Area V della dirigenza. Applicazione contratti integrativi regionali

On. Enrico Letta
Presidente del Consiglio dei Ministri
On. Maria Chiara Carrozza
Ministro Istruzione, Università e Ricerca
Dott. Fabrizio Saccomanni
Ministro dell’Economia e delle Finanze
Dott. Luciano Chiappetta
Capo Dipartimento MIUR
Dott. Marco Ugo Filisetti
DG Politica finanziaria e Bilancio
L O R O   S E D I

Oggetto: Area V della dirigenza. Applicazione contratti integrativi regionali anno scolastico 2012‐2013.

Questa Organizzazione Sindacale, rappresentativa dell’Area V della dirigenza, chiede alle SS.LL.
lo sblocco dei contratti integrativi regionali dell’Area V della dirigenza scolastica per l’anno
scolastico 2012‐2013: contratti già sottoscritti da tempo e la cui esecutività è stata sospesa
dall’intervento unilaterale dell’Ufficio Centrale del Bilancio presso il MIUR, a seguito di una
interpretazione restrittiva e penalizzante dell’art. 9 comma 2 bis del DL 78/2010.
Detta interpretazione non è suffragata da alcuna disposizione di rango normativo. L’Ufficio
Centrale di Bilancio presso il MIUR, nella sua nota di risposta alla DG Politica finanziaria e
Bilancio del MIUR (prot. 9061 del 05‐12‐2013) sostiene che tale interpretazione discende da
una circolare RGS (n. 12 del 15.4.2011), che prescriverebbe l’ordine in cui debbono essere
svolte le operazioni di determinazione del Fondo.
Senza entrare nel merito della rilevanza normativa della circolare in questione, va rilevato un
dato di fatto inoppugnabile e cioè che essa non dice affatto quel che l’UCB sostiene. Si limita
infatti a citare, correttamente, la norma di legge (art. 9.2bis D.L. 31.5.2010, n. 78):
“l’ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del
personale […] non può superare il corrispondente importo dell’anno 2010 ed è, comunque,
automaticamente ridotto in misura proporzionale alla riduzione del personale in servizio.”
Segue l’indicazione delle modalità per procedere a ciascuno dei diversi adempimenti: ma in
nessun punto della circolare si indica l’ordine delle operazioni. Dunque l’asserzione dell’UCB
circa tale successione ([la circolare] “nel fornire istruzioni per la corretta applicazione del più
volte citato art. 9 co.2‐bis, ne individua puntualmente le varie fasi nella seguente successione: ”)
non corrisponde al vero. Quella successione costituisce un mero assunto dell’UCB, non
suffragato da alcuna norma, neppure del rango di una circolare. Ma il suo effetto è quello di
produrre – a parità di ogni altra condizione – un doppio abbattimento nell’importo del Fondo
per la retribuzione accessoria dei dirigenti delle istituzioni scolastiche.
La diversa interpretazione che della stessa norma ha dato la DG della Politica Finanziaria e del
Bilancio del MIUR non determina neppur essa uno sforamento dell’importo massimo del Fondo
fissato dalla legge (quello in vigore a fine 2010). E dunque non si vede perché debba essere
rigettata, stante che non esistono indicazioni contrarie. Quel che si realizza di fatto non è un
contenimento della spesa, ma una ulteriore sottrazione al personale interessato di risorse già
maturate e compatibili con i tetti di legge.
Tale pretesa è doppiamente ingiustificata, in quanto alla riduzione di organico non si è
accompagnata una riduzione del carico di lavoro. I punti di erogazione del servizio, il numero di
dipendenti e di utenti sono rimasti gli stessi, anzi sono ulteriormente cresciuti. A sostenere quel
lavoro è però un numero minore di dirigenti, che quindi lavorano di più e, in aggiunta, non
potrebbero neppure mantenere il livello di retribuzione del 2010, ma dovrebbero vederselo
ridurre, se si applicasse l’interpretazione unilaterale che l’UCB vuole imporre della norma di
legge.
Tale criterio, ove venisse confermato, continuerebbe poi a produrre effetti di ulteriore
riduzione della retribuzione, a carico di lavoro crescente, anche quando saranno sottoscritti i
contratti per l’anno scolastico 2013‐2014.
Si conferma quindi la richiesta alle SS.LL. di un sollecito intervento per addivenire alla soluzione
del problema, nel senso di confermare la validità dei contratti integrativi regionali già
sottoscritti per l’anno scolastico 2012‐2013. In difetto, questa organizzazione sindacale dichiara
fin d’ora lo stato di agitazione dei dirigenti delle istituzioni scolastiche e si prepara ad avviare le
conseguenti iniziative di mobilitazione.

Distinti saluti.
Giorgio Rembado
Presidente nazionale Anp

Il Ministro presenta la campagna del Miur per l’Orientamento

Domani il Ministro Carrozza presenta la campagna del Miur per l’Orientamento

Domani, 20 dicembre 2013, alle ore 11.00 il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Maria Chiara Carrozza, presenterà la campagna del Miur per l’Orientamento presso la Sala della Comunicazione in Viale Trastevere 76/A.

I giornalisti interessati devono accreditarsi attraverso la mail uffstampa@istruzione.it.

Abbandono scolastico, l’Italia tra le 5 peggiori d’Europa: al Sud, tasso del 25%

Abbandono scolastico, l’Italia tra le 5 peggiori d’Europa: al Sud, tasso del 25%

In media, il 17,6% dei ragazzi tra 18 e 24 anni lasciano gli studi prima del tempo, contro la media europea del 12,7. Il periodo più a rischio è il biennio delle superiori. L’obiettivo entro il 2020 è scendere al 10%. 12 Paesi dell’Ue ci sono già riusciti

da Redattore Sociale
19 dicembre 2013 – 12:54

458670ROMA – L’Italia è tra i 5 paesi europei in cima alla classifica per tasso di abbandono scolastico: con la media nazionale del 17,7%, è molto al di sopra della media europea (12,7%) e ancora assai lontana dall’obiettivo di ridurre la dispersione al 10% entro il 2020. Si fa peggio al Sud, dove i ragazzi tra 18 e 24 anni che abbandonano gli studi prima del tempo sono addirittura il 25%. Il periodo più a rischio è il biennio superiore, cioè intorno ai 15 anni.

