L’ATTIVITA’ DI RICEVIMENTO MERIDIANO NON RIENTRA NELL’ORARIO DEI DOCENTI

L’ATTIVITA’ DI  RICEVIMENTO MERIDIANO NON RIENTRA  NELL’ORARIO DEI DOCENTI,VA RETRIBUITA E NON E’ DOVUTA SENZA RICHIESTA DEI  GENITORI O DELLO STESSO DOCENTE SECONDO IL TRIBUNALE DEL LAVORO DI CATANIA.

Di particolare interesse la sentenza del Tribunale del Lavoro di Catania n.
3303/20111 del 10 Giugno 2011 , secondo cui “senza appuntamenti prestabiliti su
richiesta scritta dei genitori o degli stessi docenti, questi ultimi non
possono essere obbligati a rimanere a scuola nell’ora riservata ai colloqui
meridiani e una eventuale decisione diversa è di competenza della
contrattazione integrativa con i sindacati,atteso che la disponibilità per il
ricevimento, va retribuito appositamente con i fondi dell’istituzione
scolastica non rientrando né nell’orario dei docenti , nè tra le attività
funzionali all’insegnamento”. La sentenza nel confermare il provvedimento del
giudice di primo grado del Tribunale di Catania,che aveva ritenuto
antisindacale l’attività del Dirigente Scolastico della Scuola Secondaria di
Catania, scaturisce a seguito della emanazione di una circolare, emanata sulla
base di una delibera del collegio dei docenti, con cui il Dirigente scolastico
ordinava ai docenti di rimanere a scuola nell’orario di ricevimento poiché i
genitori dovevano essere ricevuti anche senza previa fissazione di un
appuntamento. Tale circolare aveva imposto agli insegnanti della scuola di
“essere comunque presenti a scuola nella loro ora di ricevimento, a prescindere
dall’appuntamento con alcuni genitori”. In entrambi i gradi di giudizio i
giudici hanno ribadito che nel contratto d’istituto è previsto che gli incontri
a scuola “avvengano su richiesta scritta del docente al genitore e viceversa” e
che pertanto la delibera del collegio dei docenti è “illegittima perché
disciplina una materia che è oggetto di contrattazione integrativa” che
“richiede l’intervento della Rsu”.

Nota unitaria

Netto dissenso rispetto ai provvedimenti che bloccano il rinnovo dei contratti e degli scatti di anzianità, di fatto un’intollerabile doppia penalizzazione per i lavoratori del comparto: questa la posizione assunta unitariamente dai segretari generali dei sindacati Flc Cgil, Cisl Scuola, Uil Scuola, Snals e Gilda a conclusione della riunione che si è tenuta per fare il punto sulle politiche del Governo sulla scuola e mettere in cantiere le conseguenti iniziative.
Non c’è alcuna disponibilità – affermano Pantaleo, Scrima, Di Menna, Nigi, Di Meglio – all’ipotesi ventilata dal Governo di un negoziato per il rinnovo contrattuale che riguardi la sola parte normativa; è infatti possibile negoziare anche la parte economica, tenendo conto delle condizioni finanziarie previste per il 2014, considerando che il contratto è triennale.
Ridare centralità alla contrattazione nazionale, sia sulla parte economica che normativa, contribuirebbe a rasserenare un clima pervaso da tempo da forti tensioni, valorizzando il protagonismo e la professionalità del personale con un contratto di lavoro di segno innovativo. La richiesta dei sindacati è quella di una convocazione in tempi rapidi da parte del Governo.
Per quanto riguarda le misure contenute nel decreto legge sulla scuola che il Governo si appresta a varare la prossima settimana, Flc Cgil, Cisl Scuola, Uil Scuola, Snals e Gilda puntano l’attenzione su quelle indispensabili per risolvere annose questioni più volte denunciate: rafforzare e assicurare stabilità agli organici e al rapporto di lavoro attraverso un nuovo piano triennale, la stabilizzazione dei precari, l’immissione in ruolo del personale Ata, la tutela dei diritti, questione inidonei e quota 96, il sostegno e valorizzazione della professionalità, tutti elementi necessari per rafforzare la qualità del nostro sistema di istruzione. Più puntuali valutazioni di merito saranno possibili solo in presenza di un provvedimento chiaramente definito.
Subito dopo l’approvazione del decreto, i segretari generali ritengono necessario un incontro con il ministro nel quale affrontare tutte le questioni aperte, e tra queste la certificazione da parte dei ministeri dell’Istruzione e dell’Economia delle risorse da destinare al pagamento, per il terzo anno, degli scatti di anzianità.
Al termine dell’incontro è stata annunciata anche la convocazione, ad ottobre, a Roma, di un’assemblea nazionale alla quale prenderanno parte congiuntamente gli organismi nazionali dei sindacati scuola, per una valutazione complessiva delle misure adottate dal Governo e l’avvio di eventuali iniziative sindacali di mobilitazione.
Domenico Pantaleo Francesco Scrima Massimo Di Menna Marco Paolo Nigi Rino Di Meglio

Prima sentenza di appello sulla contrattazione integrativa d’istituto

Politica scolastica

Prima sentenza di appello sulla contrattazione integrativa d’istituto: totale conferma della interpretazione ANP

Le lettere h), i) ed m) dell’articolo 6, CCNL/Scuola, non si contrattano: rientrano nelle “dirette prerogative” del dirigente scolastico

Pubblichiamo la prima, e finora unica, sentenza di appello in materia di contrattazione integrativa d’istituto sottolineando che essa conferma in toto l’interpretazione dell’ANP. Si tratta di una presa di posizione giurisdizionale di notevole valore perché resa, per l’appunto, da una Corte territoriale collegiale competente (Corte di Appello di Napoli – sezione controversie di lavoro e di previdenza ed assistenza).

La questione è già stata oggetto di numerose sentenze di primo grado, tutte favorevoli ai dirigenti scolastici che hanno escluso dalla contrattazione integrativa le materie di cui all’art. 6, comma 2, lettere h), i) ed m) del CCNL scuola con l’unica eccezione del Tribunale di Lucca (la cui sentenza è stata, peraltro, già appellata davanti alla Corte territoriale di Firenze).

Come l’ANP sostiene da tempo, su tali materie il dirigente scolastico è tenuto a elaborare autonomamente i criteri e le modalità relative alle misure organizzative e di gestione del personale e, naturalmente, deve anche rendere informazione preventiva alla parte sindacale prima di adottare i relativi provvedimenti.

Questa interpretazione – l’unica ragionevole e coerente con il quadro ordinamentale relativo alle amministrazioni pubbliche contrattualizzate per effetto della legge 421/1992 e, più di recente, innovato dal d.lgs. 150/2009 – stenta ad essere accettata dalle organizzazioni sindacali perché non consente più loro di attuare, come invece accadeva in passato, alcuna forma di cogestione delle scuole. L’attività gestionale, infatti, è rimessa alla esclusiva responsabilità del dirigente scolastico che, ricordiamo, è l’unico soggetto responsabile dei risultati del servizio.

