PAS – chiesta pubblicazione elenchi per regione delle classi di concorso che non verranno attivate

PAS – ANIEF chiede la pubblicazione degli elenchi per regione delle classi di concorso che non verranno attivate

 

Il Miur fa bene a incaricare gli U.S.R. di concedere i nulla osta per svolgere i corsi in altre regioni, però dimentica di far indicare con certezza l’elenco delle classi di concorso che non verranno attivate. I candidati all’abilitazione devono conoscere la lista definitiva dei corsi non attivati prima di fare domanda. C’è il rischio che chiedano di svolgere le lezioni a distanza di centinaia di chilometri da casa e che successivamente lo stesso corso possa essere attivato nella propria regione.

 

Continua faticosamente il percorso di avvicinamento dei circa 70mila docenti interessati allo svolgimento dei Percorsi Abilitanti Speciali. Anche a seguito delle richieste avanzate dall’Anief, il Ministero dell’Istruzione ha inviato agli Uffici Scolastici Regionali la nota prot. n. 275 del 29 gennaio 2014, attraverso cui cerca di dare una risposta nei casi, tutt’altro che sporadici, in cui in una regione non venga attivato il PAS per una determinata classe di concorso: in questi casi, ha spiegato il Miur, sarà direttamente l’U.S.R. a predisporre il nulla osta al trasferimento della domanda di frequenza di quel corso in un’altra regione dove invece il corso è stato attivato.

 

Il Miur ha quindi specificato che i trasferimenti dei corsisti Pas tra le regioni potranno essere disposti, oltre che “per gravi e comprovati motivi”, qualora non vengano attivati i corsi richiesti. Ma in tal caso, il nulla osta sarebbe concesso dall’U.S.R. (“i singoli aspiranti non devono in nessun modo rivolgersi direttamente alle istituzioni accademiche”) “solo dopo aver esperito, con esito negativo”, i tentativi “di flessibilità” previsti nell’articolo 6 del D.G.G. n. 58 e nel Decreto Dipartimentale 22 novembre 2013 n. 45, quali: accordi quadro e intese tra Atenei e Istituzioni scolastiche autonome o Istituti tecnici superori, corsi a distanza, accorpamenti di discipline omogenee per le classi di concorso con basso numero di aspiranti, strumento, quest’ultimo, che non risulta essere utilizzato dagli Uffici scolastici regionali.

 

Anief ritiene soddisfacente questa decisione. Ma solo qualora gli Uffici Scolastici Regionali producano, entro pochi giorni (sarebbe opportuno entro la prima decade di febbraio) l’elenco definitivo delle classi di concorso che non verranno attivate. Tale indicazione permetterebbe ai candidati PAS, una volta acquisita la certezza della mancata attivazione del corso richiesto, di poter avviare la richiesta formale di spostamento. È indispensabile, quindi, che gli U.S.R. sollecitino gli atenei individuati dal Ministero a produrre un responso definitivo.

 

“In passato – sostiene Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir – gli aspiranti corsisti hanno dimostrato di poter svolgere corsi di abilitazione anche a centinaia di chilometri di distanza dal proprio domicilio. Ma ciò non significa che si debba chiedere loro di farlo anche quando non sia veramente necessario. Per questo il Miur deve fare chiarezza e dare certezze”.

 

Il sindacato coglie l’occasione per tornare a chiedere al Ministero dell’Istruzione di permettere a tutti i docenti frequentanti i Percorsi Abilitanti Speciali di poter fruire dei permessi per il diritto allo studio, anche per un numero inferiore alle 150 previste dal C.C.N.L.. E per sollecitare tutti gli atenei a pubblicare il programma delle lezioni da svolgere e la lista definitiva degli ammessi ai corsi. Rimane, infine, ancora in piedi il problema della mancata organizzazione dei PAS indirizzati ai docenti della scuola dell’infanzia e primaria.

