Disabili e trasporto scolastico, le associazioni pensano alla class action

Disabili e trasporto scolastico, le associazioni pensano alla class action
Aipd Roma e l’associazione Qui per voi lanciano l’allarme per i disservizi. Celani (Aipd Roma): “Il servizio torni ai Municipi”. Daniele Caldarelli (Qui per voi): “Gli utenti hanno diritto a un servizio garantito”

da Il Redattore Sociale
19 settembre 2013 – 18:55

Roma – “Riaffidare il trasporto scolastico ora dato all’agenzia per la mobilità, alla società Roma Multiservizi, non risolve il problema, in quanto il disservizio nell’accompagnamento a scuola dei ragazzi con disabilità dipende anche dalla situazione degli istituti scolastici in cui mancano insegnanti di sostegno e gli orari non sono stati definiti”. Così Giampaolo Celani, presidente dell’Aipd Roma (Ass. Italiana Persone con sindrome di Down) risponde all’assessore alla Scuola del comune di Roma Alessandra Cattoi che ha annunciato il ripristino del gestore precedente dei pulmini per l’accompagno a scuola dei ragazzi con disabilità. Per Celani è fondamentale che la responsabilità della gestione del servizio torni ai municipi che, in quanto amministrazioni di prossimità possono essere contattati direttamente dalle scuole e dai genitori non appena si manifesti un disservizio.”Come è possibile dal Campidoglio gestire i servizi per tutti i quartieri di Roma?”, chiede Celani. “I nostri ragazzi, disabili intellettivi, se il pulmino non passa, vanno in giro per la città e i genitori non sono consapevoli di cosa sta succedendo”. “Se il servizio di accompagno scolastico non funziona, sono i genitori a doverlo fare”.
“Oltre a denuncia, testimonianza e indignazione, è il momento di passare alle vie legali”, afferma Daniele Caldarelli dell’associazione QuixVoi. “Gli utenti devono avere un servizio garantito e chi lo eroga deve controllare che sia correttamente gestito”. “Il vice sindaco ha detto che in 48 ore si ripristina servizio come l’anno passato, ma anche l’anno passato c’erano già disguidi e noi vogliamo che non esistano più”. “Chi ha bisogno dell’ambulanza chiama il 118, non l’amico o il figlio. Vogliamo arrivare a uno standard di civiltà. Se non c’è, non è garantito un diritto costituzionale, il diritto di persone disabili minori ad andare a scuola”. Per questo le associazioni stanno pensando a una class action, per la minaccia della cessazione di un servizio collettivo. Obiettivo è ottenere un provvedimento d’urgenza per garantire il diritto alla scuola dei minori con disabilità. (lj)

Il bisogno educativo e la virtuosa omologazione

Il bisogno educativo e la virtuosa omologazione

di Stefano Stefanel

         Dopo aver letto le interessantissime considerazioni di Raffaele Iosa, Franco De Anna, Maurizio Tiriticco e Dario Missaglia ritengo di spendere due parole pubbliche sull’argomento BES perché dal mio punto di vista si rischia di perdere una vera occasione d’oro. Non sarebbe la prima e non sarà l’ultima, ma questa occasione potrebbe permettere di riequilibrare un sistema scolastico che sta facendo acqua da tutte le parti. Mi scuso ma sarò sintetico e un po’ autobiografico.

Ho fatto per vent’anni l’insegnante di italiano nella scuola media: dal 1984 (anno dell’entrata in ruolo) ho sempre personalizzato l’insegnamento, perché mi è stato chiaro fin da subito che individualizzando i programmi avrei al massimo ottenuto qualche obiettivo minimo con valore sociale bassissimo (porta il materiale, viene a scuola regolarmente, non disturba in classe, ecc.). Quindi sono un fautore assoluto della personalizzazione. Io però penso che la personalizzazione vada fatta dal docente e non attraverso staff, aiuti vari e certificati medici. Ma questa è storia vecchia.

Storia più recente è il dibattito che ho avuto sui DSA e i gestori di educazioneduepuntozero (diretto da Luigi Berlinguer), che non mi hanno  pubblicato un articolo in cui dicevo (quattro o cinque anni fa) che la scuola doveva agire sui DSA anche se non erano certificati (l’articolo è poi apparso su altri siti). Perché anch’io ritengo che una medicalizzazione del bisogno educativo sia nociva.

Il problema è che le scuole vogliono la certificazione, mentre dovrebbero agire sulla propria osservazione. Anche perché un italiano di ceto medio o medio alto il certificato DSA se lo fa rilasciare facilmente, mentre l’albanese, il ghanese, il periferico disagiato non sa neppure da chi andare e come farsi diagnosticare. C’è poi il disagio sociale e il disagio in generale. C’erano nel 1984. Ci sono anche oggi.

La circolare sui BES di questo parla: di personalizzazione, osservazione, scuola. Non di medicina e ulteriori certificati. E soprattutto invita a guardare il bisogno non il certificato. Solo che l’Italia pedagogica non vuole personalizzare: la Riforma Moratti proponeva alcune personalizzazioni forti, ma la scuola le ha respinte per richiamarsi alla virtuosa omologazione. Adesso che ci si sta accorgendo che l’omologazione non è virtuosa e non è neppure omologata si assiste al braccio di ferro tra un Ministero che va a scuola all’estero e dall’estero trae i suoi indirizzi e una scuola che dei modelli diversi dal suo non vuole sentir parlare.  Per intervenire sul disturbo o il bisogno non serve il certificato medico, ma l’osservazione del docente, che sa comprendere benissimo dove sta il problema e come intervenire. Ma si ferma spesso davanti a quel programma (che non c’è più) e che deve terminare.

Stiamo producendo disoccupazione intellettuale come pochi, abbiamo una dispersione scolastica altissima, ci sono due milioni di ragazzi dai 18 ai 25 anni che non studiano e non  lavorano, le retribuzioni dei laureati sono diminuite sia in assoluto sia nel benchmark, si sono persi 60.000 studenti universitari e continuiamo sulla strada della ricerca dell’omologazione egualitaria. Tutti devono avere le stesse possibilità e opportunità e dunque anche le stesse materie, gli stessi agghiaccianti manuali, gli stessi orribili flautini, la stessa idea selettiva di una scuola che boccia gli italiani con la speranza che ripetendo due volte le stesse cose migliorino. E che boccia gli stranieri perché non si integrano in un sistema scolastico che trasmette un’italianità desueta.

In questo quadro forse eccessivo troviamo le eccellenze che stanno già personalizzando in modo molto selettivo senza saperlo. Sono dirigente di un Liceo Scientifico con percentuali Ocse nordiche, in livello intorno al 78 in matematica nelle prove Invalsi e circa 700 studenti con la media sopra l’8. La personalizzazione in alto determina negli altri 700 studenti alcune difficoltà che altrove non avrebbero. In alcuni casi ne traggono giovamento, in altri si trascinano debiti per un eccesso di rigore. Una personalizzazione non di fatto ma pensata entrerebbe proprio nella sfera dei bisogni educativi e devo dire che su questo versante tutto il Liceo sta lavorando molto.

Ma sono anche reggente di un Istituto comprensivo con 8 scuole e 1500 alunni e una percentuale di stranieri che in alcune delle otto scuole supera il 50%. Anche qui la personalizzazione agisce in forma non diretta e produce fatica, dispersione, aggravio di lavoro. Io sono certo che una personalizzazione diretta e percepita e gestita solo dalla comunità scolastica risolverebbe molti problemi.

I Bes parlano di scuola e personalizzazione. Non di certificati medici o di carta scritta per non essere letta. Almeno questo fatemelo dire.

