Concorso a Cattedra: ricorso somma scritti + laboratorio

Concorso a Cattedra: ricorso somma scritti + laboratorio; il TAR Lazio dà ragione all’ANIEF

 

Tutte accolte le richieste di ordinanza cautelare presentate dall’ANIEF presso il TAR Lazio sull’ammissione alla prova orale dei candidati che, sommando il punteggio ottenuto nella prova laboratoriale a quello conseguito nelle precedenti prove scritte, hanno raggiunto comunque il punteggio di almeno 28/40 richiesto dalla normativa vigente per l’accesso all’orale e che il MIUR aveva, invece, illecitamente escluso.

Il MIUR nell’indire il Concorso a Cattedra con il D.D.G. n. 82/2012 ha scorporato la valutazione delle prove pratiche da quella delle precedenti prove scritte e preteso il raggiungimento del punteggio richiesto per l’ammissione alla prova orale valutando disgiuntamente il risultato delle due prove; il D.Lgs. 297/94, invece, prevede che le prove siano valutate congiuntamente. Per questo motivo molti candidati si sono visti ingiustamente negare dal MIUR la possibilità di proseguire l’iter concorsuale.

L’Avv. Marco Di Pietro, cui l’ANIEF ha affidato il patrocinio delle ragioni dei propri iscritti per ristabilire il rispetto della normativa primaria di riferimento, ha brillantemente concluso la fase cautelare presso il TAR Lazio con il pieno accoglimento di tutte le richieste di sospensione degli atti di esclusione emanati dal MIUR nei confronti dei tanti ricorrenti ANIEF (ultima, in ordine temporale, è l’ordinanza n. 8357/2013).

Tutti i candidati che hanno aderito al ricorso ANIEF “somma scritti + laboratorio”, dunque, hanno ricevuto, grazie all’efficace intervento del nostro sindacato, piena tutela dei propri diritti e potranno serenamente partecipare alle successive prove orali nel pieno rispetto della normativa.

Milano, settembre, Gruppi di mutuo-aiuto

Gruppi di auto-mutuo-aiuto per genitori di bimbi disabili

Sono aperte le iscrizioni ai gruppi di mutuo-aiuto organizzati dall’Associazione L’abilità onlus di Milano e rivolti a genitori di bambini con disabilità da 0 a 10 anni. Il gruppo è formato da madri e/o padri che vogliono conoscersi e confrontarsi sulla crescita del proprio bambino: un luogo dedicato a chi ha voglia di parlare o anche solo di ascoltare, dove nessuno giudica. Dal gruppo e nel gruppo nascono idee, si scambiano prospettive e informazioni pratiche e soprattutto emozioni. Un modo per favorire il cambiamento, per lenire i dolori e cicatrizzare le ferite. Con delicatezza, e una costante disponibilità all’ascolto.  Gli appuntamenti sono quindicinali. Per informazioni:  O2 66 805 457.

Roma, 4 -6 ottobre, Stimolazione basale

Al Sant’Alessio di Roma, corso di II livello di Stimolazione basale

Il 4-5-6 Ottobre 2013 si terrà presso il Centro Regionale S. Alessio Margherita di Savoia per i Ciechi a Roma, il “Corso di Stimolazione Basale – II Livello” tenuto da Teresa Wysocka, pedagogista specializzata e trainer esperta in Stimolazione basale secondo il metodo del professor Frölich, Germania. Il Corso è rivolto a tutti gli operatori che lavorano con le persone affette da grave disabilità e permette di approfondire la pratica della Stimolazione Basale con particolare attenzione alla comunicazione con il mondo esterno attraverso il corpo. La Stimolazione Basale consiste in un intervento riabilitativo, di accompagnamento e di sostegno per le persone affette da grave disabilità. Il corso è rivolto a tutte le persone che hanno frequentato il Corso Base di Stimolazione Basale, per un numero massimo di 18 partecipanti. Al termine del corso verrà rilasciato un attestato, che autorizza l’utilizzo del concetto nella pratica professionale.
Per ulteriori approfondimenti e informazioni www.santalessio.org, formazione@santalessio.org, tel. 06/513018242 – 301

