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29 ottobre Razionalizzazione PA al Senato

Il 29 ottobre il Senato approva definitivamente il ddl di conversione in legge, modificato dalla Camera, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, Disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni.

Il 24 ottobre la Camera approva il disegno di legge, già approvato dal Senato, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, recante disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni (C. 1682-A). Il provvedimento passa ora nuovamente all’esame dell’altro ramo del Parlamento.

Il 22, 23 e 24 ottobre l’Aula della Camera esamina il ddl di conversione in legge, già approvato dal Senato, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, Disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni.

Il 17 ottobre la 7a Commissione della Camera esprime parere favorevole, con modificazioni, alle Commissioni I e XI sul ddl di conversione in legge, già approvato dal Senato, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, Disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni.

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

  La VII Commissione (Cultura, scienza e istruzione),
esaminato, per le parti di propria competenza, il testo del disegno di legge C. 1682, di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, recante disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni considerato che:

esprime

PARERE FAVOREVOLE

con le seguenti condizioni:
1) sopprimere i commi 9-bis-9-sexies dell’articolo 1. In alternativa, per meglio circoscrivere gli effetti della norma, al comma 9-bis non prevedere la trasformazione delle graduatorie di merito del concorso del febbraio 2004 in graduatorie ad esaurimento e specificare, conseguentemente, al comma 9-quinquies del medesimo articolo 1, che i posti a tempo indeterminato riservati agli insegnanti di religione sono assegnati in modo conforme alla procedura prevista dall’articolo 3 della legge n. 186 del 2003;
2) specificare meglio l’espressione «diploma di laurea» contenuta nel comma 8-quater dell’articolo 2. Essendo questa espressione suscettibile di diverse interpretazioni, è opportuno fare riferimento alla laurea conseguita in base al vecchio ordinamento, di regola equiparata alla laurea magistrale nel nuovo ordinamento;
3) coordinare le disposizioni previste dai commi 3 e 16 dell’articolo 4, per quanto concerne gli enti di ricerca, affinchè si chiarisca che per gli enti di ricerca di cui al capo I del decreto legislativo n. 213 del 2009, l’autorizzazione a bandire procedure concorsuali è rilasciata in sede di approvazione dei piani di cui all’articolo 5, comma 3, del medesimo decreto n. 213, che dispone che il fabbisogno di personale, la consistenza e la variazione dell’organico sono approvati dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, previo parere del Ministero dell’economia e della finanze;

e con le seguenti osservazioni:
   a) si valuti l’opportunità di mantenere la disposizione prevista all’articolo 2, commi 7-8-quater, che riguarda la proroga della deroga all’ordinario assetto delle fonti normative in materia di organizzazione dei ministeri in quanto tale materia è disciplinata, in via ordinaria, con regolamento, da adottare con decreto del Presidente della Repubblica, previo esame parlamentare del relativo schema. La proroga, disposta per la terza volta, conferisce alla deroga una ennesima e ulteriore continuità di effetti. In ogni caso si consideri che tale continuità di effetti non potrebbe consentire la modificabilità con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di disposizioni contenute in un regolamento adottato con decreto del Presidente della Repubblica.
   b) si circoscrivano con maggiore precisione i limiti temporali indicati nell’ultimo periodo del comma 8 dell’articolo 2.

Con 137 voti favorevoli, 57 contrari e 1 astenuto, il Senato, nella seduta pomeridiana di giovedì 10 ottobre, ha approvato, con modificazioni, il ddl di conversione in legge del decreto-legge n. 101, sulla razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni. Il testo passa adesso alla Camera.

Il 26 settembre, il 2, 3, 8, 9 e 10 ottobre l’Aula del Senato esamina il DdL di Conversione in legge del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, recante disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni.

Il 18 e 25 settembre la 7a Commissione del Senato esamina il DdL di Conversione in legge del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, recante disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni.

(7a Senato, 18.9.13) Riferisce alla Commissione il relatore MAZZONI (PdL) premettendo che il provvedimento reca disposizioni inerenti la pubblica amministrazione, alcune di carattere trasversale, che impattano su tutti i comparti pubblici, altre di specifico interesse della Commissione istruzione.

L’articolo 1, oltre ad estendere fino al 2015 il divieto (già esistente fino al 2014) di acquisto di autovetture, dispone in materia di spese per studi e incarichi di consulenza. Fa notare in particolare che il comma 5 stabilisce un ulteriore limite di spesa annua per tali incarichi, che non può superare il 90 per cento del limite di spesa già previsto per il 2013 (che era pari al 20 per cento del 2009). Sottolinea che, per quanto attiene gli ambiti di interesse, sono comunque esclusi dall’applicazione di tale norma le università, gli enti di ricerca e gli organismi equiparati, nonchè gli istituti culturali. Dopo aver brevemente dato conto dei commi 6 e 7, illustra l’articolo 2 sull’organico soprannumerario delle pubbliche amministrazioni e sul relativo accesso al pensionamento. Evidenzia in merito che, fermo restando il divieto di effettuare nuove assunzioni nelle qualifiche o nelle aree in cui vi sono soprannumerari, le amministrazioni possono coprire i posti vacanti nelle altre aree, a determinate condizioni e con una specifica procedura. Segnala altresì che, qualora detti dipendenti in soprannumero conseguano la decorrenza del trattamento pensionistico entro il 31 dicembre 2015, ad essi si applica la disciplina pensionistica precedente al decreto-legge n. 201 del 2011. Fa notare dunque come rispetto alla normativa vigente si allunghi di un anno (dal 2014 al 2015) la data per conseguire i requisiti pensionistici che consentono l’applicazione delle norme anteriori. Nel rilevare la posticipazione dei tempi per la verifica delle posizioni soprannumerarie e la conseguente dichiarazione di esubero, precisa che dette disposizioni troverebbero applicazione anche per il comparto della scuola.

Dopo aver posto in luce le altre disposizioni dell’articolo 2, di interpretazione autentica circa i limiti per il collocamento a riposo d’ufficio al fine di evitare lo sviluppo del contenzioso, si sofferma sull’obbligo, per le amministrazioni che hanno effettuato riduzioni delle dotazioni organiche, di adottare i regolamenti di organizzazione, pena l’impossibilità di nuove assunzioni a decorrere dal 1° gennaio 2014. Detto obbligo è a carico dei Ministeri, delle Agenzie – tra cui l’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR) – degli enti di ricerca e di altri enti tra cui le fondazioni lirico-sinfoniche e il Comitato olimpico nazionale italiano (CONI).

Focalizza poi l’attenzione sul comma 12 dell’articolo 2, che estende agli anni 2013 e 2014 le disposizioni derogatorie in materia di assunzioni di personale del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo. La norma consente, a tale riguardo, di effettuare assunzioni in deroga al divieto posto dall’articolo 2, comma 11, del decreto-legge n. 95 del 2012 (cosiddetta «spending review»), anche se resta fermo il divieto di assumere personale nelle qualifiche o nelle aree interessate da posizioni soprannumerarie. Riferisce in proposito che, secondo la relazione illustrativa, la tipologia dei servizi pubblici resi dal Ministero nello svolgimento della sua missione istituzionale presenta una notevole differenziazione tra servizi ad alto contenuto tecnico-scientifico (tutela, conservazione e valorizzazione, attualmente con 5.056 unità in servizio) e servizi ad alta concentrazione di risorse umane, prevalentemente afferenti all’ambito della vigilanza e accoglienza dei visitatori nei siti aperti al pubblico: musei, aree archeologiche, archivi, biblioteche (attualmente con 7.594 unità in servizio). Riferisce peraltro che al momento vi sono molte criticità, derivanti tanto da un esodo massiccio per raggiunta anzianità contributiva e per raggiunti limiti di età, quanto da squilibri territoriali e da assorbimenti di esuberi di personale non sempre in possesso delle competenze professionali richieste per la particolare tipologia delle attività di tutela. A ciò aggiunge che, a seguito delle misure di contenimento della spesa, sono state attuate progressive revisioni della pianta organica, rideterminata in 18.947 unità, con una riduzione di quasi il 25 per cento in 16 anni (24,74 per cento rispetto al 1997). Contemporaneamente, è aumentata l’offerta culturale con un incremento notevolissimo dei visitatori e un innalzamento ancora maggiore degli introiti da bigliettazione.

Il Governo – prosegue il relatore – ha peraltro puntualizzato che fino ad ora si è cercato di rafforzare la componente tecnico-scientifica, rappresentata dai funzionari di III area con professionalità specialistiche e, al contempo, di ridurre massicciamente la componente del personale ausiliario di supporto nella I area funzionale. Conseguentemente, a detta dell’Esecutivo, si sono prodotte posizioni soprannumerarie nella I area mentre nella II e soprattutto nella III area sono stati appositamente previsti numeri che permettono nuove assunzioni, con vacanze rispettivamente di 231 unità nella II area e di 344 unità nella III area. Pertanto, sottolinea la necessità dell’intervento normativo proposto al fine di assicurare l’espletamento delle funzioni di tutela, fruizione e valorizzazione del patrimonio culturale statale secondo i principi di efficienza, razionalità ed economicità, con priorità per gli interventi conservativi di prevenzione, manutenzione e restauro da realizzarsi negli istituti e nei luoghi della cultura, nonché al fine di far fronte alle richieste di una crescente domanda culturale.

Dà altresì conto dell’articolo 4, che intende perseguire le seguenti finalità: ribadire il principio che nel settore pubblico il contratto a tempo indeterminato è la forma di “contratto dominante”; rafforzare le responsabilità dirigenziali in caso di utilizzo non consentito dei contratti di lavoro flessibile; inasprire le sanzioni. Si prevede quindi che tutte le amministrazioni dello Stato, inclusi gli enti di ricerca, possano avviare procedure concorsuali previa verifica dell’assenza di graduatorie vigenti approvate dal 1° gennaio 2008, che vengono prorogate al 31 dicembre 2015. Sullo specifico profilo delle assunzioni negli enti di ricerca, rinvia alle considerazioni che saranno svolte sul comma 16.

Al comma 6 si stabilisce inoltre la possibilità (fino al 31 dicembre 2015), nel limite massimo del 50 per cento delle facoltà assunzionali, per le pubbliche amministrazioni di bandire procedure concorsuali per assunzioni a tempo indeterminato di personale non dirigenziale riservate esclusivamente a favore di coloro che, alla data di entrata in vigore del decreto, hanno maturato, negli ultimi cinque anni, almeno tre anni di servizio con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato, nonché di coloro che avevano maturato i requisiti secondo la disciplina prevista dalle leggi finanziarie 2007 e 2008. Si precisa peraltro che resta ferma per il comparto scuola la disciplina specifica di settore.

Il relatore illustra anche il comma 11, che esclude dall’applicazione del decreto legislativo n. 368 del 2001 – ossia quello che recepisce la direttiva comunitaria sul lavoro a tempo determinato – come già previsto per le supplenze del personale docente e ATA del comparto delle scuole statali, anche i contratti tempo determinato relativi al personale degli asili nido e delle scuole dell’infanzia degli enti gestiti dai comuni, nel rispetto però del patto di stabilità e dei vincoli relativi alla spesa degli enti locali per il personale nonché del regime delle assunzioni. Ritiene dunque che lo scopo sia di preservare la specificità di un settore che spesso si avvale di contratti a tempo determinato.

Il successivo comma 16 stabilisce inoltre che, per gli enti di ricerca, l’autorizzazione all’avvio delle procedure concorsuali è concessa in sede di approvazione,con decreto direttoriale della Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica e del Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, del piano triennale del fabbisogno del personale e della consistenza dell’organico. In proposito, ravvisa alcune incongruenze rispetto alla normativa vigente, in quanto l’articolo 5, comma 4, del decreto legislativo n. 213 del 2009 sul riordino degli enti di ricerca stabilisce una diversa procedura per il fabbisogno di personale, che viene determinato dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca previo parere favorevole del Ministero dell’economia e delle finanze e del Dipartimento della funzione pubblica. Nel comma 16 dell’articolo 4 in esame, invece, non solo non si prevede alcun ruolo del Dicastero dell’istruzione – in quanto le procedure concorsuali sono autorizzate con il predetto decreto direttoriale della Presidenza del Consiglio dei ministri e del Ministero dell’economia e delle finanze, esautorando il Ministero vigilante – ma la disciplina si sovrappone a quella del comma 3 del medesimo articolo 4, che stabilisce un ulteriore e differente iter. Preannuncia perciò che nel parere porrà l’accento sulla necessità di coordinare dette disposizioni, salvaguardando il ruolo del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca.

Quanto all’articolo 9, fa presente che esso, al comma 1, consente l’assegnazione alle scuole italiane all’estero di un numero predefinito di dirigenti scolastici, docenti per discipline curricolari, lettori e amministrativi, in deroga alle riduzioni previste dalle norme sulla cosiddetta «spending review». Come ricorda la relazione del Governo, è stata prevista la progressiva riduzione del personale di ruolo della scuola in servizio all’estero: entro l’anno scolastico 2016-17 si dovrà infatti arrivare a un contingente pari a 624 unità, previsto dalla normativa vigente. Vengono così disposte alcune deroghe, all’interno della revisione annuale del contingente del personale della scuola in servizio all’estero in modo da conservare un limitato numero di posti vacanti e disponibili sui quali possono essere assegnati unità di personale nonchè dirigenti scolastici.

Detta previsione – precisa il relatore – non incrementa le dotazioni di personale ma rende possibile la partenza ogni anno di un numero predefinito di dirigenti, docenti, lettori e amministrativi in deroga al blocco delle partenze, dato che si sono verificate una drastica diminuzione di dirigenti scolastici, la mancanza di alcuni profili professionali di docenza, la necessità di ricorrere a supplenti dall’Italia e l’inosservanza di impegni internazionali. La disposizione decorre dall’anno scolastico 2013-2014 e ha come finalità espressa quella di far fronte a specifiche ed insopprimibili esigenze didattiche o amministrative, che non trovino gradatamente idonea soluzione attraverso il ricorso al personale a contratto reclutato in loco o alle operazioni di mobilità del personale scolastico a tempo indeterminato, già collocato fuori ruolo all’estero.

