I Bisogni Educativi Speciali (BES)

I Bisogni Educativi Speciali (BES)
La scheda della UIL Scuola

La definizione
Con la sigla BES si fa riferimento ai Bisogni Educativi Speciali portati da tutti quegli alunni che presentano difficoltà richiedenti interventi individualizzati non obbligatoriamente supportati da una diagnosi medica e/o psicologica, ma comunque riferiti a situazioni di difficoltà tali da far prefigurare un intervento mirato, personalizzato. Il panorama dei bisogni è molto ampio, non si riferisce solo a cause specifiche, la loro natura non è stabile nel tempo poiché possono venire meno o essere superati. Si può trattare di svantaggio sociale e culturale, di disturbi specifici di apprendimento e/o di disturbi evolutivi specifici, di difficoltà derivanti dalla non conoscenza della cultura e della lingua italiana perché appartenenti a culture diverse. Le linee di intervento vengono declinate in ordine alle diverse tipologie. Gli alunni che mostrano di avere Bisogni Educativi Speciali sono quantificati intorno al 10-15% del totale, mentre quelli in possesso di una certificazione, individuati storicamente come diversamente abili, da una tradizione pedagogica che ci ha caratterizzato nel mondo, il 2-3%. L’insieme dei provvedimenti adottati chiarisce come la presa in carico dei BES debba essere al centro dell’attenzione e dello sforzo congiunto della scuola e della famiglia.

L’approccio
L’anno scolastico 2013-2014 va utilizzato per sperimentare e monitorare procedure, metodologie e pratiche anche a carattere organizzativo.
In attesa che il ministero chiarisca meglio i principi della fase sperimentale insieme alle necessarie misure di accompagnamento la UIL Scuola reputa che l’attenzione sui Bisogni Educativi Speciali costituisca uno dei segmenti su cui è necessario fare chiarezza partendo dal principio che un serio approccio al tema è fondato su un lavoro di personalizzazione che le scuole sono chiamate a fare continuamente, stante la presenza ormai generalizzata nelle classi di studenti portatori di esperienze, culture e condizioni molto differenziate, riconducibili ai fattori più svariati e mutevoli. Esiste infatti il rischio che una eccessiva standardizzazione distolga l’attenzione dall’impegno che una corretta relazione educativa richiede anche in ordine agli esiti formativi. La personalizzazione non va ridotta ad una mera questione procedurale, che trasforma la relazione educativa a formule, acronimi, adempimenti burocratici; un corretto approccio ai suoi buoni propositi pertanto va saldato con quanto deliberato nel Piano dell’offerta Formativa in termini generali rispetto all’inclusione, al riconoscimento delle differenze, alla valorizzazione di ogni individuo nella comunità, alla capacità della scuola stessa di “individuare” soluzioni adeguate ai diversi problemi.
Per supportare le scuole nell’azione di progettazione e di confronto con le innovazioni mettiamo a disposizione materiali di riflessione, spunti di approfondimento, schemi che possano semplificare le diverse pratiche, partendo da materiali elaborati già da alcune scuole.

Il Piano Didattico Personalizzato (PDP)
Un percorso individualizzato e personalizzato costituisce lo strumento privilegiato con cui le difficoltà di apprendimento connesse ai BES possono essere affrontate dalla scuola attraverso la messa a punto di un Piano Didattico Personalizzato (PDP). Questo ha lo scopo di definire, monitorare e documentare le strategie di intervento più idonee e i criteri di valutazione degli apprendimenti.
I PDP è lo strumento in cui si potranno includere progettazioni didattico-educative calibrate sui livelli minimi attesi per le competenze in uscita, da parte dei docenti, sia nelle attività individuali che collegiali.
• Non va comunque dimenticato che la personalizzazione viene realizzata principalmente attraverso una mediazione educativa equilibrata su cui la professionalità docente, nella dimensioni richiamate ha acquisito grandi capacità ed esperienze.
• Anche gli interventi sui BES vanno riportati alla specificità del contesto scolastico formativo, su cui il rispetto di norme procedurali rigide ha effetti spesso opposti a quelli che si intende raggiungere.

Azioni nella singola scuola
Per la gestione delle attività per l’inclusione le direttive forniscono indicazioni che le scuole sono tenute a trasformare in azioni strategiche concrete. Queste le principali novità:
– le competenze assegnate al Gruppo di Lavoro per l’Handicap di Istituto GLHI, si estendono alle problematiche relative a tutti i BES per cui il GLHI vede trasformare il proprio acronimo in GLI Gruppo di Lavoro per l’Inclusione;
– il principio di riferimento resta quello previsto dall’art. 15 comma 2 della L. 104/92, per il quale in ogni scuola sono costituiti gruppi di lavoro composti da insegnanti , operatori dei servizi, familiari e studenti con il compito di collaborare alle iniziative educative e di integrazione predisposte dal piano educativo;
– i suoi componenti sono integrati da tutte le risorse specifiche e di coordinamento presenti nella scuola (funzioni strumentali, insegnanti per il sostegno, AEC, assistenti alla comunicazione, docenti “disciplinari” con esperienza e/o formazione specifica o con compiti di coordinamento delle classi, genitori ed esperti istituzionali o esterni in regime di convenzione con la scuola);
– il GLI formula una proposta di utilizzo funzionale delle risorse, anche esterne alla scuola per incrementare il livello di inclusività generale nell’anno successivo;
– Il Collegio dei Docenti discute e delibera il Piano e lo invia ai competenti Uffici degli UUSSRR, nonché ai Gruppi di Lavoro per l’ Inclusione Provinciale (GLIP) ed ai Gruppi di Lavoro per l’ Inclusione Regionale GLIR, per la richiesta di organico di sostegno.
– Gli Uffici Scolastici regionali assegnano alle singole scuole globalmente le risorse di sostegno secondo la normativa vigente, senza possibilità però di dotarle di risorse aggiuntive per la complessità derivante dalla rilevazione delle BES.
– Nel mese di settembre, in relazione alle risorse effettivamente assegnate alla scuola il GLI procede ad un adattamento del Piano, sulla base del quale il Dirigente scolastico procederà all’assegnazione definitiva delle risorse.
– Le scuole sono impegnate, come per la disabilità, a perseguire, anche attraverso le reti scolastiche, accordi e intese con i servizi sociosanitari territoriali (ASL, Servizi sociali e scolastici comunali e provinciali, enti del privato sociale e del volontariato, Prefetture, ecc.) finalizzati all’integrazione dei servizi “alla persona” in ambito scolastico.

Il Piano Annuale dell’Inclusività
A conclusione di ogni anno scolastico il Gruppo di Lavoro per l’Inclusione elabora una proposta di Piano Annuale per l’Inclusività riferito a tutti gli alunni con BES procedendo ad un’analisi delle criticità e dei punti di forza degli interventi di inclusione scolastica operati nell’anno scolastico che si conclude.
Il MIUR ha chiarito che lo scopo del Piano Annuale per l’Inclusività (P.A.I.) è fornire un elemento di riflessione nella predisposizione del POF, di cui il documento è parte integrante infatti “non deve essere inteso come un ulteriore adempimento burocratico, ma come strumento che possa contribuire ad accrescere la consapevolezza dell’intera comunità educante sulla centralità e la trasversalità dei processi inclusivi in relazione alla qualità dei “risultati” educativi”.
– è un atto interno della scuola autonoma, finalizzato all’auto-conoscenza e alla pianificazione della propria offerta formativa in senso inclusivo, sfondo e fondamento sul quale sviluppare una didattica attenta ai diversi bisogni;
– non va interpretato come un “piano formativo per gli alunni con bisogni educativi speciali”.

