Sit in al MIUR per il 23 gennaio

Anp organizza un sit in al MIUR per il 23 gennaio

L’avevamo preannunciato ieri sera (Anp dice basta agli interventi unilaterali sulle retribuzioni). Oggi diamo seguito a quella presa di posizione con iniziative concrete.

In primo luogo, è stato richiesto un incontro urgente con il Ministro Carrozza, per discutere le rivendicazioni dei dirigenti scolastici.

Contemporaneamente abbiamo indirizzato una lettera al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Ministro dell’Economia e delle Finanze, al Ministro per la Pubblica Amministrazione e la Semplificazione, per coinvolgerli nella responsabilità politica complessiva per le decisioni da assumere.

A sostegno delle nostre richieste, abbiamo anche indetto una manifestazione (sit-in) che si terrà al MIUR, con inizio alle 11,30 del giorno 23 gennaio prossimo. Ad essa sono invitati a partecipare i dirigenti scolastici di tutta Italia, iscriti e non iscritti. Si invitano tutti gli interessati a fare riferimento alle rispettive strutture territoriali dell’ANP (provinciali e regionali) per le modalità organizzative della partecipazione (mezzi di trasporto, accordi logistici).

E’ del tutto evidente che quanto maggiore sarà la partecipazione tanto più alte saranno le probabilità di accoglimento delle nostre rivendicazioni. Invitiamo pertanto tutti i colleghi a mobilitarsi per essere presenti. Sappiamo che il periodo è interessato dagli scrutini e da mille altri adempimenit: ma quale giornata non lo è per i dirigenti delle scuole? e come sperare che le questioni che ci stanno a cuore – dal carico di lavoro alle condizioni retributive – trovino ascolto presso i decisori politici se noi stessi non ne dimostrimamo con i fatti la priorità?

TUTTI A ROMA  IL 23 GENNAIO ALLE 11,30 AL MINISTERO.

STIPENDI PRECARI: “PAGAMENTI SBLOCCATI, PROTESTA A SEGNO”

STIPENDI PRECARI, GILDA: “PAGAMENTI SBLOCCATI, PROTESTA A SEGNO”

“Apprendiamo con soddisfazione che il sistema informatico NoiPa è stato sbloccato e che il 16 gennaio le scuole potranno finalmente pagare gli stipendi di novembre e dicembre ai supplenti precari. Un risultato raggiunto anche grazie al pressing del nostro sindacato e al comunicato stampa diffuso ieri in cui denunciavamo la gravità della situazione”. E’ quanto afferma la Gilda degli Insegnanti in merito al pagamento delle retribuzioni arretrate dei docenti precari.

“Ci auguriamo che simili ritardi non si verifichino più perché – conclude la Gilda – ricevere lo stipendio regolarmente è un sacrosanto diritto di ogni lavoratore. E adesso attendiamo che giungano buone notizie anche sul fronte delle immissioni in ruolo per i 4.447 posti di sostegno”.

10 gennaio Relazione programmatica partecipazione Italia all’UE 2014

Nel corso della seduta del 10 gennaio, il Ministro per gli Affari europei, Enzo Moavero Milanesi, ha illustrato al Consiglio dei Ministri le linee direttrici della Relazione programmatica sulla partecipazione dell’Italia all’Unione europea per l’anno 2014, prevista dalla legge n. 234 del 2012, che il Governo presenta ogni anno al Parlamento.

La relazione indica gli orientamenti e le priorità che il Governo intende perseguire nell’anno successivo con riferimento agli sviluppi del processo di integrazione europea, ai profili istituzionali e a ciascuna politica dell’Unione europea, gli orientamenti che il Governo ha assunto o intende assumere, le strategie di comunicazione in merito all’attività dell’Unione europea ed alla partecipazione italiana.

In particolare il punto 2.6 della Relazione indica gli obiettivi per “Istruzione e formazione, gioventù e sport”.
L’Italia intende valorizzare:
– la mobilità europea ed internazionale di studenti e docenti
– la prevenzione e il contrasto all’abbandono e alla dispersione scolastica
– l’integrazione tra i sistemi di istruzione/formazione e il mercato del lavoro
– il rafforzamento dei diritti dei giovani attraverso i processi di interazione e di Youth empowerment
– la promozione dello sport come strumento di conoscenza, inclusione sociale, dialogo e fratellanza

Esecuzione Sentenza TAR su riduzione orario tecnici e professionali

On.le Maria Chiara Carrozza

Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca

Viale Trastevere 76/a

00153ROMA

 

Onorevole Ministro,

come Le sarà stato sicuramente partecipato, il Tar Lazio, con decisione n. 3527/2013, passata in giudicato, ha annullato:

·          il regolamento sugli istituti professionali di cui al D.P.R. n. 87/2010 nella parte in cui, all’art. 5, comma 1, lett. b), determina, senza indicazione dei criteri, l’orario complessivo per gli istituti professionali;

·          il regolamento sugli istituti tecnici di cui al D.P.R. n. 88/2010 nella parte in cui, all’art. 5, comma 1, lett. b), determina, senza indicazione dei criteri, l’orario complessivo per gli istituti tecnici;

·          il decreto interministeriale n. 61/2010 nella parte in cui, nelle premesse, all’art. 1 ed alle allegate tabelle, ha individuato le classi di concorso destinatarie della riduzione di orario per gli istituti tecnici;

·          il decreto interministeriale n. 62/2010 nella parte in cui, nelle premesse, all’art. 1 ed alle allegate tabelle, ha individuato le classi di concorso destinatarie della riduzione di orario per gli istituti professionali;

– i decreti interministeriali nn. 95 e 96 del 2010 nelle parti in cui hanno confermato le riduzioni di orario dei due decreti interministeriali predetti.