I dati, diffusi dalla Commissione europea, descrivono una situazione assai diversificata tra i Paesi dell’Unione: peggio dell’Italia fa la Spagna, con il 24,9% di ragazzi che acquisiscono al massimo la licenza media. Anche Malata (22,6%) e Portogallo (20,8%) sono meno virtuosi di noi. Fa meglio invece, seppur di poco, perfino la Romania (17,4%). Ben 12 Paesi hanno invece già raggiunto l’obiettivo, fissato per il 2020, di ridurre al 10% il tasso di dispersione scolastica. Vicini al traguardo anche Germania, Francia e Regno Unito.

“L’allontanamento dall’Europa in merito alla dispersione scolastica – dichiara Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir – non è un dato casuale. Ma è legato a doppio filo ai tagli a risorse e organici della scuola attuati negli ultimi anni. In particolare negli ultimi sei, quando sono stati cancellati complessivamente 200mila posti, sottratti 8 miliardi di euro e dissolti 4mila istituti a seguito del cosiddetto dimensionamento (poi ritenuto illegittimo dalla Consulta). Ora, siccome è scientificamente provato che i finanziamenti sono correlati al successo formativo, questi dati non sorprendono: più si taglia e più la dispersione aumenta”. Per Pacifico, all’origine del problema c’è l’attuazione delle riforme Gelmini sulla scuola, che “hanno ridotto di un sesto l’orario scolastico, tanto è vero che oggi l’Italia detiene il ‘primato’ di far svolgere ai suoi alunni della primaria 4.455 ore studio, rispetto alle 4.717 dell’Ocse. E 2.970 in quella superiore di primo grado, rispetto alle 3.034 sempre dell’Ocse”.

“Il problema – conclude Pacifico – è che invece di investire nella formazione, in professionalità, in tempo scuola, in competenze, ad iniziare da quelle nell’Ict, senza dimenticare l’apprendistato, in Italia si continua a considerare l’istruzione un comparto da cui sottrarre risorse. Invece è un settore chiave e deve necessariamente risalire la china. Assieme ad artigianato, turismo e nuove tecnologie”.

ITP: RIPRISTINARE ORE INSEGNAMENTO TAGLIATE DALLA GELMINI

ITP, FGU-GILDA: RIPRISTINARE ORE INSEGNAMENTO TAGLIATE DALLA GELMINI

Rivedere l’impianto della riforma Gelmini che, a quattro anni dal suo avvio, ha dimezzato o addirittura eliminato le ore di didattica in laboratorio affidate agli insegnanti tecnico pratici. A chiederlo è la Fgu-Gilda degli Insegnanti in occasione delle imminenti scadenze per la definizione degli organici e alla luce della sentenza con cui l’8 aprile scorso il Tar del Lazio ha giudicato illegittimi i tagli all’orario degli istituti tecnici e professionali.

“Nello specifico – spiega La Fgu-Gilda – è necessario ripristinare il numero delle ore di attività di laboratorio pari o quantomeno rapportabili dignitosamente al monte ore previsto prima del riordino. Inoltre va estesa a tutti gli ordini di scuola l’attivazione degli uffici tecnici con l’inserimento della figura dell’insegnante tecnico pratico, sulla base del proprio campo di specializzazione. Infine – conclude il sindacato – bisogna dare la possibilità ai docenti Itp in possesso dei requisiti per altri insegnamenti di accedere, se lo richiederanno, ad altre classi di concorso”.

L’ascolto, il passato, il presente e il futuro

L’ascolto, il passato, il presente e il futuro
(relativamente a Cosa vuole il PD dalla Scuola di Davide Faraone)

di Claudia Fanti

Bes, pochi insegnanti di sostegno, voti, Invalsi, mancanza di tempo pieno, compresenze eliminate, supplenze coperte dai docenti a tempo indeterminato, malattia pagata dal docente ammalato entro i primi 10 giorni di assenza da scuola, edifici scolastici che cadono a pezzi, supplenti non pagati, turn over bloccato, precari storici in attesa, stipendi bloccati, strumenti e materiali pagati da famiglie e insegnanti, specialisti di lingua inglese scomparsi, contenuti di storia moderna e geografia lasciati  dalle Indicazioni alla buona volontà dei docenti, fondi di istituto ridotti all’osso…l’elenco delle  “stranezze” di uno Stato, che però pretenderebbe miracoli, è senza fine.

Eppure i politici parlano e parlano e parlano dell’importanza della scuola per il rilancio dell’economia, della ricerca, dell’innovazione.

 

C’è una discrasia tra la realtà e le parole, in particolare quando sentiamo parlare della formazione dei docenti: viene da pensare come sia possibile che gli stessi che fanno annunci di predisporsi in posizione di ascolto, possano dimenticare che ora tutti gli aspiranti docenti frequentano anni e anni di università, fanno tirocinio nelle classi, che tanti insegnanti esprimono con passione suggerimenti, critiche, opinioni che sono illuminanti e di cui si dovrebbe tener conto senza tanto girare per l’Italia…

 

Francamente non si comprende come non si pensi a riesumare ciò che funzionava, come non si pensi a dar fiducia ai docenti, unici a essere sul territorio, vicini ai problemi delle famiglie a condividerne sofferenze e difficoltà, fermate e riprese. Unici ad aiutare mamme e papà ad affrontare il grande e complesso tema dell’educazione in un panorama per nulla favorevole.

 

Sinceramente l’unica cosa che ormai servirebbe sarebbe un pietoso silenzio di partiti e ministro sulla situazione, oppure servirebbe un supporto incondizionato al lavoro da certosino che ognuno e ognuna di noi fa giorno per giorno. Invece non si fa altro che parlare di sistemi possibili, ma improbabili di valutazione del nostro lavoro che vien sempre descritto come inadeguato, di aumento di ore in presenza, di carenze della nostra attività didattica e educativa, di formule organizzative, di tagli di anni in ingresso o in uscita, che non tengono conto del passato, del presente e men che meno del futuro…

 

Da poco ho letto le intenzioni del nuovo responsabile scuola del PD e, a parte la sua dichiarazione di intenti di porre mano alle disuguaglianze tra nord e sud d’Italia, e di voler fare un tentativo di raccolta di opinioni nelle scuole, non ho purtroppo letto una parola relativamente all’abolizione della riforma Gelmini, al ripristino del tempo pieno e alla sua diffusione, alla follia pedagogica del “maestro unico”, alle ingiustizie che stanno subendo gli e le insegnanti senza stipendio…Ho soltanto notato un non ben identificabile richiamo alla sfida che il futuro lancia a maestre e maestri, come se noi non fossimo a conoscenza delle problematiche del tempo che viviamo e di quello che ci attende, come se noi non si facesse miracoli da tempo e con la forza degli arieti, nonostante governi deboli e “stranamente composti”. Strano davvero!