La sentenza in questione, la n. 5163/2013, è stata depositata in data 26 luglio 2013 dalla Corte di Appello di Napoli (sez. lavoro) e ha rigettato l’appello, proposto dalla Federazione Gilda Unams, contro la sentenza del 28 novembre 2011 con cui il Tribunale di Napoli aveva già accolto l’interpretazione prima descritta. La Gilda riteneva che i dirigenti scolastici disponessero di “poteri più limitati rispetto agli altri dirigenti pubblici” ma la Magistratura del Lavoro le ha dato torto.

Trova quindi nuova – ed autorevole – conferma la linea interpretativa secondo cui il d.lgs. 165/2001 è pienamente vigente anche nelle istituzioni scolastiche, come sempre sostenuto dall’ANP nei numerosi seminari organizzati in tutta Italia per fornire un concreto supporto formativo ai colleghi dirigenti. Infine, segnaliamo alcuni passaggi particolarmente significativi della sentenza di Napoli:

  • Le materie di cui alle lettere h), i) ed m) non riguardano la regolamentazione degli obblighi o dei diritti che incidono in via diretta sul rapporto di lavoro ma la definizione di regole riguardanti l’organizzazione degli uffici o la gestione di attività particolari quali quella retribuita con il fondo d’istituto.
  • La ratio legis degli ultimi interventi normativi tende a rafforzare notevolmente le prerogative dirigenziali e pertanto si porrebbe in insanabile contrasto con la attribuzione alla contrattazione (nazionale e/o integrativa) proprio dell’attività di determinazione dei criteri per l’individuazione e l’assegnazione del personale agli uffici ed alle attività di cui alle lettere h), i) ed m) in cui maggiormente si realizza il ruolo organizzativo del dirigente.
  • Il legislatore, nella scelta dell’espressione “misure inerenti la gestione delle risorse umane” contenuta nell’art. 5, co. 2 del D.lgs. 165/2001, ha volutamente utilizzato una dizione generica che ricomprendesse l’insieme delle attività necessarie all’espletamento del potere organizzativo/gestionale sia attraverso la determinazione di criteri, sia tramite l’emanazione di provvedimenti sia attraverso la definizione di procedure.
  • Il Dirigente scolastico è pienamente legittimato a escludere dall’ambito della contrattazione collettiva integrativa le materie di cui alle lettere h), i) ed m) in virtù dell’attribuzione delle stesse alle sue dirette prerogative.
Questa sentenza  pone anche un punto fermo in materia di relazioni sindacali circa il confine tra materie oggetto di contrattazione e materie che rientrano in via esclusiva (salvo informazione preventiva se prevista) tra i poteri organizzativi del dirigente scolastico.
Sono trascorsi oramai tre anni dall’inizio dei fatti. I contratti integrativi di istituto sono stati fortemente smagriti per finanziare gli scatti automatici di anzianità in completa controtendenza rispetto alla necessità di premiare il merito. I sindacati del Comparto Scuola se la pigliano con i dirigenti che rispettano la legge sulle materie contrattabili nonostante le risorse contrattuali da distribuire ai più bravi siano sempre di meno.

Frontiere Digitali: dal Digital Divide alla Smart Society

CONGRESSO NAZIONALE AICA 2013

Frontiere Digitali: dal Digital Divide alla Smart Society

Fisciano (SA) , 18-19-20 Settembre 2013

Università degli Studi di Salerno

Pochi giorni e si apre il 50° Congresso AICA.

Frontiere Digitali: dal Digital Divide alla Smart Society è il titolo scelto per l’appuntamento di quest’anno per fare il punto su come il nostro Paese si sta preparando ad affrontare le sfide future di crescita intelligente, sostenibile ed inclusiva e mettere in evidenza i fenomeni più rilevanti per l’innovazione abilitata dal digitale in settori nuovi e tradizionali della nostra economia e società.

Organizzato in collaborazione con l’Università degli Studi di Salerno, presso il Campus di Fisciano, il programma ruota su temi oggetto di sessioni plenarie, quali:

Frontiere Digitali: dal digital divide alla Smart Society – I relatori sono chiamati a introdurre, dopo una visione complessiva, lo stato e il percorso dell’Agenda Digitale nel nostro Paese e le priorità nelle linee di sviluppo. Un’attenzione particolare sarà riservata ai giovani talenti, in particolare ai componenti della squadra italiana che si è fatta onore alle Olimpiadi Internazionali di Informatica e ai vincitori dei Premi di Laurea ETIC.
Fab Lab: la nuova bottega rinascimentale  – La sessione è dedicata ai “makers” e alle esperienze nate intorno ai Fab Lab: un nuovo fenomeno per la progettazione e fabbricazione di prodotti in grado di generare impresa, posti di lavoro, nuova competitività, testimoniato dalle esperienze dei FabLab di Torino, di Napoli, del Mediterranean FabLab.
Sapere e Saper fare: il Sistema Nazionale di Certificazione delle Competenze e gli orientamenti europei – Premessa fondamentale per un pieno accesso alle opportunità del digitale – dalla cittadinanza al mondo del lavoro – è il coinvolgimento di tutti gli stakeholder per diffondere in modo capillare competenze digitali, che nascano, siano definite e si evolvano entro un quadro di validità internazionale e ampiamente condiviso.
Big Data, Open Data,  Analytics: strumenti e opportunità per la ripresa dello sviluppo – La crescente mole di dati generata dalle attività digitali può diventare giacimento inesauribile per correlazioni e creazione di strumenti innovativi in un contesto economico e sociale in continuo cambiamento. Particolare attenzione sarà dedicata all’uso dei big data nella Pubblica Amministrazione secondo i programmi dell’Agenda Digitale.

A queste plenarie si aggiungono poi  ventuno Sessioni Scientifiche e  otto Workshop per dar conto dei lavori selezionati e delle nuove tematiche che si manifestano nel mondo del Digitale.

Il programma sintetico è allegato alla presente mentre quello dettagliato è disponibile sul sito del congresso www.aica2013.it.

Il Congresso è aperto a tutti : per registrarsi  www.aica2013.it.