Si sofferma inoltre sul comma 2, checonsente di avvalersi anche di personale italiano a contratto locale, residente nel Paese ospitante da almeno un anno, oltre che straniero, per l’insegnamento delle materie obbligatorie nei Paesi esteri. In secondo luogo, il comma autorizza – per gli insegnamenti di materie obbligatorie nelle scuole italiane – la conclusione di contratti con personale italiano o straniero, con conoscenza adeguata dell’italiano e residente nel Paese da almeno un anno, in possesso dei requisiti previsti dalla normativa italiana. Fa notare che dette disposizioni riguardano materie obbligatorie diverse (rispettivamente nell’ordinamento estero e in quello italiano) e si presentano in parte analoghe (in entrambi i casi si consentono affidamenti a personale straniero o italiano e si prevede altresì una retribuzione annua), differenziandosi in alcuni punti: nel primo caso gli affidamenti possono essere dati per tutte le materie obbligatorie e solo a condizione dell’assenza del personale di ruolo; nel secondo caso gli affidamenti possono essere dati solo con contratto, solo per certe materie obbligatorie (da individuare) e non è presente la condizione dell’assenza del personale di ruolo.

15 ottobre Legge di Stabilità in CdM

Il Consiglio dei ministri, nel corso della riunione del 15 ottobre, ha approvato due disegni di legge: per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di Stabilità 2014) e per il bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2014 e per il bilancio pluriennale per il triennio 2014-2016.

La Legge di Stabilità per il 2014 segna una svolta nella programmazione economico-finanziaria degli ultimi anni, realizzando le due priorità di politica economica del Governo: favorire la crescita e promuovere l’occupazione.

Con le misure disposte nel provvedimento si avvia un percorso di riduzione del carico fiscale sulle famiglie e sulle imprese. La spending review che verrà progressivamente implementata nel corso del 2014 potrà ulteriormente contribuire a individuare le razionalizzazioni della spesa con le quali finanziare ulteriore riduzione della pressione fiscale.

Al tempo stesso si interrompe una attitudine a privilegiare i tagli alla spesa in conto capitale rispetto ai tagli alla spesa in conto corrente e quindi si aumentano le risorse finanziarie per effettuare investimenti, sostenendo anche così le potenzialità di crescita di cui si registrano da qualche tempo i segnali.

Inoltre vengono destinate risorse per le politiche sociali adeguate a sostenere le fasce più deboli della popolazione e aiutarle ad affrontare gli effetti della prolungata crisi, che tuttora si avvertono.

Nel dettaglio, la Legge di Stabilità prevede interventi per 27,3 miliardi di euro nel triennio 2014-2016, di cui 11,6 nel solo 2014, così suddivisi:

  • 14,6 miliardi nel triennio per sgravi fiscali (rispettivamente 9 per le famiglie e 5,6 per le imprese); i 3,7 miliardi del 2014 sono destinati per 2,5 miliardi alle famiglie (1,5 riguardano l’Irpef) e per 1,2 miliardi alle imprese;
  • 11,2 miliardi nel triennio per azioni sociali, progetti di investimento, impegni internazionali, di cui 6,2 in conto capitale; per il 2014 si prevedono 6,4 miliardi;
  • 1,5 miliardi per investimenti a livello locale e la restituzione di debiti commerciali di parte capitale.

Questi interventi sono stati programmati con soluzioni che consentono di rispettare l’impegno di contenere il deficit nell’ambito degli obiettivi comunitari e invertire la tendenza del debito pubblico. Infatti per le coperture degli interventi programmati nel 2014 che producono minore gettito o maggiori spese, vengono reperite risorse per 3,5 miliardi da tagli alle spesa, per 1,9 miliardi da interventi fiscali privi di effetti depressivi sull’economia, per 3,2 miliardi da dismissioni, rivalutazioni, cespiti e partecipazioni, trattamento perdite.

La differenza tra il costo degli interventi e le risorse reperite a copertura degli stessi comporta il raggiungimento del deficit programmato (pari al 2,5% del PIL, superiore quindi di 0,2 punti percentuali rispetto al tendenziale registrato dal Documento di economia e finanza dell’aprile 2013).

Il Governo reputa che nel corso dei prossimi mesi il bilancio dello Stato potrà registrare ulteriori introiti che tuttavia non possono oggi essere quantificati e quindi contabilizzati. Provvedimenti per il rientro dall’estero di capitali italiani così come la rivalutazione delle quote di partecipazione al capitale della Banca d’Italia potranno generare nuovo gettito per le casse pubbliche da destinare agli obiettivi principali del Governo, tra i quali certamente la riduzione della pressione fiscale.

La Legge di Stabilità va quindi ad interessare cinque macro aree. Di seguito un sintetico elenco dei principali interventi:

  • INTERVENTI PER PERSONE, FAMIGLIE E SOCIETÀ
  • Riduzione dell’Irpef per i lavoratori
  • Disposizioni in favore degli esodati
  • Rifinanziamento della Cassa Integrazione Guadagni
  • Nuove misure contro la povertà
  • 5 x 1000
  • Fondo per le politiche sociali
  • Fondo per la non autosufficienza
  • Finanziamento del Fondo per le Università
  • Potenziamento della Protezione Civile e Piano per la difesa del suolo

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  • INTERVENTI PER LE IMPRESE
  • Riduzione del costo del lavoro per le imprese
  • Detrazione dell’Irap per i nuovi assunti
  • Potenziamento dell’ACE (Aiuto alla Crescita Economica)
  • Rivalutazione dei beni di impresa e delle partecipazioni
  • Incremento del Fondo di garanzia per le PMI
  • Incremento del Fondo di sviluppo e coesione
  • Stop all’aumento IVA per le imprese sociali
  • Rifinanziamento del Fondo per i contratti di sviluppo
  • Rifinanziamento del Fondo per la crescita sostenibile

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  • INVESTIMENTI
  • Allentamento dei vincoli del Patto di Stabilità per i Comuni
  • Completamento del sistema MOSE di Venezia
  • Fondi ANAS per le Infrastrutture e Salerno-Reggio Calabria
  • Manutenzione straordinaria delle Ferrovie e velocizzazione del Corridoio Adriatico
  • Ricostruzione dell’Aquila
  • Trasporto pubblico locale
  • Ecobonus e ristrutturazioni edilizie

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  • LA NUOVA SERVICE TAX

Con la Legge di Stabilità 2013 arriva il riordino del sistema di tassazione locale che pone l’Italia in linea con gli standard europei. Al posto di l’IMU e TARES si istituisce una tassa sui servizi municipali il cui gettito andrà interamente ai Comuni.

La nuova Service Tax avrà due gambe:

  • La tassa che serve a coprire i costi del servizio di raccolta rifiuti. È calcolata in base ai metri quadrati o alla quantità di rifiuti e la versa chi occupa l’immobile.
  • La tassa sui servizi indivisibili offerti dai comuni. È calcolata sui metri quadrati o sul valore catastale ed è pagata dai proprietari.

La Service Tax è piena autonomia: una tassa locale pagata ai Comuni per pagare i servizi dei Comuni.

  • IL COFINANZIAMENTO DEI FONDI STRUTTURALI EUROPEI 2014-2020

La Legge di Stabilità stanzia significative risorse per il nuovo ciclo di programmazione dei Fondi europei e nazionali per le politiche di coesione territoriale, impegnando il governo a fare la propria parte per i prossimi anni in modo strutturato con il concorso di Ue e regioni. In particolare, si stanziano:

  • 24 miliardi di euro di quota di compartecipazione nazionale (che si aggiungono ai quasi 30 miliardi di fondi strutturali UE);
  • ulteriori 55 miliardi per il Fondo per lo Sviluppo e la Coesione (ex Fondo Fas), di cui l’80% in favore del Mezzogiorno.

In totale si arriva quindi a circa 110 miliardi di euro nei prossimi sette anni per le politiche di coesione territoriale.

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1. La legge di stabilità per il 2014: linee guida

La politica economica ha ora due priorità: rafforzare la ripresa in atto e intervenire sui fattori che limitano la competitività dell’economia. Essa punta a un tasso di crescita almeno pari all’1 per cento nel 2014 e dell’ordine del 2 per cento negli anni successivi.

La Legge di stabilità:

1) è parte di un’azione di politica economica che ha già definito interventi finanziari per 11,9 miliardi nel triennio 2013-15 (5 miliardi nel 2013, 3,3 nel 2014 e 3,5 nel 2015). Ulteriori misure seguiranno in tempi brevi per migliorare la qualità della spesa pubblica (per esempio intervenendo sulla regolamentazione delle società controllate), per privatizzare parte del patrimonio pubblico, per rendere più competitivo il sistema produttivo. I risparmi derivanti dall’attività di revisione di spesa verranno destinati prioritariamente alla riduzione della pressione fiscale.

2) effettua interventi per 27,3 miliardi nel triennio 2014-16 (11,6 nel 2014)

14,6 miliardi nel triennio per sgravi fiscali di cui 5 per i lavoratori, 5,6 per le imprese oltre a 1 miliardo per ristrutturazioni edilizie e ecobonus

11,2 miliardi nel triennio per azioni sociali, progetti di investimento, impegni internazionali, di cui 6,2 in conto capitale; per il 2014 si prevedono 6,4 miliardi.

1,5 miliardi per investimenti a livello locale e la restituzione di debiti commerciali di parte capitale.

3) reperisce risorse per 24,6 miliardi nel triennio (8,6 nel 2014)

1,1 miliardi nel triennio da introiti connessi a operazioni volontarie dei contribuenti e dalla revisione della tassazione delle svalutazioni e delle perdite su crediti degli intermediari finanziari (2,7 miliardi nel 2014).

1,4 miliardi nel triennio da interventi volti a limitare l’elusione fiscale (0,5 nel 2014).

3,8 miliardi nel triennio da aumenti dell’imposta di bollo sui prodotti finanziari e da un intervento selettivo sulle cosiddette spese fiscali (1,4 nel 2014).

1,5 miliardi nel triennio dalla vendita di immobili (0,5 nel 2014).

16,1 miliardi nel triennio dal taglio della spesa pubblica (escludendo gli effetti delle dismissioni immobiliari; 3,5 miliardi nel 2014). Questo importo comprende riduzioni di spesa per 0,6 miliardi nel 2015 e 1,2 miliardi nel 2016 che dovranno derivare dall’attività di revisione della spesa delle Amministrazioni centrali e delle Amministrazioni locali, effettuata sulla base del lavoro affidato al Commissario Straordinario recentemente nominato.

4) imprime una prima riduzione del prelievo sui lavoratori e sulle imprese. Definisce una riforma della tassazione delle banche che consente di rafforzare la loro capacità di fornire credito a famiglie e imprese e la loro solidità patrimoniale.

5) Riduce sin dal 2014 la pressione fiscale su cittadini e imprese. La pressione fiscale totale scende dal 44.3 al 43,8 nel 2015 e al 43,3 nel 2016.

6) riduce l’incidenza della spesa pubblica primaria sul PIL (tolti i rimborsi di debiti commerciali) dal 46,0% del 2013 al 45,5% nel 2014. L’incidenza della spesa corrente scende dal 43,2% al 42,5%.

7) contiene nel 2014 la spesa primaria corrente diversa da quella per le prestazioni sociali (cioè la spesa per il funzionamento degli apparati pubblici) a un livello in termini nominali inferiore a quello del 2013.

8) accresce fortemente nel 2014 le spese in conto capitale (3,3 miliardi rispetto al quadro a legislazione vigente), sia a livello nazionale sia a livello locale. Si rovescia la tendenza alla riduzione in atto da vari anni.

9) concentra le risorse sui nuovi programmi di spesa che sostengono la competitività e le fasce deboli della popolazione. Estende al 2014 i livelli attuali degli incentivi per risparmio energetico e ristrutturazioni, prevedendo poi una graduale riduzione di tali livelli.

10) tra i sottosettori delle amministrazioni pubbliche aumenta le risorse a disposizione di quelle locali per circa 2,9 mld nel 2014, mentre rimangono complessivamente invariate le disponibilità delle altre amministrazioni (centrali e degli enti di previdenza).

Il Governo programma interventi che determineranno entrate di natura straordinaria, attualmente di difficile quantificazione. Tali risorse verranno utilizzate per il rimborso di ulteriori quote di debiti commerciali in conto capitale ed eventualmente per altre finalità di natura non strutturale. È inoltre previsto uno sforzo ulteriore di valorizzazione del patrimonio pubblico. Nell’ambito di quest’ultimo è prevista una gestione più efficace delle concessioni demaniali, di cui ora prudenzialmente non si considera l’impatto.

La manovra consente di raggiungere l’obiettivo di indebitamento netto indicato nella Nota di aggiornamento del DEF. Il disavanzo nel 2014 risulterà pari al 2,5 per cento del PIL, per effetto di misure di sostegno all’economia pari allo 0,2 per cento del prodotto. La Legge di stabilità include inoltre una norma che definisce interventi strutturali dell’ordine di 3 miliardi l’anno nel triennio 2015-17 al fine di raggiungere il saldo programmato per il 2015, 2016 e 2017 (rispettivamente 1,6%, 0,8% e 0,1% del PIL).

 

2. La legge di stabilità per il 2014 in sintesi

1. Si definiscono interventi con oneri nel 2014 per 11,6 mld

3,7 mld per sgravi fiscali, di cui:

2,5 mld per il lavoro, di cui:

1,5 mld per ridurre l’Irpef per le fasce medio-basse (1,7 nel 2015, 1,8 nel 2016).