Stipendi docenti, l’Italia è nella fascia bassa Ue. Tra i peggiori per gli scatti di carriera

da Il Fatto Quotidiano

Stipendi docenti, l’Italia è nella fascia bassa Ue. Tra i peggiori per gli scatti di carriera

I dati dello studio Eurydice tornano di attualità in occasione dell’inizio dell’anno scolastico e rimbalzano sui media dei Paesi dell’Unione. Il top dei trattamenti economici è in Lussemburgo, il dato peggiore in Bulgaria

di Leonardo Martinelli

La vita dei professori, anche finanziariamente parlando, non è la stessa in ogni Paese. L’Europa presenta al suo interno differenze incredibili di stipendi per il corpo docente che vanno decisamente al di là dei divari del livello economico e dello stesso Pil pro capite. E rispecchiano la differente considerazione in cui è tenuta la professione – e più in generale il mondo della scuola – in ogni Stato. Si passa da una media per il secondario di 4.780 euro annui in Bulgaria, da sottolineare lordi, che sono una miseria pure in quel Paese, per arrivare ai massimi del Lussemburgo, dove un prof del liceo viaggia su una media di 104.049 euro, che sono tanti anche per il ricco Granducato. L’Italia si posiziona nella fascia bassa, caratterizzata tra l’altro, rispetto alla stragrande maggioranza degli altri Paesi europei, da un aumento molto ridotto e lentissimo dello stipendio durante la carriera.

I dati più affidabili nel settore provengono da uno studio di Eurydice, organismo che dipende dalla Commissione europea, che ha pubblicato nei mesi scorsi un rapporto comparativo per le remunerazioni dei docenti. I dati sono ritornati a galla negli ultimi giorni in Francia: lì i media si stanno scatenando sul livello troppo basso degli stipendi nel Paese, addirittura più bassi, si sottolinea, rispetto all’Italia. Lo studio di Eurydice sottolinea come in tanti Stati europei, a partire dall’anno scolastico 2009-2010, i salari nelle scuole siano stati congelati o addirittura ridotti, a causa della crisi. Ma prima di passare in rassegna i diversi livelli di stipendio, alcune avvertenze: si tratta di dati relativi all’anno scolastico 2011-2012. Sono cifre lorde: vanno tolte le imposte, equivalenti alla nostra Irpef, che variano da Paese a Paese. Si tratta di statistiche espresse in Spa, lo standard di potere d’acquisto. Quindi, filtrate rispetto al costo della vita: così si spiegano anche alcune sorprese, come il sorpasso dell’Italia rispetto alla Francia, dove il costo della vita è superiore. Infine, si prendono in considerazione i docenti di ruolo e non quelli precari, che rappresentano un grosso problema (ma non solo) in Italia. E un vero e proprio esercito…

Ebbene, nel nostro Paese, secondo le indicazioni di Eurydice, il salario medio annuo della secondaria (superiore, alle medie si scende lievemente) si posiziona a quota 30.431 euro, ma si segnala che il livello massimo raggiunto è di 34.867 (partendo da un minimo di 23.048). Ma i massimi di stipendio sono toccati solo dopo 34 anni di anzianità. Per quanto riguarda la Francia, il livello minimo della secondaria è di 28.666, ma si può arrivare a 47.610 per il secondario superiore. Anche in questo caso ci vuole tempo per raggiungere gli stipendi più alti, tra i 20 e i 30 anni, meglio comunque dell’Italia. I Paesi europei dove ci vogliono almeno 34 anni di anzianità per raggiungere lo stipendio più alto sono, oltre all’Italia, Spagna, Ungheria, Austria, Portogallo e Romania, mentre ce ne vogliono appena dieci in Danimarca, Regno Unito ed Estonia.