Arrivederci a Salerno!
Giulio Occhini,
Direttore AICA

PROGRAMMA SINTETICO CONGRESSO AICA 2013

DONAZIONE COOP ESTENSE ALLE SCUOLE TERREMOTATE: AL VIA LA FORMAZIONE DEI DOCENTI PER LE CLASSI DIGITALI

DONAZIONE COOP ESTENSE ALLE SCUOLE TERREMOTATE: AL VIA LA FORMAZIONE DEI DOCENTI PER LE CLASSI DIGITALI

Si svolgerà il 9 e 10 settembre 2013 a Montelupo Fiorentino (FI), presso la scuola di formazione COOP, il corso per i docenti che  utilizzeranno le classi digitali (2.0) donate da Coop Estense a 58 scuole terremotate dell’Emilia. I docenti destinatari del corso di formazione saranno circa 40, tutti provenienti dalle aree colpite dal sisma e dalle zone limitrofe. Una volta acquisite le professionalità necessarie saranno questi stessi insegnanti a svolgere sul territorio la funzione di tutor locali. Per dare avvio a questa operazione innovativa, che è il frutto di un investimento pari a 1.000.000 di Euro da parte di COOP ESTENSE, è stato previsto, a supporto del personale docente che dovrà operare con i kit tecnologici, un processo formativo e di accompagnamento tecnico, metodologico e didattico. Durante questa “due giorni”, che rientra nell’ambito di azioni coordinate svolte dall’Ufficio Scolastico Regionale per l’Emilia Romagna e dalla Regione Emilia-Romagna, verrà presentato il piano operativo di intervento e sarà data la possibilità a tutti corsisti di lavorare in modalità laboratoriale sui kit tecnologici di tipo mixed mobile forniti alle scuole da COOP Estense. All’attività formativa, ideata dai docenti del Servizio Marconi dell’Ufficio Scolastico Regionale per l’Emilia-Romagna, prenderanno parte anche numerosi insegnanti e dirigenti scolastici che negli ultimi anni hanno maturato esperienza nell’ambito delle nuove tecnologie nel mondo della scuola. “Il senso dell’operazione” – spiega il Vice Direttore Generale dell’USR per l’Emilia Romagna, Stefano Versari – “è quello di favorire l’adozione di un nuovo modello d’uso della tecnologia a scuola, che favorisca l’utilizzo degli apparecchi tecnologici nello svolgimento quotidiano del lavoro in classe, ciò al fine” – prosegue Stefano Versari – “di garantire il massimo coinvolgimento personale degli alunni e una maggiore autonomia di lavoro nella costruzione della conoscenza e nelle diverse fasi dell’apprendimento”.

“Quella di Coop Estense è una iniziativa particolarmente significativa” – sottolinea l’assessore regionale alla Scuola, Patrizio Bianchi – “perché contribuisce alla diffusione di nuove tecnologie nella scuola e che rafforza le azioni messe in campo dalla Regione Emilia-Romagna in questi anni per  favorire metodologie didattiche innovative che ampliano e innalzano l’offerta educativa”.

All’iniziativa saranno presenti il Vice Direttore Generale dell’Ufficio Scolastico Regionale per l’Emilia Romagna

Stefano Versari e il Vice Presidente di COOP Estense Mirco Dondi.

Se il decreto del 9 settembre dimentica il merito e l’autonomia

da www.ilsussidiario.net

SCUOLA/ Se il decreto del 9 settembre dimentica il merito e l’autonomia

Fabrizio Foschi

venerdì 6 settembre 2013

Curiosità e attesa circondano il decreto sulla scuola in uscita il prossimo 9 settembre. Sarà un segnale di grande cambiamento, preannuncia il ministro Maria Chiara Carrozza, dopo anni in cui si è parlato solo di come tagliare. Consiglia anche di non aspettarsi troppo dal provvedimento: dunque, per parafrasare si potrebbe dire: poco ma buono. Si vedrà. Nel frattempo non è inutile tentare di descrivere la situazione professionale dei docenti italiani che si sta progressivamente modificando nella misura in cui, e questa è una novità, al centro delle loro preoccupazioni c’è il lavoro (come averlo, come conservarlo, come svolgerlo) piuttosto che la funzione sociale più o meno ammantata di ideologia con la quale si esprime. Una recente indagine condotta dalla Swg per la Gilda Insegnanti è lo specchio di una frammentazione professionale, risultato di insospettabili tendenze che, non trovando spazio nelle tradizionali piattaforme sindacali, crescono, anche se nell’ombra. Emerge una certa attenzione per la scuola intesa come ambiente finalizzato ad uno scopo: l’apprendimento degli alunni. Perciò il 51% degli insegnanti intervistati è favorevole alla valutazione delle scuole e addirittura 2 docenti su 3, appartenenti alla fascia degli over 54enni con 20 anni di anzianità di ruolo alle spalle, sarebbero pronti ad un aumento d’orario se accompagnato da un congruo aumento di stipendio. Un altro dato molto sintomatico, che conferma altre analoghe ricerche sempre regolarmente sottaciute da una certa vulgata che considera gli insegnanti come incallibili abitudinari, è il seguente: per il 54% degli insegnanti interpellati, la proposta dell’attuale ministro di legare la progressione di carriera e di retribuzione anche al merito, riducendo la rilevanza dell’anzianità, non è affatto da scartare. Sono questi, appena accennati, alcuni indici che fanno luce su un terreno certamente difficile ma in fermento. In sintesi potremmo dire che gli insegnanti, quantomeno i più consapevoli, sono stanchi di essere presi in giro e allettati da inutili promesse o palingenetiche trasformazioni della scuola che si effettuano sulla loro pelle. Sono però anche coscienti che non basta la protesta o il lamento (parliamo sempre di minoranze probabilmente, ma significative): serve piuttosto recuperare le ragioni della propria occupazione, costituita di un intreccio di vocazione al rapporto con gli allievi e cura del proprio profilo professionale. Che dire? Sarebbe un peccato se questi segnali venissero disattesi. Eppure la questione docente non pare essere, ancora una volta, affrontata di petto. Le anticipazioni del decreto riferiscono piuttosto di misure relative ad un piano (triennale: 2014/17) di immissioni in ruolo e alla stabilizzazione degli insegnanti di sostegno, fino al raggiungimento, nell’anno scolastico 2015/2016, di una consistenza organica pari al 100 per cento del numero dei posti di sostegno complessivamente attivati nell’anno scolastico 2006/2007. Tutto questo, è bene precisarlo, a condizione del parere positivo del ministero dell’Economia, dal quale istruzione e università dipendono strettamente: un Pantalone che non allarga i cordoni della borsa solo perché Arlecchino piange. Ci mancherebbe. Gli sprechi ci sono stati dappertutto ed è ora di rientrare. Se non con altri tagli del personale (ben vengano le nuove assunzioni, anche se ridotte) con partite di giro che attraversano un po’ tutti i comparti. Così, per esempio, nel decreto D’Alia, scorporato nella parte sulla scuola e di cui il prossimo provvedimento dovrebbe essere espressione, l’autorizzazione per l’anno 2014 di una spesa di 10 milioni di euro “per la formazione del personale scolastico con particolare riferimento ai temi della digitalizzazione e dell’innovazione tecnologica” risulterebbe da una redistribuzione delle risorse assegnate agli istituti dalla legge 440/97 (quella istitutiva del fondo di istituto per l’arricchimento e l’ampliamento dell’offerta formativa). E saremmo daccapo a gestire gli spiccioli. Su questi punti in particolare, legati all’autonomia delle scuole e agli spazi di libertà educativa per i docenti, si appuntano le attenzioni che preludono l’uscita del fatidico documento del 9 settembre. In evidenza si pone l’innalzamento della quota di funzionamento ordinario delle scuole, fino ad un incremento del 15-20%, cui fanno riferimento i lanci dell’ufficio stampa dell’amministrazione. Vedremo se e come ci si arriverà. E soprattutto se la partita sarà ancora giocata in casa con spostamento di risorse da una parte all’altra, oppure se effettivamente la scuola, e il lavoro che vi si compie a contatto diretto con i giovani, saranno recepiti, in dialogo con la comunità, il mondo del lavoro e le realtà familiari, come un pezzo fondamentale della ripresa culturale e spirituale del Paese.