0,04 mld per ridurre l’Irap sulla quota lavoro (0,11 nel 2015, 0,2 nel 2016)

1 mld per ridurre i contributi sociali sulle imprese (1,1 nel 2015, 1,2 nel 2016)

1,0 mld per trasferire risorse ai Comuni per ridurre il prelievo della service tax (Tirse)

0,13 mld per l’IVA sulle cooperative sociali

0,07 mld per contributi al trasferimento di contratti da tempo determinato a tempo indeterminato

1 mld per gli investimenti degli enti territoriali

0,5 mld per pagare debiti commerciali in conto capitale (importo a cui si aggiungeranno i proventi connessi con operazioni di rientro dei capitali e con la rivalutazione del capitale della Banca d’Italia)

3,9 mld (di cui 0,8 in conto capitale) per spese connesse con “politiche invariate”; di cui:

0,85 mld per le missioni all’estero

0,6 mld per la cassa integrazione in deroga

0,3 mld per la ricostruzione dell’Aquila

0,3 mld per la manutenzione straordinaria della rete autostradale

0,06 mld per il semestre di Presidenza UE

0,38 mld per il 5 per 1000

0,33 mld per gli interventi per gli autotrasportatori

0,23 mld per università e policlinici universitari

0,1 mld per i lavoratori socialmente utili

0,3 mld per il Fondo Politiche Sociali

0,25 mld per il Fondo per i non autosufficienti

0,25 mld per la Carta acquisti e altre misure di contrasto alla povertà

2,5 mld (di cui 1,6 in conto capitale) per nuovi progetti di spesa, di cui:

0,7 mld a RFI per il contratto di programma 2012-2016, manutenzione straordinaria rete ferroviaria e interventi per la velocizzazione del corridoio adriatico, nodi e interoperabilità

0,24 mld ad ANAS per la prosecuzione del programma messa in sicurezza di ponti e viadotti, per il completamento asse autostradale Salerno – Reggio Calabria e per il reintegro delle risorse di alcuni contratti

0,2 mld per il completamento dei lavori del MOSE

0,12 mld per il Fondo solidarietà nazionale in agricoltura

0,12 mld per la mobilità sanitaria internazionale

0,1 mld per il Fondo Sviluppo e coesione – programmazione 2014-2020

2. Si reperiscono risorse per 8,6 mld

3,5 mld derivano da tagli di spesa; di cui

2,5 mld da tagli al bilancio dello Stato

1,0 mld da tagli alla spesa delle regioni

3,2 mld derivano da dismissioni, rivalutazione cespiti e partecipazioni, trattamento perdite

2,2 mld dalla revisione del trattamento delle perdite di banche, assicurazioni e altri intermediari

0,3 mld da misure riguardanti la rivalutazione delle attività delle imprese

0,2 mld da misure riguardanti il riallineamento del valore delle partecipazioni

0,5 mld da vendita di immobili

1,9 mld derivano da interventi fiscali

0,9 mld dall’incremento dell’aliquota del bollo sulle attività finanziarie

0,46 mld dal visto di conformità per le compensazioni sulle imposte dirette

0,5 mld dalla riduzione delle spese fiscali attraverso interventi selettivi sulle agevolazioni fiscali da definire entro il gennaio 2014.

9 ottobre Finanza e Occupazione in CdM

Il Consiglio dei Ministri, nel corso della riunione del 9 ottobre, approva un Decreto legge recante disposizioni urgenti in materia di finanza pubblica, di valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico e di sostegno all’occupazione ed all’attività delle imprese.

Il Consiglio ha approvato, su proposta del presidente del Consiglio, Enrico Letta, e del Ministro dell’Economia e delle Finanze, Fabrizio Saccomanni, un decreto legge contenente disposizioni urgenti in materia di finanza pubblica, di valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico.
In particolare il decreto legge contempla misure che consentono di contenere il deficit del bilancio 2013 entro un valore non superiore al 3% del Prodotto interno lordo.
Per far fronte ai problemi indotti dal fenomeno dell’immigrazione, il Governo ha disposto la costituzione di un Fondo presso il Ministero dell’Interno con una dotazione di 190 milioni di euro per l’anno 2013.
Inoltre ha incrementato di 20 milioni di euro il Fondo nazionale per l’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati (il fondo è stato istituito con l’articolo 23, comma 11, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, quinto periodo).
I complessivi 210 milioni di euro a copertura dei provvedimenti provengono per 90 milioni di euro dal Fondo rimpatri; per 70 milioni di euro dalle entrate dell’INPS derivanti dalla regolarizzazione degli immigrati; per 50 milioni di euro mediante corrispondente riduzione del «Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive e dell’usura».

3 ottobre Tragedia Lampedusa in CdM

Nel corso del Consiglio dei ministri del 3 ottobre il Presidente Enrico Letta, ha proclamato per domani, venerdì 4 ottobre, una giornata di lutto nazionale per l’immane tragedia avvenuta all’alba di questa mattina quando un barcone di migranti è naufragato a circa mezzo miglio dell’Isola dei Conigli al largo di Lampedusa.
Inoltre il Ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca, Maria Chiara Carrozza, ha comunicato di aver disposto che, nella giornata di domani, sia osservato un minuto di silenzio nelle scuole di ogni ordine e grado.

Lampedusa, domani un minuto di silenzio per le vittime in scuole e università
Il Ministro Carrozza firma circolare: “Serve momento di riflessione”

Il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Maria Chiara Carrozza, ha firmato e diramato una circolare per invitare scuole, università, enti e centri di ricerca a osservare, domani alle ore 12.00, un minuto di silenzio per le vittime della tragedia di Lampedusa.

“La tragedia avvenuta oggi al largo dell’Isola di Lampedusa – scrive il Ministro nella circolare – ha scosso l’opinione pubblica con il suo pesante bilancio di morti e dispersi. Siamo di fronte a un fatto terribile che impone una riflessione. Per onorare e ricordare le vittime, si invita pertanto a promuovere, nelle scuole di ogni ordine e grado, nelle università e negli enti e centri di ricerca, l’osservanza di un minuto di silenzio alle ore 12.00 di domani, venerdì 4 ottobre, con l’auspicio che possa seguire un momento di confronto sui temi dell’accoglienza, dell’integrazione e dell’immigrazione, strategici per il nostro Paese e per l’Europa”.

3 ottobre Approvata conversione DL “Valore Cultura”

Il 3 ottobre la Camera approva definitivamente il Disegno di Legge di conversione del decreto-legge 8 agosto 2013, n. 91, recante la valorizzazione dei beni e delle attività culturali.

L’1, 2 e 3 ottobre l’Aula della Camera esamina il Disegno di Legge di conversione del decreto-legge 8 agosto 2013, n. 91, recante la valorizzazione dei beni e delle attività culturali.

Il 27 e 30 settembre, 1 e 2 ottobre la 7a Commissione della Camera esamina il Disegno di Legge di conversione del decreto-legge 8 agosto 2013, n. 91, recante la valorizzazione dei beni e delle attività culturali.

Con 175 voti favorevoli, 18 contrari e 54 astensioni il Senato, nella seduta antimeridiana di mercoledì 25 settembre, ha dato il via libera, con modificazioni, al decreto-legge 8 agosto 2013, n. 91, recante la valorizzazione dei beni e delle attività culturali (ddl n. 1014); il provvedimento passa all’esame della Camera.
Il 18, 19, 20 e 24 settembre l’Aula del Senato esamina il DdL di conversione in legge del decreto-legge 8 agosto 2013, n. 91, recante disposizioni urgenti per la tutela, la valorizzazione e il rilancio dei beni e delle attività culturali e del turismo

Il 4, 5, 10, 11, 12, 17 e 18 settembre la 7a Commissione esamina il DdL di conversione in legge del decreto-legge 8 agosto 2013, n. 91, recante disposizioni urgenti per la tutela, la valorizzazione e il rilancio dei beni e delle attività culturali e del turismo

(7a Senato, 4.9.13) Riferisce alla Commissione il presidente relatore MARCUCCI (PD) il quale, nel rinviare all’Ufficio di Presidenza che si terrà al termine della seduta la programmazione del successivo iter del provvedimento, osserva che l’esame ha inizio solo oggi in quanto occorreva attendere l’esame dei presupposti di costituzionalità da parte della 1ª Commissione. Poiché il tempo residuo di esame è tuttavia piuttosto esiguo, invita i rappresentanti dei Gruppi in Commissione a farsi carico di un percorso condiviso anche con l’altro ramo del Parlamento.

Quanto al merito del decreto, egli sottolinea con grande favore che si tratta del primo provvedimento d’urgenza dedicato interamente ai beni culturali da molti anni, a testimonianza del forte interesse del Governo Letta nei confronti del settore, così come rispetto ai comparti del sapere, giustamente esclusi dai tagli lineari con i quali è stata coperta l’abolizione dell’IMU.

Il decreto n. 91, suddiviso in tre Capi, affronta dunque molte questioni da tempo pendenti e può altresì rappresentare l’occasione per risolvere ulteriori tematiche afferenti il settore che, per diversi motivi, non sono entrate nella stesura originaria del provvedimento. Egli sottolinea altresì che il decreto, benché disponga oneri economici prevalentemente a partire dall’anno 2014, riveste senz’altro i requisiti di necessità ed urgenza, come riconosciuto del resto dalla Commissione affari costituzionali, atteso che esso consente all’Amministrazione di organizzarsi in tempo per garantire una sollecita operatività delle misure in esso contenute.

Passando ad una disamina puntuale dell’articolato, il Presidente relatore rileva anzitutto che il Capo I reca disposizioni urgenti per la tutela, il restauro e la valorizzazione del patrimonio culturale italiano e comprende gli articoli da 1 a 6.

L’articolo 1 detta norme per accelerare la realizzazione del Grande progetto Pompei e per la rigenerazione urbana, la riqualificazione ambientale e la valorizzazione dell’area pompeiana e stabiese. Esso reca altresì disposizioniper la valorizzazione della Reggia di Caserta e del Polo museale di Napoli, nonché per la promozione del percorso turistico-culturale delle residenze borboniche. Con riguardo a Pompei, il Presidente relatore rammenta come negli ultimi anni siano state percorse molteplici strade al fine di migliorare la governance del sito e ottimizzarne la gestione. Purtroppo però nessuna di queste soluzioni ha finora dato i risultati sperati, come del resto verificato di recente dalla Commissione nel corso di un sopralluogo al sito mirato proprio ad approfondire le ragioni dei principali profili di criticità. Anche la recente assegnazione una consistente quota di finanziamenti europei, attraverso il cosiddetto “Grande progetto Pompei”, rischia di essere vanificata da lungaggini burocratiche che impediscono il rispetto della necessaria tempistica. Egli dà quindi atto al Governo di essersi assunto la responsabilità di alcune modifiche ordinamentali importanti, attraverso le quali confida di conseguire migliori risultati. In primo luogo, viene previsto un responsabile unico – denominato «direttore generale di progetto» (DGP) – per la realizzazione del programma straordinario di interventi destinati a Pompei ai sensi del decreto-legge 31 marzo 2011, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 maggio 2011, n. 75.

Il compito del DGP (coadiuvato da una struttura di supporto appositamente costituita, composta da un massimo venti unità di personale del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e di altre amministrazioni centrali, nonché da cinque esperti nelle materie interessate) è quello di definire e approvare gli elaborati progettuali degli interventi di recupero e restauro propedeutici alla pronta attuazione del «Grande progetto Pompei», gestendo le procedure di gara dirette all’affidamento dei lavori e all’appalto dei servizi e delle forniture necessari e alla corretta ed efficace gestione del servizio di pubblica fruizione e di valorizzazione del sito archeologico.

L’articolo 1 costituisce inoltre l’Unità «Grande Pompei», con il compito di far convergere in un’unica sede tutte le decisioni amministrative necessarie alla realizzazione dei piani, dei progetti e degli interventi strumentali a consentire il rilancio economico-sociale e la riqualificazione ambientale ed urbanistica dei comuni interessati dal piano di gestione del sito Unesco «Aree archeologiche di Pompei, Ercolano e Torre Annunziata», nonché a potenziare l’attrattività turistica dell’intera area.

Il legale rappresentante dell’Unità è il DGP, che si avvale di un Comitato di gestione, composto dal Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo (o suo delegato), dal Ministro per la coesione territoriale, dal Presidente della Regione Campania e da quello della provincia di Napoli, nonché dai Sindaci dei comuni interessati e dai legali rappresentati degli enti pubblici e privati coinvolti, il quale svolge la funzione di «Conferenza di servizi permanente».

All’Unità sono demandate tutte le decisioni relative alla progettazione e alla realizzazione e gestione degli interventi, fra cui quelli infrastrutturali urgenti necessari a migliorare le vie di accesso e le interconnessioni ai siti archeologici e per il recupero ambientale dei paesaggi degradati e compromessi, prioritariamente mediante il recupero e il riuso di aree industriali dismesse, nel rispetto del principio del minor consumo di territorio e della priorità del recupero.

All’Unità spetta anche la promozione e sollecitazione di erogazioni liberali, sponsorizzazioni e forme, anche innovative, di partenariato pubblico-privato.

L’Unità può infine disporre l’utilizzo dei giovani tirocinanti nei settori delle attività e dei servizi per la cultura, di cui al fondo straordinario «Mille giovani per la cultura» di cui al decreto-legge 28 giugno 2013, n. 76, sull’occupazione giovanile.

Sempre l’articolo 1 del decreto reca poi una modifica estremamente rilevante in tema di organizzazione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo. Esso dispone infatti l’istituzione della «soprintendenza speciale per i beni archeologici di Pompei, Ercolano e Stabia», che succede alla soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e Pompei, ma con ambito territoriale di competenza limitato alle sole aree archeologiche indicate. Alla soprintendenza speciale per il patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico e per il polo museale della città di Napoli sono invece affidati i compiti di tutela e di gestione della Reggia di Caserta, a tal fine modificandone opportunamente la denominazione. Resta poi da istituire una soprintendenza per i beni archeologici di Napoli, per la quale è previsto l’incremento di un posto di funzione dirigenziale di livello non generale. Quanto al resto, il Governo ritiene che la nuova soprintendenza possa operare con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.

Si tratta di una modifica sicuramente molto rilevante, rimarca il Presidente relatore, che contraddice il processo di accorpamento condotto negli ultimi anni e di cui il Governo si assume per intero la responsabilità. Egli suggerisce peraltro un supplemento di istruttoria, nell’auspicio che si possano davvero conseguire agli obiettivi unanimemente condivisi di maggiore funzionalità e snellezza.

L’articolo 1 potrebbe infine rappresentare la sede opportuna per migliorare la efficienza organizzativa di altri Poli museali come ad esempio quello di Firenze, nell’ambito del quale – con opportuno emendamento – potrebbe essere incluso, ai fini di una maggiore funzionalità, l’Opificio delle pietre dure.

L’articolo 2 reca misure urgenti per la prosecuzione delle attività di inventariazione e digitalizzazione del patrimonio culturale italiano e per l’attuazione del progetto «500 giovani per la cultura». Si tratta di una norma attraverso la quale il Ministero intende proseguire il recupero di risorse digitali e la digitalizzazione di nuovi contenuti per la creazione delle collezioni digitali dei musei e realizzare l’interoperabilità di importanti banche dati con il Sistema di Cultura Italia.

Per la realizzazione del programma è previsto un piano di formazione di cinquecento giovani, aggiuntivi rispetto ai mille di cui al decreto-legge sull’occupazione giovanile, i quali saranno reclutati tramite selezione pubblica, fra i laureati nelle discipline afferenti al programma stesso.

L’iniziativa ha carattere sperimentale e sarà realizzata nelle regioni dell’obiettivo «Convergenza» (Calabria, Campania, Puglia, Sicilia).

