Ricorso spostamento 24 punti

Ricorso ANIEF spostamento 24 punti: le determinazioni del MIUR sono illegittime per eccesso di potere

 

Nuovi successi in tribunale per i ricorsi ANIEF in favore dei docenti precari pluriabilitati cui il MIUR continua a negare la facoltà di spostare il bonus SSIS di 24 punti da una classe di concorso all’altra. Gli Avvocati Fabio Ganci e Walter Miceli, coordinando i nostri legali sul territorio, ottengono piena ragione in favore dei nostri iscritti presso i Tribunali del Lavoro di Crotone e Trani: MIUR nuovamente condannato per violazione della normativa primaria di riferimento e per eccesso di potere.

 

Presso il Tribunale di Crotone, l’Avv. Leonida Bianchimano – alla cui professionalità l’ANIEF ha affidato la tutela dei propri iscritti sul territorio – ottiene sentenza di totale accoglimento che riconosce le ragioni dei nostri iscritti con la constatazione che “nessun elemento testuale legittima l’interpretazione secondo cui, in sede di aggiornamento delle graduatorie permanenti, non sarebbe possibile procedere allo spostamento dei 24 punti, già attribuiti, da una graduatoria all’altra”.

 

Il Giudice del Lavoro ha, infatti, rilevato che, “in presenza di una tabella valutativa che demanda comunque alla volontà dell’interessato la scelta della classe di concorso cui indirizzare il punteggio aggiuntivo, è plausibile affermare che la negazione di tale facoltà è illegittima sotto più profili di eccesso di potere, nonché contraria alla normativa primaria e regolamentare di riferimento”. Ministero dell’Istruzione condannato, dunque, all’immediato spostamento del bonus SSIS finora negato alla nostra iscritta e al pagamento di 1.200 Euro oltre accessori per le spese di lite.

 

Stesse determinazioni arrivano dal Giudice del Lavoro di Trani da cui l’ANIEF ottiene – grazie al sempre ottimo operato dell’Avv. Michele Ursini – nuovamente ragione in favore di una docente precaria con una sentenza che riconosce senza ombra di dubbio che la facoltà di scelta della classe di concorso in cui i docenti pluriabilitati possono far valere il bonus SSIS di 24 punti non può essere negata dal MIUR se non contravvenendo alla normativa primaria di riferimento. La condanna a carico del Ministero dell’Istruzione per le spese di giudizio è stata quantificata, stavolta, in 2.200 Euro oltre IVA e CPA.

 

Due ulteriori sentenze, dunque, ribadiscono che quanto stabilito dal MIUR nei decreti di aggiornamento delle graduatorie a esaurimento risulta palesemente illegittimo: l’Amministrazione non può inibire la facoltà di scegliere la classe di concorso più congeniale in cui far valere il bonus SSIS di 24 punti. L’ANIEF, unico sindacato che da sempre ha sostenuto i diritti dei docenti precari pluriabilitati, ha nuovamente ottenuto ragione.

DOCENTI INIDONEI – lettera ai sindacati

Coordinamento Nazionale Bibliotecari Scolastici scrive ai sindacati:

Sono note le proiezioni basate su dati forniti al MIUR da 8 Uffici regionali:  facendo le dovute proporzioni il 60% degli inidonei avrebbe sottoscritto il Modello B, che in caso di mobilità inevitabile indicherebbe quella intercompartimentale;  il 6% avrebbe compilato il modello A, che invece darebbe risultati quasi immediati, cioè mobilità interna al comparto scuola, verso i ruoli amministrativo o tecnico; il 34% circa non ha sottoscritto né A né B, pertanto è in attesa della prevista visita. Rileviamo che molti colleghi hanno apposto ad entrambi i modelli una “clausola”, con l’intenzione di salvaguardare la possibilità di una opposizione legale, ritenendo la scelta coercitiva e lesiva di un diritto sancito per contratto collettivo e poi completato da contratto individuale.

Le prime convocazioni a visita sono partite in Toscana, Lazio ed Emilia Romagna; al momento solo alcune Commissioni avrebbero fissato le date per le visite (con convocazione inviata al dipendente).

Quindi è tempo di iniziare a prefigurare comportamenti ed azioni che non possono essere lasciati all’improvvisazione, come invece sembra fare il MIUR.

La L. 128 appare, nella sua costruzione/sequenza testuale, carente di senso logico a causa del taglia-e-cuci rimediato nelle Commissioni parlamentari per la morsa dei tempi strettissimi, cui vanno aggiunte le spinte antitetiche manifestatesi nella stessa maggioranza parlamentare. Per questo la procedura dettata dagli articoli così risultanti è indubbiamente “SCONNESSA” nel significato complessivo e l’insensato collage fra i DIVERGENTI  emendamenti frettolosamente assemblati non viene poi dipanato nemmeno dalla successiva Circolare 13000, generando i problemi e dubbi di seguito esposti.

1. Se le visite fossero concepite per un  “controllo fiscale”  allora andavano estese a TUTTI. Anche per dar modo alla Medicina del lavoro di verificare a priori le condizioni sanitarie di queste (forzose!) operazioni di mobilità: verso le mansioni originarie (cattedra)  oppure verso mansioni tecniche o amministrative di altro livello e carriera (ATA) oppure ancora verso nuove professioni in altri Enti.
Se invece le visite servono per consentire il rientro in classe (idoneità alla docenza) è del tutto incomprensibile per quale motivo vengano poi estese anche a chi non vi aspiri:  in altre parole dovevano essere volontarie.

2. Non è chiaro se le CMV possano pronunciarsi anche per l’INIDONEITA’ PERMANENTE ASSOLUTA, con conseguente dispensa (parrebbe che l’operatività delle commissioni sia limitata al semplice accertamento del perdurare dell’inidoneità all’insegnamento).
3.  Chi ha sottoscritto subito uno dei due modelli lo ha fatto per evitare l’inspiegabile circolo vizioso che pare imporsi a coloro che sostengono visita: stessa scelta ma successiva alla visita.