Piano annuale dell’inclusività e Piano dell’Offerta Formativa
Il Piano annuale dell’inclusività è parte integrante del POF e non un suo duplicato dedicato, nel POF infatti trovano già spazio gli impegni programmatici per l’inclusione, da basare su una più attenta lettura del grado di inclusività della scuola e su obiettivi di miglioramento, nel senso della trasversalità negli ambiti dell’insegnamento curricolare, della gestione delle classi, dell’organizzazione dei tempi e degli spazi scolastici, delle relazioni tra docenti, alunni e famiglie;
il POF inoltre delinea già criteri e procedure di utilizzo “funzionale” delle risorse professionali presenti in una logica “qualitativa”, sulla base di un progetto di inclusione condiviso con famiglie e servizi sociosanitari che recuperi l’aspetto “pedagogico” del percorso di apprendimento e l’ambito specifico di competenza della scuola; in esso vanno richiamate le opportunità a partecipare ad azioni di formazione e/o di prevenzione concordate a livello territoriale.

IL ‘GLI’ – GRUPPO LAVORO INCLUSIONE

Funzioni
– Rilevazione dei BES presenti nella scuola.
– Raccogliere e documentare gli interventi didattico-educativi posti in essere anche in funzione di azioni di apprendimento organizzativo in rete tra scuole e/o in rapporto con azioni strategiche dell’amministrazione.
– Focus/confronto sui casi, consulenza e supporto ai docenti sulle strategie/metodologie di gestione delle classi.
– Rilevare, monitora e valuta il livello di inclusività della scuola.
– Elabora una proposta di Piano Annuale per l’Inclusività riferito a tutti gli alunni con BES, da redigere al termine di ogni anno scolastico (entro il mese di Giugno).
– In particolare per gli alunni DSA/altri disturbi evolutivi specifici/in situazione di svantaggio/stranieri.
– Predispone e aggiorna un Protocollo di Accoglienza e Inclusione che viene approvato dal Collegio dei Docenti.
– Predispone indicazioni chiare per rendere operative le varie fasi dell’accoglienza.
– Ricerca dati ed informazioni sulla scuola dei Paesi d’origine degli alunni stranieri.
– Fornisce ai docenti informazioni, materiali utili sia dal punto di vista dell’accoglienza che della formazione e della didattica.
– Suggerisce ed elabora eventuali strategie di intervento qualora l’inserimento o l’apprendimento risultassero problematici.
– Presenta indicazioni sull’utilizzo delle possibili risorse interne.
– Collabora con altre scuole del territorio e fa circolare esperienze.
– Fornisce ai docenti informazioni e indicazioni in merito ai corsi di formazione e aggiornamento.
– Costituisce l’interfaccia della rete dei CTS e dei servizi sociali e sanitari territoriali per l’implementazione di azioni di sistema (formazione, tutoraggio, progetti di prevenzione, monitoraggio, ecc.).

IL PROTOCOLLO DI ACCOGLIENZA E INCLUSIONE
Il Protocollo è una guida dettagliata d’informazione che si propone di:
consentire il pieno diritto all’istruzione e formazione agli alunni con BES garantendone l’integrazione e l’inclusione;
definire pratiche condivise, l’“alleanza educativa”, tra tutto il personale all’interno dell’ Istituto per favorire una responsabilità condivisa e collettiva per avviare una vera inclusione scolastica;
facilitare l’ingresso a scuola e sostenere gli alunni nella fase di adattamento al nuovo ambiente;
promuovere qualsiasi iniziativa di comunicazione e di collaborazione tra scuola ed Enti territoriali (Comune, ASS, Strutture accreditate, Ambito socio-assistenziale, Associazioni, Enti).
L’adozione del Protocollo di accoglienza e inclusione consente di attuare in modo operativo le indicazioni normative contenute nella Legge n.104/92 e successivi decreti applicativi nella successiva normativa sugli alunni con Disturbo Specifico di Apprendimento (DSA) e nella Direttiva Ministeriale del 27/12/2012 per gli alunni con bisogni Educativi Speciali (BES).
È un documento annesso al POF dell’Istituto che:
1. contiene principi, criteri e indicazioni riguardanti le procedure e le pratiche per un inserimento ottimale degli alunni;
2. definisce i compiti e i ruoli delle figure coinvolte all’interno e all’esterno dell’Istituzione scolastica;
3. traccia le diverse fasi dell’accoglienza;
4. indica le attività di facilitazione e quali provvedimenti dispensativi e compensativi da adottare nei confronti degli alunni con BES;
5. traccia le linee delle possibili fasi dell’accoglienza e delle attività di facilitazione per l’apprendimento;
6. costituisce uno strumento di lavoro e pertanto viene integrato e rivisitato periodicamente, sulla base delle esperienze realizzate.
Il Protocollo di Accoglienza e Inclusione delinea prassi condivise di carattere:
– amministrativo e burocratico: acquisizione della documentazione necessaria e verifica della completezza del fascicolo personale degli alunni;
– comunicativo e relazionale: prima conoscenza dell’alunno e accoglienza all’interno della nuova scuola;
– educativo–didattico: assegnazione alla classe, accoglienza, coinvolgimento dell’équipe pedagogica e didattica;
– sociale: rapporti e collaborazione della scuola con la famiglia e il territorio.
I Bisogni Educativi Speciali (BES) La scheda della UIL Scuola – 6 –

IL RUOLO DEL CONSIGLIO DI CLASSE
Per i compiti generali in relazione agli alunni con Bisogni Educativi Speciali il consiglio di classe è responsabile nella totalità del processo di integrazione di ciascun alunno, compie per cui tutte le azoni che la favoriscano.
Il consiglio inoltre:
– collabora alla stesura della documentazione specifica (PDF – PEI);
– attua gli interventi previsti e ne verifica gli esiti; è responsabile esclusivo degli interventi didattici e della valutazione dell’alunno.
In tale ambito individua gli alunni con DSA e con altri disturbi evolutivi specifici o in situazione di svantaggio sulla base delle prove e delle osservazioni sistematiche. In caso di difficoltà nel percorso scolastico dell’alunno che possono essere riconducibili a disturbi evolutivi specifici, informa la famiglia, prende, in esame la documentazione clinica e/o la certificazione presentata dalla famiglia; valuta la necessità di un PDP per l’alunno e predispone i necessari interventi in caso di mancata presentazione della certificazione clinica il Consiglio motiva opportunamente le decisioni assunte sulla base di considerazioni pedagogiche e didattiche.

LA FAMIGLIA
La norma dell’art 12 comma 5 Legge 104/92 stabilisce che le famiglie hanno diritto di partecipare alla formulazione e verifica del profilo dinamico funzionale e del PEI. Esse hanno inoltre diritto a consultare la documentazione relativa al processo di integrazione. La loro presenza è importante nelle riunioni dei gruppi di lavoro, previo opportuno accordo nella definizione dell’orario.
Le famiglie degli alunni con BES verranno coinvolte direttamente nel processo educativo affinché, in accordo con le figure scolastiche preposte, vengano predisposte e usate le strumentazioni necessarie per consentire agli alunni di seguire con profitto le attività scolastiche, in relazione alle specifiche necessità.
La famiglia di fronte al Bisogno Educativo Speciale
Nello specifico la famiglia che si avvede delle difficoltà del proprio figlio:
– può richiedere un colloquio con i docenti per un’osservazione specifica e sistematica;
– richiede la/le visite al servizio sanitario (ASS);
– consegna la diagnosi alla scuola;
– collabora a individuare e condividere con i docenti le linee del percorso didattico individualizzato e personalizzato da seguire con l’applicazione di eventuali strategie dispensative e strumenti idonei;
– formalizza con la scuola il patto educativo-formativo che preveda l’autorizzazione a tutti i Docenti del Consiglio di classe – nel rispetto della privacy e della riservatezza del caso – ad applicare ogni strumento compensativo e le strategie dispensative ritenute idonee, previste dalla normativa vigente, tenuto conto delle risorse disponibili;
– sostiene emotivamente il figlio e lo coadiuva attivamente al lavoro scolastico;
– verifica funzionalità ed utilità del materiale scolastico dello studente;
– incoraggia e valorizza i traguardi raggiunti;
– incoraggia l’acquisizione di un sempre maggiore grado di autonomia nei tempi di studio.