Affinché le competenze acquisite siano spendibili nel mercato del lavoro privato, nonché nell’ambito di futuri programmi pubblici, il Presidente relatore auspica peraltro che, al termine dell’anno di formazione, ai giovani che vi hanno partecipato sia conferito un attestato finale da far valere come titolo in occasione di successive selezioni, in linea con quanto disposto per i tirocinanti del Ministero della giustizia.

Con riguardo all’articolo 3, che reca disposizioni finanziarie urgenti per garantire la regolare apertura al pubblico degli istituti e dei luoghi di cultura, egli rammenta poi che la legge finanziaria 2008 aveva disposto che i proventi della bigliettazione fossero trasferiti al Ministero dell’economia e riassegnati solo parzialmente all’Amministrazione dei beni culturali. L’articolo 3 abroga tale disposizione e assai opportunamente reintroduce l’assegnazione integrale ai Beni culturali degli introiti derivanti dalla bigliettazione, generalizzando così l’esperienza già in atto presso i Poli museali. In tal modo, il Ministero confida di poter far fronte ad alcune criticità, sempre più frequenti, come ad esempio l’impossibilità di una regolare apertura al pubblico dei siti culturali, causata dalla mancanza di risorse per il necessario personale.

L’eliminazione del divieto di riassegnazione non viola del resto, in alcun modo, il principio di unità del bilancio, non solo perché l’ordinamento già prevede numerose altre ipotesi di obbligatoria riassegnazione, ma anche perché è pacifico, in base alla disposizioni legislative vigenti, che tutte le predette somme debbano essere versate nell’apposito capitolo dello stato di previsione dell’Entrata del bilancio dello Stato e solo successivamente riversate all’Amministrazione che le ha generate.

Al riguardo, il Presidente relatore prospetta la possibilità di estendere la riassegnazione obbligatoria, oltre che agli introiti della bigliettazione, anche ad entrate di altro tipo, come ad esempio quelle conseguenti alle copie e alle riproduzioni fotografiche che, per taluni Istituti (fra cui l’Istituto nazionale per la grafica), sono tutt’altro che indifferenti.

L’articolo 4 intende favorire lo sviluppo delle biblioteche e degli archivi, nonché la promozione della recitazione e della lettura, allargando fra l’altro le ipotesi di accesso libero e gratuito alla lettura di opere e pubblicazioni contenenti ricerche finanziate con fondi pubblici.

La norma amplia altresì le ipotesi in cui non è considerata pubblica l’esecuzione di un’opera, inserendo anche le biblioteche tra i luoghi in cui la rappresentazione dell’opera non è da ritenersi pubblica, se realizzata ai fini di promozione culturale e di valorizzazione dell’opera.

Quanto alla previsione che le pubblicazioni finanziate con fondi pubblici per una quota pari almeno alla metà siano gratuitamente e liberamente accessibili telematicamente, il Presidente relatore propone peraltro che il termine di sei mesi, sancito dal comma 2 per il deposito in archivi elettronici, sia esteso a dodici mesi, onde consentire il pieno sfruttamento delle pubblicazioni sulle riviste scientifiche. In tal senso, comunica, vi è del resto anche l’accordo del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca.

L’articolo 5 reca disposizioni urgenti per l’attuazione del progetto «Nuovi Uffizi», per la realizzazione del Museo nazionale dell’ebraismo italiano e della Shoah e per ulteriori interventi di tutela. Si tratta, sottolinea, di misure di grandissima valenza e urgenza, tenuto conto del rilievo internazionale dei siti culturali coinvolti e della necessità che i relativi lavori, da lungo tempo attesi ma non avviati o rallentati per carenza di risorse, possano finalmente essere proseguiti ed auspicabilmente completati con sollecitudine.

In particolare, precisa che per consentire la prosecuzione del progetto «Nuovi Uffizi» il decreto autorizza una spesa di 8.000.000 euro, relativamente agli anni 2013 e 2014, rispetto ai 50.600.000 euro necessari per completare l’opera che, unitariamente concepita, era stata a suo tempo divisa in due lotti dal momento che i finanziamenti originari non consentivano di appaltare l’intero progetto.

In proposito, ricorda che il progetto «Nuovi Uffizi», approvato nel 2004, porterà al raddoppio della superficie espositiva del più importante museo italiano (dagli attuali 6.100 mq a 12.900 mq), oltre alla creazione di nuove aree di servizio e laboratori (da 5.900 mq a 8.700 mq): a lavori ultimati, la città di Firenze ospiterà così il più grande Polo museale d’Europa. Rileva perciò che si tratta di lavori assolutamente straordinari, sia per l’entità delle risorse economiche impegnate che per l’eccezionale interesse storico-artistico del monumento e delle collezioni in esso raccolte, sicché risulta indispensabile garantire un flusso costante di finanziamenti per continuare con l’affidamento all’ATI, esecutrice dei lavori dei «Nuovi Uffizi», degli stralci successivi e concludere l’intero progetto in tempi congrui.

Quanto al Museo nazionale dell’ebraismo italiano e della Shoah, esso è stato istituito a Ferrara nel 2003, al fine di riconoscere e valorizzare la bimillenaria presenza ebraica in Italia. Rispetto ad un costo totale dell’intervento pari a 40.793.000 euro, il finanziamento complessivo ritenuto ancora occorrente è di 31.793.000 euro, dei quali 30.012.000 euro per il cosiddetto secondo lotto e 1.781.000 euro per l’allestimento dell’apparato scenografico necessario per comunicare in modo efficace e comprensibile il materiale esposto. L’articolo 5 è quindi volto a finanziare, con 4 milioni di euro, parte delle spese previste per il secondo lotto, che consiste nella costruzione dell’importante corpo di entrata al Museo, il quale completerebbe la sistemazione esterna.

L’articolo 5 prevede, poi, un’autorizzazione di spesa di 2 milioni di euro per fare fronte a interventi di tutela e salvaguardia di beni culturali a grave rischio di deterioramento, sulla base di un elenco determinato dal Ministero. Al riguardo, pur esprimendo senz’altro apprezzamento per la disposizione, il Presidente relatore ne rileva l’estrema esiguità, auspicandone senz’altro l’incremento.

L’articolo 6 reca disposizioni urgenti per la realizzazione di centri di produzione di arte contemporanea per giovani artisti sia italiani che di altre nazionalità, affinché un grande patrimonio di talenti creativi non finisca per andare irrimediabilmente perso a causa dell’impossibilità, per i giovani, di disporre delle strutture necessarie nelle quali far crescere e sviluppare idee e contenuti artistici.

A tal fine, si prevede che siano ad essi destinati i beni immobili, non utilizzabili per altre finalità istituzionali, di proprietà dello Stato e di enti pubblici nazionali, a condizioni tuttavia non sufficientemente agevolate (riduzione appena del 10 per cento del canone di mercato). Inoltre, la norma pone a carico del locatario gli oneri di manutenzione ordinaria e straordinaria, con ciò riducendo sensibilmente l’efficacia dell’intervento se non addirittura vanificandola del tutto. Il Presidente relatore invita perciò a riflettere se non sia opportuno prevedere, in corrispondenza di significative spese di manutenzione, la concessione di annualità gratuite fino a compensazione.

Inoltre, sempre con riferimento alla promozione dell’arte contemporanea, osserva che l’articolo 6 potrebbe essere l’occasione per rendere più stabile il finanziamento del Museo di arte contemporanea di Roma (MAXXI), in un’ottica quanto meno triennale.

Passando al Capo II, che contiene norme per il rilancio del cinema, delle attività musicali e dello spettacolo dal vivo, segnala anzitutto l’articolo 7, che reca misure urgenti per la promozione della musica di giovani artisti e compositori emergenti, introducendo per la prima volta un pacchetto di misure organiche di defiscalizzazione delle spese di sviluppo, produzione, digitalizzazione e promozione delle registrazioni fonografiche o videoclip musicali per le opere prime o seconde di nuovi talenti.

La proposta – più volte sollecitata anche dalla Commissione e quindi pienamente condivisibile – parte dalla consapevolezza che il patrimonio musicale italiano, composto da artisti, case discografiche, festival, produttori, distributori, organizzatori e istituzioni, vada considerato come un vero e proprio sistema produttivo, analogamente a quanto accade da molti anni in altri Paesi europei, dato che la musica è anche un vero e proprio comparto economico e lavorativo.

È quindi necessario ed urgente rendere simili o compatibili ad altri Paesi europei ed extraeuropei le normative che sostengano il sistema musicale italiano per consentire all’intera filiera produttiva di utilizzare strumenti legislativi appropriati che consentano di competere ad armi pari con i sistemi musicali degli altri Paesi e quindi di operare al meglio nel mercato nazionale ed estero.

Le norme sono ispirate al tax credit cinematografico, che in questi primi quattro anni di attuazione ha dato prova positiva di sé, ed in parte alla specifica normativa francese, il tutto nel rispetto delle soglie di aiuto di minore importanza (de minimis) stabilite dalla Commissione europea, al di sotto delle quali non è necessaria la richiesta di autorizzazione comunitaria. Si prevede altresì che, per accedere al credito d’imposta, le imprese siano «indipendenti», cioè non risultare controllate da editori audiovisivi, al fine di «lanciare» nuovi talenti per una produzione culturale di qualità con minore appeal commerciale.

Il Presidente relatore segnala peraltro che l’articolo 7 potrebbe essere la sede idonea per introdurre alcune norme di semplificazione per gli spettacoli dal vivo, in particolare per quelli fino ad un massimo di 200 partecipanti, relativamente ai quali la licenza prevista dal testo unico delle leggi sulla pubblica sicurezza dovrebbe essere sostituita da una segnalazione certificata di inizio attività. Si tratta, ricorda, di una proposta che era già stata avanzata in occasione del cosiddetto “decreto del fare”, ma che in quella sede non aveva potuto trovare spazio per eterogeneità della materia e quindi era stata rinviata a questo decreto.

L’articolo 8 rende stabile dal 2014, e non più legata a proroghe triennali, la disciplina del tax credit cinematografico, la cui scadenza è attualmente fissata al 31 dicembre 2014. Il Presidente relatore invita a considerare la norma con particolare favore in quanto le risorse a tal fine stanziate per il 2013 sono in esaurimento e quelle per il 2014 non sono sufficienti (45 milioni di euro, a fronte di un utilizzo annuo ormai consolidato intorno ai 70-80 milioni di euro). Suggerisce peraltro di valutare l’opportunità di estendere l’efficacia della normativa all’audiovisivo e alle fiction, possibilmente con un incremento delle dotazioni finanziarie, tanto più in considerazione del fatto che gli operatori interessati sono sostanzialmente gli stessi.

La norma di stabilizzazione è, in ogni caso, subordinata all’autorizzazione della Commissione europea, che il Ministero si è impegnato a richiedere.

L’articolo 9 reca disposizioni urgenti per assicurare la trasparenza, la semplificazione e l’efficacia del sistema di contribuzione pubblica allo spettacolo e al cinema.

Attualmente, l’assegnazione di contributi alle attività di spettacolo dal vivo avviene dietro presentazione delle domande da parte degli organismi interessati, con valutazione dei programmi e dei relativi preventivi finanziari riferiti all’anno in corso. Per consentire la liquidità necessaria al conseguimento degli obiettivi artistici l’Amministrazione può peraltro erogare anticipazioni fino all’80 per cento dell’ultimo contributo assegnato. Una volta che l’attività sia stata infine interamente svolta e correttamente rendicontata, l’Amministrazione provvede a saldare l’importo del contributo, detraendo ovviamente le quote già eventualmente erogate in sede di anticipazione. Tale schema non è tuttavia più adeguato alla realtà e ai fini istituzionali. Infatti, i preventivi finanziari e i connessi progetti artistici costituiscono, specie se redatti da organismi poco strutturati, un «pronostico» che la complessa macchina organizzativa di uno spettacolo dal vivo difficilmente consente di rispettare; nella prassi si verificano così molti casi anomali, fra cui la mancata effettuazione del programma o la sua effettuazione con modifiche anche molto consistenti alla parte artistica o economica.

In questi casi, l’Amministrazione difficilmente è in grado di recuperare l’importo dell’assegnazione e attribuirlo a favore di altri organismi, mentre il più delle volte deve limitarsi a considerare perse le somme in questione.

Si è allora intervenuti normativamente con i metodi di cosiddetto «abbattimento» e «tolleranza».

Con il cosiddetto «abbattimento» l’Amministrazione, a fronte di alcuni progetti finanziariamente ed organizzativamente rilevanti – e la cui realizzazione può non apparire attendibile – prende in considerazione solo una parte del progetto e concede all’organismo richiedente di ridurre percentualmente l’attività offerta. Con la cosiddetta «tolleranza» si consente, all’atto del controllo a valle, ovvero a consuntivo, una sorta di franchigia, pari al 15 per cento dell’attività considerata all’atto dell’assegnazione, entro la quale non vengono operate riduzioni del contributo. Tale politica, ideata in ragione delle illustrate difficoltà oggettive di programmare con certezza spettacoli dal vivo, non permette però all’Amministrazione di valutare con piena cognizione di causa il reale prodotto degli organismi, né sul piano artistico né sul piano finanziario.

Appare dunque preferibile riferirsi alle attività svolte e rendicontate per l’anno/esercizio solare. La stesura del decreto manifesta tuttavia, a questo specifico riguardo, una possibile causa di fraintendimento. Occorre infatti precisare che i contributi non saranno “assegnati” a fine stagione, bensì ad inizio stagione e successivamente “erogati” alla fine della medesima, una volta verificato il rispetto degli impegni assunti all’atto della richiesta.

L’articolo 9 reca altresì disposizioni necessarie ai fini della trasparenza nel settore dello spettacolo, prevedendo che gli enti finanziati a valere sul FUS pubblichino e aggiornino determinate informazioni relative ai titolari di incarichi amministrativi ed artistici di vertice, di incarichi dirigenziali, nonché di collaborazione o consulenza.

Vengono infine soppressi due Fondi per la concessione di contributi per il rinnovo delle sale teatrali e musicali, ormai in pratica quasi inutilizzati in quanto sostituiti, nel corso degli anni, da specifiche forme di sostegno a carico del FUS, e vengono esentate dall’imposta di bollo le istanze presentate alle Direzioni generali cinema e spettacolo dal vivo onde favorire l’utilizzo di piattaforme on-line.

