Le cose da fare sono quelle indicate dall’Europa

UIL : Le cose da fare sono quelle indicate dall’Europa

#CAMBIAMENTO / Istruzione e lavoro: priorità per il Paese

Angeletti: inaccettabile il divario tra le parole e i fatti della politica
Carrozza: occorre rivalutare il ruolo dell’insegnante

 

Che cosa intende fare l’Italia per modernizzare il proprio sistema di istruzione e valorizzare il personale? Le domande poste dall’Unione Europea in una lettera a firma Draghi-Trichet inviata al  2011 (inserita nella ricerca Uil Scuola presentata nel corso del convegno e disponibile on line) sono state il punto di partenza del dibattito che, questa mattina, al convegno della Uil Scuola, ha visto protagonisti, Luigi Angeletti, segretario generale Uil,  il ministro Maria Chiara Carrozza e il segretario generale della Uil Scuola, Massimo Di Menna.

Raccontare il Medioevo

Raccontare il Medioevo
Concorso Nazionale di scrittura creativa
Quarta edizione – a. s. 2013/2014

L’Istituto Storico Italiano per il Medio Evo indice un concorso nazionale di scrittura
creativa sul tema «Raccontare il Medioevo», riservato agli alunni della scuola secondaria di
primo grado.
Scrivere il Medioevo dovrebbe costituire per i ragazzi in età compresa fra gli 11 e i 13 anni un
modo per dare libertà alle proprie idee e alle proprie parole, ma anche un canale di accesso ad
una fetta importante e fondante del nostro passato, delle nostre identità locali e della più ampia,
e talvolta sfuggente, identità nazionale.
Narrare e riflettere, narrare e imparare, narrare e divertirsi, narrare e fare storia
dovrebbero essere gli elementi comuni di un cammino di conoscenza che permetta di misurarsi
con la storia della propria città e della propria nazione e, allo stesso tempo, di muoversi con
fantasia all’interno di un universo tanto diverso e tanto vicino al nostro. Il Medioevo è, del
resto, nell’immaginario collettivo e nella vulgata mediatica il luogo per eccellenza delle «radici» e
dell’esotico, delle streghe e dei folletti, delle cattedrali gotiche e delle grandi costruzioni
giuridiche, dell’invenzione degli occhiali e delle pene sulla pubblica piazza. Il «Medioevo
immaginato» potrà essere ripensato e meglio conosciuto, sgrossato e ripulito dai molti luoghi
comuni che lo accompagnano: il Medioevo cristiano e quello della cosiddetta «economia
chiusa», quello del «feudo» e quello del mito comunale sono tutti aspetti di un Medioevo
policromo, che fra verità storica e falsa incrostazione storiografica potrà costituire un terreno
ideale per muoversi in libertà e scrivere storia e storie…
Gli elaborati potranno essere realizzati partendo dalle esperienze didattiche che i ragazzi
avranno già svolto nel loro percorso formativo, tenendo conto delle competenze
progressivamente acquisite e dei più comuni moduli espressivi adottati nella Scuola Media di I°
grado: testo descrittivo e testo creativo (o di fantasia).
I racconti dovranno essere elaborati scegliendo una delle due sezioni tematiche proposte:
1. Racconto il Medioevo della mia città o del mio territorio
2. Maestri e allievi nel Medioevo
Scadenza e caratteri dei testi:
Le istituzioni scolastiche che intendono partecipare al concorso dovranno darne comunicazione
all’Istituto Storico Italiano per il Medioevo (P.zza dell’Orologio 4 – 00186 Roma, www.isime.it)
entro il 16 dicembre 2013, esclusivamente all’indirizzo elettronico: scuola.storica@isime.it;
nell’oggetto della e-mail andrà essere specificamente indicata la dicitura «Concorso Raccontare
il Medioevo» seguita dal nome della scuola; nel testo della e-mail andranno indicati il titolo
del lavoro, il gruppo classe interessato, l’anagrafica, completa di indirizzo e-mail e di numero
di telefono, della scuola.
I testi dovranno poi pervenire all’indirizzo di posta elettronica scuola.storica@isime.it,
esclusivamente in formato elettronico, in un file word (il formato docx NON è accettato) o
pdf (non saranno accettati altri formati), entro e non oltre il 13 gennaio 2014 e dovranno
essere della lunghezza massima di 15.000 caratteri (spazi inclusi). Il frontespizio del testo
dovrà necessariamente contenere i seguenti dati, chiaramente specificati: la scuola e la classe
che invia l’elaborato, l’indirizzo fisico e l’indirizzo di posta elettronica dell’istituto e il nome
dell’insegnante referente da contattare per qualsiasi problema, corredato dall’indirizzo di
posta elettronica diretto dell’insegnante medesimo. Il nome del file dovrà essere così
impostato: Raccontare.titoloelaborato.luogo(nome della città).
Es. Raccontare.C’eraunavolta.Ancona
Per ulteriori dettagli si invitano gli insegnanti a leggere attentamente le indicazioni contenute
nell’Allegato.
Premi e giuria:
I testi saranno valutati da una commissione di medievisti di livello nazionale e internazionale e
di scrittori o di esperti di narrativa per ragazzi, nominata dal Presidente dell’Istituto Storico
Italiano per il Medio Evo.
I primi tre gruppi classe classificati riceveranno un premio in 5 libri per ciascuno e 3 per le
scuole di appartenenza.
I tre migliori racconti selezionati dalla giuria saranno pubblicati l’Istituto storico italiano per il
medioevo.
La premiazione avverrà presso la sede dell’Istituto Storico Italiano per il Medio Evo.
Allegato
Si ricorda agli/alle insegnanti che i testi inviati possono essere il risultato del lavoro di
tutta la classe, oppure di piccoli gruppi all’interno della medesima, o ancora di singoli alunni o di
più classi unite da un percorso parallelo.
L’insegnante che avrà aderito al concorso è tenuto/a a esporre, anche in modo molto
schematico, all’inizio o alla fine del racconto inviato, la metodologia di lavoro seguita: chi ha
partecipato e dove ha svolto il lavoro (se come compito a casa o in classe), se l’elaborazione del
testo è stata preceduta da una o più lezioni mirate ad una più precisa contestualizzazione della
storia, se sono state utilizzate fonti e quali, se si è fatto uso di bibliografia specialistica e quale,
se si sono effettuate visite didattiche mirate, ecc.