AZIONI A LIVELLO TERRITORIALE
I centri territoriali di supporto CTS
I compiti e la composizione dei GLIP e le loro funzioni si estendono anche a tutti i BES, nella stessa L. 104/92 infatti gli organismi provinciali debbono occuparsi dell’integrazione scolastica degli alunni con disabilità, “nonché per qualsiasi altra attività inerente all’integrazione degli alunni in difficoltà di apprendimento.”
Quale interfaccia fra l’Amministrazione e le scuole, tra scuole e scuole, a supporto del processo di integrazione, dello sviluppo professionale dei docenti e per la diffusione delle migliori pratiche viene sostenuta la costituzione di CTS – Centri Territoriali di Supporto; i CTS collaboreranno con i GLIP ovvero con i GLIR istituiti a livello territoriale.
Centri Territoriali per l’Inclusione CTI
Centri Territoriali per l’Inclusione potranno essere individuati a livello di rete territoriale e dovranno collegarsi o assorbire i preesistenti Centri Territoriali per l’integrazione Scolastica degli alunni con disabilità. Sia il CTI che il CTS si avvarranno di personale scolastico in possesso di specifiche competenze, al fine di poter supportare concretamente le scuole e i colleghi con interventi di consulenza e di formazione mirata. È quindi richiesta una “specializzazione” – nel senso di una approfondita competenza – nelle tematiche relative ai BES.
Laddove, per ragioni legate alla complessità territoriale, i CTI non potessero essere istituiti o risultassero poco funzionali, le singole scuole cureranno, attraverso il Gruppo di Lavoro per l’Inclusione, il contatto con i CTS di riferimento.
Le istituzioni scolastiche che volessero istituire un CTI possono presentare la propria
candidatura direttamente all’Ufficio Scolastico regionale competente per territorio.

NORMATIVA DI RIFERIMENTO
Direttiva 27 dicembre 2012
Strumenti d’intervento per alunni con bisogni educativi speciali e organizzazione territoriale per l’inclusione scolastica
Circolare MINISTERIALE 6 marzo 2013 n. 8
Direttiva Ministeriale 27 dicembre 2012 “Strumenti d’intervento per alunni con bisogni educativi speciali e organizzazione territoriale per l’inclusione scolastica”. Indicazioni operative
Nota ministeriale Roma, 27 giugno 2013
Piano Annuale per l’Inclusività Direttiva 27 dicembre 2012 e C.M. n. 8/2013 (Chiarimenti)

* Per la predisposizione della presente Scheda la sono stati utilizzati dalla UIL Scuola anche materiali elaborati dall’Istituto Comprensivo Università Castrense – San Giorgio di Nogaro (UDINE), che si ringrazia per la disponibilità e la competenza.

Area V della dirigenza. Richiesta di incontro urgente

Dott. Luciano Chiappetta
Capo Dipartimento per l’istruzione
fax 0658492087
segr.dip.istruzione@istruzione.it

Dott.ssa Sabrina Bono
Capo Dipartimento per la programmazione e la gestione
delle risorse umane e finanziarie
fax 0658493796
dipprog.segreteria@istruzione.it

Dott. Marco Ugo Filisetti
Direttore Generale per la politica finanziaria
e per il bilancio
fax 0658493799
marco.filisetti@istruzione.it
L O R O  S E D I

Oggetto: Area V della dirigenza. Richiesta di incontro urgente sull’applicazione dei contratti integrativi regionali per l’anno scolastico 2012-2013 e sulla ripartizione del Fondo Unico Nazionale (F.U.N.) per il 2013-2014.

Le sottoscritte OO.SS. rappresentative dell’Area V della dirigenza chiedono alle SS.LL. un incontro urgente per sbloccare i contratti integrativi regionali dell’Area V della dirigenza per l’anno scolastico 2012-2013 la cui esecutività è stata sospesa da alcuni USR su indicazione unilaterale di codesta amministrazione a seguito di un inopportuno e non motivato intervento dell’UCB.
Chiedono, inoltre, l’informazione preventiva sulla ripartizione del F.U.N. per l’anno 2013-2014 che ai sensi del contratto vigente codesta amministrazione avrebbe dovuto fornire entro il entro il 31 luglio 2013.

Distinti saluti.

ANP CIDA
F.to G.Rembado
CISL SCUOLA
F.to M.Guglietti
FLC CGIL
F.to G.Carlini
SNALS CONFSAL
F.to P.Ragone
UIL SCUOLA
F.to R.Cirillo

Successo scolastico, l’incontestabile peso del contesto

Successo scolastico, l’incontestabile peso del contesto

Mandare a ripetizione i docenti somari. Così è stata presentata su molti organi di informazione, in modo a dir poco sbrigativo,  la norma del decreto legge sulla scuola che prevede interventi formativi destinati in via prioritaria alle scuole in cui si registrano esiti insoddisfacenti nelle rilevazioni Invalsi. Intervistato da Repubblica (sabato 14 settembre), il segretario generale Francesco Scrima rilasciava questa dichiarazione, ripresa quasi integralmente:
Sgombriamo subito il terreno da possibili equivoci: non sta nè in cielo nè in terra che si possa scaricare sugli insegnanti ogni colpa per risultati scolastici insoddisfacenti, quando è fin troppo evidente il peso determinante delle condizioni di contesto. Chi spende il suo lavoro nelle aree di più acuta emergenza sociale non merita di essere fatto oggetto di banalizzazioni di questa portata. Bisognerebbe invece assicurargli attenzione e supporto, mentre troppo spesso la scuola è lasciata sola a fronteggiare difficoltà di ogni genere. Può servire anche un supporto formativo? Discutiamone, anche in questo caso fuori da equivoci e senza che gli interventi acquistino il sapore di un’attestazione di demerito. In ogni caso stiamo parlando di materie contrattuali, che abbiamo chiesto di affrontare nelle sedi appropriate, quelle negoziali, registrando proprio oggi la disponibilità dell’Amministrazione“. La dichiarazione teneva conto degli esiti dell’incontro appena conclusosi al MIUR per una prima informativa sui contenuti del decreto, incontro nel quale la Cisl Scuola aveva posto con chiarezza la richiesta di affrontare nella sede appropriata, quella negoziale, le materie di natura contrattuale, tra cui rientrano anche aggiornamento e formazione in servizio del personale.

Sulle pagine di “Libero” (domenica 15 settembre) le affermazioni di Scrima venivano riprese da Mario Giordano in un pezzo fortemente polemico, in cui i richiami al peso del contesto nel determinare il successo o l’insuccesso scolastico venivano definiti un alibi per coprire la fuga dalle responsabilità individuali degli insegnanti, e più in generale la causa di un lassismo che pervaderebbe l’intera società.

Di seguito, la risposta di Scrima in una lettera al direttore di “Libero”, in cui ribadisce e approfondisce il senso delle sue dichiarazioni.

Egregio direttore, la polemica è il pepe della democrazia, se il dibattito ne è il sale, quindi non mi turba più di tanto. Però mi è difficile accettare di veder messo in caricatura il mio pensiero, come avviene con l’articolo che compare sul suo giornale di domenica 15 settembre, a firma Mario Giordano.

Per aver richiamato il peso delle condizioni di contesto (ambientale, sociale, familiare, economico), che ribadisco essere in molti casi determinante nel condizionare gli esiti dei percorsi scolastici di tanti studenti, sono stato tacciato di difendere gli “insegnanti somari”, e più in generale additato come colpevole di una de-responsabilizzazione che investirebbe non solo la scuola, ma l’intera società. Se volessi ricambiare la provocazione, potrei dire che applicando in campo sanitario il criterio di Giordano, astraendo dai contesti, risulterebbe in generale ottimo il lavoro di un medico sportivo, con pazienti dalle analisi perfette, e mediocre quello di chi opera nel reparto malattie infettive di un ospedale.

Ma vogliamo riportare la discussione su binari più seri, come la questione meriterebbe? Lo scopo della mia contestata dichiarazione era proprio questo: evitare che sul problema della formazione del personale docente, e del come renderla funzionale al necessario miglioramento del lavoro, si rimetta in moto la giostra delle banalità che per molto tempo, in tema di valutazione, ha animato il teatrino dei tanti Minosse così smaniosi di agitare code e fruste da offrire, quelli si, formidabili alibi a chi non aveva nè la voglia, nè l’interesse di affrontare questioni indubbiamente delicate e scomode.