Chi non ha sottoscritto i modelli A o B, ha evidentemente “interpretato” le visite mediche come un “prezzo” che l’Amministrazione fa pagare a quanti proprio non riescono ad affrontare una forma di mobilità e tentano di sfruttare i mesi residuali consentiti dalla legge.

In entrambi i casi gli interessati hanno dovuto INTERPRETARE ciò che non era interpretabile!  Per questo occorre una normativa che faccia chiarezza. Soprattutto è necessario comprendere se, una volta confermata l’inidoneità all’insegnamento,  si sia obbligati di nuovo a una scelta. Ma se chiarimento deve pervenire dal livello amministrativo “perché la superiore legge non è comprensibile” allora è opportuno che il testo ATTUATIVO derivi da un confronto fra le parti  e da un lato rimuova gli indubbi e già accertati disagi, dall’altro riduca i possibili contenziosi legali. Sottolineiamo infatti ancora una volta che fra i docenti utilizzati in altri compiti ci sono persone tutelate dalla L. 104/92,  persone con invalidità piuttosto gravi, anziani prossimi alla pensione.

4. Nessuna disposizione è stata data per l’applicazione del dettato del comma 6 riguardo ai compiti connessi alla prevenzione della dispersione scolastica e alle attività culturali e di supporto alla didattica, nelle more dell’applicazione della mobilità intercompartimentale e comunque fino alla conclusione dell’anno scolastico 2015-2016. Anzi è stata emanata una nota in direzione contraria, ove si “chiarisce” che sono vietati ai docenti inidonei alcuni compiti legati alla gestione dei fondi strutturali europei e nazionali per lo sviluppo e la coesione sociale (compiti che prevedono un impegno frontale ridotto e di tutoraggio adulti)
5. Non è stato chiarito quali siano le parti del CCNI 2008 “ancora compatibili con la L. 128”.
6. Non sono state chiarite le modalità di rientro nei ruoli o di assegnazione ai ruoli AA e AT e la possibilità di chiedere trasferimento, se non attraverso una bozza di decreto, finora non ufficiale. Oltretutto la diversa tempistica tra le varie province rischia di produrre disparità di trattamento sia per i docenti confermati inidonei che volessero passare nel ruolo ATA, sia per i docenti dichiarati nuovamente idonei all’insegnamento, che volessero produrre domanda di trasferimento.
7. Il comportamento di Ambiti Territoriali e Dirigenti scolastici nell’applicazione della Circolare 13000 ha ampiamente confermato che non c’è una visione univoca e coerente che avvii un iter comprensibile e logicamente sensato (se non quello di “cancellare” l’istituto dell’utilizzazione dalla legislazione scolastica) .

Per tali motivi ci sembra che la legge così com’è sia INAPPLICABILE nella pratica e che pertanto sia urgente un confronto tra Miur e Sindacati, per chiarire termini e procedure in maniera mediata e non unilaterale e RESTRITTIVA.

I docenti utilizzati in altri compiti aderenti al
Coordinamento Nazionale Bibliotecari Scolastici

Istruzione Adulti – Richiesta intervento

Roma, 23 gennaio 2014
Prot. n. 27/2014DP-stm

Alla Prof. ssa Maria Chiara Carrozza Ministro Istruzione, Università e Ricerca

E p.c. Al Dott. Gabriele Toccafondi Sottosegretario Ministero Istruzione, Università e Ricerca
Al Dott. Luciano Chiappetta Capo Dipartimento Istruzione Ministero Istruzione, Università e Ricerca

Oggetto: Istruzione Adulti – Richiesta intervento

Onorevole Ministro Carrozza,
In un suo intervento all’iniziativa della FLC CGIL sulla valutazione, Lei ebbe modo di dire che la dispersione scolastica si combatte anche con il rilancio del sistema dell’Istruzione degli Adulti e che quindi era necessario anche in Italia adottare quelle strategie sull’apprendimento permanente che caratterizzano in Europa le politiche sociali della maggior parte dei Paesi.

La FLC CGIL, pur nutrendo molte perplessità sul Regolamento licenziato nell’ottobre 2012 per l’avvio del nuovo sistema dell’Istruzione degli Adulti, i così detti CPIA, ha dato il suo fattivo contributo sia ai tavoli convocati dall’Amministrazione che nel percorso di costruzione delle Linee guida, la cui commissione ha fornito un pregevole contributo.

Già nella circolare sulle iscrizioni era comparsa rispetto all’anno passato una limitazione sui tempi di presentazione delle domande che invece debbono allargarsi per i cittadini che hanno bisogno di questo sistema di istruzione. Era un campanello di allarme che ha avuto una conferma nell’incontro del 14 gennaio 2014.

Il 14 gennaio appunto viene presentata alle Organizzazioni Sindacali la proposta di organico per i CTP e i Corsi serali: si determina un modello di Istruzione degli Adulti non all’altezza delle necessità sociali del Paese. Il taglio sull’organico dei corsi serali e le proposte di riorganizzazione dei CTP negano l’innovazione didattica e soprattutto impediscono la riconversione dell’organico tagliato nei nuovi compiti indicati dal Regolamento. Per esempio le commissioni per la certificazione delle competenze e per l’orientamento, che discendono dalla legge 92 del 2012 e su cui ha deliberato la Conferenza delle Regioni.

In questo anno scolastico si sono avviati i progetti assistiti che dovrebbero sperimentare quanto indicato dalle linee guida, in un’ottica di rete territoriale che veda il sistema pubblico al centro delle relazioni tra soggetti accreditati del territorio sul quale insiste il progetto: ma che senso ha questa sperimentazione alla luce delle proposte di cui sopra?

Onorevole Ministro, la scuola pubblica di qualità deve garantire a tutti i cittadini le pari opportunità di formazione ed è grave che l’ottica dei tagli del Ministero dell’Economia e delle Finanze intervenga su quelle fasce sociali che nella crisi economica e nel disagio sempre più crescente troverebbero nell’istruzione un riscatto alla loro condizione.

Onorevole Ministro, la FLC CGIL conta su un suo intervento che restituisca al sistema dell’Istruzione degli Adulti la pari dignità degli altri livelli di scuola e che la veda protagonista delle politiche sull’apprendimento permanente.