La Matematica nel Medioevo

Quinta edizione del Concorso per le scuole
“La Matematica nel Medioevo”, premio ‘Bruno Rizzi’ 2013/2014.

La Società Italiana di Scienze Matematiche e Fisiche ‘Mathesis’ e l’Istituto Storico
Italiano per il Medioevo bandiscono la quinta edizione del concorso “La matematica nel
Medioevo”, premio ‘Bruno Rizzi’, destinato agli studenti delle scuole secondarie di
primo e secondo grado.
Il Concorso si colloca nel quadro, largamente avvertito ed auspicato, della
valorizzazione e del potenziamento dello studio della matematica all’interno delle scuole
italiane di ogni ordine e grado; esso ha inoltre l’obiettivo di suggerire agli insegnanti
ulteriori stimoli nei confronti di ambiti di ricerca/azione interdisciplinari, per migliorare i
livelli di conoscenza e di competenza degli studenti italiani. Finalità didattica è poi quella di
mettere in luce, attraverso attività di ricerca specifiche e non compilative, i problemi di
natura matematica che la società, il commercio e la cultura del periodo medievale hanno
proposto. Le classi partecipanti sono pertanto invitate ad affrontare, nei propri lavori, la
descrizione di uno o più problemi matematici emersi durante il medioevo (formulazioni,
soluzioni, applicazioni), in campi quali, a titolo di esempio, l’istruzione e la presenza della
matematica, la rivoluzione del sistema di numerazione, la navigazione e le pratiche di
commercio, la matematica nell’architettura e nell’arte, nella cultura e nei giochi. Dopo le
passate edizioni, in cui si sono proposte tematiche quali “La matematica al tempo di Dante
Alighieri”, “La matematica al tempo di Federico II”, e “La matematica come incontro di
culture: mondo arabo e mondo cristiano”, il tema prescelto per questa quinta edizione è:
Problemi matematici e vita quotidiana nell’età di Carlo Magno. Nel 2014 ricadrà,
infatti, il dodicesimo centenario della morte di Carlo Magno (morto ad Aquisgrana il 28
gennaio 814).
Tra i lavori inviati per il concorso, verranno privilegiate le attività di ricerca che
prevedono l’utilizzo e lo sviluppo delle nuove tecnologie. Le singole classi partecipanti
potranno infatti adottare diverse modalità di lavoro e preparare elaborati di diverso genere:
si potrà spaziare dal testo narrativo a una presentazione in power point, dal book di foto al
filmato, alle tipologie di elaborato ritenute più adatte per esprimere il proprio lavoro.
La partecipazione all’iniziativa prevede il coinvolgimento di intere classi o gruppi di
alunni appartenenti a classi diverse, seguite da uno o più insegnanti delle diverse discipline.
Le singole scuole potranno aderire presentando un solo elaborato, prodotto da un unico
gruppo di alunni.
La domanda di partecipazione dovrà essere inviata all’Istituto Storico Italiano per
il Medioevo (P.zza dell’Orologio 4 – 00186 Roma) all’indirizzo elettronico:
scuola.storica@isime.it entro il 31 ottobre 2013. Nell’oggetto della e-mail dovrà essere
specificamente indicata la dicitura: Concorso La matematica nel medioevo seguita dal
nome della scuola; nel testo della e-mail andranno indicati il titolo del lavoro, il gruppo
classe interessato, l’anagrafica della scuola, completa di indirizzo e-mail e del
numero di telefono.
Gli elaborati dovranno pervenire all’indirizzo di posta elettronica
scuola.storica@isime.it , esclusivamente in formato elettronico, in un file word (.doc) o
pdf per i testi, in ppt per le presentazioni in power point, nei formati più diffusi per i file
video o foto (jpg, mp3, mp4, avi), entro l’8 gennaio 2014.
Il frontespizio del testo, la prima diapositiva della presentazione power point, la
prima foto, l’apertura del filmato o della tipologia di file che si sarà scelta, dovranno
necessariamente contenere i seguenti dati, chiaramente specificati: la scuola e la classe che
invia l’elaborato, l’indirizzo fisico e l’indirizzo di posta elettronica dell’istituto, il
nome dell’insegnante referente da contattare per qualsiasi problema, corredato
dall’indirizzo di posta elettronica diretto dell’insegnante medesimo. Il nome del file
dovrà essere così impostato: matematica.titoloelaborato.luogo (nome della città).
Es. matematica.inumeridiCarloMagno.Ancona
Nell’oggetto dell’e-mail di invio dovrà essere specificamente indicato: Concorso
“La matematica nel medioevo”, seguito dal nome della scuola.

Scuola, la piaga degli abbandoni: ogni anno 700mila ragazzi lasciano

da Repubblica.it

Scuola, la piaga degli abbandoni: ogni anno 700mila ragazzi lasciano    

Uno su cinque decide di non proseguire gli studi. La onlus Intervita, la Fondazione Giovanni Agnelli e l’associazione Bruno Trentin della Cgil indagheranno l’impatto economico e sociale del fenomeno della dispersione scolastica