Ma davvero Giordano pensa che per migliorare i risultati delle prove Invalsi in una realtà come quella di Scampia, o dello Zen di Palermo (ma il discorso vale per tutte le periferie metropolitane) possano bastare un po’ di “ripetizioni” ai “docenti somari”? E a proposito di deresponsabilizzazione derivante dai richiami al contesto: come non cogliere, nella “terapia Giordano”, proprio il vizio delle soluzioni sbrigative e ad effetto, che favoriscono il persistere delle colpevoli disattenzioni, del difetto di cura, dell’ignavia politica di chi non affronta come dovrebbe le piaghe di un tessuto sociale disastrato, dove manca tutto e dove la scuola si trova invece presente, ma è lasciata sola con se stessa?

Togliamola dalla solitudine, quella scuola, proprio dedicando la giusta attenzione al suo “contesto”. Sosteniamola, anche con interventi formativi, se occorre, ma che siano pensati come un supporto, e che nessuno sia indotto a leggere come una stupida e impropria punizione. Altro che lassismo, altro che disimpegno! A questi si finirà ancora una volta per approdare, caro direttore, proprio se invece di affrontare e risolvere i problemi si continuerà solo a banalizzarli”.

Disabilità: Binetti promuove convegno su vita persone con autismo

AgenParl del 18-09-2013

Disabilità: Binetti promuove convegno su vita persone con autismo

ROMA. L’autismo è una sindrome che accompagna il soggetto nel corso della sua esistenza, chiamando in causa tutte le componenti dello sviluppo con gravi alterazioni nelle aree della comunicazione, dell’interazione sociale e dell’immaginazione. Per avviare quindi una riflessione seria sulla realtà delle persone autistiche, l’onorevole Paola Binetti promuoverà il 7 ottobre a Roma il convegno ‘Una vita con l’autismo. Diagnosi e terapia, scuola e inserimento sociale: quali prospettive’.
L’iniziativa si svolgerà presso la Sala del Refettorio di Palazzo San Macuto, in via del Seminario 76, dalle 15 alle 19. Parteciperanno all’incontro il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, il ministro dell’Istruzione, Maria Chiara Carrozza, e il direttore del Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute dell’Istituto superiore di Sanità (Iss), Stefania Salmaso. È stato invitato a prendere parte alla conferenza anche il presidente dell’Iss, Fabrizio Oleari.

Il convegno sarà strutturato in due tavole rotonde: La prima, moderata dalla psicoterapeuta dell’età evolutiva Magda Di Renzo, avrà come relatori gli esponenti del mondo della ricerca e tratterà il tema ’Autismo ed etica della complessità’; la seconda su ‘La responsabilità delle Istituzioni’, sarà invece moderata dall’onorevole Paola Binetti e avrà come protagonisti gli esponenti del mondo della politica. Un evento lungo tutto un pomeriggio per riprendere le fila di un discorso intrapreso l’anno scorso, in occasione del convegno su ‘Autismo Oggi. Lo stato dell’arte’, e ricordare che “lo sguardo su questa sindrome non deve essere orientato solo sul bambino, ma deve abbracciare tutto l’arco di vita della persona -aggiunge l’esponente Udc-. Si tratta di una disabilità che in Italia coinvolge circa 400 mila famiglie e una percentuale di nuovi nati pari all’1% della popolazione”.

A proporre la suggestione di una parabola a tutto campo sulla vita di una persona colpita da questa sindrome e affrontare il tema del ‘Dopo di noi’ saranno Paolo Orsi, psichiatra dell’Università di Pavia, e Francesco Barale, docente di Psichiatria della stessa Università e fondatore di ‘Cascina Rossago’, un’esperienza pilota nell’ambito dell’abilitazione di persone autistiche adulte. Una lettura approfondita del tema verrà offerta da Paola Venuti, docente di Psicologia Dinamica presso l’Università degli Studi di Trento, e Filippo Muratori, docente di Neuropsichiatra Infantile all’Università di Pisa, “che in questi mesi hanno saputo dare alla ricerca scientifica nuove prospettive”.
Per Binetti è “importante tornare a riflettere sull’autismo con uno stimolo rinnovato anche alla luce delle novità introdotte dal DSM 5 (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders) e dall’ultimo test ADOS (Autism Diagnostic Observation Schedul) che offrono prospettive diverse in senso diagnostico e prove nuove per misurare le difficoltà del soggetto”.

Test Invalsi: la disinformazione dei grilli parlanti

da Il Fatto Quotidiano

Test Invalsi: la disinformazione dei grilli parlanti

di Marina Boscaino

Ogni tanto qualche grillo parlante, che purtroppo il martello di Pinocchio non è riuscito a schiacciare sul muro, esce dalla sua tana e sentenzia sulla scuola. Si tratta di uno degli sport nazionali evergreen, che periodicamente si abbattono sulle nostre teste e sul nostro fegato, obbligandoci ad un esercizio di pazienza e tolleranza che, almeno per quanto mi riguarda, dopo lustri di insegnamento, non avrei voglia di sostenere. Il comune denominatore delle esternazioni dei Soloncini che rivendicano diritto di parola sulla base del (loro) buon senso e del fatto di aver, in tempi più o meno remoti, occupato un banco scolastico, sono la superficialità e la disinformazione.

Dopo Porro, che l’anno scorso sconfinò dalle sue mansioni di “spalla” di Telese (sic!), riservando alla “proposta indecente” delle 24 ore di lezione frontale per gli insegnanti a parità di salario parole di consenso, tuonando contro incapacità e “fannullonismo” dei docenti, è ora la volta di un altro titano del pensiero nostrano, Mario Giordano. Il quale ripropone un tema buono per tutte le polemiche strumentali, totalmente prive di senso critico: il docente somaro. Deve aver orecchiato, il tuttologo Giordano, qualcosa su test Invalsi e sul fatto che nel decreto legge istruzione sia prevista formazione per i docenti che abbiano classi che non conseguono risultati soddisfacenti ai test; poi ha mandato a memoria qualche strofa della filastrocca semiseria sulla valutazione (ce lo chiede l’Europa!) e sul “merito” che li accompagna; e, ahimé, ha voluto dire la sua.

Come i suoi predecessori, non ci ha certamente stupiti con effetti speciali: larga la foglia, stretta la via… Pensieri banali in libertà, la spregiudicata sicumera da bar dello sport; numeri e cifre, letti in maniera capziosa. Nessuna incertezza, cautela zero, formule e soluzioni in tasca. Inutile entrare nel merito della trita lezioncina da primo della classe; è linkata a questo pezzo. E chiunque – cosa strana – non si fosse già fatto un’idea precisa sulla questione Invalsi nel nostro Paese ha a propria disposizione una Rete che pullula di informazioni. Serie, documentate, circostanziate. Basterebbe affrontare la questione con meno arroganza e meno pregiudizi e studiare oggettivamente normativa e dati, per non incorrere nella fiera dell’ovvietà, peraltro ideologicamente connotate in modo molto riconoscibile. Tutto ciò, però, risulta estremamente difficile in un Paese di santi, navigatori, poeti, allenatori di calcio, ministri dell’Istruzione…

Voti pubblici, dati protetti. E con i tablet ci vuole intelligenza

da Corriere della Sera

LA PRIVACY A SCUOLA

Voti pubblici, dati protetti. E con i tablet ci vuole intelligenza

Le raccomandazioni del Garante in attesa di nuove linee guida

Tablets in classe per lezioni multimediali, videofonini per registrare i momenti più interessanti, e poi classi 2.0, sempre connesse al resto della realtà esterna per non perderne un solo passaggio. Ma nell’epoca dell’informatizzazione della scuola, come si proteggono gli studenti dall’invadenza nella loro sfera personale? Qual è il confine tra modernità tecnologica e privacy personale?

L’Autorità garante per la protezione dei dati personali ha più volte preso in esame il tema, ma la momento non c’è chiarezza sulle regole  in molte scuole e tra genitori e studenti che spesso non sanno rispondere a domande come questa: i voti sono pubblici o riservati? Proviamo a fare il punto partendo proprio dalle raccomandazioni del Garante per la privacy.