Nella parte motiva della sentenza si legge, tra l’altro:

Ø  “che sostanzialmente la riduzione del 20% dell’orario scolastico nelle seconde e terze classi degli istituti professionali e nelle seconde, terze quarte classi degli istituti tecnici è destinata ad incidere sulle materie caratterizzanti i corsi, determinando una violazione dei livelli essenziali delle prestazioni, fissati con il D.Lgs 17 ottobre 2005, n. 226, senza che siano chiari i criteri in base ai quali tale riduzione debba essere effettuata, se non il mero dato numerico percentuale, con conseguenti gravi ricadute in termini di riduzione di organico e di continuità formativa;

Ø  “che non appare infatti revocabile in dubbio la circostanza che i decreti impugnati, operando una riduzione dell’orario di insegnamento di talune discipline, hanno inciso sui contenuti culturali e didattici e sulla struttura degli istituti professionali e tecnici, significativamente rifluendo sulla formazione impartita ai discenti dai predetti istituti e proprio per la circostanza che le due disposizioni sopra citate appaiono sancire soltanto tagli di orario”;

Ø  “che le materie oggetto di riduzione sono proprio quelle caratterizzanti il corso oltre che, nella stragrande maggioranza dei casi, l’italiano”.

La sentenza chiosa con una considerazione di spiccata valenza sindacale, come di seguito si riporta: “Tutto ciò senza considerare che l’indiscriminata riduzione di un’ ora per ciascuna delle materie cosiddette caratterizzanti i vari bienni degli istituti tecnici e professionali….ha le sue ovvie ed incontrollabili ricadute in termini di organico e dimensionamento delle classi che divengono insufficienti a sopperire all’incremento delle iscrizioni…….e ciò comporta, come dedotto in ricorso, il mancato assolvimento dei livelli essenziali delle prestazioni sanciti dall’art.15 del D.lgs n. 226/2005 che stabilisce come l’iscrizione e la frequenza ai percorsi di istruzione e formazione professionale rispondenti ai livelli essenziali definiti dal presente Capo e garantiti dallo Stato  anche in relazione alle indicazioni dell’Unione Europea, rappresentano assolvimento del diritto dovere all’istruzione e formazione, secondo quanto previsto dal D.Lgs. n. 76/2005 e dal profilo educativo, culturale e professionale di cui all’allegato A, pure citato nelle premesse dei regolamenti”.

Orbene, appare superfluo sottolineare come tale pronuncia incida radicalmente sulla struttura dell’offerta formativa e didattica che gli istituti tecnici e professionali debbono garantire agli studenti.

Non si vuole entrare in questa sede nel merito degli effetti occupazionali che gli atti annullati hanno comportato.

Non ci si può tuttavia esimere dall’osservare come, a seguito del loro annullamento e delle ragioni che hanno condotto il Tar ad assumere una così severa decisione, si è determinato un autentico vuoto normativo.

Vuoto che non può essere colmato se non adottando atti in linea con le prescrizioni del Tar che, per la loro puntualità, logicità e per il loro rigore sistematico, sono destinati a costituire il necessario punto di partenza per una rinnovata azione amministrativa volta, finalmente, a valorizzare la realtà scolastica, centro di aggregazione umana, sociale e culturale.

Si resta in attesa di un doveroso riscontro e, in particolare, di conoscere quali iniziative codesto On. Ministro intende adottare per ripristinare l’orario di legge negli istituti tecnici e professionali.

Distinti saluti

 

Il Segretario Generale

prof. Marco Paolo Nigi

Scuole sicure a Trento e in Emilia RomagnaL’Aquila meglio degli edifici di Milano

da Corriere della Sera

IL RAPPORTO DI LEGAMBIENTE SULL’EDILIZIA SCOLASTICA

Scuole sicure a Trento e in  Emilia RomagnaL’Aquila meglio degli edifici di Milano

E la Capitale non ha inviato i dati per farsi valutare

Lilli Garrone

Non migliora la situazione dell’edilizia scolastica italiana, secondo il rapporto annuale di Legambiente (XIV edizione): troppi edifici vecchi, privi di sicurezza e a volte collocati perfino in aree a rischio. Dalla ricerca dell’associazione ambientalista risulta, infatti, che oltre il 60 per cento delle scuole italiane è stato costruito prima del 1974, il 37,6 per cento necessita di interventi di manutenzione urgente, il 40 per cento sono privi del certificato di agibilità, il 38,4 per cento si trova in aree a rischio sismico e il 60 per cento non ha il certificato di prevenzione incendi. Un panorama non edificante sugli istituti italiani alla fine del 2013, anche se si cerca sempre di più di adottare l’uso di energie rinnovabili e di edilizia sostenibile. Sono ancora poche, infatti, le esperienze modello e gli esempi di un’edilizia sicura e sostenibile, della quale Trento è il portabandiera, seguito da Prato e Piacenza; troppe, invece, le inadeguatezze da fronteggiare che accomunano il Nord e il Sud del Paese.

