Perché analfabeti?

Perché analfabeti?

di Claudia Fanti 

MEDITERRANEO

In giorni come questi che vedono il nostro Mediterraneo come un’immensa bara liquida  ancora di più mi dispiace immensamente che abbiano tolto lo studio della Storia fino al ‘900 alle elementari. E’ stata la più grande delusione provata nel silenzio, anzi nel compiacimento di molti, come non si ritenessero i bambini in grado di ragionare e di riflettere…Tra l’altro andando in visita a un museo della Resistenza, la nostra guida mi ha confermato che i bambini di 10 anni sono sempre stati quelli più attenti e profondamente interessati. Il fatto é che ci stanno togliendo un pezzo di libertà e di democrazia alla volta, negli anni, piano piano. E’ una strategia che risulta efficace quando il popolo è in tutt’altre faccende affaccendato o alza le spalle indifferente al suo destino…adesso il tempo si è accelerato…il precipizio è sotto gli occhi di tutti…ma parliamo pure di…

 

DIRITTI…

dell’ infanzia e dell’adolescenza anche qui all’interno delle nostre frontiere. Essi sono calpestati per prima cosa quando uno Stato non si occupa della loro istruzione: ce lo ha insegnato anche il piccolo Iqbal pakistano. L’istruzione è il primo bene, quello che consente a un essere umano di affrontare il facile e il difficile della propria e dell’altrui vita. Eppure ora si parla molto di Indicazioni, curricoli, conoscenze, competenze, cittadinanza, comunità educante, ecc…ma di contro non vedo e non sento parlare pragmaticamente di una mossa sensata per ricostruire e per ridare il maltolto in termini di tempi, spazi fisici, numero adeguato di alunni e insegnanti. In Italia ancora una volta si perderà l’occasione di riannodare i fili della memoria storica- pedagogica a quelli del presente che sta lì sotto i nostri nasi con tutte le sue macerie prodotte da politiche scolastiche senza un senso. Nelle preoccupazione della politica la scuola è un’appendice, un allegato, un settore in cui sperimentare (ogni legislatura) come togliere, tagliare, ridurre; un settore da subissare di documenti e circolari. Dove stanno i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in tutto ciò? Ognuno di noi si arrangia a tappare le falle aggiornando e aggiornandosi, studiando modi per tamponare, lavorando con quello che ha e inventandosi quello che non ha, così, come capita sovente in questo Paese: i singoli compensano, forse anche troppo, considerato che poi il ritorno è spesso un calcio nei denti dal centro e un ulteriore calo di risorse.

Ora che la scuola ha dato già “abbastanza”, come sostenne il sottosegretario, si inizia una “stagione rifondativa”…ma su quali basi? Sono curiosa di “vedere” investimenti in persone, strutture, strumentazioni, materiali, diminuzione di alunni per classe…oppure dovrò “vedere” ancora aggiornamenti sulle Indicazioni, prove di valutazione, test, quiz…che valutano l’isola che non c’è? Cosa ci faranno “vedere” ancora? Quali fuochi d’artificio? Saranno le citate Indicazioni a rifondare la scuola? E’ stato il mega concorso scaccia precari? Chi crede ancora a un possibile ministero della ragione dopo anni e anni di “arrangiatevi”?

 

L’OCSE

Non ci voleva l’Ocse per capire la direzione volontariamente imboccata dalle politiche scolastiche. Una direzione verso il degrado finale, la soluzione finale delle intelligenze italiane a favore di pochi italiani come pochi sono quelli con portafogli gonfi e ben protetti. La nostra Repubblica è giovanissima così come la nostra unità fatta a prezzo dei sacrifici di tanti giovani combattenti. Ma noi caparbiamente ci vogliamo confrontare con storie diverse e modalità diverse di fare scuola, direi educazione. Noi come sempre vorremmo essere ciò che ancora non possiamo e forse non vorremmo essere, e comunque vorremmo farlo senza gradualità, senza investire, senza tenere conto del tessuto sociale su cui la nostra istruzione dovrebbe creare i presupposti per partire verso una rinascita del Paese che sta arrancando anche in economia e scadendo agli ultimi posti tra le nazioni. Vorremmo chiudere gli occhi, invece di valorizzarla, la tendenza, unica portatrice di qualche riconoscimento estero, verso l’artigianato, verso la ribellione agli schemi e alle griglie di norme capestro e alti traguardi da raggiungere in modo prescrittivo.

Infatti l’imboccare una via italiana dell’istruzione è stato tentato nel passato da veri e propri pionieri della pedagogia e a volte i ministri hanno colto i loro insegnamenti e hanno tentato di adottarli su scala nazionale, ma poi sono stati traditi dalla fretta con la quale questa o quella parte politica hanno tentato dei rivolgimenti in direzione di test e griglie dal sapore esterofilo  al contempo mandando un messaggio di assoluto disinteresse tagliando tutto il possibile e l’impossibile.

 

IL PASSATO

Scrivere dei salti in avanti fatti nel passato  non paga perché immediatamente si vien tacciati di non guardare avanti, tuttavia bisogna farlo se si vuole essere onesti con la cosiddetta utenza e con se stessi, e pure con il ministro che mi pare non conoscere la storia importante dell’ordine di scuola che più di ogni altro è stato colpito dalle riforme e dalle modifiche costanti alle stesse riforme in atto: la primaria.

Negli anni ’80 si è assistito a una vera e propria rinascita della istruzione-cultura di base sotto l’allora ministro Falcucci. La spinta dei pionieri che prima di lei avevano letteralmente fatto il tempo pieno e avevano sperimentato liberamente strade per raggiungere la mente di ogni bambino e ragazzo anche in condizione di deprivazione culturale era evidente. Non si poteva non tenerne conto e così l’Italia si dotò di un sistema scolastico che venne studiato persino dai Giapponesi, i quali entrarono nelle nostre aule con tanto di traduttori tecnologici e macchine fotografiche. Il nuovo sistema era costoso? Certamente. Come negarlo. Tempo pieno e moduli presupponevano un esercito di insegnanti e di materiali da far circolare, ma tanti giovani dettero impulso a una scuola ricca di idee, originalità, saperi condivisi dai team. I risultati erano sotto gli occhi di tutti. E dai conflitti tra insegnanti che nel passato erano stati abituati ad essere monadi nacquero stimoli nuovi, aggiustamenti in campo didattico. E se è vero che a volte si rischiava la secondarizzazione, altrettanto vero è che gli insegnanti erano spinti al confronto e alla sana competizione culturale e pedagogica.

Ovvio che ci fossero anche sacche di inefficienza e conflittualità eccessiva, ma nel complesso il sistema era vitale e dinamico.

 

IL TERRENO

Ora ci troviamo con Indicazioni nuove che andranno a innestarsi sul terreno poverissimo di una scuola umiliata e sbeffeggiata in tutto il mondo, la quale giornalmente deve affrontare tagli e riduzioni di organico, assoluta miseria di mezzi e di spazi. Una scuola che non vedrà entrare le nuove leve di insegnanti precari perché gli anziani saranno bloccati per anni dall’ultima legge sui pensionamenti, una scuola che secondo le Indicazioni dovrebbe aprirsi al mondo armata dei codici formali delle discipline in ambienti di apprendimento attenti alle persone e alla crescita individuale ma che non può più contare neppure su compresenze e lavori di piccolo gruppo, una scuola che in molte zone del Paese ha numeri di alunni per classe che superano quello di squadre di calcio a confronto sul campo di gioco più le riserve della panchina! Una scuola che deve fare i conti con situazioni familiari angoscianti ed economicamente distrutte, le quali stanno giustamente pensando a come reggere in attesa di una ripresa che tanti economisti ci dicono essere di là da venire se non impossibile!

 

ATTENZIONE AL TERRENO!

La testa dei decisori politici e di coloro che fra poco ci dovranno formare a nuovi scenari pedagogici dovranno essere molto attente a non illudere e a non prevaricare le coscienze dei bravi insegnanti e delle loro scelte pedagogiche in atto nella situazione contingente, dovranno essere molto aperte a un pragmatico senso di realtà, altrimenti non vedo possibilità di incontro fra la teoria e la prassi sul terreno di una concreta lotta alla dispersione e agli abbandoni.