Motivare Motivare Motivare!

Motivare Motivare Motivare!

di Umberto Tenuta

<<Amor, ch’a nullo amato amar perdona>>

 (Dante, Inferno, V, 103)

Che cosa fanno i grandi maestri? Qual è il loro segreto professionale?

Che cosa li rende “grandi maestri”?

 

La loro vasta cultura, innanzitutto!

 

Ma grandi sono stati soprattutto coloro che, come Socrate, avevano la passione del conoscere e che dichiaravano finanche la loro ignoranza, come ogni grande maestro sempre fa: scio me nihil scire!

 

Ora, salve le pur lodevoli ed anche numerose eccezioni, gli insegnanti salgono in cattedra e, senza nemmeno chiedere il consenso, se non il parere, ai loro alunni, ex abrupto, cominciano a far lezione ai loro venticinque alunni che dalla piccola platea che si para innanzi, con i banchi allineati su tre file, sono costretti ad ascoltarli, perché è stato detto loro dalle mamme e dai papà che questo avrebbero dovuto fare a scuola: ascoltare i propri insegnanti e fare, senza muovere alcuna obiezione, quello che essi ordinano di fare, e cioè ascoltare, stare con le mani conserte ad ascoltare, guardare la lavagna, pardon, la  LIM, e, ancora. scrivere quanto essi dettano, ed eseguire gli esercizi ed i problemi alle pagine x ed y dei libri di testo, insomma non disobbedire mai e obbedire sempre, perinde ac cadaver!

E così fanno, o almeno si sforzano di fare, i nostri bambini, i nostri fanciulli, i nostri adolescenti, i nostri cari giovani.

 

Ma non sempre ci riescono, stante la forza del loro essere giovani, di essere giovani e forti, di essere vivaci, pieni e traboccanti di vita.

Sono vivaci, i nostri giovani! Lo attestano, lo dichiarano, lo proclamano, lo denunciano i loro insegnanti!

Sì, lo denunciano, anche per iscritto, con note sui registri digitali, con le segnalazioni ai dirigenti..

 

Ma non c’è nulla da fare: i giovani sono vivaci! 

Sono vivaci, perché i genitori premurosi hanno dato loro le vitamine, sin dalla loro nascita, quando sono venuti fuori dal grembo materno, nel quale pure avevano scalciato a non finire, per la gioia delle madri che sopportavano pazientemente i dolori prodotti dai figli che così testimoniavano la loro vivacità, il loro essere vivi, la loro vitalità!

Sono vivaci i giovani, per la gioia dei loro genitori, per la gioia dei loro nonni, per la loro gioia che implode, che esplode: la gioia di vivere, di essere forti, di essere giovani, di mordere i frutti terrestri con saldi e bianchi denti voraci…, come canta Gabriele D’Annunzio!

 

Ma non si lamenta forse, come un grande danno, la mortalità scolastica, la mancata frequenza dalla scuola da parte di tanti giovani che hanno visto morire dentro la loro anima la gioia di andare incontro al mondo, di esplorare con le loro mani e coi loro piedi, già nel grembo materno, e poi, appena nati, agitandosi, toccando, aprendo la bocca alla ricerca dei capezzoli materni, da quali bere il latte della vita, l’alimento che li avrebbe fatti crescere, in virtute e canoscenza?

 

Non si vuole la mortalità scolastica e poi si proibisce, si condanna senza appello la vivacità di giovani!

Le sagge mamme danno loro le vitamine, e gli insegnanti “colti” condannano la loro vivacità!

 

Sinceramente, questo è un rebus di quelli che non ho mai saputo risolvere, tra i tanti che pure mi affascina saper risolvere!

 

Smettiamo una buona volta  di uccidere la vivacità dei nostri giovani!

 

Anzi, alimentiamola col nostro esempio!

Dicono testualmente i programmi didattici nel 1985 per la scuola primaria: <<L’insegnante, anche testimoniando la sua consuetudine alla lettura, stimola e accresce la motivazione dei fanciulli a leggere>>.

Testimoni della gioia di vivere, della gioia di conoscere, filosofi, i maestri, con la loro testimonianza incoraggiano i loro studenti, resi bramosi di conoscere, di risolvere i problemi più vari, non solo quelli di aritmetica e di geometria, di esplorare i campi sterminati dei saperi, le valli dei Maya, le cime innevate dell’Everest!

 

Rileggiamo Enriques a proposito dei Maestri:

«Se il nostro pensiero e le nostre parole debbono muovere l’attività del discepolo,bisogna che qualcosa di vivo che è in noi passi nello spirito di lui come scintilla di fuoco ad accendere altro fuoco»

E, quando, questa gioia i nostri studenti, sì studenti, innamorati, amanti del sapere, filosofi, non dimostrano ancora questa fiamma che arde, seppure sopita, in ogni figlio di donna, accendiamola, sollecitiamola col nostro soffio vivace, come si fa quando si soffia sul fuoco perché divampi!

Non mettiamo acqua sui carboni quasi spenti sotto la cenere, ma soffiamo, soffiamo sopra il fuoco della vita che arde dentro i cuori dei nostri giovani.

 

Insegnanti no, abbiamo gridato, docenti forse, maestri si, maestri di vita!

Orsù, ogni mattina, entrando nelle aule, laboratori di umanità, portiamo grande la nostra passione per le avventure matematiche, geometriche, storiche, scientifiche, linguistiche… che ci affascinano nel nostro tempo extrascolastico, che alimentiamo ogni giorno con i nostri amici libri, certamente non con quelli di testo, ma anche con le riviste culturali, coi giornali che ormai ogni santo giorno si presentano come delle vere e proprie enciclopedie che non abbiamo il coraggio di mandare al macero.

Filosofi, amanti del sapere, studiosi e studenti si nasce e si diventa ogni giorno, coltivando l’amore del sapere, del saper fare, del sapere essere.

 

Maestri, oh quanto vi invidio, io, impedito ad entrare nelle vostre aule affollate da giovani vivaci, perché dovrei riposare, essere in quiescenza!

No, no, no, no!