IL NORD – Dalla fotografia di “Ecosistema Scuola 2013” si riconfermano in testa alla graduatoria nazionale le città capoluogo del centro nord: al primo posto in classifica la già citata Trento, seguita da Prato (2°), salita di due posizioni rispetto allo scorso anno, Piacenza (3°), Pordenone (4°), Reggio Emilia (5°), Parma (6°), Verbania (7°), Forlì (8°), che si confermano anche quest’anno nella top ten della graduatoria. Quindi le nuove entrate: Sondrio (9°) e Brescia (10°). A guidare invece la classifica sulla qualità dei servizi e dell’edilizia scolastica è l’Emilia Romagna con 4 città tra le prime dieci. Ad aprire invece la graduatoria delle grandi città Torino (13º) seguita da Firenze (25º), in flessione rispetto allo scorso anno, mentre sale in classifica Milano (33°). Anche quest’anno Napoli (37º) risulta prima tra le grandi città del sud. Invece Lecce (27º) e Benevento (31º) sono le prime città del sud nella graduatoria generale, anche se entrambe in discesa rispetto allo scorso anno, mentre Olbia (40º) è la prima tra quelle delle isole. L’Aquila (23°) torna in graduatoria per la prima volta dopo il terremoto del 2009 conquistando la parte medio alta. Roma, invece, non è stata inserita nella graduatoria perché ormai da diversi anni presenta dati incompleti.

I CRITERI ANTISISMICI – L’indagine di Legambiente ha preso in esame 5.301 edifici scolastici: solo lo 0,6 delle scuole risulta costruito con criteri di bioedilizia, e in particolare sono dodici i Comuni che hanno deciso di investire in questo settore. E solo l’8,8 per cento è conforme ai criteri antisismici, mentre la verifica di vulnerabilità sismica è stata realizzata solo sul 27,3% degli edifici. Operazione che dovrebbe valere in particolare per quelle scuole che si trovano in aree a rischio sismico, dove solo il 21 per cento degli edifici ha compiuto questa verifica. In lieve crescita, invece, i dati sull’accessibilità: l’82,3 per cento degli edifici ha i requisiti di legge, il 16,4 per cento ha realizzato interventi per l’eliminazione delle barriere architettoniche.  Ma il dossier di Legambiente segnala anche la disparità degli investimenti per la manutenzione straordinaria e ordinaria: nel 2012 l’investimento medio per la manutenzione straordinaria ad edificio scolastico è stato di 30.345 euro contro i 43.382 del 2011. E regioni come Abruzzo, Sicilia e Lombardia hanno registrato, ad esempio, un calo di investimenti nonostante vi sia un’esigenza di manutenzione straordinaria rispettivamente nel 94,5 per cento, 57,5 per cento e 49,1 per cento degli edifici.  Ma la grande novità di quest’anno è il trend positivo registrato nell’uso delle fonti rinnovabili e dell’efficienza energetica: dal 2008 al 2013 le scuole che utilizzano fonti di energia rinnovabile sono passate dal 6,3 per cento al 13,5per cento.

LE MENSE – E altri dati positivi possono essere considerati la media costante di prodotti biologici nei pasti, pari a 56,9 per cento, mentre aumenta l’utilizzo dei pasti interamente biologici nelle mense pari all’8,5 per cento. Per quanto riguarda le stoviglie, resta ancora significativo l’uso di piatti usa e getta di plastica-carta con il 34 per cento dei casi: una mensa su tre. Dati preoccupanti arrivano, invece, dall’utilizzo dell’acqua di rubinetto nelle mense scolastiche che si attesta al 50,1 per cento, in decrescita costante negli ultimi anni nonostante sia aumentata la sensibilità sociale al valore dell’acqua come bene comune. E infine i trasporti, con l’aumento del servizio di Scuolabus arrivato al 30 per cento contro il 25,9 del 2011.  «Ancora oggi non esiste un monitoraggio complessivo e sistematico dello stato di sicurezza delle scuole italiane – dichiara Vanessa Pallucchi di Legambiente – Per questo chiediamo che venga al più presto realizzata l’anagrafe dell’edilizia scolastica che attendiamo dal 1996».

Ma per una buona scuola bisogna puntare su motivazione e autonomia degli insegnanti

da Corriere della Sera

Ma per una buona scuola  bisogna puntare su motivazione e autonomia degli insegnanti

Quale genitore in Italia oggi augurerebbe a un figlio o a una figlia che ha ottimi risultati scolastici di diventare insegnante?

Francesca Borgonovi, analista Ocse-Pisa

L’incidente del governo sul recupero (poi sospeso) dei 150 euro mensili di aumento degli insegnanti mette in luce uno dei problemi fondamentali della scuola italiana: la carenza di risorse e di investimenti per potenziare e stimolare/incoraggiare il corpo insegnanti. Tra il 2001 e il 2010, la spesa per studente dai 6 ai 15 anni  è cresciuta nella maggior parte dei Paesi dell’Ocse mentre in Italia è diminuita dell’8% .  Islanda e Messico sono i soli altri due Paesi Ocse dove la spesa è diminuita nello stesso periodo. I risultati dello studio Ocse/Pisa 2012 hanno evidenziato miglioramenti nei risultati degli studenti in Italia in matematica (tra il 2003 e il 2012) e nelle scienze (tra il 2006 e il 2012), ma il miglioramento in entrambi i casi è stato concentrato soprattutto nel periodo tra il 2006 e il 2009.