Il Segretario Generale FLC CGIL
Domenico Pantaleo

Straordinario successo del sit-in

Straordinario successo del sit-in Anp

Oltre il 10% dei dirigenti scolastici davanti al Ministero

Più di 800 dirigenti scolastici sono convenuti da ogni parte d’Italia per partecipare al sit-in indetto oggi 23 gennaio da Anp davanti al MIUR.

Le pettorine colorate distribuite per rendere immediatamente riconoscibili i partecipanti non sono state sufficienti per tutti gli intervenuti, che hanno dato vita ad una dimostrazione di forza composta ma vigorosa, occupando tutta la facciata del Ministero, la scalinata di accesso e la carreggiata immediatamente adiacente.

Verso le 12, un centinaio di dirigenti si sono spostati verso Montecitorio, dove sono stati ricevuti da alcuni deputati appartenenti a schieramenti diversi.
Nello stesso tempo, una piccola delegazione, guidata dal presidente Rembado, è stata ricevuta dai vertici dell’Amministrazione scolastica, cui ha rappresentato le richieste più immediate della categoria:

– reintegro del Fondo Unico Nazionale per la retribuzione di posizione e di risultato, mediante rinuncia da parte del MEF a confiscare la RIA dei pensionati. Di conseguenza, immediata certificazione ed esecutività dei Contratti integrativi già stipulati e bloccati dagli organi di vigilanza;

– sblocco dell’impegno assunto dal Ministero nell’aprile 2010 (e mai onorato) per lo stanziamento di una somma di 5 milioni di euro, da destinare ad un avvio di perequazione interna per i neodirigenti provenienti dall’insegnamento;

– blocco dei recuperi erariali attualmente in corso in Campania e Sardegna e restituzione ai dirigenti delle somme già trattenute.

Rispondendo alle richieste Anp, l’Amministrazione ha espresso il proprio impegno per la soluzione di tutte le questioni sollevate. In particolare:

– per il Fondo Unico Nazionale, è stata consegnata copia della lettera con cui il Ministro Carrozza ha chiesto al suo collega Saccomanni di accedere all’interpretazione del DL 78/10 sostenuta da sempre da Anp e dalle altre OO.SS. e sulla cui base sono stati stipulati tutti i contratti integrativi regionali che oggi il MEF pretende di bloccare, sulla base di una successiva e diversa interpretazione della stessa norma;

– il MIUR auspica che l’Economia accetti di risolvere la vertenza per via amministrativa, ma si prepara in subordine ad affrontarla per via normativa, nell’ambito della conversione del decreto legge varato dal Consiglio dei Ministri lo scorso venerdì 18 gennaio;

– il MIUR riconosce la perdurante validità dell’impegno sottoscritto nell’aprile 2010 per i 5 milioni di euro da destinare ai neo dirigenti e si impegna a ricercare una soluzione, necessariamente normativa, in sede di conversione del decreto legge citato;

– sarà fatta un’immediata ricognizione della situazione in Campania e Sardegna ed in particolare delle risorse necessarie per chiudere la questione. Una risposta sarà data ad Anp ed alle altre OO.SS in occasione dell’incontro con il Ministro, già convocato per martedì 28 gennaio prossimo.La mobilitazione dei dirigenti scolastici ha già dato i primi frutti: ma non è il momento per abbassare la guardia. Già a partire dall’incontro con il Ministro ci attendiamo risposte più precise e l’indicazione di tempi. Terremo naturalmente informati i colleghi degli sviluppi della vertenza e chiediamo loro di mantenere alti l’attenzione e l’impegno, anche in vista di eventuali ulteriori iniziative di pressione nei confronti dell’Amministrazione che si rendessero necessarie.

Ricerca, pubblicato il bando ‘Sir – Scientific Independence of young Researchers’

Ricerca, pubblicato il bando ‘Sir – Scientific Independence of young Researchers’
Oltre 47 milioni di euro per i ricercatori under 40, al centro loro autonomia

Sostenere i giovani ricercatori nella fase iniziale della loro carriera, attraverso il finanziamento di un programma di ricerca indipendente. E’ lo scopo del nuovo bando del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, ‘Sir – Scientific Independence of young Researchers’, destinato agli studiosi under 40, che allinea per la prima volta la procedura di selezione dei progetti a quella dell’Erc, European Research Council. Una novità voluta dal Ministro Maria Chiara Carrozza. Il bando, pubblicato sul sito del Miur (http://sir.miur.it/) stanzia oltre 47 milioni di euro a favore dei giovani cervelli. I singoli progetti dovranno essere presentati entro il 13 marzo 2014. La procedura di selezione, affidata ad esperti di settore internazionali, si concluderà entro il 2014. Il bando si inserisce nell’ambito delle iniziative che il Miur intende mettere in campo per fare del 2014 l’anno del ricercatore. Il Miur sta anche lavorando ad un bando per ricercatori senior.

Il bando
Il bando Sir prevede il finanziamento di progetti svolti da gruppi di ricerca indipendenti e di elevata qualità scientifica sotto il coordinamento di un Principal Investigator (PI), italiano o straniero, residente in Italia o all’estero, anche lui under 40, che deve aver conseguito il suo primo dottorato (o la specializzazione di area medica, in assenza del dottorato) non prima di 6 anni rispetto alla data del bando e deve aver già prodotto almeno una pubblicazione senza la partecipazione del relatore della tesi di dottorato alla data del bando. La costituzione del gruppo di ricerca è flessibile: i ricercatori possono provenire dalla stessa organizzazione ospite, da organizzazioni diverse o può essere prevista anche la sola presenza del PI. L’alta qualità scientifica dei progetti sarà il criterio di valutazione insieme alla qualità del PI.  Gli ambiti scientifici di riferimento sono gli stessi determinati dall’Erc: Scienze della vita, Scienze fisiche e ingegneria, Scienze umanistiche e sociali. Saranno favoriti i progetti di natura interdisciplinare, quelli pionieristici o che introducono approcci innovativi o invenzioni scientifiche. La modulistica per la partecipazione sarà pubblicata sia in italiano che in inglese. Mentre la procedura si svolgerà interamente in lingua inglese.

