Divieto di spostamento dei 24 punti SSIS non è legittimo

Il Tribunale di Napoli accoglie le tesi ANIEF: il divieto di spostamento dei 24 punti SSIS non è legittimo

 

Accolto senza riserve il ricorso ANIEF avverso le determinazioni poste in essere dal MIUR che ha vietato a una docente precaria pluriabilitata, nel corso dei precedenti aggiornamenti delle graduatorie, la facoltà di spostare il bonus SSIS di 24 punti da una graduatoria all’altra. Gli Avvocati Fabio Ganci e Walter Miceli ottengono un nuovo determinante successo a conferma che la scelta della classe di concorso in cui far valere il bonus SSIS è demandata alla volontà dell’interessato e il MIUR impedisce di porre in essere questa libera scelta in aperto contrasto con la normativa primaria di riferimento.

 

Anche il Tribunale partenopeo, dunque, si uniforma all’ormai prevalente giurisprudenza ottenuta dai legali ANIEF presso i tribunali del lavoro di tutta Italia: l’Avv. Michele Speranza, legale di riferimento dell’ANIEF sul territorio, ci trasmette una nuova sentenza di pieno accoglimento che conferma a chiare lettere che la normativa sull’argomento non lascia spazio alle libere interpretazioni poste in essere dal MIUR e che “nessun elemento testuale legittima l’interpretazione secondo la quale in sede di aggiornamento delle graduatorie permanenti, non sia possibile procedere allo spostamento dei 24 punti, già attribuiti, da una graduatoria ad un’altra in presenza di una tabella valutativa che demanda comunque alla volontà dell’interessato la scelta della classe di concorso cui indirizzare il punteggio aggiuntivo”.

 

L’ulteriore sconfitta del MIUR in tribunale contro le tesi da sempre sostenute dall’ANIEF valgono la condanna al pagamento delle spese di giudizio quantificate in 1.100 Euro oltre accessori. Vedremo se il Ministero dell’Istruzione, dimostrando per una volta di aver “imparato la lezione” impartita dall’ANIEF, opererà nel modo corretto all’atto del prossimo aggiornamento 2014/2017 consentendo ai docenti pluriabilitati di poter gestire liberamente il bonus SSIS di 24 punti. In caso contrario i nostri legali continueranno a far valere in giudizio le ragioni dei docenti precari chiedendo prontamente ai Giudici di intervenire in modo da ristabilire la legalità.

 

Smart Objects Technology e Apprendimento Scolastico

La Lega del Filo d’Oro in collaborazione con l’Università Politecnica delle Marche – CRISS Centro di Ricerca e Servizio sull’Integrazione Socio-Sanitaria organizza il Seminario “Smart Objects Technology e Apprendimento Scolastico”.
La ormai quarantennale esperienza di interventi educativo-riabilitativi realizzati all’interno della Lega del Filo d’Oro, congiuntamente ad una altrettanto profonda tradizione a fornire un’offerta formativa al mondo della scuola e della riabilitazione, sono le fondamentali premesse alla presentazione dei seminari di studio che seguiranno. I temi di fondo che caratterizzeranno l’offerta formativa sono essenzialmente tre: l’inclusione, le tecnologie educative e l’innovazione didattica. Per “inclusione” intendiamo che ogni intervento, proposto dai seminari di studio nel contesto scuola, è ispirato al principio di un “integrazionismo forte”, ciò significa che ogni azione educativa sarà orientata a promuovere i processi di integrazione e permettere lo sviluppo di competenze cognitive, socio-emotive e relazionali nei contesti di vita quotidiana. Per “tecnologie educative e riabilitative” si intende presentare i risultati delle validazioni empiriche di metodi e tecniche risultate efficaci nel promuovere modificazioni del comportamento e sviluppo delle competenze cognitive complesse. Il tema della “innovazione didattica” si propone di esplorare i campi ove vengono implementate le procedure più innovative applicate ai contesti educativi e riabilitativi e quanto queste pratiche possono essere utilizzate nel contesto classe.
L’iscrizione al Seminario di Studio è gratuita.
Si accetteranno le iscrizioni in sede congressuale, fino ad esaurimento posti disponibili.
Si consiglia una prenotazione via e-mail: ceccarani.p@legadelfilodoro.it
Ancona 15 novembre 2013
ore 16.00 – 19.00
Università Politecnica delle Marche Facoltà di Economia “Giorgio Fuà”
Piazzale Martelli, 8 – Ancona
Aula B1

S. Poggiali, Ermes

Un buon esordio

di Antonio Stanca

poggialiBuono l’esordio narrativo di Simonetta Poggiali, napoletana che insegna Lettere a Milano e collabora con giornali nazionali oltre a partecipare a sceneggiature per la televisione. Ermes (Una storia napoletana) è il suo primo romanzo pubblicato  nel 2008 per conto della Neri Pozza di Vicenza e ristampato a Febbraio del 2013 dalla BEAT di Varese (pp. 155, € 9,00). Si tratta di un’ampia narrazione che la Poggiali ambienta nella Napoli dei giorni nostri, incentra sulla figura del protagonista, il sedicenne Luigi, e con la quale ricostruisce i luoghi, i personaggi, la vita di quella Napoli rimasta sempre ai margini perché fatta di poveri, di persone alle quali mancano molte cose e per questo giungono alla clandestinità, alla violenza quando non si abbandonano a vizi come quelli dell’alcol. Abituate a vivere di espedienti fin dalla prima età, ad accettare difficili condizioni familiari, ad avere sempre problemi, a soffrire le differenze  quando vengono a contatto con gli altri, queste persone hanno dovuto cercare, percorrere vie diverse da quelle conosciute e sono approdate al malcostume, all’illegalità, ne hanno fatto il loro modo di essere.

La Napoli dei poveri, degli esclusi, dei violenti vuole rappresentare la Poggiali col suo libro e vi riesce tramite quel Luigi figlio di una madre vedova, che lavora come portinaia, fuma in continuazione, e fratello di Pasqualino, bambino delle elementari, debole fisicamente e sempre alle prese con un naso malato. Luigi vive nel clandestino, ritira le mesate per i boss e questo lavoro lo porta ad attraversare con la  vespa l’intera Napoli, ad avere contatti con gli ambienti, i protagonisti della malavita napoletana in qualunque parte della città si trovino. Un movimento continuo e rapido è la sua vita, è lui l’Ermes, il messaggero alato degli dei dell’antica Grecia, è con i suoi spostamenti che la scrittrice fa vedere tutta Napoli, ogni quartiere in ogni suo aspetto, dalle strade alle spiagge, dai palazzi alle baracche, dai colori alle ombre, dalle luci alle tenebre anche se tra queste conclude sempre i viaggi del ragazzo. Vera, autentica vuole essere la Poggiali nella rappresentazione anche perché molto concede, nell’espressione, al linguaggio parlato, al dialetto napoletano.