IL COME E IL QUANTO -E’ possibile che i tagli di spesa abbiano contribuito a frenare il trend tra il 2009 e il 2012. Lo studio inoltre mostra come, al di là di una determinata soglia di spesa per studente (circa USD 50 000), il rapporto tra spesa per studente e risultati accademici è meno forte perché è più importante come si spende di quanto si spende.  I sistemi educativi che riescono a garantire alti livelli di competenze sono quelli che investono di più negli insegnanti. L’insegnamento è una professione difficile e impegnativa. I Paesi con i risultati migliori generalmente investono molto nella formazione iniziale dei giovani che intendono diventare insegnanti e nell’aggiornamento e nella formazione continua del corpo docente. Questi Paesi inoltre investono risorse per identificare gli insegnanti più capaci e li spingono ed incoraggiano affinché insegnino nei contesti più difficili. Un punto cruciale è che questi Paesi sono in grado di attrarre nell’insegnamento alcuni dei giovani più capaci. Quale genitore in Italia oggi augurerebbe a un figlio o a una figlia che ha ottimi risultati scolastici di diventare insegnante invece che medico, dottore, avvocato o ingegnere? Salari competitivi con tali professioni sono solo uno dei tasselli del puzzle.

LE OPPORTUNITA’ DI CARRIERA – Un altro fattore chiave è dare agli insegnanti opportunità di carriera e di sviluppo personale e offrire loro un livello di autonomia professionale che gli consenta di esprimere al meglio le proprie capacità. Allo stesso tempo è importante assicurare alti livelli di trasparenza nel sistema. Lo studio Ocse-Pisa rivela infatti che l’autonomia nella scuola è associata a migliori risultati solo quando questa è accompagnata da trasparenza. Inoltre un alto livello di trasparenza permette di capire quali innovazioni nel sistema scuola funzionano e quali no, così da poter apportare miglioramenti per tutti.  Investire nell’istruzione è importante perché ogni possibilità di futura crescita economica per l’Italia dipende dalle competenze e capacità dei giovani di innovare, di creare ricchezza e valore aggiunto. Investire negli insegnanti, a determinate condizioni, è parte della soluzione, non del problema della crisi economica che il paese sta vivendo.

La Flc Cgil proclama lo stato di agitazione del personale della scuola

da Tecnica della Scuola

La Flc Cgil proclama lo stato di agitazione del personale della scuola
di P.A.
Il segretario generale della Flc-Cgil, Domenico Pantaleo, con una lettera inviata al Miur e alla Funzione pubblica, annuncia lo stato di agitazione del personale della scuola. 9 le questioni poste, tra cui il blocco della restituzione del salario giustamente percepito e il ripristino degli scatti di anzianità
Di seguito la lettera inviata al MIUR e alla Funzione pubblica. ________________________________ Prot. n. 08/2014 DP/sm
Roma, 9 gennaio 2014
Al Gabinetto del Ministro dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca
Ufficio Relazioni Sindacali
Al Capo di Gabinetto del Dipartimento della Funzione Pubblica
Presidenza del Consiglio dei Ministri
Ufficio Relazioni Sindacali
Oggetto: proclamazione dello stato di agitazione di tutto il personale della scuola e richiesta di esperimento della procedura di conciliazione
La FLC CGIL, ai sensi dell’articolo 2, della Legge n. 146 del 12 giugno 1990 come modificata dalla Legge n. 83/2000, proclama lo stato di agitazione di tutto il personale della scuola. I temi e le rivendicazioni alla base dello stato di agitazione sono: 1. blocco definitivo del provvedimento che impone la restituzione delle somme giustamente percepite dal personale Docente e ATA relativamente alle progressioni economiche dell’annualità 2012; 2. ripristino degli scatti di anzianità 2013 bloccati dal DPR 122/2013; 3. apertura del rinnovo del contratto nazionale di lavoro, bloccato anche per il 2014 dal DPR 122/2013, per la parte economica e normativa; 4. ripristino delle somme sottratte al Fondo dell’istituzione scolastica (FIS) per pagare gli scatti di anzianità dell’annualità 2011 e copertura degli stessi con risorse da reperire nell’ambito dei risparmi per otto miliardi realizzati con i tagli Tremonti/Gelmini; 5. esclusione di qualsiasi futura operazione di blocco delle progressioni economiche e di taglio al FIS; 6. rispetto del CCNL Scuola con riferimento al pagamento delle posizioni economiche del personale ATA; 7. ripristino dell’integrità dei compensi per lo svolgimento delle funzioni superiori svolte da assistenti amministrativi e docenti in sostituzione di DS e DSGA; 8. apertura della sessione negoziale per il compenso per i DSGA che “reggono due scuole”; 9. sblocco dei contratti integrativi regionali 2012/13 per la retribuzione di posizione e di risultato dei dirigenti scolastici, nel rispetto della quantificazione del fondo nazionale definita dal MIUR a dicembre del 2012. Si richiede, pertanto, l’esperimento della procedura conciliativa prevista dalla citata Legge. In attesa di riscontro porgiamo cordiali saluti.
Il Segretario generale FLC CGIL
Domenico Pantaleo