 

Il caso “Volta” e la scuola italiana

Il caso “Volta” e la scuola italiana

Lo scorso 27 gennaio il Dott. Saverio Ferrari è stato invitato presso il Liceo Scientifico “Volta” di Milano per tenere una relazione sul tema “I movimenti neofascisti  oggi in Italia e in Europa”. L’iniziativa faceva parte di una serie di manifestazioni dedicate alla “Giornata della Memoria” svoltesi in più giorni presso lo stesso istituto.

Saverio Ferrari  è ricordato per un passato che si potrebbe definire, senza eccessivo timore di smentite, turbolento. Militante di Avanguardia Operaia, egli è stato condannato  in via definitiva per l’assalto a un locale milanese frequentato da suoi avversari politici: nella circostanza furono feriti gravemente tre avventori, uno dei quali riportò danni fisici permanenti. Inoltre non risulta abbia mai dato luogo non si dice a un percorso di ravvedimento circa il suo passato, ma neppure ad un ripensamento in termini più sereni e obbiettivi dei fatti in cui fu coinvolto.

La conferenza del Ferrari al Volta ha prodotto tutta serie di polemiche. Alcune di queste originate proprio dal suo non aver rinnegato un passato fazioso e violento, altre dal fatto che il milanese Consiglio di zona 3 ha concesso un contributo per sostenere l’evento.

Come Associazione di docenti che si occupa di scuola, è però un’ altra la prospettiva secondo la quale vogliamo considerare questa vicenda. Confessiamo che la decisione del Consiglio di zona, considerata la sua composizione, non ci stupisce. E che anche la presenza del Ferrari che parla ex cathedra  nel liceo – di per sé – non ci amareggia troppo.

La questione è un’altra, e precisamente la seguente. Il  Dott. Ferrari è stato invitato a tenere la sua lezione dal Consiglio d’Istituto del Volta. Questo organismo, evidentemente, conosceva il suo passato e il suo presente: non possiamo pensare che sia mancata l’informazione al riguardo. Ne era certamente a conoscenza, inoltre, il Dirigente scolastico. Ci si chiede dunque non tanto perché egli sia stato invitato, ma perché gli sia stato permesso di tenere la sua lezione – di fronte ad adulti ma anche a molti giovani studenti – in totale mancanza di contraddittorio. Gli studenti, soggetti in formazione dei quali la scuola deve avere cura con delicatezza e senso di responsabilità, hanno udito il rintocco di una sola campana, senza poter ascoltare, nel merito dell’argomento che veniva affrontato, un’opinione diversa, allo scopo di potersene formare una personale con cognizione di causa. In altre e più succinte parole: non è stata fatta cultura, ma opera di indottrinamento.

Lasciamo pure stare, dunque, il Ferrari, che in fondo ha adempiuto al suo ufficio come ben si sapeva che avrebbe fatto. Il problema, ancora una volta, è quello della capacità educativa della Scuola di Stato, e del clima culturale che in essa si respira: un clima di uniformità ideologica in cui non c’è neppure bisogno di censurare chi (sia egli  docente, sia studente) voglia manifestare idee diverse da quelle imposte dal politically correct, poiché è egli stesso che si autocensura, per evitare di essere messo all’indice ed emarginato.

Che queste ultime osservazioni siano corrette, lo si deduce tra l’altro dal fatto che non risultano rimostranze da parte del personale insegnante dell’Istituto in ordine ai fatti descritti:  solo la protesta di un gruppo di giovani Consiglieri di opposizione del Consiglio di zona 3 ha reso noti i fatti e così  disperso il silenzio permeato di conformismo e di pavidità che avvolgeva il Volta, in questo copia-carbone di tante altre scuole di Stato.

Il presidente Prof. Angelo Ruggiero

Patto per la Salute

Patto per la Salute: lettera aperta al Ministro Lorenzin, Regioni e ANCI

“Concludere subito il Patto per la Salute per aprire un nuovo cantiere sociale: riorganizzare i servizi, assicurare diritti universali”: è questo l’appello lanciato con una lettera aperta firmata da alcune delle maggiori associazioni dell’impegno civile, fra le quali anche la FISH.

