Autonomia Responsabile

Autonomia Responsabile

di Mariacristina Grazioli

Premessa

Parlare ancora di autonomia delle scuole oggi, pare quasi obsoleto. Ne hanno parlato tutti, chi nel bene, chi nel male, ma proprio per questo, è necessario riprendere alcuni discorsi, nell’imminenza del nuovo anno scolastico.

L’autonomia c’è e si vede: ogni scuola della Repubblica ha alimentato la sua personale e particolare “pianta” ed oggi siamo di fronte ad un proliferare di esperienze che costituisco davvero una sorta di “parco pedagogico”.

Ragionare ancora sul senso dell’autonomia scolastica può essere utile per dare senso agli sforzi evidenti degli ultimi anni, ma soprattutto è utile per rinfrescare il senso dell’agire quotidiano, al netto della fatiche connesse ai livelli di complessità e responsabilità.

Come una pianta già nata e radicata, l’autonomia ora si rinverdisce di frasche nuove. La linfa vitale dell’agire in regime di autonomia è il dare senso e corpo all’idea di responsabilità come elemento vitale.

Autonomia e Responsabilità delle scuole: le radici

L’autonomia delle istituzioni scolastiche italiane trova la sua radice giuridica nel dettato costituzionale, ove, all’art.5 Cost. è richiesto allo Stato e ai servizi che vi dipendono il più ampio decentramento amministrativo.

La necessità di adeguare ai principi del decentramento amministrativo (e alle esigenze dell’autonomia) ogni più ulteriore metodo, pur nel rispetto dell’unicità e dell’indivisibilità statale, portò ad un stagione di grandi riforme che culminò nella legge n. 59 del 1997, accompagnata anche dal passaggio culturale da “Stato-Apparato” a “Stato-Comunità”.

All’art. 2 della legge citata viene ben decritta la spinta autonomistica degli Istituti scolastici, fortemente connessa al processo di realizzazione del servizio di istruzione. E’ in tale percorso progressivo che si garantiscono i livelli unitari e nazionali di fruizione del servizio allo Studio, portando a compimento gli obiettivi strategici definiti dallo Stato in materia di formazione e inseriti in un quadro di ampia razionalizzazione strutturale.

Non mancano nella legge 59/97 i richiami alla gestione e alla programmazione dell’azione scolastica, ma la piena disciplina giuridica trova in seguito una risposta più specifica ed esaustiva con il DPR 275 del 1999, dove viene garantita una disciplina al nuovo quadro normativo e agli nuovi assetti istituzionali.

L’art. 1 del Regolamento parla, infatti, di autonomia funzionale della scuola e provvede a meglio delineare il significato – anche normativo – del processo di decentramento amministrativo.

Si tratta di un profilo più limitato e “limitante”, rispetto ai compiti amministrativi delle autonomie locali (ex art. 4 L 59/97), che operano secondo il principio di sussidiarietà e, perciò, di piena autonomia istituzionale, secondo le nuove competenze definite dall’art. 117 della Costituzione, novellato con la riforma del Titolo V del 2000.

Nel nuovo quadro giuridico- delineato dal regolamento dell’Autonomia – gli Istituti scolastici hanno piena personalità giuridica ed operano come centri autonomi di imputazione di diritti e di doveri; in questo contesto ogni azione andrà tuttavia commisurata ai quadri istituzionali di riferimento della normativa statale, ma anche nel rispetto delle funzioni delegate alle regioni ed agli EE.LL.

 

Dopo un primo periodo di sperimentazione più transitorio, l’autonomia scolastica è entrata in vigore a partire dal primo settembre 2000.

Il piano culturale su cui si muove l’azione amministrativa di erogazione del servizio scolastico si traduce nelle azioni di garanzia della libertà di insegnamento, nelle idonee prassi di interpretazione del pluralismo culturale, attraverso la progettazione e la realizzazione di interventi mirati di istruzione, educazione e formazione.

L’autonomia funzionale, perciò, trova la sua sfida strategica con l’ espletamento delle azioni amministrative, organizzative e gestionali più idonee a garantire il successo formativo: occorre sapere governare le molteplici e spesso conflittuali richieste che provengono dalla società – complessa e “liquida” nel suo insieme – in un quadro di rispetto degli obiettivi generali e finalità di sistema, anche attraverso un processo efficace e rendicontabile, soprattutto in termini garanzia della relazione tra “insegnamento-apprendimento”.

 

Le funzioni amministrative delle Istituzioni scolastiche sono descritte dall’art. 14 del DPR 275 del 1999, con un’elencazione assai specifica all’articolo 1; gli adempimenti pertanto messi in atto dalle scuole rientrano di buon grado nelle azioni amministrative specifiche, ispirate alle finalità istituzionali dell’art. 97 della Costituzione, che rappresenta, a tutti gli effetti, la norme di chiusura del sistema giuridico amministrativo di riferimento.

In tal senso ogni azione va predisposta in attuazione dei criteri di efficacia, efficienza ed economicità; l’espletamento dell’operato delle Scuole va inoltre ricondotto al regime giuridico disciplinato ex legge 241/1990, modificata dalla legge 15 del 2005, relativa al procedimento amministrativo.

Al Capo II del Regolamento sono descritti i livelli di autonomia finalizzati al conseguimento degli obiettivi istituzionali: l’autonomia – didattica, di ricerca, organizzativa e di sviluppo – è la trama su cui va tessuto organicamente l’impianto del servizio erogato.

L’utilizzo di strumenti tecnici, altamente complessi nella loro organicità, quale il Piano dell’Offerta Formativa, ripropongono il tema della convergenza delle azioni di tutti gli operatori scolastici – siano essi soggetti monocratici, siano essi collegiali – alla concretizzazione delle finalità istituzionali.

In tal senso, l’esercizio dell’autonomia didattica, così come disciplinata all’art. 4 del Regolamento e dell’autonomia organizzativa – art. 5 -, impongono una visione strategica d’insieme della comunità scolastica come luogo educante, inclusivo, capace di individuare zone d’ombra e luce, rendendo efficace l’azione d’insieme.

Il difficile tema della scelta rispetto alle sollecitazioni dei contesti sociali, economici, culturali, istituzionali, deve chiamare le scuole autonome ad una gestione trasparente e rendicontabile, non solo nell’output finale, ma in tutti i passaggi e lungo le fasi più significative.

 

Il termine Autonomia è saldamente correlato dunque con il termine Responsabilità, tanto che pare impensabile un luogo di “scelte senza restituzione” in termini di rendicontazione.

Chi – nelle prime fasi dell’applicazione delle norme sull’autonomia – aveva salutato la stagione nuova come una sorta di liberazione dai vincoli burocratici ed una esaltazione della libertà di scelta delle scuole – aveva successivamente dovuto ricredersi. In effetti ai primi anni caratterizzati da un certo entusiasmo organizzativo, succedevano tempi assai complessi, ricchi di innovazioni centralistiche non sempre accettate dalla scuole, di mancanza di risorse strutturali e strumentali, di una certa proliferazione giuridica spesso contraddittoria, che certamente invitavano i meno attenti al senso vero – Autonomia come Responsabilità – ad invocare il ritorno al passato.

 

Se queste sono le radici giuridico-istituzionali su cui si è innestata e cresciuta la pianta dell’autonomia scolastica, pare naturale andare ad analizzare le altre parti: tronco e chioma.

 

 

Autonomia e Responsabilità: il “tronco” amministrativo

Con la procedimentalizzazione dell’azione amministrativa il termine autonomia è sempre maggiormente connesso con le idee condivise di rendicontazione e di responsabilizzazione, anche al fine di ottimizzare le risorse a disposizione, in un ottica di miglioramento continuo.

Il rispetto delle norme disciplinanti il procedimento amministrativo non può allora essere vissuto come mero vincolo burocratico, ma come necessaria indicazione, utile anche al processo di democratizzazione del sistema dell’azione amministrativa nel suo complesso.