D.L. 104/13: proposta emendamenti

D.L. 104/13: ANIEF propone emendamenti su Idonei, TFA, PAS, SFP in GaE, precari AFAM, Dimensionamento

Inizia oggi l’iter presso la VII Commissione Camera Deputati (AC 1574). Il sindacato invita i Deputati a presentare e approvare alcune modifiche su graduatorie ad esaurimento e organici, a trovare le relative coperture finanziarie per eliminare il blocco della ricostruzione di carriera per i neo-assunti (art. 15, c. 1 e L. 106/11), utilizzare in organico funzionale gli ITP in esubero e gli inidonei (art. 15, c. 4, e L. 135/12), ripristinare i concorsi per ricercatore (L. 240/10). Necessario rimuovere l’obbligatorietà della formazione (art. 16, c. 1).

Sulle assunzioni programmate nella scuola è necessario, nel rispetto della normativa nazionale (D.Lgs 29/93, D.Lgs 165/01) e comunitaria (direttiva 1999/90/CE) cancellare l’invarianza finanziaria da disporre con un nuovo contratto che bloccherà la ricostruzione di carriera ai 26.264 docenti di materie curricolari, ai 13.400 ATA e ai 26.684 docenti di sostegno che saranno assunti nei prossimi tre anni su posti vacanti in organico di diritto ma al di là delle normali facoltà assunzionali, come già avvenuto per i 90.000 doceni e ATA assunti (CCNL 4 agosto 2011) nell’ultimo biennio in base alla legge 106/11.

Per quanto riguarda la predisposizione di emendamenti senza maggiori o nuovi oneri a carico della finanza pubblica, Anief ne ha elaborato sei che migliorano il testo:

  • Per i più di mille precari dell’AFAM (con l’introduzione dell’art. 19, c. 1bis), si propone di inserire nelle nuove graduatorie ad esaurimento tutti i docenti inseriti nelle graduatorie d’istituto con 360 giorni di servizio svolti dopo il 2004-2005.
  • In tema di dimensionamento (con le modifiche all’art. 12, comma 1, lettera c) si intende garantire la peculiarità della sede di dirigenza nelle istituzioni scolastiche collocate in zone montane e piccole isole.

In tema di graduatorie ad esaurimento, con l’introduzione dell’art. 15bis, si propone:

  • il ripristino della giurisdizione del giudice amministrativo sulle controversie
  • la cancellazione del vincolo quinquennale per i docenti neo-assunti dal 1° settembre 2013 per le domande di assegnazione provvisoria e di trasferimento
  • la cancellazione del divieto di spostamento dei titoli dichiarati all’atto dell’aggiornamento
  • la cancellazione del depennamento dei docenti di ruolo
  • l’assorbimento della IV con la III fascia e l’inserimento nella terza fascia dei docenti inseriti nelle graduatorie di merito di cui al D.D.G. n. 82 del 24.9.12, dei docenti iscritti ai corsi di Scienze della Formazione a partire dall’a.a. 2008-2009, con riserva se non ancora laureati, dei docenti abilitati con il TFA ordinario, di tutti i docenti in possesso di abilitazione, con riserva dei docenti che conseguiranno il PAS speciale o che si iscriveranno al nuovo TFA ordinario.

 

 

Gli emendamenti predisposti senza maggiori oneri per la finanza pubblica

AC 1574

 

Emendamento

 

Articolo 15 bis

(Graduatorie ad esaurimento)

Prevedere il seguente comma:

“1. I commi 4-quater e 4-quinquies, dell’articolo 1, della legge 24 novembre 2009 n. 167 sono soppressi. Il Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, in sede di aggiornamento, per il triennio 2014-2017, delle graduatorie ad esaurimento previste dall’articolo 1, comma 605, lettera c), della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni, provvede mediante decreto al reinserimento del personale di ruolo cancellato dalle suddette graduatorie.”

 

Relazione tecnica

La norma cancella l’unico intervento del legislatore sulla tabella di valutazione dei titoli delle graduatorie ad esaurimento, rimandata ad atto amministrativo dalla legge 296/2006 e per semplificare anche i processi di mobilità compartimentale attraverso l’assunzione dalle graduatorie per scorrimento per altre abilitazioni posseduti dai docenti di ruolo su altre classi di concorso, vista l’ordinanza di remissione alla Corte costituzionale n. 3309 del 2 aprile 2013 disposta dal Tar Lazio, senza maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

 

AC 1574

 

Emendamento

 

Articolo 15 bis

(Graduatorie ad esaurimento)

Prevedere il seguente comma:

“1. All’art. 14, comma 2-ter, della legge 24 febbraio 2012 n. 14, infine aggiungere il seguente periodo: “Il Ministro dell’Istruzione della Ricerca e dell’Università, nel decreto di aggiornamento delle graduatorie delle graduatorie ad esaurimento disposte ai sensi dell’articolo 1, comma 605, lettera c), della legge 27 dicembre 2006, n. 296 da disporre per il triennio 2014-2017, provvede ad unificare le suddette graduatorie aggiuntive alle graduatorie di terza fascia. In occasione del previsto aggiornamento, è consentita la presentazione della domanda di inserimento nella terza fascia, altresì, ai docenti che hanno conseguito l’abilitazione al termine dei corsi universitari attivati ai sensi del decreto del Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca del 10 settembre 2010 n. 249 e successive modificazioni, ai docenti che sono stati inseriti nelle graduatorie di merito compilate a seguito dell’espletamento del concorso a cattedra bandito con D.D.G. n. 82 del 24 settembre 2012, ai docenti che si sono laureati presso le Facoltà di Scienze della Formazione primaria o sono comunque in possesso di un’abilitazione. Possono essere inseriti con riserva, invece, gli studenti ancora iscritti a corsi universitari autorizzati dal Ministro dell’Istruzione della Ricerca e dell’Università per il conseguimento dell’abilitazione, ma non in possesso del titolo abilitante con scioglimento della riserva da disporre all’atto del conseguimento del titolo nel decreto relativo al successivo aggiornamento.”

 

Relazione tecnica

La norma intende garantire la parità di accesso alla professione insegnante e di trattamento al personale docente che ha superato sessioni concorsuali per il conseguimento dell’abilitazione presso le Università o a seguito dell’ultimo concorso a cattedra, unificando le graduatorie aggiuntive alla terza fascia introdotte durante il periodo di vigenza delle precedenti graduatorie triennali, senza ulteriori oneri a carico della finanza pubblica.

 

 

AC 1574

 

Emendamento

 

Articolo 15 bis

(Graduatorie ad esaurimento)

Prevedere il seguente comma:

“1. Le controversie legate alle assunzioni del personale docente dalle graduatorie ad esaurimento di cui all’articolo 1, comma 605, lettera c), della legge 26 dicembre 2006, sono devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo ai sensi dell’articolo 63, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.”

 

Relazione tecnica

La norma chiarisce la competenza del giudice amministrativo sulle controversie relative alla valutazione dei punteggi e all’inserimento nelle graduatorie ad esaurimento, aventi natura concorsuale, e semplifica il contenzioso attivato presso i diversi tribunali del lavoro, riportando al precedente ordinamento, producendo evidenti risparmi per la finanza pubblica.

 

 

 

AC 1574

 

Emendamento

 

Articolo 15 bis

(Graduatorie ad esaurimento)

 

Prevedere il seguente comma:

“1. Sopprimere il comma 21, dell’articolo 9, della legge 12 luglio 2011, n. 106.”