Come abbiamo visto, gli insegnanti più poveri si ritrovano in Bulgaria, appena 4.780 euro annui lordi in media per il secondario. Bassi i salari dello stesso ciclo di studi anche in altri Paesi dell’Europa centro-orientale: Romania (5.078), Lettonia (9.216), Ungheria (9.448), Estonia (9.520) e Slovacchia (9.605). Niente rispetto ai 104.049 del Lussemburgo… A seguire, nei primi posti, ci sono la la Danimarca (70.097) e l’Austria (57.779). E poi la Finlandia (49.200), che per il parametro Pisa, che a livello dei Paesi Ocse, i più industrializzati, misura la qualità formativa degli studenti, figura sempre al primo posto a livello mondiale. Seguono: Belgio (48.955), Regno Unito (44.937), Svezia (35.948). Tutti meglio dell’Italia. Due casi a parte sono la Germania e la Spagna, dove gli stipendi, oltre che per l’anzianità, differiscono molto anche secondo la regione. In Germania, ad esempio, i salari sono ancora decisamente più bassi nell’Est e a Berlino rispetto all’Ovest. A livello nazionale per il liceo si passa da un minimo a inizio carriera di 45.400 euro fino ad arrivare a 64.000. In Spagna, invece, si passa da 33.000 a 46.000, comunque decisamente al di sopra dell’Italia. Pur trattandosi di un Paese i generale con un Pil pro capite e stipendi in media inferiori ai nostri. E afflitto (pure lui) da una crisi terribile.

Carrozza scuote i colleghi di partito: dicano che vogliono rilanciare la scuola!

da Tecnica della Scuola

Carrozza scuote i colleghi di partito: dicano che vogliono rilanciare la scuola!
di Alessandro Giuliani
Infastidito dalle continue “frecciate” del Pdl sul decreto scuola, il responsabile del Miur si rivolge al Pd: vorrei che parlasse più di contenuti, la politica economica è importante, ma credo che innovazione, scuola, università e ricerca non possono che esserne i pilastri. Gli scricchiolii in seno al Governo però non aiutano.
Le “frecciate” degli alti rappresentanti del Pdl nei confronti degli investimenti contenuti nel decreto sulla scuola, ora in discussione alla Camera, non devono essere andate giù al ministro Carrozza. E probabilmente ancora meno lo scarso impegno, la carenza di repliche, registrato sull’argomento tra i colleghi di partito. Tanto è vero che il responsabile del Miur non lo manda a dire.
A margine di un dibattito alla Festa nazionale tematica del Pd su scuola e università in corso a Pisa, il 21 settembre il Ministro ha dichiarato che “il Pdl chiede continuamente di abbassare le tasse e di eliminare l’Imu: vorrei sapere cosa chiede il Pd? E se vuole di più dal governo su temi centrali come la scuola, l’università e la ricerca scientifica”. Carrozza ha poi aggiunto: “oggi la Merkel ha detto che la Germania è forte anche per la sua capacità di attrarre ricercatori dall’estero. Questi temi non possono restare ai margini dell’agenda italiana. Per questo vorrei che il Pd parlasse più di contenuti: la politica economica è importante, ma credo che innovazione, scuola, università e ricerca non possono che essere pilastri di una certa politica economica”.
Il Ministro, parlando del dibattito congressuale all’interno del Pd, ha infine detto, “di voler osservare ciò che accade nel mio partito senza essere attivamente in campo nella competizione tra i diversi candidati perché – ha precisato – sono al governo e dunque seguo la strada tracciata dal premier Enrico Letta, ma porterò un mio contributo: distribuirò le mie posizioni su scuola e università e spero che i candidati alla segreteria le discutano per metterle al centro della loro proposta politica”.
“Vorrei – ha concluso – che il Pd facesse della scuola e dell’università il punto centrale della sua proposta politica per rilanciare il paese”.
Il messaggio è chiaro. Sulle risposte, tuttavia, non ci sono certezze. Soprattutto perché la scuola, assieme ai precari e ai fondi a cultura e allo spettacolo, potrebbero diventare sempre più terreno di “ricatto” per mantenere il Governo in vita. A quel punto, il Partito democratico sarebbe di fronte ad un difficile scelta: far cadere il Governo, per non tradire il suo programma, oppure salvarlo inserendo nel “calderone” dei comparti da tagliare anche quelli sinora dichiarati intoccabili?