Il bisogno di realtà, però, finisce per essere solo un aspetto dell’opera dal momento che l’autrice fin dalle prime comparse del suo giovane protagonista lo fa vedere diverso dal ragazzo che si sarebbe creduto proprio di quell’ambiente e dagli altri ragazzi con i quali lo fa incontrare. Pur essendo Luigi un adolescente tra i tanti del luogo la Poggiali gli attribuisce delle qualità che lo distinguono, lo rende capace di richiami interiori, di voci dello spirito. Spesso lo coglie da solo a pensare, riflettere, ricordare, soffrire per la sua vita,  desiderare un’altra senza riuscire a chiarirsela, ad intravedere una qualche possibilità per raggiungerla. Sono pensieri che riflettono il movimento del suo spirito e dai quali Luigi si distoglie coltivando l’amicizia con Ninetta, la ragazza più bella del quartiere, che egli tanto ammira. Quell’amicizia lo colma di tutto ciò che avrebbe desiderato, con la ragazza si frequenta, con lei esce, lei ama nel suo segreto anche se è promessa a Gaetano, il capo dei giovani del posto che momentaneamente è in carcere. Di questa assenza i due approfitteranno per incontrarsi, parlare, uscire più spesso ma pericolosa, crudele diventerà la situazione quando Gaetano, libero, saprà delle loro frequentazioni. Gli sembreranno così gravi da giungere a sentirsi tradito da Ninetta, da diventare furioso ed uccidere la ragazza. Tanto ne soffrirà Luigi da togliersi la vita.

Il bene, il bene coltivato da Luigi sarà sopraffatto dal male, l’amore dall’odio, la vita dalla morte. Le regole dell’ambiente annulleranno quanto di nuovo stava in esso succedendo, non concederanno spazio a ciò che poteva superare i limiti di una situazione, si confermeranno come uniche, inesorabili. Non perde, però, l’opera della scrittrice il suo valore di denuncia dei gravi fenomeni  che ancora esistono senza che ci si impegni a rimuoverli, la sua funzione di messaggio per una vita migliore dove ancora non c’è.

Che tanti elementi, ambienti e personaggi, realtà e idea, vita e morte, rinuncia e speranza, siano presenti e ben combinati in un’opera d’esordio non può che sorprendere e muovere ad apprezzare il romanzo della Poggiali.

L’istruzione riparte, ma… dove va?

L’istruzione riparte, ma … dove va?

di Enrico Maranzana

Io parto, ma dove vado se parto, sempre ammesso che parto” cantavano Cochi e Renato. Un quesito di vitale importanza per il decreto 104/2013: come investire le risorse disponibili?

 

Il decreto “L’istruzione riparte” ha individuato un insieme di situazioni critiche e ha dato mandato al Miur per la messa a punto dei decreti attuativi.

La parola “insieme” è carica di significato:  una scelta terminologica che vuole evidenziare l’assenza dell’indicazione d’una struttura unificate. Due principi costituzionali esauriscono i riferimenti alle regole del sistema. Nessun richiamo è stato fatto alla legge 53/2003, nonostante rappresenti lo stato attuale dell’evoluzione del pensiero del legislatore.

Ne consegue che Il campo del problema e la finalizzazione del decreto rimangono sottointesi e, ancor più insidioso, l’esistente conflitto tra le norme vigenti non è stato rilevato così come le resistenze che da anni sterilizzano i cambiamenti non sono state individuate e fronteggiate.

 

 

Legge 28 marzo 2003, n. 53

Art. 2.   Sistema educativo di istruzione e di formazione

Comma 1) ..  principi e criteri direttivi    a) è promosso l’apprendimento in tutto l’arco della vita e sono assicurate a tutti pari opportunità di raggiungere elevati livelli culturali e di sviluppare le capacità e le competenze, attraverso conoscenze e abilità, generali e specifiche, coerenti con le attitudini e le scelte personali, adeguate all’inserimento nella vita sociale e nel mondo del lavoro, anche con riguardo alle dimensioni locali, nazionale ed europea;

 

Si tratta della disposizione che contiene la definizione dei concetti portanti il servizio scolastico pubblico: la terminologia in uso avrebbe dovuto uniformarsi ad essa.

 

FORMAZIONE

Il traguardo dei processi d’apprendimento è stato identificato:  i giovani, al termine del loro percorso, dovranno essere in grado di “inserirsi nella vita sociale e nel mondo del lavoro, anche con riguardo alle dimensioni locali, nazionale ed europea”.

Formare è un termine relativo, da rapportare a uno specifico ambiente.

Le competenze generali circoscrivono il significato di “formazione”,  intesa in senso lato. Identificano la finalità delle singole scuole.  Sono “elaborate e adottate” dal Consiglio di Circolo/di Istituto che adatta le direttive centrali alle esigenze locali.

A titolo esemplificativo si trascrive una delle competenze generali presenti nei nuovi regolamenti di riordino del 2010: “Cogliere l’importanza dell’orientamento al risultato, del lavoro per obiettivi e della necessità di assumere responsabilità nel rispetto dell’etica e della deontologia professionale”.

Le competenze specifiche riguardano le prestazioni fornite dagli studenti in ambito disciplinare:  i singoli docenti progettano il loro lavoro per sollecitarle e rinforzarle, obiettivo che, oltre a essere portatore di una corretta immagine della disciplina, concorre a  realizzare la finalità del servizio.

 

 

Il dettato legislativo di cui si è trattato è contraddetto dalla direttiva in materia di linee guida, diramata dal Miur nel gennaio 2012 .. riguardante gli obiettivi specifici di apprendimento concernenti le attività e gli insegnamenti compresi nei piani degli studi.

La violazione di legge affiora nella frase: “L’articolazione dell’insegnamento in conoscenze e abilità è indicata quale orientamento per la progettazione didattica del docente in relazione alle scelte compiute nell’ambito della programmazione collegiale del Consiglio di classe”, asserzione che ricorre per tutte le materie curriculari.

Mentre la norma del 2003 prescrive la promozione dell’apprendimento “attraverso le conoscenze e le abilità”,  la direttiva del 2012 scandisce tali strumenti per orientare la progettazione didattica dei singoli docenti.

Mentre le norma sull’autonomia scolastica 275/99 e il TU 297/94 prefigurano un percorso progettuale che si sviluppa, per successive approssimazioni, dal risultato atteso verso la fase operativa [insegnamento],  la direttiva del 2012 propone un percorso inverso: dalla strumentazione, dalla fase esecutiva verso un traguardo intermedio.

 

Il chiodo fisso INVALSI è una plausibile ipotesi interpretativa dell’accaduto: il Miur esige che nei test le scuole brillino.

Da qui nasce la confusione: in ambito scolastico l’apprendimento é un processo di lungo periodo che, via via, potenzia e consolida le capacità dei giovani.

Un processo è una successione discreta di stati, in evoluzione.

Le abilità e le conoscenze sono gli elementi caratterizzanti uno stato.

Il controllo scolastico s’incardina sulla abilità e sulle conoscenze solo per soppesare lo stato attuale dei processi di apprendimento. Le sue funzioni primarie sono a) il  monitoraggio delle ipotesi formative formulate; b) la rilevazione della dinamica evolutiva dei processi d’apprendimento.

Se le scuole persistono nell’elusione della norma sulla “valutazione periodica dell’andamento complessivo dell’azione didattica per verificarne l’efficacia” la valutazione esterna perde ogni incisività e significato.

 

EDUCATIVO

Losviluppo di capacità e di competenze coerenti con le attitudini e le scelte personali” sostanzia il termine educazione.

La progettazione educativa ha inizio dall’analisi delle competenze generali, finalità della scuola, per identificare le capacità loro sottese.  Segue la loro processualizzazione, intesa come elencazione degli stati del loro manifestarsi.