L’articolo 10 assicura la prosecuzione del funzionamento dei teatri e degli enti pubblici e privati operanti nel settore dei beni e delle attività culturali, evitando che essi siano destinatari dei tagli di spesa previsti per i consumi intermedi nei confronti di tutti gli enti iscritti nell’elenco ISTAT. Tali istituti, difatti, operano in un settore molto particolare per cui il taglio dei consumi intermedi risulta di difficile praticabilità e, soprattutto, pone a serio rischio la loro stessa esistenza.

Si tratta, in particolare, delle quattordici Fondazioni lirico-sinfoniche, nonché di undici enti vigilati dal Ministero (Accademia della Crusca, Biblioteca europea di informazione e cultura, Centro sperimentale di cinematografia, Fondazione Festival dei due mondi, Fondazione La Biennale di Venezia, Fondazione La Quadriennale di Roma, Museo storico della liberazione, Scuola archeologica italiana di Atene, Fondazione centro internazionale di studi di architettura Andrea Palladio e Fondazione Gioacchino Rossini) e dei diciassette Teatri stabili pubblici.

Essi sono sottratti dall’applicazione del comma 3 dell’articolo 8 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (spending review), nonché dal taglio delle spese relative alla pubblicità e per le tournées. Il Presidente relatore invita tuttavia a valutare se sia possibile escludere detti enti da tutti i tagli variamente previsti dai predetti provvedimenti di contenimento della spesa come ad esempio quelli relativi alle mostre e alle conferenze, pur nella consapevolezza che ciò pone un problema di copertura finanziaria, che il Governo dovrebbe impegnarsi a reperire.

L’articolo 11 detta disposizioni urgenti per il risanamento delle fondazioni lirico-sinfoniche e il rilancio del sistema nazionale musicale di eccellenza. Il settore sta registrando infatti, in questi ultimi esercizi, una delle più gravi crisi economiche e finanziarie della sua pur lunga vita: l’originaria carenza di capitalizzazione, già presente con la riforma del 1996 che trasformò i Teatri d’Opera da enti pubblici in fondazioni di diritto privato, e i crescenti costi di produzione (in primis quelli del personale), che non hanno trovato nel Fondo unico per lo spettacolo (decrescente) un adeguato sostegno finanziario, comportano attualmente profonde crisi strutturali, evidenti soprattutto nella amministrazione straordinaria cui sono sottoposti ben tre di tali importanti organismi (la crisi di indebitamento in cui versa la maggior parte delle quattordici fondazioni è commisurabile, alla data del 31 dicembre 2012, in 377.421.262 euro).

La norma si prefigge dunque lo scopo di avviare immediatamente a risanamento le gestioni dei Teatri d’Opera maggiormente compromesse sul piano economico-finanziario e patrimoniale, offrendo agli enti capaci di avanzare un piano di rientro dal debito e di riorganizzazione complessiva della gestione un cospicuo finanziamento a carattere rotativo; la proposta, nella consapevolezza che la voce di costo produttiva di maggiori perdite è attribuibile al personale dipendente, coniuga l’intervento con provvedimenti di riduzione del personale tecnico-amministrativo.

Gli enti in maggiori difficoltà vengono pertanto invitati a redigere un piano di risanamento idoneo ad assicurare gli equilibri di bilancio, nell’arco dei tre successivi esercizi. Poiché la causa principale del dissesto in parola è data dal costo delle cosiddette masse artistiche, tecniche amministrative, il cui costo nel 2012 assomma a ben 308.748.241 euro, in questi casi si prevede la riduzione della dotazione organica del personale tecnico e amministrativo fino al 50 per cento di quello in essere al 31 dicembre 2012 e la cessazione dell’efficacia dei contratti integrativi aziendali in vigore. La lievitazione nel tempo del valore economico dei contratti integrativi aziendali, nel loro ammontare percentuale rispetto al valore economico del contratto collettivo nazionale di lavoro, tocca infatti nel 2011 punte superiori anche al 35-38 per cento, con una spesa complessiva superiore a 75.000.000 euro. L’intervento sull’entità e sui costi del personale, unitamente al blocco del nuovo indebitamento ed alla inderogabile rinegoziazione e ristrutturazione del debito, dovrà assicurare la riacquisizione di soddisfacenti equilibri patrimoniali ed economico-finanziari. Poiché il personale e la sua gestione rappresentano l’elemento della produzione più importante in un Teatro lirico-sinfonico, la disposizione prescrive peraltro che i piani di risanamento siano corredati, tra gli altri atti, dall’accordo raggiunto con le associazioni sindacali maggiormente rappresentative in ordine ai punti del piano di risanamento.

L’impiego di consistenti risorse finanziarie da parte dello Stato per invertire la crisi delle Fondazioni lirico-sinfoniche postula che l’azione di risanamento sia coordinata da una figura idonea a rappresentare a livello centrale le istanze e le esigenze di tutti i Teatri interessati; il Governo ritiene pertanto necessaria la figura di un Commissario straordinario, deputato ad analizzare i piani, a sovrintendere alla loro attuazione, ad esigere eventuali integrazioni e modifiche, facendo rispettare le scadenze concordate.

L’istituzione di un Fondo di 75.000.000 euro per l’anno 2014, a carattere rotativo, e per la durata massima di 30 anni, costituisce, a fronte della crisi economica e patrimoniale dei Teatri, una congrua misura di intervento atta a conferire al settore quell’iniezione di capitale evidentemente non apportata con la privatizzazione degli enti di cui al decreto legislativo n. 367 del 1996 già citato. In proposito, il Presidente relatore prospetta peraltro l’opportunità di introdurre qualche criterio aggiuntivo per la destinazione dei fondi in questione.

La strategia generale del provvedimento, tendente al risanamento nel medio e lungo termine delle fondazioni in stato di crisi, non può prescindere dalla tempestiva valutazione delle urgenti esigenze degli enti che non possano fare fronte ai debiti certi ed esigibili da parte dei terzi; infatti la norma prevede utilmente che nelle more del perfezionamento del piano di risanamento, già nell’anno 2013 una quota fino a 24.000.000 euro possa essere anticipata dal Ministero su indicazione del Commissario straordinario a favore delle fondazioni che versano in una situazione di carenza di liquidità tale da pregiudicare la gestione anche ordinaria della Fondazione. In relazione alla già menzionata e principale causa di dissesto dei Teatri d’Opera viene contestualmente previsto l’immediato avvio delle procedure per la riduzione della dotazione organica del personale tecnico e amministrativo.

Nei confronti degli enti che non abbiano avviato la negoziazione per la ristrutturazione del debito è prevista la sanzione della liquidazione coatta amministrativa, unitamente al recupero delle anticipazioni finanziarie concesse.

Quanto alla destinazione del personale in esubero, non è possibile, allo stato degli atti, determinare l’entità esatta del costo aziendale di cui la fondazione sarebbe liberata con i piani di risanamento, atteso che la riduzione di personale è elastica («fino al 50 per cento»). Oltre l’applicazione dell’articolo 72, comma 11, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, in tema di collocamento a riposo del personale prossimo al raggiungimento dell’età pensionabile, è previsto peraltro che in caso di ulteriori eccedenze bil personale sia trasferito alla Società Ales S.p.A., nell’ambito delle vacanze in organico e nei limiti delle facoltà assunzionali di tale società. Al riguardo, il Presidente relatore sollecita tuttavia una riflessione sul personale di detta società, che potrebbe essere utilmente impiegato per ridurre le carenze di organico del Ministero, con particolare riferimento alle strutture periferiche. Nel corso dell’esame del provvedimento, potrà dunque essere preso in considerazione un atto di indirizzo al Governo che lo impegni in questo senso, prevedendo altresì una relazione periodica alle Camere sulle utilizzazioni di detto personale.

L’articolo 11 intende inoltre fronteggiare alcune problematiche emerse in tema di governance delle fondazioni lirico-sinfoniche, cercando di stabilire con urgenza forme più appropriate di controllo degli atti di gestione e di verifica della sostenibilità economico-finanziaria di determinate spese. Nello specifico, gli statuti dovranno essere adeguati, entro il 31 dicembre 2013, prevedendo una struttura organizzativa con una serie prestabilita di organi (presidente, organo di indirizzo, organo di gestione, organo di validazione degli atti adottati dall’organo di gestione, organo di controllo ed eventualmente un’assemblea).

Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo spetta la nomina di un nuovo organo (monocratico), che avrà la funzione di validare gli atti adottati dall’organo di gestione, mentre al Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, quella dell’organo di controllo, che risulterà composto da tre membri (un magistrato della Corte dei conti e uno espressione di ciascun Ministero).

Si prevede la partecipazione dei soci fondatori privati in proporzione agli apporti finanziari alla gestione o al patrimonio della fondazione, che devono essere non inferiori al tre per cento.

Al fine di rendere più chiara e trasparente la gestione patrimoniale vengono individuati due fondi: uno indisponibile di dotazione (vincolato al perseguimento delle finalità statutarie), e un altro destinato alle spese correnti di gestione dell’ente. Con riguardo al primo, il Presidente relatore osserva peraltro che si potrebbe approfondire la possibilità del passaggio di proprietà dei teatri in capo alle Fondazioni.

Quanto alla presidenza degli enti, oggi fondazioni di diritto privato, essa è assunta storicamente dai Sindaci dei comuni che, nell’ospitare i teatri, forniscono nella quasi totalità dei casi l’uso della sede principale e gli spazi necessari all’attività. Tuttavia, tale collegamento non sempre corrisponde all’esigenza di snellezza della governance. Il Governo ritiene quindi opportuno, con l’eccezione della plurisecolare Accademia Nazionale di S. Cecilia, prevedere che il Sindaco possa nominare in persona diversa da sé il presidente della rispettiva fondazione lirica.

Nell’ottica di ottenere un miglior coordinamento fra la realizzazione dei programmi delle diverse fondazioni, viene poi creata una Conferenza degli organi di gestione, presieduta dal Direttore generale competente, che può convocarla anche per gruppi individuati per zone geografiche o specifici progetti comuni.

Il comma 19 contiene una norma interpretativa in merito alla trasformazione dei contratti di lavori a tempo determinato in tempo indeterminato, ribadendo che tale trasformazione non si applica in ogni caso alle fondazioni lirico sinfoniche.

I commi 20 e 21 individuano invece nuovi e più stringenti criteri per la destinazione della quota annuale del FUS spettante alle fondazioni lirico-sinfoniche: il 50 per cento è legato ad alcuni indicatori di rilevamento dei costi di produzione connessi a programmi di attività realizzati da ciascuna fondazione nell’anno precedente quello cui si riferisce la ripartizione, il 25 per cento dipende dalla capacità di attrarre risorse e dai risultati della gestione e il restante 25 per cento dalla qualità artistica dei programmi.

Il Presidente relatore rammenta infine che le Fondazioni lirico-sinfoniche, secondo la più recente giurisprudenza, sono enti di diritto privato, ma spetta loro un trattamento di diritto pubblico e rileva che l’articolo 11 potrebbe essere la sede idonea per chiarire una volta per tutte che i predetti enti non sono soggetti al pagamento dell’IRAP sul FUS.

Il Capo III detta infine disposizioni urgenti per assicurare efficienti risorse al sistema dei beni e delle attività culturali. In particolare, l’articolo 12 intende agevolare la diffusione di donazioni di modico valore in favore della cultura e porre fine alle attuali farraginosità nella raccolta e nella finalizzazione agli interventi per i beni culturali di uno degli strumenti più virtuosi creati negli ultimi decenni, ovvero le cosiddette «erogazioni liberali».

La norma è dunque volta a facilitare la raccolta presso il pubblico di erogazioni liberali, anche di modico valore, da destinare a interventi di tutela dei beni culturali o paesaggistici. Attualmente, questa finalità può essere perseguita solo mediante versamento delle somme in conto entrata dello Stato e loro successiva riassegnazione allo stato di previsione della spesa del Ministero. È, tuttavia, da rilevare come, nel caso delle donazioni di scopo per interventi di tutela del patrimonio culturale, il rispetto delle suddette rigorose regole contabili presenti diverse rilevanti criticità.

In primo luogo, il meccanismo procedurale descritto determina il decorso di un notevole lasso di tempo tra il momento del versamento del contributo da parte del privato finanziatore e quello della disponibilità delle somme da parte dell’istituto destinatario.

In secondo luogo, esso causa un notevole aggravio amministrativo, poiché comporta il coinvolgimento di numerose articolazioni centrali e periferiche del Ministero e della Ragioneria generale dello Stato e, inoltre, implica la necessità di individuare, per ogni singolo versamento, in base alla relativa causale, l’istituto cui la somma deve essere riaccreditata.

Infine – e soprattutto – la procedura non è, di fatto, percorribile per le donazioni di modico valore, in quanto non è ipotizzabile che il privato cittadino che intenda versare un importo modesto si rechi presso la Sezione di tesoreria provinciale dello Stato per provvedervi. Ne deriva, quindi, la rinuncia a potenziali fonti di entrata.

L’attuale previsione normativa dell’obbligatorio ricorso al complesso meccanismo della riassegnazione viene normalmente giustificata sulla base della ritenuta necessità di non derogare al principio di unicità del bilancio dello Stato, in ragione del quale sono, in linea di principio, vietate le gestioni contabili fuori bilancio. Tuttavia, osserva il Presidente relatore, nel caso di specie l’ossequio al principio in argomento appare un inutile formalismo, posto che è indubbio che le donazioni di scopo non possono che essere integralmente riassegnate per il perseguimento di quello specifico fine per cui sono state erogate. D’altra parte, la necessità per la Ragioneria generale dello Stato di avere esatta contezza della consistenza di tali erogazioni può ben essere soddisfatta con altre, meno gravose, modalità.

Opportunamente, la proposta normativa prevede, quindi, criteri semplificati per la definizione di nuove modalità di acquisizione delle donazioni di modico valore, fino all’importo di cinquemila euro, destinate ai beni ed alle attività culturali.

L’articolo 13 ripristina gli organismi collegiali operanti presso il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, che rischiano la definitiva soppressione a seguito del decreto-legge n. 112 del 2008 e della spending review.

Senza l’articolo 13, l’intera compagine degli organismi collegiali operanti presso il Ministero, fra cui il Consiglio superiore per i beni culturali e paesaggistici e i Comitati tecnico-scientifici, verrebbe infatti a cessare, con conseguente vera e propria paralisi dell’attività del Ministero, non più in grado di svolgere in molteplici settori le competenze ad esso assegnate dalle leggi in vigore. In proposito si esprime pertanto un convinto giudizio positivo.