Ogni anno circa 700 mila ragazzi lasciano gli studi. Due studenti su dieci non tornano tra i banchi o, se lo fanno, studiano talmente poco da non avere alcuna possibilità di superare l’anno. Partirà da questo dato la ricerca sulla dispersione scolastica condotta dalla onlus Intervita, con l’associazione Bruno Trentin della Cgil e la Fondazione Giovanni Agnelli. Lo studio, che inizierà il prossimo mese, si propone di indagare a fondo l’impatto economico e sociale del fenomeno, di identificare la tipologia e il numero dei ragazzi che abbandonano i banchi di scuola. E soprattutto di proporre soluzioni per contrastarlo. Le aree di riferimento sono le province di Milano, Roma, Napoli e Palermo.
Il fenomeno dell’abbandono degli studi è stato approfondito da Istat ed Eurostat. I numeri parlano chiaro: il 17,6% dei ragazzi lasciano la scuola. Anche in questa classifica l’Italia è ultima tra i Paesi europei. Nel Vecchio continente in media l’abbandono è al 14,1%. Nei Paesi di pari sviluppo socio-economico la media è molto più bassa: in Germania si attesta al 10,5%, in Francia all’11,6%, nel Regno Unito al 13,5%. Un gap evidente, che diventa preoccupante se si considerano solo i dati del Sud Italia: il 22,3% dei ragazzi abbandona gli studi, mentre al Centro-Nord siamo intorno al 16%.
Rispetto al 2000, quando erano il 25,3%, gli abbandoni sono  diminuiti. L’obiettivo è raggiungere il 10% fissato dalla strategia Europa 2020. Il sottosegretario all’Istruzione Marco Rossi Doria, intervenendo alla presentazione degli obiettivi della ricerca, si è detto prudente: “Il miglioramento dei dati sulla dispersione c’è e deriva dallo sforzo immane delle scuole pubbliche. Ma è lento e assolutamente insufficiente. Il danno alle possibilità di sviluppo e il fallimento formativo sono stati finalmente messi in relazione con strumenti molto più fini che in passato”.
Presente anche il vice presidente del Senato, Valeria Fedeli, che ha commentato il dato della dispersione al Sud, intravedendo un legame con la criminalità: “Colpisce che nel Meridione quasi un

ragazzo o una ragazza su quattro abbandoni la scuola: in un circuito esponenziale che unisce dispersione scolastica e disoccupazione giovanile con la criminalità. Con un danno per la società che perde capitale umano”. Lo Stato non può esimersi dall’avere un ruolo nel contrastare la dispersione scolastica, ha concluso Valeri: “Dobbiamo garantire azioni concrete per fare in modo che tante ragazze e ragazzi possano formarsi, puntare su se stessi e realizzarsi”.

Ogni anno 2 ragazzi su 10 abbandonano la scuola

da LaStampa.it

Ogni anno 2 ragazzi su 10 abbandonano la scuola

Con il 17,6% di ragazzi che lasciano gli studi, l’Italia è in fondo alla classifica europea

roma

Settembre, tempo di ritorno a scuola. Ma non per tutti: ogni anno circa 2 ragazzi su 10 non tornano sui banchi di scuola o lo fanno in modo tanto precario da abbandonare prematuramente ogni possibilità di successo formativo.

Per contrastare il fenomeno della dispersione scolastica – condizione che mette molti giovani a rischio di bullismo, violenza, microcriminalità ed esclusione sociale – che ogni anno coinvolge quasi 700mila ragazzi tra i 10 e i 16 anni, Intervita Onlus nel 2012 ha dato vita a “Frequenza200”: il primo network nazionale che opera sul territorio e online per fare rete contro questo fenomeno.

La ong ha presentato in Senato “Lenti a contatto”, il primo dossier sulla dispersione scolastica che raccoglie gli interventi portati avanti in tre regioni e illustra gli obiettivi del progetto triennale.

La dispersione scolastica in Italia ha dimensioni allarmanti. Con il 17,6% di ragazzi che abbandonano gli studi, l’Italia è in fondo alla classifica europea e continua a scontare un gap con gli altri Paesi la cui media è pari al 14,1%, come ad esempio la Germania dove la quota è sensibilmente più bassa (10,5%), o la Francia (11,6%) e il Regno Unito (13,5%) . Un divario che aumenta se guardiamo al sud, dove la media è del 22,3%, mentre si riduce nel centro-nord dove si attesta al 16,2.

Va tuttavia sottolineato che, rispetto alla situazione del 2000, quando gli “early school leaver” risultavano il 25,3%, è stato fatto un primo passo importante per il raggiungimento degli obiettivi della strategia di Europa 2020 nel campo dell’istruzione che prevedono una riduzione del tasso di abbandono scolastico al di sotto del 10%.

«Con Frequenza200 promuoviamo un modello di intervento per sostenere il dialogo tra le istituzioni nazionali, le famiglie e gli enti locali per confrontarsi sulle buone pratiche e favorire un’attenzione maggiore sul tema dell’educazione», ha spiegato Marco Chiesara, presidente Intervita Onlus.

Il progetto pilota triennale, svolto a partire dal 2012 a Milano, Napoli e Palermo, coinvolge 2.500 ragazzi con le loro famiglie, 800 insegnanti, 600 mamme e 100 operatori informali (tra bar, commercianti, edicolanti, centri anziani, etc.). Il progetto prevede l’attività di un centro diurno operativo 5 pomeriggi alla settimana con attività educative condivise con le istituzioni del territorio, in particolare la scuola dell’obbligo e i servizi sociali.

1963-2013: la “media di tutti” compie mezzo secolo

da LaStampa.it

1963-2013: la  “media di tutti” compie mezzo secolo

La fase dell’obbligo fu elevata a 14 anni aprendo le porte a 600.000 ragazzi e ragazze
roma

«Sono 50 anni dalla riforma della scuola media unica, una grande riforma». Lo ricorda, con un tweet, il ministro dell’Istruzione, Maria Chiara Carrozza.

Il 31 dicembre del 1962 veniva, infatti, approvata la legge di riforma della scuola media che diventava obbligatoria e gratuita per tutti e, il 31 gennaio dell’anno successivo, dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, aveva inizio la prima grande riforma democratica dopo la riforma Gentile. E il primo ottobre 1963 i primi studenti varcarono i cancelli per frequentare la “media unica”.