Partiranno i corsi di formazione sulle Indicazioni, scuola media e scuola primaria, una cosa tipo quella che fu fatta nel 1985 per i Nuovi Programmi: esperti, commissioni di studio, nuovi referenti di commissioni…Il miur ha già parlato di cifre da investire su reti di scuole: sembra una cifra piuttosto considerevole, alcune migliaia di euro da suddividere tra singole scuole, tuttavia per ognuna di esse il budget si ridurrà a poco: forse sempre troppo. Sicuri che  i soldi non sarebbero serviti per ben altro? In ogni modo, la situazione delle scuole è molto diversa da quella del 1985: i tagli ci hanno massacrato, gli stipendi sono bloccati, il precariato è aumentato, gli insegnanti anziani aumentano e aumenteranno vista la recente riforma sulle pensioni, alle elementari c’è il maestro unico, il tempo pieno è stato snaturato e in buona parte del territorio non c’è, le poche compresenze sono impiegate in supplenze: se anche le Indicazioni fossero splendide, mi chiedo come potrebbero i dirigenti pretendere il grande entusiasmo che c’era tra i giovani nel 1985 per la “rivoluzione” dei programmi e per l’ organizzazione che si trasformava: dal maestro unico alla nascita dei moduli e al consolidamento del tempo pieno che si sarebbe dovuto estendere. Chi vivrà vedrà, ma credo che in pratica tutta la partita sarà durissima: impegnare e motivare ulteriormente le persone, già alla canna del gas, non sarà impresa facile, anche se spesso ci viene detto che l’insegnamento è efficace se ci si mette il cuore, e vorrei aggiungere fisico, fiato e ascolto del cuore degli altri, colleghi compresi. Poi ci si chiede: ma chi decide per noi ci mette il cuore per capire che ci vuole cuore per pretendere il cuore degli altri? Ecco, ho l’impressione netta che questo cuore negli anni si sia sempre più inaridito e che abbia preso la forma di forbici e righello.

 

IL DOVERE DI ESEGUIRE

I dirigenti ci ripetono che essere insegnanti significa impegnarsi al rispetto delle regole. Con la conseguenza che se le regole non si rispettano si viene sanzionati, ma quando le regole sono dannose e vanno contro la coscienza professionale?

Norme o non norme, noi insegnanti in scienza e coscienza dobbiamo affrontare i problemi contingenti di ogni alunno e classe e risolverli nella realtà senza attendere circolari e decreti. Mi permetto di dire che in Italia esperienze di valore non proprio a norma esistono da anni, ma sono costrette alla clandestinità dai dirigenti che pur apprezzando e condividendo, ci dicono di fare senza dare pubblicità alla cosa, oppure dirigenti, che pur condividendo, cercano di bloccarci o ci bloccano in corso d’opera per via delle norme. Invece sarebbe proprio utile far sapere ciò che di buono si fa di “anormale”, altrimenti non si cambia: se ci sono risultati ottimi e evidenti per tutti, anche per gli alunni che partivano in condizioni di difficoltà, perché non avere il coraggio di provare o di dire alla luce del sole che ci sono  ottimi risultati proprio contrari alla “norma”? Omologarsi senza tentare è il male della scuola attuale. Se è vero che fondi e progetti piovuti dall’alto potrebbero aiutare economicamente, è altrettanto vero che la scuola dal basso deve avere l’aria per respirare e per poter illustrare pubblicamente nuove strade già intraprese con successo anche se non propriamente a norma! L’asfissia, il nascondimento, la clandestinità a chi giovano? Spero che qualcosa cambi davvero nel futuro, ma vorrei che fossero le scuole a poter dire la loro, a sperimentare (le sperimentazioni sono state bloccate dalla Gelmini), e non i governi per mezzo del ministro di turno e dei suoi sottosegretari che invece di lanciare direttive o fare annunci o continuare a parlare di lotta alla dispersione, dovrebbero ascoltare le “normali” aule vive e presenti, verificare e, infine, dare fuoco alle polveri.

E’ assolutamente prioritario ragionare su ciò tutti insieme senza preconcetti e pregiudizi. Spesso il ministero ha dato l’impressione alla scuola “normale” di non essere tenuta in considerazione, spesso si ha l’impressione che essa sia tenuta in un cantuccio per il suo essere “normale” e poca cosa. In realtà scuole “normali” non esistono, esistono scuole e scuole e di tutte si dovrebbe tener conto perché in esse abitano i figli di tutti con problemi diversi e diversi gradi di rischio dispersione e abbandono. In queste scuole gli insegnanti motivati tentano strade e soluzioni che andrebbero “lette”, “analizzate” con il dovuto rispetto verso chi ci lavora.

 

I LABORATORI

Sovente ci viene ripetuto che la scuola deve essere laboratoriale, ma cosa dovrebbero essere i laboratori? Attenzione, bisogna cominciare a riflettere, perché se per laboratori si intendono i mega progetti di circolo o di istituto che costringono docenti e studenti a prendervi parte anche non condividendoli, non ci siamo proprio e purtroppo sono alquanto diffusi per una mal interpretata visione di cosa sia una comunità educante che deve favorire lo sviluppo di capacità critiche e metodo di studio autonomo. Bisogna cominciare a intendersi su cosa sia una didattica laboratoriale su ogni più piccolo segmento dell’educazione-istruzione. Si nota invece spesso una dispersione di energie e una tendenza a non tirare le fila dei progetti unitamente a una frettolosità nell’insegnamento di strumentalità di base con l’utilizzo di accumulo di compiti a casa, fotocopie, test. Ai dirigenti e al ministero piacciono i mega progetti, anche costosi, perché danno visibilità e attirano le simpatie dell’utenza e non si interessano del lavoro faticoso, silenzioso e meno appariscente che produce risultati sia sul piano delle relazioni sia su quello degli apprendimenti e recupera alunni in difficoltà valorizzando anche chi tali difficoltà non ha.

 

LIBERTA’

La libertà degli insegnanti di scegliere percorsi e strategie, metodi di valutazione è fondamentale affinché si possa insegnare al di fuori di schemini e griglie che imbrigliano l’entusiasmo e la volontà di ricercare e aggiornarsi anche individualmente. A coloro che formeranno gli insegnanti prossimamente sulle Indicazioni andrà consigliato di stare con i piedi per terra e di rifuggire dall’esaltazione di mega progetti con laboratori, all’interno dei quali tanti si sentono sicuri e protetti: nella massa si può anche sopravvivere, ma gli alunni, specialmente quelli da recuperare, si perdono e non arrivano mai a consolidare apprendimenti.

Ma perché dirigenti e insegnanti, interi Collegi, a periodi ciclici si fissano su alcuni must del momento come fossero oro colato? Cos’è questa mania che fagocita ogni libera facoltà di pensiero critico e indipendente? Ma vogliamo ricordare che siamo tutti esseri abili a leggere la realtà, a trovare soluzioni, a trovare rimedi e strade originali anche in base alle realtà che viviamo senza per forza fare riferimento alle parole in voga e ai voleri del ministero e dei tecnici del momento. Veramente non è possibile confrontarsi sempre con gli stessi vocaboli: allora, vediamo, nell’epoca contemporanea il tempo maggiore è impiegato a destreggiarsi con curricoli, verticalità, autovalutazione e valutazione, test Invalsi, stesura di verifiche a crocette, griglie di ogni tipologia di giudizio per sostenere il voto per descriverlo (che è una contraddizione in termini), valutazione di istituto, pof, bes ecc…Fra qualche anno tutto sbollirà come sempre e ci faremo un po’ pena dopo esserci resi conto per l’ennesima volta che abbiamo perso tempo e che per ottenere i risultati sperati dovremo tornare a pensare e a proporre ricerche e sperimentazioni legate ai bisogni degli studenti, gli unici di cui praticamente non si parla mai nella scuola che invece dovrebbe nominarli continuamente anche come singoli… parliamo di loro soltanto all’uscita da scuola con i colleghi, quasi di nascosto: di questo abbiamo bisogno, di trovare soluzioni possibili e ci vogliono ore e ore, scambi di vedute continue…ore e ore aggiunte a quelle quasi inutili!

Tutto il nostro futuro, se non cambierà qualcosa a breve, sarà condizionato da alcuni termini che ne faranno inorridire altri: meritocrazia, efficienza, produttività, valutazione-giudizio-punteggi-voti, individualismo, differenziazione, prescrittività di traguardi, test, velocità dei tempi di reazione (Profumo docet), giovanilismo…insomma mors tua vita mea….tutto ciò che appartiene all’area semantica della selezione tornerà a trionfare con un balzo indietro di un’intera epoca e si opporrà ad altri termini che molti di noi amano e cioè solidarietà, condivisione, comprensione, valorizzazione delle differenze, lavoro di equipe, relazione, interdipendenza, concordia, start up delle originalità e della creatività…sarà dura resistere negli ambienti di lavoro e praticare ciò in cui crediamo, ma dovremo opporci ai termini prima citati sperimentando una caparbia obiezione di coscienza a tutto ciò che vorrà condurci lontano dalle nostre radici di umanità.