I tempi sono dettati dal nuovo confronto fra Governo e Conferenza delle Regioni proprio sul Patto per la Salute, un segnale positivo per le sorti del Servizio Sanitario Nazionale messo a dura prova da i tagli lineari di questi anni. Gli effetti negativi in termini di tutela della salute dei cittadini sono purtroppo evidenti.

Il primo atto concreto per rendere credibile il Patto risiede infatti proprio sul riparto del finanziamento per il 2014: 109,902 miliardi, comprensivi dei 2 miliardi per evitare i nuovi ticket.

Ma dalla lettera aperta emerge forte anche la preoccupazione per l’uso sbagliato, irresponsabile e insostenibile che potrebbe connotare la spending review. Essa non può essere mirata a fare cassa quando in gioco ci sono i diritti alla salute delle persone.

Sprechi e malasanità vanno piuttosto colpiti contrastando l’inefficienza, la corruzione, l’assenza di trasparenza. E i risparmi devono rimanere nel Servizio Sanitario Nazionale.

I firmatari invitano il Governo e le Regioni ad “aprire un cantiere sociale” per la riorganizzazione del sistema socio sanitario con una ampia partecipazione democratica che restituisca voce ai Cittadini.

Un luogo e un modo per affrontare anche le nuove emergenze, i bisogni ad alta valenza sociale quali le patologie croniche e le non autosufficienze, le dipendenze, la salute mentale, superando una gestione solo sanitaria e favorendo, invece, l’inclusione sociale.

Non a caso l’articolata lettera aperta si conclude con una forte aspirazione: “Vogliamo fare uscire l’Italia dalla grave crisi in cui si trova ormai da troppo tempo e contribuire al risanamento e alla rinascita del nostro Paese: facendo diventare la spesa per il welfare un grande investimento, che assicuri diritti di cittadinanza, crei buona occupazione, alimenti lo sviluppo. Per farlo serve un grande impegno collettivo.”

Il testo della lettera aperta sul Patto per la Salute è disponibile nel sito FISH: http://www.fishonlus.it/files/2014/01/lettera_aperta_patto_per_la_salute.pdf

Torino: si svilupppa la mobilitazione degli insegnanti precari di lingue

Una numerosa e vivace delegazione di insegnanti precarie di lingue e letteratura straniera si è incontrata oggi con il professor Francesco Panero del Dipartimento di Lingue dell’Università di Torino per affrontar la gravissima situazione derivante dal fatto che in Piemonte non sono stati attivati, a differenza di quanto è avvenuto nelle altre regioni italiane, i corsi PAS – Percorsi Abilitanti Speciali, appunto, per lingue straniere.
Ancora una volta abbiamo ribadito che questa situazione determina un’inaccettabile disparità di trattamento a danno delle centinaia di colleghe e colleghi precari che vivono e lavorano in Piemonte che rischiano seriamente di vedersi scavalcati dai colleghi che avranno conseguito questo titolo in altre regioni.

Il professor Panero ha ricostruito sinteticamente la vicenda al fine di spiegare quanto stiamo verificando ed ha posto l’accento sulla ristrettezza dei tempi e sulla non disponibilità del personale, specie i ricercatori precari dell’Università che non sono stati retribuiti per il lavoro svolto in occasione di precedenti corsi e che di conseguenza si rifiutano di attivarne altri ed ha concluso che, nella migliore delle ipotesi, i corsi PAS saranno attivati a settembre.

Abbiamo fatto rilevare che la ristrettezza dei tempi non riguarda solo le Università piemontesi e il dipartimento di lingue e che se altrove si è riusciti a partire in tempo non si capisce come mai proprio in Piemonte non si riesca.
Per quanto riguarda poi la non retribuzione dei ricercatori precari dell’Università siamo restati letteralmente basiti e ci siamo posti l domanda  e abbiamo domandato come mai l’amministrazione universitaria ha assegnato incarichi per i quali non è prevista retribuzione.

Il professor Panero ci ha informato del fatto che la questione verrà affrontata giovedì 6 febbraio dal dipartimento e che avremo allora una risposta alle nostre rivendicazioni.