Le linee guida del Sir
Un supporto finanziario adeguato, in grado di attrarre i migliori ricercatori. L’attrattività del finanziamento anche  per l’istituzione ospitante, che avrà  un incentivo del 10% del costo del progetto nel caso in cui il PI non sia già un suo dipendente a tempo indeterminato. La garanzia dell’indipendenza del PI, fornita dall’istituzione ospitante,  sia dal punto di vista scientifico (offerta di un ambiente di ricerca idoneo per realizzare autonomamente il progetto) sia dal punto di vista amministrativo (autonoma gestione del finanziamento). Sono alcune delle linee guida che rendono il bando Sir particolarmente innovativo.

Le scadenze
I progetti possono avere il costo massimo di 1 milione di euro per un periodo massimo di tre anni. Alle Scienze della vita va il 40% dello stanziamento, alle Scienze fisiche e ingegneria il 40%,  alle Scienze umanistiche e sociali il 20%. Il finanziamento viene assegnato all’organizzazione ospite che deve garantire le condizioni adeguate affinché il coordinatore, il PI, possa dirigere in autonomia la ricerca. A valutare i progetti saranno Comitati di selezione designati dal Comitato nazionale dei garanti della ricerca (Cngr) sulla base di una rosa di nominativi proposti dal consiglio scientifico dell’Erc. I progetti vanno presentati entro il 13 marzo. Entro la fine del 2014 la conclusione della selezione. Ciascun PI dovrà garantire l’accesso aperto (gratuito on line per qualunque utente) a tutti i risultati ottenuti nell’ambito del progetto.

PAS Percorsi Formativi Abilitanti Speciali ma veramente SPECIALI

PAS Percorsi Formativi Abilitanti Speciali ma veramente SPECIALI

La mancanza di rispetto nei confronti dei lavoratori della scuola e, in particolare, nei confronti dei precari, è ormai un affermato sport nazionale.
Un caso esemplare si è determinato in Piemonte dove gli insegnanti di lingua straniera e di conversazione in lingua straniera sono stati informati che per loro il PAS NON CI SARA’.
Le ragioni di una scelta che danneggia pesantemente gli insegnanti di lingue piemontesi che nel prossimo anno scolastico rischiano di vedersi scavalcati da colleghi di altre regioni che non si sono trovati di fronte ad un potere delle baronie universitarie altrettanto vessatoria sono note solo ai vertici dell’università torinese.
La CUB Scuola Università Ricerca, nel ribadire le sue critiche all’impianto stesso dei PAS ed al fatto che prevedano il versamento di cifre rilevanti all’università, denuncia con forza quest’INGIUSTZIA NELL’INGIUSTIZIA!

Domani venerdì 24 gennaio i precari di lingue e tutte le persone che solidarizzano con loro si troveranno alle 15,30 di fronte a Palazzo Nuovo per recarsi al Rettorato per chiedere un incontro nel quale questi signori che, non dimentichiamolo, hanno un reddito decisamente superiore a quello dei lavoratori della scuola, dovranno chiarire cosa intendono fare e spiegare, se le hanno, le loro ragioni.

Una cosa deve essere chiaro, non accetteremo di vederci imporre scelte assolutamente inaccettabili e proseguiremo la mobilitazione sia con azioni di lotta sindacale che sul piano legale.

Per la CUB Scuola Università Ricerca
Cosimo Scarinzi

L’Esposizione nelle scuole, in tre tappe

da ItaliaOggi

L’Esposizione nelle scuole, in tre tappe

Un evento dal taglio fortemente tecnologico e dalle tematiche così importanti per il futuro del pianeta, come sarà Expo 2015, non può certo lasciare indietro i giovani. E così è già partito il programma dedicato alle scuole, che prevede il coinvolgimento di alunni dalla scuola primaria a quella secondaria di secondo grado, con iniziative dedicate anche all’università e al mondo della ricerca. D’altronde sono oltre 2 milioni gli studenti attesi in visita nel sito espositivo: 1 milione e 300 mila solo dall’Italia, accompagnati da oltre 130 mila docenti. Per prepararli a questo evento è stato studiato un programma educativo specifico, come previsto nel Protocollo d’Intesa triennale firmato il 18 dicembre scorso da Expo 2015 spa, dal Padiglione Italia e dal ministero dell’Istruzione, dell’università e della ricerca. L’accordo prevede attività di formazione, iniziative multimediali, gemellaggi internazionali e visite didattiche. Tutto incentrato, ovviamente, sui temi portanti dell’esposizione, a partire da quello del diritto a un’alimentazione sana, sicura e sostenibile per tutto il pianeta.

Tre i moduli attorno a cui ruota il Progetto Scuola di Expo, dalla fase preparatoria fino a quella successiva all’evento. Si parte con «Expo in School», che prevede l’inserimento di contenuti didattici specifici nei programmi delle classi per sensibilizzare studenti, docenti e famiglie sull’argomento.

Il passo successivo è quello di «School for Expo», per chiedere agli alunni un contributo pratico – con progetti multimediali, testi, disegni e foto – alla costruzione dell’appuntamento del 2015.

L’organizzazione delle visite, fisiche o virtuali, al sito espositivo sarà al centro di «School in Expo», che prevederà appuntamenti dedicati ed eventi ad hoc, anche per la partecipazione da remoto. Un’esperienza che si annuncia unica e innovativa e che dovrebbe lasciare un’eredità importante anche dopo l’esposizione. Un primo assaggio di cosa potranno fare gli studenti per Expo è arrivato grazie al progetto pilota di Monza, dove gli istituti scolastici hanno fatto da «laboratori» del Progetto Scuola in vista dell’estensione del piano a tutte le altre regioni italiane.

Gli studenti di ogni classe – da quella dell’infanzia a quella secondaria – si sono sfidati in un concorso di idee dove a vincere sono stati i migliori elaborati dedicati al tema del cibo, in tutte le sue sfaccettature.