La capacità  “elaborare strategie”  potrebbe condurre alla seguente sequenza: circoscrivere il campi d’indagine assumendo uno specifico punto di vista -> definire l’obiettivo -> analizzare/selezionare i dati -> formulare ipotesi: mettere in relazione i dati selezionati con l’obiettivo; valutare la consistenza della congettura -> rendere operativa l’ipotesi-> applicare la strategia e ottenere risultati -> gestire l’errore: confrontare l’obiettivo con il risultato; estrarre le informazione contenute nello scostamento osservato e capitalizzarle.

La progettazione educativa prosegue con l’enunciazione delle strategie per la promozione di capacità “coerenti con le attitudini e le scelte personali”.

Un cambiamento che avrebbe dovuto essere epocale: la tradizionale didattica versativa, undirezionale, cattedratica non é più collocabile al centro della scena.

Una metodologia ascendente, della scoperta, laboratoriale, che fa rivivere i problemi e i metodi che hanno caratterizzato l’evoluzione delle discipline ne avrebbe dovuto prendere il posto.

 

ISTRUZIONE

La scuola è concepita come un sistema: l’unitarietà, la finalizzazione, il coordinamento, il feed-back sono le sue specificità.

In questo contesto il termine  “istruzione”  trova la sua definizione:  è da rapportare a un  modalità di governo dei processi scolastici che ricerca, identifica e valorizza le sinergie tra gli insegnamenti.

Il consiglio di classe sovrintende tale funzione per conseguire gli obiettivi elaborati dagli organismi a lui sovraordinati.

 

RIPARTIRE!!

Le scuole devono essere ricollocate sul binario istituzionale e accendere i motori prima dell’inizio del prossimo anno scolastico.

I dirigenti scolastici dovrebbero essere invitati a convocare i Consigli di Circolo/di Istituto per “elaborare e adottare gli indirizzi generali”. A tal fine le competenze generali elencate nei regolamenti di riordino del 2010  verranno integrate: la finalità del servizio erogato dalle singole scuole sarà dichiarata.

L’elenco sarà completato dall’indicazione dei “criteri generali della programmazione educativa” che vincolerà il suo successivo raffinamento all’ambito sistemico.

Seguirà la convocazione del Collegio dei docenti per l’elaborazione del Piano dell’offerta formativa  “sulla base degli indirizzi generali per le attività della scuola e delle scelte generali di gestione e di amministrazione definiti dal consiglio di circolo o di istituto”.

Perché non prevedere dei premi per le scuole che si distinguono e per i docenti che progettano occasioni d’apprendimento coerenti, motivanti ed efficaci?

C. Serino e A. Antonacci, Psicologia sociale del bullismo

“BULLI” E “VITTIME” NEL “GRUPPO”:
LO SPAZIO EDUCATIVO PER FAMIGLIE E SCUOLE 

di  CARLO DE NITTI

serinoAl fenomeno del “bullismo” – tanto più pervasivamente diffuso quanto più ignorato o sottovalutato dagli adulti in tutti i contesti educativi, scolastici, familiari e non – non può che essere dedicato il massimo sforzo educativo delle scuole nella loro quotidiana azione militante, sostenuto da un’efficace alleanza pedagogica con le famiglie, affinchè possa essere colto l’obiettivo della sconfitta di quella che si configura, nel secondo decennio del XXI secolo, come un’emergenza educativa in tutti i milieu sociali di provenienza dei discenti.

Ad un tema di così scottante attualità – sovente i media si occupano di situazioni drammatiche che si verificano nelle nostre aule – ed, in particolare, alla sua dimensione psico-sociale, è dedicato l’ultimo, recentissimo, lavoro editoriale a quattro mani di CARMENCITA SERINO ed ALBERTO ANTONACCI, Psicologia sociale del bullismo, edito per i tipi della Carocci (pp. 215), dal significativo sottotitolo “Chiavi di lettura, esperienze, risorse”. Caratteristica precipua del volume è la sua ‘multimedialità’ perché cerca, riuscendovi, a far utilizzare ai lettori le enormi potenzialità della comunicazione attraverso il web, che si connota per la sua interattività.

Il volume è arricchito dalla presenza di interessanti Appendici su tematiche specifiche, dovute ad altri specialisti: la salute come corpus unicum bio-psico-sociale da perseguire in un’ottica multidimensionale (OMS docet…) che coinvolge le scuole; il cooperative learning favorito dall’utilizzo delle TIC come via regia al miglioramento del ‘clima’ delle classi; il bullismo omofobico e di genere.

Tematizzare oggi, come fanno gli Autori, questi argomenti di immediato impatto sociale ed  educativo significare incentrare l’attenzione su problemi che andrebbero dibattuti al fine di far compiere un vero e proprio salto di qualità non solo al mondo della scuola ed alla qualità dei suoi esiti ma anche alla società tutta perché il bullismo è un problema sociale.

Gli Autori, non a caso, dichiarano fin dalla Presentazione la loro ottica nel leggere le problematiche legate al bullismo, quella della psicologia sociale, che si rivela essere euristica non solo per l’enucleazione dei problemi ma anche per l’individuazione delle soluzioni possibili. <<Non c’è uno degli argomenti presenti in qualunque buon testo di introduzione alla psicologia sociale che non trovi una specifica articolazione nel momento in cui ci si proponga di analizzare, comprendere e contrastare i fenomeni legati al bullismo>> (p. 11). Ed in questo intendimento un ruolo importante possono giocare le risorse presenti nel web.

Quelli finora succintamente esposti sono già motivi sufficienti per asserire che questa pubblicazione non può mancare nella biblioteca di tutti coloro i quali, per professione, si occupano di educazione, ma anche di tutti i genitori che desiderino svolgere il loro fondamentale ruolo educativo in modo informato e consapevole.

Riflettere sui problemi educativi rivenienti dal bullismo non è sufficiente un approccio che consideri esclusivamente il ‘bullo’ (in tutte le sue sfaccettature) e la ‘vittima’ (in ogni suo aspetto psicosomatico) senza analizzare, interpretare e, quindi, educare tutto lo spazio psico-socio-ambientale in cui nascono relazioni ‘malate’. Scrivono gli Autori: “[…] un approccio psicosociale al bullismo richiede che l’aggressività tra pari sia analizzata considerando l’iterazione tra l’individuo (le sue caratteristiche biologiche, i tratti di personalità, gli stili di funzionamento cognitivo, gli atteggiamenti, i valori, le aspettative, le rappresentazioni individuali) e il contesto sociale, con riferimento alla presenza di gruppi diversi, al sistema normativo e valoriale ed al sistema storico-culturale nel suo complesso” (p. 37).

La fenomenologia del bullismo è assolutamente variegata nella pluralità delle dinamiche che si instaurano tra tutti i soggetti – ‘bullo/i’, ‘vittima/e’, ‘spettatori’, educatori (docenti, dirigenti, genitori, adulti significativi) – che entrano in una relazione ‘malata’ soprattutto in una fascia anagrafica quale quella dell’adolescenza in cui le competenze emozionali e le life skills (capacità di prendere decisioni, risolvere i problemi, comunicare efficacemente, pensare creativamente e criticamente, evitando gli stereotipi, gestire le emozioni e lo stress) di cui l’OMS parla per gestire le relazioni tra pari ed affermare correttamente la propria identità di genere necessitano di essere formate con la presenza di professionisti della relazione competenti e sempre aggiornati.