Liste ed elenchi – In origine è stata la pubblicazione dell’elenco dei bambini che non avevano diritto alla mensa scolastica perché i genitori risultavano morosi nel pagamento delle rette: comportamento scorretto, censurato più volte dal Garante. Poi sono diventate le liste dei bambini che hanno diritto al servizio di scuolabus. Di più: dei bambini, con tanto di nome e cognome, fermate e orari. A Sant’Agnello, Comune di Sorrento, hanno gridato qualche giorno fa allo scandalo: “Ci mancava solo che pubblicassero il gruppo sanguigno dei nostri figli”, hanno protestato i genitori temendo che malintenzionati approfittassero della lista per molestare i propri figli. L’elenco è stato subito ritirato, ma la polemica ancora è in atto. Il Comune di Roma l’anno scorso se l’è cavata con meno clamore: dopo la pubblicazione delle liste dello scuola bus, ritirata dopo una segnalazione, ha pagato senza replicare i 20 mila euro di multa al Garante e ha chiuso la faccenda. La conclusione è comunque identica: questi dati, che riguardano dettagli privati sugli studenti, non devono essere pubblicati.

Moduli di iscrizione e questionari – Le informazioni sul rendimento scolastico degli studenti, i voti, in generale sono pubbliche. Ma tutte le altre no. Per richiedere l’iscrizione all’istituto scolastico, non è necessario che vengano richiesti così tanti dati “sensibili” sugli studenti, come informazioni relative alla salute, alle convinzioni religiose e politiche, all’appartenenza etnica. Il trattamento di queste notizie, in ogni caso, richiede un’attenzione particolare, e gli interessati devono essere sempre informati su qual è lo scopo per cui quelle informazioni vengono raccolte, a chi saranno divulgate, come saranno conservate per essere tutelate adeguatamente. Le domande personali rivolte alle famiglie e agli studenti non devono mai essere eccedenti, e devono essere sempre ed esclusivamente utilizzate per i fini relativi all’attività scolastica, come prescrive il regolamento sui dati sensibili adottato dal ministero dell’Istruzione : quindi va bene fare domande agli studenti per orientarli sul loro futuro, per facilitarli nella ricerca del lavoro, per indagini e ricerche. Ma purché i ragazzi e le famiglie siano sempre ben consapevoli su scopi e usi dei dati: attenzione alle schedature collettive.

I social network – Permettono di essere sempre connessi dovunque, di condividere con amici e conoscenti stati d’animo, fotografie, eventi, posti: ma il rischio che quelle informazioni vengano diffuse oltre il tempo e lo spazio che un ragazzo possa desiderare, o usate in maniera distorta, è enorme. Per questo il Garante ha dedicato al tema una campagna pubblicitaria, dal titolo esplicativo “Connetti la testa”, con un video e un opuscolo di consigli per usare al meglio Facebook, Twitter, Myspace e simili. Perché la vera arma che hanno gli studenti per difendersi è proprio quella di usarli con cautela e intelligenza. Condividere con gli amici il fatto di aver bevuto troppo ad una festa, può diventare un’informazione poco lusinghiera se ne vengono a conoscenza insegnanti e futuri datori di lavoro. E la possibilità che questo accada, per il tam tam in rete, deve essere sempre presa in considerazione. Tanto più che è molto difficile ottenere la cancellazione totale delle foto o delle informazioni messe on line, anche a distanza di anni. “Taggare” un amico in una foto può ledere la sua dignità, se quella foto lo ritrae in una situazione delicata o compromettente. Concedere l’amicizia a chiunque la chiede, senza approfondire la sua identità, può essere pericoloso: dietro un profilo si può nascondere un fake, un’identità fasulla, che può avere come scopo quello di irretire, ingannare, carpire segreti o informazioni o fotografie. Uno strumento fondamentale è la privacy policy, o impostazioni sulla privacy, che vanno modulate in base alle proprie esigenze. Un esempio su tutti: lo studente può decidere che prima di far apparire una foto o un commento sulla propria bacheca, il sistema chieda la sua autorizzazione. Con questa semplice accortezza può evitare di trovarsi in situazioni imbarazzanti o essere insultato, innescando catene di molestie.  Le password- Una parola chiave diversa per entrare nella mail, nel social network preferito, nei siti dove si gioca. E’ la regola che ogni studente dovrebbe adottare, ricordando di non confidare la propria password ad amici e conoscenti per nessuna ragione. E’ frequente che accada tra ragazzi, ma un’amicizia finita male o un amore stroncato possono rendere quella password un’arma letale nelle mani di una persona delusa e desiderosa di vendetta. Un altro suggerimento utile: mai inserire nelle password i propri dati personali, come date di nascita o classi di appartenenza. Troppo facilmente rintracciabili.

Dal videofonino al tablet- E’ dal 2003 che il Garante interviene per disciplinare l’uso di apparecchi che, oltre a permettere conversazioni tra privati, consentono di riprendere immagini e video, e di inviarle ad altri. La discriminante, fin da allora, è stata individuata nell’uso personale del mezzo e delle informazioni raccolte: in pratica, se le immagini, le parole, le conversazioni, sono usate a fini personali, non c’è violazione del Codice della privacy. Ma se quei dati vengono diffusi a terzi, allora senza il loro consenso lo studente può essere colpito da sanzioni disciplinari, multe o addirittura essere denunciato. Attualmente, è il dirigente scolastico a stabilire e regolamentare l’uso dei telefonini nella scuola di cui è responsabile. Ma in ogni caso, vale la regola che se lo strumento è usato per registrare lezioni, comunicare con la famiglia, o diffondere dati nel rispetto delle persone, è da considerarsi lecito. Mentre non si possono per nessun motivo diffondere immagini, video o foto sul web senza il consenso delle persone coinvolte. Quindi: si alle foto alle recite e durante le gite, ma prima di diffonderle bisogna essere sicuri che tutti i soggetti ritratti siano d’accordo.

Il registro on line- Se le presenze si raccolgono in rete, la pagella è elettronica, e pure le iscrizioni avvengono on line, la prudenza non è mai troppa: il Garante auspica “adeguate misure di sicurezza e protezione dei dati”, ma forse qualche regola più precisa, nelle linee guida che l’Authority ha annunciato per tutelare la privacy scolastica, andrebbe adottata. La competenza tecnologica di alcuni studenti è straordinaria, e la possibilità di modificare dati che riguardano la propria valutazione potrebbe renderla anche più raffinata. Meglio evitare di correre ai ripari quando è troppo tardi. Telecamere e impronte digitali- Per assicurare la sicurezza negli edifici scolastici, possono essere installate telecamere di sicurezza, purché siano segnalate, funzionino solo negli orari di chiusura degli istituti e cancellino le immagini dopo 24 ore. Mentre non è lecito usare metodi biometrici, cioè di riconoscimento delle impronte digitali, per identificare docenti e ausiliari tecnico-amministrativi. Si tratta di un sistema autorizzato solo per gravi motivi di sicurezza, e non semplicemente per controllare le presenze dei lavoratori.

Nei bambini vittime di bullismo maggior rischio di problemi di salute

da LaStampa.it

Nei bambini  vittime di bullismo maggior rischio di  problemi di salute

 Ricercatori di Padova: in agguato emicrania, mal di schiena, problemi alla pelle e al sonno
roma

Subire le angherie dei compagni lascia il segno. Bambini e ragazzi vittime di bullismo hanno infatti un maggior rischio di presentare problemi di salute: in agguato emicrania, mal di schiena, problemi della pelle e disturbi del sonno.

È quanto emerso da una recente meta-analisi pubblicata su Pediatrics da Gianluca Gini e Tiziana Pozzoli del Dipartimento di Psicologia dello sviluppo e della socializzazione dell’Università degli Studi di Padova.

«Abbiamo condotto una meta-analisi su 30 studi che hanno coinvolto un totale di circa 220.000 studenti dai 7 ai 18 anni, con l’obiettivo di quantificare l’associazione tra il coinvolgimento in atti di bullismo e l’insorgenza di problemi di salute nella popolazione in età scolare» spiega Gini.