 

LENTEZZA

Oggi più che mai una scuola lenta, paziente, determinata a dare strumenti meditati ed efficaci, non è una moda di qualche pedagogista originale, è un’ assoluta necessità che riguarda la tenuta dell’intero sistema: mai più di ora, in un momento in cui mancano punti di riferimento, i genitori sono drammaticamente coinvolti nella crisi economica che coinvolge anche l’affettività e l’emotività, la tenuta psicologica, le modalità del vivere, i rapporti difficili della coppia genitoriale, i nonni che lavorano ancora e mantengono i figli…mai più di ora si è percepito quanto sia fondamentale prestare attenzione alle difficoltà di apprendimento, ai conflitti cognitivi, al nervosismo che trasuda dalle azioni dei piccoli, e quanto sia necessario incalzare il ministero per le sue responsabilità immense e per le sue scelte.

Avete presente lo scandalo che ha suscitato l’annuncio di un anno in meno alle superiori? Ebbene qualcuno pensa sia giusto (comincia a leggersi tale ipotesi in rete) toglierne uno nel primo ciclo, primarie e medie! Ebbene, se ciò dovesse prendere forma, alcuni di noi faranno le barricate  contro chi lo propone così come ora le si fa convintamente per le superiori. E non ci importerà il giudizio di nessuno, sia ben chiaro, proprio perché sono ben presenti sia la situazione di apprendimento/insegnamento del primo ciclo sia i bisogni dei bambini e delle bambine in carne e ossa. E non ci importerà da chi verrà l’ultimo attacco, destra, sinistra, centro, proprio sarà per noi assolutamente ininfluente. E’ questione di consapevolezza professionale qui e adesso e cioè in Italia (gli altri Paesi facciano ciò che preferiscono) e nella situazione in cui ci troviamo, soprattutto dal punto di vista linguistico (v.De Mauro), ma non soltanto per ciò. Chi ha un’idea di pedagogia e didattica, oltre che di psicologia dell’età evolutiva, so che converrà.

 

VALUTAZIONE

Oggi più che mai, inoltre, come scrive anche Maurizio Tiriticco nel suo “Signoriii… in Carrozza!!!” “la valutazione degli apprendimenti non può prescindere dal superamento del sistema della valutazione decimale. Il ritorno ai voti nel primo ciclo di istruzione ha significato soltanto sferrare un duro colpo a decenni di ricerca valutativa. Si tratta di condizioni che il ministro non ha affrontato, ma che a mio avviso sono ineludibili se si vuole andare – come lo stesso ministro auspica – verso “un miglioramento complessivo del sistema scuola, anche mediante un approfondimento concreto del rapporto tra qualità degli apprendimenti e sviluppo della qualità dell’insegnamento”.

Vorrei una campagna contro i voti nella scuola di base. Insieme voti e prove Invalsi, strettamente intrecciati in un abbraccio asfissiante, sono l’assurdità pedagogica più evidente. Non c’è un insegnante che non lo sappia e non lo affermi più o meno esplicitamente. Sono la gramigna che infesta ogni possibile ragionamento sulla valutazione e su una didattica diretta alla crescita umana e culturale di tutti. Eppure credo che, considerata la testardaggine con la quale si insiste sulle prove accompagnate dai voti dei singoli alunni da inviare all’Invalsi, non si profili all’orizzonte una loro sensata eliminazione. Il giorno in cui giustizia pedagogica sarà fatta, la scuola di base tornerà a respirare l’aria pulita della razionalità e della collaborazione in apprendimento e educazione fra alunni e alunni, fra alunni e adulti, fra adulti e adulti, insegnanti e famiglie.

 

IL CAMBIAMENTO

Leggo di cambiamento della scuola per mezzo di classi aperte, tecnologie, strabilianti richieste di mutamento, di curricoli “curvati” a seconda delle priorità di una scuola. Ma mi chiedo, qualcuno di quelli che scrivono di scuola ha mai riflettuto su quali siano le reali esigenze di bambini e bambine? Prima di tutto i piccoli hanno un estremo bisogno di amici (non ne hanno perché non hanno la comunità del cortile, della strada come un tempo) e di una appartenenza (alla classe) che tra l’altro va costruita nei tempi lunghi dei cinque anni della primaria (e a volte non basta), poi hanno necessità di parlare, confrontarsi con i pari insieme con l’insegnante che conduce garbatamente e con discrezione la conversazione, e ancora hanno l’esigenza di sperimentare in concreto attività con i compagni di classe per ciò che riguarda lento pregrafismo, calcoli, riconoscimento di forme e figure, materiali (sovente non hanno mai avuto esperienza diretta e costante di denaro, capacità, peso, misura di alcun tipo, ecc…). Essi il più delle volte a casa non hanno mai visto i genitori leggere un libro o recarsi a un museo, o dedicarsi a un’uscita in campagna con la famiglia. Non sanno cosa sia il loro passato, il loro albero genealogico, cosa sia un atlante, un dizionario…Di contro ci sono bambini che stanno lontani da scuola un mese perché i ricchi genitori li portano con sé in lunghi viaggi, ma poi non sanno dire in quale luogo sono stati…oppure hanno esperienze di tutto tranne che di problem solving contingenti e di lingua parlata…Cerchiamo di ricordarcelo prima di “pensare” a tipologie stravaganti di scuole per il futuro. Ascoltiamo gli insegnanti bravi, profondi, riflessivi e di esperienza prima di esporre la scuola ad altre alchimie modaiole…! Altrimenti la superficialità e il populismo temuti e cacciati dalla porta, rientreranno dalla finestra. Il lavoro dell’insegnante, se si vuole un vero cambiamento, deve essere il lavoro sul piccolo, sull’attesa, sulla lenta costruzione del sapere e delle relazioni in classe, sulla gestione dei conflitti…guai a pensare ai bambini e ai ragazzi come macchine per apprendimenti segmentati e veloci a seconda delle richieste dell’attuale…

 

GIOCO E TECNOLOGIE

Nessuno più riflette ad esempio su come ricada la carenza di gioco e autonomia sulla crescita, sulla personalità, sull’apprendimento significativo, il quale a me pare risentire in modo evidente di un ritardo dello sviluppo emotivo: la fragilità davanti a ogni minima frustrazione blocca il cognitivo. Paradossalmente anche la voglia di leggere è diminuita a causa di ciò, infatti la lettura è anche la ricerca dell’altro, di un pensiero diverso dal proprio, ecc…quindi il calo dei lettori mi pare rivelare un rifiuto del rischio del poter entrare in crisi.

Sempre più ritengo che tanti dei problemi scolastici degli alunni dei diversi gradi di scuola nascano dal fatto che da bambini non si sono mai potuti misurare con i pari in veri e propri momenti liberi in cortile, per la strada, in piazza! Osservando i bambini e le bambine di prima che dopo qualche giorno di scuola, superate le prime timidezze, letteralmente si “eccitano” in modo esponenziale e rivolgono le loro attenzioni soltanto ai compagni in un crescendo di chiacchiere, di scherzi, lotte in giardino e in classe durante le lezioni, calci e pugni, abbracci stritolanti e dichiarano che a scuola si sta benissimo perché si fanno amicizie, non posso che ricevere conferma di ciò che penso. Le maestre organizzano attività splendide, motivanti, strutturate, ma l’interesse dei bambini è verso i bambini, verso i pari con i quali per la prima volta possono entrare in contatto nei momenti liberi in modo autonomo e senza la mediazione dell’adulto…l’apprendimento può attendere, affascinante per loro è il misurarsi in qualsiasi modo con i pari… Quanto tempo riusciamo a dedicare alla relazione, al dialogo, alle conversazioni significative con bambini e bambine? Riusciamo a trovare un equilibrio tra le attività di fare, scrivere, parlare e pensare? I rapporti fra tutte le attività sono pensati ancor prima del programmare, preparare materiali e verifiche? Ci prendiamo il tempo per ascoltarci reciprocamente e lasciare che le pagine dei quaderni siano bianche almeno un giorno? Mi pongo tali domande quando vedo quadernoni stracolmi di fotocopie ed esercizi.

Altro che tecnologie, questo del gioco dimenticato è il problema! Inoltre da un’indagine nazionale del gennaio scorso è venuta finalmente a galla la realtà: solo quattro famiglie su dieci dispongono di una connessione Internet, per non dire di quelle che hanno connessioni a tempo…”nativi digitali”? Ritengo sia un’altra bugia del nostro tempo e la sbugiardiamo ogni giorno nel contatto diretto con l’infanzia!