Sostenibilità? Cos’è? Eppure in molti Paesi è materia d’insegnamento

da Tecnica della Scuola

Sostenibilità? Cos’è? Eppure in molti Paesi è materia d’insegnamento
di P.A.
In diverse Nazioni la “sostenibilità” è stata introdotta tra le materie scolastiche, con sorprendenti risvolti educativi, mentre in Italia è pressoché sconosciuta.
Giappone, Corea del Sud, Svezia, Regno Unito e ora pure la Germania hanno introdotto la sostenibilità tra le materie scolastiche, mentre in Italia a pensarci sono solo singole iniziative, come quella del Wwf per l’anno scolastico appena iniziato. In Germania, dice Wired.it, è la Renania settentrinale-Westfalia che più di ogni altro Laender si dà da fare per aumentare la consapevolezza ambientalista, aderendo al progetto “Schule der Zukunft” (Scuola del futuro), iniziato nel lontano 2009 e che oggi include già 650 scuole. A Colonia inoltre molte scuole vantano programmi che comprendono la sostenibilità, oltre che strutture record per l’approvvigionamento energetico da rinnovabili, orti biologici tenuti dai ragazzi in giardino, gite nei boschi a scopo didattico per imparare a riconoscere e rispettare i diversi tipi di piante. La scelta, dicono i dirigenti scolastici, “ si è mostrata preziosa per aiutare in particolare gli studenti ‘difficili’, quelli con i quali ogni approccio era sembrato fallimentare”. La tematica richiede infatti metodologie d’insegnamento differenti, si esce all’aria aperta, si impara a conoscere e rispettare la natura: “ questo avvicina gli studenti alla scuola, li rasserena e li appassiona”. Eppure, già nel 1992 i leader mondiali riuniti nella Conferenza Onu per l’Ambiente e lo Sviluppo di Rio, spiega ancora Wired.it, avevano inserito in agenda l’insegnamento della sostenibilità nelle scuola. Dieci anni dopo poco era cambiato e allora, nel 2005, ci ha riprovato l’Unesco, con la campagna ” Education for Sustainable Development” che terminerà l’anno prossimo. A questa iniziativa hanno aderito Germania, Svezia e Regno Unito.
E in Italia? Da noi ci si accontenta delle iniziative di alcune associazioni come il Wwf che mette a disposizione degli insegnanti il progetto scuole 2013/2014, con materiali didattici, video, corsi, gite scolastiche, progetti di orientamento e formazione (gratis): le tematiche spaziano dalle foreste al mare, dalla biodiversità ai rifiuti, dai cambiamenti climatici all’alimentazione sostenibile. Una bella iniziativa, a cui ogni anno aderiscono in media 4mila classi: anche con l’aiuto dei “Panda Rangers” delle classi primarie e secondarie. Con l’iscrizione della loro classe si guadagnano l’accesso alle Oasi Wwf e un abbonamento alla rivista Panda Junior.

Il 23 settembre su Rai Uno dal Quirinale inaugurazione dell’anno scolastico

da Tecnica della Scuola

Il 23 settembre su Rai Uno dal Quirinale inaugurazione dell’anno scolastico
di A.D.F.
In una nota pubblicata nel sito web della Presidenza della Repubblica si fa riferimento all’ inaugurazione dell’anno scolastico 2013-14.
In questa nota si dice che saranno circa tremila gli studenti delle scuole italiane che entreranno al Quirinale nel pomeriggio di lunedì 23 settembre per la cerimonia di inaugurazione dell’anno scolastico. Nel cortile d’onore di assisterà a esempi e rappresentazioni di tante attività compiute dagli stessi studenti in varie parti del Paese sulla Costituzione, la difesa dell’ambiente, l’integrazione tra italiani e stranieri, il rispetto della legalità e la lealtà nello sport. Nel corso della cerimonia, il Presidente Giorgio Napolitano e il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Maria Chiara Carrozza, rivolgeranno i loro saluti e auguri agli studenti, agli insegnanti e alle famiglie.  All’incontro interverranno personalità del mondo dello spettacolo, della cultura e dello sport. Condotta da Fabrizio Frizzi, la manifestazione sarà trasmessa, come di consueto, in diretta su Rai Uno dalle ore 16.45 alle ore 18.45, e potrà essere seguita in diretta streaming sul sito www.quirinale.it.