«Sappiamo da tempo che gli studenti più frequentemente coinvolti nel fenomeno del bullismo hanno un rischio maggiore, rispetto agli altri coetanei, di presentare problemi psicologici quali ansia, bassa autostima, depressione e difficoltà scolastiche, che possono portare a scarso successo e all’abbandono scolastico. Questa nuova meta-analisi, che amplia i risultati di un lavoro precedente del 2009, evidenzia che i bambini che sono bersaglio di aggressioni fisiche, verbali o relazionali da parte dei compagni di scuola hanno un rischio doppio, rispetto ai coetanei, di soffrire di sintomi a carico della sfera somatica, quali emicrania, mal di schiena, dolori addominali, problemi della pelle, ma anche problemi del sonno, stanchezza persistente, inappetenza, enuresi. Questa relazione – assicura – è riscontrabile anche a distanza di tempo dagli episodi di violenza subiti».

Oltre a comprendere meglio i meccanismi sottostanti questa relazione e gli altri fattori psicosociali che la possono influenzare, ora la frontiera della nuova ricerca è quella di verificare se gli stessi problemi di salute si riscontrano con la medesima gravità nei casi di cyberbullismo, ovvero la violenza perpetrata per mezzo dei telefoni cellulari e Internet.

Poiché il bullismo in ambito scolastico è un fenomeno diffuso in molti Paesi, i risultati di questo studio «suggeriscono che il bullismo debba essere considerato un problema importante di salute pubblica in età pediatrica», dicono i ricercatori. È quindi importante da un lato una maggiore attenzione da parte degli adulti al riconoscimento dei primi segnali di allarme che possano indicare la presenza di un problema di questo tipo in bambini e ragazzi e, dall’altro, la messa in atto di strategie di intervento tempestive ed efficaci per ridurre l’incidenza del fenomeno nelle scuole e per aiutare gli studenti in maggiore difficoltà, concludono i ricercatori.

Supplenze annuali, il 90% sono state assegnate

da Tecnica della Scuola

Supplenze annuali, il 90% sono state assegnate
di A.G.
Sono 84.575 su circa 90.000 i contratti stipulati con i docenti presenti nelle GaE: il dato fornito direttamente dal Miur. A livello regionale, in Toscana restano da nominare i docenti di Firenze. Indietro anche diverse regioni del Sud. E gli Ata: stipulati 14.456 contratti su 18.500. Intanto, per il sostegno arrivano conferme sull’immissione in ruolo immediata di 4.447 docenti.
Il ritorno sui banchi dell’ultimo raggruppamento si alunni, quelli della Puglia, è coinciso con la nomina di oltre il 90 per cento dei supplenti annuali. Ad assicurarlo all’Ansa è stato il Miur, spiegando che al 17 settembre sarebbero ormai in dirittura d’arrivo le operazioni di nomina dei supplenti, sia per gli insegnanti sia per il personale Ata: ad oggi, sono 84.575 i contratti di supplenza stipulati con i docenti presenti nelle graduatorie a esaurimento dagli Uffici Scolastici territoriali, pari al 94% del totale (circa 90.000). A queste si aggiungono le 20.000 supplenze che devono essere assegnate dalle singole scuole (si tratta per lo più di spezzoni orari), che stanno effettuando le operazioni (in molti casi già concluse).
Per questo “si può dire- hanno spiegato fonti del dicastero di viale Trastevere all’agenzia di stampa – che oltre il 90% delle supplenze dei docenti è stato assegnato alla data di oggi”. Ed entro “fine mese gli Uffici scolastici avranno completato le operazioni”.
In 13 Regioni (sono escluse dal computo la Valle d’Aosta e le province di Trento e Bolzano, che godono di autonomia in materia di personale scolastico) le operazioni a carico degli Uffici scolastici risultano concluse.
In Toscana restano, invece, da assegnare supplenze di docenti a Firenze che comunque chiuderà il pacchetto delle nomine entro la settimana. Un po’ indietro sono rimaste soprattutto le regioni del Sud: Calabria, in particolare le province di Cosenza e Reggio Calabria, Campania, Puglia e Sicilia. Ma tutte entro la fine di settembre – assicurano sempre dal ministero – chiuderanno la partita delle supplenze.
Per quanto riguarda gli Ata, le supplenze assegnate sono invece, a oggi, 14.456, in questo caso pari ad oltre il 78% su circa 18.500 supplenze da conferire.
“Dopo il via libera ad agosto alle 11.268 immissioni in ruolo di insegnanti – spiegano fonti del Miur – l’amministrazione scolastica ha compiuto enormi sforzi per accelerare tutte le operazioni di nomina. A oggi, facendo il raffronto con lo stesso periodo dello scorso anno (eravamo al 64% circa), le supplenze assegnate dagli Uffici territoriali risultano essere in numero maggiore grazie a alcune novità introdotte: le disponibilità delle supplenze sono state elaborate per la prima volta, seppure ancora parzialmente, dal sistema informativo del ministero (prima venivano raccolte manualmente); c’è stata poi una maggiore celerità delle commissioni mediche delle Asl nel riconoscere la presenza di disabilità o eventuali aggravamenti. Il che ha consentito alle scuole di stabilire i posti di sostegno in tempo rapido”.
Sempre sul sostegno, dal Miur arrivano conferme, per ora riportate solo dallo Snals, sull’immissione in ruolo immediata di 4.447 docenti: “Nel corso della riunione – ha fatto sapere il sindacato autonomo – è stato consegnato un prospetto riguardante la ripartizione territoriale dell’incremento dell’organico di diritto del sostegno per effetto dell’art. 15, comma 3 del recente decreto legge n° 104/2013 sulla scuola. Il provvedimento andrà subito alla firma del Ministro e, contestualmente, sarà attivata la richiesta per un pari numero di immissioni in ruolo”.

D.L. istruzione, ecco cosa cambia già dall’anno in corso

da Tecnica della Scuola

D.L. istruzione, ecco cosa cambia già dall’anno in corso
di A.G.
Sul quindicinale La Tecnica della Scuola, disponibile anche on line, sono stati raccolti e interpretati tutti i provvedimenti che incideranno dall’a.s. appena iniziato. In questo numero anche il dossier “Scuola Insieme” sui Bes, le novità sui pagamenti delle ferie dei supplenti, una lunga intervista a Manuela Ghizzoni, capogruppo del Pd in commissione Istruzione alla Camera, sui Quota96. E tanto altro ancora.
Ora si può dire: l’anno scolastico ha preso il via per tutti gli studenti. Il 17 settembre sono tornati sui banchi anche gli ultimi, frequentanti le scuole della Puglia. Per tutti, indistintamente, il 2013/14 rappresenta un anno con diverse novità, la maggior parte delle quali sono arrivate con il Decreto Legge n. 104, recante “Misure urgenti in materia di istruzione, università e ricerca, approvato dal Consiglio dei ministri lo scorso 9 settembre e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 214 il 12 settembre 2013.