Scuola digitale, in Italia a piccoli passi

da LaStampa.it

Scuola digitale, in Italia a piccoli passi

Introdurre le ICT fra gli strumenti quotidiani delle attività di classe, sperimentando nuovi modelli di insegnamento e di organizzazione: un traguardo ancora da raggiungere

daniela raspa (nexta)
Bambini e ragazzi sono cambiati, ma la didattica non riesce stare al passo di questa innegabile mutazione: è un dato di fatto che salta subito all’occhio delle mamme di oggi, alla prese con una scuola lenta a recepire gli stimoli provenienti da una società ormai sempre più permeata dalle Information & Communication Technology nei campi più disparati, ma non abbastanza, appunto, in quello dell’istruzione e della formazione.
Nonostante la volontà dell’Amministrazione di incrementare l’uso delle tecnologie e di internet nelle scuole italiane, in sintonia con un percorso intrapreso anche da molti altri Paesi, la nostra penisola appare infatti ancora troppo indietro e lontana dal raggiungimento dell’obiettivo. Basta dare uno sguardo ai dati pubblicati dall’ultimo rapporto dell‘Ocse 2013, “Review of the Italian Strategy for Digital Schools”, per appurare che, non solo i soliti Inghilterra e Stati Uniti, ma anche paesi come il Messico, la Spagna e l’Australia, hanno una penetrazione di ITC nelle varie classi superiore a quella delle scuole italiane.
In particolare, lo strumento sulla cui diffusione le Amministrazioni hanno deciso di puntare, è la Lavagna Interattiva Multimediale, una tecnologia che gli insegnanti possono iniziare ad utilizzare senza sopportare costi iniziali elevati e le cui possibilità di impiego si adattano a tutti i metodi di apprendimento e didattici, dai più tradizionali ai più innovativi.Nell’ambito del Piano (detto appunto Piano LIM) le singole scuole possono presentare volontariamente domanda e, in seguito, acquistare direttamente le dotazioni tecnologiche.
Gli insegnanti, ovviamente, devono rendersi fin da subito disponibili a svolgere un’attività di formazione per l’utilizzo della lavagna interattiva. Sperimentare nuovi modelli di organizzazione scolastica e di insegnamento è infatti un elemento fondamentale per far sì che l’introduzione delle ICT come parte degli strumenti quotidiani delle attività di classe, insieme all’utilizzo di nuove risorse e dispositivi, possa creare le condizioni per favorire un cambiamento di più vasta portata, in linea con le esigenze dei nostri figli, ormai nativi digitali.
Compito di noi mamme è, dunque, non solo quello di accettare di buon grado, valutandole con entusiasmo e senza scetticismo, le eventuali proposte di apertura verso le ICT e innovativi metodi di insegnamento che ci vengono da scuola ed insegnanti, ma anzi proporre e favorire noi stesse, insieme ad altri genitori, l’adozione di approcci di tal genere, in linea con le mutate esigenze e capacità dei nostri figli.

Pubblica Istruzione, lì dove tutto è possibile

da Il Fatto Quotidiano

Pubblica Istruzione, lì dove tutto è possibile

di Marco Rovelli

Benvenuti nel nuovo anno. Se lavorate nella scuola, benvenuti nel caos. Io, qui a Milano, il caos l’ho ben sperimentato. Una settimana fa abbiamo fatto le convocazioni, ho avuto l’incarico e preso servizio in una scuola. Mi arriva una mail stamani da una collega: rifanno le convocazioni, mi dice. Come? Ma io ho già preso servizio… E’ inaudita questa cosa. Peraltro nemmeno una chiamata dall’ufficio scolastico! E se la collega non aveva la mia mail? Il passaparola ha valore giuridico qui in Italia? D’accordo, l’hanno pubblicato in rete, ma non mi risulta ci sia una legge che ci obbliga a controllare quotidianamente il sito dell’ufficio scolastico…

Bene, chiamo l’ufficio scolastico, l’ex provveditorato. Chiedo conto di questa cosa, chiedo del responsabile. Non c’è. Sì, ma questo non si può fare, dico, io ho già il contratto, è impossibile. La signora al telefono (chi è? boh!) mi risponde così: qui siamo al ministero e tutto è possibile. Scusi signora, me lo ripete che questa frase me la scolpisco nel marmo?  Sì, possiamo farlo, dice.  E quale sarebbe, chiedo, il fondamento giuridico dal momento che ho già il contratto? Lei deve andare domattina alle convocazioni, punto, altrimenti subirà le conseguenze. E io vi denuncio tutti. Faccia pure: lei è l’insegnante, signor? Signora, lei prima mi dica il suo nome che io poi le dico il mio. Io le ho risposto al telefono e sono una funzionaria! Eh, io l’ho chiamata e sono un insegnante, perché mai dovrei dirle il mio nome se il suo non me l’ha detto? Ma guarda te che insegnanti, ha pure il coraggio dire la signora. Signora, lei è pazza. (E qui commetto un errore: i pazzi meritano rispetto, e non si può usare questa parola in questo modo. Ma al momento è stato l’eufemismo più annacquato che ho trovato).

Insomma, i precari subiscono normalmente umiliazioni su umiliazioni, e se osano chieder conto è giusto e normale che siano trattati come importuni impertinenti.

E poi, ricordatevene: qui tutto è possibile. Se mai aveste avuto bisogno di conferme.

Il tetto di spesa al caro libri c’è Peccato sia solo sulla carta

da LaStampa.it

Il tetto di spesa al caro libri c’è
Peccato sia solo sulla carta

Testi«consigliati» di fatto obbligatori, strumenti inesistenti per monitorare gli aumenti

raffaello masci
roma

Il caro libri non dovrebbe esserci perché il ministero ha preso tutte le misure idonee affinché il fenomeno non si verifichi. Anzi, ha addirittura bloccato i tetti di spesa. Eppure se vi disponete a comprare i libri per i vostri figli, vi accorgete che la batosta è dietro l’angolo e il mercato non sta a sentire prediche di sorta.

Cominciamo la storia dall’inizio. Il ministero ha introdotto dei tetti di spesa per l’acquisto dei libri scolastici fin dal 1999, tempi del ministro Luigi Berlinguer: tabelle rigorose fissano le colonne d’Ercole della spesa per tutte le classi, dalla prima media fino all’ultimo anno delle superiori con un margine di tolleranza del 10%. Il tetto può essere adeguato ogni anno all’aumento dell’inflazione, ma il ministro Maria Chiara Carrozza quest’anno l’ha tenuto sui livelli dell’anno scorso.