I tre “c’è“ nel concorso a Ds in Basilicata

da Tecnica della Scuola

I tre “c’è“ nel concorso a Ds in Basilicata
di Aldo Domenico Ficara
In un articolo dal titolo “Bocciati i presidi del concorsone. Depositata la consulenza sugli scritti“, a firma di Leo Amato, pubblicato il 7 gennaio scorso su Il Quotidiano della Basilicata, si dice che è  stata già depositata in Procura la consulenza tecnica disposta sugli elaborati del concorso per  Dirigenti scolastici svolto in Basilicata
Nell’articolo si evidenziano tre elementi di criticità, ognuno dei quali può essere identificato con un “ c’è “, ovvero con il fatto che il punto di criticità è stato riscontrato ( sempre da quanto si evince dall’articolo de Il Quotidiano della Basilicata ) dalla consulenza tecnica sopra accennata. I tre “c’è “ sono così testualmente riportati: C’è “una prima anomalia che riguarda i voti inseriti nelle griglie di valutazione delle prove scritte, che apparirebbero inspiegabili rispetto ai giudizi negativi espressi e a tutti gli errori evidenziati. C’è ad esempio chi avrebbe risposto al quesito di lingue straniere sbagliando l’idioma, se non proprio scrivendo in italiano. E chi avrebbe risposto una cosa per un’altra tanto per riempire lo spazio sul foglio. C’è il caso del corso di preparazione al “concorsone” organizzato a Matera da una nota sigla sindacale, con la partecipazione di un dirigente dell’Ufficio scolastico regionale che a distanza di due mesi sarebbe stato nominato all’interno della commissione “. Lo stesso articolo evidenzia: “I lucani” che hanno presentato domanda sono stati 674, ma solo in 147 hanno superato la prima prova preselettiva, il 10 ottobre del 2011, e tra il 14 e il 15 dicembre si sono presentati nelle aule del liceo “Gianturco” di Potenza per la seconda prova scritta“. In questa ultima frase riportata si può evidenziare un errore ( forse di battitura ) nelle date, in quanto la prova preselettiva si svolse in contemporanea su tutto il territorio nazionale il 12 ottobre 2011, e non il 10.

Scatti, per finanziarli il Miur tenta la carta a sorpresa

da Tecnica della Scuola

Scatti, per finanziarli il Miur tenta la carta a sorpresa
di A.G.
Evitando di prelevare tutto dal Mof, il Ministero recupererebbe un bel po’ di consensi: per studiare le possibilità sono al lavoro diversi tecnici di entrambi i ministeri. A confermarlo è lo stesso ministro Carrozza. Intanto, al Miur si sta cercando di “neutralizzare” la norma dello scorso agosto che ha consentito al Mef di chiedere la restituzione degli scatti già pagati.
Per sovvenzionare gli scatti automatici, il Miur starebbe tentando soluzioni alternative. In modo da non privare gli istituti una parte del Mof. A dirlo all’Unità, stavolta senza giri di parole, è il ministro dell’Istruzione, Maria Chiara Carrozza, all’indomani dell’ottenuto successo nella vicenda che ha visto il Mef procedere in modo davvero troppo autonomo.
”Stiamo facendo delle verifiche con i tecnici per trovare risorse che non comportino l’uso dei fondi per il miglioramento dell’offerta formativa”, ha detto Carrozza. Per poi aggiungere: ”La scuola è all’osso e non è facile trovare le risorse”.
Non è facile, ma nemmeno impossibile. Per questo motivo, un gruppo di dipendenti e dirigenti dei ministeri dell’Istruzione e dell’Economia  sono da mercoledì 8 gennaio al lavoro per trovare la soluzione tecnica che consentirà di uscire concretamente dall’impasse. Il problema è che non è di certo possibile modificare il Dpr 122, che ha bloccato per tre anni sia il rinnovo dei contratti sia gli scatti d’anzianità. Mentre a viale Trastevere si sta seriamente pensando di attuare un provvedimento di legge per “neutralizzare” la norma dello scorso agosto che di fatto ha consentito al Mef di chiedere la restituzione degli scatti già pagati. In parallelo la via da percorrere sarebbe quella già seguita in passato. Con una trattativa tra governo e sindacati si stabilì, infatti, alla luce del blocco, che una quota delle risorse che si ottenevano con il contenimento degli organici potesse essere utilizzata per la valorizzazione del personale e per la scuola si optò per il ripristino degli aumenti legati agli scatti di anzianità.
Della “copertura” relativa al 2012 mancherebbero circa 100 milioni di euro. Che potrebbe essere attinte dal 30% di risparmi derivanti dai tagli dell’era Gelmini (per il 2012 ci sono 120 milioni). Per il 2013 (gli oneri per le anzianità stipendiali si aggirano sui 370 milioni) si “pescherebbe” invece dal Mof, il fondo per il miglioramento dell’offerta formativa: “l’atto di indirizzo che prevede questa ipotesi – ricorda l’Ansa – è già stato inviato al ministero della pubblica amministrazione ed è la base per aprire una trattativa con i sindacati all’Aran”.
Una prima tranche del Mof (521 milioni di euro) é già stata dirottata alle scuole; restano disponibili – spiegano i sindacati – 463 milioni. Anche il sottosegretario all’Istruzione, Gian Luca Galletti, ha fatto intendere che i giochi non sono ancora fatti.
Nel frattempo, i sindacati mettono le mani avanti. “Si cancelli la norma che nell’ottobre dell’anno scorso ha aggiunto un altro anno, il 2013, a quelli ‘sterilizzati’ dal governo Berlusconi nel 2010, determinando il pasticcio poi evitato in extremis dal Governo” chiede il segretario generale della Cisl scuola, Francesco Scrima. E la Flc si dice nettamente contraria al taglio del Mof per ripristinare gli scatti del 2012 e 2013 nella scuola. “E’ necessario – afferma il segretario generale, Mimmo Pantaleo – che il Governo reperisca risorse aggiuntive per ripristinare gli scatti. L’ipotesi di riduzione del Mof per pagare gli scatti del 2012 è consistente e impraticabile. Infatti il fondo si ridurrebbe a meno di 600 milioni di euro anche a seguito del taglio già effettuato per pagare gli scatti 2011. Si colpiranno ulteriormente e pesantemente studenti, personale e famiglie”. “Scippano il fondo d’istituto” é l’allarme lanciato dall’Unicoba. Mentre la Gilda ha nel mirino il ministro Saccomanni, reo di un altro intervento a danno della scuola: “prima della pausa natalizia, il Miur ha concluso tutte le operazioni necessarie per i pagamenti ai supplenti precari e ha comunicato alle scuole la disponibilità dei fondi, così da poter liquidare subito gli stipendi. Ma tutto si è bloccato perché il sistema informatico del Mef per i pagamenti delle scuole, risulta inaccessibile. Sorge il dubbio che questo blocco sia legato alla questione degli scatti e dei famigerati 150 euro che potrebbe aver assorbito tutte le attenzioni di via XX Settembre”.