Gli articoli 14 e 15 del provvedimento sono relativi alle coperture finanziarie.

Nel ribadire l’estremo favore nei confronti del provvedimento in esame, il Presidente relatore rileva infine una serie di questioni, che potrebbe essere opportuno discutere nell’ambito del provvedimento con l’auspicio di una loro pronta soluzione. Ad esempio, potrebbero essere introdotte norme di valorizzazione dei siti Unesco, di riordino degli enti vigilati dal Ministero, di semplificazione della concessione dei contributi agli istituti culturali, di snellimento della gestione delle sale cinematografiche (come l’abolizione del patentino per le proiezioni) e l’esclusione delle ispezioni dai divieti di missione. A tale ultimo riguardo occorrerebbe tuttavia approntare idonea copertura finanziaria.

2 ottobre Crisi di Governo

Il 2 ottobre il Presidente del Consiglio ottiene la fiducia al Senato, con 235 voti favorevoli e 70 contrari, ed alla Camera dei Deputati, con 435 voti favorevoli e 162 contrari.

Comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri e conseguente discussione

(Senato, 2.10.13) LETTA, presidente del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, onorevoli senatori, nella vita delle Nazioni l’errore di non saper cogliere l’attimo può essere irreparabile. Sono le parole di Luigi Einaudi quelle che richiamo qui oggi: le richiamo qui in Parlamento, davanti al Paese, davanti a tutti voi, per venire subito al cuore della questione. L’Italia corre un rischio che potrebbe essere fatale, irrimediabile. Sventare questo rischio, cogliere o non cogliere l’attimo, dipende da noi, dipende dalle scelte che assumeremo in quest’Aula, dipende da un sì o da un no.
C’è un monito, un monito più recente, ugualmente solenne, che voglio qui ricordare. Poco più di cinque mesi fa il Presidente, cui va una volta ancora la mia, la nostra, profonda gratitudine, per quanto ha fatto e sta facendo per l’Italia, il presidente Giorgio Napolitano… (Prolungati applausi dai Gruppi PD, SCPI e Aut (SVP, UV, PATT, UPT)-PSI-MAIE e di alcuni senatori dei Gruppi PdL e GAL. I senatori dei Gruppi PD, SCPI e Aut (SVP, UV, PATT, UPT)-PSI-MAIE si alzano in piedi) …invitava le Camere riunite ad offrire una testimonianza di consapevolezza e di coesione nazionale, di volontà di dare risposte vere ai problemi del Paese. Invitava tutti coloro che lo avevano appena eletto una seconda volta alla Presidenza della Repubblica – fatto unico nella nostra storia – a uno scatto di dignità, di attaccamento alle istituzioni, di amore per l’Italia.
Quel monito fu accolto, anche allora, da un appassionato plauso della maggioranza dei presenti di queste Aule. Quel monito ha avuto come seguito nei mesi successivi l’impegno, con tutte le forze e la massima determinazione possibile, del Governo per costruire soluzioni tangibili ai problemi veri delle persone, per provare ad alimentare una rinnovata fiducia nella politica, nella sua capacità di riformare l’Italia e anche, problema più serio, di riformare se stessa, per restituire al mondo l’immagine di un Paese giovane, dinamico, affidabile.
I componenti del Governo hanno dato prova di lealtà. Tutti, pur consapevoli dello spazio ristretto nel quale ci si muoveva, si sono adoperati in Consiglio dei ministri e nell’attività da Ministri per costruire insieme politiche efficaci, senza certo rinunciare alla propria identità politica o ai propri convincimenti di parte, ma lavorando tutti con vero spirito costruttivo. Abbiamo fatto passi avanti, impensabili anche solo fino a pochi mesi fa, nella comprensione reciproca. Ci siamo confrontati su un orizzonte più alto, più nobile, quello dell’interesse generale degli italiani. E gli italiani, nella stragrande maggioranza, ci dicono, mi verrebbe da dire ci urlano, che non possono più delle messe in scena da «sangue e arena» e del «si scannano su tutto, ma poi non cambia niente». Cambia se vogliamo che cambi. Cambia se ci predisponiamo noi per primi al coraggio. Cambia se siamo solidi al punto da non temere che l’incontro con l’avversario sporchi o inquini la nostra reputazione: solo chi ha un’identità debole teme il confronto con le ragioni altrui. (Applausi dai Gruppi PD, SCPI, GAL e Aut (SVP, UV, PATT, UPT)-PSI-MAIE).
Io stesso, lavorando gomito a gomito con i Ministri, con i parlamentari che militano in altri partiti rispetto quello nel quale milito io, sono in grado oggi di apprezzare e di testimoniare la passione che alberga in tutti i settori della politica italiana, settori che non sono il mio, settori che hanno dato esempio di vitalità complessiva del sistema, ai quali voglio quindi rendere testimonianza e che, voglio sottolineare, rappresentano uno dei punti nevralgici della discussione che stiamo svolgendo. Solo chi non ha le spalle larghe finisce ostaggio della paura del dialogo, perfino quando il dialogo è virtuoso e volto solo e soltanto al bene comune.
La prima sede deputata al confronto sono certamente le istituzioni. Per questo in ogni atto del Governo, in ogni iniziativa, nazionale e internazionale, in ogni passaggio, anche delicato o doloroso, ho doverosamente coinvolto il Senato della Repubblica e la Camera dei deputati. Personalmente, con oggi, ho risposto dell’operato del Governo, io stesso, in Parlamento, 15 volte in poco più di 150 giorni. Ho ripristinato lo strumento del question time alla Camera dopo anni e anni di assenza; l’ho introdotto per la prima volta in quest’Aula al Senato. Perché questo è il luogo della sovranità popolare. Perché il rispetto e l’amore per le istituzioni sono intrinseci alla cultura, alla mia cultura, e costitutivi della mia storia personale e politica. Perché il Governo che guido è nato in Parlamento, e, se deve morire, deve farlo qui: in Parlamento, appunto, alla luce del sole, di fronte a tutti gli italiani.
Questa trasparenza, con la linearità dell’azione politica ad essa sottesa, è il modo migliore per affrontare anche le più complesse e apparentemente inestricabili commistioni tra questioni diverse e in conflitto tra di loro. È il caso – non intendo certamente girarci attorno – della vicenda giudiziaria che investe Silvio Berlusconi. La vita del Governo e la decisione della Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari del Senato sulla sua decadenza da senatore si sono sovrapposte in queste settimane in un crescendo di convulsioni che ha sempre più condizionato il dibattito pubblico. Un crescendo culminato mercoledì scorso nell’annuncio delle dimissioni da parte dei parlamentari del PdL, giunto proprio mentre intervenivo, a nome di tutta l’Italia, davanti all’Assemblea generale delle Nazioni Unite.
Ebbene, esattamente una settimana fa si è creata una situazione insostenibile che mi ha portato qui oggi a tracciare davanti a voi la separazione tra quella questione giudiziaria e l’attività di un Esecutivo che è nato per servire l’Italia. I due piani non potevano né possono essere sovrapposti. (Applausi dai Gruppi PD e SCpI. Applausi ironici del senatore Bondi).
BONDI (PdL). Bravo! Bravo!
LETTA, presidente del Consiglio dei ministri. La nostra Repubblica democratica si fonda sullo Stato di diritto, sul principio di legalità, sulla separazione dei poteri. In uno Stato democratico le sentenze si rispettano, si applicano…
BONDI (PdL). Vergognatevi! Vergognatevi! (Commenti dai Gruppi PD e SCpI).
LETTA, presidente del Consiglio dei ministri. …fermo restando il diritto intangibile a una difesa efficace, senza leggi o trattamenti né ad personam, né contra personam. Un diritto che va riconosciuto e concesso a un parlamentare come a qualsiasi altro cittadino italiano.
Onorevoli senatori, il Governo, questo Governo in particolare, può continuare a vivere e a fare bene solo se è convincente nella definizione del programma e nella sua attuazione, in un vero e proprio nuovo patto, giorno dopo giorno, con la prospettiva sempre focalizzata sui problemi veri delle persone, delle famiglie, delle imprese, della nostra comunità. Tutto il resto (le minacce quotidiane, le polemiche tossiche agitate strumentalmente) ingenera caos, disagio, smarrimento nei cittadini; di certo nulla di buono e sano porta alla gestione della cosa pubblica, tanto più in una stagione di gravissima complessità quale quella che stiamo vivendo.
Più e più volte in questi mesi mi avete ascoltato tessere in Italia e all’estero l’elogio della stabilità: stabilità intesa come valore assoluto, da perseguire e alimentare ora dopo ora, stabilità messa così clamorosamente a repentaglio.
Non è sempre stato così nella storia italiana. Nella primissima fase della Repubblica, dal 1946 al 1968, abbiamo avuto una stabilità politica impensabile oggi. In quegli anni, dal ’46 al ’68, tre Presidenti del Consiglio hanno governato la maggior parte di quel tempo. I benefici della stabilità di allora li conoscono tutti gli italiani; hanno avuto conseguenze: la ricostruzione dalle macerie della guerra, il boom economico, una crescita media del 5 per cento l’anno, un debito pubblico che a quel tempo era ben al di sotto del 50 per cento del PIL. Poi, tra il 1968 e il 1992 si sono succeduti ben 24 Governi; la crescita è rallentata, il consenso elettorale è stato acquisito allargando i cordoni della borsa dello Stato, facendo più che raddoppiare il debito pubblico. La fase successiva, quella attuale, avrebbe dovuto essere la stagione della democrazia compiuta e governante. Non lo è stata, ahinoi!
Dal 1992 ad oggi si sono avvicendati addirittura 14 Governi. Per un impietoso confronto, in Germania ci sono stati solo tre Cancellieri nello stesso periodo. Noi 14, loro tre in tutto! Un altro spread, a ben vedere; un altro spread che pesa eccome nel confronto con le grandi democrazie europee.
È evidente a chiunque che le politiche per la crescita, che necessitano di un lungo respiro perché chi le attua possa goderne frutti, sono possibili solo con una prospettiva temporale ragionevole e con Governi stabili. Nel breve orizzonte manca il coraggio perché ai primi costi – e le riforme sono costose, oltre che spesso dolorose in termini di consenso – il Governo viene mandato acasa. Avanti il prossimo e poi il prossimo ancora, oppure tutti alle urne.
Questa è una delle ragioni – non certo l’unica – che spiega la mancanza di crescita e l’impennata del debito pubblico. Dietro, a ben vedere, c’è un’altra grande mancanza, quella della politica: c’è l’assenza di scelte forti, c’è l’ossessione del presente, del consenso a tutti i costi, qui e subito.
Oggi rischiamo di trovarci in una situazione analoga. Non sono le forze dell’opposizione, che legittimamente si oppongono a un Esecutivo che non condividono: sono le forze della maggioranza a trovarsi in una fibrillazione che potrebbe precipitare la crisi. E una crisi significherebbe, di nuovo, contrarre ancora gli orizzonti, posticipare ancora le misure a favore di imprese, lavoratori, disoccupati (disoccupati giovani e non) che aspettano solo di essere aiutati per uscire dalla crisi. Significherebbe di nuovo sedere sul banco degli imputati in Europa e nel mondo: l’Italia incorreggibile, l’Italia che non impara mai dai propri errori, l’eterna incompiuta che manda nel panico i mercati e scatena la preoccupazione.
Questo significherebbe, anche, oggi, rinunciare alla riforma indispensabile della politica e delle istituzioni. Riforma cui tutte le forze di maggioranza si sono solennemente impegnate ad aprile: mai più porcellum, mai più finanziamento pubblico ai partiti, mai più storture del bicameralismo paritario. Oggi, in poco tempo, possiamo riformare davvero la politica: i provvedimenti varati dal Governo in questi mesi sono ora all’esame del Parlamento. Se rapidamente discussi e approvati, possono costituire davvero una svolta nel rapporto con una pubblica opinione che, dobbiamo esserne tutti consapevoli, non dà più credito alle promesse, non attende più. Il tempo d’attesa è scaduto.
In caso di crisi rischiamo invece di scivolare verso elezioni che potranno portare portare a un raggiustamento nelle percentuali tra un partito e l’altro, si ma che – lo sappiamo – rischierebbero di consegnare per l’ennesima volta il Paese all’ingovernabilità. Probabilmente, ci troveremmo ancora, dopo le elezioni, per uscirne, le larghe intese, perché con questa legge elettorale, con questo assetto bicamerale, con questo sistema politico frazionato in quattro o cinque coalizioni, le prossime elezioni rischierebbero di non produrre una chiara maggioranza.
Sulle riforme oggi la direzione è tracciata. In questi cinque mesi, in anticipo sul cronoprogramma che ci eravamo imposti e che avevamo deciso insieme in Parlamento, il Comitato dei saggi ha completato un impianto di riforma delle istituzioni ambizioso e moderno, equilibrato. Nessun stravolgimento, nessun golpe, nessun attentato ai principi fondamentali della Carta costituzionale: indicazioni di rotta per cambiare in meglio e rendere finalmente funzionante la democrazia italiana.
D’altronde, come si fa a difendere il bicameralismo paritario? Come si fa a non ridurre il numero dei parlamentari? Come si fa a non vedere gli intralci e le storture generate dalla riforma del Titolo V del 2001? Oggi siamo, come dicevo, nelle condizioni di chiudere in anticipo, rispetto alle previsioni iniziali, e di completare, dunque, il percorso di riforma in 12 mesi da oggi. Questa volta ce la possiamo fare; possiamo costruire istituzioni funzionanti e, prima di ogni altra cosa, scrivere, come sta avvenendo qui in Senato, in Commissione affari costituzionali (è materia tipicamente parlamentare e il Governo è rispettoso dell’iniziativa del Parlamento), una legge elettorale in grado di restituire il diritto di scelta ai cittadini, di consegnare al Paese vincitori e sconfitti, di mettere chi vince nelle condizioni di governare davvero, fuori dalle polemiche per il bene dei cittadini e con il coinvolgimento di tutte le forze politiche dentro e fuori la maggioranza.
Il Governo, dunque, intende sostenere e accompagnare attivamente il percorso parlamentare (che oggi, con la procedura di urgenza in atto qui al Senato, è un procedimento concreto) di modifica dell’attuale legge elettorale sia in previsione di una possibile pronuncia della Corte costituzionale sia per evitare comunque il rischio che il Paese possa tornare al voto con l’attuale legge, che toglie ai cittadini il diritto di scegliersi gli eletti e che porta maggioranze diverse, come capita questa volta, nelle due Camere.
Un percorso di modifiche che non è in contrasto con la consapevolezza che la legge elettorale andrà poi rivista in base alle scelte di modifica costituzionali in materia di forme di Governo e bicameralismo.
Onorevoli senatori, che ce la possiamo fare l’ho detto e ridetto all’infinito a tutti coloro che ho incontrato nelle ultime settimane. Vale per la riforma delle istituzioni, vale a maggior ragione per l’economia e la società. Dopo otto trimestri di contrazione, l’economia italiana si è stabilizzata e avviata verso una graduale ripresa. Abbiamo alle spalle un incubo, abbiamo alle spalle un periodo di recessione senza precedenti dalla Seconda guerra mondiale; una recessione che segue il decennio perduto. Con la crisi l’Italia ha perso più di otto punti percentuali di PIL, l’Italia ha perso oltre un milione di posti di lavoro; un cataclisma nell’economia, nella società, che porta e ha portato preoccupazione, disagio, disperazione nelle famiglie italiane.
È a loro, prima che a chiunque altro, che dobbiamo rendere conto delle nostre azioni; è su di loro che le conseguenze del voto di oggi potrebbero causare danni irreparabili. Per evitarlo, subito, tra pochi giorni, abbiamo l’occasione di fare una nuova politica economica e industriale che si concentri su tre grandi priorità: il rafforzamento della ripresa in atto, il taglio consistente delle tasse sul lavoro e sui lavoratori, un intervento drastico sui fattori che limitano la competitività dell’economia.
Dal suo insediamento il Governo ha investito oltre 12 miliardi di euro, quattro dei quali sul lavoro, la cassa integrazione, gli ammortizzatori sociali e la lotta alla povertà. Lo ha fatto in costante e proficuo dialogo con il sindacato e con tutte le parti sociali, ed è stata una buona notizia il documento comune sulla crescita presentato un mese fa da imprenditori e sindacati, documento sul quale siamo pronti oggi al confronto.
Il nostro obiettivo, dichiarato da tempo, è un aumento del PIL pari all’1 per cento per il 2014 e superiore negli anni successivi. La legge di stabilità è l’occasione per raggiungere questi obiettivi e dimostrare al Paese che il cambiamento è in atto. Questo non significa naturalmente che abbiamo intenzione di arretrare di un millimetro nel processo di risanamento della finanza pubblica, anche perché ogni allentamento delle politiche si riflette pesantemente sui costi di finanziamento del nostro debito.
Il risanamento ci ha consentito, grazie ai sacrifici di tutti gli italiani e all’azione degli Esecutivi precedenti e di questo Governo, di uscire a fine giugno dalla procedura di infrazione per deficit eccessivo dell’Unione europea; ci ha permesso finalmente di non essere più sotto esame. Per questo vogliamo e possiamo confermare, con la serietà che ci è richiesta e di cui certo disponiamo, che rispetteremo gli impegni con l’Europa per il 2014: l’indebitamento nominale deve restare e resterà entro la soglia del 3 per cento; l’indebitamento strutturale deve tendere e tenderà rapidamente verso il pareggio; il peso del debito deve ridursi e si ridurrà. Nell’immediato il Governo adotterà le misure necessarie per ricondurre l’indebitamento del 2013 entro il 3 per cento.
In questi cinque mesi, onorevoli senatori, abbiamo sostenuto l’economia in primo luogo attraverso la forte accelerazione impressa al pagamento dei debiti della pubblica amministrazione verso le imprese; un percorso iniziato durante il Governo Monti, che ci eravamo impegnati a velocizzare. L’abbiamo fatto e documentato settimana dopo settimana; a oggi, 2 ottobre, alle imprese sono arrivati 12 miliardi di euro, con un’accelerazione di settimana in settimana. Completeremo il tutto nel 2014, e anche in questo caso non c’è certo bisogno di ricordare che l’eventualità di un Governo debole rallenterebbe o addirittura impedirebbe di portare a compimento il pagamento. Interverremo poi per ridurre i costi delle bollette elettriche e rilanceremo politiche industriali di settore; continueremo interventi specifici a favore delle piccole e medie imprese, cuore del nostro sistema economico e imprenditoriale.
In questi mesi, abbiamo inoltre varato leggi a sostegno dell’edilizia ecocompatibile, del mobile-arredo, dell’efficienza energetica, delle infrastrutture e iniziative per migliorare la qualità della spesa pubblica e dare sostegno alla domanda interna. Queste azioni proseguiranno nell’ultimo trimestre dell’anno e nel 2014.
Non intendo certo qui stilarne la lista: è troppo lunga, ma siamo stati tutt’altro che il Governo del rinvio. Lo dico perché voglio far presente che proprio oggi «Il Sole 24 Ore» ha un inserto tutto dedicato al tema dei lavori per la casa, per le infrastrutture, per gli interventi ecocompatibili, antisismici, per il contrasto d’interessi, che renda possibile che quando si chiede una fattura vi sia da una parte l’interesse ad ottenerla e dall’altra parte l’interesse di chi svolge una funzione effettivamente a farla e a fare tutto alla luce del sole.
È la dimostrazione, qui, che chi parla di Governo del rinvio mente, è la dimostrazione, qui, dei fatti concreti che in questi cinque mesi sono stati messi in campo per rilanciare l’economia, i posti di lavoro e le attività del nostro Paese. (Applausi dai Gruppi PD, SCpI e Aut (SVP, UV, PATT, UPT)-PSI-MAIE e del senatore Naccarato)
A chi parla di Governi del rinvio invito a chiedere ai beneficiari delle centinaia di misure messe in cantiere da aprile in poi se condividono o meno questa percezione: ai precari della pubblica amministrazione, alle donne vittime di soprusi, agli esodati per licenziamento individuale, ai cassaintegrati, agli insegnanti di sostegno, agli assegnatari delle borse di studio, agli operatori della cultura, ai lavoratori delle fondazioni liriche, a chi sta ristrutturando casa, a quanti ieri stesso in tre ore hanno fatto un clic – (5.500 posti di lavoro nuovi che si sono creati per i giovani), ai piccoli imprenditori beneficiari della nuova legge Sabatini, ai ragazzi che fino a ieri erano figli legittimi, naturali, adottivi e oggi sono figli, figli e basta. (Applausi dai Gruppi PD, SCpI, Aut (SVP, UV, PATT, UPT)-PSI-MAIE e Misto). E potrei continuare.