In particolare, l’art. 1 delle legge 241/1990 e successive modifiche, indica, tra gli altri, il principio di pubblicità e trasparenza come essenziale componente della buona prassi amministrativa. Se dal punto di vista culturale è possibile sostenere che le norme contenute nella legge 241/90 rappresentano già una evoluzione sostanziale, nel senso delle garanzia alla partecipazione dell’utente e del controllo dell’operato della PA, allora la pubblicità e la trasparenza – sia come azioni amministrative, sia come prassi organizzative e di gestione – sono utilmente strumentali a tale partecipazione attiva.

Le norme contenute nei Capi II, III e V – che disciplinano rispettivamente il responsabile del procedimento, la partecipazione al procedimento e la procedura di accesso ai documenti, non possono che essere considerate imprescindibili – anche per l’incremento delle percezione positiva del servizio reso all’utenza.

La trasparenza gestionale dunque è sintesi delle azioni – anche organizzative – di reperimento di risorse statali (risorse per il funzionamento, per esempio, senza vincolo di destinazione) e risorse locali provenienti da accordi, programmi, intese.

In tale senso, la rendicontazione dei processi attivati per la scelta dell’allocazione delle risorse (finanziarie, strutturali, strumentali) nel rispetto delle competenze degli organi – di indirizzo (Consiglio di Istituto), di gestione (dirigente scolastico) di responsabilità contabile (Direttore dei Servizi generali e amministrativi), di coordinamento tecnico-didattico (consigli di classe, collegio docenti) – richiede la massima attenzione alle condizioni di legittimità e di opportunità.

La stessa area della gestione, sia che si esprima più in azioni amministrative in senso stretto, che in azioni organizzative, deve diventare oggetto di attento controllo, nella propensione professionale al miglioramento continuo.

Già il DPR 286/99 art. 1 lettera b dava una interessante definizione del controllo di gestione, come verifica dell’efficacia e dell’efficienza e dell’economicità dell’azione amministrativa, al fine di ottimizzare il rapporto tra costi e risultati; seppure inapplicato per espressa volontà legislativa alle scuole è certamente substrato fondante degli scenari – presenti e futuri – sui sistemi di controllo, nel regime dell’autonomia scolastica.

Basta pensare che, anche l’art. 20 del 165/2001 – individuante la chiara filiera autonomia/rendicontazione/responsabilità/ottimizzazione -, è più che mai attuale.

 

E’ pertanto da rigettare fortemente l’idea di un controllo repressivo, che contrae gli spazi dell’autonomia.

Le buone pratiche degli ultimi anni hanno dimostrato che il sistema dei controlli è una risorsa generativa di performance migliorative.

In tempi non lontani, con il DM 44 del 2001 – art. 57 e seguenti – era già stata individuata un’area di controllo amministrativo-contabile, mediate il sistema di rilevazione del collegio dei Revisori dei conti. La Relazione di regolarità contabile stilata sul Programma Annuale predisposto dalla Giunta esecutiva, con la conseguente verifica di legittimità e regolarità delle scritture contabili – coerentemente impiegate con atti specifici e connesse agli obiettivi individuati – rappresenta un’azione di controllo che supporta l’area gestionale ed è strumento che consente anche una focalizzazione tecnica su eventuali criticità.

 

Meno indicativo sui parametri di gestione, ma pur sempre significativo dei livelli di adeguamento formale alla normativa, appare il controllo interno ex art. 2 DPR del 1999 a mezzo delle Ragionerie territoriali e il controllo dei Revisori dei conti sul Conto consuntivo, attraverso il parere di concordanza rispetto alla regolarità e alla percentuale di utilizzo delle risorse iscritte.

Pur tuttavia non va sottaciuto che nel sistema dei controlli, come azioni di autocorrezione, si possono individuare situazioni di “patologia”, anche riscontrabili con accertamenti tecnici di carattere ispettivo.

Dalla rendicontazione perciò si può giungere a vere e proprie forme di responsabilità, sia di natura amministrativa (DPR 3/1957 art. 18) che di natura contabile (DPR 3/1957 art. 21).

Per non escludendo altri tipi di responsabilità, connesse al principio della plurioffensività della condotta lesiva (civile, penale, disciplinare), l’attenzione alla responsabilità verso la pubblica amministrazione – art. 18 DPR 3/1957 – è certamente da distinguere dalla responsabilità per danno ingiusto verso terzi – art. 23 DPR 3/1957.

E’ in quest’area che pare particolarmente pregante la disciplina in ordine ai principi generali dell’azione amministrativa, così come decritta dalla legge 241 del 1990; in alcune fattispecie infatti il giudice amministrativo può provvedere – nell’ambito di alcune materie di giurisdizione esclusiva – ammettendo un’azione risarcitoria promossa in pendenza di azione di annullamento per violazione di legge, incompetenza, eccesso di potere – ex D-Leg 104/2010, sulle norme riformate del processo amministrativo.

In ogni caso, la responsabilità amministrativa può quantificare danni certi a carico dell’Erario statale, con conseguente azione in tal senso che conducono al riequilibrio di situazioni dissestate, che nulla hanno a che vedere con l’ordinario andamento della gestione delle scuole.

 

In buona sostanza va concluso che il principio di autonomia si potenzia – anziché deprivarsi – solo in un regime sanzionatorio connotato dai caratteri della certezza, che pur tuttavia sa rimanere in posizione “neutra” o solamente di deterrente, fino al momento dell’individuazione, nei termini di legge e con le dovute garanzie, di responsabilità individuali.

 

In tal senso, il tema del rapporto tra Autonomia e Responsabilità rappresenta oggi un filone di indagine interessante dove operare gli approfondimenti teorici e di prassi necessari per capire quali sono gli “spazi di manovra senza rischio”: le responsabilità di servizio vanno perciò sempre commisurate agli aspetti specifici in ordine alle competenze – sempre più ampie e complesse – delle Istituzioni scolastiche autonome. La complessità amministrativa deve poter essere gestita, altrimenti si rischia la paralisi istituzionale.

Come fare dunque?

Una buona “manutenzione” del tronco amministrativo attraverso la nuova linfa delle semplificazioni, dello snellimento, il blocco del rito delle “responsabilità a cascata” per cui si evita il sovraccarico di piante che – per quanto robuste – rischiano di spezzarsi di fronte ai pesi burocratici.

 

 

Autonomia e Responsabilità: “rami e foglie” tra didattica ed organizzazione

Ma quali sono gli ambiti reali di una vera “Autonomia Responsabile”?

E quali sono i fini istituzionali che fungono da elemento fondativo dell’erogazione del servizio, a cui l’intero assetto amministrativo deve subordinarsi?

Tra le competenze di ordine organizzativo e didattico si registra – attualmente con una certa enfasi – il tema della responsabilità della scuola dell’autonomia in ordine alla definizione del curricolo.

 

Già dal 2006 con l’emanazione delle Indicazioni per il curricolo e successivamente nel 2012 con le Nuove Indicazioni, si apre uno scenario di una scuola che si “allarga”, in grado di adattare il testo ministeriale, che in effetti non può che definirsi, per sua esplicita dichiarazione, “aperto”.

Ma la flessibilità e l’azione di adattamento e modifica invocata e consentita non fanno che aprire nuove sfide educative che impegnano l’autonomia delle scuole nella ricerca di un nuovo modello di cittadinanza attiva e di un nuovo umanesimo. Uno sforzo notevole, in un’epoca di risorse scarne…

 

Sicché l’Autonomia Responsabile delle scuole e dei loro dirigenti ha attinto a piene mani dalla prassi quotidiana dei plessi, delle sedi, dai territori insomma. Le consapevolezze pedagogiche e didattiche degli operatori delle scuola sono state indirizzate alla costruzione di una comunità educante che sintetizza le istanze dei luoghi di appartenenza con gli standard minimi di livello nazionale.