La riforma della scuola media unica  nacque da un decisivo dibattito parlamentare attorno all’idea di uguaglianza. Le nuove scuole medie aprirono le porte a 600.000 ragazzi e ragazze – figli di operai, braccianti, artigiani. Per qualche decennio il nostro Paese sperimentò la mobilità sociale. La legge del ’63, sottolinea la Uil Scuola in un documento redatto in occasione dei “primi 40 anni”, è frutto di una importante stagione riformista che ha consentito la crescita e l’emancipazione sociale e civile del nostro Paese e si caratterizzava per una forte apertura democratica, contro ogni discriminazione sociale, con un ampliamento significativo degli sbocchi alle scuole secondarie.

La legge trovò i suoi presupposti in alcuni articoli inattuati della Costituzione: nello specifico si diede finalmente seguito all’articolo 34 (istruzione obbligatoria per almeno otto anni) per cui si viene a prescrivere che la fascia dell’obbligo venga elevata fino all’età di 14 anni e abbia carattere gratuito.  Recita la legge infatti all’art.1: «La scuola media concorre a promuovere la formazione dell’uomo e del cittadino secondo i principi sanciti dalla Costituzione e favorisce l’orientamento dei giovani ai fini della scelta dell’attività successiva».

La nuova legge abolì anche l’esame di ammissione alla scuola media, mentre la Licenza media conseguita con il superamento dell’esame finale, consentì la successiva iscrizione a tutti i tipi di istruzione superiore. Contestualmente venne posto fuori legge il lavoro minorile, anche sotto forma di apprendistato, per i minori di 14 anni: la legge 1859 si pone dunque a fondamento di quella scolarizzazione di massa che l’Italia perseguirà, con notevole successo, a partire dagli anni sessanta.

Obiettivo principale della riforma era quello di estendere a tutti i ragazzi tra gli 11 e i 14 anni l’istruzione obbligatoria. Ma anche portare all’80% il numero dei ragazzi con la licenza di scuola secondaria inferiore, aumentare del 120% i licenziati annui delle scuole professionali, del 150% i diplomati annui degli istituti tecnici, del 60% i maturati annui degli istituti umanistici, del 120% il numero dei laureati. Uno degli effetti della riforma fu che nel decennio immediatamente successivo a fronte di una crescita della popolazione italiana del 6,5%, l’aumento dei ragazzi che frequentavano la scuola media unica è stato del del 32,6%. In trent’anni, dal 1961 al 1991, per effetto dell’allargamento degli sbocchi previsto dalla riforma si sono triplicati gli studenti che hanno conseguito la licenza di scuola media inferiore. Stesso trend, sebbene con dimensioni più ridotte, ha riguardato i laureati che sono passati dal 1% al 4% della popolazione. Nell’anno scolastico 2001-2002, 1.800.000 ragazzi hanno frequentato le medie insieme a 38.926 allievi di cittadinanza straniera.

Firmato il decreto sui libri digitali

da LaStampa.it

Firmato il decreto sui libri digitali

 La novità verranno introdotte gradualmente a partire dal prossimo anno scolastico
roma

Al via la transizione verso il libro digitale nella scuola. Il ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Maria Chiara Carrozza ha firmato il decreto ministeriale che sancisce tempi e modi del passaggio dalla carta all’e-book.

La novità verrà introdotta gradualmente a partire dal prossimo anno scolastico. Sempre dal 2014/2015 cambieranno, poi, anche i tetti di spesa per i testi, con un risparmio immediato del 10% per le famiglie degli alunni che frequenteranno le classi prime della secondaria di primo grado e le prime e le terze della secondaria di secondo grado, quelle in cui la dotazione libraria viene cambiata per intero risultando dunque più costosa.

Il decreto contiene, nel suo allegato, anche linee guida sul libro del futuro che dovrà essere sempre meno di carta, ma, soprattutto, fruibile su tutti i supporti digitali (tablet, pc, lavagne interattive di produttori diversi), in modo da lasciare la massima libertà nell’acquisto a famiglie e insegnanti.

«Sono consapevole dell’importanza di questo passaggio storico al libro digitale – afferma il Ministro Maria Chiara Carrozza – Probabilmente il modo di apprendere cambierà molto. Ma non deve cambiare la nostra attenzione ai contenuti, alla qualità degli apprendimenti e alle pari opportunità per tutti gli studenti italiani. Credo – aggiunge – che il libro digitale possa rappresentare una grande opportunità di crescita e progresso per la nostra scuola se sarà vissuto in modo aperto e progressivo da tutti gli attori del sistema scolastico».

Si parte dal prossimo anno scolastico. Dal 2014/2015, e per i successivi anni scolastici, i collegi dei docenti potranno adottare, “limitatamente alle nuove adozioni e non per le conferme di adozione”, libri nella versione elettronica o mista (parte cartacea, parte multimediale).

La conversione al digitale sarà dunque graduale. Mentre calano da subito i tetti di spesa nelle classi dove i costi per la dotazione libraria sono solitamente più elevati. Nel 2014/2015, infatti, nelle prime della secondaria di primo grado e nelle prime e terze della secondaria di secondo grado, i tetti saranno ridotti del 10% laddove i libri richiesti saranno in versione mista (in parte digitali, in parte cartacei). Se invece, nelle stesse classi, i docenti decideranno di adottare solo libri digitali il tetto di spesa sarà ridotto del 30%. La riduzioni si applicheranno progressivamente alle classi successive.

Il Ministero promuoverà un monitoraggio dell’andamento delle adozioni anche per diffondere le migliori pratiche e sostenere i processi di innovazione. Restano confermati per il 2014/2015 i prezzi di copertina dei libri di testo per la scuola primaria già definiti per il 2013/2014, eventualmente incrementati del tasso di inflazione programmata. Il precedente decreto sui libri digitali, il n. 209 del 26 marzo 2013, è abrogato.