In quest’ottica, pare paradigmatico il contrasto che è indispensabile opporre al bullismo omofobico: come emerge da una ricerca condotta nell’Università di Bari Aldo Moro tra le studentesse e gli studenti delle classi intermedie degli istituti superiori, “per comprendere  adeguatamente il fenomeno è necessario acquisire un’ottica sistemica tesi a cogliere gli aspetti legati alla specificità delle dinamiche intergruppali e intragruppali  che si attivano in relazione alla messa in atto di comportamenti violenti” (p. 162). Compito fondamentale dei docenti e degli educatori in genere è l’educazione al rispetto delle differenze di orientamento sessuale e di identità di genere come di tutte le altre diversità, che costituiscono una ricchezza per tutti, ma soprattutto alla promozione di una cultura ‘delle pluralità’.

Altresì, una particolare attenzione i due Autori dedicano al cyberbullismo, “gli atti aggressivi, di vessazione, di umiliazione, di molestia e di diffamazione condotti intenzionalmente e ripetutamente nel tempo da un individuo o da un gruppo di individui ai danni di una vittima, usando varie forme di contatto elettronico” (p. 132). Ciò che accomuna il cyberbullismo con tutte le altre forme di bullismo è la volontà di “deridere, umiliare, calunniare la vittima” (p. 132), cui può aggiungere la potenza di una tecnologia quale quella telematica che consente di rendere nota ogni cosa a chiunque a livello planetario attraverso il web e farla permanere per tutto il tempo che si vuole.

Alla diversa forma di esercizio delle prepotenze, quella telematica, non corrisponde una diversità qualitativa sostanziale del fenomeno del bullismo, anzi, nel web, è molto più difficile per le vittime difendersi. Ciò dà spazio – sia nel web che nella realtà familiare, scolastica e sociale –  a possibilità educative fondate su “strumenti e spazi che, in una comunità inclusiva e solidale, possono essere presidiati  utilizzati al meglio e offrire opportunità di crescita” (p. 141) per tutti, “bulli”, “vittime” e “gruppi” nella loro interezza.

Questo bel volume e le innovative estensioni on line che lo arricchiscono, aiuta tutti coloro i quali vivono da adulti in corpore vili – genitori, operatori della scuola, della salute, del sociale – i problemi qui enucleati ad avere uno strumento decisivo in più nella loro cassetta degli attrezzi per affrontarli e risolverli. Con passione, professionalità e competenza.

Elezioni e Dimensionamento: problemi di partecipazione

Elezioni e Dimensionamento: problemi di partecipazione

 

Come ogni anno, in novembre, sono in pieno svolgimento le procedure per le elezioni dei rappresentanti nei consigli di istituto.

Laddove la scuola non offra supporto, non solo attraverso una adeguata informazione ma altresì una concreta assistenza, i genitori dovranno riuscire da soli ad orientarsi tra le disposizioni delle ordinanze ministeriali che disciplinano il procedimento elettorale, ormai sempre meno note per gli ostacoli che da tempo, com’è noto (1), si frappongono alla partecipazione, tra i quali la mancanza di formazione della rappresentanza.

 

Contestualmente si procederà alle elezioni suppletive per reintegrare i consigli nei quali siano venuti meno alcuni membri che non sia possibile surrogare per esaurimento delle rispettive liste.

Saranno rinnovati non solo i consigli di istituto giunti a naturale scadenza ma anche quelli di scuole interessate dal dimensionamento.

 

In merito, lo scorso anno, quando appariva ormai imminente una riforma della governance scolastica – tant’è che ne faceva menzione la stessa circolare elezioni CM 73 12 (“Non essendo ancora intervenute modifiche a livello legislativo degli organi collegiali a livello di istituzione scolastica, anche per l’anno scolastico 2012/2013, si confermano le istruzioni già impartite nei precedenti anni riguardanti le elezioni di tali organismi.”) -, la nota ministeriale n. 6310 del 2012  è intervenuta a precisare  alcune modalità operative proprio per quest’ultima causa di rinnovo specificando che “le istituzioni scolastiche che, a qualunque titolo, hanno modificato la loro costituzione (nuovo istituto comprensivo, fusione di più istituti, aggregazione di plessi/sedi ad istituti comprensivi già funzionanti) devono procedere al rinnovo del consiglio di istituto, al fine di garantire la piena rappresentanza delle componenti docenti e genitori dei vari ordini di scuola.”

Dunque, la formulazione letterale, semplificando le procedure, lascia intendere che qualunque caso di dimensionamento, sia in senso “orizzontale” tra scuole dello stesso ordine (“circoli didattici” e scuole secondarie di primo grado) – ancora previsto dai piani regionali – che “verticale”, con la costituzione di nuovi comprensivi, determinerebbe l’effetto del rinnovo dell’intero consiglio.

La nota del 4 ottobre, richiamata anche quest’anno da alcuni uffici regionali (es: USR PUGLIA Protocollo n. 6380_2013 del 09/09/2013) tuttavia sta cagionando qualche ulteriore ragione di dubbio tra i genitori, nonostante l’intento chiarificatore.

 

Infatti essa termina affermando “A tal fine, le operazioni connesse alle elezioni del consiglio di istituto dovranno essere definite secondo quanto previsto dall’Ordinanza ministeriale n. 215/1991 e dall’Ordinanza ministeriale n. 267/1995 “.

Quest’ultima disciplina le elezioni negli “Istituti comprensivi di scuola materna, scuola elementare e scuola secondaria di I grado”, ed ha quindi riguardo evidentemente alla sola costituzione di tale tipologia di aggregazione verticale.

 

È poi seguita l’OM 277/98  che, rinnovando  l’art. 52 dell’OM 215/91,  ha regolato in maniera più ampia (ma non altrettanto chiara) le elezioni degli organi collegiali  in caso di modifica territoriale e della popolazione scolastica anche con riferimento all’aggregazione di istituti scolastici di istruzione secondaria superiore, stabilendo che:

“1. I consigli di circolo e d’istituto restano in carica fino alla normale scadenza del triennio anche nell’ipotesi in cui il circolo o la scuola subiscano modificazioni (in più o in meno) della relativa popolazione scolastica e, qualora si tratti di circoli, ne venga modificata la competenza territoriale.

2. Nel caso di variazione della popolazione scolastica in più o in meno rispetto al limite di 500 alunni di cui all’art. 8, comma 1, del decreto legislativo 16/4/1994, n. 297, il consiglio d’istituto rimane ugualmente in carica nella composizione relativa all’anno di insediamento e l’adeguamento del numero dei membri è effettuato in occasione del rinnovo del consiglio alla normale scadenza. Identico criterio va osservato in occasione del rinnovo della rappresentanza studentesca, il cui adeguamento numerico è effettuato in occasione del rinnovo dell’intero consiglio.

3. I predetti consigli rimangono in carica nei circoli didattici e nelle scuole medie di cui siano stati resi autonomi (o siano stati resi aggregati ad altre istituzioni scolastiche) plessi, sezioni staccate o succursali. I circoli didattici e le scuole medie di cui è soppressa l’autonomia perdono il consiglio d’istituto.