Nel curricolo, i docenti – nell’espressione anche della loro professionalità tecnica a matrice disciplinare, attraverso le competenze relazionali e con attenzione alla complessità delle emergenze sociali – possono applicare strategie di individualizzazione (garanzia per tutti gli alunni del successo formativo e del diritto soggettivo all’istruzione) e strategie di personalizzazione (garanzia di sostegno per gli apprendimenti specifici, attraverso la motivazione costante, lo sviluppo delle abilità di base e razionalizzazione delle conoscenze apprese nei contesti formali e ed informali).

 

La scuola dell’autonomia, dunque, diviene luogo di sintesi delle formazione verticale – con attenzione ai diversi gradi di studio, ai titoli di uscita, ai percorsi di continuità, al coordinamento degli apprendimenti, in un percorso che guarda alla centralità delle persone discente come attore del proprio sviluppo – e formazione orizzontale – dove in un sistema integrato sul territorio è possibile coniugare efficacemente la normativa sui livelli essenziali di prestazione, la legislazione concorrente regionale, le intese con gli Enti locali, le istanze dell’utenza e la vocazione didattica di ogni singolo istituto, anche con l’utilizzo della quota di flessibilità, per operare scelte educative veramente rispondenti alle necessità.

 

L’autonomia didattica, delineata negli artt. 8 e 9 del DPR 275/1999, attualmente si apre agli scenari internazionali e alle nuove sfide comunitarie; dal Processo di Bologna, al Trattato di Lisbona e via via, attraverso le Raccomandazioni che a più riprese hanno investito la formazione europea, oggi la scuola autonoma sa di avere le risorse culturali affinché il rapporto Delors sull’Educazione come tesoro sia davvero applicabile nell’ambito delle nuove linee per Europa 2020.

 

Le istituzioni scolastiche hanno saputo assumersi in pieno la piena responsabilità della somministrazione del servizio di istruzione, surrogando a normative carenti o prolisse, risorse inconsistenti, conflitti ed incertezze professionali, arretratezza strutturale, corsie e ricorsi politici. Se un’Autonomia poteva essere, solo in una posizione di Responsabilità autenticamente tenace, poteva resistere.

 

Ora siamo ad una svolta; c’è la possibilità di ragionare sui temi centrali per garantire il fine istituzionale delle scuole. Le Nuove indicazioni ci consentono un “ verdeggiante autunno”.

Le norme ci sono, la base culturale pure, e allora cosa manca? Manca la linfa, mancano i “giardinieri”.

Un esempio? Spiace rilevare che dopo la stagione concorsuale che ha voluto premiare il merito nelle competenze, siamo ancora imbrigliati alle percentuali delle graduatorie, delle precedenze, delle spettanze per diritto non acquisito da dettato costituzionale ex art. 97 Cost.

Le scuole dell’Autonomia Responsabile hanno un disperato bisogno di solidità professionale, che ancora oggi non è del tutto raggiunta.

Ma siamo ottimisti: le misure di accompagnamento della cm.22 del 26 agosto 2013 sono interessanti e nascono da un dialogo profondo tra le istanze delle scuole e il Comitato tecnico che ne ha recepito e sintetizzato le istanze. Le parole giuste ci sono davvero tutte: il documento tecnico pare davvero “trasudare” una sofferta ed umana analisi pedagogica a 360° delle necessità e delle aree di intervento delle scuole, in ordine alla reale applicabilità dei traguardi formativi delineati nella Nuove indicazioni.

 

 

Autonomia e Responsabilità: la manutenzione

Come pensare che una pianta, per quanto radicata ed accresciuta, possa sopravvivere senza la giusta dose di attenzioni, in una buona prassi di “irrigazione culturale e manutenzione istituzionale”?

 

Tanti i temi aperti oggi, o come più spesso si sente ripetere, i “cantieri in corso”…

Gli operatori delle Scuole Autonome e Responsabili hanno ben diritto di sorridere (amaramente) quando pensano all’idea del cantiere, poiché siamo in un’epoca in cui di cantieri se ne sono visti molti e di questi, non se ne ricorda più l’inizio e non se ne vede la fine…

Ma pur sempre “cantieri” sono, perciò andranno gestiti con le dosi massicce di capacità di operare scelte responsabili, nella garanzia dei fini istituzionali.

 

Qualche esempio di manutenzione possibile?

Dal punto di vista amministrativo e gestionale è stato ampiamente richiesto, da più parti, una semplificazione complessiva. Oggi, più che mai è bene prevedere momenti specifici di formazione in servizio delle varie componenti scolastiche sui temi relativi all’approfondimento delle conoscenze normative, anche finalizzati a garantire le competenze necessarie atte a contrastare il contenzioso – fisiologico a questo sistema di complessità – con azioni deflattive.

 

Anche l’uso o la riscoperta di strumenti – peraltro normativamente previsti – come la spesso dimenticata carta dei servizi, potrebbe essere di contributo fattivo alla Autonomia Responsabile e trasparente.

 

La garanzia del sistema di istruzione e formazione, in linea con le disposizioni europee, passa attraverso all’applicazione generalizzata del sistema di valutazione, ove potere utilizzare tutti gli spazi di autonomia consentiti per organizzare l’erogazione scolastica, in un circolo virtuoso e generativo di risultati rendicontabili.

 

Sono almeno tre gli assi di lavoro attraverso cui giungere alla piena applicazione del potenziale dell’Autonomia delle scuole.

 

Il primo riguarda un rinnovamento ampio e concertato su un sistema che parta dalla normativa attuale per giungere ad un traguardo di trasformazione e modernizzazione del servizio scolastico in particolare e delle pubblica amministrazione in generale. Il Testo Unico ha bisogno di finire in cantina e al suo posto emanare un Codice per l’Autonomia Responsabile.

Il secondo riguarda il percorso di rendicontazione sociale di accountability, dove potere provvedere – con intese e protocolli idonee e rispettosi- a radicare l’utilità istituzionale delle scuole alle istanze dei territori, in un processo di dialogo e scambio continuo. Ma la forza sociale degli istituti autonomi dipende anche dalla risorse che l’amministrazione centrale saprà mettere a disposizione, perché non si può vivere solamente di “dichiarati” o ipotesi da realizzare, perché la “fattibilità” non consente altro…

 

Il terzo riguarda la prospettiva delle scuola dell’autonomia nel sistema complesso delle riforma del titolo V delle Costituzione, ancora in grande parte inattuato. Non si curano le realtà scolastiche con i giochi di potere tra centralità e località. Gli istituti hanno bisogno di luce, di chiarezza, in una prospettiva di governance a lungo termine.

 

In estrema sintesi, l’impegno professionale per gli operatori del settore deve essere quello di orientare le scuole autonome verso sistemi di gestione e organizzazione – seppure complessi- ma sostenuti da una forte propensione alla valutazione delle strategie più idonee per il miglioramento continuo. L’Autonomia Responsabile non ha paura dei termini quali miglioramento, valutazione di sistema, cambiamento, anzi ne ricerca le possibili applicazioni, nelle concordanze di intenti tra tutti soggetti interessati.

E chi può dirsi non interessato ad una scuola bella che funzioni e che, proprio come una pianta, regala ossigeno all’ambiente sociale?

 

Con l’inizio dell’anno scolastico, ci sentiamo insomma un po’ tutti giardinieri; anzi buoni giardinieri, che curano con passione le Scuole dell’Autonomia Responsabile, scrutando il cielo e le nubi all’orizzonte.

Chissà che non arrivi finalmente il bel tempo…

Incontro al Miur del 28 agosto: supplenze, ruoli ATA e Decreto Legge sulla scuola

Incontro al Miur del 28 agosto: supplenze, ruoli ATA e Decreto Legge sulla scuola

Molti annunci, ma ancora nessuna certezza.

Il 28 agosto 2013 si è tenuto al Miur un incontro su numerosi argomenti. Si è trattato di un confronto lungo e complesso.

Sulla situazione dei ruoli ATA per il 2013/2014 e sulle operazioni di inizio anno e sull’annuale circolare per le supplenze rimandiamo alle specifiche notizie (vedi correlati).