Sul quindicinale La Tecnica della Scuola, disponibile anche on line, sono stati raccolti tutti i provvedimenti, alcuni con effetto sull’a.s. 2013/14, su cui che nelle prossime settimane si dovrà esprimere il Parlamento. Dal welfare dello studente alle ultime disposizioni sui libri di testo e alla lotta alla dispersione all’orientamento degli studenti frequentanti gli ultimi due anni della scuola superiori. Passando per il potenziamento dell’offerta formativa, le misure a favore della tutela della salute a scuola, le novità sulle assunzioni di dirigenti scolastici e la copertura dei tanti posti rimasti vuoti in Lombardia e Abruzzo. Approfondimenti sono stati realizzati, inoltre, sul piano triennale di immissioni in ruolo del personale docente, educativo ed Ata per gli anni scolastici 2014/2016 (69mila docenti e 16mila Ata nel triennio). Oltre che di 57 dirigenti tecnici per il sistema della valutazione vincitori dell’ultimo concorso.
Si parla del probabile sblocco dell’immissione in ruolo di oltre 3.700 Ata per l’anno in corso. E del via libera anche alle assunzioni a tempo indeterminato per oltre 26.000 docenti di sostegno.
Sempre sul quindicinale, vengono approfonditi gli aspetti normativi introdotti con il D.L. 104 su edilizia scolastica, dimensionamento, formazione dei docenti (obbligatoria laddove i risultati delle prove Invalsi sono particolarmente negativi), sostegno alla formazione artistica musicale e coreutica, la cancellazione del bonus maturità e l’allineamento della durata del permesso di soggiorno degli studenti stranieri a quella del loro corso di studi o di formazione.
Per la prima volta, il quindicinale contiene al suo interno la rivista “Scuola Insieme”: in questo numero, dal titolo “La sfida dell’inclusione”, un focus sugli ultimi studi e sulla normativa vigente sui Bisogni educativi speciali.
Tra i tanti articoli pubblicati sul n. 2 della 65esima annata della Tecnica della Scuola figura le ultime disposizioni sul pagamente delle ferie dei supplenti e un’interessante intervista a Manuela Ghizzoni, capogruppo del Pd in commissione Istruzione alla Camera, a proposito della mancata approvazione della deroga alla riforma Fornero, che non ha tenuto conto delle specificità dei dipendenti della scuola, i quali hanno solo una “finestra” annuale per lasciare il servizio. Per la Ghizzoni, comunque, non è tutto perduto.

Gestione delle graduatorie d’istituto a.s. 2013/2014

da Tecnica della Scuola

Gestione delle graduatorie d’istituto a.s. 2013/2014
di L.L.
Il Miur fornisce chiarimenti su alcuni malfunzionamenti delle procedure e ricorda che quest’anno non è prevista la rielaborazione delle graduatorie
Con la nota prot. n. 9060 del 12 settembre 2013 il Miur ha fornito chiarimenti sui segnalati malfunzionamenti delle procedure riguardanti le graduatorie d’istituto del personale docente ed educativo a.s. 2013/14.

In particolare le segnalazioni riguardano l’assenza di aspiranti da graduatorie di istituti in cui lo scorso anno erano presenti, situazione questa dovuta ad una precisa scelta finalizzata ad evitare confluenze improprie lamentate lo scorso anno e per le quali è stato chiesto ai dirigenti scolastici di cancellare dalle graduatorie prodotte dal sistema informativo gli aspiranti confluiti impropriamente (si veda nota prot. 9582 del 14 dicembre 2012).
Per risolvere tale problema, l’attribuzione delle sedi per l’a.s. 2013/14 è ripartita dalle sedi espresse dagli aspiranti con il modello B dell’a.s. 2011/12 e non dalle sedi attribuite dal sistema per l’a.s. 2012/13.
Al fine di verificare la rispondenza delle graduatorie prodotte dal sistema informativo con le indicazioni che il gestore ha ricevuto per elaborarle, le istituzioni scolastiche sono invitate a contattare il corrispondente ufficio provinciale/regionale per controllare la corretta comunicazione delle confluenze sia dall’a.s. 2011/12 all’a.s. 2012/13, sia dall’a.s. 2012/13 all’a.s. 2013/14.
La nota riguarda anche altre segnalazioni. Una concerne l’assenza di alcuni aspiranti dalle graduatorie del personale educativo, problema che riguarda un numero molto esiguo di aspiranti ed è già stato risolto.
Altri problemi sono invece in fase di risoluzione, come l’assenza di aspiranti dalle graduatorie della scuola primaria di alcuni circoli didattici di Bari, Brindisi e Trieste o l’assenza di alcuni aspiranti della fascia aggiuntiva delle GaE dalle graduatorie d’istituto o ancora l’assenza di alcuni aspiranti dalle graduatorie della scuola secondaria di secondo grado.
Infine, il Miur ricorda che per quest’anno scolastico, non è prevista la rielaborazione delle graduatorie. Pertanto gli uffici territoriali, con la collaborazione delle scuole interessate, provvederanno manualmente a riformulare le graduatorie da utilizzare per il conferimento delle supplenze.

Posizioni economiche Ata: non c’è l’accordo

da Tecnica della Scuola

Posizioni economiche Ata: non c’è l’accordo
di L.L.
La Flc Cgil propone il resoconto dell’incontro del 17 settembre. Mef e Funzione Pubblica continuano ad essere contrari al pagamento delle posizioni economiche per il personale Ata; e il Sindacato promette battaglia
 Oggi, 17 settembre 2013, le Organizzazioni sindacali del Comparto Scuola sono state convocate per l’informativa del MIUR riguardante le controdeduzioni del Ministero Economia e Finanze e della Funzione Pubblica sul pagamento delle posizioni economiche del personale ATA.

La situazione è ad un punto morto: secondo quanto riportato dalla Flc Cgil, nonostante le precisazioni del MIUR, i due Ministeri di spesa hanno confermato la loro rigida posizione, contraria al pagamento delle posizioni economiche per il personale Ata.
Di fronte all’ennesimo rifiuto di Mef e Dfp, il Miur vorrebbe proporre una soluzione intermedia, non accettata dai sindacati. In sostanza il Ministero dell’Istruzione vorrebbe togliere dall’intesa la posizione relativa agli assistenti amministrativi che sostituiscono il DSGA, sospendere le posizioni da attribuire per il 2013 e ristorare le risorse delle posizioni economiche restituendo le somme precedentemente sottratte agli incarichi specifici proprio per istituire le stesse posizioni economiche, evitando, quindi, il recupero dal 2011 ad oggi.
Chiederemo – leggiamo sul sito della Cgil – un approfondimento della questione con la Ministra in sede di conciliazione. Non possiamo accettare che una nota interna possa intervenire sul rispetto delle norme contrattuali. Questo sarà uno dei punti prioritari della nostramobilitazione”.

“Quota 96”: si apre un nuovo spiraglio, ma legale

da Tecnica della Scuola

“Quota 96”: si apre un nuovo spiraglio, ma legale
di Pasquale Almirante
Il “Comitato Quota 96” cerca di premere sull’esito di una sentenza del tribunale di Roma che l’anno scorso ha imposto al Miur, che ha fatto, perdendo, opposizione, di pensionare due insegnanti
Sposta il tiro il “Comitato Quota 96”, passando dalla fase politica, una legge per riconoscere il loro diritto alla pensione, a quella giudiziale, riprendendo in esame le due sentenze separate del Giudice del Lavoro di Roma, che ha accolto le istanze e collocate in quiescenza già dal primo settembre 2012 due docenti.  Sennonchè, riporta il comunicato del personale “Quota 96”, l’opposizione del Miur, che però sarebbe stata rigettata dal giudice, avrebbe fatto slittare il provvedimento al novembre dello stesso anno. In ogni caso le due docenti già da un anno raccolgono il frutto della loro decisione. Ebbene, ora il punto è, per questo personale sempre in lotta per il riconoscimento del diritto, quello di esibire nella memoria difensiva del loro avvocato anche questa sentenza davanti alla Corte Costituzionale che, come è noto, dovrà pronunciarsi il prossimo 19 novembre. Nello stesso tempo, l’altra speranza per i “Quota 96” è quella che la suprema Corte recepisca pure le motivazioni del Giudice del lavoro di Siena che ha rimproverato alla legge Fornero di essersi riferita, per quanto riguarda il «dies ad quem», ai soli dipendenti pubblici e non anche, come avrebbe dovuto, ai dipendenti della scuola, che godono di un’uscita speciale nel pensionamento. Il «dies ad quem» per i dipendenti pubblici infatti è il 1 gennaio, mentre per il personale della scuola è il 1 settembre, tanto che esso è chiamato in causa dal giudice senese quando dice esplicitamente che la legge Fornero “non differenzia, con particolare riguardo al settore scolastico, rispetto alla data del 31/12/2011, il dies ad quem della maturazione dei diritti pensionistici secondo la normativa previgente”. E se la politica fa acqua, per motivi di ordine ragionieristico, la speranza quelli di “quota 96” ora la ripongono sulla giustizia amministrativa, così come sta accadendo da qualche decennio nella scuola, dove tutto ciò che accade e si decide viene immancabilmente risolto dai giudici, ma a tutto beneficio degli studi legali che prosperano e prosperano.