Relazione tecnica

La norma armonizza la normativa relativa ai trasferimenti, passaggi di ruolo e assegnazioni provvisorie del personale docente assunto prima e dopo il 1 settembre 2011, consentendo il ricongiungimento familiare senza maggiori oneri per la finanza pubblica. La recente introduzione della mobilità intercompartimentale del personale neo-immesso in ruolo, in esubero (art. 16, L. 183/2011), e del personale inidoneo (art. 19, c. 13, L. 111/11), tende a promuovere la riqualificazione del personale in servizio per evitare la cassa-integrazione e il licenziamento. La disposizioni introdotta mira a riportare al precedente ordinamento senza nuovi o maggiori oneri a carico dello Stato il meccanismo della mobilità per i neo-assunti coniugati o con figli maggiori di 8 anni nel rispetto della CEDU ed evita il contenzioso generato presso i tribunali del lavoro nonché possibile condanne dello Stato italiano per violazione della normativa comunitaria.

 

 

 

 

AC 1574

 

Emendamento

 

Articolo 12

(Dimensionamento delle istituzioni scolastiche)

 

Al comma 1, lettera c), dopo le parole “di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze” inserire le seguenti parole:

“, ed i parametri individuati dal primo periodo del comma 3, dell’articolo 2, del D.P.R. 18 giugno 1998, n. 233”

 

Relazione tecnica

La norma chiarisce come nell’accordo da raggiungere in Conferenza unificata debbano essere fatti salvi i criteri derogatori vigenti per l’assegnazione dell’autonomia scolastica alle scuole collocate in zone disagiate del Paese, difficilmente raggiungibile o in Comuni situati in zone montane o piccole isole, senza ulteriori oneri per la finanza pubblica.

 

 

 

AC 1574

 

Emendamento

 

Articolo 19.

(Alta formazione artistica, musicale e coreutica).

 

Al comma 1, alla fine del testo inserire il seguente periodo:

“Con decreto del ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca secondo le procedure valutative già adottate con decreto del 16 giugno 2005, senza ulteriori oneri per la finanza pubblica, è inserito a domanda nelle suddette graduatorie di cui all’art. 2 bis della legge 4 giugno 2004, n. 143 il personale docente, già inserito nelle graduatorie d’istituto, che ha maturato a decorrere dall’anno accademico 2004-2005, servizio di insegnamento per almeno 360 giorni, con contratto a tempo determinato, nelle Accademie statali, nei Conservatori di musica, e negli Istituti musicali pareggiati”.

 

Relazione tecnica

Considerato che sia le graduatorie di cui al decreto direttoriale del 16 ottobre 2001, sia quelle di cui al decreto ministeriale del 16 giugno 2005 per i docenti con 360 giorni di servizio a tempo determinato dal 1994-1995, non hanno soddisfatto il fabbisogno di insegnamenti a cui si è ricorso attraverso la stipula di contratti da graduatorie d’istituto, la norma intende riaprire le graduatorie aggiuntive previste dal legislatore nel 2004 ai docenti che hanno maturato gli stessi requisiti, dal 2004-2005 senza ulteriori oneri per la finanza pubblica.

19 settembre “Destinazione Italia” in CdM

Il Consiglio dei Ministri, nel corso della riunione del 19 settembre, approva il piano “Destinazione Italia”, un progetto per attirare gli investimenti esteri e favorire la competitività delle imprese italiane.

Il Consiglio dei Ministri ha approvato, su proposta del presidente del Consiglio, Enrico Letta e dei ministri degli Affari Esteri, Emma Bonino, e dello Sviluppo Economico, Flavio Zanonato, il piano “Destinazione Italia”, un progetto per attirare gli investimenti esteri e favorire la competitività delle imprese italiane. Si tratta di 50 misure che toccano un ampio spettro di settori: dal fisco al lavoro, dalla giustizia civile alla ricerca. Il piano è aperto alla consultazione pubblica per tre settimane affinché tutti i soggetti, pubblici e privati, che vogliono apportare un contributo, possano farlo. Al termine di questa fase, “Destinazione Italia” sarà definitivamente approvata dal Consiglio dei Ministri.

Tre sono i punti in cui si articola il piano: attrazione, promozione, accompagnamento.

  1. ATTRAZIONE
    Rendere l’Italia più attrattiva per gli investitori e migliorare le condizioni di impresa per tutti gli operatori economici. Con questi obiettivi il piano “Destinazione Italia” mira a:

    • Un Paese che funziona lungo tutto il “ciclo di vita” dell’investimento.
      Attraverso misure quali:

      • Una collaborazione più stretta tra fisco e investitori (tax agreements e desk dedicato)
      • Riforma della Conferenza dei servizi
      • Procedure e modelli standard per le autorizzazioni
      • Riduzione della tassazione sul lavoro
      • Testo unico del lavoro
      • Rideterminazione delle sanzioni tributarie
      • Revisione della disciplina della “black list” fiscale
      • Attuazione della strategia energetica nazionale per abbassare il prezzo dell’energia elettrica e del gas
      • Rafforzamento del tribunale delle imprese
    • Un Paese che valorizza i propri asset
      Attraverso misure quali:

      • Valorizzazione delle società partecipate dallo Stato attraverso un piano di dismissioni
      • Nuove forme di finanziamento alle PMI
      • Rivitalizzazione del mercato azionario
      • Investimenti per sostenere le micro, piccole e medie imprese del made in Italy
      • Promozione del turismo
      • Valorizzazione del patrimonio culturale
      • Liberalizzazione del mercato delle locazioni a uso non abitativo
      • Cambio di destinazione d’uso degli immobili
      • Credito d’imposta per ricerca e sviluppo
      • Sostegno agli spin-off di università e ricerca 
      • Creazione di un meccanismo di reazione rapida per far fronte alle crisi aziendali
      • Sviluppo dei partenariati pubblico-privati (PPP) nel campo delle infrastrutture
    • Un Paese che attrae il capitale umano
      Attraverso:

      • L’utilizzo dello strumento dei visti come veicolo di attrazione
  2. PROMOZIONE
    La promozione all’estero delle opportunità di investimenti offerte dal nostro Paese e la ricerca di potenziali investitori sono complementari agli interventi di miglioramento del business environment in Italia. A tal fine il piano mira a:

    • Comunicare e presidiare per attrarre: mercati, persone e strumenti;
    • Costruire una migliore reputazione nel mondo;
    • Mobilitare gli “italiani globali”;
    • Usare le leve della cultura, dello sport per una diplomazia dell’attrazione.
  3. ACCOMPAGNAMENTO
    Il governo intende riformare la governance dell’attrazione degli investimenti in Italia, creando un ente unico preposto a fare da tutor all’investitore straniero raccordandosi con la rete estera per la promozione internazionale e con le Regioni per la parte di loro competenza.Il Consiglio dei Ministri sarà il responsabile politico di “Destinazione Italia”. Il Governo si impegna a porre in essere le misure proposte in tempi rapidi. Per quelle che prevedono interventi normativi verranno varati provvedimenti d’iniziativa governativa.

Cosa è stato fatto. Dopo l’introduzione, il piano si apre con la descrizione dei provvedimenti del governo approvati in questi mesi per l’ecosistema dell’attrazione di investimenti (meno tasse sul lavoro per i giovani, nuova Legge Sabatini, permessi di soggiorno per studenti stranieri allineati al percorso di formazione, Unità Grande Pompei, provvedimenti per la giustizia civile, semplificazioni di impresa, Autorità dei Trasporti, etc.).