La CUB Scuola Università Ricerca ribadisce che l’avvio a settembre dei corsi è inaccettabile e che manterremo alta la mobilitazione a tutela dei circa cinquecento colleghi e colpite danneggiati da quanto il Dipartimento non ha fatto e, sembra, non intende fare.

Già giovedì 6 saremo presenti rivendicando le nostre ragioni al Rettorato Universitario di Via Verdi.

Per la CUB Scuola Università Ricerca

Cosimo Scarinzi

Come diventare insegnanti efficaci

Come diventare insegnanti efficaci

di Gennaro Palmisciano

 

Dopo tre anni, si è conclusa negli USA da pochi giorni, tra polemiche e critiche, la mega-indagine, denominata con l’acronimo MET (Measutring Education Teaching), finanziata dalla Fondazione Bill&Melinda Gates sulla misura dell’efficacia dell’insegnamento e sulla valutazione della qualità degli insegnanti. La conclusione principale è che si può misurare e prevedere l’ insegnamento efficace e l’insegnante efficace. Nell’indagine sono stati adottati dei test e dei protocolli di osservazione in classe, che hanno fondato una valutazione degli insegnanti attendibile e validata, in grado di identificare e premiare gli insegnanti migliori. In Italia il discorso è troppo avveniristico: perciò, in questo articolo cercherò di offrirvi un esempio operativo di efficacia, estensibile a tutte le discipline, definendo l’educazione fisica efficace e l’insegnante efficace. E’ per me un momento particolare, perché dopo una lunga esperienza da insegnante efficace, condotta nella scuola dell’infanzia e nella primaria, nei superiori (tutti gli ordini) fino all’università, vengo nominato dirigente ispettore tecnico, e vorrei che quanti più colleghi raccogliessero il mio testimone.

 

Cosa si intende per “educazione fisica efficace”?

L’educazione fisica efficace è quella che persegue obiettivi determinati e li raggiunge, in due prospettive fondamentali: un atteggiamento positivo verso il movimento e l’apprendimento motorio. Esse, con buona approssimazione, possono corrispondere alla 1) consapevolezza dell’importanza dell’attività fisica e sportiva per il benessere individuale e sociale e alla 2) competenza nel saper esercitare detta attività, di cui fanno cenno i documenti ministeriali.

Fate in modo che gli alunni ricordino con piacere le lezioni svolte: saranno più motivati a trovare nella loro vita occasione per l’attività fisica e sportiva.

L’efficacia dell’insegnamento si riflette sull’autoefficacia percepita dall’alunno.

Gli alunni, che raggiungono il successo, sono quelli che si applicano di più, pur avendone meno bisogno, mentre, al contrario, quelli che devono recuperare si applicano poco. L’insegnamento efficace diventa, così, un fattore di equità sociale.

Mosston ne “L’insegnamento dei giochi sportivi” conduce un’analisi degli stili di insegnamento, che è utile soprattutto per la definizione di alcuni metodi, quelli della pratica e dell’inclusione, che favoriscono a livello scolastico la partecipazione di tutti gli alunni.

 

 

Cosa si può intendere per “insegnante efficace”?

L’insegnante efficace si caratterizza per la padronanza di alcuni ferri del mestiere:

1)    Entusiasmo: espresso nel comportamento verbale e non verbale del docente, che propone e sostiene situazioni accattivanti. L’insegnante sorprende, positivamente, l’alunno con le sue proposte. L’insegnante, inoltre, si aggiorna per soddisfare l’interesse per il suo lavoro.

2)    Chiarezza: presentazione chiara, adattata al livello cognitivo degli alunni, per costruire in tutti l’immagine ottico-verbale del compito. L’alunno è guidato nell’apprendimento motorio da uno schema motorio, che l’insegnante aiuta a precisare. Inoltre, l’insegnante dà chiare istruzioni agli alunni su come portare a termine le consegne, gli incarichi, gli esercizi etc in maniera professionale.