Eppure i prezzi aumentano, perché lo sforamento del tetto è all’ordine del giorno: in parte dovuto ad un sotterfugio, quello dei libri «consigliati» che di fatto diventano obbligatori perché fanno al differenza tra chi ce l’ha e chi no. Ma soprattutto si sfora perché le leggi (molte leggi) sono come le grida manzoniane contro i bravi: ci sono ma nessuno le rispetta, tanto non succede nulla. Il sito Skuola.net ha provato a indagare e ha spulciato nelle liste delle adozioni dei testi. Intanto ha rilevato che mentre per tutto il sistema scolastico esiste un ampio open data (gli iscritti, le scuole, i docenti, la spesa, eccetera), accedere ai dati sulle adozioni è complicato: ogni quattro tentativi il sistema ti butta fuori. Vuoi fare una indagine? Armati di pazienza e rientra ogni volta che ti espellono. «E così – dice Daniele Grassucci direttore del sito – siamo riusciti con grande fatica a monitorare 100 scuole in 10 città e abbiamo rilevato che il 20% ha sforato il tetto, impunemente, e il 30% non è andato oltre il limite tollerato del 10% ma comunque oltre la cifra base prevista».

Possibile? Il ministero fa sapere che le direzione scolastiche regionali sono obbligate a monitorare il fenomeno e stanno lì come il Minosse dantesco che «giudica e manda secondo che avvinghia», ma poi non hanno strumenti sanzionatori, e tanti saluti a chi ha innalzato tetti e cupole (ma non sarebbero più del 5-10% secondo il ministero).

E, in ogni caso – dicono sempre da Roma – esistono i fondi per il diritto allo studio affidati dal governo alle Regioni, per venire incontro alle famiglie che non ce la fanno a comprare i libri e questo fondo è stato incrementato (il decreto è in via di pubblicazione) di 69 milioni. Se c’è il problema, dunque, c’è anche l’aiuto pubblico.

Esiste poi, da tempi immemorabili, l’antico sistema di rivolgersi all’usato. Ma da qualche anno anche quest’arma è spuntata. Nel 2009, infatti, la riforma Gelmini ha cambiato la fisionomia della scuola italiana ed è del tutto logico che ciò che andava bene prima non è più andato bene poi. Il ministro Gelmini si è premurata di porre rimedio imponendo che un libro adottato tale dovesse rimanere per 5 anni (scuola media) o addirittura 6 (scuola superiore) e che dal 2012 sarebbe arrivato il libro digitale a sovvertire tutto il mercato, con sgravi importanti per le famiglie. Francesco Profumo, subentratole al ministero, ha rivisto questa norma: ha rimosso il blocco dei 5 e 6 anni ma ha introdotto l’obbligo – sia pur spostato all’anno scolastico 2014/15 – di libri solo digitali a iniziare dalle prime classi dei vari ordini di scuola (prima media, prima superiore). L’idea era quella di dare prodotti più evoluti e molto meno cari, ma la norma di Profumo è stata impugnata al Tar dagli editori ed è ancora nel Limbo. Non è certo, tuttavia, che possa produrre un abbassamento della spesa, perché se il libro digitale non ha il costo della carta, ha quello dei diritti d’autore dei contenuti digitali e l’Iva che dal 4 passa al 21 per cento. In tutto questo una cosa è certa fin da ora: l’usato potrà tranquillamente andare al macero.

Occhio allo zainetto troppo pesante

da LaStampa.it

Occhio allo zainetto troppo pesante

Quale modello scegliere e come evitare guai alla schiena dei bambini? I consigli del presidente della Società italiana di ortopedia e traumatologia

«Non sovraccaricare troppo la schiena con uno zaino inadatto. E assicurarsi che i bambini non stiano seduti con la schiena curva». Sono due raccomandazioni chiave rivolte a genitori e insegnanti a pochi giorni dall’inizio dell’anno scolastico, che arrivano da Paolo Cherubino, presidente della Società italiana di ortopedia e traumatologia (Siot) . Secondo una ricerca Siot, «tra i bambini delle elementari 5 su 10 soffrono di lombalgia. Il doppio rispetto ai loro genitori quando avevano la stessa età. Proprio quella tra i 6 e i 10 anni – spiega Cherubino – è la fascia d’età più importante per lo sviluppo muscolo scheletrico e in cui la schiena dei bambini è più delicata». Libri e quaderni, col passare dei decenni, si sono moltiplicati, e così pure il peso che grava sulla colonna dei piccoli. Quindi attenzione allo zaino e alla postura. Il modello più adatto, secondo la Siot, deve essere «leggero quando è vuoto, non deve essere dotato di aperture a soffietto e deve avere ampie bretelle imbottite, cinture per essere fissato alle anche – rispetto alle quali non deve mai scendere oltre lungo la schiena – e non deve pesare più del 20% rispetto del peso del bambino». «Per evitare un sovraccarico della schiena – aggiunge Cherubino – occorre evitare di indossare lo zaino su una spalla sola e cercare di appoggiarlo a terra durante il tragitto. Lo zaino ideale deve avere uno schienale imbottito, ma rigido, e spallacci morbidi. È importante che il peso non superi il 10-15% di quello corporeo. Abbiamo appurato invece che spesso si arriva a una media del 27%».

Da sfatare il mito della cifosi o scoliosi provocate dallo zaino scolastico. «Se i vostri figli incurvano la schiena in avanti o lateralmente – prosegue il presidente di Siot – non prendetevela con gli zaini, ma probabilmente le cause sono soprattutto genetiche». Insomma, non sempre il peso dello zaino è il responsabile principale dei disturbi alla schiena e alla colonna vertebrale. «Molti bambini e ragazzi oggi trascorrono diverse ore seduti davanti a uno schermo spesso con la schiena curva o distesi sul divano in posizioni `stravaganti´. Quindi – sottolinea Cherubino – per evitare problemi in futuro, la prima regola è quella di muoversi: fare attività sportiva per rinforzare i muscoli del busto (addominali, lombari, sacro-spinali) che altrimenti si rilassano e si atrofizzano, col risultato di una colonna vertebrale danneggiata e doloretti vari quando si è grandi». Secondo gli esperti della Siot, nei bambini e fino ai 12-13 anni, non si ha una sensibilità posturale, che si sviluppa solo dopo la maturità neurologica. Solitamente viene preferita la postura percepita come più comoda. Infine, gli ortopedici consigliano, oltre all’attività fisica scolastica (che è spesso «carente in molti istituti»), uno sport settimanale. «Un fisico allenato – conclude Cherubino – sopporta meglio il peso dello zainetto e una colonna vertebrale in movimento è la prima prevenzione per il mal di schiena. Sì quindi all’attività fisica, ma senza esagerare».