Io non sono mai andato in quiescenza, oh maestri e studenti che ogni mattina banchettate all’agape della sapienza, che ogni mattina godete la gioia di vivere, di inventare, di scoprire nuove terre incantate di fiabe, di fiumi, di monti, di popoli, di terre lontane nei secoli

 

Io vi seguo, sì, vi ascolto, come il giovane Dienes, accoccolato sull’albero accanto alla finestra della stanza nella quale il padre viveva con i suoi colleghi le avventure della matematica, come il nostro Ludovico Antonio Muratori che, incantato, sotto la finestra ascoltava la maestra dentro l’aula.

 

Le vostre voci mi raggiungono da lontano ed io godo con voi la gioia di Prometeo che ruba il fuoco agli dei per incendiare i cuori e le menti dei vostri giovani studenti.

 

A chi tocca l’assegnazione della cattedra orario esterna?

da Tecnica della Scuola

A chi tocca l’assegnazione della cattedra orario esterna?
di Lucio Ficara
La questione è piuttosto complessa e bisogna distinguere tra caso e caso.
A chi tocca l’eventuale cattedra orario esterna che si potrebbe verificare nell’organico di una scuola? Verrebbe da dire senza pensarci troppo per il sottile: “Tocca a quel docente che si trova collocato all’ultimo posto nella graduatoria interna per l’individuazione dei docenti soprannumerari”. Risposta scontata ma completamente errata. Infatti non è affatto così. Qualcuno, attribuendo in tal modo al DS più poteri rispetto a quelli che la legge prevede, ritiene invece che sostiene invece sostiene invece che, toccando al dirigente scolastico il compito di assegnare i docenti alle classi e ai plessi, sia una prerogativa del dirigente scolastico scegliere chi debba ricoprire la cattedra oraria esterna. Quest’ultima ipotesi è completamente strampalata; infatti il dirigente scolastico non può in alcun modo decidere, anche se la cattedra orario esterna fosse strutturata nello stesso comune, chi dovrà ricoprire tale posto in organico. Allora cerchiamo di fare un po’ di chiarezza. Si possono verificare due ipotesi: la prima è che la cattedra orario esterna continui ad esistere in continuità con l’anno scolastico precedente, la seconda è che si formi ex novo. Le modalità di assegnazione nelle due ipotesi sono sostanzialmente differenti. Entrambe le situazioni sono specificate nell’art. 18 dell’ultimo CCNI sulla mobilità, firmato il 17 dicembre 2013. Nel suddetto art. 18 si precisa che il docente trasferito in passato su cattedra orario esterna costituita tra scuole diverse, sarà tenuto a completare l’orario di insegnamento nella seconda delle due scuole ed anche eventualmente nella terza scuola. Comunque sia il docente dovrà intendersi titolare nella prima delle scuole indicate nel decreto di trasferimento, per cui se si libererà o si costituirà una cattedra nella scuola di titolarità, l’interessato sarà automaticamente assorbito in tale scuola. Se invece non si costituirà una cattedra interna, il docente, sempre che non abbia fatto domanda volontaria di trasferimento in altre scuole, rimarrà sulla cattedra oraria esterna, anche se in graduatoria interna per l’individuazione dei docenti soprannumerari occuperà una tra le prime posizioni. La stessa cosa vale anche se il docente titolare su cattedra articolata su scuole di comuni diversi, nel caso si verifichi che nella scuola di titolarità, e non nelle altre scuole di completamento, si liberi una cattedra articolata con scuole dello stesso comune, sarà automaticamente ed immediatamente assorbito su questa ultima cattedra. Altrimenti rimarrà titolare, sempre se non avrà fatto richiesta specifica di mobilità in altre sedi, ancora nella stessa cattedra esterna. Cosa succede invece se la cattedra oraria esterna si forma ex novo? In tal caso bisogna precisare che anche i beneficiari di precedenze ai sensi dell’art. 7 comma 2 in caso si tratti di cattedre orario esterne dello stesso comune parteciperanno alla loro assegnazione, come tutti gli altri docenti della scuola regolarmente graduati nella graduatoria interna d’istituto. In riferimento a quanto previsto dal su citato art. 18 al comma 18 è scritto che qualora, a seguito di contrazione di ore nell’organico di diritto, si costituisca ex novo una cattedra orario con completamento esterno da assegnare ad uno dei docenti già titolari nella scuola ed in servizio su cattedra interna nel corrente anno scolastico, tale assegnazione avrà carattere annuale, e non permanente fino ad assorbimento automatico come nell’ipotesi precedente, ma dovrà avvenire tenendo conto della graduatoria interna d’istituto, formulata ai sensi del successivo comma 3 dell’art. 23, aggiornata con i titoli posseduti al successivo 31 agosto e ai sensi del comma 11 dell’art. 23, riferito ai titolari trasferiti dal successivo 1° settembre e con la precisazione di cui all’art. 7, comma 3, lett. c dell’ipotesi di contratto di mobilità appena firmato, che esclude i beneficiari di precedenza solo nel caso in cui le cattedre orario esterne siano costituite tra scuole di comuni diversi o, nel caso di grandi città, di distretti sub comunali diversi.

 