Il libro del futuro sarà sempre meno cartaceo e sempre più elettronico. La riduzione dei tetti di spesa più sostanziosa per chi passa all’e-book punta a promuoverne la diffusione. Digitale dovrà comunque fare rima con qualità. Nel decreto firmato dal ministro si fissano infatti precisi paletti per le caratteristiche degli e-book. I libri di testo, anche nella versione non cartacea, dovranno continuare ad essere conformi alle indicazioni nazionali (i piani di studio), dovranno offrire un’esposizione autorevole degli argomenti, organizzare contenuti complessi in un percorso narrativo efficace attraverso infografiche, animazioni, tabelle, contenuti audio e video.

I software utilizzati per i libri digitali dovranno essere aperti e interoperabili, fruibili con la stessa qualità, cioè, su tutti i supporti elettronici, dai computer ai tablet, in commercio per lasciare libertà di scelta alle famiglie e ai docenti nell’acquisto. I dati raccolti eventualmente attraverso le piattaforme di fruizione dovranno essere gestiti secondo le normative sulla privacy. Nel caso siano necessari software specifici per l’utilizzo degli e-book o dei contenuti digitali dei libri misti, gli studenti dovranno poterli scaricare gratuitamente sul sito dell’editore. Nel caso di testi misti, la parte cartacea dovrà essere prodotta utilizzando materie prime di costo contenuto e con un occhio al peso complessivo del libro, favorendo i fascicoli rispetto ai tomi di molte pagine a patto di mantenere lo stesso prezzo di copertina.

Allarme crisi, sindacati contro

da ItaliaOggi

Allarme crisi, sindacati contro

Cgil, Cisl e Uil si mobilitano. Il timore di nuovi tagli lineari. Assemblee anche nelle scuole. Documento per la governabilità. Addio al contratto

 di Alessandra Ricciardi

I sindacati hanno ben chiari i rischi di una crisi. A partire da quell’ipotesi, che diventa sempre meno remota, di una legge di stabilità scritta dalla cosiddetta Trojka (Banca Centrale Europea, Fondo Monetario Internazionale e Unione Europea), e che non sarebbe assai diversa da una manovra messa a punto esclusivamente da un soggetto ragionieristico (ministero dell’economia) e non anche politico: tagli lineari alla spesa dello stato, con una riduzione degli stipendi dei dipendenti pubblici, se non addirittura (come del resto già avvenuto in Grecia) un licenziamento delle unità ritenute in esubero, dalla sanità alla scuola. É questo uno degli scenari più inquietanti che sta dietro la porta della crisi politica che nei prossimi giorni dovrà essere definita nei suoi contorni e nei suoi sbocchi con il ritorno in parlamento del premier Enrico Letta.

Ieri i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil, rispettivamente Susanna Camusso, Raffaele Bonanni, Luigi Angeletti, hanno annunciato la mobilitazione e sottoscritto un documento a sostegno della governabilità del paese. Per spiegare le loro ragioni si preparano volantinaggi nei supermercati e assemblee nei luoghi di lavoro, comprese le scuole. Giovedì a Piombino la prima manifestazione con i segretari generali.

Il documento sindacale rivendica le tre priorità della prossima legge di stabilità: «Restituzione fiscale ai lavoratori dipendenti e ai pensionati; una riduzione fiscale sulle imprese collegata agli investimenti e all’ occupazione; il completo finanziamento della cassa integrazione in deroga e la definitiva soluzione al problema degli esodati e dei precari della pubblica amministrazione, della scuola e della ricerca». Mai si parla di rinnovo dei contratti dei dipendenti pubblici, su cui pure le singole categorie, a partire da quelle della scuola, in queste settimane hanno fatto pressing sul governo. Evidentemente la consapevolezza a livello confederale, anche in casa Cgil, è che si tratta di un obiettivo non perseguibile. Nel riaffermare la necessità di un taglio alla spesa pubblica, essenziale per centrale l’obiettivo del 3% del rapporto deficit/Pil, i tre segretari argomentano la necessità, «abbandonando la dannosa logica dei tagli lineari», di realizzare «un vero riordino istituzionale e una riduzione della spesa corrente attraverso i costi standard, avviando un processo contrattuale di riorganizzazione della pubblica amministrazione». L’unico contratto di cui, almeno fino al 2014, è dato parlare è quello che deve servire a riorganizzare la macchina pubblica. Un invito che è stato rivolto alle stesse categoria perché si facciano promotrici di proposte al governo che sarà. Sembra dunque, se la linea sarà confermata, che anche le richieste legate agli scatti di anzianità nella scuola siano destinate a depotenziarsi. Per cedere il passo a un progetto riformista della macchina pubblica prima che a procedere a riduzioni di spesa siano soggetti esterni.

Intanto la crisi, se non sarà ricomposta e dovesse concludersi con il voto anticipato, minaccia di rendere inutile in questi giorni il lavoro delle camere per la conversione in legge da un lato del decreto sulla razionalizzazione della pa, con le misure per l’avvio della stabilzzazione dei precari pubblici, e dall’altro del decreto scuola. Dal via libera all’assunzione su tutti i posti disponibili nell’organico dei docenti alle misure per il welfare degli studenti, tutto rischia di saltare. «Siamo in prima pagina sul Financial Times con il governo Letta a rischio e siamo anche in prima pagina per la vicenda Telecom: non avrei mai pensato di continuare a finire in prima pagina sul Ft per questo, è un danno di reputazione enorme», ha commentato il ministro dell’istruzione Maria Chiara Carrozza.

Dispersione, 4% del Pil in fumo

da ItaliaOggi

Dispersione, 4% del Pil in fumo

Intervita, Fondazione Agnelli e Cgil valutano l’impatto economico degli abbandoni

Lasciano 2 studenti su 10, primato italiano in Europa

 di Emanuela Micucci  

Settanta miliardi di euro e 4 punti di Pil. Tanto costa all’Italia la dispersione scolastica, un fenomeno che attraversa la Penisola, da Nord a Sud, interessando quasi 2 studenti su 10. Da questa prima misurazione, effettuata da Daniele Checchi, economista dell’Università di Milano, sui dati dell’indagine Isfol Plus 2006, prende le mosse la Ricerca nazionale sulla dispersione scolastica che Intervita, Fondazione Giovanni Agnelli e l’associazione Bruno Trentin della Cgil lanceranno oggi al Senato.

