrà ricominciare lo stesso percorso (assegnazione alla commissione referente, acquisizione dei pareri di altre commissioni, approvazione in aula). Appare dunque improbabile (ma ovviamente non impossibile) che il disegno di legge venga approvato entro la fine del mese, mentre diventa ormai pressoché certo che le nuove disposizioni (sempre che il ddl venga adottato) possano essere già applicate al personale che avrebbe eventualmente potuto andare in pensione con le vecchie regole a partire dal 1° settembre 2013. Se tutto andrà nel migliore dei modi se ne potrà parlare, tutt’al più, per il settembre 2014. Ma non bisogna dimentica che Ragioneria Generale dello Stato e lo stesso Sottosegretario al Lavoro Carlo Dell’Aringa hanno già detto che il provvedimento è di difficile attuazione. La prossima settimana potrebbe essere dunque decisiva per capire quale sarà il futuro di un provvedimento atteso da migliaia di dipendenti del Miur.