Web via satellite nella scuola “di frontiera”

da Lavoridiclasse

Cambiare la scuola è possibile ma serve l’impegno di tutti, dalle istituzioni pubbliche ai soggetti privati. E il messaggio che arriva dalla Scuola Corrado Alvaro di San Luca, in provincia di Reggio Calabria: una terra di frontiera, conosciuta in tutto il mondo per tristi fatti di cronaca. Oggi, però, da quelle parti si parla di un desiderio di riscatto che continua a crescere tra le mura scolastiche, grazie alla passione e alla tenacia della preside, Domenica Cacciatore. E così che dopo il restauro strutturale della scuola, è arrivata anche la tecnologia: la Banda Larga via Satellite, messa a disposizione da Eutelsat, che rappresenta l’unica soluzione per superare la mancanza di accesso ad Internet nella zona e rilanciare la didattica. “Il mio messaggio è resistere per rinascere per San Luca – dice la preside – per far rinascere questa comunità e anche le nuove tecnologie e internet aiutano ad aprire una finestra sul mondo, confrontarsi per una sana contaminazione di crescita”.La chiamano la preside coraggio per il suo impegno a favore del futuro dei ragazzi. Oggi nella sua scuola di San Luca si usa la lavagna LIM, si naviga in rete e si apprende in un modo nuovo. E sono tanti gli obiettivi per i prossimi mesi. “C è la voglia di attuare i progetti Twinning, gemellaggi europei anche con scuole di Paesi stranieri – prosegue Domenica Cacciatore – noi chiederemo un gemellaggio con la Grecia o la Turchia-anche per abituare i ragazzi all uso delle lingue per comunicare attraverso la tecnologia internet”.

Sulla questione dei testi scolastici digitali: come arrivarci?

di Giuseppe Corsaro, docente di Lettere presso I.C. Leonardo da Vinci – Mascalucia (CT)
Fondatore e animatore della Comunità Facebook “Insegnanti 2.0”

Alcuni recenti interventi e prese di posizione in merito alla questione dell’uso di libri digitali a scuola, sono un evidente sintomo della centralità di tale argomento per l’intero universo scolastico. Su tale questione, infatti, sono intervenuti ultimamente in tanti a cominciare dal ministro Carrozza. Voci autorevoli come quelle di sottosegretari o alti funzionari del MIUR, docenti universitari, esponenti sindacali, rappresentanti di case editrici, associazioni studentesche e dei genitori, ma anche singoli docenti.
Si ha l’impressione però che l’approssimarsi del nuovo anno scolastico porti con sé una contraddizione in più rispetto agli anni passati e che ci sia ancora parecchia confusione sull’argomento. Proviamo a capire che succede. La sensazione è che si stiano sempre più delineando due fronti opposti ma assolutamente trasversali e del tutto svincolati dall’agone politico. Possiamo per nostra comodità etichettarli (con una deliberata forzatura semplificante) in: progressisti pro-digitale e conservatori anti-digitale.

Accenno soltanto (con voluta superficialità) a tutta una serie di argomentazioni di scarsa importanza difficilmente giustificabili in modo serio e scientifico (e pertanto non degni di particolare attenzione), addotti in varie occasioni e a più voci dai conservatori anti-digitale:
1. sondaggi (farlocchi) che vedrebbero gli studenti contrari all’introduzione del libro digitale;
2. presunti effetti negativi per la salute derivanti dall’eccessivo uso di schermi;
3. presunta inutilità/dannosità del digitale nel processo di apprendimento;
4. presunta impossibilità di utilizzare il digitale per alcune discipline.

Di contro anche da parte del fronte progressista pro-digitale vengono a volte alquanto sottovalutate alcune reali difficoltà:
1. negazione dell’esistenza di una impreparazione strutturale;
2. negazione della necessità di una imprescindibile formazione mirata per docenti e genitori;
3. scarsa considerazione delle implicazioni metodologico-didattiche della questione;
4. eccessivo ottimismo sui tempi di adeguamento da parte degli editori e dell’intero sistema.
La questione dell’adozione di testi scolastici digitali veramente innovativi (non semplici trasduzioni in digitale di ciò che era prima cartaceo) investe certamente tutti gli attori che hanno a che fare con il mondo della scuola: editori, insegnanti, studenti, genitori, apparati ministeriali e fornitori. A partire dal famoso decreto 209 del 26 Marzo 2013 dell’ex-ministro Profumo l’attenzione si è focalizzata maggiormente sul “quando” iniziare la migrazione dal cartaceo al digitale dei testi scolastici ed in misura inferiore la questione del “se” o del“perché” iniziare o meno tale migrazione.
Anche le parole dell’attuale ministro Maria Chiara Carrozza, in un recente incontro con gli editori, non lasciano spazio a dubbi in tal senso: “… il sentiero dei libri digitali è segnato e non vogliamo uscirne, i tempi, però, mi sembrano troppo rapidi e il ministero non vuole nuovi contenziosi.“. Pur considerando che proprio per tale intervento (visto da molti come un ulteriore stop al percorso tracciato dal precedente ministro) la Carrozza ha attirato su di sé parecchie critiche e persino qualche sgradevole sospetto di “atteggiamento debole” nei confronti della lobby degli editori, è comunque chiaro che anche al ministero hanno digerito la decisione che la rivoluzione digitale dovrà (prima o poi) pervadere anche la scuola. A conferma di tale decisione in ambito ministeriale è emblematico l’intervento sul blog del sottosegretario Gabriele Toccafondi che seppur con tanti interrogativi conclude con la speranza che si arrivi presto anche in Italia all’adozione di “libri digitali veri”. Parecchie altre voci – fra cui la mia in occasione del 1° Meeting Docenti Virtuali e Insegnanti 2.0 (vedi testo e slide) – hanno già espresso la stessa speranza, anche indicando, in qualche caso, come responsabili dell’evidente ritardo italiano sul digitale a scuola (testimoniato anche da un recente rapporto OCSE) una volta il ministero, una volta i politici in genere, una volta gli editori, una volta i sindacati e chi più ne ha più ne metta.

Quello che finora non sembra essere stato posto al centro della questione (neanche dai favorevoli al digitale) è un interrogativo che non possiamo non porci ed a cui è certo più complicato trovare risposte: non se, non perché, non quando introdurre i testi scolastici digitali… ma “come” arrivare ad una adozione diffusa e realmente proficua per tutto il nostro sistema d’istruzione nazionale. E’ questo interrogativo (non ancora del tutto esplicitato) che, probabilmente, è circolato ai piani alti del ministero in quest’ultimissimo periodo. Non credo affatto allo stop di convenienza dettato da pressioni più o meno palesate da parte degli editori. Penso piuttosto che realisticamente al ministero ci si stia interrogando su come rendere oltre che fattibile anche veramente efficace il passaggio ai libri di testo digitali. Sta tutto nel“come”, il problema!  E’ iniziando a parlare di ”come” che forse potrebbe ridursi la confusione e magari potremmo tutti meglio chiarirci le idee su cosa intendiamo per “testi scolastici digitali”.
Fondamentale è legare la questione dei testi scolastici alla questione metodologico-didattica. Questo è il punto di partenza obbligato. A nulla servirebbero i più innovativi ed evoluti testi digitali, a nulla la presenza di nuove tecnologie e di dispositivi modernissimi nelle aule, se non si ripensa in maniera radicale e completa il nucleo stesso dell’azione educativa e con esso inevitabilmente il rapporto insegnante/discente e il ruolo del docente stesso. Ripensare (o forse riscoprire) un’attività didattica che possa accogliere pienamente tutte le potenzialità offerte dalle innovazioni tecnologiche (traendo profitto da esse). Chiunque può rendersene conto solo dedicando un po’ d’attenzione ai tanti esempi positivi di cui si trova notizia in autorevoli riviste specialistiche che alla didattica supportata dalle nuove tecnologie dedicano da tempo grande attenzione ed ampio spazio (Bricks diretta da A. Fini e P. Ravotto, TD dell’ITD-CNR, Form@re diretta da Antonio Calvani, Education 2.0 diretta da Luigi Berlinguer), in centinaia di blog di alta qualità promossi da singoli docenti (non cito nessuno ma sarebbero centinaia) e non ultimi in tanti gruppi Facebook centrati sul tema (Insegnanti 2.0, Docenti Virtuali, Docenti e LIM, Il tablet a scuola, La scuola nella nuvola, L’iPad in classe, ecc…).