Per l’And sono necessarie modifiche sostanziali al Dl sulla scuola

da Tecnica della Scuola

Per l’And sono necessarie modifiche sostanziali al Dl sulla scuola
di P.A.
Inopportuno e sbagliato affidare alla Scuola nazionale dell’amministrazione la selezione dei dirigenti, che dovrebbero essere eletti dalla comunità scolastica, e poi non si deve scaricare sui docenti la responsabilità degli esiti scolastici
L’And, Associazione nazionale docenti, scrive alla ministra Maria Chiara Carrozza, rappresentando osservazioni sul decreto legge (104/2013) varato lo scorso 12 settembre, recante “Misure urgenti in materia di istruzione, università e ricerca”. “Dopo decenni di politiche di spoliazione di risorse, il decreto in oggetto segna, certamente, una positiva attenzione alla scuola”, ma, dice l’And, bisogna intervenire su alcune criticità. Fra questi l’art. 17, che modifica il sistema di reclutamento dei dirigenti scolastici, affidandolo alla Scuola nazionale dell’amministrazione.
“Riteniamo del tutto inopportuno affrontare la questione della dirigenza scolastica limitatamente all’aspetto del reclutamento, per di più affidandolo ad un ente che per finalità seleziona e forma i dirigenti della pubblica amministrazione. Una modifica che dissocia ancor di più la figura del capo di istituto da quello che dovrebbe essere il suo profilo giuridico, culturale e professionale. Quello che dovrebbe rappresentare il rimedio al fallimento dell’ultima selezione concorsuale è, a nostro giudizio, peggiore del male che vorrebbe curare. Anzi, equivarrebbe a condividere la scelta poco accorta allora compiuta con il D.lgs 59/98 che attribuì la dirigenza ai capi di istituto. Perseverare in quella direzione, non può che accentuare quegli aspetti perniciosi di riforme calate sulla scuola, mutuate da altri contesti, espressione di una visione tecnico-burocratica e aziendalistica che ne sta immiserendo il suo ruolo primario, di ente preposto alla formazione dell’uomo e del cittadino. È necessario, invece, un intervento organico che inevitabilmente deve investire il ruolo e la funzione del capo di istituto e il governo delle istituzioni scolastiche. Da tempo sosteniamo che il capo di istituto, cosi come avviene per le università e i conservatori, deve essere eletto dalla comunità professionale che opera nella scuola e che la nomina deve essere a tempo. Per questi motivi chiediamo di voler considerare attentamente la nostra richiesta di sopprimere l’art. 17”. Altro punto di critico per l’And riguarda l’art. 16 che dispone l’obbligo di formazione a carico dei docenti che svolgono servizio nelle “zone in cui i risultati dei test di valutazione sono meno soddisfacenti ed è maggiore il rischio socio-educativo… ” . Un obbligo, scrive l’And, che “non può che scaricare sui docenti l’intera responsabilità degli esiti scolastici dei loro studenti. Anche se si volessero tralasciare i risultati della ricerca scientifica sul ruolo dei diversi fattori che condizionano i risultati scolastici, è assai singolare che per decreto si stabiliscano degli assiomi pedagogici e che ad essi si connettano degli obblighi di prestazione a carico di alcuni. In ogni caso, un tale obbligo non può certo prescindere da un’attenta valutazione del rispetto dell’autonomia e della libertà che ai docenti deve essere assicurata riguardo alla scelta dei contenuti, delle modalità e delle fonti che gli stessi intendano utilizzare per il proprio aggiornamento professionale. Inoltre, la previsione di un coinvolgimento, l’ennesimo, delle università nelle attività di formazione non potrà che operare una reiterata forma di trasferimento di risorse dalla scuola all’università. Per cui, se si vuole veramente operare una svolta nel modus operandi degli interventi volti a migliorare le condizioni della nostra scuola, si dovrebbe riconoscere il diritto al rimborso delle spese sostenute per la formazione e l’aggiornamento e riconoscere la facoltà per i docenti di scegliere le attività di formazione che ritengono meglio corrispondenti alle loro reali esigenze di aggiornamento professionale. Ovviamente, restano fermi i requisiti che devono possedere i soggetti che erogano formazione”. Per questi motivi, l’And chiede “la modifica dell’art. 16, integrando il comma 1, prevedendo la formazione come obbligatoria per tutti i docenti, quantificando il numero delle ore annue necessarie e il diritto al rimborso delle spese sostenute, ma lasciando liberi i docenti di scegliere contenuti, forme e soggetti qualificati che erogano formazione”. L’ultimo punto preso in considerazione riguarda l’art. 12, che introduce alcune modifiche alla normativa sul dimensionamento delle istituzioni scolastiche. “Anche l’intervento sul dimensionamento delle istituzioni scolastiche assumerebbe una diversa rilevanza se inserito in un intervento di sistema volto a configurare una diversa organizzazione dell’offerta formativa sul territorio. I piani di dimensionamento finora adottati sono stati il mero risultato di operazioni quantitative senza alcuna capacità di condizionare ed orientare la tipologia e la qualità dell’offerta formativa sul territorio. Cosi molte delle istituzioni autonome altro non sono che delle sommatorie, a volte anche elefantiache che inglobano livelli scolastici diversi (IISS, IC, IO), finalizzate solo ad assicurare l’autonomia di alcune istituzioni scolastiche, leggasi sedi di dirigenza. Operazioni che, in molti casi, anziché determinare risparmi di spesa, hanno generato nuovi oneri per la finanza pubblica. Mentre, un’organizzazione efficace dell’offerta formativa, anziché essere orientata a costituire istituzioni scolastiche numericamente dimensionate, dovrebbe preoccuparsi, soprattutto, di assicurare la più ampia offerta formativa territoriale, evitando inutili duplicazioni di percorsi di studi e ottimizzando i servizi complementari -trasporti, mense, servizi alla persona, laboratori, palestre, etc.-. Non solo si gestirebbero efficacemente le risorse pubbliche, ma, ancor di più, ne gioverebbe la qualità dell’offerta formativa. L’organizzazione dell’offerta formativa territoriale è, a nostro giudizio, imprescindibile da una nuova configurazione del modello di governo delle istituzioni scolastiche. Questo significa superare l’autonomia funzionale e attribuire alle scuole autonomia statutaria e un’organizzazione democratica basata su una leadership distribuita che consenta un governo autonomo, democratico e responsabile della gestione dell’istituzione scolastica. Un aspetto che, come si può comprendere, si intreccia con quanto esposto sopra e che evidenzia come ogni intervento sulla scuola non possa prescindere da una visione e una valutazione di insieme”.