4. Si procede, invece, all’indizione delle elezioni del consiglio d’istituto qualora venga formalmente creata una nuova istituzione scolastica a seguito di fusione di due o più circoli didattici o scuole medie.

5. Nel caso vengano costituiti istituti scolastici comprensivi di scuola materna, elementare e media, vengono indette le elezioni del consiglio d’istituto. Si applicano le disposizioni della presente ordinanza integrate con quelle dell’ordinanza ministeriale n. 267 del 4/8/1995.

6. Per le scuole secondarie di 2° grado vengono indette le elezioni del consiglio d’istituto in tutti i casi di provvedimenti adottati nell’ambito dei piani di razionalizzazione della rete scolastica, secondo quanto precisato nel precedente art. 5.”

 

Premesso che per effetto dei previsti parametri per la concessione dell’autonomia (DPR 233/98) ormai già da tempo le scuole dovrebbero aver raggiunto (e superato) per la pressoché totalità il limite minimo di 500 alunni, la circostanza che al comma 5 sia inserita la procedura relativa ai comprensivi dovrebbe lasciare intendere che tale disposizione detti regole di carattere generale e riassuntivo dirette a disciplinare tutte le ipotesi di dimensionamento.

Con qualche dubbio interpretativo pertanto la regola parrebbe essere:

1) I consigli rimangono in carica nei circoli didattici e nelle scuole medie di cui siano stati resi autonomi (o siano stati resi aggregati ad altre istituzioni scolastiche) plessi, sezioni staccate o succursali mentre i circoli didattici e le scuole medie di cui è soppressa l’autonomia perdono il consiglio d’istituto.

2) Si procede al rinnovo del consiglio d’istituto a) qualora venga formalmente creata una nuova istituzione scolastica a seguito di fusione di due o più circoli didattici o scuole medie; b) nel caso vengano costituiti istituti scolastici comprensivi (secondo l’OM 267/95).

 

Pertanto, sebbene sia comprensibile che si proceda comunque al rinnovo per favorire il coinvolgimento dell’intera realtà scolastica, l’apparente conflitto di disposizioni è destinato a produrre una inevitabile delusione di aspettative.

Infatti, laddove non si costituisca formalmente un nuovo istituto ma siano aggregati plessi o scuole di pari ordine con la conseguente perdita di autonomia del solo istituto aggregato (che dovrebbe perdere anche il consiglio per effetto dell’ordinanza ministeriale sopra indicata), la decisione di procedere al rinnovo totale, come indicato dalla nota del 2012, penalizzerebbe i membri del consiglio dell’istituto principale che avrebbe dovuto invece restare in carica, sempre secondo la predetta interpretazione dell’ordinanza ministeriale. Se viceversa si opera secondo l’ordinanza del 1998, lasciando in carica il consiglio dell’istituto aggregante con la perdita invece di quelli degli istituti o plessi aggregati che perdono anche l’autonomia. le conseguenze sfavorevoli ricadrebbero sui soli membri dei consigli soppressi che perderebbero la propria rappresentanza in consiglio.

Dunque conseguentemente si hanno resistenze da entrambe le parti.

 

Del resto se bastasse una nota ministeriale a disciplinare procedure elettorali non si comprenderebbe perché da anni restino commissariati gli istituti omnicomprensivi, costituiti da scuole di ogni ordine e grado, con conseguente negazione qui di ogni diritto alla partecipazione, nell’attesa storica di una ordinanza che disciplini la materia.

L’attuale circolare elezioni – CM 20/13 – infatti precisa nuovamente:  “Nelle istituzioni scolastiche che comprendono al loro interno sia scuole dell’infanzia, primaria e/o secondaria di I grado sia scuole secondarie di Il grado, invece, continuerà ad operare il commissario straordinario, non essendo ancora intervenuta una soluzione normativa circa la composizione del consiglio d’istituto delle scuole in questione”.

Ancora una volta si registra quindi una disattenzione nei confronti delle problematiche della partecipazione rispetto alle quali appare impresa ardua trovare soluzioni.

 

C’è da aggiungere che le Linee di indirizzo sulla partecipazione hanno appena accennato agli organi collegiali, che non sono annoverati tra le opportunità partecipative.

E’ intanto notizia recente (2) della discussione in Consiglio dei Ministri di un collegato alla legge di stabilità 2014, che indica tra gli ambiti di richiesta di intervento, quello della riforma degli organi collegiali della scuola.

Insomma, una riforma che cancelli sostanzialmente o comunque minimizzi, privandola ancor più di significato, una “conquista” conseguita non senza difficoltà appare soluzione più facile ed appetibile rispetto quella di superarne le difficoltà di funzionamento pur da anni note condividendo un progetto (3) che finalmente dia un senso concreto alla partecipazione.

 

Cinzia Olivieri

 

(1)  Education 2.0 Ma di chi è la colpa se la collegialità non funziona?

(2)  OrizzonteScuola.it: Ddl delega Governo: riformare sistema di reclutamento del personale docente (corso-concorso per insegnare, tutela TFA e PAS, esaurire graduatorie), organi collegiali e stato giuridico

(3)  Rivista dell’Istruzione n. 4/2008 Genitori a scuola: investire in formazione  e informazione

 

L’«anello debole» della scuola italiana

da Corriere della Sera

L’«anello debole» della scuola italiana

Il verdetto impietoso dei   test internazionali:  il rendimento  dei preadolescenti crolla nel passaggio dalle elementari alle medie

Orsola Riva

«Anello debole», «maglia nera» della scuola italiana. Le metafore contro la scuola media si sprecano. Nata 50 anni fa con l’intenzione, sacrosanta, di porre fine all’odioso doppio percorso (di eredità fascista) che condannava i figli dei contadini e degli operai all’avviamento professionale riservando la «scuola di mezzo» solo a chi era destinato (per storia familiare) a proseguire gli studi, la media unica è invecchiata, ed è invecchiata male. Doveva offrire un’istruzione di qualità per tutti ma ci è riuscita solo a metà: ha innalzato sì il livello di scolarità ma non ha saputo garantire a tutti i ragazzi le stesse opportunità di successo scolastico. Con il risultato che mentre nella scuola primaria  i bambini viaggiano ancora abbastanza alla pari, le differenze socioculturali esplodono proprio alle medie: quanto più la famiglia è istruita, tanto migliori sono i risultati scolastici. E siccome il livello d’istruzione delle famiglie italiane è molto basso (quasi metà degli italiani adulti non ha un diploma di scuola superiore, contro una media Ocse del 27%), il successo scolastico finisce per arridere ai pochi fortunati che hanno i genitori diplomati o laureati, mentre tutti gli altri sono condannati a fare la parte degli asini, soprattutto se confrontati con i loro coetanei di altri Paesi.