Già noi insegnanti portiamo la tecnologia da casa. Ora anche gli studenti dovrebbero portarla?!  Nella mia classe alquanto numerosa dell’anno scorso, soltanto tre alunni avevano un pc di proprietà (e i genitori giustamente non concedevano loro di stare davanti allo schermo per ore). Forse quando il ministro in giro per le scuole chiese ai bambini se possedessero il pc, loro risposero sì perché lo confondono con quegli aggeggi dei videogiochi! Ma in ogni caso restiamo con i piedi per terra, questa terra! E lasciamo perdere la fola dei nativi digitali. Facciamo giocare i bambini a scuola affinché imparino facendo e all’uscita stimoliamo i genitori che possono a  farli incontrare ancora nelle reciproche case. Lasciamo che mettano a soqquadro le stanze e sgridiamoli se esagerano, così piano piano impareranno a relazionarsi, a vivere veramente…ricominciamo a parlare di vita vera. Chiaramente non ce l’ho coi tablet e i pc in sé, intendiamoci, ma ciò che ormai è insostenibile è la retorica delle tecnologie. Essa camuffa il vuoto di idee e di vita! Se al ministero si amano i tablet che si lotti per farli avere alle scuole. Altrimenti si lascino respirare e arrangiarsi docenti e studenti: la scuola funzionerebbe meglio e sarebbe libera come l’aria. Ogni volta che un ministro apre bocca con l’intenzione di farci salire più in alto, scendiamo mille gradini più in basso…in ogni ambito.

 

CONCLUSIONE

In conclusione, temo il tempo che perderanno nel futuro le scuole. Ormai la questione del tempo è diventata importante come l’aria che manca in fondo al mare. Vedo già commissioni e commissioni all’orizzonte per fare “valutazione” di sistema secondo indicatori, questionari, documenti vari da redigere, dirigenti tesi e preoccupati, docenti sempre in corsa per qualcosa che non c’è e che non è…burocrazia, progetti megagalattici! Altro che Socrate! Che bell’Europa entrerà nella scuola, proprio la più bella e sognata. W l’Europa “unita” totalmente privata di ciò che è il Mediterraneo e della sua cultura ormai incapace di mostrare le sue peculiarità più solari e umane, cultura ripiegata su se stessa, vergognosa di esistere e di esprimersi, piegata ai miti teutonici dell’efficienza, della monetizzazione di ogni umana espressione, del grigio rigore… e tutte le sue strategie comunque rivelatesi perdenti di controllo e controllori ovunque e sempre.

Sapete fare lo slalom speciale senza cadere? Ebbene, se no, nella scuola siete fuori gioco: è tutto un correre fra gli ostacoli di circolari e decreti, regolamenti, impegni e correzioni…poi se resta il tempo provate a insegnare con serenità… forse arriverete alla fine dell’anno scolastico in piedi. Diversamente ci arriverete ruzzolando lungo un pendio segnato da tutte le tipologie dei malanni che non avete avuto il tempo di curare in itinere…Io mi faccio gli auguri e li faccio ai colleghi e alle colleghe slalomisti di professione…

 

E…UN CONSIGLIO…

Facciamoci sentire: penso che noi insegnanti dovremmo essere più consapevoli della nostra stanchezza, più sereni nell’affrontare le critiche che a volte ci descrivono come una categoria di privilegiati…sono infinite le ore nelle quali dedichiamo energie psichiche totali e totalizzanti di tutta la nostra persona, perfino nel sogno…la responsabilità, la tensione giorno e notte per questo e quell’altro bambino, per questo e quell’altro genitore, nonno, parente…sono in ogni pensiero e dopo, molto dopo, viene il resto della vita quotidiana. Non c’è notte che non si lavori e non c’è un momento della giornata, anche di festa, in cui ogni cosa che vediamo non ci solleciti a trovare una parola, un atteggiamento, un gesto, un’idea nuova… che possa risolvere un problema delle persone (e sono tante e diverse) con cui veniamo in contatto nella scuola…La stanchezza nostra va rispettata e riconosciuta prima di tutto da noi stessi, strana categoria sempre alquanto autocritica, alla ricerca di legittimazione da parte della società e per ciò stesso spesso disposta alla sottomissione, all’esecuzione anche di ciò che non condivide e non le spetterebbe…

Assenze del personale docente e Ata nominato con contratto fino all’avente diritto

Assenze del personale docente e Ata nominato con contratto fino all’avente diritto ex art. 40: come vanno considerate?

 

Le nomine con contratti in attesa dell’avente diritto ex art. 40 Legge 449/97 sono sempre state considerate supplenze brevi secondo il regime giuridico previsto dall’art. 19 comma 10 del CCNL 2006-2009, dove a riguardo si legge che per le assenze dal servizio per malattia del personale della scuola, assunto con contratto di lavoro a t.d. stipulato dal dirigente scolastico, nei limiti della durata del contratto, spetta la conservazione del posto per un periodo non superiore a 30 giorni annuali, con retribuzione al 50%.

Quanto appena detto ha però negli anni prodotto delle palesi violazioni del diritto nei confronti del supplente che, pur in presenza di nomina fino all’avente titolo ex art. 40, ha occupato un posto che nella sua natura giuridica era fino al 30 giugno o al 31 agosto.

A tal proposito è intervenuto durante lo scorso anno scolastico l’USR Veneto che, dopo aver chiesto il parere dell’avvocatura Distrettuale dello Stato di Venezia, ha emanato la nota prot. n. 2957 del 12 marzo 2013 con la quale chiarisce che: “nel caso in cui il contratto stipulato “fino all’avente diritto” si riferisca a posto vacante (31 agosto) o disponibile (30 giugno) e pertanto la liquidazione delle competenze sia a carico degli Uffici del Tesoro, il contratto è equiparabile alla supplenza annuale o fino al termine delle attività didattiche.”

Importante anche la nota MIUR 6677/12 che recita: “quando al medesimo docente o ata e sul medesimo posto sia attribuita prima una supplenza temporanea in attesa dell’avente titolo e poi una supplenza annuale o temporanea sino al termine delle attività didattiche, l’intero periodo assume il regime giuridico del provvedimento attribuito a titolo definitivo”.

Ora, considerato che anche quest’anno molti docenti e personale ATA hanno un contratto ex art. 40 fino all’avente titolo e viste le diverse segnalazioni che ci giungono, che denunciano posizioni opposte nell’individuazione della normativa da applicare – malattia al 50% o malattia al 100% – l’ANIEF chiede al MIUR di voler intervenire con una nota, indirizzata a tutte le istituzioni scolastiche, che chiarisca in maniera inequivocabile quale sia la disciplina da applicare al contratto stipulato.

Pertanto, il personale docente e ATA nominato in attesa dell’avente diritto che si è visto decurtare la retribuzione per assenza di malattia a seguito di diversa applicazione del CCNL, è invitato a rivolgersi alle nostre sedi territoriali o scrivere (anche se docenti) a ata@anief.net per attivare le procedure per il recupero di quanto indebitamente detratto.

Mancano gli insegnanti di sostegno: a Lecce gli uffici li negano, il Tar li trova

da IL FATTO QUOTIDIANO
12 ottobre 2013

Mancano gli insegnanti di sostegno: a Lecce gli uffici li negano, il Tar li trova
Tiziana Colluto

Insegnanti di sostegno assegnati con il contagocce e scolari disabili costretti alla solitudine in classe per la metà del tempo. Un paradosso che, ad un mese dal ritorno tra i banchi, ancora non si sblocca. E un danno che cela la beffa, per alunni e famiglie, ogni anno: ciò che gli uffici negano il tribunale, puntualmente, riconosce. Per ottenere assistenza, quindi, si è costretti a bussare, per forza, alla porta dei giudici. La loro risposta è sempre la stessa: vittoria certa, in giudizio, per i diversamente abili. A perderci, però, sono tutti. Lo è il ministero dell’Istruzione, che preferisce soccombere nel contenzioso, piuttosto che garantire a monte i diritti che lede. Lo sono, soprattutto, gli studenti più fragili, a cui la trafila non viene risparmiata e per i quali le sentenze, pure tutte uguali e quasi sempre a loro favore, arrivano dopo mesi. Nella migliore delle ipotesi, ottengono una sospensiva all’inizio del secondo quadrimestre. Ad essere compromessa, dunque, nel frattempo, è buona parte del loro anno scolastico.

Tuttavia, altra strada al momento non c’è. Non c’è a Lecce, come non c’è nel resto d’Italia. È il motivo per cui, a partire dal Salento, è diluvio di ricorsi, forti, quest’anno, di una sentenza destinata ad aprire una breccia nel muro cheburocrazia e politica hanno elevato. È stata emessa dal Tar di Lecce lo scorso giugno. È di fronte alla giustizia amministrativa che, lo scorso anno, l’ “Associazione per la difesa dei diritti dei diversamente abili” (Addda) ha trascinato Ufficio scolastico provinciale e ministero dell’Istruzione, quest’ultimo costituitosi in giudizio e condannato poi anche al pagamento delle spese processuali. La vicenda ha preso le mosse dalla dotazione organica destinata ad una scuola primaria della città. A fronte della richiesta di due posti e mezzo, venne statoassegnato un solo posto di sostegno in deroga, determinando così un rapporto di un docente specializzato ogni tre alunni disabili, anziché di uno a due. Ricorso infondato, secondo il Miur. Tutt’altro, secondo il Tar. “La risposta data dall’istituzione scolastica provinciale, nella sua adesione ad una impostazione minimalista del problema, è del tutto insufficiente – ha scritto nella sentenza il giudice estensore Carlo Dibello -. Il diritto del disabile all’istruzione e all’educazione scolastica appartiene al catalogo dei diritti incomprimibili, per attuare i quali è giustificata anche la riduzione degli spazi di discrezionalità legislativa”.