Nel corso dell’incontro l’amministrazione ci ha informato che il Ministro Carrozza intende far approvare, in tema di istruzione, un decreto  legge ad hoc. La scelta è stata determinata dallo stralcio delle norme sulla scuola dal Decreto sulla Pubblica Amministrazione approvato il 26 agosto.

L’informativa si è limitata ai principali argomenti oggetto del decreto perché si tratta di un articolato tuttora in lavorazione e su cui si stanno cercando le coperture finanziarie.

Le misure dovrebbero riguardare

  • un nuovo piano triennale di stabilizzazione dei precari con particolare riferimento al sostegno
  • le norme sul dimensionamento con riferimento agli organici di dirigenti scolastici e Dsga
  • l’adozione dei libri di testo e la digitalizzazione
  • i finanziamenti alle scuole.

È previsto per lunedì 2 settembre un nuovo incontro nel quale dovrebbero essere fornite informazioni più dettagliate.

Scuola, 120mila insegnanti precari a caccia di una cattedra. Il pasticcio del «concorsone»

da Il Sole 24 Ore

Scuola, 120mila insegnanti precari a caccia di una cattedra. Il pasticcio del «concorsone»

di Alberto Magnani

Poco più di 5mila cattedre per quasi 120mila insegnanti precari. E altre (circa) 5500 assunzioni sul filo del rasoio con il calvario burocratico del “concorsone” 2012. Le prime campanelle suonano il 5 di settembre, ma migliaia di dirigenti scolastici e professori non sanno ancora dove (e se) entreranno in ruolo nel 2013/2014. Il via libera del Consiglio dei Ministri all’immissione in organico di 11.268 docenti e 672 presidi aggiusta un tassello in un sistema che fa acqua. A litri: i “docenti precari” sbalzati da un istituto all’altro, secondo alcune stime, sono 116.973.

Sulle poco più di 11mila assunzioni autorizzate dal Governo, il 50% andrà ai professori inseriti nelle graduatorie a esaurimento, le cosidette GaE, la restante metà dovrebbe essere assegnata ai vincitori della selezione effettuata nel 2012. Ma i problemi emergono con l’uno e l’altro canale. Sul fronte GaE, c’è la sproporzione tra meno di 6mila assunzioni e quasi 120mila docenti candidabili. Lo spiega il responsabile del Centro studi di Gilda, Gianluigi Dotti: «Le posizioni in organico di diritto sono 609mila – dice Dotti-. E già tra quelle mancano all’appello tra le 20 e le 30mila cattedre. Se si aggiungono le 100mila posizioni in più di fatto esistenti nell’insegnamento, 120mila è una cifra credibile».

Sul fronte “concorsone”, l’imputato è il tempo. O meglio, la tempistica. Se le graduatorie che designano i vincitori non saranno ufficializzate entro il 31 agosto, gli assegnatari dovranno aspettare (almeno) un altro anno per entrare in ruolo. Già tre regioni come Toscana, Lazio e Sicilia sono in difficoltà nel superare la soglia minima del 50% di liste approvate. Con il risultato che, su scala nazionale, il 23% delle “classifiche” non sarà a disposizione nei termini stabiliti. Una voragine di disorganizzazione che sta costringendo i provveditorati a pescare tra gli idonei delle selezioni precedenti: 1999 o addirittura 1990. In cattedra, sì. Ma due decenni, tre anni e 16 governi dopo.

Il tutto, in un sistema che non tiene conto delle differenze numeriche tra regione e regione. E del saliscendi tra iscrizioni, numero di studenti ed esigenza in cattedre specifiche: i soli insegnanti di sostegno, secondo i dati Gilda, crescono a ritmo di 4mila unità l’anno. La divisione esatta delle 11.248 posizioni prevede 1.274 posti scuola dell’infanzia, 2.161 posti scuola primaria, 2.919 posti scuola secondaria di primo grado (le scuole medie),  3.136 posti scuola secondaria di secondo grado (le superiori), 1.648 posti per il sostegno e 68 educatori “statalizzati”.

Un falso mito l’ansia da matematica nelle bambine

da LaStampa.it

Un falso mito l’ansia da matematica nelle bambine

milano

Era ormai un cliché: l’ansia da matematica è rosa, le ragazze sono le vittime ideali del ”panico da numer”, spiazzate dalla “solitudine dei numeri primi” e così via.

Oggi, però, un team di scienziati mette in discussione questo stereotipo. E apre alla rivincita delle bimbe: è vero che soffrono più dei maschi l’ansia da matematica? Dai dati raccolti in uno studio in via di pubblicazione su Psychological Science, una rivista dell’Association for Psychological Science, sembrerebbe di no.

Anzi, proprio il “dogma” dell’inferiorità femminile su calcoli e operazioni potrebbe essere alla base del crollo dell’autostima in rosa ed esacerbare le sensazioni di ansia sperimentate dal gentil sesso alle prese con addizioni e sottrazioni. Secondo gli autori – ricercatori dell’università tedesca di Konstanz e dell’ateneo svizzero di Thurgau – le ragazze riferiscono in misura maggiore l’ansia da matematica nei questionari generali, ma “sul campo”, durante le lezioni o gli esami, non sono in realtà più ansiose dei compagni maschi.

Eppure le ricerche condotte finora suggeriscono che il gentil sesso è maggiormente vulnerabile all’ansia scatenata dai numeri, nonostante raggiungano gli stessi risultati. Ma i ricercatori Thomas Gotz e Madeleine Bieg dell’University of Konstanz e della Thurgau University of Teacher Education, con il loro team, hanno individuato un limite negli studi precedenti: in questi lavori si chiedeva agli studenti di descrivere percezioni più generalizzate riguardo all’ansia da matematica, piuttosto che valutarla durante i compiti in classe e le lezioni. Per superare questo limite, gli scienziati hanno condotto due studi in cui hanno raccolto dati da circa 700 studenti di diverse età e livelli scolastici.

Nella prima ricerca, sono state messe a confronto le risposte degli allievi raccolte attraverso due diversi metodi di misurazione: un questionario finalizzato a misurare l’ansia riguardo ai test di matematica e le autovalutazioni dei ragazzi in tempo reale direttamente prima e durante l’esame. Nel secondo studio invece sono stati comparati i questionari di misurazione dell’ansia da matematica con ripetute valutazioni in tempo reale ottenute durante le lezioni di matematica tramite dispositivi mobili. I risultati ottenuti replicano un esistente stereotipo di genere, mostrando che le ragazze riferiscono una maggiore ansia da matematica rispetto ai ragazzi sulle valutazioni generalizzate. Ma i dati ottenuti durante gli esami e le lezioni rivelano invece che le ragazze non sperimentano una maggiore ansia rispetto ai “colleghi” maschi nella vita reale.

I dati suggeriscono anche altro: le ragazze riferiscono riguardo a loro stesse una minore competenza in matematica e questo potrebbe essere alla base della discrepanza fra i livelli di ansia segnalati nei due diversi contesti di misurazione. I questionari generali, osservano gli scienziati, possono consentire a credenze inesatte riguardo alla differenza di genere sulle abilità matematiche di influenzare negativamente le valutazioni delle ragazze riguardo alle loro capacità ed aggravare l’ansia.

Tanto che Gotz, Bieg, e i colleghi ipotizzano che si debba puntare il dito più contro le convinzioni stereotipate in tema di dimestichezza con i numeri (e non sulla reale predisposizione o le differenze nei livelli di ansia), se le donne scelgono di non intraprendere una carriera in settori ad “alta intensità matematica”.