Il cuore delle politiche. Avere certezze in tutto il ciclo di vita dell’investimento è la richiesta principale degli imprenditori e managers consultati, nell’esercizio di questi mesi. “Destinazione Italia” dà:

  • certezza delle regole, ad esempio con procedure e modelli standard a livello nazionale per le autorizzazioni; la valorizzazione degli accordi con le parti sociali per adattare le regole contrattuali alle specificità dei nuovi investimenti; la redazione di un testo unico della normativa sul lavoro;
  • certezza dei tempi, ad esempio con la riforma della conferenza dei servizi; la semplificazione del rito per la gestione delle controversie di lavoro; l’alleggerimento dei procedimenti;
  • certezza del fisco, ad esempio con accordi fiscali tra l’Agenzia delle Entrate e l’impresa con un Desk dedicato agli investitori esteri; revisione dell’abuso del diritto.

Valorizzare l’Italia. Il progetto contiene misure volte a sostenere le imprese – soprattutto PMI – italiane e la loro modalità di finanziamento. Funzionale in tal senso è ad esempio il piano, elaborato con Consob, per invertire il declino della Borsa Italiana. E poi il turismo e la cultura in Italia (anche attraverso il web e nel solco del decreto “Valore Cultura”), il patrimonio demaniale, il mercato immobiliare, l’internazionalizzazione della formazione e della ricerca, il rilancio dei siti industriali, i porti e gli aeroporti.

Il progetto attribuisce inoltre al rapporto degli investimenti con le realtà locali, con l’introduzione del “dibattito pubblico” e la “clausola di sviluppo territoriale”, perché gli investitori oltre una certa soglia vincolino una parte degli utili a progetti di sviluppo in accordo con le popolazioni locali.

Anche in ottica EXPO 2015, sono previste semplificazioni per i visti (a partire da start-up, investitori, filantropi), rafforzando in generale la capacità di rilascio dei visti del ministero Affari Esteri. Si avvierà subito una “campagna Destinazione Italia”, anche in vista della missione della prossima settimana in Canada e negli Stati Uniti, e saranno aperti “uffici Destinazione Italia” nei più importanti centri economici mondiali, in rapporto con un lavoro complessivo sulla reputazione italiana nel mondo.

I tempi. Le 50 misure mettono insieme strumenti attuabili immediatamente e altri che necessitano di veicoli normativi. Per fornire un cronoprogramma il piano assegna a ciascun provvedimento una delle “tre clessidre”: subito, entro la fine dell’anno, tempi più lunghi.

INDAGINE SULL’USO DEI NUOVI MEDIA TRA GLI STUDENTI DELLE SCUOLE SUPERIORI LOMBARDE

INDAGINE SULL’USO DEI NUOVI MEDIA TRA GLI STUDENTI DELLE SCUOLE SUPERIORI LOMBARDE

Una ricerca del Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell’Università di Milano-Bicocca, con la collaborazione di OssCom, Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano

a cura di Marco Gui

Settembre 2013

Internet e social media, ecco come navigano gli studenti lombardi

I liceali usano internet per informarsi, gli studenti degli istituti professionali pubblicano musica e video. Ma tutti sono sui social network. Ecco quanto rivela uno studio dell’Università di Milano-Bicocca condotto su oltre duemila studenti delle scuole superiori lombarde. Secondo i dati, un uso intenso di internet si associa negativamente al rendimento scolastico.

Milano, 19 settembre 2013 – Trascorrono circa tre ore al giorno in Rete, principalmente chattando sui social network (83 per cento) e cercando informazioni e approfondimenti (53 per cento). Ma per ogni ora passata in più su Internet, l’apprendimento (calcolato utilizzando i dati INVALSI) cala di 0,8 punti in italiano e di 1,2 punti in matematica.

È quanto emerge dall’Indagine sull’uso dei nuovi media tra gli studenti delle scuole superiori lombarde, condotta dal Gruppo di Ricerca sui Nuovi Media del Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell’Università di Milano-Bicocca, coordinata da Marco Gui, ricercatore in Sociologia dei media e con la supervisione scientifica di Giorgio Grossi, ordinario di Sociologia della comunicazione. Alla ricerca ha collaborato anche l’Osservatorio sulla Comunicazione dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.

La ricerca è stata svolta su un campione di 2.327 studenti delle seconde superiori in Lombardia, e ha analizzato le dotazioni tecnologiche, l’uso dei nuovi media e le competenze digitali degli studenti. Per la prima volta in Italia, inoltre, ha associato l’utilizzo dei media digitali ai livelli di apprendimento, utilizzando i dati dei test SNV/INVALSI. Il campione è rappresentativo per tipo di scuola e area geografica.

Internet, social media e apprendimento
Dai dati emerge una relazione negativa tra alcune pratiche di uso della rete e l’apprendimento in italiano e in matematica. In una scala da 0 a 100, per ogni ora passata in più su internet a casa l’apprendimento cala di 0,8 punti in italiano e di 1,2 punti in matematica. Tale calo è ancora più marcato se si considera solo la quota di tempo che gli studenti trascorrono online per motivi di studio: meno 2,2 punti in italiano e meno 3,2 punti in matematica. Inoltre, gli usi poco frequenti e molto frequenti della rete sono associati alle performance peggiori, mentre gli utilizzi moderati sono associati a quelle migliori. (vedi la Figura 1 con il grafico)

L’identikit dello studente online
La posizione sociale dei ragazzi non si associa più direttamente all’intensità del loro uso di Internet, anzi i ragazzi dei centri di formazione professionale hanno superato quelli dei licei e dei tecnici nel tempo speso online. La permanenza online dello studente medio è infatti di circa 3 ore giornaliere, ma i ragazzi dei licei stanno online in media circa 2 ore e 48 minuti, quelli dei centri di formazione professionale circa 3 ore e un quarto.

Per quanto riguarda invece l’utilizzo dei social network, Facebook è protagonista: l’82 per cento degli intervistati possiede un profilo e il 57 per cento lo tiene addirittura aperto mentre fa i compiti. Tuttavia emergono due stili d’uso: uno più chiuso con poche informazioni condivise online, profilo privato e con contatto prevalentemente con persone conosciute offline (tipico dei ragazzi dei licei e di chi ha genitori istruiti) e uno più aperto alle nuove conoscenze online con molte info messe a disposizione e profilo aperto (più frequente tra gli studenti con meno risorse culturali ed economiche: il 35 per cento degli studenti dei Centri di formazione professionale hanno un profilo completamente pubblico contro il 18 per cento dei liceali).

I genitori sono percepiti dai ragazzi come meno competenti di loro e sembrano non essere in grado di fornire competenze digitali avanzate. Un po’ più competenti i genitori dei liceali che sono anche quelli che controllano maggiormente i tempi di utilizzo del computer dei figli.

L’uso di Internet per la scuola appare diffuso (il 32,4 per cento cerca informazioni che non trova nei testi, il 41 per cento scambia informazioni con i compagni) ma poco guidato da genitori e insegnanti, cosa che spiega probabilmente anche la relazione non incoraggiante di queste attività con l’apprendimento.

Il livello di competenza digitale critica (inteso come capacità di valutare le fonti, capire i rischi, comprendere la natura dei contenuti) mostra disuguaglianze per tipo di scuola e tra italiani e figli di immigrati (i liceali rispondono correttamente al 69 per cento delle domande del test, gli studenti dei Centri di formazione professionale solo al 56 per cento; simile divario si nota tra figli di italiani e figli di genitori immigrati). In generale, i deficit più importanti si riscontrano nel riconoscimento critico di indirizzi web, la consapevolezza dei meccanismi commerciali del web e la valutazione del livello di affidabilità dei contenuti. Ad esempio solo il 32,7% ha risposto correttamente a una domanda dettagliata sul modo in cui funziona Wikipedia, un’analoga percentuale (34,8%) riesce a riconoscere una pagina di login falsificata a partire dall’indirizzo web, e il 33% si rende conto dello scopo di lucro dietro a siti commerciali di uso comune.