Come dire, se la legge fissa dei limiti, la tutela dei diversamente abili impone di scavalcarli. Dunque, se gli insegnanti di sostegno mancano, vanno trovati. Non c’è storia. È ciò che avrebbero dovuto fare i funzionari dell’Ufficio scolastico provinciale e regionale. È pure ciò a cui la politica ha abdicato. È per questo che ci si aggrappa alle aule di giustizia, ultima spiaggia prima di vedere i frutti, se mai basteranno, delle immissioni in ruolo, nei prossimi tre anni, di 26mila docenti di sostegno, come disposto dal ministroMaria Chiara Carrozza.

“Nel frattempo, però, noi facciamo i conti con le storture della legge Gelmini, che ha contingentato a monte gli organici. E poi li facciamo anche con enti regionali e provinciali che non fanno alcuno sforzo per superare i tetti imposti”. A parlare èAddolorata Zingarello, membro dell’associazione Addda e, tra l’altro, preside della scuola per la quale il ricorso leccese è stato promosso. “Basterebbe applicare – continua – la legge 104 del ’92, che prevede espressamente un insegnante per ogni alunno disabile grave. Non solo, anche la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittime le disposizioni che, nel testo della legge finanziaria 2008, stabilivano un limite rigido al numero degli insegnanti di sostegno”.

È alla luce di ciò che il Tar di Lecce ha voluto rompere gli argini, in nome dei “preminenti interessi pubblicistici a che la scuola garantisca la miglior risposta possibile alle difficoltà gravanti su piccoli portatori di disabilità”.

Parole pronte a trasformarsi in grimaldello in centinaia di casi, almeno a Lecce. Solo qui, infatti, ad oggi mancano all’appello circa quattrocento docenti di sostegnoe buona parte degli assistenti specializzati, per una popolazione che sfiora i 2.800 scolari disabili. La sentenza, però, è pronta a travalicare il perimetro del Salento e a fare giurisprudenza. Al pari dei provvedimenti con cui, due anni fa, i tribunali civili di La Spezia e Milano, per gli stessi motivi, hanno condannato il ministero dell’Istruzione per “azione discriminatoria”. Gli effetti, per il momento, si possono solo ipotizzare, ma non sono difficili da immaginare. Quest’anno, in tutta Italia, gli educatori specializzati sono meno della metà degli alunni disabili.

22 e 23 novembre XI Giornata nazionale della sicurezza nelle scuole

Torna il 22 e 23 novembre l’XI Giornata nazionale della sicurezza nelle scuole.
C’è tempo fino al 25 ottobre per iscriversi su www.cittadinanzattiva.it

Anche quest’anno si rinnova l’appuntamento con la Giornata nazionale della sicurezza nelle scuole, promossa da Cittadinanzattiva, nell’ambito della campagna nazionale Impararesicuri, e in programma in tutta Italia i prossimi 22 e 23 novembre.
Le scuole possono partecipare compilando, entro il 25 ottobre, l’apposito modulo online al link http://j.mp/XIGiornatasicurezzascuole.
Edifici sicuri, piani comunali di emergenza, benessere e corretta alimentazione, uso responsabile di internet, sono i temi principali della XI Giornata e su questi le scuole che avranno aderito riceveranno gratuitamente materiale informativo ad hoc, diversificato per fasce di età.
Alle scuole di ogni ordine e grado sarà inviati il Manifesto della Giornata e la Locandina sulla importanza della prima colazione; agli studenti delle scuole dell’infanzia e primarie sarà destinato anche un Gioco di carte sui numeri utili da conoscere in caso di emergenza e sulla segnaletica di sicurezza; gli studenti delle scuole secondarie di primo e secondo grado riceveranno anche  la Guida multimediale “La salute vien cliccando?” sui rischi dell’acquisto online di farmaci e prodotti per la salute.
Le scuole aderenti, inoltre, potranno organizzare, anche in collaborazione con le assemblee locali di Cittadinanzattiva, specifiche iniziative sul tema della sicurezza scolastica.

La Giornata nazionale della sicurezza nelle scuole del 2012 si è svolta sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica e con i patrocini della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Dipartimento nazionale della Protezione Civile e in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca.

Unicef, 31 milioni di bambine non vanno a scuola

da LaStampa.it

Unicef, 31 milioni di  bambine non vanno a scuola

“L’istruzione può trasformare la vita delle ragazze e rafforzare le comunità in cui vivono”

Sono 31 milioni le bambine che, nel mondo, non frequentano la scuola primaria e 34 milioni la scuola secondaria. L’allarme arriva dall’Unicef in occasione della Giornata Internazionale delle Bambine.

Un anno di scuola primaria in più – spiega l’Unicef – aumenterebbe la futura retribuzione di una ragazza dal 10 al 20%; un anno di scuola secondaria in più dal 15 al 25%.

«L’istruzione può trasformare la vita delle ragazze e rafforzare le comunità in cui vivono – ha dichiarato Anthony Lake, direttore generale dell’Unicef – L’innovazione può aiutarci a raggiungere ogni ragazza trasformando l’istruzione.»

Nel 2011, 69 milioni di adolescenti in età da scuola secondaria inferiore non frequentavano la scuola, di cui 34 milioni ragazze. L’aumento di un punto percentuale nell’istruzione femminile alza la media del livello del Pil di 0,3 punti percentuali e fa aumentare in media il tasso di crescita annuale del Pil dello 0,2%. (segue)

Le ragazze, secondo i dati dell’Unicef, rappresentano il 55% dei 28,5 milioni di bambini in età da scuola primaria che non frequentano la scuola e che vivono in paesi colpiti da conflitti. Nel 2010, solo il 59% delle ragazze provenienti da famiglie a basso reddito iscritte alla scuola primaria hanno completato il ciclo di studi, rispetto alla media mondiale del 76%.

Un bambino nato da una madre che sa leggere ha il 50% di possibilità in più di sopravvivere dopo i 5 anni; ogni anno in più di istruzione della madre riduce le probabilità di mortalità infantile dal 5 al 10%.

L’istruzione delle bambine, rileva l’Unicef, è una delle strategie più efficaci per combattere i matrimoni precoci, soprattutto se continua fina alla scuola secondaria. Quando una ragazza frequenta la scuola secondaria ha meno probabilità di sposarsi prematuramente. Ecco perché, con i suoi partner, l’Unicef sta esplorando il modo in cui la tecnologia può migliorare l’accesso all’istruzione delle ragazze che non frequentano la scuola e migliorare la qualità dell’apprendimento di ogni bambino.

In Sudafrica, la partnership Techno Girl tra l’Unicef, i Governi, e oltre 100 aziende del settore privato sta mettendo in contatto 10.000 ragazze con i tutor del mondo della tecnologia per supportare le loro competenze e la loro preparazione al lavoro. L’innovazione sta inoltre sostenendo i governi e i loro partner a garantire anche il bambino più difficile da raggiungere, che corre il rischio maggiore di non frequentare la scuola. In Uganda, EduTrack sta utilizzando Sms per collegare gli studenti e le scuole con l’Unicef, consentendo loro di esprimersi su istruzione, insegnanti di qualità ed episodi di violenza nelle scuole.

L’innovazione non riguarda solo la tecnologia, ma significa anche intraprendere nuove strade per superare altri ostacoli che non consentono alle ragazze di frequentare la scuola, come migliorare i servizi igienico-sanitari e rendere sicuri i percorsi delle bambine da/a scuola.

«L’innovazione ci sta dando nuovi e potenti strumenti per raggiungere e garantire un’istruzione a più bambine di quanto non si mai successo prima – ha continuato Lake – Per aiutare più ragazze ad andare a scuola, a continuare a frequentare e a far completare il percorso di studi, noi stessi abbiamo bisogno di continuare ad imparare, usando questi nuovi strumenti, dando vita a nuove idee e sviluppando le innovazioni più promettenti.»