Priorità per il Pd: scuola, cig, esodati, crescita

da Tecnica della Scuola

Priorità per il Pd: scuola, cig, esodati, crescita
di P.A.
Il segretario nazionale del Partito Democratico, Guglielmo Epifani, ed il responsabile economico del partito, Matteo Colaninno, incontrando i loro ministri hanno rilevato che le priorità sono la scuola, il rifinanziamento della Cassa integrazione guadagni, il tema degli esodati. E Centemero (Pdl): no a slogan
Il Pd, con Epifani, ha ribadito che in una fase così drammatica tutte le soluzioni volte ad affrontare le diverse priorità che in questa fase risultano non eludibili andranno tenute in equilibrio rispetto alle risorse finanziarie disponibili o da reperire. Fare ogni sforzo per sostenere la ripresa, per affrontare i problemi sociali più acuti e per mettere particolare attenzione sui temi della scuola, dei costi dell’energia, del turismo, di un allentamento del patto di stabilità dei comuni con l’obiettivo di liberare le risorse per investimenti destinati a rinforzare i segnali di ripresa in questa fase di emergenza. Per il Partito Democratico le priorità da sostenere, tutte contenute nel programma di governo, riguardano la scuola, il rifinanziamento della Cassa integrazione guadagni, il tema degli esodati. A queste parole ha risposto Elena Centemero, responsabile nazionale Scuola del Pdl: ”Individuare in modo generico la scuola come una delle priorità alternative all’Imu non aiuta in alcun modo la fattività dell’azione di governo”. ”Certo, bisogna migliorare la qualità dell’offerta formativa per mettere i nostri ragazzi al passo con i loro colleghi europei, sviluppando sempre più una partnership con le scuole europee. Occorre valorizzare i docenti, anche attraverso l’apertura di un tavolo per la discussione della parte normativa del nuovo contratto; vanno individuate nuove forme di reclutamento e implementata la valutazione; è necessario avviare una valida alternanza tra istruzione e formazione professionale e sostenere gli its, Istituti Tecnici Superiori. C’è poi il fronte dell’edilizia scolastica e della modernizzazione degli ambienti di apprendimento e il tema della scuole paritarie”. E Centemero ha aggiunto: ”Sulla scuola, insomma, c’è molto da fare e con la Ministra Carrozza abbiano avviato un confronto produttivo in tal senso, un confronto che i vuoti slogan di Epifani davvero non aiutano. Prima ancora che a nuovi investimenti, si dovrebbe procedere a un serio taglio della spesa improduttiva e a un’azione di razionalizzazione nell’uso delle risorse disponibili. Il tempo dei fondi a poggia e della moltiplicazione del precariato scolastico è finito, Epifani se ne faccia una ragione”.

PAS (ex Tfa speciali), la scadenza rimane confermata al 29 agosto?

da Tecnica della Scuola

PAS (ex Tfa speciali), la scadenza rimane confermata al 29 agosto?
di Alessandro Giuliani
I sindacati faranno un ultimo tentativo per farla slittare di quarantott’ore nel corso della riunione al Miur del 28 agosto. Rimangono da chiarire anche altri aspetti. Ad iniziare dai costi dei corsi. Tutte le informazioni ad oggi disponibili per chi vuole presentare domanda d’accesso.
Mancano ormai soli due giorni alla scadenza della presentazione della domanda di partecipazione ai Percorsi abilitanti speciali. Che rimane confermata per il 29 agosto. E ciò malgrado il ritardo di quarantott’ore con cui il Miur lo scorso 2 agosto ha dato il via alle operazioni di recepimento delle candidature attraverso la piattaforma telematica collegata al portale “Istanze On Line”.
Proprio a causa dello slittamento, sin da subito i sindacati, in particolare la Flc-Cgil, chiesero di posticipare la scadenza di inoltro delle domande al 31 agosto. Ma sinora dal Ministero non sono arrivate indicazioni in questo senso. L’ultima occasione buona per affrontare di nuovo la questione potrebbe essere quella dell’incontro fissato coi sindacati, la mattina del 28 agosto , proprio per parlare delle problematiche attinenti ai Pas. Considerando poi che non troppi giorni fa il numero delle domande presentate (circa 32mila) era decisamente inferiore alle aspettative (tra le 70mila e le 80mila domande).
Nel corso della riunione si parlerà anche di altri punti ancora da chiarire. Come la validità del servizio svolto in qualità di “educatore”, ai fini dell’accesso alla abilitazione per la scuola primaria (dove viene anche considerata abilitazione per educatori). La modalità di individuazione delle tipologie di servizi validi prestati nell’ambito della formazione professionale che organizza corsi finalizzati all’obbligo d’istruzione. La doppia possibilità, infine, di congelare i percorsi formativi già in atto (in particolare presso le Università) per accedere ai percorsi abilitanti e la valorizzazione dei crediti eventualmente già acquisiti attraverso percorsi formativi ordinari. Si parlerà, inevitabilmente, dei costi dei corsi. Anche se il Miur su questo aspetto sembra voler lasciare ampia autonomia agli atenei organizzatori.
Su questi aspetti e per offrire maggiore supporto nella compilazione delle domande on line, il Miur sembrava intenzionato a pubblicare un’ultima “batteria” di FAQ. Che però ad oggi non sono ancora pervenute.
Proprio per coloro che necessitano di maggiori informazioni sui Pas e sulla corretta compilazione della domanda d’acccesso ai corsi, “La Tecnica della Scuola” ha messo a disposizione dei propri lettori un unico articolo, dove sono state riassunte tutte le indicazioni disponibili su requisiti d’accesso, corretto e nuovo inoltro, come far valere l’a.s. 2012/13, inclusioni, esclusioni, compatibilità, incompatibilità, servizi, validità dei titoli, registrazione alla piattaforma ‘Istanze On Line’ e possibili ricorsi.

CdM, in arrivo il decreto sulla scuola. I sindacati fanno pressing sui contenuti

da Tecnica della Scuola

CdM, in arrivo il decreto sulla scuola. I sindacati fanno pressing sui contenuti
di A.G.
La Uil Scuola suggerisce tre temi concreti che in quel provvedimento dovranno trovare soluzione: personale inidoneo, Quota ’96 e l’organico funzionale. In caso di mancato recepimento si arriverà alla mobilitazione del personale. Forniti i posti liberi dopo le immissioni in ruolo: 14.161 docenti con supplenza al 31 agosto; 30.916 docenti in organico di fatto con supplenza al 30 giugno; 3.620 amministrativi e tecnici con supplenza annuale.
Dopo l’approvazione delle misure a favore dei precari della PA, il Governo si concentra su altre urgenze. Tra cui figurano quelle della scuola. È in arrivo, infatti, un decreto ad hoc. All’interno del quale, però, al momento si dà per sicura solo la norma sui dirigenti scolastici che permetterà in alcune regioni, ad iniziare dalla Lombardia, di superare l’empasse derivante delle sentenze, anche definitive, che hanno imposto il rifacimento dei concorsi.
Sui contenuti del decreto per permettere il regolare avvio del nuovo anno scolastico ne sapremo sicuramente di più il 28 agosto. Giorno in cui è prevista un incontro informativo che il ministero dell’Istruzione ha organizzato con i sindacati rappresentativi. Ci sarà anche la Uil Scuola. Che, alla vigilia dell’incontro, mette le mani avanti. Suggerendo “tre temi concreti che in quel provvedimento dovranno trovare soluzione: personale inidoneo, Quota ’96 e l’organico funzionale. Per la scuola – continua il sindacato – occorre un piano di investimenti, che riequilibri il rapporto tra spesa per istruzione e spesa pubblica,spostando risorse da sprechi e privilegi e indirizzandole al sistema scolastico, come avviene in tutti i paesi europei”.
Il nodo da sciogliere, per tutte le questioni sollevate dal sindacato, rimane sempre quello dei finanziamenti. La partita, infatti, non è più politica. Ma strettamente legata alla mancanza di soluzione alternative che garantiscano allo Stato il risparmio di diverse centinaia di milioni di euro. E il tempo stringe. Anzi, almeno per inidonei e Quota 96 possiamo dire che siamo ormai in zona “Cesarini”, visto che l’anno scolastico è alle porte e i provvedimenti in corsa per la scuola sono didatticamente sconsigliabili per ovvi motivi.
In ogni caso, i sindacati non demordono. “Su tutte le questioni, contratto, precariato, sostegno all’innovazione – commenta il segretario generale Uil Scuola, Massimo Di Menna – ci attendiamo, insieme agli altri sindacati scuola, una convocazione da parte del Governo. Sarebbe davvero incomprensibile un ulteriore silenzio da parte dell’esecutivo”. Se dal Miur non dovessero arrivare delle risposte concrete è già in programma la mobilitazione della categoria. “Il prossimo 5 settembre – continua Di Menna – ci sarà una riunione di tutti i sindacati della scuola per una valutazione congiunta e per decidere, in assenza di risposte e di soluzioni dei problemi, iniziative di mobilitazione”. Non si tratta, tuttavia, di una protesta “scenica”. Ma di sostanza. “Rassicuriamo – conclude Di Menna – che resta escluso il primo giorno di lezione che deve svolgersi nella più ampia serenità e auspichiamo una responsabilità da parte del governo anche perché non è di un contrasto con tutto il mondo della scuola che il Governo e il Paese hanno bisogno”.
La Uil Scuola ha fornito, per l’occasione, una tabella riassuntiva sulla situazione delle nomine annuali al 1° settembre 2013, subito dopo le immissioni in ruolo. Questi i numeri dei posti disponibili:
14.161 i posti di insegnamento stabili su cui si faranno nomine con contratto precario annuale;
30.916 i posti di insegnamento in organico di fatto su cui si faranno nomine con contratto precario annuale;
3.620 i posti di organico disponibili per il personale amministrativo e tecnico coperti con contratti precari, in quanto non sono state , inspiegabilmente, autorizzate le immissioni in ruolo.