Presidi in piazza: il governo si ricorda degli insegnanti ma non di noi

da Corriere della Sera

LA «PROTESTA COMPOSTA»

Presidi in piazza: il governo si ricorda degli insegnanti ma non di noi

Attesi centinaia di dirigenti davanti al ministero per chiedere l’assegnazione del fondo Ria che vale  oltre 18 milioni

Flavia Fiorentino

Più di seicento presidi provenienti da tutta Italia scenderanno in piazza giovedì 23 gennaio  per un sit in alle 11 e 30 davanti al ministero dell’Istruzione. Compostezza e rigore come il ruolo impone, ma grande determinazione nel farsi sentire contro “lo scippo di risorse destinate ai nuovi dirigenti scolastici”. Una protesta, nata non solo “contro il blocco delle retribuzioni e mancata perequazione con altri funzionari pubblici – spiega Giorgio Rembado, presidente dell’Associazione nazionale presidi – ma in questo momento anche contro la riduzione degli stipendi. Il governo si è ricordato dei professori che fortunatamente non dovranno restituire allo Stato nemmeno un centesimo, ma si è dimenticato dei presidi. Non si vogliono utilizzare le risorse provenienti dal Ria (Retribuzioni individuali di anzianità) versati da presidi in pensione e destinati ai nuovi dirigenti scolastici. Sono soldi nostri – conclude Rembado – che l’erario c’impedisce d’impiegare altrimenti”.

IL FONDO -Un totale di 18 milioni di euro che non vengono riconosciuti dal ministero dell’Economia per destinarli al fondo nazionale per i presidi in servizio attraverso le direzioni regionali del Miur. “Quindi se si congelano e si scippano le risorse dei presidi che vanno in pensione a favore dei di quelli in servizio, avviene che questi ultimi guadagnino duemila euro in meno rispetto al passato. Quando invece le responsabilità aumentano: ogni preside ha in media 5-6 scuole e quando ha anche la reggenza, si arriva a 10-12. Inevitabile dunque – conclude Rembado – che sia cambiato il ruolo del dirigente scolastico: di certo non conosce, come un tempo, uno per uno tutti i suoi alunni. Oggi è un manager, una sorta di direttore generale che delega e compie continui controlli di gestione come nelle grandi aziende,. Avendo però ahimè soltanto gli oneri non gli onori di un compito così delicato e impegnativo”.

Compiti del lunedì: è giusto assegnarli?

da La Stampa

Compiti del lunedì: è giusto assegnarli?

Spunta sul web una circolare del 1969 che li proibisce e si riaccende il dibattito tra rigore e lassismo
romA

 I ragazzi hanno diritto ad un fine settimana degno di questo nome? E, soprattutto, ne hanno diritto i loro genitori? Su questo dilemma amletico-didattico si discute da anni, come è emerso due giorni fa quando il sito Orizzonte Scuola ha riproposto una circolare del Miur del lontano 1969 che impone agli insegnanti di evitare i compiti durante il fine settimana.

Il ministero ha subito spento le speranze di milioni di studenti e dei loro genitori precisando che la circolare è stata poi superata di fatto dalle leggi successive, ma intanto il dibattito era partito, riproponendo le divisioni di sempre, più o meno riassumibili in uno scontro tra rigoristi e lassisti. Ma anche facendo capire che era una discussione in corso da circa mezzo secolo e che dopo tutto questo tempo ancora non si è trovata una risposta. Di fronte al dilemma dei compiti durante il fine settimana il legislatore ha alzato le mani in segno di resa e ha inserito la questione nel capitolo dell’autonomia scolastica e quindi della libertà di ciascun collegio dei prof di decidere se e quanto far studiare i loro alunni.

Il dibattito, insomma, è ancora più che aperto. Rispetto a mezzo secolo fa si sono fatti alcuni passi avanti, sostengono i professori. «Mi sembra fuori dallo spazio e dal tempo parlare ancora di circolari o di ipotesi nazionali sui compiti da dare a casa – commenta Alessandra Cenerini, presidente dell’Adi, Associazione docenti italiani -. Gli insegnanti più evoluti e innovativi oggi sono andati molto oltre il vecchio modo di fare scuola. Molti dei nostri associati sperimentano le “Flipped classroom”, le classi rovesciate, un modello di insegnamento in cui i compiti a casa assegnati agli studenti consistono in video creati dagli insegnanti e messi a disposizione degli studenti mentre in classe si fanno approfondimenti. Certo, sostenere che i ragazzi a casa non aprano un libro è pura follia ma è anche follia avere scuole superiori in cui si arriva fino a 14 discipline diverse. Se ogni professore desse compiti alle 32 ore a scuola se ne dovrebbero aggiungere altrettante di studio a casa».

«I professori dovrebbero dare sempre meno compiti a casa per far studiare sempre di più a scuola – sostiene Beppe Bagni, presidente dei prof rappresentati dal Cidi -. Si impara con i compagni. A casa può esserci il ripasso, il consolidamento di quanto imparato, non l’apprendimento, non il rimanere da soli con il libro da studiare. Il sapere del libro va costruito a scuola».

Ha di sicuro ragione, ma in quali scuole italiane accade?