Revisione delle classi di concorso: lo stato dell’arte

da Tecnica della Scuola

Revisione delle classi di concorso: lo stato dell’arte
di Lucio Ficara
E’ dal 2008 che si sarebbe dovuto, ai sensi del comma 4 dell’art. 64 del decreto legge n. 112, razionalizzare ed accorpare le numerosissime classi di concorso, in un numero più congruo, per una maggiore flessibilità nell’impiego dei docenti. Ma occorre evitare ulteriori soprannumerarietà. Peraltro, continuano ad esistere problematiche come l’atipicità di alcune classi di concorso, che vedono dei docenti  soccombenti ad altri.
La norma della revisione delle classi di concorso avrebbe dovuto accompagnare la riforma della scuola, che ha realizzato un incisivo riordino dei quadri orari curricolari. Mentre la riforma del secondo ciclo di istruzione, sta per entrare a regime, infatti lo farà con il prossimo anno scolastico, della revisione di classe di concorso nemmeno a parlarne.
Quali sono i problemi che impediscono la realizzazione fattiva di questa revisione, prevista dalla legge n. 133/2008?
Incominciamo con il ricordare che l’ex ministro dell’istruzione Francesco Profumo, quando il Governo Monti era in fase di smobilitazione ed ancora in carica per l’espletamento degli affari correnti, aveva tentato di approvare il decreto di riordino. Poi il decreto fu stoppato dai sindacati, che ritennero illegittimo approvare decreti così importanti in assenza dei prescritti pareri e di un Governo pienamente in carica.
Inoltre, un problema reale nasceva dalle concrete paure, che una revisione di quel tipo, avrebbe creato un eccesso di soprannumerarietà, anche di docenti prossimi alla pensione. Un altro problema veniva sollevato dai precari della scuola, preoccupati dal fatto che tale revisione avrebbe avuto ripercussioni a cascata sull’unificazione delle graduatorie ad esaurimento, con la nefasta conseguenza della perdita delle legittime posizioni ormai raggiunte in graduatoria.
Tutte queste problematiche fecero desistere Profumo dal proseguire sulla strada del decreto, lasciando in eredità al futuro Governo il problema di tale revisione. Ma quale decreto avrebbe firmato in quell’occasione Profumo? Si trattava di un decreto che avrebbe portato le classi di concorso delle scuole secondarie, dalle attuali 122 a meno della metà. Il decreto conteneva 55 classi di concorso comprese le tre di sostegno, di cui 6 di nuova istituzione.
Per gli insegnamenti di laboratorio dei docenti tecnico-pratici il decreto Profumo aveva previsto 26 classi di concorso, contro le precedenti 55. Un accorpamento di classi di concorso di oltre il 50%, rispetto alla situazione attuale. Con il passaggio dal ministro Profumo al nuovo responsabile del Miur, Maria Chiara Carrozza, il decreto è rimasto nei cassetti del Dicastero di viale Trastevere. Adesso che si torna a parlare di organici per l’anno 2014/2015 – come segnalato in un precedente articolo – ecco che ritorna in auge, negli incontri tecnici tra Miur e sindacati, la revisione delle classi di concorso, sulla quale è stata istituito un tavolo tecnico.
Si riparte da dove l’ex ministro Profumo aveva lasciato, ma le problematiche di cui abbiamo parlato continuano ad esistere, comprese quelle dell’atipicità di alcune classi di concorso, che vedranno alcuni docenti soccombere su altri. Pensiamo ad esempio alla classe di concorso A049 e A047 nei licei scientifici oppure alle classi di concorso A050 e A051, ma anche a tante altre situazioni. La discussione tecnica sul regolamento delle classi di concorso è appena all’inizio, cercheremo di seguire tutti gli sviluppi, per comprendere quali novità ci saranno all’orizzonte.