Invece che di rinvii, parliamo di serietà: serietà perché i problemi li abbiamo affrontati in questi mesi, con soluzioni immediate quando è stato possibile. Penso ancora alla cassa integrazione, alla riforma per rendere più rapida la giustizia civile, al piano casa per le giovani coppie e per i precari, alla legge contro il femminicidio, al diritto allo studio, alla cultura, all’edilizia scolastica che è ripartita, allo sblocco dei cantieri, ai primi interventi di lotta alla povertà, agli ecobonus, alla defiscalizzazione di tanto lavoro per i giovani.
Quando invece le soluzioni immediate non sono state oggettivamente percorribili, abbiamo scelto la via della costruzione paziente di riforme destinate a durare, certo oltre il nostro stesso mandato. È una scelta che rivendico, sì, è una scelta di serietà.
Questo stesso metodo ci guiderà nel prossimo futuro: selettività, attenzione, cura per la cosa pubblica senza alcuna ansia dettata dalle pressioni del dibattito pubblico. La legge di stabilità estenderà il campo d’azione degli interventi per la crescita, sposterà l’enfasi della politica di bilancio verso la riduzione della spesa e verso la riduzione delle tasse, in linea con quanto abbiamo fatto finora, confermando anche in materia fiscale e di fisco per la casa la rotta degli impegni assunti.
Proprio perché non vogliamo nuove tasse, intendiamo mettere il livello complessivo della spesa pubblica al centro dell’impostazione dell’azione di bilancio per il 2014. Al contenimento della spesa pubblica contribuirà il processo di revisione delle strutture pubbliche e delle loro procedure. Vorrei che questo passaggio fosse chiaro a tutti noi: non esistono tagli di spesa facili, a meno che non s’intenda, ma sono certo che nessuno in quest’Aula lo voglia, procedere a colpi di tagli lineari. La revisione va dunque fatta con accortezza, attenzione, competenza.
Se otterremo la fiducia chiederemo al dottor Carlo Cottarelli di assumere il ruolo di commissario per la spending review.
Crediamo sia possibile fare un’efficace azione di revisione della spesa nella pubblica amministrazione, assicurandone le funzioni fondamentali e tutelando le fasce più deboli della popolazione.
E d’altronde – lo voglio dire rivendicandone tutta la forza – in questo 2013 abbiamo realizzato finora 1.700 milioni di euro di riduzione della spesa pubblica. Cifre, fatti, non annunci.
In questi cinque mesi, onorevoli senatori, ho rappresentato l’Italia in quattro vertici internazionali (due Consigli europei, un G8 e G20). Ben tre di essi, tre su quattro, hanno avuto al centro la battaglia contro i paradisi fiscali nel mondo. Il nostro contributo è stato importante per l’assunzione di decisioni ormai vincolanti: il cerchio si sta stringendo attorno ai Paesi e alle banche che hanno consentito in questi anni l’esportazione illegale di capitali finanziari sottratti all’erario, dunque alla collettività.
Il tempo dei capitali esportati illegalmente all’estero sta dunque finendo. E’ in corso una svolta storica nel mondo che dobbiamo cogliere, affinché vinca la legalità e l’Italia possa riappropriarsi di risorse che consentiranno, già a partire dal prossimo esercizio finanziario, di far scendere il deficit e centrare il nostro obiettivo principale: abbassare le tasse a vantaggio dei cittadini onesti.
Chiederò per questo al procuratore Francesco Greco di riaggiornare rapidamente le conclusioni del lavoro svolto l’anno scorso, per consentirci di avviare un piano articolato sul tema della legalità e dei capitali all’estero.
La delega fiscale darà poi stabilità e certezza al regime impositivo, contribuirà a rendere più sistematica la lotta all’evasione e a migliorare i rapporti tra fisco e contribuenti, oltre che a consentire una revisione periodica dell’entità complessiva e delle motivazioni delle agevolazioni fiscali.
Vogliamo procedere ad una revisione della struttura delle aliquote dell’IVA, e anche l’introduzione della service tax permetterà di accrescere la responsabilità fiscale dei Comuni, secondo un principio molto elementare di “vedo-pago-voto”.
Voglio peraltro porre in rilievo – e voglio insistere su questo punto al di là di tutte le cose dette, spesso a partire da informazioni sbagliate, in questi mesi e in questi ultimi giorni in particolare – che questi cinque mesi di Governo hanno già determinato un primo significativo sollievo fiscale per gli italiani.
A chi ancora oggi fa polemiche sul tema del fisco ricordo che grazie al nostro Governo gli italiani hanno pagato, in questi cinque mesi, meno tasse rispetto al previsto per oltre 3 miliardi di euro, e anche questi sono fatti, non sono rinvii. Con la legge di stabilità e i provvedimenti collegati punteremo, come ho detto, ad una riduzione del carico fiscale sul costo del lavoro in entrambe le componenti: quella a carico del datore di lavoro e quella a carico del lavoratore.
Dunque (lo scandisco bene): più soldi in busta paga per il dipendente, più margini di competitività per le imprese, riattivazione della domanda interna. (Applausi dai Gruppi PD, SCpI e AUT (SVP, UV, PATT, UPT)-PSI-MAIE)). Più incentivi all’assunzione dei lavoratori a tempo indeterminato. E poi: sgravi fiscali per le start up innovative; rafforzamento dell’ACE (l’Aiuto per la crescita economica, messo in campo dal Governo Monti), così da incentivare la patrimonializzazione delle imprese e gli investimenti; avvio di un importante programma di dismissioni immobiliari e privatizzazioni e razionalizzazione delle società controllate, statali e locali. Nessuna svendita, ma fondamentali immissioni di nuovi capitali per essere più competitivi ed evitare quelle delocalizzazioni che soprattutto nelle Regioni del Nord, con le vicine e competitive aree della Slovenia, dell’Austria e della Svizzera, rendono complesso il lavoro delle nostre piccole e medie imprese.
L’azione congiunturale e le riforme strutturali devono essere collegate strettamente, dobbiamo completare gli interventi già avviati nei campi della giustizia civile, della regolamentazione e della riforma della pubblica amministrazione. Su questa traccia muove il piano Destinazione Italia, presentato personalmente alla comunità finanziaria mondiale la scorsa settimana.
Si tratta di un pacchetto di certezze con tre priorità assolute: assicurare agli investitori stranieri e ai nostri imprenditori la certezza del fisco, essenziale per la pianificazione degli investimenti; la certezza dei tempi, appunto con la riforma della giustizia civile; la certezza delle regole, per esempio con la riforma della Conferenza dei servizi e con un testo unico sulla normativa del lavoro.
Più in generale, proprio in tema di regole, sulla giustizia il nostro lavoro potrà basarsi sulle importanti indicazioni contenute nella relazione conclusiva del gruppo di lavoro nominato dal presidente Napolitano il 30 marzo 2013.
In questo quadro di opportune e urgenti riforme si collocano sia l’adempimento degli obblighi europei (a cominciare dal rispetto delle decisioni della Corte di giustizia dell’Unione europea) sia la necessità di ulteriori misure per affrontare la questione carceraria, oggetto di un annunciato messaggio del Capo dello Stato alle Camere e di un suo appassionato discorso nell’ultima visita al carcere napoletano di Poggioreale.
Tornando al piano di attrazione degli investimenti «Destinazione Italia», abbiamo iniziato a costruirlo fin d’ora perché il momento in cui il mondo farà rotta sull’Italia è dietro l’angolo. EXPO 2015 è dietro l’angolo, guai a considerarlo soltanto un evento: è la scossa di fiducia con cui ci scrolleremo di dosso una volta per tutte quella cappa di autolesionismo e minimalismo che troppo spesso ha accolto le nostre paure. È un’occasione per tutta l’Italia ed è, in particolare, una grande sfida per il Nord e per le aree più produttive del Paese.
Il tema dell’EXPO «Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita» è straordinario, scritto proprio pensando a noi italiani, alla forza dell’ambiente, dell’agricoltura, dell’enogastronomia italiana, che anche nella crisi hanno trascinato il made in Italy nel mondo. Insieme possiamo nutrire l’Italia che fa crescere ogni giorno la ripresa.
In parallelo, occorre portare a compimento l’assetto del decentramento fiscale e completare gli atti, rimasti ancora in sospeso, che riguardano il federalismo fiscale. Le linee guida del Governo sono l’equilibrio di bilanci, la responsabilità fiscale, la semplificazione. Occorre muovere verso un vincolo di bilancio pienamente coerente con la riforma costituzionale, prima di tutto costruendo un Patto di stabilità interno più intelligente, strategico, industriale e non solo contabile, capace di stimolare gli investimenti anziché bloccarli sia con l’obiettivo di creare lavoro in questa fase di crisi sia perché, senza investimenti, non esistono innovazione, riforme e crescita. (Applausi dai Gruppi PD, ScpI e Aut (SVP, UV, PATT, UPT)-PSI-MAIE).
Lo faremo nel rispetto del ruolo dei territori, nel rispetto del ruolo dei Comuni, che dobbiamo liberare, e nel rispetto del ruolo delle autonomie speciali.
La ripresa della attività produttiva attenuerà la disoccupazione e le diffuse condizioni di disagio economico. È, però, indispensabile potenziare sotto il profilo quantitativo e qualitativo gli strumenti di sostegno alle fasce deboli della popolazione: i centri per l’impiego, le misure per l’inclusione sociale, il contrasto alla povertà. Milioni di persone vivono oggi in Italia in una situazione di estrema vulnerabilità. Non c’è niente – davvero niente – di più urgente e indispensabile che continuare, come abbiamo iniziato a fare, a mettere in moto strumenti concreti per attenuare la loro disperazione, per evitare che essa si trasformi in rabbia e in conflitto. Nella legge di stabilità inseriremo il sostegno all’inclusione attiva, per aiutare le famiglie povere, specialmente quelle con figli minori, condizionato ovviamente alla prova dei mezzi, all’attivazione sul mercato del lavoro e ad altri impegni da parte dei beneficiari. L’aver già approvato in questi mesi la Carta per l’inclusione sociale dimostra che anche su questo terreno, altro che rinvii: le prime risposte sono arrivate, altre arriveranno.
Questo, onorevoli senatori, è valido per tutto il Paese, ma a maggior ragione è valido per il Sud. In questi primi cinque mesi abbiamo puntato per il Sud sugli investimenti, sulla scuola, sulla cultura, sulle infrastrutture.
Sulla cultura, insisto sulla portata del grande piano per Pompei, oggi finalmente in grado di farne uno dei simboli dell’Italia che torna ad investire sul suo migliore patrimonio. (Applausi dai Gruppi PD, ScpI e Aut (SVP, UV, PATT, UPT)-PSI-MAIE).
Abbiamo inserito poi l’obiettivo Mezzogiorno nel nuovo piano industriale della Cassa depositi e prestiti che, complessivamente, prevede investimenti fino a 95 miliardi di euro nel periodo triennale.
Dobbiamo lavorare per garantire a costi accessibili la continuità territoriale, in particolare per la Sardegna. Lo sblocca cantieri ha fatto ripartire la metropolitana di Napoli, l’Alta Velocità Napoli-Bari, la progettazione dell’Alta Velocità fino a Reggio Calabria, le autostrade Agrigento-Caltanissetta e Ragusa-Catania.
Ancora, sul Sud vogliamo vincere la grande battaglia contro la dispersione scolastica. (Applausi dai Gruppi PD e Aut (SVP, UV, PATT, UPT)-PSI-MAIE). Abbiamo stanziato i primi 15 milioni per far sì che il reclutamento della scuola batta il reclutamento della strada; che tutti i nostri ragazzi abbiamo diritto al futuro con l’istruzione. Perché al Sud, lo sappiamo, l’intensità di ogni problema è moltiplicata all’ennesima potenza; perché al Sud peggiore perfino della rabbia rischia di essere la disillusione e lo scoramento di milioni di giovani, donne, innanzitutto; perché al Sud l’impatto devastante della crisi si accompagna all’effetto della rivoluzione perennemente annunciata e mai arrivata: quella fatta di secoli, di promesse mancate, di illusionisti, di scorciatoie, quella che allontana il Sud dall’Italia e rischia di allontanare l’Italia dall’Europa.
A proposito di Europa, le prossime settimane saranno decisive per i fondi strutturali europei. Gli atti di programmazione del nuovo ciclo 2014-2020 vanno definiti, negoziati ed approvati entro i primi mesi del 2014. Le risorse del vecchio ciclo vanno spese assolutamente entro il 2015, pena il disimpegno.
Abbiamo alle spalle un grande lavoro di ricognizione e razionalizzazione, culminato con la creazione dell’Agenzia per la coesione territoriale, proprio per impiegare al meglio i fondi europei di oggi e quelli che verranno. Non possiamo permetterci di buttare tanti soldi alle ortiche. Non siamo nelle condizioni di sprecare risorse, di sprecarle ancora.
Le risorse, tanto più in questa stagione, dobbiamo impiegarle bene e laddove davvero servono a costruire futuro. Insisto su questo punto: per noi italiani cultura e educazione dovranno essere il cuore della nostra riscossa. Abbiamo già cominciato a dare il primo segnale di inversione di tendenza con i due decreti di agosto e di settembre: “valore cultura” e “l’istruzione riparte”. Sono forse tra i risultati di cui vado più fiero. La strada anche qui è tracciata. Se ci darete la fiducia la percorreremo con maggiore convinzione e slancio. Cultura ed educazione devono essere il centro della nostra ripartenza. (Applausi dai Gruppi PD, ScpI e Per le Autonomie (SVP, UV, PATT, UPT)-PSI-MAIE). Anche, e forse soprattutto, da questo dipende il nostro futuro in Europa e nel mondo.
Al G8 e al G20 abbiamo intensamente lavorato per supportare la risoluzione politica del dramma siriano; ciò a dispetto dello scetticismo iniziale con il quale sono stati commentati certi interventi. L’intesa raggiunta nei giorni scorsi a New York dà conto del nostro contributo e riflette anche la posizione italiana, sulla quale, peraltro, hanno finito per convergere anche gli altri Paesi europei: centralità delle Nazioni Unite, condanna inequivocabile dell’utilizzo delle armi chimiche, massimo impegno nell’aiuto umanitario per il dramma senza precedenti di oltre 2 milioni di rifugiati.
Onorevoli senatori, nel 2014 l’Italia assumerà la Presidenza del Consiglio dell’Unione europea, per l’unica volta in questo decennio. Quella precedente era nel 2003, dieci anni fa. La prossima volta sarà tra quindici anni. Il 2014 è domani. È un anno decisivo; un anno in cui non possiamo permetterci di far tacere o mancare la voce dell’Italia.(Applausi dai Gruppi PD, ScpI e Aut (SVP, UV, PATT, UPT)-PSI-MAIE e del senatore Giovanardi).
Le parole «crescita» e «lavoro» saranno al centro del nostro semestre. Sarà il primo semestre della nuova legislatura 2014-2019. Dovremo fare di quella legislatura europea la legislatura della crescita, dopo la legislatura dell’arretramento e della sola austerità che in Europa abbiamo vissuto dal 2009 ad oggi.
Porteremo al centro dell’attenzione continentale una gestione attenta e solidale del fenomeno delle migrazioni, partendo dall’appello di Papa Francesco a Lampedusa. (Applausi dai Gruppi PD, SCpI e Aut (SVP, UV, PATT, UPT)-PSI-MAIE) e del senatore De Cristofaro). L’Europa riparlerà finalmente di Mediterraneo.
Subito però scrolliamoci di dosso l’idea che stare in Europa voglia dire «fare i compiti a casa»: l’Europa non è un compitino, è un cammino dei popoli, in cui l’Italia non deve mettersi da sola dietro la lavagna, ma agire da guida, perché l’Italia può farlo. In questi mesi abbiamo dimostrato, onorevoli senatori, che nei cambiamenti dell’Europa l’Italia può essere protagonista. Abbiamo portato l’Europa, con un’iniziativa italiana, ad affrontare il grande dramma del nostro tempo: la disoccupazione giovanile. Oggi possiamo e dobbiamo fare di più, anzitutto su difesa e sicurezza e sulle politiche industriali, per raggiungere l’obiettivo di far arrivare il nostro manifatturiero al 20 per cento del PIL entro il 2020, per far sì che un’industria più forte sia volano dell’innovazione. Anche per questo, al Consiglio europeo di fine ottobre punteremo tutto sullo sviluppo dell’Agenda digitale, tema fondamentale proprio per la competitività dell’Italia ed il recupero dei tanti, troppi, divari Nord-Sud.
Onorevoli senatori, abbiamo il diritto di sognare gli Stati Uniti d’Europa, per noi e soprattutto per i nostri figli. (Applausi dai Gruppi PD, SCpI e Aut (SVP, UV, PATT, UPT)-PSI-MAIE e della senatrice Bignami). Ma non è più tempo solo di sogni. La buona battaglia per l’Europa, che segnerà l’Europa dei prossimi quindici anni, si gioca ora, nel 2014: come si muore di austerità, si può morire di timidezza, di assenza di leadership.
Abbiamo un’agenda ambiziosa per il 2014, sulla rotta Italia-Europa, fatta di appuntamenti urgenti ed irrinunciabili: penso all’attuazione della Garanzia giovani a partire da gennaio, con il lavoro necessario sui centri per l’impiego, e al piano per l’edilizia scolastica con la Banca europea per gli investimenti. Sono politiche pubbliche italiane ed europee che valgono oltre 2 miliardi di euro per il nostro Paese.
L’Italia può arrivare forte e credibile al 2014, quando guideremo l’Europa per costruirla (e raccontarla) più unita, più solidale e più vicina ai cittadini. Ma non c’è influenza senza credibilità. Credibilità vuol dire conti in ordine, stabilità politica, obiettivi politici chiari.
Possiamo scegliere di chiuderci nel nostro cortile delle lotte di politica interna, oppure possiamo giocare all’attacco, impegnando tutte le nostre carte su quell’unione sempre più stretta tra i popoli europei, in cui intendo impegnarmi nei prossimi mesi. La nostra prova arriva adesso: dimostriamo all’Europa intera, con il nostro ambizioso semestre, che non è un caso che il Trattato dal quale ha preso le mosse quella che poi sarebbe diventata l’Unione sia proprio il Trattato di Roma, il Trattato firmato a Roma, il Trattato firmato in Italia. (Applausi dai Gruppi PD, SCpI eAut (SVP, UV, PATT, UPT)-PSI-MAIE).
Signor Presidente, onorevoli senatori, il Paese – e vado a concludere – è stremato dai mille conflitti di una politica ridotta a cannoneggiamenti continui da un fronte all’altro, una politica tanto più rissosa quanto più immobile, ripiegata su se stessa, sorda ai veri interessi di chi dovrebbe rappresentare: gli italiani. Questa è l’occasione giusta per dire basta.
L’appello che rivolgo a tutti quanti siedono in quest’Aula lo rivolgo in primo luogo a me stesso: basta con la politica da trincea, concentriamoci finalmente solo su ciò che dobbiamo fare, sulle risposte concrete che il Paese si sta persino stancando di chiederci e che invece ha il pieno diritto di rivendicare: le risposte che si attendono le donne (e so bene che il nostro decreto contro il femminicidio è importante, ma è sul terreno delle pari opportunità, della vera applicazione delle pari opportunità, che dobbiamo muovere in maniera sempre più incisiva); le risposte che dobbiamo dare in materia di ambiente; le risposte che dobbiamo dare in materia di contrasto alle mafie, di quel presidio all’ordine pubblico e della legalità che in questi mesi è stato uno dei capisaldi della nostra azione; le risposte che passano per ulteriori investimenti seri nella scuola, nella ricerca, nella cultura e nell’università.
Onorevoli senatori, coraggio e fiducia è quello che torno a chiedervi. Mi appello oggi al Parlamento, mi appello al Parlamento tutto: dateci fiducia per realizzare questi obiettivi; dateci fiducia per tutto ciò che si è fatto e si è impostato in questi pochi mesi. È una fiducia che non è contro qualcuno, è una fiducia per l’Italia, una fiducia per le italiane e per gli italiani, una fiducia per tutti coloro che aspettano dal Parlamento, dalle istituzioni, dalla politica parole e comportamenti in base ai quali orientare le proprie scelte e su cui fondare ciò che abbiamo il dovere di restituire ai nostri figli: la speranza.
L’11 marzo del 1947 un grande liberale, Benedetto Croce, si rivolse ai suoi colleghi dell’Assemblea costituente, con le stesse parole che io vorrei oggi qui sommessamente rivolgere ad ognuno di voi, personalmente, prima che decidiate se votare il sì o il no alla fiducia. Diceva Benedetto Croce: «Ciascuno di noi si ritiri nella sua profonda coscienza e procuri di non prepararsi, col suo voto poco meditato, un pungente e vergognoso rimorso». (Vivi e prolungati applausi dai Gruppi PD, SCpI e Aut (SVP, UV, PATT, UPT)-PSI-MAIE, dei senatori Giovanardi e Bruno e dai banchi del Governo. I senatori dei Gruppi PD, SCpI e Aut (SVP, UV, PATT, UPT)-PSI-MAIE si levano in piedi)