“Quota 96”: la Consulta non si esprime sul merito. Il parere del giudice

da Tecnica della Scuola

“Quota 96”: la Consulta non si esprime sul merito. Il parere del giudice
La Consulta dunque ha dichiarato inammissibile l’ordinanza del giudice del lavoro di Siena che aveva sollevato la legittimità costituzionale sulla richiesta di una docente di andare in pensione coi requisiti della legge Damiano che prevedeva le cosiddette “Quote”. Da una analisi approfondita della sentenza si evince, come sottolinea il prof Giuseppe Grasso nel testo che pubblcihiamo, che la suprema Corte non si esprime nel merito. A suffragio di quanto affermato anche il parere del giudice Roberto Amorosi
La Corte Costituzionale, in merito alla richiesta avanzata ad agosto 2012 con l’ordinanza di rimessione del giudice del lavoro di Siena per una ricorrente di Quota 96, rilevando «un’evidente incertezza della richiesta», adduce che non può pronunciarsi per una «sentenza additiva» e rigetta la questione di «legittimità costituzionale» dell’art. 24. In sostanza censura il modo in cui il giudice suddetto ha elaborato l’ordinanza, a suo dire formulata malamente e non priva di una certa contraddittorietà. Il giudice senese non avrebbe spiegato – e in ciò consisterebbe il suo torto – quale sarebbe stata l’utilità pratica dell’abrogazione della norma Fornero. Si sa che la Consulta, quando rileva questioni pregiudiziali, non entra mai nel merito delle questioni sollevate. L’ordinanza in questione, in particolare, secondo l’alta Corte, «presenta un petitum incerto» nella sua enunciazione poiché non chiarisce se alla stessa venga chiesta una pronuncia di illegittimità costituzionale che «cancelli integralmente la norma censurata» oppure una «pronuncia additiva» che la lasci in vigore ma «con le necessarie correzioni».  La Consulta osserva poi che, «a prescindere dal dato obiettivo per cui la disposizione censurata è entrata in vigore prima che la ricorrente nel giudizio a quo maturasse il diritto al conseguimento della prestazione pensionistica», l’ordinanza del Tribunale ordinario di Siena non ha tenuto conto dell’anno in più previsto dal decreto legge di ferragosto del 2011, il n. 148, che aveva modificato la legge 449/97 posticipando di un anno il pensionamento dei lavoratori della scuola. La questione di legittimità costituzionale dell’art. 24 posta dal giudice senese viene pertanto giudicata, per queste ragioni di ordine strettamente formale, «manifestamente inammissibile».  Si esime dall’intervenire nello specifico con qualsivoglia ragionamento esprimendosi solo sulla «forma» e non sulla «sostanza» dell’ordinanza; dichiara che le «è preclusa la possibilità di pronunciare sentenze additive di contenuto discrezionale»; lascia infine inevasi, purtroppo, sia il problema del dies ad quem, che tanto interessava i lavoratori della scuola interessati, sia quello della disparità di trattamento pensionistico fra settore pubblico e privato. Da quanto possiamo capire dietro le righe c’è forse la volontà di non decidere o, come dire, aggiungiamo noi, di lavarsi le mani su tale spinosa querelle. Non c’è in ogni caso, a nostro modesto avviso, alcuna bocciatura del diritto violato dei Quota 96 della scuola. La spiegazione finale porta la Consulta ad adottare una scelta diplomatica e salomonica che salva la legge Fornero da ogni attacco costituzionale schivando ogni effetto emulativo da parte di altri settori pubblici. Si attiene alla forma dell’ordinanza, vorremmo aggiungere, senza andare oltre di un millimetro. C’è da dire però che quel decreto n. 148 non ha mai trovato applicazione concreta nella legislazione italiana perché, nel frattempo, era intervenuta la legge Fornero a ridisegnare in toto l’assetto del sistema pensionistico italiano. Resta il fatto che la Consulta, al di là delle sue scelte, ha liquidato il tutto con una NON decisione di fatto. L’unica cosa buona che può derivarne per questi lavoratori beffati è che non si è trattato di una bocciatura della specificità del Comparto Scuola. Significa solo che la palla passa ora nelle mani della politica, se ha intenzione di sanare definitivamente quanto aggirato dalla Consulta e dalle varie Corti dei Conti. Il diritto a pensione è rimasto, se così può dirsi, nel limbo delle rivendicazioni inevase. Resta salvo lo spazio perché si applichi infine correttamente al Comparto Scuola la legge Fornero. Sulla questione della specificità della scuola, infatti, rimasta clamorosamente inevasa dal mondo della giustizia, grava una inspiegabile e gravissima inadempienza politica. C’è un solo modo per rintuzzare questa sentenza: esigere che la politica stessa sani definitivamente la questione.  Giuseppe Grasso * * * La Corte non entra nel merito, perché rileva un aspetto dirimente che rende inutile l’esame della questione di legittimità costituzionale sollevata dal giudice di Siena. In pratica, secondo la Corte, anche se la disposizione in contestazione (art. 24, comma 3, DL 201/2011) venisse dichiarata incostituzionale, ve ne sarebbe comunque un’altra (l’art. 1, comma 21, del DL 138/2011) che preclude la possibilità del lavoratore di essere collocato a riposo alla data del 1 settembre 2012, disposizione che il giudice sarebbe chiamato comunque ad applicare e della cui legittimità egli evidentemente non dubita, visto che non ha impugnato tale ultima norma, limitandosi alla prima. Per di più, aggiunge la Consulta, non è nemmeno chiaro ciò a cui mira il giudice di rinvio perché da un lato chiede che venga introdotto nella norma censurata un meccanismo di gradualità in uscita, ferma restando la data di maturazione del diritto al pensionamento fissato dalla disposizione in contestazione (31.12.2011); dall’altro chiede che tale giorno venga spostato in avanti per i lavoratori della scuola, considerata la peculiarità del settore. E ciò, secondo la Corte, è contraddittorio, dà luogo ad incertezza e rappresenta perciò un motivo ulteriore di rigetto. Certo si può obiettare che la Corte pecca di cinismo, che il discorso è più complesso e che avrebbe richiesto un approccio diverso, che nel merito nei confronti del “Comitato Quota96” è stata commessa un’ingiustizia perché quando mancavano pochi mesi all’agognato pensionamento la Fornero ha cambiato le carte in tavola, spostando di colpo la data di conclusione del rapporto non di pochi giorni o mesi, ma di svariati anni e ciò senza preoccuparsi di prevedere una disciplina transitoria che graduasse l’entrata in vigore della nuova disciplina. Vi è da dire però che è lo stesso giudice di rinvio a non parlare di diritto soggettivo bensì di mera aspettativa ancorché legittima nutrita dai lavoratori pensionandi. E ciò fa la differenza perché se si fosse trattato di diritto soggettivo, come era da supporre inizialmente, le cose sarebbero andate diversamente e forse il giudice avrebbe dato ragione al “Comitato Q96” fin da subito, disapplicando nei loro confronti la norma in contestazione senza nemmeno porsi dubbi di legittimità. A questo punto però serve a poco dibattere, perché nessun giudice oserà più mettere in discussione la legittimità della disposizione in contestazione, mentre le sentenze della Corte costituzionale non sono impugnabili. In ogni caso ho sempre pensato, e lo penso tuttora, che il personale della scuola di “Quota 96” ha subito un’ingiustizia ma in questi casi, secondo me, bisogna cercare di essere pratici e quindi coordinarsi con il legale  Roberto Amorosi