3)    Commenti stimolanti: assistere l’alunno indirettamente e direttamente, rinnovando il suo impegno. Attenzione che una critica molto negativa ha un effetto altrettanto molto negativo sui risultati dell’alunno. E’ molto più costruttivo indirizzare il pensiero degli alunni ad un elemento preciso e circostanziato: indicare l’inizio e la fine di una attività, riassumere il senso di un esercizio o di un’esperienza, porre domande, ecc.

4)    Partecipazione al compito: aumentare il tempo di applicazione degli alunni al compito motorio, riducendo le forme di dispersione e richiedendo nuove esecuzioni.

5)    Attività indiretta da parte del docente: raccogliere idee, accettare i sentimenti degli alunni e stimolare l’auto-attività. Vanno garantiti a tutti gli alunni spazi di scelta e di valutazione autonomi.

6)    Flessibilità: variare il comportamento d’aiuto del docente, organizzare attività diverse etc. Variare il livello sia delle richieste che dell’interazione.

7)    Feedback specifico positivo: operare feedback, ovvero risposte di ritorno all’allievo sulla sua prestazione, non generiche e dal tono affettivamente non negativo, anche nel proporre una critica.

8)    Corrispondenza tra ciò che si insegna e ciò che viene chiesto nelle verifiche: Fornire agli alunni l’occasione di imparare la sostanza dei criteri di valutazione ovvero una chiara valutazione quotidiana. L’alunno va valutato ogni giorno di lezione, perché la valutazione deve diventare fonte di gratificazione per l’alunno.

 

La certificazione caratterizza i moderni orientamenti didattici. Quale relazione con la valutazione?

In quel cammino di vita, che è la relazione pedagogica, per comprendere se l’allievo e l’insegnante hanno migliorato il livello delle competenze nell’esercizio motorio, bisogna apprezzare la loro acquisizione, in quattro fasi: in partenza, durante il corso delle lezioni e alla fine, certificando alla conclusione di ogni anno scolastico. Si tratta, dunque, di operare una valutazione d’ingresso, una valutazione in itinere, una valutazione finale e la certificazione delle competenze (valutazione certificativa). Attenzione, che la valutazione si fonda su una scala grafica di valutazione decimale, mentre la certificazione su una scala di valutazione basata su standard di competenza: sono due sistemi completamente diversi.

Sicuramente si tratta di adottare anche dei test, che siano in grado di oggettivizzare il processo di apprendimento (misurazione). Ma la realtà di ogni alunno va colta nella sua pienezza, quindi osservandolo da più prospettive e con differenti prove (triangolazione).

I test di rendimento vanno accompagnati da prove in grado di sondare l’impegno profuso e la partecipazione ai processi educativi: questionari, osservazioni partecipate, analisi di documenti, griglie di analisi, ecc. L’orizzonte di riferimento diventa una valutazione autentica, che utilizza compiti di realtà.

E’ un discorso che parte da lontano. Pensate che l’art 79 del R.D. 4 maggio 1925, n. 625 recita: “I voti si assegnano, su proposta dei singoli professori, in base ad un giudizio brevemente motivato desunto da un congruo numero di interrogazioni e di esercizi scritti, grafici o pratici fatti in casa o a scuola, corretti e classificati durante il trimestre o durante l’ultimo periodo delle lezioni.”
Il paradigma del miglioramento da misurazione diventa triangolazione, verso una valutazione autentica.

 

Come si può realizzare “una pedagogia del successo e dell’entusiasmo”?

Vanno certamente introdotti e generalizzati alcuni strumenti didattici obliqui: accanto ai test sui risultati di apprendimento standardizzati, lavoro in piccoli gruppi, brevi unità di studio separate, l’assistenza diretta e indiretta, programmi speciali per i superdotati e per gli alunni con disabilità motorie, ecc.

Durante la presentazione, gli insegnanti dovrebbero usare tecniche che mantengano gli studenti attenti e coinvolti. Bisogna adattare l’insegnamento ad ogni alunno, offrendo libertà di espressione alle esigenze personali di ciascuno, e nel contempo seguire attentamente l’evolversi della didattica: libertà a tutti di contribuire, ma non lassismo.