P. Di Paolo, Mandami tanta vita

I due giovani di Di Paolo

di Antonio Stanca

dipaoloE’ nato a Roma nel 1983, ha trent’anni, si chiama Paolo Di Paolo, è laureato in Lettere, ha svolto un Dottorato di ricerca in Studi di storia letteraria e linguistica italiana presso l’Università di Roma III, ha esordito nella narrativa nel 2004, quando aveva ventuno anni, con i racconti di Nuovi cieli, nuove carte, finalista quell’anno nel Premio Italo Calvino per l’inedito, suoi romanzi noti sono Raccontami la notte in cui sono nato del 2008 e Dove eravate tutti del 2011. Ha scritto anche per il teatro, è autore di saggi ed ha svolto, a volte insieme ad altri studiosi, lavori di ricerca, di raccolta di interviste, conversazioni, incontri con importanti autori contemporanei, ha curato alcune antologie. Collabora col supplemento “Domenica” de “Il Sole 24 ORE”, con “L’Unità” e con le riviste “Nuovi Argomenti” e “L’indice dei libri del mese”. Molto ha fatto e continua a fare Di Paolo, ha cominciato da molto giovane ed ora, a trent’anni, è un noto studioso di letteratura e di teatro, un saggista, un giornalista ed uno scrittore. Come tale ha ottenuto importanti riconoscimenti e il più recente è stato quello di vedersi tra i cinque autori finalisti del Premio Strega 2013 vinto da Walter Siti con Resistere non serve a niente. Di Paolo è risultato terzo con Mandami tanta vita, romanzo pubblicato dalla casa editrice Feltrinelli di Milano nella serie “I Narratori” (pp. 155, € 13,00).