Garante privacy: no alle impronte digitali e alla videosorveglianza di prof e Ata

da Tecnica della Scuola

Garante privacy: no alle impronte digitali e alla videosorveglianza di prof e Ata
di Alessandro Giuliani
Adottare il trattamento dei dati biometrici per la rilevazione della presenza a scuola dei dipendenti rappresenta una violazione delle norme in materia di protezione dei dati personali. Pollice verso anche riguardo il controllo a distanza dei lavoratori. Gli istituti invitati a disporre di sistemi meno invasivi della sfera personale, della libertà individuale e della dignità del lavoratore.
A volte serve un’autorità per sancire quello che si poteva decidere solo adottando un briciolo di buon senso. Accade, infatti, che è dovuto intervenire il Garante della privacy per stabilire che non è possibile chiedere a dei dipendenti di alcune scuole, docenti e Ata,  di lasciare le impronte digitali per rilevare la loro presenza.
Il Garante, intervenuto a seguito di segnalazioni e notizie di stampa riguardanti un istituto tecnico industriale e due licei scientifici, ha spiegato che adottare il trattamento dei dati biometrici dei lavoratori rappresenta una violazione delle norme in materia di protezione dei dati personali.
Nella Newsletter dell’Autorità, del 17 settembre, si legge che il Garante “ha detto no all’uso generalizzato delle impronte digitali perché eccedente e sproporzionato rispetto allo scopo perseguito dalle scuole di controllare le presenze sul posto di lavoro e contrario quindi ai principi di liceità, necessità e non eccedenza stabiliti dal Codice”.
Come più volte precisato dal Garante, infatti, l’impiego di dati così delicati può essere ritenuto lecito solo in specifici casi: ad esempio, per accedere ad aree aziendali riservate, nelle quali si svolgono particolari attività o a imprese collocate in zone a rischio.
“Per controllare il rispetto dell’orario di lavoro – ha affermato il Garante – la scuola può disporre di sistemi meno invasivi della sfera personale, della libertà individuale e della dignità del lavoratore”.
Ma all’Autorità massima italiana per la tutela dei dati personali e della privacy è stato chiesto di esprimersi anche sulla regolarità di istituzione di un impianto di videosorveglianza installato all’interno di uno dei due licei dove si chiedeva anche il rilascio delle impronte digitali. Ebbene, anche in questo caso la risposta è stata negativa: per il Garante anche questa iniziativa rientra tra quelle illecite. E, di conseguenza, ha colto l’occasione per vietare “l’uso delle immagini raccolte tramite un impianto di videosorveglianza”, ancor di più perché l’iniziativa era stata avviata “all’insaputa di docenti, personale Ata e studenti”. Il motivo rientra nella “violazione delle norme sul controllo a distanza dei lavoratori”.
A tal proposito, vale la pena ricordare che il Garante ha più volte spiegato che l’installazione di impianti di videosorveglianza possono essere installati solo all’esterno delle scuole.

Ridurre la dispersione significa anche aiutare l’economia

da Tecnica della Scuola

Ridurre la dispersione significa anche aiutare l’economia
di Lucio Ficara
Lo sostiene l’Ocsenel suo recente rapporto. D’altra parte anche gli esempi di Paesi come Finlandia e Corea del Sud lo stanno a dimostrare.
Fare una seria lotta alla dispersione scolastica non è soltanto l’impegno di chi professa, come ha sempre fatto nella sua vita Don Lorenzo Milani, l’estensione di un cattolicesimo sociale volto a guardare, con cura cristiana, chi si trova più indietro nella scala sociale, ma è anche, e soprattutto nella società odierna, il riscatto di un’intera società, che attraverso l’affermazione culturale ed educativa degli ultimi, può ottenere ottimi risultati sul piano economico. Lo dicono le statistiche del rapporto Ocse 2013 che, attraverso istogrammi accurati di vari Paesi messi a confronto, hanno evidenziato come esiste una stretta relazione tra alta scolarità di una Nazione e la relativa crescita del PIL dello stesso Paese. Paesi asiatici come Corea del Sud, Giappone ma anche europei come la Finlandia, che hanno adottato una seria politica di lotta contro la dispersione scolastica, non solo hanno visto crescere parallelamente il loro PIL, ma risultano anche tra i Paesi con il migliore sistema scolastico al mondo. Questo significa che incrementare la spesa in istruzione è un investimento che, non solo è volto a contrastare la dispersione scolastica e l’ignoranza dilagante, ma anche volto a stimolare la ripresa economica sul medio e lungo termine. In buona sostanza, per citare Derek BoK presidente della Harvard University, ci piace ricordare che chi sostiene che l’istruzione sia costosa, non è in grado di capire quanto lo sia l’ignoranza. Eppure in Italia abbiamo avuto, in un recente passato politico, illustri economisti che hanno affermato, impunemente e con un’assoluta miopia politica, “con la cultura non si mangia”. Invece scopriamo che, al contrario di quanto fatto in questi ultimi anni, investire in un sistema scolastico, includente e capace di valorizzare la professionalità dei docenti e il merito degli studenti, potrebbe essere la cartina di tornasole per risolvere i problemi economici del Paese e dare una speranza di futuro ai nostri figli.

Taglio al fondo di istituto: no di Flc-Cgil e Anp

da Tecnica della Scuola

Taglio al fondo di istituto: no di Flc-Cgil e Anp
di Reginaldo Palermo
Gli altri sindacati sembrano propendere per l’ipotesi di decurtare nuovamente il fondo per garantire gli scatti stipendiali. Di questo passo fra due anni il fondo sarà del tutto azzerato.
Ci voleva il ventilato taglio dei fondi per il MOF per mettere (quasi) d’accordo Flc-Cgil e Anp. Il sindacato di Rembado, unitamente all’Anquap che associa soprattutto i DSGA, intende “opporsi decisamente all’ipotesi, ventilata da più fonti, di decurtare ulteriormente il salario accessorio del comparto scuola”. “Se questo avvenisse effettivamente – aggiunge l’Anquap – le organizzazioni sindacali e lo stesso MIUR sarebbero responsabili di un serio attentato all’autonomia scolastica ed alla possibilità di migliorare la qualità del servizio scolastico attraverso la imprescindibile leva dell’incentivazione economica”. Per parte sua la Flc-Cgil ha già fatto sapere da tempo di essere contraria alla riduzione del fondo di istituto; d’altronde già lo scorso anno il sindacato di Mimmo Pantaleo non aveva sottoscritto il Contratto nazionale con cui venivano attribuiti gli scatti stipendiali attingendo però alle risorse per il MOF che, infatti, sono state ridotte complessivamente di poco meno 350milioni di euro (275 di fondo di istituto e 65 di altre voci). In Piemonte i dirigenti scolastici della Flc-Cgil hanno anche sottoscritto un documento con il quale chiedono al Ministero di conoscere al più presto l’entità delle risorse disponibili (nei giorni scorsi, a livello nazionale, gli altri sindacati del comparto scuola avevano invece chiesto al Miur di attendere i dati del MEF sui risparmi derivanti dalla legge 133/08 per poter aprire la discussione sulle modalità di riconoscimenti degli scatti stipendiali. La situazione, insomma, è molto complicata perché si tratta da un lato di garantire gli aumenti di stipendio legati all’anzianità e al tempo stesso un adeguato riconoscimento a chi si impegna maggiormente. Per uscire dall’impasse l’Anp propone di chiudere una volta per tutte con retribuzioni legate all’anzianità per aprire finalmente ad una carriera del personale docente che faccia riferimento al merito Ma questa è una strada tutta in salita perché i sindacati del comparto scuola non sono del tutto convinti di questa ipotesi. Un fatto è certo: a questo punto le risorse del FIS ammontano a 762milioni di euro; se verranno nuovamente decurtate di altri 275milioni come lo scorso anno, la contrattazione di istituto avrà poco significato. Non solo, ma bisogna mettere in conto che, di questo passo, fra un anno il fondo risulterebbe praticamente azzerato. Con quali conseguenze sulla qualità dell’offerta formativa è difficile prevedere.