Obiettivo: quantificare per la prima volta l’incidenza degli abbandoni scolastici sul Pil italiano e i relativi investimenti messi in campo dal Terzo Settore per contrastarla.

Nonostante le risorse stanziate e i progetti realizzati in questi anni per contrastare il fenomeno sia da parte del ministero dell’istruzione sia da parte del privato sociale, il 17,6% dei ragazzi minori di 16 anni lascia prematuramente la scuola, un tasso di abbandoni che tra i giovani maggiorenni fino a 24 anni tocca il 18,2%. Dati Eurostat,che collocano l’Italia in fondo alla classifica europea, dove la media degli abbandoni è il 14,1% dei ragazzi, che scende al 10,5% in Germania, 11,6% in Francia e 13,5% nel Regno Unito. Percentuale che allontana dall’obiettivo di Europa 2020 di ridurre la dispersione sotto il 10%.

Un ritardo di cui l’Italia paga un prezzo salatissimo: 70,7 miliardi di euro l’anno, pari a circa il 4% del Pil che si potrebbe guadagnare, spiega Checchi, «se per un incantesimo si riuscisse a portare l’intera popolazione italiana a conseguire un diploma di scuola superiore e se ci fosse un ipotetico mercato del lavoro in grado di assorbirla tutta». «Un calcolo che – sottolinea Alessandro Volpi di Intervita – dà l’idea dell’importanza di contrastare la dispersione scolastica in modo efficace e del potenziale economico che ha per il Paese».

Di qui la nuova ricerca lanciata stamattina non solo per valutare l’impatto economico della dispersione, ma anche per comprendere quali sono le migliori iniziative messe in campo sia del Miur sia del Terzo Settore, valutarne e ottimizzare le risorse. «I dati del Miur non ci tornano – prosegue Volpi -, perché c’è un sommerso non registrato.

Si pensi ai dopo scuola organizzati dagli studenti universitari o dalle parrocchie: realtà in alcun territori molto forti. O al mercato in nero delle ripetizioni.

Ai progetti delle associazioni no profit. Oltre ai fondi per bandi come quello della Legge 285 o il Por del Miur. Operando sul campo con il progetto Frequenza200 registriamo nuove forme di disagio che con la crisi si stanno affacciando non solo al Sud ma anche al Nord, nei quartieri bene e nelle periferie urbane, colpendo ragazzi provenienti da fasce sociali finora non a rischio, come le famiglie separate o con disoccupati». «I dispersi – sottolinea Gianfranco De Simone di Fondazione Agnelli – sono soprattutto i maschi, provenienti da un ambiente familiare con un livello di istruzione basso e/o d’origine straniera, soprattutto di prima generazione. Di solito ci si concentra sul biennio delle superiori, ma il meccanismo inizia alle medie. Un intervento più efficace, poi, dovrebbe contare su un sistema di monitoraggio integrato tra Miur, regioni e provincie».

L’anagrafe degli studenti del ministero infatti segue il percorso di ogni studente ma, se un ragazzo dopo le medie iscrive alla formazione professione per assolvere l’obbligo scolastico, risulta nell’anagrafe dell’ente locale che non è integrata con quella ministeriale. «Il rischio – precisa De Simone – è sovrastimare la dispersione, che tuttavia resta alta».

Comodato d’uso, prima il Sud

da ItaliaOggi

Comodato d’uso, prima il Sud

Firmato il decreto, pronti 2,7 milioni

 di Franco Bastianini  

Via libera alla distribuzione – ma con priorità alle scuole del sud dove le famiglie vivono una situazione di maggiore disagio economico e agli alunni meritevoli – delle risorse stanziate dal decreto legge 12 settembre 2013, n. 104 (8 milioni di euro di cui 2,7 per il 2013 e 5,3 per il 2014) per l’acquisto, da parte delle scuole o reti di scuole, di libri di testo e dispositivi elettronici per la lettura dei materiali didattici digitali da concedere in comodato d’uso agli studenti della secondaria di primo e di secondo grado.

I 2,7 milioni disponibili per l’anno 2013 sono infatti destinati, si legge in un comunicato dell’ufficio stampa del ministero dell’istruzione datato 24 settembre 2013, alle scuole secondarie statali di primo e secondo grado che si trovano in Abruzzo, Campania, Calabria, Basilicata, Sicilia, Sardegna e Puglia, Regioni dove – secondo il ministro dell’istruzione Maria Chiara Carrozza – il tasso di famiglie disagiate( con reddito netto fino a 15.493,71 euro) è superiore al 15 per cento.

I fondi disponibili per il 2014(5,3 milioni di euro) saranno destinati anche alle scuole delle restanti. La decisione del ministro dell’istruzione di assegnare solo alle scuole del sud le risorse stanziare per l’anno 2013 dal decreto legge 104/2013 lascia quanto meno perplessi.

Di famiglie che vivono in situazioni di disagio se ne contano, purtroppo, molte anche in tutte le altre Regioni d’Italia e soprattutto in quelle dove più alto è il numero dei genitori in cassa integrazione o con lavori precari se non addirittura disoccupati.

I criteri per l’accesso al comodato d’uso fissati nel decreto del ministro dell’istruzione potevano certamente applicarsi a tutte le famiglie in situazioni di disagio senza alcun bisogno di applicare una priorità territoriale che l’attuale situazione economica del paese non giustifica.

I testi o i dispositivi elettronici potranno essere dati solo agli studenti che ne fanno richiesta purché in possesso dei requisiti economici indicati in precedenza e che non risulteranno beneficiari di altri contributi per la fornitura totale o parziale. A parità di condizioni economiche, il comodato d’uso dovrà essere concesso agli studenti più meritevoli in base ai voti finali dell’anno scolastico 2012/2013 e 2013/2014.