Guarda le slides tratte dalla ricerca «I numeri da cambiare» elaborata dall’Associazione TreeLLLe e dalla Fondazione Rocca

LETTORI ESPERTI  ALLE ELEMENTARI, ASINI ALLE MEDIE? – E dire che alle elementari partiamo alla grande. Basta guardare i risultati dell’indagine PIRLS 2011  sulle capacità di lettura dei bambini di 10 anni. In base a questa rilevazione, gli alunni italiani raggiungono un punteggio medio di 541, staccando nettamente i coetanei  spagnoli (513) e  francesi (520), a parimerito con i tedeschi . Se si confrontano questi risultati con quelli dell’ultimo test Pisa sulle competenze dei quindicenni nei Paesi Ocse  si vede come, sul fronte della cosiddetta «literacy» (ovvero le competenze linguistiche), i nostri ragazzi nel giro di pochi anni perdano molte posizioni, finendo sotto la media Ocse (486 contro 493 punti), facendosi largamente sorpassare dai colleghi inglesi (494), francesi (496), tedeschi (497): indietro restano solo gli spagnoli (481), mentre a distanze siderali svettano i «soliti primi della classe»: asiatici e Paesi del Nord Europa (sul podio, Cina, Corea e Finlandia, rispettivamente a quota 556, 539 e 536).

BOCCIATI IN MATEMATICA – Né le cose migliorano quando si passa alle cosiddetta «numeracy». Basta guardare i risultati dell’indagine TIMSS 2011sulle capacità matematiche e scientifiche dei bambini di 10 anni e dei 14enni. Anche in questo caso i bambini delle elementari si piazzano piuttosto bene in matematica, sopra la media dei 500 punti (508). Mentre gli adolescenti finiscono, anche se di poco, sotto il valore di riferimento medio (a quota 498). Idem per le scienze. Secondo il «Rapporto sulla scuola italiana» della Fondazione Agnelli pubblicato da Laterza nel 2011, l’Italia è il Paese con il calo degli apprendimenti più netto fra elementari e medie.

PROF VECCHI, ADOLESCENTI ANNOIATI – Andando a ricercare le cause di risultati così poco lusinghieri, nello stesso studio si vede come i preadolescenti italiani siano molto più a disagio dei loro coetanei a scuola. Una delle possibili ragioni di questo scollamento, indicata da più parti, sta nell’età avanzata dei docenti. Mancano, in generale, insegnanti giovani (l’età media in Italia è di oltre 50 anni contro i 43 della media europea) , anche per via del sistema di reclutamento legato alle liste del precariato. Professori anziani, con insufficienti conoscenze informatiche, che faticano ad entrare in contatto con i cosiddetti nativi digitali (come del resto faticano anche i loro genitori incapaci di trovare una strada   per comunicare con i loro figli «marziani», tutti app, videogiochi  e social network).    Resta da spiegare come sia possibile che a 15 anni sei ragazzi su dieci non sappiano da cosa dipende l’alternarsi del giorno e della notte…

Adolescenti, un universo sconosciuto

da Corriere della Sera

L’EDITORIALE

Adolescenti, un universo  sconosciuto

Genitori e  figli che diventano «grandi»:  bisogna ripartire da zero  ma senza panico. Controllo sì, ma anche rispetto della diversità

BARBARA STEFANELLI

È capitato a tutti i genitori, almeno una volta, di provare quella sensazione di panico che ti vela la vista quando pensi di aver perso il tuo bambino in aeroporto o in un negozio affollato. Ti sei distratto e lui non c’è più accanto a te. Ti chiedi se qualcosa di irreparabile possa essere accaduto in pochi secondi. In quel momento sei Stephen Lewis, il protagonista del romanzo di Ian McEwan Bambini nel tempo : il padre che non saprà mai come sarebbe cresciuta la sua piccola Kate, smarrita a tre anni al supermarket.

Lo stesso panico torna quando diventi genitore per la seconda volta: cioè quando tuo figlio o tua figlia arrivano all’adolescenza e tu devi ripartire da zero. Non ti parlano, non sorridono, sono arrabbiati con quasi tutti, sicuramente con te che per loro non sei più la madre o il padre dell’estate prima della tempesta. Sembrano non avere più voglia di quel che nel tempo hai tentato di dare con onestà. Stranieri, in casa.

Ma non è sempre stato così, anche quando c’eravamo noi nella stanza del figlio? La differenza è forse che noi ci sentiamo la generazione di genitori più informati, connessi e collegati al mondo. Disposti a imparare dai nostri «nativi digitali», disposti anche – e fin troppo – ad ammettere le nostre imperfezioni quotidiane nell’esercizio di una genitorialità appassionata.

È a quel punto che scatta la tentazione del controllo. La tentazione di diventare tutti insieme una Big Mother: la Grande Madre dotata di filtri da mettere ai computer e di programmi in grado di monitorare l’accesso ai siti. I nostri pre-adolescenti, adolescenti e giovani adulti ci feriscono con le loro armi tecnologiche, nascondendosi tra gli specchi di mille schermi? E noi, genitori moderni, rispondiamo con le stesse armi, più o meno. Lo facciamo – così ci ripetiamo – per «proteggerli da se stessi» in un mondo che è diventato infinito e infinitamente più pericoloso di quello che noi abbiamo affrontato alla loro età. In assenza di segnali, andiamo in cerca di tracce che ci riportino a loro.

Lo sappiamo, questo inseguimento è un inganno: il tormento è che sacrificare la fiducia tra noi possa diventare un male peggiore dei pericoli dai quali volevamo allontanarli. E dunque ci chiediamo che fare, sempre più confusi e storditi dalle storie di cronaca: che ci parlano di bambine pronte a scambiare un corpo giovane per i soldi di uomini classificati con un numero; che ci raccontano di anime incerte annientate da giochi omicidi su siti mai spenti.

Ci rimangono vecchie armi, forse spuntate, ma sono le nostre. Essere presenti ed esercitare un’antica attenzione, oltre il brusio delle nostre giornate difficili e il silenzio dei loro muri ostili. Rispettare l’identità dei nostri figli anche quando non ci somigliano: soprattutto quando non ci somigliano.

Jay Griffiths, autrice di un libro che è un lungo viaggio-studio nella felicità perduta dei ragazzi, sprona i genitori a essere coraggiosi e a non considerare mai i figli una proprietà: a volte il contrario dell’obbedienza non è la disobbedienza ma l’indipendenza, il contrario del controllo non è il caos ma l’autocontrollo, il contrario dell’ordine non è il disordine ma la libertà.

Ebook e libro di carta: prove di pace a Pisa

da Corriere della Sera

CONVEGNO ALLA NORMALE

Ebook e libro  di carta: prove di pace a Pisa

Carrozza: «La digitalizzazione della scuola   processo inesorabile». I fondi? «Tra pubblico e privato». E il ministro cita l’esempio delle  Fondazioni bancarie

Marco Gasperetti

La prima sorpresa del convegno ce la regala la tecnologia. Lo schermo, davanti alla straordinaria libreria a vetri che nella Sala Azzurra della Scuola Normale custodisce libri di carta antichi e meravigliosi, stenta a mostrare la proiezione multimediale in differita da Eindhoven della professoressa Caroline Hummels, guru dell’e-learning e la voce della docente arriva con un’eco insostenibile e incomprensibile. Sorrisi tra i molti intervenuti e, come sempre accade, soddisfazione tra gli «apocalittici» e frustrazione tra gli «integrati», categorie coniate mezzo secolo fa da Umberto Eco e ancora attuali nel dibattito sulla società analogica e digitale. Perché tra teoria e prassi, nonostante questi tempi di post modernità e tecnologie sempre più perfezionate, a volte le distanze sembrano siderali. Anche sulla questione, oggi fatidica dopo la decisione del ministero, della digitalizzazione dei libri di testo e sul modo e il metodo di fare didattica (la famosa 3.0?) nelle scuole di ogni ordine a grado.