Scatti, per evitare altri intoppi va semplificato l’apparato amministrativo

da Tecnica della Scuola

Scatti, per evitare altri intoppi va semplificato l’apparato amministrativo
di A.G.
A sostenerlo è il sottosegretario Gian Luca Galletti: parlando a Radio Vaticana ha detto che il blocco degli aumenti in busta paga è previsto da una legge e da un Dpr, che dice di operare il blocco degli stipendi, ma serviva anche un maggior coinvolgimento della parte politica. Poi fa intendere che sulle risorse da trovare per “coprire” gli aumenti del 2012 i giochi non sono ancora fatti.
Se si vogliono evitare altri ingorghi burocratici, come quello degli scatti d’anzianità del 2012 – prima concessi, poi da rimborsare ma alla fine salvati dopo l’interesse del Governo – , c’è solo un sistema: semplificare l’apparato amministrativo che governa l’Istruzione in Italia.
A sostenerlo è il sottosegretario all’Istruzione, Gian Luca Galletti: parlando a Radio Vaticana, l’alto esponente del dicastero di viale Trastevere e del Governo Letta ha detto che “i dirigenti non devono avvisare la parte politica, devono mettere in pratica le decisioni politiche. Non c’è dubbio che in questo caso l’indicazione politica ci fosse, c’è una legge e c’è un Dpr che diceva di operare il blocco degli stipendi, non c’è stata inerzia amministrativa. Poi è chiaro che se ci fosse stato in quel momento un maggior coinvolgimento della parte politica questo non sarebbe avvenuto”.
Galletti ha aggiunto che “c’erano stati dei contatti tra Mef e Miur per risolvere il problema e porlo alla parte politica. Però io non voglio addebitare la colpa a nessuno, non v’è dubbio – ha aggiunto – che bisogna migliorare anche di molto l’apparato amministrativo, semplificandolo in questo caso”.
Il sottosegretario tiene a ribadire che sugli scatti, senza specificare però se si tratta di quelli del 2012 (come probabile) o anche futuri, non ci saranno più problemi. “Al di là del pasticcio comunicativo e amministrativo – ha sottolineato Galletti – resta il fatto che un blocco degli scatti d’anzianità, che ha colpito gli insegnanti per anni, ora è stato rimosso. Insomma ribadiamo che sulla scuola non ci sono tagli”.
Sulla copertura degli aumenti in busta paga, però, i giochi non sembrano ancora fatti. “Ora mi auguro di trovare le risorse da una revisione della spesa all’interno del ministero e anche di avere risorse aggiuntive”. Anche se rimane la più plausibile, la decisione ultima sul prelevamento dei fondi dal Mof non è dunque stata presa.

Posizioni economiche Ata verso una soluzione

da Tecnica della Scuola

Posizioni economiche Ata verso una soluzione
di R.P.
Lo scrive il Miur in una nota (la n. 28 del 9/1/2014) indirizzata al Mef. Ma il percorso sarà piuttosto lungo perchè si prevede l’adozione di un provvedimento legislativo, forse una norma di interpretazione autentica del 1° comma dell’art. 9 del D.L. n. 78/2010
Anche la questione delle posizioni economiche del personale Ata potrebbe trovare una soluzione, ma i tempi non saranno molto rapidi. Lo si comprende leggendo la nota che il Miur invia al Ministero dell’economia  ricordando che nel corso della riunione dell’8 gennaio è stato deciso di soprassedere al recupero di quanto già erogato a partire dal settembre 2011 ad amministrativi ed ausiliari che avevano superato le procedure concorsuali previste dal CCNL in vigore. Si parla di una soluzione definitiva legata però ad un provvedimento di natura legislativa e non ad una semplice intesa fra i due Ministeri. E’ probabile quindi che la questione stia in questi termini. Secondo il Mef l’ipotesi di accordo sulle posizioni economiche Ata del maggio 2011 resta illegittima in quanto sottoscritta in violazione dell’articolo 9 comma 1 del DL 78/2010 in base al quale la retribuzioni di ciascun dipendente “non può superare, in ogni caso, il trattamento ordinariamente spettante per  l’anno  2010, al netto degli effetti derivanti da eventi straordinari della dinamica retributiva, ivi incluse le variazioni dipendenti da eventuali arretrati, conseguimento di funzioni diverse in corso d’anno…” E’ molto probabile che il provvedimento legislativo in questione consista, molto semplicemente, in una interpretazione autentica della disposizione e in particolare del passaggio relativo al “conseguimento di funzioni diverse” che è esattamente il caso che riguarda il personale Ata della scuola. Cosa si intende esattamente con questa espressione? Sarà appunto un nuovo testo di legge a stabilirlo in modo da dirimere la questione alla radice. Resta fermo il fatto che eventuali ulteriori attribuzioni di posizioni economiche migliorative dovranno però essere autorizzate anno per anno.