Organici personale docente per l’anno scolastico 2014/15

da Tecnica della Scuola

Organici personale docente per l’anno scolastico 2014/15
di P.A.
La Uil Scuola fa il resoconto dell’incontro di ieri tra i funzionari del Miur e le organizzazioni sindacali sulle dotazioni organiche del personale docente per l’anno scolastico 2014/15.
Novità solo per la secondaria di secondo grado: un’ora di geografia
Il Miur ha comunicato che la nuova circolare sugli organici sostanzialmente ricalcherà quella dello scorso anno. In applicazione della Legge 128/13, le novità riguarderanno solo il settore della scuola media di II grado.
 In particolare è prevista l’assegnazione, dall’anno scolastico 2014/15, di un’ora di “geografia generale ed economica” alle prime classi degli istituti tecnici e professionali in cui non sia già prevista.
 Ai fini della mobilità verranno unificate le “aree” disciplinari di sostegno nella scuola secondaria di secondo grado.
Con provvedimento successivo verranno definite le modalità relative alla gestione dei posti destinati alle nomine in ruolo, che avverranno sulle attuali quattro “aree” distinte, e alle utilizzazioni delle Dotazioni Organiche di Sostegno.
 Il Miur, inoltre, al fine di una gestione più razionale delle risorse ha proposto la definizione di un organico unico negli Istituti di Istruzione Superiore.
 La possibilità di implementare un organico unico limitatamente alle stesse tipologie e ordine di scuola e le nomine in ruolo del personale di sostegno (4.447) relative all’anno scolastico 2013/14, con i problemi dei CIPIA (educazione degli adulti) verranno affrontati in incontri specifici già programmati per la prima metà di gennaio.

Mobilità: firmata l’intesa, torna a 3 anni il trasferimento interprovinciale dei neo-assunti

da Tecnica della Scuola

Mobilità: firmata l’intesa, torna a 3 anni il trasferimento interprovinciale dei neo-assunti
di Alessandro Giuliani
Raggiunto l’accordo tra Miur e sindacati sull’ipotesi di CCNI 2014/15: la firma definitiva del contratto avverrà al termine dell’iter di certificazione da parte degli organi di controllo. Molte delle novità conseguenti all’approvazione della Legge 128/13. Come la possibilità per inidonei ITP C/555 e C/999 di spostarsi nei profili Ata.
Il 17 dicembre le organizzazioni sindacali e il Miur hanno siglato l’ipotesi di CCNI sulla mobilità del personale docente, educativo e Ata, relativo all’anno scolastico 2014/15. A darne notizia è la Uil scuola. La firma definitiva del contratto avverrà al termine dell’iter di certificazione da parte degli organi di controllo preposti. All’atto della firma definitiva, il Miur con apposita ordinanza fisserà le date di scadenza delle domande.
Il sindacato Confederale, guidato da Massimo Di Menna, ha anche elencato i  “piccoli aggiustamenti o chiarimenti” apportati Diversi dei quali introdotti dal Decreto Legge 104/13, convertito nella Legge 128/13.
In particolare, all’art. 2, è tornato a tre anni il limite minimo per chiedere trasferimento dopo l’immissione in ruolo da una provincia all’altra: “Come stabilito dalla Legge 128/13, il blocco per la mobilità interprovinciale per il personale docente è stato portato da cinque a tre anni, pertanto potrà presentare domanda di trasferimento interprovinciale il personale docente assunto con decorrenza giuridica 1/9/2011 o precedente”.
Queste le altre novità introdotte. Sempre all’art. 2, “il figlio che assiste il genitore con grave disabilità, pur non usufruendo della precedenza art. 7, punto V), non rientra nel blocco triennale e può partecipare alle operazioni di mobilità interprovinciale”. E ancora: “Tra i destinatari della mobilità sono stati inseriti i docenti delle classi di concorso C/555 e C/999 che, per effetto dell’art. 15, c. 9 della Legge 128/13, hanno titolo, a domanda, al transito in ad altra classe di concorso o posto”.
All’art. 7 del contratto è stato modificato questo passaggio: Al punto V) relativo alle precedenze comuni, “al fine di evitare problemi in fase di applicazione, sono stati riallineati il comma 1 col comma 2, relativo all’esclusione dalle graduatorie d’istituto per l’individuazione dei perdenti posto”.
Per quanto riguarda l’art. 21, “al comma 2 è stato chiarito che per i posti di sostegno nella scuola dell’infanzia e primaria l’individuazione dei soprannumerari sarà effettuata distintamente per ciascuna tipologia, così come avviene nella media di primo grado”.
E nell’art. 32 “sono stati resi omogenei gli articoli 31 e 32. Come avviene già per i docenti che abbiano prestato almeno tre anni di servizio nei corsi funzionanti presso le strutture ospedaliere o le istituzioni carcerarie, è stata prevista una priorità per la mobilità territoriale in tutte e tre le fasi anche per l’accesso ai corsi per l’istruzione per l’età adulta, per il personale che abbia comunque maturato almeno tre anni di servizio nei corsi serali”.
Le ultime modifiche riguardano tutte l’art. 44. “Al comma 2, tra i destinatari della mobilità del personale Ata, è stato inserito anche il personale docente inidoneo e gli ITP appartenenti alle classi di concorso C/555 e C/999 che, in attuazione dell’art. 15 della Legge 128/13, dovessero optare per il passaggio nei ruoli Ata”. Inoltre, “nelle premesse le parti hanno concordato sul l’opportunità di prevedere, per il futuro, un punteggio per i docenti che avranno acquisito i titoli per l’insegnamento di discipline non linguistiche in lingua straniera (CLIL)”. È stato infine concordata l’esigenza “di riaprire il confronto negoziale sulla mobilità riguardante il sostegno nella scuola secondaria di II grado (area unica) alla luce di quanto stabilirà la circolare sul l’organico di diritto”.

“Quota 96”, la suprema Corte dice no!