Copiare agli esami di stato qualche volta può essere legittimo

da Tecnica della Scuola

Copiare agli esami di stato qualche volta può essere legittimo
di P.A.
La Legge italiana favorisce i copioni, anche se solo in alcuni casi particolari. Eccoli
Se in base all’art. 12 comma 5 dell’Ordinanza Ministeriale N° 41/2012, una Commissione d’esame aveva escluso dagli Esami di Stato una ragazza sorpresa a copiare un intero passo dallo smartphone nascosto malamente sotto il proprio banco, un ricorso al consiglio di Stato l’ha riabilitata. Il Tar della Campania, al quale la ragazza si era rivolta per non avere annullato l’esame, racconta Affaritaliani.it, ha rigettato l’istanza come non valida adducendo la motivazione che, anche quando si tratta di Esami di Stato, possono essere applicate le sanzioni previste nell’ambito dei concorsi pubblici, con particolare rilievo per ciò che riguarda il DPR N° 323/1998 all’art. 13. Non soddisfatta dalla decisione del Tribunale Amministrativo, la ragazza tramite il proprio legale è ricorsa nientemeno che al Consiglio di Stato. La Difesa ha fondato il ricorso in appello sulla base del carattere non vincolante della sanzione oggetto della questione, evidenziando peraltro come proprio all’interno dell’art. 13 comma 1 del DPR 323/1998 sia detto chiaramente che la valutazione dell’esaminando deve essere stabilita da un complesso di fattori come, ad esempio, il curriculum scolastico e le competenze acquisite durante il percorso formativo. Prima dell’esame vero e proprio, dunque. La valutazione in sede di esame di uno studente, allora, deve essere complessiva del percorso di studi condotto fino a quel momento e anche della peculiare personalità del soggetto. Discorso diverso dalla situazione dell’esaminando di un concorso pubblico: la qualità del percorso individuale vale solo nella misura in cui viene dimostrata nella prova d’esame così come il comportamento durante l’atto dell’esame diventa determinante sul suo esito, ecco spiegata la lettera dal succitato art. 12, comma 5 dell’O.M. n. 41/2012. La studentessa in questione, durante gli anni del percorso scolastico, aveva costruito un eccellente percorso scolastico, cosa che non poteva essere ignorata nella necessaria valutazione complessiva. Resta da chiedersi, allora, perché abbia sentito la necessità di copiare durante la prova. Ma questa è un’altra storia dato che, nel frattempo, la Corte ha annullato la sentenza del TAR.

La scuola resta in Carrozza e prosegue con il suo programma

da Tecnica della Scuola

La scuola resta in Carrozza e prosegue con il suo programma
di Lucio Ficara
Il senatore Giovanardi parla di una possibile scissione all’interno del PdL. Letta potrebbe ottenere la fiducia e proseguire nel suo cammino.
Dalle notizie di queste ultime ore, sembrerebbero arrivare segnali rassicuranti che darebbero fiducia all’esecutivo guidato da Enrico Letta. Il senatore Giovanardi lancia la notizia clamorosa di una possibile scissione all’interno del PDL, infatti dichiara: “abbiamo i numeri, siamo anche più di 40, e siamo fermi nel voler mantenere l’equilibrio di governo. Per questo voteremo la fiducia. Il problema dei numeri al massimo è degli altri”.  Una dichiarazione che fa ben sperare ed allontana i gravi timori, alimentati oggi dal presidente del parlamento europeo Martin Schultz, in un’intervista all’Ansa. In buona sostanza ci sono problemi così urgenti da affrontare per l’Europa e per l’Italia, che ci viene chiesto dalla stessa Europa il massimo della responsabilità e della stabilità politica. Questo è il motivo che sta spingendo i politici più moderati e responsabili del PDL a votare la fiducia al governo Letta.  Questo nuovo quadro politico, che con ogni probabilità si potrebbe verificare da domani, si baserebbe su tre coordinate principali: durata dell’esecutivo fino al 2015, modifica della legge elettorale e varo dei provvedimenti economici necessari. E per la scuola cosa accadrà? Visto il lavoro svolto fino ad oggi dall’attuale ministro dell’istruzione e la collegialità con cui sono stati presi tutti i provvedimenti fino a questo momento, si può dire che la scuola, sempre che domani non succeda l’imponderabile, resta in “Carrozza”, pronta a proseguire il suo programma.  La prima cosa da fare, lo ha affermato lo stesso ministro Carrozza, è la conversione in legge, nel più breve tempo possibile del decreto legge n. 104/2013. Ma c’è tanto altro da fare, ad esempio sul gravoso tema della dispersione scolastica, dove lo Stato non può esimersi dal trovare soluzioni a questo problema, che al sud si collega evidentemente con i circuiti delle organizzazioni malavitose. Inoltre nel prossimo anno e mezzo, si spera di affrontare anche il tema del rinnovo del contratto della scuola e della valorizzazione professionale dei docenti. Adesso attendiamo domani per capire se tali previsioni saranno confermate dai fatti e se così fosse, potremmo dire che a vincere non è stato l’esecutivo Letta, ma l’Italia tutta.

Abbandono scolastico, l’Italia prima in Europa: ogni anno lasciano 700 mila ragazzi