«Quelli che vengono definiti nativi digitali  appaiono invece bisognosi di guida rispetto agli usi significativi della Rete», afferma Marco Gui. «C’è oggi un grande spazio di intervento per scuola, istituzioni e ricerca nell’identificazione e promozione di “diete mediali” che supportino lo sviluppo scolastico e personale dei ragazzi».

L’indagine, supportata da Regione Lombardia e dall’Ufficio Scolastico Regionale della Lombardia, si iscrive nell’insieme di iniziative della Regione allo scopo di facilitare l’interazione tra studenti e scuole sul tema delle nuove tecnologie della comunicazione.

Roma, robot “indignati” manifestano per promuovere la tecnologia

da Il Messaggero

Roma, robot “indignati” manifestano per promuovere la tecnologia

di Francesca Demirgian

ROMA – Giovedì alle 16, davanti al Ministero dell’Istruzione, una dozzina di robot indignati sfileranno in una  manifestazione assolutamente inconsueta.  Circuiti più oliati? Una pausa alimentazione più lunga? I robot non rivendicano nulla di tutto questo. Quello che chiedono è una scuola più attenta ai temi dell’innovazione tecnologica, che offra agli studenti italiani una formazione al passo con i tempi e che includa finalmente anche loro all’interno dei programmi scolastici.

I ROBOT, infatti, affiancano ormai da tempo gli uomini nello svolgimento di molti compiti, dai giochi alle operazioni chirurgiche più complicate, fino ai lavori domestici, ma nella scuola non sono ancora ben accolti. Nei programmi scolastici italiani non c’è un reale impegno per istruire, fin da giovani, gli ingegneri e i tecnici del futuro, aiutando le nuove generazioni a prendere confidenza con una tecnologia che ormai è parte integrante della quotidianità.

GLI ORGANIZZATORI
A promuovere la manifestazione è stato l’Istituto Quasar di Roma, da anni impegnato nella formazione di creativi, grafici e progettisti con corsi didattici di alto profilo. I 12 piccoli manifestanti cingolati sono stati programmati, sulla celebre scheda di prototipazione Arduino, dai progettisti e dai designer dell’Istituto Quasar e procederanno in fila indiana, pronti a muoversi tutti assieme a un segnale convenuto.

NON UNA RIBELLIONE ROBOTICA  ma un modo per dimostrare al Ministero dell’Istruzione e al mondo della scuola italiana che è possibile creare competenze tecnologiche utili al futuro dei nostri giovani con materiali semplici ed economici e un budget limitato. La squadra di robot partirà la mattina da via Cola di Rienzo, per poi fare tappa, nel pomeriggio, al Ministero in viale Trastevere. Quello di domani sarà solo il primo di una serie di appuntamenti che i robot si daranno per cercare di aggiornare il sistema: il nostro.

 

TORNARE A SCUOLA NONOSTANTE TUTTO

TORNARE A SCUOLA NONOSTANTE TUTTO

(Repubblica ed. Napoli 19/09/2013 pag.VI)

Franco Buccino

È bello rivedere per le strade bambini e ragazzi, la mattina, più presto del solito. Si sono riaperte le scuole. È bello, nonostante l’intensificarsi del traffico, l’affollamento dei mezzi pubblici, lo sfrecciare di “pulmini” abusivi, il caro libri, i prezzi alle stelle di zaini e diari griffati. Riprende il più grande e sistematico corso di formazione del paese, il più imponente laboratorio per sviluppare conoscenze e competenze, l’attività nel luogo più importante per l’educazione delle nuove generazioni. L’istruzione pubblica è l’indice forse più significativo per misurare la civiltà, la maturità, e anche la democrazia di un paese, perché è il modo più efficace per perseguire l’uguaglianza delle persone. Vale sempre questo impegno di un paese per l’istruzione. Anche in tempo di crisi. Forse ancora di più. Perché nell’educazione e nell’istruzione c’è il segreto per superare le crisi e costruire un modello di benessere equo e sostenibile, il nostro benessere. Nel sistema dell’istruzione si trova il massimo punto d’incontro tra stato e cittadini, tra le famiglie e la nazione. Nelle famiglie abbiamo a cuore il destino dei nostri figli, ci preoccupiamo della loro crescita, formazione, del loro avvenire, della loro felicità. Vorremmo che non risentissero degli effetti della crisi; ci carichiamo noi adulti, finché è possibile, di tutti i sacrifici e di tutte le privazioni. Lo facciamo per amore verso i nostri figli, ma anche con la consapevolezza di quanto sia decisiva questa età per loro e per la famiglia. Secondo la stessa logica si muove, o dovrebbe muoversi, lo stato, il governo nazionale, le amministrazioni locali. E invece non è così.

Spesso non è così nelle politiche scolastiche, nelle cosiddette riforme, nei provvedimenti che si succedono. L’idea di fondo che li accompagna non è più quella che i ragazzi e i giovani sono i nostri figli per i quali lottare, sacrificarsi e sui quali investire, bensì essi diventano la parte debole della popolazione, insieme con gli anziani e i disabili; spendere per loro è inutile perché non si vede un immediato ritorno; sostenere l’istruzione e lo stato sociale è un lusso che non possiamo permetterci perché ci sono cose più importanti da fare, ci sono ben altre priorità. Quest’anno i miei nipoti alle elementari fanno un solo “rientro” alla settimana, con il panino e non la mensa. I genitori stanno trovando, con il contributo dei nonni, una nuova organizzazione per i tempi e gli spostamenti; stanno cercando piscina, corsi di inglese, scuola di musica. Sempre contando sul nostro contributo. Emanuele e Chiara non hanno più tra le insegnanti la maestra Lidia: è difficile fargli capire che è andata altrove per i “tagli” effettuati alle scuole. Ma è difficile anche far capire alla gente che non c’è un fondamento teorico che sostiene “la maestra unica”. È stata un’invenzione, come tante altre: idee vuote per giustificare, nascondere, lo stravolgimento dell’istruzione pubblica, realizzato per motivi economici ed ideologici insieme. Il servizio pubblico non può offrire di più; chi può, ci metta i propri soldi e si rivolga al privato.

Come possiamo subire e accettare per i nostri figli una scuola più povera, più misera. Dovremmo pretendere per la stragrande maggioranza di loro più tempo scuola per tutte le attività, articolate, integrate, senza andare a cercarle fuori della scuola, chi può; pretendere luoghi più accoglienti, attrezzati e, soprattutto, sicuri; pretendere insegnanti stabilizzati, formati e soprattutto più motivati e meno mortificati. Qualcosa in più dovremmo richiedere per parecchi di loro: quelli che vivono nelle periferie delle grandi città spesso degradate, quelli che vivono in contesti familiari difficili o a stretto contatto con la malavita, quelli che possono fare la fine di Cesare, che si camuffava da adulto, ucciso in un regolamento di conti, o di Giovanni, giustiziato sul motorino davanti al supermercato, mentre doveva essere a scuola. Il progetto Chance, di cui ogni tanto ci ritroviamo a parlare, costava una cifra scandalosa per chi ritiene la scuola un servizio per meritevoli e volenterosi, costava quasi niente per chi sa quanto costano alla collettività ragazzi difficili e segnati dall’inizio nel loro percorso, e quanto è importante un intervento tempestivo per un loro recupero pieno. Sicuramente molto di più dovremmo pretendere per i disabili o handicappati: ore di sostegno, integrazioni e interventi specifici, e che siano posti al centro dell’attività scolastica, come spesso gli capita a scuola tra i compagni e a casa tra i fratelli. È quello che sostiene la nonna di Luca.