Le indicazioni Uil sul decreto scuola del Governo

da Tecnica della Scuola

Le indicazioni Uil sul decreto scuola del Governo
di Uil Scuola
Di Menna: Il Governo deve ritornare sulle scelte fatte su contratto e scatti. Misure urgenti per i precari della scuola.
Copertura con nomine in ruolo su tutti i posti disponibili in organico di diritto: è quanto previsto dal piano triennale delle immissioni in ruolo nella scuola. Un piano avviato nel 2009 e giunto al terzo anno con l’approvazione, nei giorni scorsi, della terza tranche di assunzioni per 12 mila insegnanti.
Il punto – sottolinea il segretario generale della Uil Scuola, Massimo Di Menna – è che, anche quest’anno ci saranno insegnamenti che funzioneranno con contratti precari, questo perché non tutti i posti disponibili vengono coperti con immissioni in ruolo. Può succedere, ad esempio che, un posto di matematica venga ricoperto – stabilmente, per diversi anni – da un insegnante che ha sempre un contratto precario. Procedere in questo modo significa creare nuovi precari su posti stabili – spiega Di Menna.
Lì vanno fatte le nomine. Il piano triennale va così reiterato per i prossimi tre anni.
Esiste poi una quota di posti in organico di fatto, circa 30 mila – precisa Di Menna – per la quale la Uil ha fatto da tempo una proposta: creare un organico funzionale, pluriennale. In tale ambito va data attuazione al decreto che prevede le reti di scuole.
Contratto e scatti: così si penalizza ingiustamente la scuola due volte
Il Governo ha deciso non solo il blocco del contratto ma addirittura, solo per la scuola – chiarisce Di Menna – di prendere le risorse finanziarie già stanziate per le anzianità e per la valorizzazione. E’ inaccettabile.
Va data attuazione al pagamento del terzo anno degli scatti di anzianità relativi al precedente triennio.
Decreto scuola del Governo. Tre cose concrete: inidonei, quota ’96 e organico funzionale Le misure approvate ieri dal governo non riguardano la scuola, per la quale l’esecutivo ha in programma un decreto ad hoc. Aspettiamo questo provvedimento – commenta il segretario Uil Scuola – per ora solo annunciato. E’ prevista per domani una informativa da parte del ministero dell’Istruzione.
Suggeriamo tre temi concreti che in quel provvedimento dovranno trovare soluzione: personale inidoneo, quota ’96 e l’organico funzionale.
Per la scuola occorre un piano di investimenti, che riequilibri il rapporto tra spesa per istruzione e spesa pubblica,spostando risorse da sprechi e privilegi e indirizzandole al sistema scolastico, come avviene in tutti i paesi europei.
Su tutte le questioni, contratto, precariato, sostegno all’innovazione – commenta Di Menna ci attendiamo, insieme agli altri sindacati scuola, una convocazione da parte del Governo. Sarebbe davvero incomprensibile un ulteriore silenzio da parte dell’esecutivo.
Il prossimo 5 settembre ci sarà una riunione di tutti i sindacati scuola per una valutazione congiunta e per decidere, in assenza di risposte e di soluzioni dei problemi, iniziative di mobilitazione.
Rassicuriamo che resta escluso il primo giorno di lezione che deve svolgersi nella più ampia serenità e auspichiamo una responsabilità da parte del governo anche perché non è di un contrasto con tutto il mondo della scuola che il Governo e il Paese hanno bisogno. 

PRECARIATO NELLA SCUOLA  Situazione delle nomine annuali al 1° settembre 2013
Dopo le immissioni in ruolo…

14.161

I posti di insegnamento stabili su cui si fanno nomine con contratto precario annuale.

30.916

I posti di insegnamento in organico di fatto su cui si fanno nomine con contratto precario annuale.

3.620

I posti di organico disponibili per il personale amministrativo e tecnico coperti con contratti precari, in quanto non sono state, inspiegabilmente, autorizzate le immissioni in ruolo.

 

La forza di sorridere e di lottare per raggiungere l’età della pensione

da Tecnica della Scuola

La forza di sorridere e di lottare per raggiungere l’età della pensione
di Giovanni Sicali
Era il 5/12/2011, stava per pronunciare la parola “sacrifici”, ma Elsa Fornero, ministra del Welfare, scoppiò in lacrime. Stava parlando di pensioni. Il primo ministro Monti continuò al suo posto, ma la mina era stata innescata
A leggere oggi, quelle battute ci sembrano tratte dal film inedito: “Coccodrillum”. Invece è tutto vero. Sono passati due anni dall’applicazione della riforma strutturale Monti-Fornero, e fin dalle prime settimane, per decine milioni di italiani, sono iniziati i veri “sospiri, pianti ed alti guai” (Inf. III,22) in vista del traguardo pensionistico. La mezzanotte del 31/12/2011 resterà una data discriminante: c’è chi ha ottenuto un immediato pensionamento e chi si è visto allungato il periodo lavorativo obbligatorio di altri 4-6 anni: perché – la classe 1952 – non raggiungeva “Quota 96”. Ieri, il traballante governo Letta ha firmato un decreto con obiettivi di “razionalizzazione” e un Ddl sull’occupazione nelle amministrazioni pubbliche. Ma le misure per “Q.96”, esodati e per i prepensionamenti statali continuano, inesorabilmente, a farsi attendere. Per il momento solo rinvii che contribuiscono a frustrare ulteriormente i milioni di cittadini italiani in attesa di qualche provvedimento che risulti migliorativo della propria condizione. Niente riforma prima di settembre, niente riforma a settembre, forse a ottobre. E la Fornero che fa dichiarazioni contro i posti in PA riservati ai precari, in quanto non meritocratici. Modifiche possibili per lavoratori precoci, coloro che svolgono lavori usuranti e donne, ma nessuno stravolgimento dell’attuale sistema pensionistico in vigore. Questa la linea di lavoro che il ministro del Lavoro Enrico Giovannini si propone di percorrere. Al momento in Parlamento ci sono tre proposte di legge per la modifica della pensione: quelle di Damiano, della Polverini e di Cazzola. Ma il ministro del Lavoro Giovannini studia soprattutto quella di Cesare Damiano del Pd, che prevede la possibilità di andare in pensione a 62 anni, con 35 anni di contributi, e un sistema di penalizzazioni graduali in base agli anni di anticipo rispetto alla soglia dei 66 anni in cui si decide di lasciare il lavoro. Più che sui problemi giudiziari di Berlusconi o sull’IMU, il Governo Letta potrebbe saltare sul tema delle pensioni, così come in passato ha spesso innescato crisi di governo.
Sappiamo bene che per non morire disperati, il proverbio ci invita a non vivere di speranze. La dura lex ha inquadrato i lavoratori della conoscenza nell’art. 24 del Dl “Salva Italia” n. 201 del 6/12/2011, un vero “Coccodrillum”, che fa da pendant col “Porcellum” elettorale. E’ quindi l’età anagrafica che regola la possibilità di andare in pensione: 1. Nel triennio dal 2013 al 2015, i lavoratori del pubblico dovranno avere almeno 66 anni e tre mesi di età con un requisito contributivo minimo di 20 anni e per quelli assunti dal 1° gennaio 1996 (per i quali la pensione è calcolata con il sistema contributivo) l’importo della pensione deve essere pari almeno a 1,5 volte l’assegno sociale, rivalutato in base all’andamento del PIL. 2. Indipendentemente dall’età, nel 2013, i requisiti per la pensione “anticipata” prevedono 63 anni e 3 mesi, ma con 42 anni e 5 mesi di attività contributiva per i maschi, mentre per le donne occorrono 41 anni e 5 mesi di contributi. In tal modo la “Quota” da 96 schizza a 104-105. 3. Nel 2014 e 2015, poi, è necessario maturare un sesto mese di contributi oltre i 42 e/o 41 anni. 4. E’ confermata, infine, la possibilità per le sole donne, fino al 2015, di conseguire la pensione a 57 anni di età (58 le lavoratrici autonome) con 35 anni di contribuzione, purché scelgano il meno vantaggioso calcolo contributivo. Insomma, se proprio dobbiamo comprarci un calendario per annotare la lontana meta pensionistica che sia pieno di belle foto di tanti bei coccodrilli.