da Tecnica della Scuola

Abbandono scolastico, l’Italia prima in Europa: ogni anno lasciano 700 mila ragazzi
di Alessandro Giuliani
Con il 17,6% siamo ancora lontani dal 10% indicato dall’Ue: il dato aumenta al Sud Italia e si riduce al Centro-Nord. Avviato uno studio nazionale che avrà come capofila la onlus Intervita, con l’associazione Bruno Trentin della Cgil e la Fondazione Giovanni Agnelli: il fine è identificare la tipologia, i ragazzi che lasciano i banchi di scuola, i tipi di intervento e la loro efficacia.
Ammonta a circa 700 mila la quota di ragazzi e ragazze che ogni anno lascia i banchi di scuola oppure li frequenta saltuariamente tanto da non avere alcuna possibilità di successo formativo. Sono i preoccupanti dati nazionali sulla dispersione scolastica, ricordati il 1° ottobre a Roma dai realizzatori di uno studio che avrà come capofila la onlus Intervita, con l’associazione Bruno Trentin della Cgil e la Fondazione Giovanni Agnelli.
Questi i numeri: con il 17,6% di ragazzi che abbandonano gli studi l’Italia, secondo i dati Istat ed Eurostat, è in fondo alla classifica europea; un gap pesante con il resto dell’Europa, dove in media l’abbandono scolastico è del 14,1%. Nei paesi di pari sviluppo socio-economico la media è molto più bassa: in Germania è 10,5%, in Francia 11,6%, nel Regno Unito 13,5%. Il dato aumenta al Sud Italia, dove è al 22,3%, mentre al Centro-Nord di attesta intorno al 16%.
A ben vedere, in Italia rispetto al 2000, quando erano il 25,3%, i cosiddetti early school leavers sono diminuiti, con un primo passo avanti verso il raggiungimento dell’obiettivo Europa 2020 del 10%. Un dato su cui è prudente il sottosegretario all’Istruzione Marco Rossi Doria: “C’è un lento miglioramento dei dati sulla dispersione, assolutamente insufficiente, che deriva dallo sforzo immane delle scuole pubbliche. Il danno alle possibilità di sviluppo e il fallimento formativo sono stati finalmente messi in relazione con strumenti molto più fini che in passato”, ha aggiunto il sottosegretario intervenendo alla presentazione degli obietti della ricerca.
“Colpisce soprattutto – per Valeria Fedeli, vice presidente del Senato – che al Sud quasi un ragazzo o una ragazza su 4 abbandonino la scuola: in un circuito esponenziale che unisce dispersione scolastica e disoccupazione giovanile con la criminalità. Con un danno per la società che perde capitale umano”.
La ricerca che parte il prossimo mese e i cui risultati saranno presentati tra un anno, ha come aree di riferimento le province di Milano, Roma, Napoli e Palermo. Il fine è identificare la tipologia e il numero di ragazzi che lasciano i banchi di scuola e i tipi di intervento e la loro efficacia. Intervita ha già lanciato lo scorso anno un progetto pilota con Frequenza 200, duecento come il numero dei giorni di lezione che la scuola deve garantire per legge, che prevede attività di un centro diurno operativo 5 pomeriggi a settimana. Il network coinvolge 800 insegnanti e dirigenti scolastici, 2.500 famiglie e gli operatori sociali in attività educative.
Un piano ambizioso, dunque, che prevede il coinvolgimento di più settori: la scuola, del resto, di fronte ad un fenomeno complesso e trasversale come quello dell’abbandono scolastico precoce da sola non può farcela a vincere la sfida.

“Una follia” se il Dl Scuola non passasse

da Tecnica della Scuola

“Una follia” se il Dl Scuola non passasse
“Sarebbe una follia per il Paese se il decreto Scuola non venisse convertito per manovre politiche”: a dirlo Gianluca Galletti, sottosegretario all’Istruzione, a Bologna per il Consiglio straordinario indetto dalla Provincia per l’avvio dell’anno scolastico
Nel decreto, ricorda Galletti, “abbiamo messo 400 milioni di euro per migliorare la situazione delle scuole”, soprattutto sul fronte del diritto allo studio: ci sono, ad esempio, fondi per l’acquisto dei libri e in aiuto delle famiglie meno abbienti. “Se non venisse convertito in legge per manovre politiche sarebbe una follia, una grandissima occasione persa per la scuola e per il Paese”, insiste il sottosegretario, facendo riferimento alla crisi di Governo che si sta consumando in queste ore. Galletti rivendica poi l’impegno che l’Esecutivo delle larghe intese ha messo sulla scuola. “Abbiamo segnato un’inversione di tendenza- afferma il sottosegretario- in questi sei mesi abbiamo dato un esempio per chi dovra’ governare un domani. Scuola, universita’ e ricerca sono al centro del nostro programma come scelta strategica e industriale per il futuro del Paese”. E aggiunge: “La spending review non tocchera’ piu’ il settore della scuola”

Chiarimenti sulla partecipazione ai corsi di specializzazione per il sostegno

da Tecnica della Scuola

Chiarimenti sulla partecipazione ai corsi di specializzazione per il sostegno
di L.L.
L’Università Luspio di Roma pubblica due faq in vista della scadenza del 10 ottobre per la presentazione delle domande
Come abbiamo già comunicato in una precedente notizia, l’Università Luspio di Roma (per il momento l’unica) ha pubblicato il bando per la selezione di candidati ai corsi di sostegno.
Sono disponibili n. 100 posti per la specializzazione nella scuola dell’infanzia, n. 150 posti per la specializzazione nella scuola primaria, n. 150 posti per la specializzazione nella scuola secondaria di primo grado e n. 100 posti per la specializzazione nella scuola secondaria di secondo grado.
In vista della scadenza per la presentazione delle domande di iscrizione (ore 24:00 del 10 ottobre 2013), l’Università chiarisce i seguenti aspetti:
 
Docenti di ruolo e corsi per il sostegno:
Al fine di dissipare ogni equivoco, si comunica che i docenti di ruolo di ogni ordine e grado della scuola italiana possono partecipare ai corsi di specializzazione per il sostegno organizzati da questo Ateneo, considerato che il DM del 30 settembre 2011 non contiene alcun riferimento in proposito.
Abilitazione per l’infanzia, primaria e corsi per il sostegno:
In considerazione delle numerose richieste di chiarimento circa la possibilità di partecipare ai corsi per il sostegno da parte di insegnanti in possesso del titolo di abilitazione magistrale o di diploma magistrale, conseguiti prima dell’a.s. 2001-2002, si precisa che è possibile partecipare alla selezione, e quindi ai corsi, se si è in possesso del titolo di abilitazione comunque conseguito. L’abilitazione – e non il diploma abilitante – è il requisito di accesso.