Studenti in piazza, i politici d’accordo: siamo consapevoli dell’emergenza

da Tecnica della Scuola

Studenti in piazza, i politici d’accordo: siamo consapevoli dell’emergenza
di A.G.
Il ministro Carrozza: se protestano civilmente pronta ad accoglierli. Cuperlo (Pd): fanno bene a tenere sveglia l’opinione pubblica su una questione che riguarda il futuro dell’Italia. Vendola (Sel): con loro avrebbero dovuto manifestare le classi dirigenti del Paese.
I politici solidarizzano con gli studenti scesi in piazza in grande numero l’11 maggio a difesa della scuola pubblica. Ad iniziare dal ministro dell’Istruzione, Maria Chiara Carrozza, che attraverso un tweet ha scritto “Faccio appello agli studenti perché manifestino pacificamente a Milano e in altre città, li ascolteremo di più”.
Meno stringato è stato Gianni Cuperlo, deputato del Pd e candidato alla segreteria del partito: “Oggi ci sono studenti in piazza in tutta Italia. In 80 città italiane migliaia di ragazze e ragazzi manifestano contro il degrado della scuola pubblica italiana. Si tratta di un segnale importante per tenere sveglia l’opinione pubblica del nostro paese su una questione che riguarda il futuro dell’Italia. Senza scuola pubblica per molti ragazzi non c’è domani. Ecco perchè penso che loro siano i migliori alleati del Partito Democratico nella battaglia per la centralità del diritto allo studio e della conoscenza”. Cuperlo ha detto che “anche il governo” dovrebbe avere “la consapevolezza di questa emergenza”, tanto che “attraverso prime misure” ha già compiuto “un passo giusto. Penso che sia importante, in una interlocuzione con questo movimento, lavorare per camminare tutti insieme”, ha concluso l’esponente Pd.
Anche Nichi Vendola, presidente di Sinistra Ecologia Libertà, ha scelto twitter per dire la sua sulla giornata di mobilitazione studentesca: “Dopo i dati Ocse di qualche giorno fa, un grazie alle ragazze e ai ragazzi scesi in piazza oggi. In Italia non dovrebbero scendere in piazza solo gli studenti. Dovrebbero essere le classi dirigenti di questo Paese a porsi per primi il problema del futuro del Paese. Che passa dalla scuola, dalla ricerca, dall’università. Cosa che non fanno”, ha concluso Vendola.
Rimane solo da capire perché a tanta unanimità di intenti, nell’aiutare gli alunni, non corrisponda poi l’approvazione di leggi che supportino l’azione di orientamento e sostegno formativo degli stessi allievi.

Solo il 30% dei giovani del mondo sono nativi digitali

da Tecnica della Scuola

Solo il 30% dei giovani del mondo sono nativi digitali
di P.A.
E’ la percentuale fornita dall’Unione Internazionale delle Comunicazioni (ITU) che, in collaborazione con il Georgia Institute of Technology, ha sviluppato un modello per calcolare la dimensione della popolazione nativa digitale a livello globale
La notizia è riportata dalla Stampa secondo cui il dato è contenuto nell’edizione 2013 del rapporto “Measuring the Information Society ” che misura lo stato e i progressi della società dell’informazione su scala internazionale definendo alcuni indicatori di performance regionale e nazionale come l’ICT Development Index (IDI) e l’ICT Price Basket (IPB). Il nativo digitale sarebbe un giovane tra 15 e 24 anni con almeno cinque anni di esperienza online e quindi nel complesso i nativi digitali sono circa 363 milioni, il 5,2% della popolazione mondiale, quantificabile più o meno in 7 miliardi di unità. Si tratta, dunque, di una minoranza rispetto al numero totale dei giovani e ciò si deve principalmente al basso grado di utilizzo della Rete nei paesi in via di sviluppo. La percentuale di nativi digitali in confronto alla popolazione giovanile non è un dato uniforme ma varia da regione a regione e da paese a paese. A livello regionale, scrive ancora la Stampa, si va da un minimo del 9,2% in Africa al 79,1% dell’Europa. Nei paesi in via di sviluppo i giovani nativi digitali toccano il 22,8% ma nei paesi più sviluppati, dove tende sempre più a ridursi il divario generazionale, questa percentuale arriva all’81,9%. Considerando i singoli paesi, la più alta percentuale si riscontra nella Corea del Sud con il 99,6% dei giovani nativi digitali mentre la più bassa è nell’isola di Timor Est, che registra lo 0,6%. L’Italia figura al 78° posto della classifica che prende in esame 180 paesi. Il Belpaese conta oltre 4 milioni di nativi digitali pari al 67,8% dei giovani e al 6,7% della popolazione totale. Proprio il rapporto tra nativi digitali e popolazione complessiva, secondo il professor Michael Best, uno degli autori della ricerca, è l’aspetto più importante ai fini della valutazione “perché il futuro di un paese viene determinato dai giovani e dalla tecnologia. I paesi con un’alta percentuale di giovani online hanno maggiori possibilità di definire e guidare l’era digitale di domani”. L’Islanda con il 13,9% è al vertice della graduatoria stabilita dall’ITU in base a questa misura. La Nuova Zelanda si piazza seconda e, a sorpresa quarta, è la Malesia, un paese a medio reddito con una percentuale di nativi digitali del 13,4%, raggiunta grazie ad una notevole diffusione delle nuove tecnologie nel sistema scolastico. Il fondo della classifica è invece composto quasi interamente da paesi africani o asiatici – molti dei quali sono lacerati da gravi conflitti – dove la disponibilità di Internet risulta ai livelli più bassi. Nelle aree in via di sviluppo – in cui negli ultimi cinque anni si riscontra un significativo aumento dell’impiego di Internet – la situazione però è destinata a migliorare. L’interesse della ricerca deve concentrarsi soprattutto su questa parte del mondo dal momento che le Nazioni Unite vi prevedono un raddoppio dei nativi digitali entro il 2017.

Emanata la circolare sugli Esami di Stato a.s. 2013/2014

da Tecnica della Scuola

Emanata la circolare sugli Esami di Stato a.s. 2013/2014
di Lara La Gatta
Definiti termini e modalità di presentazione delle domande di partecipazione da parte dei candidati interni ed esterni
Sono confermate anche per l’anno scolastico in corso le disposizioni impartite con la C.M. n.88 del 18 ottobre 2012 per la presentazione delle domande agli esami di Stato da parte dei candidati interni ed esterni e alla procedura di assegnazione dei candidati esterni alle istituzioni scolastiche.
Queste le date da ricordare riportate nella C.M. n. 26 dell’11 ottobre 2013:
• 30 novembre 2013, termine di presentazione della domanda da parte dei candidati interni al proprio dirigente scolastico;
30 novembre 2013, termine di presentazione della domanda da parte dei candidati esterni ai Direttori Generali della Regione di residenza. I candidati esterni indicano nell’istanza di partecipazione (anche nel caso in cui trattasi di indirizzi linguistici), corredata dalla documentazione necessaria, in ordine preferenziale, almeno tre istituzioni scolastiche in cui intendono sostenere l’esame.
I candidati esterni devono dichiarare nella domanda di ammissione la lingua e/o lingue straniere, eventualmente, presentate.
• 31 gennaio 2014, termine di presentazione della domanda al proprio dirigente scolastico da parte degli alunni frequentanti la penultima classe per abbreviazione per merito;
31 gennaio 2014, termine ultimo di presentazione ai Direttori Generali degli Uffici Scolastici Regionali di eventuali domande tardive, limitatamente a casi di gravi e documentati motivi. L’esame di tali istanze è rimesso alla valutazione esclusiva dei competenti Direttori Generali;
• 20 marzo 2014, termine di presentazione della domanda al Direttore Generale dell’Ufficio Scolastico Regionale della Regione di residenza da parte degli alunni che cessino la frequenza delle lezioni dopo il 31 gennaio 2014 e prima del 15 marzo 2014 e intendano partecipare agli esami di Stato in qualità di candidati esterni.

50.000 studenti in piazza in tutta Italia: “non c’è più tempo”