Anche in quest’opera lo scrittore mostra che la nota principale della sua narrativa è  quella di voler cogliere quanto avviene oltre l’evidenza, la vita interiore dei suoi personaggi, mostrare cosa, come essi pensano, sentono, rappresentare i pur minimi riflessi della loro anima a volte in maniera immediata, mentre si verificano e senza mai diventare difficile, complicato nell’esposizione. E’ una qualità dello scrittore comparsa già nelle prime narrazioni e sempre coltivata. In Mandami tanta vita ad essere osservato, rappresentato dal Di Paolo è lo spirito di due giovani, Moraldo e Piero, entrambi ventenni, entrambi provenienti da famiglie modeste e studenti universitari a Torino nel 1925. Non si conoscono e sconosciuti rimarranno per l’intera narrazione. S’incontreranno per caso e per brevissimo tempo all’inizio e alla fine dell’opera. La prima volta sarà in un’aula universitaria a Torino e Moraldo avrà modo di apprezzare i progetti che Piero espone ai compagni presenti, il suo interesse a produrre riviste impegnate in ambito culturale, letterario, politico, sociale, la sua intenzione di continuare, ampliare, migliorare tale produzione, la sua posizione contraria al fascismo che in quegli anni si stava diffondendo in Italia. Era l’Italia uscita da poco dalla Grande Guerra, l’Italia che stentava a trovare un modo per rifarsi dei molti danni subiti, che soffriva per le gravi condizioni economiche, che era agitata da forti tensioni sociali e credeva facilmente a quanto le veniva promesso anche se da fazioni, partiti politici completamente diversi tra loro. La Torino di quel periodo, dove vivevano Moraldo e Piero, molto risentiva del generale stato di confusione.

Dopo quella volta Moraldo non rivedrà più Piero ma lo ricorderà, ne ricorderà il modo di vestire, lo sguardo, le parole. Ne era stato tanto attirato da riconoscerlo alla fine del romanzo quando, di nuovo per caso, s’incontreranno in un giardino pubblico di Parigi, la città nella quale entrambi si erano recati alla ricerca di quanto mancava alla loro vita. Moraldo è diverso da Piero, non è come lui sicuro, preciso, concreto nelle azioni, chiaro nelle idee. Piero si è sposato con Ada, hanno una bambina di pochi mesi, Moraldo, invece, ha ancora difficoltà a parlare con una donna, è timido, incerto, introverso, non è mai sicuro di quello che vuole e a volte neanche di quello che dice.

Due modi diversi di vivere la giovinezza sono i loro ed entrambi Di Paolo ritrae in ogni aspetto, in ogni particolare, in ogni segreto. Nell’opera si alternano in continuazione le parti dedicate ai due protagonisti e abile è lo scrittore in tali interminabili passaggi, sempre riesce pur in situazioni molto diverse. Le aspirazioni di Piero sono tante quanti sono i problemi di Moraldo. Egli è andato a Parigi perché limitato gli sembrava l’ambiente torinese per i suoi studi, le sue ricerche, i suoi propositi editoriali. Anche Moraldo è andato a Parigi ma per seguire una giovane donna dalla quale credeva di essere amato, con la quale pensava di risolvere finalmente i problemi della sua vita. Né l’uno né l’altro riusciranno nei loro intenti e mentre Piero troverà la morte a causa delle complicazioni di una malattia, Moraldo troverà un’altra sconfitta.

Due esperienze singolari sono state e Di Paolo le ha rese nella loro totalità. E’ riuscito pure a mostrare quanto avveniva nell’Italia dei primi del Novecento non solo in ambito sociale, politico ma anche in quello culturale, artistico. Lo ha fatto combinando le sue conoscenze di storia, di letteratura con le sue abilità di scrittore, la realtà, la cultura, la vita del momento con le vicende dei suoi personaggi. Una costruzione tanto riuscita si può dire dell’opera da farla apparire vera, naturale in ogni suo aspetto.