da Tecnica della Scuola

“Quota 96”, la suprema Corte dice no!
di Pasquale Almirante
Con Ordinanza 318/2013 depositata il 17/12/2013 la Corte Costituzionale non riconosce al personale della scuola della “Quota 96” il diritto alla pensione. Tutto torna in mano alla politica, se ad essa piaccia
La Consulta dunque nella sentenza emessa oggi, 17 dicembre, dichiara la “manifesta inammissibilità” della questione di legittimità costituzionale dell’art. 24, ma non entra affatto, tuona il prof. Giuseppe Grasso dal blog dei “Quota 96”, nel merito dell’ordinanza emessa dal Tribunale del Lavoro di Siena, che aveva accolto la richiesta di pensionamento di una docente, e quindi viene giudicata “manifestamente inammissibile per una pluralità di ragioni”. “Ritenuto che nel corso di una controversia di natura previdenziale proposta da una docente a tempo indeterminato nei confronti del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, il Tribunale ordinario di Siena, in funzione di giudice del lavoro, ha sollevato, in riferimento agli artt. 2, 3, 11, 38, 97 e 117, primo comma, della Costituzione – quest’ultimo richiamato in relazione all’art. 6, paragrafo 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ratificata con la legge 4 agosto 1955, n. 848 – questione di legittimità costituzionale dell’art. 24, comma 3, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 22 dicembre 2011, n. 214, «nella parte in cui non appresta per il lavoratore pubblico una gradualità di uscita al pari del lavoratore privato, in ogni caso nella parte in cui (comma 3) non differenzia, con particolare riguardo al settore scolastico, rispetto alla data del 31 dicembre 2011, il dies ad quem della maturazione dei requisiti pensionistici secondo la normativa previgente»; che il Tribunale di Siena osserva come la lavoratrice ricorrente avrebbe avuto diritto, in base alla previgente normativa, ad essere collocata in pensione alla data richiesta; infatti, secondo la previsione dell’art. 1, comma 6, della legge 23 agosto 2004, n. 243 (Norme in materia pensionistica e deleghe al Governo nel settore della previdenza pubblica, per il sostegno alla previdenza complementare e all’occupazione stabile e per il riordino degli enti di previdenza ed assistenza obbligatoria), in linea con quanto stabilito dall’art. 59, comma 9, della legge 27 dicembre 1997, n. 449 (Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica), la cessazione dal servizio sarebbe potuta avvenire a decorrere dal 1° settembre (data di inizio dell’anno scolastico) dell’anno 2012 per coloro i quali, come la ricorrente, maturavano i requisiti necessari entro il 31 dicembre 2012 (sessanta anni di età e trentasei di contribuzione); che nell’anno 2011 si sono avute varie manovre correttive della finanza pubblica, che hanno fatto venire meno il diritto della lavoratrice al collocamento in pensione alla data prevista; che, a questo proposito, il remittente richiama l’art. 1, comma 21, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 (Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo), convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, che ha spostato di un anno in avanti la possibilità di essere collocati in pensione per coloro i quali maturavano i requisiti per il pensionamento con effetto dal 1° gennaio 2012; che l’art. 24, comma 3, del d.l. n. 201 del 2011, mentre ha fatto salvo il diritto al conseguimento della pensione secondo la normativa previgente per coloro i quali raggiungevano i requisiti entro il 31 dicembre 2011, ha completamente innovato il regime delle prestazioni previdenziali a decorrere dal 1° gennaio 2012, sicché la lavoratrice ricorrente non può più accedere alla pensione di anzianità, potendo solo aspirare all’ottenimento della pensione di vecchiaia, sulla base dei requisiti di cui ai commi 6 e 7 del censurato art. 24, oppure della pensione anticipata, secondo i requisiti dei commi 10 e 11 del medesimo articolo; che, in particolare, per le lavoratrici dipendenti del settore pubblico sono richiesti, a decorrere dal 1° gennaio 2012, requisiti di età e di contribuzione che la docente ricorrente non possiede, per cui la declaratoria di illegittimità costituzionale della norma impugnata «è l’unica strada percorribile per conseguire il riconoscimento del diritto affermato» In altre parole la Corte Costituzionale, come spesso accade, ha deciso di non decidere nello specifico ma esprimendosi solo sulla “forma” della sentenza e non sulla sostanza effettiva dell’ordinanza del Giudice del Lavoro di Siena.  Ma soprattutto, secondo una prima sommaria lettura di quanto dice la suprema Corte, lascia  inevasi sia il problema temporale della intrata in vigore della legge Fornero e sia quello della disparità di trattamento pensionistico fra pubblico e privato. Viene inoltre non considerato, e i lavoratori della scuola per questo sono molto contrariati, la questione delicatissima della specificità del personale della scuola che può contare solo su una finestra di uscita, corrispondente con la chiusura dell’anno scolastico.  Il punto dunque torna al suo inizio e cioè alla politica che in molti incontri, nel corso di questi due anni (governo Monti e successivo Governo Letta) aveva riconosciuto questa penalizzazione, per cui tocca ad essa risolvere un marchingegno legale penalizzante.  Per questo, sempre il prof Grasso tuona dal suo osservatorio: “Resta ancora da vedere, dopo questa sentenza, se alcune porte potranno aprirsi, soprattutto sul versante politico, o se invece si chiuderanno definitivamente per noi”.

Carrozza: per i precari mancano i soldi, lavoriamo per trovarli

da Tecnica della Scuola

Carrozza: per i precari mancano i soldi, lavoriamo per trovarli
di Alessandro Giuliani
L’ammissione del Ministro nel corso di un’intervista a Rainews 24: stiamo trovando le risorse. Mi trovo ogni giorno – ha spiegato – a fare fronte a esigenze che non corrispondono a disponibilità che ho. E’ un sistema che lavora sempre in emergenza e al limite. Intanto la Ragioneria dello Stato, attraverso il Conto annuale, ha quantificato in 307.000 i lavoratori statali con contratti di lavoro flessibili: quasi la metà (140.557) sono della scuola.
Il ministro dell’Istruzione, Maria Chiara Carrozza, ammette che l’annoso problema dei precari della scuola è anche e soprattutto legato alla mancanza di fondi. In un’intervista a Rainews 24, interpellato sulla questione del precariato, il responsabile del Miur ha detto che al Miur “stiamo trovando le risorse. Mi trovo ogni giorno – ha spiegato – a fare fronte a esigenze che non corrispondono a disponibilità che ho. E’ un sistema che lavora sempre in emergenza e al limite”.
E ancora: “Mi trovo a gestire l’esito delle scelte del passato e le devo saper gestire inventandomi ogni volta delle soluzioni per rispondere a queste emergenze perchè non ci sono i soldi per fare tutto quello che noi dovremmo fare. La risposta è quella di lavorare per risolvere i problemi di tutti i giorni, in questo caso dei supplenti, e poi avere a lungo termine una analisi della spesa più efficace perchè non accada mai più che si fanno tagli lineari senza poi dare una soluzione a lungo termine per affrontare il tema della scuola”.
Il ministro ha anche annunciato un progetto di lungo corso. Che sembrerebbe far supporre un piano di assunzione graduale dei circa 200mila supplenti inseriti nelle GaE. “So che la vita dei supplenti é difficile, con i pagamenti che vengono dilazionati. La mia massima attenzione è per migliorare il sistema. Non si può fare in poche settimane, bisogna lavorarci e lavorare per riportare su un binario di continuità e pianificazione questo rapporto tra la scuola, lo Stato e gli insegnanti”.
Intanto, la Ragioneria dello Stato, attraverso il Conto annuale, ha quantificato che nel 2012 lavoravano nella pubblica amministrazione 3.036.000 lavoratori con contratti a tempo indeterminato. Di questi, 307.000 erano precari con contratti di lavoro flessibili: quasi la metà di costoro (140.557) era impegnato nella scuola. Immediato il commento di Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir “I numeri emessi dai contabili pubblici confermano quanto denunciato dall’Anief dal 2010 : l’abuso del personale precario con contratti a termine sta producendo una situazione da allarme rosso. Soprattutto nella scuola, dove oltre il 15% del personale è precario lasciato in questo stato per troppi anni: basta dire che costituiscono la metà dei precari di tutta l’amministrazione pubblica. E poco servono le 69mila assunzioni previste dal Governo in tre anni: poiché i dipendenti del comparto scuola vanno in pensione al ritmo di 20-25mila l’anno, si è provveduto – ha concluso il sindacalista – semplicemente a coprire il turn over”.