IL DIGITALE COME  SINERGIA PUBBLICO-PRIVATO – Al convegno, organizzato da Normale e Miur, con il contributo degli atenei della Tuscia, di Siena e di Eindhoven, partecipa anche Maria Chiara Carrozza. E non è solo una presenza di rito. La ministra dell’Istruzione ascolta l’intera sessione mattutina, e parla volentieri del «modo con il quale investiremo in questo processo inesorabile della scuola (la digitalizzazione) anche con l’aiuto tra pubblico e privato», citando a questo proposito le Fondazioni bancarie che, «come quelle della Cassa di Risparmio di Livorno hanno messo in campo progetti interessanti dedicati alle scuole». Poi sottolinea che anche l’editoria scolastica digitale ha l’obbiettivo e il compito di produrre il Sapere. «E il Sapere – spiega Carrozza – ha il compito di tenere insieme lo Stato. Tutti noi cittadini italiani, da Bolzano a Canicattì, abbiamo studiato sugli stessi testi e abbiamo letto il Manzoni». E ancora, sul futuro del libro che verrà, il ministro spiega: «Ciò che conta è avviare un serio dibattito scientifico e pedagogico sui contenuti prima ancora che sulla piattaforma sulla quale svilupperemo il libro digitale». E infine, al cronista che ai margini del convegno le chiede se insieme ai professori ultrasettantenni volesse rottamare anche libri, la Carrozza risponde che «non vuole rottamare nessuno» e che vede «un’integrazione e una convergenza tra libri di testo cartacei e digitali». Un’opinione, autorevolissima certo, ma non la sola che da ormai una quindicina di anni ruota attorno alla rivoluzione dei bit nelle scuole.

LIBRO SCRITTO E DIGITALE: TECNOLOGIE A CONFRONTO  – Al convegno «Uno, nessuno, centomila. Libri di testo e risorse digitali per la scuola italiana in Europa» si cerca così una sintesi tra chi, vorrebbe rivoluzionare il mondo della didattica a del caro vecchio libro, chi chiede soprattutto contenuti e chi, appunto, crede in una convergenza e in una convivenza lunghissima tra atomi e bit. Ma è proprio la tecnologia a dividere i due mondi? No, secondo il pedagogista Roberto Maragliano, uno dei primi ad affrontare negli anni Novanta le problematiche legate dell’insegnamento digitale, semmai è la sua introiezione. «Perché anche la stampa è una tecnologia, che però abbiamo interiorizzato e non recepiamo più come tale», spiega. Dunque il libro non è una forma naturale e il computer e il tablet e lo smartphone solo manufatti esterni, ma entrambe due tecnologie, la prima assimilata e dunque non più considerata «altra», l’altra ancora vissuta come «estensione del corpo» alla maniera di Marshall McLuhan. Poi ci sono le questioni del libro, «aperto, nel mondo digitale – come spiega Maragliano -, nel quale non è solo l’autore che partecipa alla sua stesura, ma l’insegnante e discente» e della comunicazione scolastica «troppo verbo e scritto centrica e poco multimediale».

IL LIBRO È IL LIBRO –  Dunque il libro scolastico come lo conosciamo oggi è destinato a una metamorfosi profonda? Probabilmente sì, come già accaduto per volumen, codici miniati e incunaboli, ma non scomparirà. Anzi. Come dice Giorgio Riva, direttore generale Rcs Education, «il libro di testo è sarà ancora il centro di gravità attorno al quale ruoteranno ambienti multimediali condivisi e altri servizi». E per avvalorare la sua tesi Riva mostra i dati di una ricerca europea sulle competenze nella lettura degli studenti quindicenni che proiettano il Nord Europa nelle prime posizioni (al top c’è la Finlandia) e vede l’Italia arrancare verso il basso e addirittura posizionarsi al quartultimo posto sulla presenza delle tecnologie nelle scuole davanti a Romania, Slovacchia e Turchia.  «Non è poi così rilevante se il libro di testo è digitale e cartaceo – spiega Giorgio Riva -. L’importante è che continui ad essere l’insieme di contenuti ordinati del sapere, il simbolo di una conoscenza omogenea e condivisa». Insomma, senza libro di testo manca un punto di riferimento, e il sistema dei saperi crollerebbe. «Noi editori consideriamo il digitale un’opportunità straordinaria – conclude Riva -, che arricchisce il contenuto e le possibilità di fruizioni utilizzando la multimedialità. Ma è anche importante lavorare perché tutto possa fruire su più piattaforme», senza sbarramenti e preclusioni.  Non concentrandosi, insomma, solo sull’annoso dualismo digitale e analogico. Perché, come rivela nella sessione pomeridiana Patrizia Marti, docente alle università di Siena e di  Eindhoven, nel Nord Europa, quando si dibatte di scuola e digitale non si parla mai di tecnologia «che sono usate con disinvoltura, ma sempre sul ruolo studente e insegnante e soprattutto su che cosa fare insieme. Le tecnologie sono scontate. E’ il modo con cui sono usata e pensata per fare cultura che ha bisogno di un’approfondita analisi».  mgasperetti@corriere.it

Carrozza: anche coi libri digitali contano sempre i contenuti

da Tecnica della Scuola

Carrozza: anche coi libri digitali contano sempre i contenuti
di A.G.
Il Ministro: occorre avviare un serio dibattito scientifico e pedagogico su quel che trasmettono, prima ancora che sulla piattaforma sulla quale svilupperemo. Una logica che vale pure per chi gli editori: non devono fare business.
Non importa quale strumento o linea on line che verrà utilizzata per far “viaggiare” i libri di testo digitali. Quel che conta è ciò che viene trasmesso attraverso quei libri. A sostenerlo è stato a Pisa il ministro dell’Istruzione, Maria Chiara Carrozza intervenendo alla Scuola Normale a un convegno su ‘Libri di testo e risorse digitali per la scuola italiana in Europa’.
”Dobbiamo scegliere il modo con il quale investiremo in questo processo inesorabile della scuola: il suo valore è quello di tenere insieme lo Stato attraverso il sapere, per questo ciò che conta è avviare un serio dibattito scientifico e pedagogico sui contenuti prima ancora che sulla piattaforma sulla quale svilupperemo il libro digitale”.
La priorità dei contenuti sul mezzo dovrebbe prevalere anche sulle politiche che governano il mercato dei libri digitali. ”Fare editoria scolastica – ha sottolineato Carrozza – non significa fare business, ma diffondere il sapere e lavorare perché questo Paese continui a essere europeo, manifatturiero e capace di continuare a coltivare i talenti nella cultura, nell’arte e nell’architettura”.