La legge Fornero e i prof bloccati nel limbo

da l’Unità

La legge Fornero e i prof bloccati nel limbo

di Mila Spicola

FORSE SONO IO CHE NON CAPISCO .E,SE NON CAPISCO, QUALCUNO MI SPIEGHI LE RAGIONI.
Da un lato ci sono giovani laureati che vogliono diventare insegnanti, che hanno seguito tutto il percorso richiesto loro dallo Stato per diventarlo. Percorso che negli ultimi 30 anni è variato quasi ogni anno: devi fare un concorso, no, ti devi iscrivere alle Sissis e abilitarti così, no, puoi insegnare come supplente, però per avere la cattedra devi fare un concorso, e torni alla casella di partenza, no, ti facciamo fare un tirocinio formativo abilitante, no, però, se hai il vecchio diploma magistrale ti facciamo fare un altro percorso, che si chiama pas, no, se hai anche il titolo del sostegno, hai un altro canale, ma tu sei prima, seconda o terza fascia? Scusi? In che senso? E questo è il versante «come divento insegnante oggi» che ha condotto, in questa follia amministrativa priva di ogni logica di semplificazione ma che continua ancora adesso, mentre scrivo, a complicarsi, ha condotto insomma a ingigantire ogni anno il grande pentolone del precariato scolastico. Un precariato molto particolare perché composto di docenti a tutti gli effetti con una caratteristica: sono bravi, sono molto bravi, perché negli anni, di propria o altrui sponte, hanno continuato a formarsi per aumentare i titoli. Altre lauree, dottorati, specializzazioni. E anni di servizio. Dall’altro lato ci sono i docenti prossimi alla pensione. Alcuni di loro, quasi o già sessantenni, c’erano quasi. Avevano chiesto e ottenuto il permesso di ritirarsi e mi ricordo della mia adorata Marisa, una collega d’Italiano che per me è stata un’altra di quei maestri che cambiano la vita, che era già con un piede fuori, con le lacrime ogni giorno. Sarebbe rimasta però «Mila, mia madre ormai non la reggono nemmeno le badanti, io rimarrei, ma la vedi Clelia (una collega precaria bravissima)? Che ci faccio ancora io a 60 anni e con 35 anni di servizio a inseguire Macaluso nei corridoi quando lo incrocio fuori dalla classe, mentre giovani come Clelia non possono nemmeno farsi una famiglia e aspettano che io me ne vada?». Così parlava Marisa due anni fa. Cosa è accaduto in questi due anni? È accaduto che Marisa sta ancora in classe e Clelia è ancora a spasso. Marisa è distrutta per le notti insonni che le fa passare la madre e l’ansia del non capire quando andrà in pensione e Clelia è ancora precaria ma in un’altra scuola, in un paesino sulle Madonie e tutti i giorni si fa 90 chilometri all’andata e 90 al ritorno. Per quanto tempo sarà così brava come lo era due anni fa e lo è ancora? La legge Fornero, oltre al guaio esodati, ha prodotto un altro guaio, i docenti quasi in pensione della cosiddetta Quota96, coloro che stavano andando in pensione due anni fa e per un errore di valutazione amministrativa sono rimasti ingabbiati nel limbo «non so se ci devo andare o meno». Non sono tanti, sono meno di quattromila persone. Che diventano ottomila se pensiamo alle quattromila Clelie pronte a prendere il loro posto. Siamo il Paese con la classe docente più vecchia del mondo. Non d’Europa, del mondo. Roba da brividi nella schiena. E siamo il Paese con la più alta disoccupazione giovanile. Docenti di 62 anni si ritrovano a inseguire bambini di 4 anni nelle scuole materne e a confrontarsi con mamme piccole quanto le loro nipoti. Insegnanti d’italiano dei licei, al di là della buona volontà e capacità immutata si ritrovano a non capire nemmeno quello che dicono i loro allievi quindicenni e a leggere elaborati che descrivono passioni, problemi e tensioni vissute però in un luogo e in un tempo completamente diverso. Poco male qualcuno mi dirà, i divari generazionali ci son sempre stati. Mentre docenti bravissimi, straformati e aggiornati stanno a casa mentre ci affanniamo a scrivere i jobs act. E aggiungo se ti ritrovi un docente stanco, che non ce la fa più e non ce la vuole fare, perché a sessantanni è costretto in classe, i quattromila quota96 e le quattromila Clelie, dobbiamo moltiplicarle ciascuna per 30 alunni scontenti di perdere Clelia e afflitti di fronte a una prof che non li guarda più negli occhi, e la vedi già vecchia e cadente raccontar del suo vero incidente. E intanto viene fuori che il livello di burn out (l’insegnamento è un lavoro altamente usurante e sarebbe il caso di finirla con la retorica del privilegiato che persino qualche onorevole un po’ superficiale ogni tanto riprende) dei docenti italiani è tra i massimi al mondo e non ci facciam mancare manco questo come podio. Io dico, risolvere il problema tutto adesso non si può, ma intanto, a questi quattromila permettiamo di andarsene in pensione visto che gli spettava? Qualcuno penserà che l’emergenza siano quei pensionati da far andare via e qualcun altro che sia Clelia e tutti i precari come lei. Cambiamo prospettiva. Cominciamo a pensare che l’emergenza vera nella scuola siano gli alunni di Clelia, bravissima, che non voglio perderla e di Macaluso che scappa sempre mentre Marisa, bravissima anche lei ma ormai stanca, ha smesso di inseguirlo? La scuola in cima al Paese. Io direi: i nostri alunni, i nostri figli in cima al Paese. Un docente stanco e sfatto, se dopo i sessantanni non ce la fa più, e magari è in pieno burn out, cosa volete che insegni? Ripeto, forse sono io che non capisco, ma non lo capiscono nemmeno i 9 milioni di studenti italiani le loro famiglie.

Da cosa dipenderà la scelta del nuovo Presidente Invalsi?