I docenti dovrebbero selezionare compiti basati non solo sulla pertinenza con gli obiettivi della lezione e dell’unità didattica, ma in base all’appropriatezza del lavoro di ciascun alunno.

Quando assegnano i compiti, gli insegnanti dovrebbero stabilire gli standard di successo e comunicare agli studenti che ci si aspetta che tutti li portino a termine.

Gli insegnanti dovrebbero monitorare regolarmente il coinvolgimento dello studente nell’apprendimento, non solo per valutare, ma anche per verificare gli apprendimenti. Gli studenti dovrebbero essere resi consapevoli della completezza e della qualità del loro lavoro. Valutando a turno gli alunni, l’insegnante dovrebbe assicurare che tutti abbiano imparato ragionevolmente bene ciò che ci si aspettava che essi imparassero, prima di permettere loro di lavorare da soli. I docenti dovrebbero usare le informazioni che hanno ottenuto dal lavoro dei loro studenti non solo per valutarli, ma anche per fornire loro l’insegnamento addizionale indirizzato alla correzione degli errori e alla comprensione di cose che non hanno acquisito. Durante il lavoro (individuale, per coppie, in piccoli gruppi o per squadre), l’insegnante dovrebbe circolare tra gli studenti e monitorarne il lavoro. L’insegnante dovrebbe rinforzare l’atteggiamento degli studenti a fare attenzione e ad applicare lo sforzo necessario per apprendere e migliorarsi.

 

Il migliore sistema per convincere gli alunni, nativi digitali di una generazione sedentaria, a correre per fare riscaldamento resta comunque mettersi a correre davanti agli alunni stessi, per offrire con il proprio comportamento un esempio diretto.

La condizione dell’infanzia nel mondo in numeri

UNICEF lancia nuovo rapporto “La condizione dell’infanzia nel mondo in numeri:

ogni bambino conta

 

Nel mondo sono 2,2 miliardi i bambini e gli adolescenti: contarli li rende visibili

 

30 gennaio 2014 – “Ogni bambino conta”: è quanto sottolinea l’UNICEF, che oggi presenta il suo nuovo rapporto La condizione dell’infanzia nel mondo in numeri: Ogni bambino conta. “Nel mondo sono 2,2 miliardi i bambini e gli adolescenti, che rappresentano il 31% della popolazione mondiale; contarli li rende visibili, e identificarli permette di rispondere alle loro necessità e promuovere i loro diritti attraverso maggiori impegni e innovazioni”, ha dichiarato il Presidente dell’UNICEF Italia Giacomo Guerrera.

Il rapporto più importante dell’UNICEF rileva che:

–        circa 90 milioni di bambini sarebbero morti prima dei 5 anni se il tasso di mortalità infantile fosse rimasto ai livelli del 1990. In gran parte, questo risultato dipende dai progressi nel campo delle vaccinazioni, della salute, dell’accesso all’acqua e ai servizi igienico sanitari.

–        Dal 1990 il miglioramento della nutrizione ha ridotto del 37% il ritardo della crescita (malnutrizione cronica).

–        L’iscrizione alla scuola primaria è aumentata anche nei paesi meno sviluppati. Nel 1990 solo il 53% dei bambini in questi paesi era ammesso a scuola; dal 2011 il tasso ha raggiunto l’81%.

 

Le statistiche del rapporto mostrano le gravi violazioni sui diritti dei bambini:

–        Nel 2012, 6,6 milioni di bambini sotto i 5 anni – 18.000 ogni giorno – sono morti per cause prevenibili.

–        Il 15% dei bambini lavoratori svolge un lavoro che viola il diritto alla protezione da sfruttamento economico, all’istruzione e al gioco.

–        L’11% delle giovani donne si è sposato prima di aver compiuto 15 anni, correndo seri rischi per la salute, l’istruzione e la protezione.