da Tecnica della Scuola

50.000 studenti in piazza in tutta Italia: “non c’è più tempo”
di P.A.
Anche quest’anno la mobilitazione, strilla un comunicato dell’Unione degli Studenti, ha registrato in tutta Italia oltre 80 cortei. In piazza per gridare alla politica che non c’è più tempo per tergiversare, “vogliamo dettare le nostre priorità e vogliamo farlo adesso”. Per la Rete degli studenti la protesta ha coinvolto 120.000 studenti. 
In 5.000 a Roma, 25.000 a Napoli, 4.000 a Bari, 5.000 a Milano, 4.500 a Torino, 1.000 a Genova, diverse migliaia tra Cosenza, Trieste, Pisa, Siena, l’Aquila, Salerno, Caserta, Catania, Siracusa, Bologna gli studenti hanno sfilato per le strade delle città per chiedere una legge quadro sul diritto allo studio, per dire basta alla dequalificazione e all’assoggettamento ai mercati della scuola e dell’università pubblica, per chiedere un futuro libero da ricatti, per costruire una scuola e un’università diversa, pubblica e di qualità, ma soprattutto accessibile a tutti. La giornata si è caratterizzata con diverse azioni: a Roma, il  corteo degli studenti ha fatto una sosta in piazza dell’esquilino per protestare contro la legge Bossi-Fini. Un gruppo di ragazzi ha mostrato delle grandi barchette di carta e srotolato uno striscione su cui campeggiava la scritta “respingiamo la Bossi- Fini”. ”Ci aspettiamo che il Governo Letta faccia un passo in avanti nelle politiche sull’immigrazione”. Comincia con un flash mob sulla tragedia di Lampedusa, vicino all’ingresso della Prefettura di Bologna, il corteo degli studenti delle superiori partito questa mattina da piazza San Francesco: circa 500 i manifestanti che hanno raccolto l’appello della Rete degli studenti e degli studenti medi autorganizzati, nel giorno di una giornata nazionale di mobilitazione sulle problematiche della scuola. Davanti a Palazzo Caprara gli studenti hanno steso a terra alcuni vestiti, a mo’ di corpi umani. Dall’impianto di amplificazione si chiede l’abolizione della legge Bossi-Fini: «Non ne possiamo più di vedere poveri migranti morire».  Subito dopo, con il corteo fermo in piazza Maggiore, minuto di silenzio per le vittime di Lampedusa. «No all’Europa dei confini- e’ il coro successivo- siamo tutti clandestini». La manifestazione, poi, prosegue lungo via dell’Archiginnasio. In corteo cartelli contro gli F35 e il Governo, ad esempio: «Larghe intese ‘sto c…». Arrivati in piazza Cavour, la protesta si indirizza contro la sede della Banca d’Italia con decine di adesivi incollati sulle pareti esterne: «Save school, not banks». a Pisa, invece, gli studenti insieme a Link Coordinamento Universitario e Rebeldia hanno simbolicamente apposto dei sigilli di sequestro sul comune contro lo sgombero dell’ExColorificio occupato;  a Torino gli studenti hanno attaccato le 10 proposte sul diritto allo studio sotto la regione Piemonte;  un minuto di silenzio per la tragedia di Lampedusa: a ricordare le vittime del barcone di migranti sono stati gli studenti scesi in piazza oggi a Milano che si sono fermati lungo il tragitto, in piazza Meda, in silenzio. Nel capoluogo lombardo gli studenti sono diretti alla sede della Regione facendo tappa alla provincia e presso diverse scuole private per ribadire che non c’è più tempo per il finanziamento alle scuole private e paritarie e per il buono scuola.  tuttavia, dopo aver tentato di raggiungere la sede della Provincia, respinti da una breve carica delle forze dell’ordine, i manifestanti, che hanno imbrattato alcune banche e lanciato uova contro una scuola privata, si sono diretti verso palazzo Pirelli. Anche qui, strada sbarrata. Ne e’ seguito un presidio con sit in e assemblea. A Napoli gli studenti denunciano la
devastazione ambientale della Campania ad opera della camorra, della politica e delle imprese conniventi. Il corteo si è caratterizzato in maniera forte contro il biocidio e la morte della nostra terra, che non è solo una questione territoriale ma un tema che deve imporsi all’ordine del giorno a livello nazionale. Per questo oggi, abbiamo lanciato in piazza il 16 novembre: vogliamo invadere Napoli di nuovo con un grande corteo che raccoglierà tutti i giovani e tutte le realtà impegnate sul territorio per dire no al biocidio e per esigere una bonifica controllata dalle comunità territoriali. Mobilitazione nei capoluoghi siciliani, proclamata da Cgil Cisl e Uil, sul tema ‘Fermiamo le stragi nel Mediterraneo’. E al fianco dei sindacati oggi ci sono gli studenti, in piazza anche contro i tagli alla scuola. In particolare i giovani osservano un minuto di silenzio in ricordo delle vittime della tragedia di Lampedusa. Quattro le proposte consegnate ai prefetti dai vertici confederali. Cgil Cisl e Uil chiedono che sia messo a punto un piano per un efficace sistema di accoglienza anche attraverso l’impegno dell’Unione europea, “che non può esimersi dalla responsabilità di sostenere una delle più importanti frontiere europee, nel Mediterraneo, istituire corridoi umanitari per i profughi; riformare la legislazione sull’immigrazione e dotare l’Italia di una legge organica in materia di asilo; contrastare la tratta di esseri umani ”anche attraverso forme efficaci di collaborazione con i Paesi di origine e di transito di migranti e profughi, e colpendo duramente i trafficanti”. “Le mobilitazioni però non si fermano oggi – dichiara la Rete della Conoscenza – a partire da domani, in piazza a Roma, vogliamo imporre la nostra presenza costante nel paese perchè siamo stanchi di stare in secondo piano, siamo stanchi delle scuse e siamo stanchi dei contentini. Come abbiamo ripetuto oggi nelle piazze, vogliamo tutto, e ce lo riprenderemo.”
Rete studenti: 120 mila studenti in piazza Secondo Daniele Lanni, portavoce nazionale della Rete degli Studenti Medi, sono 120 mila gli studenti oggi scesi in piazza. ”In tutta Italia ci sono state piazze stupende, pienissime di studenti e di voglia di cambiamento, al grido di ‘Si scrive scuola, si legge futuro’. La partecipazione è stata oltre ogni aspettativa.” ”Abbiamo scelto di iniziare la nostra giornata di mobilitazione nazionale da sotto Palazzo Chigi, per ricordare chiaramente che questo Dl è assolutamente insufficiente per dare risposte agli studenti e alle nostre scuole, per chiedere maggiori risposte a questo governo”, ha detto Lanni, concludendo che ”gli studenti oggi hanno dimostrato che le scuole, e le assemblee sono piene di proposte. Siamo convinti che il futuro del nostro Paese debba necessariamente ripartire dagli investimenti in scuola pubblica e istruzione. Il mondo della Scuola necessita di investimenti seri e mirati, e di una riforma strutturale che, a partire da una legge nazionale per il diritto allo studio, vada nella direzione di rendere la scuola pubblica, laica e aperta a tutti”

Dirigenti scolastici: la parola chiave è leadership

da Tecnica della Scuola

Dirigenti scolastici: la parola chiave è leadership
di Aldo Domenico Ficara
Famiglie, studenti e docenti dovrebbero votare ed eleggere il Dirigente scolastico della loro scuola. A lanciare la provocazione è l’associazione di cultura liberale Società libera, che da dieci anni pubblica rapporti sulle liberalizzazioni nei vari settori della società
Le scuole affogano nella burocrazia, infatti, al loro interno è più importante partecipare agli organi collegiali e compilare documentazioni all’infinito che capire come far funzionare e ottimizzare la didattica disciplinare. Il concetto di preside eletto è quello soggetto capace a far funzionare un istituto a dovere, dimostrando tutto l’interesse verso capacità organizzative per essere rieletto. La parola chiave è leadership. Società libera afferma: “ Attualmente un preside non è altro che un professore che, per guadagnare qualche soldo in più, fa un concorso e diventa responsabile di istituto. Solo un leader può avere a che fare tutti i giorni con 1000 studenti, svariate classi, decine di professori e gestire al meglio le risorse che ha “. Il metodo pensato da Società libera è molto democratico, infatti, chi attira voti attira anche studenti, e diventa un centro catalizzatore di energie positive.  A tal proposito il sottosegretario all’Istruzione Gabriele Toccafondi e il presidente dell’associazione nazionale presidi Giorgio Rembado sono rimasti colpiti dalla proposta, e hanno accettato di intervenire al seminario su «Scuola e dirigenti scolastici» organizzato da Società libera per il 29 novembre ad Arezzo.  Il problema del preside elettivo non ha però la priorità rispetto ad altre emergenze sociali quali il 40% dei giovani che non trova lavoro e le 137.000 aziende che non trovano lavoratori con qualifiche specifiche. Si ricorda il comitato scientifico di Società libera è presieduto da Giuseppe de Vergottini .

Smart Education & Technology Days, un bilancio più che positivo

da tuttoscuola.com

Smart Education & Technology Days, un bilancio più che positivo

La XI edizione della manifestazione Smart Education & Technology  Days – 3 Giorni per la Scuola, promossa e organizzata da Città della  Scienza dal 9 all’11 ottobre, si è chiusa con questi numeri: più di  6.000 docenti e operatori del settore hanno partecipato complessivamente  a circa  300  incontri che hanno visto la partecipazione di oltre 1600  relatori. Più di 200 scuole di ogni ordine e grado provenienti da tutta  Italia hanno presentato i progetti nella sessioni di lavoro dedicate” La  parola alle scuole”.

Nel corso dell’inaugurazione il Capo Dipartimento per l’Educazione del MIUR Luciano Chiappetta ha dichiarato che “il  Ministero ha impiegato risorse ingenti per diffondere le nuove  tecnologie nelle scuole e sono stati raggiunti risultati importanti.  Ovviamente sarà necessario continuare a lavorare su questa strada, ma  dovremo soprattutto lavorare alla definizione di una nuova metodologia  didattica, più partecipativa e laboratoriale, e alla formazione dei  docenti, in modo da poter sfruttare al meglio le potenzialità che la  tecnologia ci offre”.