da Tecnica della Scuola

Da cosa dipenderà la scelta del nuovo Presidente Invalsi?
di Lucio Ficara
Il Comitato dei 5 esperti designati dal Ministro è al lavoro, ma nulla trapela sul nome del futuro presidente. Peraltro non si conoscono neppure i nomi di coloro che hanno presentato la candidatura.
A che punto è il lavoro del Comitato di valutazione delle candidature per la futura presidenza dell’Invalsi? Ricordiamo che in ottemperanza all’art. 11 del decreto legislativo n. 213/2009 il Ministro dell’Istruzione Maria Chiara Carrozza per nominare il nuovo Presidente Invalsi, ha dovuto costituire con apposito decreto un comitato di selezione, composto da un massimo di cinque persone, scelte tra esperti della comunità scientifica nazionale ed internazionale ed esperti in alta amministrazione, di cui uno con funzioni di coordinatore. Il decreto del Ministro Carrozza che ha istituito questo Comitato di valutazione è il DM 29 novembre 2013, dove sono stati nominati come presidente, Tullio De Mauro, noto linguista e già ministro dell’Istruzione tra il 2000 e il 2001, e come altri componenti Benedetto Vertecchi, pedagogista e già Presidente del CEDE, Clotilde Pontecorvo, psicologa dell’educazione, Cristina Lavinio, docente di didattica delle lingue moderne e Giorgio Israel, matematico e docente alla Sapienza di Roma. Il 7 gennaio è scaduto il termine, che lo stesso Comitato di valutazione aveva fissato per la presentazione delle candidature. Per adesso tutto tace e probabilmente nulla si saprà fino ai primi giorni di febbraio, data in cui si dovrebbe conoscere l’esito del lavoro di questo importante Comitato. Da cosa dipenderà la scelta che dovrà fare il Comitato, sulla nomina del prossimo presidente dell‘Invalsi? Nell’avviso di candidatura che il Comitato aveva redatto, con appunto scadenza il 7 gennaio, si richiedeva che la domanda fosse corredata di alcuni file come il curriculum vitae ed in particolare anche un elaborato che illustri in un massimo dodicimila battute, le principali linee d’intervento e strategie di sviluppo sulle quali si intenda orientare la funzione di indirizzo, nel caso in cui si assuma la presidenza dell’Invalsi. Acquisite queste documentazioni il Comitato sta esaminando le candidature e i requisiti di ammissibilità di ciascun candidato. Per ogni candidatura il Comitato conduce l’istruttoria avvalendosi delle informazioni e dei documenti ricevuti. Al termine dell’istruttoria, che si dovrebbe concludere entro la prima decade di febbraio, il Comitato propone al Ministro una rosa di cinque nominativi per la carica di Presidente, tra i quali il Ministro effettuerà la propria scelta. Ma in che modo sta lavorando il Comitato? Quanto peso si sta dando all’elaborato sintetico, allegato alla candidatura, dove il candidato indica le linee d’intervento e d’azione della propria ed eventuale presidenza? Nulla è dato sapere; per adesso tutto tace, così come tacciono le polemiche di chi sollevava dubbi e timori di un cambio di rotta per la futura Invalsi. Un silenzio assordante è calato sulla questione della presidenza Invalsi, che presto con la consegna dei 5 nomi al Ministro Carrozza, verrà rotto, con una fragorosa proclamazione del nuovo presidente dell’Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione.

Il boomerang dei musei gratuiti

da Tecnica della Scuola

Il boomerang dei musei gratuiti
di Reginaldo Palermo
Soprattutto dopo le dichiarazioni di Maria Chiara Carrozza al Senato, sono in molti a criticare alcune delle misure contenute nel DL 104. Sotto accusa, in particolare, l’ingresso gratuito nei musei.
Ingressi gratuiti nei musei, reti wireless e promozione delle attività di aggiornamento, misure che erano state accolte da più parti con favore e interesse al momento del varo del DL 104 “La scuola riparte”, potrebbero trasformarsi in un boomerang per il Ministro e per l’intero Governo soprattutto dopo le dichiarazioni rese da Maria Chiara Carrozza al Senato nel pomeriggio del 22. Nei social network e nei forum si stanno già moltiplicando interventi di questo tenore: “Ma se sapevano che non c’erano soldi, era proprio indispensabile spendere gli ultimi spiccioli per l’ingresso gratuito nei musei e per dotare le scuole di wi-fi e registri elettronici?” Obiettivamente l’osservazione è debole in quanto mettendo insieme le diverse voci del decreto 104 (ad eccezione di quelle che più direttamente riguardano gli studenti) si arriva a mala pena a qualche decina di milioni di euro che, comunque, non basterebbero certamente a consentire il riconoscimento degli scatti. Ma va anche detto che il comportamento del Ministro Carrozza e del suo staff non appare quello tipico del “buon padre di famiglia” . Nessuno di noi, infatti, sapendo di aver esaurito ogni capacità di spesa (lo ha ammesso il Ministro davanti ai senatori della Commissione Cultura), si sognerebbe mai di destinare gli ultimi spiccioli per un viaggio di piacere o per comprare un tablet ultimo modello senza avere però i soldi per gestire la connessione a Internet. Insomma, le misure contenute nel “pacchetto” del DL 104, pur importanti, rischiano di non essere apprezzate dal mondo della scuola e dagli stessi insegnanti che certamente avrebbero preferito non assistere al poco dignitoso “balletto” dei 150 euro detratti dallo stipendio e poi restituiti (ma non si sa bene fino a quando). In tempi di vacche non magre ma magrissime l’operazione musei “a gratis per tutti” suona quasi come una beffa di cui gli insegnanti avrebbero fatto volentieri a meno.

Addio scatti automatici “a pioggia”? “Nì” dai sindacati

da Tecnica della Scuola

Addio scatti automatici “a pioggia”? “Nì” dai sindacati
di Alessandro Giuliani
Francesco Scrima, leader Cisl Scuola, si dice pronto a discutere fin da subito di come valorizzare le carriere del personale anche con elementi diversi dalla sola anzianità. Però poi sottolinea che l’esperienza maturata in servizio deve comunque contare nella struttura retributiva, come avviene nella stragrande maggioranza degli altri Paesi. Come dire: una base di aumenti dovrà in ogni caso rimanere.
Sulla fine degli scatti automatici “a pioggia” sindacati, per chi non l’avesse capito, sono pronti a trattare. Lo ha confermato Francesco Scrima, segretario generale Cisl Scuola, nel corso della sua analisi alla decisione del ministro Carrozza di ricevere i rappresentanti dei lavoratori martedì 28 gennaio (a partire dalle ore 11,30): “siamo pronti a discutere fin da subito di come valorizzare le carriere del personale scolastico anche con elementi diversi dalla sola anzianità”. Anche se poi lo stesso sindacalista sottolinea “che l’esperienza maturata in servizio deve comunque contare nella struttura retributiva, come avviene nella stragrande maggioranza degli altri Paesi”.
L’incontro con Carrozza, ricorda Scrima, era stato chiesto dalle stesse organizzazioni sindacali per affrontare le diverse emergenze che da qualche settimana sono al centro dell’attenzione anche sugli organi di informazione: dalla questione degli scatti di anzianità, tamponata ma non risolta col decreto legge varato venerdì scorso, a quella delle posizioni economiche del personale ATA, su cui erano state date assicurazioni rimaste finora senza alcun seguito concreto, alla decurtazione delle retribuzioni dei dirigenti scolastici, su cui si è resa inevitabile la proclamazione dello sciopero della dirigenza per il 14 febbraio.
“Dall’incontro – precisa il leader della Cisl Scuola – ci attendiamo anche di conoscere quali esiti avranno avuto i tentativi che la ministra Carrozza dichiara di aver messo in atto per trovare risorse ‘fresche’ da destinare al pagamento degli scatti di anzianità, così da non rendere obbligato il ricorso a risorse contrattuali. Tentativi che hanno tutto il nostro apprezzamento, ma che non possono dare pretesto per rinviare sine die una trattativa da aprire al più presto: il protrarsi dei tempi rende infatti più complicato trovare soluzione ai problemi, come i fatti stanno dimostrando”. Secondo il sindacalista occorre quindi difendere le progressioni di anzianità acquisite, “tutelando in questo modo il salario fondamentale di tutti, rappresenta oggi per noi una scelta di assoluta priorità”.
Ma per il futuro si potrebbe cambiare. Tanto è vero che Scrima parla di “porte spalancate, ovviamente, a ogni ipotesi di avviare il rinnovo del contratto, come chiede la ministra nel suo intervento di oggi al Senato. È vero infatti che è il rinnovo contrattuale la sede giusta in cui affrontare il tema delle carriere del personale: se, come dice la ministra, oggi si procede in modo farraginoso, la colpa non è certo del sindacato, ma proprio del blocco dei contratti e di improvvide scelte legislative e di governo, ultima delle quali la decisione del novembre scorso di prorogare di un anno il blocco triennale deciso nel 2010”.  Insomma, se l’apertura arriva dal sindacato che vanta più deleghe di tutti a livello nazionale c’è da pensare che dal confronto con il Miur stavolta arriverà un Ccnl davvero diverso dai precedenti.