Forse per cambiare politica e atteggiamento nei confronti della scuola il segreto è proprio questo. Anziché pensare a una schiera sterminata di alunni, pensiamo a Emanuele e Chiara, a Cesare e Giovanni, e a Luca, che in realtà si chiama Ciro.

Scuole italiane fatiscenti e pericolose. Palestre e bagni i luoghi più sporchi

da Repubblica.it

Scuole italiane fatiscenti e pericolose. Palestre e bagni i luoghi più sporchi    

Nell’XI rapporto sullo status degli istituti scolastici di Cittadinanzattiva i numeri parlano chiaro. I problemi più grandi riguardano la manutenzione dei plessi, la presenza di barriere architettoniche e sovraffollamento delle aule. Intanto si aspetta l’Anagrafe dell’edilizia scolastica per sfruttare al meglio i fondi destinati dal decreto del Fare

di CHIARA NARDINOCCHI

ROMA – Le scuole italiane cadono a pezzi. Tra problemi di manutenzione e strutture inadeguate, quello disegnato dall'”XI Rapporto su sicurezza, qualità e comfort degli edifici scolastici” da Cittadinanzattiva, che già in passato è stata protagonista di indagini sul tema, è un quadro in chiaro e scuro. Lo studio che ha interessato 165 scuole in 18 regioni (tutte tranne Liguria e Valle d’Aosta), ha evidenziato le anomalie dei plessi italiani che spesso, da luogo di formazione, si trasformano in potenziali pericoli. Sono infatti 29 le tragedie sfiorate quest’anno a causa di crolli di diversa entità.
Se da un lato sono aumentati gli istituti che possiedono le certificazioni richieste dalla legge (lo scorso anno solo un quarto delle scuole era in regola con tutte le certificazioni), dall’altro è andato via via peggiorando il loro stato. ll 39% delle scuole presenta una manutenzione del tutto inadeguata (lo scorso anno era il 21%). L’84% ha richiesto dei lavori di mantenimento, ma nel 21% dei casi l’ente interessato ha risposto con estremo ritardo. Mentre il 34% ha sollecitato degli interventi strutturali, che richiedono più soldi e tempo, ma solo in un caso su quattro dall’ente proprietario c’è stata una risposta tempestiva e nel 14% dei casi non è stato preso nessun provvedimento.
Non sempre andare a scuola “fa bene”, soprattutto se temperature e aerazione non sono adeguate. Nel 51% delle aule non ci sono tapparelle o persiane e il 28% ha le finestre rotte. Oltre il 10% delle sedie e dei banchi è rotto e in più di un terzo dei casi (39%) gli arredi non sono a norma, adeguati ad esempio all’altezza degli alunni.
Oltre alla manutenzione, anche il sovraffollamento e le barriere architettoniche sono problemi ancora irrisolti. Una classe su 5 ha più di 25 alunni, dunque non è adeguata alla normativa antincendio. E pur applicando l’ art.64 della legge 133/2008, che ha innalzato il limite di alunni per classe, sono state riscontrate 47 classi fuorilegge. I dati sono allarmanti anche per i 207.244 ragazzi disabili che quest’anno frequenteranno gli istituti italiani. Per dare l’idea del disagio basta sapere che il 44% delle aule non ha banchi adatti per una persona in carrozzina e nel 57% dei casi, non ci sono in aula attrezzature didattiche o tecnologiche per facilitare la partecipazione alle lezioni.
Sembra quasi un paradosso, ma nelle scuole il luogo più sporco è la toilette. Priva di sapone nel 41% dei casi, di asciugamano nel 53%, di carta igienica nel 50%. Ma anche la palestra non gode un buono stato di salute. Il 28% delle scuole non ne possiede una all’interno dell’edificio. Dove presenti, nel 19% dei casi presentano distacchi di intonaco, muffe ed infiltrazioni (24%), barriere architettoniche (18%), fonti di pericolo (23%), nell’8% dei casi non hanno alcun tipo di attrezzatura e quasi una su due (44%) è priva di cassetta di pronto soccorso.
Per migliorare lo stato delle scuole il Governo, con il decreto del Fare, ha annunciato che nel prossimo triennio saranno elargiti circa trecento milioni di euro. “Pur apprezzando il grande sforzo compiuto dall’attuale Governo – ha dichiarato Adriana Bizzarri, coordinatrice nazionale della scuola di Cittadinanzattiva – è poca cosa rispetto al reale fabbisogno. Basti pensare che il costo di un edificio scolastico di media dimensioni, antisismico, energetico, a norma costa 5 milioni di euro”. Bizzarri si scaglia poi sulla lentezza delle istituzioni nel creare un’anagrafe scolastica per gestire agilmente e in modo mirato i fondi da destinare alla ristrutturazione degli edifici.
Quest’anno le famiglie italiane hanno elargito circa 390 milioni di euro sotto forma di contributo volontario o donazione di materiali e beni per supportare la scuola italiana. ” L’anagrafe

– ha concluso Bizzarri – è indispensabile alle famiglie per sapere in quali scuole si recano ogni giorno i nostri figli. Per questo siamo ricorsi alla procedura di accesso civico agli atti nei confronti del Ministero dell’Istruzione che, entro 30 giorni dovrà risponderci in merito all’anagrafe. A tutela soprattutto dei più piccoli e degli studenti con disabilità, penalizzati più degli altri dalle pessime condizioni degli edifici scolastici”.

Carrozza, il mio impegno costante sul sovraffollamento delle classi

da LaStampa.it

Carrozza, il mio impegno costante sul sovraffollamento delle classi

 “La dimensione dipende da molti fattori, il più importante è costituito dalle esigenze educative”
roma

La dimensione delle classi «è un problema sul quale l’attenzione mia e del Ministero è costante». Lo ha assicurato il ministro dell’Istruzione Maria Chiara Carrozza rispondendo al Question time ad una interrogazione del Movimento 5 Stelle sulle iniziative per contrastare le cosiddette “classi pollaio” spiegando che «il recente decreto legge in materia di istruzione non è intervenuto sul tema non perché ne sia stata sottovalutata l’importanza o perche si escludano siatuazioni di emergenza, ma in quanto è possibile intervenire su questo tema a livello amministrativo».

«Casi come quello del liceo musicale Verga di Modica sono del tutto eccezionali e vengono risolti tempestivamente dagli uffici del Ministero», ha sottolineato il ministro riferendosi alla vicenda di Modica dove una classe ha raggiunto i 49 iscritti. «Lo scorso 16 settembre l’Ufficio scolastico regionale per la Sicilia ha autorizzato la formazione di una seconda classe prima, soddisfacendo le giuste aspettative delle famiglie».

«Al di là dei casi particolari – ha aggiunto Carrozza – vorrei comunque ribadire il costante impegno mio e del Ministero nell’assicurare che ogni classe di ciascuna scuola italiana abbia un numero di studenti adeguato all’ordine e al grado degli studi, oltre che alle caratteristiche degli studenti stessi. La giusta dimensione di una classe dipende comunque da diversi fattori. Il primo e il più importante, naturalmente, è costituito dalle esigenze educative, da valutare anche alla luce di eventuali situazioni di disabilità».

«Non si può negare, peraltro – ha proseguito il Ministro – che sulla dimensione delle classi incidano anche altri fattori, quali l’edilizia scolastica, la sicurezza degli edifici, sulla quale i dirigenti scolastici sono chiamati a vigilare, ma soprattutto gli organici del personale docente della scuola hanno inciso pesantemente le misure di contenimento della spesa pubblica, che hanno fatto registrare negli scorsi anni una riduzione di 87.400 unità di personale docente e di 44.500 unità di personale ATA».