Libertà di ‘svapare’? Comunque a scuola no

da tuttoscuola.com

Libertà di ‘svapare’? Comunque a scuola no

In Italia i divieti per le sigarette elettroniche (e-cig), modificati più volte negli ultimi mesi, potrebbero cambiare ancora se sarà confermato in Senato un emendamento votato dalla commissione Bilancio al decreto ‘Salva-Roma’ che reintroduce lo stop nei luoghi pubblici anche al fumo elettronico. Un tentativo era già stato fatto in estate con il decreto Lavoro, poi cancellato a novembre con il decreto Istruzione.

Al momento è comunque vietata la vendita ai minori di 18 anni delle sigarette elettroniche con nicotina, attraverso un’ordinanza del ministero della Salute operativa da fine luglio e per un anno, che non consente più di ‘svapare’ ai ragazzi, ma anche agli insegnanti, nei luoghi chiusi degli istituti scolastici e dei centri di formazione professionale. Un divieto, quello della vendita agli under 18, che dovrebbe diventare stabile con l’approvazione del ddl Lorenzin, che ha avuto ieri il via libera definitivo del Consiglio dei ministri e dovrà ora passare al vaglio del Parlamento.

In estate si era previsto che si dovessero applicare le norme su pubblicità e tutela dei non fumatori della legge Sirchia anche alle sigarette elettroniche, equiparandole in tutto e per tutto alle ‘bionde’. Poi, in autunno, con il decreto Istruzione e tra le polemiche, il divieto di ‘svapare’ in bar, ristoranti, cinema, uffici e mezzi pubblici era caduto, così come si era attenuato il divieto assoluto degli spot, per i quali comunque sono previsti limiti a tutela dei minori.

Adesso un emendamento del senatore della Lega Stefano Candiani, se sarà approvato anche in Aula a Palazzo Madama (e se sarà confermato poi da Montecitorio, dove il decreto ‘Salva-Roma’ dovrà approdare in seconda lettura), dovrebbe ripristinare il divieto dell’utilizzo nei locali chiusi non riservati ai fumatori così come lo stop alla pubblicità.

Nuovo dimensionamento delle istituzioni scolastiche in vista

da tuttoscuola.com

Nuovo dimensionamento delle istituzioni scolastiche in vista

Si sta decidendo in queste ore presso la Conferenza unificata a Roma il nuovo dimensionamento delle istituzioni scolastiche che già due anni fa erano state interessate al ridimensionamento disposto dal ministro Gelmini.

Si deciderà sul nuovo livello proposto (voluto) dal Mef sul parametro di mille alunni per istituzione (media regionale). Le Regioni avevano controproposto 900 alunni, tentando poi una mediazione sui 950 (che sembra nuovamente rifiutata).

Si tratterà, forse, su una nuova mediazione di 975 alunni per istituzione scolastica.  Se il Mef, a quanto sembra, rimarrà sulle sue posizioni, vi sarà un pesante effetto sugli attuali organici dei dirigenti scolastici e dei DSGA, perché si calcola che, a quota mille, verrebbero soppresse circa 800 istituzioni.

Via libera ai corsi per insegnanti di sostegno

da tuttoscuola.com

Possono costare anche 3.700 euro

Via libera ai corsi per insegnanti di sostegno

Dopo una lunga attesa stanno per partire i corsi di specializzazione per diventare insegnanti di sostegno. Con il nuovo anno si completeranno, infatti, le preselezioni e subito dopo inizieranno i corsi, una trentina, sparsi per il territorio nazione. Nella maggior parte dei casi i corsi si concluderanno entro la metà del 2015.
Per arrivarci, però, i docenti dovranno versare nelle casse delle Università cifre fuori mercato”, sostiene l’Anief, che ha fatto i cont . “Il record per accedere alla prova preselettiva e alla frequenza dei corsi è dell’Università di Enna ‘Kore’, dove ad ogni candidato vengono chiesti rispettivamente 200 e 3.700 euro. Nelle ultime ore anche Palermo ha pubblicato il bando di concorso, indicando delle cifre non molto distanti: 150 euro per la ‘lotteria’ dei quiz selettivi e 3.500 per partecipare a lezioni e tirocini“.
Il sindacato parla di cifre “non giustificate” e fa una stima: “Considerando che i posti complessivi che verranno messi a bando per specializzarsi sul sostegno, in base al Decreto Ministeriale 706/13, sono 6.398 (1.285 riguardano per la scuola dell´infanzia, 1.826 per la primaria, 1.753 per la secondaria di primo grado e 1.534 per quella di secondo grado), alle Università incaricate dal Miur di organizzare i corsi verrà corrisposta dagli aspiranti docenti di sostegno una cifra complessiva vicina ai 20 milioni di euro (considerano 3.000 euro di spesa a corsista). A cui vanno aggiunti almeno altri 3 milioni derivanti dal ‘contributo’ richiesto ai 20mila candidati (a tenersi ‘bassi’, stimando il triplo dei candidati rispetto ai posti messi a concorso) che tenteranno di accedere ai corsi attraverso i test: ad ogni aspirante alla frequenza del corso di sostegno viene infatti chiesta una quota di partecipazione che va tra i 75 (Trento) e i 200 euro (‘Luspio’ Roma, Macerata, ‘Carlo Bo’ Urbino e ‘Kore’ Enna). Che non verrà ‘restituita in alcun caso’“.