A chi è riservato il titolo di professore?

da Tecnica della Scuola

A chi è riservato il titolo di professore?
di Aldo Domenico Ficara
Dall’enciclopedia libera Wikipedia si apprende che il termine Professore (abbreviato prof.) è il titolo che designa gli eruditi esperti in un settore o in una disciplina e che esercitano attività di insegnamento a livello universitario, ma anche in una scuola secondaria sia di primo sia di secondo grado.
Designa una figura professionale che appartiene all’ambito dei lavoratori della conoscenza o knowledge worker, opera principalmente nell’ambito delle istituzioni dell’educazione formale come risorsa umana appartenente ad uno specifico progetto educativo. In lingua inglese il titolo professor è riservato ai soli docenti universitari; così come è uso anche in Germania. In Spagna il termine profesor è usato per gli insegnanti dell’Università e della scuola secondaria; mentre in Francia il termine è usato sia per le scuole secondarie che per le scuole primarie, nella forma professeur des écoles. . In Italia il titolo di professore è usualmente attribuito a chi insegna in un’Università o in una scuola secondaria (ovvero spetta anche ai docenti di scuola secondaria che sono in possesso di abilitazione all’insegnamento per almeno una classe di concorso della scuola secondaria ). Di contro però si vuole evidenziare che il Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Firenze in un allegato alla delibera n. 6 del 25 novembre del 2009 riferendosi al titolo di professore da parte degli avvocati scrive: “ è noto che l’articolo 21, canone quarto, del vigente codice deontologico dispone che l’avvocato possa utilizzare il titolo accademico di professore solo se docente universitario di materie giuridiche, in tal caso specificando la qualifica, l’insegnamento e la facoltà “.

Personale Ata, conferimento supplenze

da Tecnica della Scuola

Personale Ata, conferimento supplenze
di A.T.
Con nota prot. n. 8468 del 26 agosto 2013, il Miur ha comunicato le prime indicazioni per il conferimento delle supplenze relativamente all’a.s. 2013/2014.
Nella nota ministeriale si specifica che “a conclusione delle operazioni di nomina in ruolo per l’a.s. 2012/13 del personale Ata, previste dal D.M. n. 703 del 8 agosto 2013, ed in attesa che vengano definite le problematiche relative al passaggio del personale docente inidoneo nei ruoli di detto personale, così come previsto dalla legge n. 135/2012 e nelle more dell’eventuale autorizzazione da parte del Mef a nominare per l’a.s. 2013/14”, vengono fornite indicazioni per il conferimento delle supplenze sui posti di assistente amministrativo e assistente tecnico.
Gli uffici scolastici territoriali dovranno individuare, in base allo scorrimento delle graduatorie permanenti della provincia, gli assistenti che stipuleranno contratti a tempo determinato fino alla nomina dell’avente diritto, in attesa che venga definito a livello legislativo il passaggio dei docenti inidonei e Itp sui ruoli Ata e che arrivi l’autorizzazione da parte del Mef per i ruoli 2013/2014, al momento congelati.
Nella nota prot. n. 8468 del 26 agosto scorso si precisa, inoltre, che “per quanto riguarda gli altri profili” si potrà “procedere alle nomine dei supplenti con le consuete modalità”.
La Flc Cgil, commentando la nota ministeriale sottolinea di aver “chiesto che tutti i posti del personale Ata, autorizzati in organico di fatto, circa 1.200 posti in più rispetto all’organico di diritto, siano resi disponibili per le assegnazioni e utilizzazioni e per il conferimento delle nomine ai supplenti.
La Federazione dei lavoratori della conoscenza aggiunge: “ci batteremo per la cancellazione immediata della scellerata norma sul passaggio forzoso dei docenti inidonei su posti di altri lavoratori della scuola e per le immissioni in ruolo su tutti i posti disponibili”.