Sull’argomento metodologia didattica con le nuove tecnologie poi c’è veramente moltissimo in rete: mobile-learning, flipped classroom, serious game, eduteinement, cooperative-learning, ambienti virtuali, piattaforme e-learning, …). Veri scenari innovativi che in grandissima parte danno un reale conforto a sperimentazioni spesso partite dal basso e quasi sempre su base volontaristica. Se poi volgiamo lo sguardo fuori d’Italia, molte di queste idee stanno diventando “buone pratiche innovative” e sono già state recepite, istituzionalizzate entrando di sovente nella prassi ordinaria.
Il primo “mattone” metodologico porta quindi inevitabilmente con sé la facile conclusione di poter essere applicato solo se il docente modifica profondamente la sua attività in classe. Potrei qui tirare in ballo tutte le questioni metodologiche più o meno sul tavolo da anni ma sento di non averne l’autorità (e neanche la voglia a dire il vero). Preferisco invece chiamare in causa direttamente due delle categorie protagoniste della questione: i docenti e gli editori. Ipotizzando una condivisione di obbiettivi ed una sinergia strategica tra loro si potrebbe forse superare l’impasse in cui ci troviamo e chiarirci tutti meglio le idee.
I docenti dovrebbero ammettere di aver bisogno di una seria formazione mirata all’effettiva integrazione delle nuove tecnologie nell’attività didattica e gli editori dovrebbero scommettere maggiormente su una vera innovazione. La rete offre già oggi una quantità di risorse e di strumenti utilizzabili a scuola (quando non propriamente nati per essere impiegati a scuola nell’attività didattica). Dovrebbero solo essere sperimentati, dovrebbe esserne testata la validità didattica e la reale efficacia; potrebbero essere tradotti in italiano; si potrebbero creare dei video-tutorial per aiutare i docenti.

Potremmo ipotizzare una nuova generazione di “testi” scolastici completamente dematerializzati innestati in piattaforme aperte che prevedano la possibilità di azioni collaborative tra docenti, studenti ed editori. E’ già oggi, quindi, possibile invertire quello che è stato finora. Non più libri cartacei con estensioni digitali (opzionali o meno) ma al contrario: libri di testo totalmente in digitale che lavorino sia in presenza che in assenza di connessione e (semmai) con la possibilità di stampare parti del contenuto.
Agli editori toccherebbe il compito di realizzarli ed innestarli in ambienti cloud-based che agevolino e potenzino il lavoro del docente. Dotarli di tools interattivi e apps per i docenti e per gli studenti (ne esistono già centinaia in rete che in molti casi andrebbero solo tradotti in italiano: Prezi, Glogster, Powtoon, Symbaloo, GoogleDocs, …). Arricchirli con contenuti digitali selezionati, recensiti ed appropriati. Innestarli in ambienti cloud collaborativi e aperti che favoriscano l’interazione docente-studente e docente-docente anche oltre le mura scolastiche. Prevedere prove autocorrettive strutturate.
Affiancarli a veri e propri social-network protetti. Supportarne l’utilizzo diffuso con i video-tutorial. Renderli personalizzabili con applicazioni creative e tools di authoring.
I docenti, dal canto loro, dovrebbero aprirsi di più all’innovazione. Farsi promotori, sperimentare,  proporre, testare, ricercare gli strumenti e le risorse più appropriate e rinnovare l’azione didattica modificandone profondamente le modalità. La formazione in servizio (da incrementare, certo) dovrebbe essere ben tarata su queste abilità piuttosto che su altro. Non si tratta di diventare dei tecnici informatici e tantomeno dei programmatori ma semplicemente di imparare a sfruttare le opportunità che le nuove tecnologie offrono per svolgere meglio il proprio compito nel ventunesimo secolo (come ogni altra categoria professionale ha già fatto).

Condivisione di obbiettivi e sinergia strategica fra docenti ed editori, quindi, possono aprire la strada ad un reale salto di qualità nei testi scolastici che possa avere una effettiva ricaduta nella didattica destinata ai nativi digitali. Cominciare a parlare seriamente (innanzitutto docenti ed editori ma poi anche genitori, studenti e ministero) di come arrivare all’adozione diffusa di testi scolastici innovativi interamente e veramente digitali è, a mio parere, una strada obbligata.

Al 30 settembre la domanda di cessazione del personale in esubero

da Tecnica della Scuola

Al 30 settembre la domanda di cessazione del personale in esubero
di Giovanni Sicali
In applicazione del comma 20 bis del D.L. 95/2012 viene stabilito che il personale in esubero non utilizzato in maniera proficua ed in possesso dei requisiti ante Fornero (entro il 31 agosto 2012) può presentare domanda di cessazione dal servizio entro il 30 settembre 2013.
Su immediata segnalazione del nostro amico Leo Tuccari riportiamo, integralmente, la nota prot. 8719 del 5 settembre 2013, inviata dal MIUR ai Direttori degli U.S.R. e ai Dirigenti Provinciali avente per oggetto: “Cessazione dal servizio personale docente in esubero a.s. 2013/14”.
“Come è noto, il comma 17 del decreto legge 95/2012 convertito, con modificazioni, dalla legge 135/2012, dispone che il personale docente a tempo indeterminato risultato in esubero deve essere proficuamente utilizzato su tutti i posti vacanti e disponibili nella provincia di titolarità. Il successivo comma 20 bis dispone, inoltre, che “Il personale docente di cui al comma 17 che per l’anno scolastico 2013-2014 non sia proficuamente utilizzabile a seguito dell’espletamento delle operazioni ai sensi del medesimo comma 17, lettere a), b) e c), può essere collocato in quiescenza dal 1° settembre 2013 nel caso in cui maturi i requisiti per l’accesso al trattamento pensionistico entro il 31 agosto 2012 in base alla disciplina vigente prima dell’entrata in vigore dell’articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214”. Ne consegue che il personale docente in esubero nella propria classe di concorso nella provincia in cui presta servizio che per l’a.s. 2013/14 non risulti proficuamente utilizzabile nemmeno dopo la conclusione delle operazioni di utilizzazione di cui sopra, può essere collocato in quiescenza secondo i requisiti vigenti prima dell’entrata in vigore del citato art. 24 dalla legge n. 214/2011, anche se i requisiti siano maturati tra il 1 gennaio e il 31 agosto 2012. Nell’istanza di cessazione l’interessato dovrà espressamente dichiarare la volontà di cessare dal servizio, nonché il possesso dei requisiti anagrafici e/o contributivi di accesso al trattamento pensionistico come indicati nella C.M. 98 del 20 dicembre 2012. Le istanze di cessazione dal servizio dovranno essere presentate in forma cartacea presso l’Ufficio Territoriale di riferimento entro il 30 settembre, il quale, tramite l’apposita funzione SIDI già in esercizio, potrà convalidare, con i consueti codici già presenti a sistema senza indicazione della data della domanda, la cessazione dal servizio. Una volta convalidate le domande, gli UST predisporranno i prospetti dati di pensione da inoltrare all’Ente previdenziale. Per le modalità e i termini di presentazione delle domande di pensione da parte degli interessati direttamente all’Ente previdenziale verranno fornite successive indicazioni operative” .