“Pasticcio scatti”: per qualcuno a gennaio diminuirà comunque lo stipendio

da Tecnica della Scuola

“Pasticcio scatti”: per qualcuno a gennaio diminuirà comunque lo stipendio
di R.P.
E’ quanto potrebbe accadere a quanti hanno avuto lo scatto a partire da settembre 2013: non dovranno restituire nulla ma ritorneranno alla posizione stipendiale precedente. E quindi l’aumento percepito da settembre verrà annullato.
Per capire se la non restituzione degli aumenti (ed eventuali arretrati) percepiti nel corso del 2013 riguarderà davvero tutto il personale o solo una parte di esso è bene aspettare ancora qualche giorno quando docenti e Ata avranno in mano il cedolino dello stipendio di gennaio. C’è infatti il dubbio che qualche migliaio di dipendenti pur non dovendo restituire l’arretrato di troverà comunque retrocesso di posizione stipendiale. Perché potrebbe accadere questo? E’ presto detto. Secondo i calcoli del Mef il personale che aveva maturato lo scatto a partire da settembre 2013  avrebbe dovuto  restituire quanto percepito da settembre a dicembre e a partire da gennaio 2014 sarebbe dovuto retrocedere alla posizione stipendiale precedente. Ora, secondo quanto dichiarato da Carrozza e Saccomanni, a nessun dipendente verrà richiesta la restituzione di quanto percepito “in più” nel 2013, ma nulla è stato detto su questo caso specifico che pur essendo limitato riguarda comunque qualche migliaio di persone. Facciamo una ipotesi-tipo, tanto per capire la questione. L’insegnante X, a seguito dello scatto stipendiale che gli competeva, a settembre è passato da 1.500 a 1.600 euro, stipendio che ha riscosso fin o a dicembre. In totale ha incassato 400 euro in più di quanto avrebbe percepito se lo stipendio non fosse stato aggiornato (in realtà bisogna aggiungere anche 4/12  di tredicesima e cioè altri 30 euro circa). Secondo la nota del MEF del 27 dicembre questo insegnante avrebbe dovuto quindi restituire 430 euro in tre rate (150 a gennaio e febbraio e 130 a marzo). Inoltre sempre a partire da gennaio sarebbe dovuto ritornare allo stipendio di 1.500 euro. Ebbene i 430 euro non dovranno essere restituiti ma è molto probabile che questo insegnante, a partire da gennaio, torni allo stipendio di 1.500 euro. E questo, fino a quando non verrà sottoscritto il nuovo contratto analogo a quello del marzo 2013. A quel punto tornerà allo stipendio di 1.600 euro e incasserà gli arretrati a partire da gennaio 2014 nella misura di 100 euro mensili. Insomma, un vero pasticcio.

Stipendi supplenti: finalmente in pagamento

da Tecnica della Scuola

Stipendi supplenti: finalmente in pagamento
di R.P.
Ma c’è il sospetto che si stiano usando fondi di bilancio del 2014 e non, come sarebbe corretto, residui del 2013. Se così fosse, è bene sapere che quest’anno il capitolo per il pagamento dei supplenti si esaurirà già a settembre.
Tutto come previsto. I fondi per il pagamento delle supplenze temporanee sono stati accreditati alle scuole solo in questi giorni e il Ministero ha fatto sapere di essere pronto a pagare il 15 di questo mese. L’annuncio dell’accredito era stato fatto per ben due volte già a dicembre, tanto che in molti uffici di segreteria il personale aveva modificato il proprio piano di ferie proprio per poter consentire la liquidazione delle retribuzioni. Ma ben poche scuole avevano ricevuto i fondi necessari (poco meno di un centinaio di milioni a livello nazionale). Noi stessi avevamo dato una possibile spiegazione: il capitolo supplenze del 2013 era pressochè esaurito e per poter pagare tutti gli stipendi si sarebbe dovuto aspettare a gennaio in modo da “caricare” almeno una parte della spesa sull’esercizio 2014. Ovviamente la prassi di usare fondi di un esercizio finanziario successivo per pagare impegni di spesa degli anni precedenti è del tutto irregolare: se una scuola lo facesse incorrerebbe certamente negli strali dei revisori dei conti (tecnicamente si tratta di un pagamento per “debiti fuori bilancio” espressamente vietato dalle norme della contabilità generale dello Stato). Ma in questo caso il Mef dovrebbe sanzionare se stesso. Se davvero si stanno pagando i supplenti con i soldi del 2014, bisognerà aspettarsi che a fine anno il problema si ripresenti nuovamente. Anzi, se nel 2013 erano rimaste da pagare le mensilità di novembre e dicembre, nel 2014 potrebbero rimanere insoluti anche gli stipendi di settembre e ottobre perchè oggi si sta usando il capitolo di spesa, commisurato a 12 mesi, per sanare un debito preesistente. D’altra parte parte il ministro Carrozza lo ha detto proprio ieri parlando della “vicenda scatti”: è successo un pasticcio. Tra Miur e Mef i pasticci accadono quasi settimanalmente, anche se non sempre vengono alla luce in modo clamoroso come quello della restituzione degli aumenti già liquidati-