La scuola italiana ha un punto debole

da Tecnica della Scuola

La scuola italiana ha un punto debole
di P.A.
Sarebbe la secondaria di primo grado che, a cinquant’anni dalla sua nascita, scricchiola sotto i colpi dei test internazionali, impietosi nel descrivere il crollo del rendimento dei preadolescenti nel passaggio dalle elementari alle medie. Le cause? l’età avanzata dei docenti
Mentre nella scuola primaria i bambini viaggiano ancora abbastanza alla pari con loro coetanei europei e no, le differenze socioculturali esplodono proprio alle medie dove fra l’altro si scopre che più la famiglia è istruita, tanto migliori sono i risultati scolastici. E siccome, dice il Corriere della Sera in una sua inchiesta, il livello d’istruzione delle famiglie italiane è molto basso (più della metà degli italiani adulti non ha un diploma di scuola superiore, contro una media Ocse del 27%), il successo scolastico finisce per arridere ai pochi fortunati che hanno i genitori diplomati o laureati, mentre tutti gli altri sono condannati a fare la parte degli asini. Tuttavia la scuola elementare italiana rimane un punto di riferimento, come dicono i i risultati dell’indagine PIRLS 2011 sulle capacità di lettura dei bambini di 10 anni. In base a questa rilevazione, gli alunni italiani raggiungono un punteggio medio di 541, staccando nettamente i coetanei spagnoli (513) e francesi (520), a pari merito con i tedeschi . Se si confrontano questi risultati con quelli dell’ultimo test Pisa sulle competenze dei quindicenni nei Paesi Ocse si vede come, sul fronte della cosiddetta «literacy» (ovvero le competenze linguistiche), i nostri ragazzi nel giro di pochi anni perdano molte posizioni, finendo sotto la media Ocse (486 contro 493 punti), facendosi largamente sorpassare dai colleghi inglesi (494), francesi (496), tedeschi (497): indietro restano solo gli spagnoli (481), mentre a distanze siderali svettano i «soliti primi della classe»: asiatici e Paesi del Nord Europa (sul podio, Cina, Corea e Finlandia, rispettivamente a quota 556, 539 e 536). Né le cose migliorano quando si passa alle cosiddetta «numeracy». Basta guardare i risultati dell’indagine TIMSS 2011sulle capacità matematiche e scientifiche dei bambini di 10 anni e dei 14enni. Anche in questo caso i bambini delle elementari si piazzano piuttosto bene in matematica, sopra la media dei 500 punti (508). Mentre gli adolescenti finiscono, anche se di poco, sotto il valore di riferimento medio (a quota 498). Idem per le scienze. Secondo il «Rapporto sulla scuola italiana» della Fondazione Agnelli pubblicato da Laterza nel 2011, l’Italia è il Paese con il calo degli apprendimenti più netto fra elementari e medie. Il problema a questo punto è però, dice il Corriere, quello di capire le cause di tanto insuccesso che si manifesta proprio nel passaggio dalla primaria alla secondaria e per pesare anche nella secondaria di secondo grado. Una delle possibili ragioni di questo scollamento, indicata da più parti, sta nell’età avanzata dei docenti. Mancano, in generale, insegnanti giovani (l’età media in Italia è di oltre 50 anni contro i 43 della media europea) , anche per via del sistema di reclutamento legato alle liste del precariato. Professori anziani, con insufficienti conoscenze informatiche, che faticano ad entrare in contatto con i cosiddetti nativi digitali (come del resto faticano anche i loro genitori incapaci di trovare una strada per comunicare con i loro figli «marziani», tutti app, videogiochi e social network). Resta da spiegare come sia possibile che a 15 anni sei ragazzi su dieci non sappiano da cosa dipende l’alternarsi del giorno e della notte…

Edilizia scolastica: assegnati primi 150mln. Via libera a 692 interventi

da Tecnica della Scuola

Edilizia scolastica: assegnati primi 150mln. Via libera a 692 interventi
Il ministro dell’Istruzione, dell’Università e della ricerca, Maria Chiara Carrozza, ha firmato il decreto che assegna alle Regioni i primi 150 milioni previsti dal Dl del Fare per interventi urgenti per la riqualificazione e la messa in sicurezza delle scuole statali, in particolare quelle dove è presente l’amianto
Via libera, dunque, a 692 interventi, di cui 202 (il 29%) esclusivamente per la bonifica delle strutture dall’amianto. ”Sono soddisfatta – sottolinea il Ministro Carrozza – perché’ abbiamo già provveduto in tempi rapidi e coinvolgendo i governi regionali a mettere in atto una delle azioni più importanti previste nel decreto del Fare. L’edilizia scolastica, come dichiarato all’inizio del mio mandato, rappresenta una delle priorità del Governo Letta. Quando c’è determinazione e condivisione si riescono a organizzare i livelli di governo nell’interesse della scuola e del Paese”. Le Regioni entro lo scorso 15 ottobre hanno presentato al Miur una graduatoria di interventi immediatamente cantierabili, in ordine di priorità. Alle Regioni sono arrivate dagli enti locali 3.302 richieste di intervento di cui 2.515 ammissibili al finanziamento. Grazie ai 150 milioni stanziati per le urgenze saranno avviati già 692 interventi, ovvero il 27,5% del totale di quelli ammissibili al finanziamento. A questa cifra, come previsto sempre dal Dl del Fare, si affiancheranno, nel triennio 2014/2016, altri 300 milioni destinati tramite l’Inail all’edilizia scolastica. Ora spetterà agli enti locali beneficiari dei finanziamenti provvedere alle gare per l’affidamento dei lavori che andranno aggiudicati entro il prossimo 28 febbraio 2014, pena la revoca delle risorse stanziate. Per rendere rapide le procedure di realizzazione degli interventi sindaci e presidenti di Provincia operano come commissari straordinari.

Concorso a DS in Lombardia: ricorrezione ultraveloce

da Tecnica della Scuola

Concorso a DS in Lombardia: ricorrezione ultraveloce
di Aldo Domenico Ficara
Corretti quasi 70 elaborati al giorno, mentre dei candidati si pongono alcuni interrogativi sulle prossime fasi del concorso
Le procedure di correzione nel concorso per dirigenti scolastici che si stanno svolgendo in Lombardia, proseguono con ritmi molto veloci, infatti, nel periodo che va dal 21 ottobre al 31 ottobre, sono state corrette 546 prove, mentre nella prima settimana di novembre dal 4 al 7 ( le sottocommissioni lavorano quattro giorni la settimana ), sono stati corretti 288 scritti.  Quindi facendo il totale abbiamo ben 834 prove scritte corrette, in altre parole quasi la metà del numero complessivo degli elaborati da valutare. Le proiezioni che potrebbero indicare la fine di questa prima fase valutativa, indicherebbero come probabile pubblicazione dell’elenco degli ammessi alla successiva prova orale, una data precedente alla metà del prossimo mese di dicembre.  Facendo alcuni semplici calcoli si può dire che in media sono stati corretti quasi 70 elaborati al giorno, un vero e proprio record valutativo che pone da parte dei candidati alcuni interrogativi sulle prossime fasi del concorso. Il primo tra questi è rappresentato dal fatto del mantenimento o meno, in questa ripetizione del concorso, della lettera sorteggiata per la precedente fase orale, un interrogativo di non poco conto visto l’imminente fine delle correzioni degli scritti determinata da questa ricorrezione ultraveloce.  Un altro dubbio che investe i candidati lombardi è quello riguardante chi è risultato idoneo nella vecchia procedura (inserito in graduatoria di merito), nel caso in cui si ritrovasse a superare di nuovo le prove scritte. In tal caso il candidato ex idoneo si ritroverebbe automaticamente idoneo, oppure dovrà ripetere anche la prova orale (superata già la prima volta) ? Interrogativi che dovranno trovare una risposta immediata, visto il restringersi dei tempi relativi alla correzione delle prove scritte