«Rispetto a tali dati – ha concluso Carrozza – si è però registrata, già dal precedente anno scolastico, un’inversione di tendenza con la conferma anche per l’anno appena iniziato di 627.732 unità di personale, cosa che garantisce alle scuole la formazione di tutte le classi necessarie, il mantenimento del tempo scuola nei vari gradi di istruzione, nonché l’istituzione di tutti gli indirizzi nelle scuole secondarie di secondo grado».

“Le scuole italiane perdono i pezzi”

da LaStampa.it

RAPPORTO  realizzato da Cittadinanzattiva ESAMINANDO 165 EDIFICI

“Le scuole italiane perdono i pezzi”

«La manutenzione è inadeguata nel 39% dei casi. In una su 4 segni di fatiscenza». Sos per i bagni

È vero che migliorano i dati sul possesso delle certificazioni, ma, purtroppo, peggiora lo stato di manutenzione delle scuole che nel 39% dei casi è del tutto inadeguato: muffe, infiltrazioni e segni di umidità colpiscono un’aula su cinque. Un terzo delle scuole, infine, ha subito atti di vandalismo.

Dal Rapporto emerge pure che nell’ultimo anno dalle famiglie sono arrivati circa 390 milioni di euro, sotto forma di contributo volontario (con un importo medio che va dai 50 euro nella scuola dell’infanzia ai 100 euro nelle superiori) o donazione di materiali e beni.

DALL’AMIANTO DI FIUMICINO AI PANNELLI SOLARI DI LICATA – Il miglior punteggio (94/100) se lo aggiudicano a pari merito il liceo classico Socrate di Bari e la Scuola dell’Infanzia Don Bronzini di S. Lorenzo in Banale (Trento); in fondo alla classifica si piazzano due scuole romane (la Secondaria dell’Istituto comprensivo Piazza Sauli e l’Istituto comprensivo Borgoncini Duca, plesso Manetti) e il Liceo Scientifico di Manciano (Grosseto). Ma le situazioni sono le più disparate: si va dall’Istituto comprensivo Porto Romano, plesso Coni Zugna, di Fiumicino con presenza di amianto e ancora nessuna azione di bonifica in atto, alla Primaria Dino Liotta di Licata appena ristrutturata, con pannelli solari, aria ionizzata e finestre oscuranti.

FACCIATA LESIONATA IN 1 SCUOLA SU 7 – In una scuola su sette ci sono lesioni strutturali evidenti, presenti per lo più sulla facciata esterna dell’edificio; il 20% delle aule presenta distacchi di intonaco; muffe, infiltrazioni e umidità sono stati rilevati in quasi un terzo dei bagni (31%) e in una aula e palestra su quattro. Il 39% delle scuole presenta uno stato di manutenzione del tutto inadeguato (lo scorso anno era il 21%) anche se il 44% possiede il certificato di agibilità statica, il 38% quello di agibilità igienico sanitaria e il 37% quello di prevenzione incendi. Barriere architettoniche (13%) e pavimenti sconnessi (12%) ostacolano la vita agli studenti con disabilità mentre temperature e aerazione non sono adeguate nella gran parte delle aule visto che il 51% di esse è senza tapparelle o persiane e il 28% ha le finestre rotte. Da registrare anche il fenomeno «sovraffollamento»: 1 classe su 5 del campione ha più di 25 alunni e sono state individuate 47 classi fuorilegge.

IN AULA NON C’È SPAZIO PER CARROZZINA DISABILI – Una bella fetta delle scuole monitorate (64%) ha posti auto per disabili nel cortile, ma poi ci sono scalini all’ingresso del 27% delle scuole, ascensore assente nel 35% degli edifici, barriere architettoniche nel 19% dei laboratori, nel 18% delle palestre, nel 13% delle aule. Nel 23% delle scuole non esistono bagni per disabili e il 26% del campione di scuole, nella gran parte delle aule, non ha sufficiente spazio per la presenza di una carrozzina. In una scuola su 4, sarebbe poi un problema gestire l’evacuazione dall’edificio degli studenti con disabilità motoria in caso di emergenza.

AI BAGNI IL PRIMATO DELLA SPORCIZIA – Le palestre, quando ci sono (il 28% delle scuole non ce l’ha), sono l’ambiente più impolverato della scuola. Non solo. Spesso presentano distacchi di intonaco (19% dei casi), muffe e infiltrazioni (24%), barriere architettoniche (18%), fonti di pericolo (23%). Nell’8% dei casi non hanno alcun tipo di attrezzatura e quasi una su due (44%) è priva di cassetta di pronto soccorso. Ai bagni invece va il triste primato di ambiente più sporco: privi di sapone nel 41% dei casi, di asciugamano nel 53%, di carta igienica nel 50%.

Sul versante del benessere alimentare, nel 65% delle scuole ci sono i distributori automatici di bevande e nel 32% quelli di snack. Soltanto in 6 scuole sono stati rilevati i distributori di prodotti naturali o freschi, come yogurt e frutta.

Aumento orario di cattedra: se ne parla ancora

da Tecnica della Scuola

Aumento orario di cattedra: se ne parla ancora
di Lucio Ficara
Quello dell’aumento dell’orario di cattedra potrebbe essere uno dei temi caldi del rinnovo contrattuale che, da più parti, viene dato ormai per imminente
Non si esaurisce, come sarebbe stato auspicabile con la fine della stagione estiva e l’avvio del nuovo anno scolastico, il tormentone riguardante l’aumento dell’orario di servizio settimanale del personale docente sia per le scuole primarie che per quelle secondarie. Sembra essere un obiettivo che questo governo, salvo cadute più o meno probabili, si è posto in vista del prossimo rinnovo del contratto scuola.
Un tormentone, quello dell’aumento dell’orario di servizio settimanale dei docenti, che ci ha tenuto compagnia durante i mesi estivi e continua ancora a tenere banco. Ricordiamo le voci agostane, abbastanza attendibili, che ci raccontavano di sottosegretari all’istruzione impegnati in un giro di ricognizione a ragionare con sindacalisti ed esperti di scuola, sulla necessità di inserire nel prossimo rinnovo contrattuale della scuola la possibilità di un aumento dell’orario di servizio settimanale dei docenti delle scuole primarie e secondarie o comunque sull’opportunità di creare un sistema di flessibilità oraria del servizio dei docenti. La proposta del Miur sarebbe quella, innanzitutto, di trasformare le due ore di programmazione delle scuole primarie in orario di lezione rivolta ai bambini, ma anche, per quanto attiene le scuole secondarie, di tentare un ragionamento volto ad innalzare l’orario settimanale di servizio dei docenti. Questa operazione, dicono i sindacati, comporterebbe un taglio di posti pari a quello delle immissioni in ruolo previste per il prossimo triennio. Soltanto la trasformazione in ore di lezione delle due ore di programmazione dei maestri delle scuole primarie farebbero, dall’oggi al domani, perdere dalle 15 alle 18 mila cattedre. Bisogna ricordare che il tentativo di aumentare l’orario di servizio dei docenti non è una novità assoluta, infatti si era già tentato di introdurre, nella bozza di legge di stabilità 2012, all’art. 3, l’aumento dell’orario di servizio settimanale dei docenti delle scuole primarie e secondarie di primo e secondo grado, ma, la forte contestazione dei docenti e l’unitarietà sindacale contro questo provvedimento, in un momento in cui si sapeva già che da li a poco si sarebbe dovuto votare, ha fatto recedere il governo Monti dal perseguire questo obiettivo. Nel su citato art. 3 della bozza della legge di stabilità 2012 era stato previsto che a decorrere dal primo settembre 2013 l’orario di servizio del personale docente della scuola primaria e secondaria di primo e di secondo grado, incluso quello di sostegno, sarebbe dovuto essere di 24 ore settimanali.
Nelle sei ore eccedenti l’orario di cattedra il personale docente non di sostegno della scuola secondaria titolare su posto comune sarebbe dovuto essere utilizzato per la copertura di spezzoni orario disponibili nell’istituzione scolastica di titolarità e per l’attribuzione di supplenze temporanee per tutte le classi di concorso per cui abbia titolo nonché per posti di sostegno, purché in possesso del relativo diploma di specializzazione. Le 24 ore di servizio del personale docente di sostegno, invece sarebbero dovute essere dedicate interamente ad attività di sostegno. Adesso, a distanza di un anno, come era logico prevedere, la storia si ripete e si continua a parlare di aumento dell’orario di servizio settimanale dei docenti. La variante rispetto al primo tentativo è quella che parallelamente alla discussione della legge di stabilità 2013, si dovrebbe parlare di aumento dell’orario di servizio dei docenti anche al tavolo di contrattazione, che si dovrà insediare presumibilmente nelle prossime settimane, per rinnovare il contratto della scuola che è ormai scaduto dal 2009. Autorevoli sindacalisti che curano le relazioni politico-sindacali con il Miur, ci informano di un pressing asfissiante del Miur sulla questione che tratta sostanzialmente il mutamento dell’art. 28 dell’attuale contratto scuola, inserendo una nuova norma contrattuale che preveda l’aumento dell’orario di servizio settimanale dei docenti. Ci piacerebbe sapere alla luce del sole, quali sono le proposte che il Miur porterà nella sua piattaforma contrattuale e siamo altrettanto curiosi di conoscere le controproposte dei sindacati firmatari del precedente contratto. La cosa certa per adesso, è che il tema dell’aumento dell’orario di servizio settimanale dei docenti resta un obiettivo del governo e continua ad essere un tormentone che vedrà i suoi sviluppi entro la fine del 2013.