Il Sottosegretario all’Istruzione Marco  Rossi Doria si è invece soffermato su un tema a lui da sempre molto  caro, quello della lotta alla dispersione scolastica: “Grazie alla riprogrammazione dei fondi europei fatta dal governo Monti – ha affermato Rossi Doria – abbiamo  aperto oltre 50 progetti per combattere questo fenomeno, si tratta di  collaborazioni fra pubblico e privato che opera nel campo del sociale.  Presto arriveranno i fondi stanziati dal Decreto Carrozza per tenere  aperte le scuole nel pomeriggio, cosa che ha già dato grandi risultati  in Puglia per esempio. Ma la via maestra per combattere la dispersione è  sicuramente la rete, la condivisione di esperienze ed energie fra  pubblico e privato“.

Si è quindi conclusa oggi questa convention  nazionale. La manifestazione ha abbracciato numerosi temi e ha visto la  partecipazione di illustri personaggi del panorama culturale nazionale e  internazionale, istituzionale, associativo,universitario e scolastico.

Tra i tanti temi di discussione trattati nel corso di questo evento,  vale la pena ricordare  l’importanza del linguaggio come base per una  corretta divulgazione della scienza (argomento della conferenza  scientifica del dal Prof. Francesco Sabatini linguista e Presidente  onorario dell’Accademia della Crusca), e quello della continuità tra  scuola e lavoro attraverso percorsi formativi professionalizzati.

Non meno interessante la presentazione dell’Istituto Nazionale  Documentazione Innovazione e Ricerca Educativa che, in collaborazione  con l’ Ufficio IV del MIUR, ha  presentato le novità per l’anno  scolastico 2013/2014. In particolare: Edmondo, il mondo virtuale in 3D  dedicato al mondo della scuola e il Concorso VOCIVIVACI, “Storie di  scuole che crescono con i Fondi Strutturali Europei”, iniziativa che  vuole offrire l’opportunità a tutti coloro che hanno partecipato a  progetti realizzati nell’ambito dei due Programmi Operativi Nazionali  2007 – 2013 del settore istruzione , di raccontare liberamente le  proprie esperienze e i percorsi intrapresi.

Per la prima volta alla “3 Giorni” il FAB LAB, il laboratorio di  nuova generazione  che offre servizi personalizzati di progettazione e  fabbricazione digitale agli studenti che vogliono apprendere nuove  tecniche di realizzazione; un luogo “del fare”, anziché solo “del  vedere”, che fornisce agli studenti la possibilità di essere  protagonisti della scena: come? attraverso attività didattiche e corsi  di formazione professionalizzanti ad alto tasso tecnologico; l’obiettivo  è di trasformare gli studenti in potenziali creatori, fornendogli tutti  gli strumenti di cui hanno bisogno e colmando il gap culturale tra  teoria e pratica con l’intenzione di rafforzare il legame tra la scuola  ed il mondo del lavoro.

L’appuntamento alla prossima edizione di “Smart Education &  Technology Days–3 Giorni per la Scuola” è dal 15 al 17 ottobre 2014, ed  ha già ricevuto numerosissime proposte di partecipazione.

Gazzetta ufficiale – Serie Generale n. 240

Gazzetta Ufficiale

Serie Generale
n. 240 del 12-10-2013

Sommario

DECRETI, DELIBERE E ORDINANZE MINISTERIALI

MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

 


DECRETO 20 settembre 2013


Riconoscimento del consorzio di tutela dell’Arancia del Gargano IGP e
del Limone Femminello del Gargano IGP e attribuzione dell’incarico di
svolgere le funzioni di cui all’art. 14, comma 15, della legge 21
dicembre 1999, n. 526, per la IGP «Arancia del Gargano» e per la IGP
«Limone Femminello del Gargano». (13A08049)

 

 

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MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO

 


DECRETO 2 settembre 2013


Scioglimento di n. 384 societa’ cooperative, aventi sede nelle
regioni Calabria, Campania, Emilia Romagna e Lazio. (Decreto n.
1/SC/2013). (13A08136)

 

 

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DECRETO 2 settembre 2013


Revoca del decreto 30 gennaio 2013, nella parte relativa allo
scioglimento della societa’ cooperativa «Coop. Edilizia Home a r.l.»,
in L’Aquila. (13A08143)

 

 

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DECRETO 2 settembre 2013


Revoca del decreto 25 giugno 2013, nella parte relativa allo
scioglimento della «Piramide – societa’ cooperativa a r.l.», in
Orvieto. (13A08144)

 

 

Pag. 17

 

 

 


DECRETO 3 settembre 2013


Revoca del decreto 13 marzo 2013, nella parte relativa allo
scioglimento della «C.S.A. soc. coop. a r.l.», in Carpi. (13A08135)

 

 

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DECRETO 3 settembre 2013


Revoca del decreto 27 giugno 2011 nella parte relativa allo
scioglimento della «Casa del popolo di Valle San Nicolao – Frazione
Brovato soc. coop. a r.l.», in Valle San Nicolao. (13A08145)

 

 

Pag. 18

 

 

 


DECRETO 11 settembre 2013


Revoca del decreto 30 gennaio 2013, nella parte relativa allo
scioglimento della «Societa’ cooperativa edilizia a r.l. Caravaggio»,
in Vasto. (13A08139)

 

 

Pag. 19

 

 

 


DECRETO 11 settembre 2013


Revoca del decreto 13 marzo 2013, nella parte relativa allo
scioglimento della «Equorifugio – piccola societa’ cooperativa a
responsabilita’ limitata», in Roma. (13A08140)

 

 

Pag. 19

 

 

 


DECRETO 12 settembre 2013


Revoca del decreto 13 marzo 2013, nella parte relativa allo
scioglimento della «Sael elettronica societa’ cooperativa – in sigla
Sael elettronica S.C.», in Latina. (13A08141)

 

 

Pag. 20

 

 

 


DECRETO 13 settembre 2013


Revoca del decreto 25 giugno 2013, nella parte relativa allo
scioglimento della «Societa’ cooperativa La Luna a r.l.», in
Stintino. (13A08142)

 

 

Pag. 20

 

 

 


DECRETO 17 settembre 2013


Revoca del decreto 8 maggio 2013, nella parte relativa allo
scioglimento della «Universo soc. coop. a r.l.», in Foggia.
(13A08138)

 

 

Pag. 21

 

 

 


DECRETO 20 settembre 2013


Nomina del commissario liquidatore della «Coop. – Ufo 1 societa’
cooperativa a r.l.», in Reggio Calabria. (13A08137)

 

 

Pag. 21

 

 

ESTRATTI, SUNTI E COMUNICATI

AGENZIA ITALIANA DEL FARMACO

 


COMUNICATO


Modifica dell’autorizzazione all’immissione in commercio del
medicinale per uso umano «Doxorubicina Sandoz». (13A08097)

 

 

Pag. 22

 

 

 


COMUNICATO


Modifica dell’autorizzazione all’immissione in commercio del
medicinale per uso umano «Spiriva Respimat». (13A08098)

 

 

Pag. 22

 

 

 


COMUNICATO


Proroga smaltimento scorte del medicinale per uso umano «Triapin».
(13A08099)

 

 

Pag. 23

 

 

 


COMUNICATO


Proroga smaltimento scorte del medicinale per uso umano «Keplat».
(13A08100)

 

 

Pag. 23

 

 

 


COMUNICATO


Proroga smaltimento scorte del medicinale per uso umano «Hexvix».
(13A08101)

 

 

Pag. 23

 

 

 


COMUNICATO


Proroga smaltimento scorte del medicinale per uso umano «Epiduo»
(13A08102)

 

 

Pag. 23

 

 

 


COMUNICATO


Proroga smaltimento scorte del medicinale per uso umano «Rixil».
(13A08103)

 

 

Pag. 23

 

 

 


COMUNICATO


Proroga smaltimento scorte del medicinale per uso umano «Unipril»
(13A08104)

 

 

Pag. 25

 

 

 


COMUNICATO


Proroga smaltimento scorte del medicinale per uso umano «Donepezil
Sandoz» (13A08105)

 

 

Pag. 25

 

 

 


COMUNICATO


Proroga smaltimento scorte del medicinale per uso umano «Roferon A»
(13A08106)

 

 

Pag. 25

 

 

MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

 


COMUNICATO


Domanda di registrazione della denominazione «ACEITE DE LA COMUNITAT
VALENCIANA» (13A08047)

 

 

Pag. 26

 

 

 


COMUNICATO


Domanda di modifica della denominazione registrata «MELON DU
HAUT-POITOU» (13A08048)

 

 

Pag. 26