Il 29 settembre il Presidente del Consiglio si incontra con il Capo dello Stato per valutare la situazione dell’esecutivo.

Il Capo dello Stato ha ricevuto il Presidente del Consiglio Letta

(Quirinale, 29.9.13) Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha ricevuto questa sera al Quirinale il Presidente del Consiglio dei ministri on. Enrico Letta, accompagnato dal Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio Filippo Patroni Griffi.
E’ stata attentamente esaminata la situazione che si è venuta a creare a seguito delle dichiarazioni del Presidente Berlusconi e delle dimissioni rassegnate dai ministri del PdL in adesione a quell’invito.
Il succedersi nella giornata odierna di dichiarazioni pubbliche politicamente significative dei ministri dimissionari, di vari esponenti del PdL e dello stesso Presidente Berlusconi ha determinato un clima di evidente incertezza circa gli effettivi possibili sviluppi della situazione politica. Da ciò il Presidente del Consiglio ha tratto, d’intesa con il Presidente della Repubblica, la decisione di illustrare in Parlamento – che è la sede propria di ogni risolutivo chiarimento – le proprie valutazioni sull’accaduto e sul da farsi.
Il Presidente del Consiglio concorderà la data dei dibattiti con i Presidenti delle Camere.

Il 28 settembre con le dimissioni dei ministri del PdL dall’esecutivo si apre la crisi di governo.