Dirigenti scolastici: sciopero il 14 febbraio

da Tecnica della Scuola

Dirigenti scolastici: sciopero il 14 febbraio
di R.P.
Lo hanno deciso Cisl, Uil e Snals dopo l’esito negativo del tentativo di conciliazione. Il nodo da sciogliere è quello del Fondo unico nazionale e delle modalità per calcolarlo. C’è disaccordo fra Miur e Mef. Il 23 mattina sit-in dell’ANP a Roma.
Dirigenti scolastici in ordine sparso sulla questione del Fondo Unico nazionale: fallito nel pomeriggio del 22 gennaio il tentativo di conciliazione, CislScuola, UilScuola e Snals hanno deciso di proclamare una giornata di sciopero per il 14 febbraio. In attesa di sapere cosa farà Flc-Cgil che comunque ben difficilmente si aggregherà alle altre tre sigle, resta confermato il sit-in dell’Anp davanti alla sede del Miur per la mattina del 23 (le previsioni parlano di centinaia di adesioni non solo da Roma e dal Lazio ma da tutta Italia). La vicenda si trascina da mesi ed è legata ad una interpretazione restrittiva del Mef relativa alle modalità di calcolo del Fondo unico che è di fatto il fondo dal quale si attinge per incrementare lo stipendio tabellare dei dirigenti (per certi aspetti, insomma, è un po’ come il fondo per il Mof per docenti e Ata). Il fatto è che il Miur condivide il punto di vista dei sindacati mentre i tecnici dell’Economia sono su una posizione del tutto diversa in quanto ritengono che in base al DL 78/2010 (quello, per capirci, che non consentirebbe di riconoscere le posizioni economiche Ata) gli stipendi di ogni singolo dipendente pubblico, dirigenti scolastici compresi, non possono aumentare neppure di un euro rispetto al 2010. A complicare la questione c’è il fatto che le risorse del fondo unico nazionale vengono contrattate a livello regionale. In alcune regioni i contratti integrativi sono stati stipulati e registrati dagli organi di controllo, mentre nella maggior parte delle regioni la contrattazione è ferma. Con il risultato che – a parità di posizione – si registrano stipendi molto diversi da regione a regione.

L’ammissione del Ministro: i soldi sono finiti, non rimane che la spending review interna

da Tecnica della Scuola

L’ammissione del Ministro: i soldi sono finiti, non rimane che la spending review interna
di A.G.
Carrozza: per gli scatti il Miur non ha margini di manovra per distrarre fondi e dunque per procedere dobbiamo prelevare dal Mof. Lo dico perché spesso ci si sente richiedere nuovi investimenti, ma siamo ai limiti di possibilità di spesa. Un messaggio indirizzato anche i sindacati, in vista del rinnovo contrattuale.
Il Ministro aveva promesso di illustrare la situazione economica della scuola con chiarezza. Ed è stato di parola. Mandando chiari segnali di allarme non solo ai cittadini, ma anche ai sindacati e a chi li governa. Il responsabile del Miur, Maria Chiara Carrozza, durante l’audizione in commissione Istruzione al Senato in cui ha ripercorso le tappe della vicenda degli scatti di anzianità del personale della scuola, ha tenuto a ribadire che al momento siamo ai limiti di possibilità di spesa. E che quindi non c’è alcuna possibilità, oltre quella di “rosicchiare” ulteriormente il Mof, di reperire altri fondi. Né per gli scatti stipendiali automatici del personale, né per altre esigenze così onerose.
Il pagamento degli scatti di anzianità, ha sottolineato Carrozza, “comporta l’utilizzo di ingenti risorse” e il ministero dell’Istruzione “non dispone di risorse libere”. “Il ministero – ha aggiunto – non ha margini di manovra per distrarre fondi e dunque per procedere dobbiamo prelevare dal Mof (il fondo per il miglioramento dell’offerta formativa). Lo dico perché spesso ci si sente richiedere nuovi investimenti ma noi siamo ai limiti di possibilità di spesa. Avremo dei risultati sull’analisi della spesa se si proseguirà – ha concluso il Ministro – nell’attività interna di spending review”. Che per gli addetti ai lavori suona come un avvertimento (qualcuno direbbe una minaccia) in vista del rinnovo contrattuale: per il futuro gli aumenti in busta paga andranno concessi solo ai meritevoli. Del resto, la riforma Brunetta, con la Legge 150 del 2009, ha preparato il terreno: si tratta ora solo di trovare l’accordo con i sindacati. Un passaggio che non è proprio una formalità.