Carrozza, sulle classi “pollaio” c’è la mia attenzione costante

da Tecnica della Scuola

Carrozza, sulle classi “pollaio” c’è la mia attenzione costante
di P.A.
Lo ha assicurato la ministra dell’Istruzione, Maria Chiara Carrozza, rispondendo, durante il question time, a un’interrogazione sulle iniziative per contrastare il sovraffollamento nelle classi. Ma la questione dipende anche dagli organici su cui hanno inciso tagli
La dimensione delle classi “è un problema sul quale l’attenzione mia e del Ministero è costante, particolarmente al momento di avvio dell’anno scolastico”. “Il recente decreto-legge in materia di istruzione non è intervenuto sul tema non perché ne sia stata sottovalutata l’importanza o perché si escludano situazioni di emergenza, ma in quanto – ha spiegato – è possibile intervenire su questo tema a livello amministrativo”. Al di là dei casi particolari, la ministra ha ribadito l’impegno “nell’assicurare che ogni classe di ciascuna scuola italiana abbia un numero di studenti adeguato all’ordine e al grado degli studi, oltre che alle caratteristiche degli studenti stessi”. “La giusta dimensione di una classe dipende comunque – ha aggiunto – da diversi fattori. Il primo e il più importante, naturalmente, è costituito dalle esigenze educative, da valutare anche alla luce di eventuali situazioni di disabilità. Non si può negare, peraltro, che sulla dimensione delle classi incidano anche altri fattori, quali l’edilizia scolastica, la sicurezza degli edifici, sulla quale i dirigenti scolastici sono chiamati a vigilare, ma soprattutto gli organici del personale docente della scuola, sui quali hanno inciso pesantemente le misure di contenimento della spesa pubblica, che hanno fatto registrare negli scorsi anni una riduzione di 87.400 unità di personale docente e di 44.500 unità di personale Ata. Rispetto a tali dati si è però registrata, già dal precedente anno scolastico, un’inversione di tendenza con la conferma anche per l’anno appena iniziato di 627.732 unità di personale, cosa che garantisce alle scuole la formazione di tutte le classi necessarie, il mantenimento del tempo scuola nei vari gradi di istruzione, nonché l’istituzione di tutti gli indirizzi nelle scuole secondarie di secondo grado”.

Invalsi: esperti nella valutazione esterna delle scuole e osservatori

da Tecnica della Scuola

Invalsi: esperti nella valutazione esterna delle scuole e osservatori
di L.L.
Disponibili le graduatorie relative alla procedura selettiva per la partecipazione a corsi formativi
L’Invalsi ha pubblicato la determinazione n. 157/2013 e le graduatorie relative alla procedura selettiva per la partecipazione a corsi formativi per esperti nella valutazione esterna delle scuole e osservatori dei processi di insegnamento e apprendimento.

Pdl: Fate iniziare la scuola a ottobre

da Tecnica della Scuola

Pdl: Fate iniziare la scuola a ottobre
di P.A.
La parlamentare Pdl, Monica Faenzi, ci ritenta dopo una similare proposta presentata nel 2008. Stavolta la presenta insieme con un collega: riportare l’inizio dell’anno scolastico al primo ottobre. Motivi economici e climatici
“Il rientro a ottobre”, ha spiegato la parlamentare, “non solo darebbe un tempo più congruo a tutti gli studenti che devono recuperare i debiti formativi, spostando a metà settembre il relativo termine ultimo, che attualmente è previsto per il 31 agosto, ma consentirebbe nel contempo al ministero, ai dirigenti scolastici e agli insegnanti di espletare con maggiore serenità le pratiche burocratiche che precedono la ripresa delle lezioni, nonché di effettuare gli interventi di edilizia scolastica che sono necessari al riavvio delle attività”. “Inoltre», ha proseguito Faenzi, “negli ultimi 20 anni, significativi cambiamenti climatici registrati nell’area del Mediterraneo hanno portato a un prolungamento della piena stagione estiva fino al termine di settembre, un mese considerato di bassa stagione ma che potrebbe trasformarsi in una grande opportunità economica sia per gli operatori turistici, sia per tante famiglie che, non dovendo ancora mandare i figli a scuola, beneficerebbero delle vacanze in un periodo in cui i costi degli alberghi e delle altre strutture ricettive sono più contenuti”.
E infatti la deputata azzurra ha sottolineato che il turismo rappresenta uno dei pilastri fondamentali dell’economia del nostro Paese, ma “attualmente penalizzato dall’apertura delle scuole a settembre che svuota anzitempo le località balneari, collinari e montane accorciando così quella stagione turistica che da più parti si chiede invece, e a ragione, di allungare”.

Nomina dei supplenti su posti di sostegno

da Tecnica della Scuola

Nomina dei supplenti su posti di sostegno
di L.L.
Il Miur decide per la priorità nelle nomine ai docenti in possesso del titolo di specializzazione, anche se non inclusi nelle graduatorie di circolo o istituto
Dopo le precisazioni sulle graduatorie d’istituto contenute nella nota prot. n. 9060 del 12 settembre 2013 (vai alla notizia), il Miur è nuovamente intervenuto con la nota prot. n. 9416 del 18 settembre 2013, con particolare riferimento alla nomina di supplenti su posti di sostegno.
A tale proposito, tenendo conto della specificità dell’insegnamento rivolto agli alunni disabili e in considerazione delle numerose pronunce giurisprudenziali sul punto, i dirigenti scolastici sono invitati a di dare priorità nelle nomine ai docenti in possesso del titolo di specializzazione (ma non inclusi nelle graduatorie di circolo o di istituto di alcuna provincia) rispetto ai docenti che ne siano privi.
Sono fatte salve comunque le supplenze già conferite.