Allo studio del Miur la flessibilità dell’orario di servizio dei docenti?

da Tecnica della Scuola

Allo studio del Miur la flessibilità dell’orario di servizio dei docenti?
di Lucio Ficara
Sembra che anche il ministro Carrozza stia pensando seriamente di intervenire, con apposito decreto legge, sull’orario di servizio dei docenti, evitando comunque di aumentare il numero di ore lavorative definite dal contratto collettivo nazionale della scuola.
La ratio di questa bozza di decreto legge, volto a ridefinire l’art.29 del Ccnl scuola, nella parte dell’utilizzo delle 80 ore che annualmente un docente dedica alle attività funzionali all’insegnamento, è quella di potenziare e sostenere l’orientamento per la scelta universitaria o lavorativa. Non si tratta quindi della stessa operazione che, in un recente passato, aveva maldestramente tentato di fare l’ex ministro dell’istruzione Francesco Profumo, ma di un intervento legislativo più ponderato e volto soprattutto a sostenere una sorta di flessibilità nell’orario di servizio, che andrà nella direzione di rimodulare gli impegni funzionali all’insegnamento, inserendo, all’interno delle 80 ore (40 + 40) , l’attività obbligatoria dell’orientamento al mondo dell’università o del lavoro degli alunni degli ultimi anni di scuola secondaria di secondo grado. Si tratta comunque di un provvedimento che ancora una volta è invasivo rispetto alle prerogative contrattuali vigenti.  Perché i sindacati tacciono su questo tema, nonostante le pubbliche dichiarazioni del ministro Carrozza? Forse la notizia di questo decreto legge che vorrebbe intervenire sulla modifica dell’art. 29 del Ccnl scuola è infondata? Se questo decreto legge fosse approvato dal prossimo Consiglio dei ministri, sarebbe efficace a partire da questo nuovo anno scolastico? La scuola pretende delle risposte immediate ed esaustive a questa semplici domande. Bisogna anche dire che, nel su citato art. 29 del contratto scuola, c’è anche un’altra parte che riguarda i doveri individuali del docente, la quale meriterebbe, dal ministro dell’istruzione Carrozza, un impegno volto all’emersione, al riconoscimento professionale e alla valorizzazione del tempo scuola, dedicato dai docenti di alcune discipline per la preparazione delle prove scritte obbligatorie e la conseguente correzione di dette prove.  Per quanto è dato sapere è nelle corde del ministro Carrozza riconoscere e valorizzare il tempo dedicato alla correzione delle verifiche scritte, cercando un metodo di valutazione dei tempi di lavoro dei docenti che hanno l’obbligatorietà delle prove scritte, che sia il più oggettivo possibile. Per quanto suddetto, possiamo affermare che ci sono reali spazi di azione per operare, con il consenso sindacale, una seria flessibilità dell’orario di servizio dei docenti, a cui deve essere riconosciuto, in ogni modo, a seconda della disciplina che si è chiamati ad insegnare, la valorizzazione professionale dei tempi impiegati per gli adempimenti individuali dovuti.  Tra questi adempimenti ci sono ovviamente la preparazione delle lezioni e delle esercitazioni, ma soprattutto la preparazione e la correzione degli elaborati scritti e obbligatori. Adesso resta solamente l’attesa di appurare se nel prossimo Consiglio dei ministri, previsto per il 9 settembre, sarà proposta questa flessibilità dell’orario di servizio e constatare quale sarà la reazione dei sindacati rispetto alle modifiche contrattuali dell’art. 29.

Scuole con l’80% di respinti e scuole con tutti promossi

da Tecnica della Scuola

Scuole con l’80% di respinti e scuole con tutti promossi
di P.A.
Skuola.net pubblica un’analisi dell’Open Data del Miur dove si scoprono dati a dir poco preoccupanti: ci sono scuole dove si boccia fino all’80% e altre, soprattutto al sud, dove non si boccia per niente
“Scuole da incubo?”, chissà, ma secondo gli ultimi dati completi disponibili nella sezione Open Data del sito ministeriale, relativi all’anno scolastico 2011/2012, le scuole italiane sono a due velocità: in alcune si respinge senza sosta e senza problemi in altre si promuove a tutto spiano. Tuttavia, sottolinea Skuola.net, che ha spulciato l’Open Data, questi dati sono parziali in attesa che si definiscono gli esami di riparazione in corso da qualche giorno. In ogni caso, la scuola dove si raggiunge il tasso più alto di bocciature, pari appunto all’80%, un promossi su cinque, è l’Istituto di istruzione superiore “L. Mangano” di Catania. “Nella classifica delle 10 scuole più propense alla bocciatura d’Italia ci sono solo istituti superiori e tutti a indirizzo tecnico professionale. Un paio sono addirittura realtà inserite all’interno di carceri (Firenze e Genova) come altrettanti sono corsi serali. L’indagine di Skuola.net ha preso in esame un database di circa 5.500 risultati finali relativi a corsi di studio sparsi sul territorio nazionale, nei quali in media i bocciati hanno rappresentato il 13,87% degli alunni”. Quella che fino a l’anno scorso è stata considerata la scuola più severa, l’Istituto “Caracciolo” di Napoli, è passato dal 73,7% dei bocciati al 54,3%. Tuttavia queste realtà così terribili rappresentano casi isolati. Infatti solo nello 0,5% dei casi presenti nel database ministeriale la percentuale di bocciati supera il 50%. Ma non mancano le realtà in cui nessuno, ma proprio nessuno, viene bocciato: il 2,5% del campione esaminato. Si tratta dell’istituto tecnico per il turismo di Casale Monferrato (Al), il liceo Vito Fornari di Molfetta (Ba), l’istituto professionale Azuni di Cagliari, il liceo classico Ciitelli di Centuripe (En) il liceo classico Lanza di Bovino (Fg), il Corso serale i.s.a. di Poggiardo (Le), il liceo classico Vittorio Emanuele III di San Piero Patti (Me), il liceo classico Axel Munthe di Capri, l’agrario di Palermo, l’I.t.i. di Roccella-Caulonia (Rc) l’I.i.s. Pisacane di Sapri (Sa), l’I.p.s.s. Cabrini serale di Taranto e il liceo Solari di Tolmezzo