Precari PA, arrivano i concorsi riservati. Ai sindacati non basta

da Tecnica della Scuola

Precari PA, arrivano i concorsi riservati. Ai sindacati non basta
di Alessandro Giuliani
Al termine del CdM del 26 agosto, il ministro della Funzione Pubblica, Gianpiero D’Alia, ha annunciato l’approvazione di “procedure selettive” riservate a chi ha lavorato per 3 anni negli ultimi 5: l’obiettivo dichiarato è fare in modo che “si scelgano i migliori”. D’ora in poi, inoltre, contratti a termine solo in casi eccezionali. La scuola rimane con le sue regole. Ma l’influenza delle novità potrebbe farsi sentire. I rappresentanti dei lavoratori puntavano sulla stabilizzazione di tutti.
Novità in arrivo per i precari della pubblica amministrazione: il 26 agosto il Consiglio dei ministri ha approvato una serie di norme che dovrebbero favorire la progressiva stabilizzazione per almeno una parte dell’attuale esercito di dipendenti a tempo determinato. In attesa di prendere visione del testo approvato dal CdM, tra le novità in arrivo sono state annunciate dal ministro per la Pubblica amministrazione e la Semplificazione, Gianpiero D’Alia, una serie di “procedure selettive” riservate a coloro che hanno avuto un contratto a tempo determinato per tre anni negli ultimi cinque: l’obiettivo dichiarato è fare in modo che “si scelgano i migliori”. Nel dl è prevista anche la riserva del 50% dei posti a concorso per queste persone.
Tra i provvedimenti su cui il Governo ha dato il via libera figura anche “una norma che obbliga ad assumere tutti i vincitori di concorso. In parte – ha spiegato D’Alia – questa riguarderà anche gli idonei, ma solo per le graduatorie più recenti”. Sempre il ministro della Funzione Pubblica ha annunciato che è stato deciso di dare una “stretta” ai contratti a tempo determinato: “Mai più contratti a termine che non siano eccezionali e temporanei perché temporanea è la richiesta”, perché il contratto “tipico” rimane quello a tempo indeterminato.
Ricordiamo che si tratta di precari di tutti i comparti pubblici, ma non di quelli in forza alla scuola. Che continua a vivere di proprie regole. Difficilmente, però, queste disposizioni lasceranno immutato il quadro organizzativo-burocratico che ad oggi ha prodotto qualcosa come 200mila docenti e Ata precari inseriti nelle graduatorie pre-ruolo.
L’approvazione dei provvedimenti salva-precari, inoltre, non sembra entusiasmare i sindacati. ”Il decreto legge sulla Pa approvato oggi dal Consiglio dei ministri rappresenta un primo passo, una risposta parziale non ancora sufficiente per dare una soluzione complessiva al tema della precarietà nella Pubblica amministrazione”, ha dichiarato il segretario confederale della Cgil, Nicola Nicolosi. Che ha poi aggiunto: ”con le regole introdotte dal dl, infatti una larga fetta dei lavoratori precari, coloro che in tutti questi anni hanno portato avanti in condizioni estremamente difficili la Pubblica amministrazione, rimarrà esclusa dai processi di stabilizzazione”.
Sul tema, ha concluso Nicolosi, “come Cgil rivendichiamo un tavolo negoziale per quanto riguarda le regole: l’articolo 97 della carta costituzionale deve poter trovare un momento di confronto con le organizzazioni sindacali; così come c’è una vera e propria urgenza da affrontare, ovvero la riapertura della stagione di rinnovi contrattuali fermi ormai da sette anni”.
Sull’approvazione in CdM si è espressa anche Anief-Confedir. Che parla di “un timido segnale di attenzione” per il precariato nel pubblico impiego. Secondo il sindacato, nel nostro ordinamento siamo obbligati a recepire la normativa comunitaria. Quanto stabilito dal Consiglio dei Ministri, quindi non inibirà le domande risarcitorie relative al periodo di precariato pregresso o, nel caso del personale precario della scuola, al pagamento degli scatti biennali di anzianità.
“Anziché varare dei provvedimenti a metà – dichiara Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir – il Governo si assuma le proprie responsabilità sino in fondo. (…). L’unica soluzione praticabile – conclude Pacifico riferendosi a tutti gli attuali precari con oltre tre anni di servizio svolto – è la loro stabilizzazione, come già avvenuto nel 2006 con l’approvazione della Finanziaria 2007 di chi aveva più di 36 mesi di servizio”.

Di Menna (Uil scuola): serve l’organico funzionale

da tuttoscuola.com

Di Menna (Uil scuola): serve l’organico funzionale

 “Il punto  è che, anche quest’anno ci saranno insegnamenti che funzioneranno con contratti precari, questo perché non tutti i posti disponibili vengono coperti con immissioni in ruolo”. Per Massimo Di Menna, segretario della Uil Scuola, “procedere in questo modo significa creare nuovi precari su posti stabili”. Perciò serve reiterare il piano triennale di assunzioni per i prossimi tre anni.

Ma neanche questo basterebbe: “Esiste una quota di posti in organico di fatto, circa 30 mila – precisa Di Menna – per la quale la Uil ha fatto da tempo una proposta: creare un organico funzionale, pluriennale. In tale ambito va data attuazione al decreto che prevede le reti di scuole”.

Inoltre il Governo ha deciso non solo il blocco del contratto ma addirittura, solo per la scuola – chiarisce Di Menna – di prendere le risorse finanziarie già stanziate per le anzianità e per la valorizzazione. E’ inaccettabile.Va data attuazione al pagamento del terzo anno degli scatti di anzianità relativi al precedente triennio”.

Ma le misure approvate ieri dal governo non riguardano la scuola, per la quale l’esecutivo ha in programma un decreto ad hoc”, aggiunge Di Mennna. “Aspettiamo questo per ora solo annunciato. E’ prevista per domani una informativa da parte del ministero dell’Istruzione. Suggeriamo tre temi concreti che in quel provvedimento dovranno trovare soluzione: personale inidoneo, quota ’96 e l’organico funzionale”.

I sindacati si attendono una convocazione urgente da parte del Governo. “Sarebbe davvero incomprensibile un ulteriore silenzio da parte dell’esecutivo”. Il prossimo 5 settembre, comunque,  “ci sarà una riunione di tutti i sindacati scuola per una valutazione congiunta e per decidere, in assenza di risposte e di soluzioni dei problemi, iniziative di mobilitazione. Rassicuriamo che resta escluso il primo giorno di lezione che deve svolgersi nella più ampia serenità e auspichiamo una responsabilità da parte del governo anche perché non è di un contrasto con tutto il mondo della scuola che il Governo e il Paese hanno bisogno”.

Flc-Cgil, avvisaglie di ‘autunno caldo’

da tuttoscuola.com

Flc-Cgil, avvisaglie di ‘autunno caldo’

All’orizzonte non si intravede alcun intervento concreto per la scuola pubblica italiana e per i settori della conoscenza. Nonostante i tanti proclami sulla centralità dell’istruzione, si continuano a rinviare misure urgenti e non c’è alcun nuovo investimento sulla conoscenza ma anzi si continuano a tagliare risorse”: è la denuncia di Mimmo Pantaleo, segretario generale della Flc Cgil.

Da mesi attendiamo l’immissione in ruolo del personale Ata, la cancellazione dell’incivile norma sui docenti inidonei, piani di stabilizzazione per i precari in tutti i comparti pubblici, una maggiore flessibilità d’uscita in tema di pensionamento a cominciare dalla soluzione per coloro che hanno maturato quota 96 nel 2012. Il rinvio ad oggi del Consiglio dei Ministri sui provvedimenti della pubblica amministrazione, l’assenza di decisioni sui temi della scuola, la mancata autorizzazione per l’immissioni in ruolo del personale Ata e la non soluzione del problema inidonei, con il rischio che 3.500 precari attualmente occupati come assistenti tecnici e amministrativi perdano il posto di lavoro, dimostrano come anche per questo governo l’istruzione e la ricerca sono un puro costo e non c’è alcuna volontà di cancellare la piaga del precariato” continua Pantaleo.

Le immissioni in ruolo per il personale docente e per i dirigenti scolastici sono del tutto insufficienti a garantire una adeguata qualità dell’offerta formativa – prosegue – basti pensare che i posti realmente disponibili sono 25 mila per i docenti e 1.100 per i dirigenti scolastici. Infine vorrei ribadire che la Flc Cgil non accetterà lo scambio salario-aumento orario dei docenti, rivendica l’urgenza di aprire immediatamente il confronto sul rinnovo dei contratti per le parti economiche e normative per tutti i comparti pubblici e il pagamento degli scatti d’anzianità. La mobilitazione è già partita in alcuni territori e nei prossimi giorni si allargherà fino allo sciopero se il governo non cambia passo” conclude il sindacalista

Non solo Imu, per il Pd gli investimenti nella scuola sono una priorità

da tuttoscuola.com

Non solo Imu, per il Pd gli investimenti nella scuola sono una priorità

In questi scampoli di agosto, la scuola torna al centro del dibattito politico. Nelle prossime settimane, vedremo se strumentalmente o se il richiamo alla centralità della scuola avrà riflessi concreti.

Ad esprimere oggi questo argomento è il leader del Pd Guglielmo Epifani, al termine della riunione del partito alla vigilia di un importante Consiglio dei ministri sulla tassazione degli immobili: “Noi non accettiamo ultimatum. È anche interesse nostro riformare l’Imu ma non c’è solo l’Imu“.

C’è anche il tema degli investimenti nella scuola, c’è la cassa  integrazione che va rifinanziata, ci sono gli esodati che non possono  essere dimenticati – prosegue –. E in prospettiva ci sono grandi questioni come il costo dell’energia, l’Iva, il cui aumento finirebbe per comprimere ancora di più i consumi“.
Insomma, conclude il segretario del Pd, “c’è un certo numero di questioni che dobbiamo affrontare tenendo conto delle disponibilità finanziarie. Ci sono dei vincoli, bisognerà tenerne conto“.