 

I dati rilevano anche divari e ineguaglianze, mostrando come i traguardi dello sviluppo non siano distribuiti uniformemente:

–        i bambini più poveri del mondo hanno tre probabilità in meno di quelli più ricchi di essere assistiti da un operatore qualificato alla nascita.

–        In Niger, il 39% delle famiglie rurali ha accesso all’acqua potabile rispetto al 100% delle famiglie urbane.

–        In Ciad, per ogni 100 ragazzi che frequentano la scuola secondaria, le ragazze sono 44 – sono così escluse dall’istruzione e dalla protezione e servizi che potrebbero ricevere a scuola.

“I dati hanno un’importanza cruciale perché rendono possibile le azioni necessarie per salvare e migliorare la vita di milioni di bambini, soprattutto quelli più poveri” ha dichiarato Tessa Wardlaw, Responsabile UNICEF della Sezione Dati e Analisi. “Possono essere fatti ulteriori progressi solo se sapremo quali sono i bambini più trascurati, in quali aree i bambini e le bambine non frequentano la scuola, dove dilagano le malattie o dove mancano strutture igienico-sanitarie di base”.

Da quando, nel 1989, è stata firmata la Convezione sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza e in prossimità della scadenza degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio nel 2015, sono stati realizzati importanti progressi, ma i dati rilevano anche le mancanze e le diseguaglianze, mostrando come i traguardi dello sviluppo non siano distribuiti omogeneamente.

Inoltre, le innovazioni nella raccolta dati, nell’analisi e nella diffusione rendono possibile disaggregare i dati in base ad alcuni indicatori, come: posizione geografica, benessere, sesso, etnia e disabilità, per includere nelle statistiche anche i bambini che sono stati esclusi o trascurati.

Il rapporto richiede maggiori investimenti nelle innovazioni , in modo da correggere gli errori dell’esclusione.

“Per superare le esclusioni si comincia utilizzando dati inclusivi. Per migliorare l’acquisizione, la disponibilità e l’affidabilità dei dati sulle deprivazioni che i bambini e le loro famiglie devono affrontare, gli strumenti di raccolta e analisi devono essere costantemente migliorati  – e ne vengono sviluppati di nuovi. Ciò richiederà investimenti e impegni, sottolinea il rapporto.

Molte delle informazioni che abbiamo sulla situazione dei bambini sono il risultato di indagini realizzate a domicilio, in particolare le Indagini Campione a Indicatori Multiple (MICS). Definite e supportate dall’UNICEF, le MICS sono condotte dalle autorità statistiche nazionali e raccolgono dati disaggregati su una gamma di argomenti che riguardano la sopravvivenza dei bambini, lo sviluppo, i diritti e i comportamenti. A oggi, le indagini MICS sono state condotte in più di 100 paesi. Le ultime indagini sono state realizzate attraverso interviste che sono state completate in più di 650.000 famiglie di 50 paesi.

“Sono passati trent’anni da quando con La condizione dell’infanzia nel mondo l’UNICEF ha iniziato a pubblicare statistiche a livello globale e nazionale, per fotografare la condizione dei bambini nel mondo” – ha ricordato il Presidente dell’UNICEF Italia Giacomo Guerrera – “Con il lancio di un’edizione del rapporto dedicata ai dati, l’UNICEF invita i decision-makers e l’opinione pubblica generale a guardare e utilizzare queste statistiche (www.data.unicef.org) per realizzare un cambiamento positivo per i bambini. Da soli, i dati non possono cambiare il mondo. Ma rendono possibile il cambiamento, identificando i bisogni, sostenendo i diritti e misurando i progressi.

Con questo Rapporto diamo anche il via al 25° anniversario della Convezione sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza, che celebreremo il prossimo 20 novembre”.

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UNICEF, rapporto La condizione dell’infanzia nel mondo in numeri:

“Ogni bambino conta – Mostrare le disparità, promuovere i diritti dei bambini”-

 

SCHEDA DATI

 

SALUTE

  • Nel 2012, 6,6 milioni di bambini sotto i 5 anni – 18.000 ogni giorno – sono morti per cause prevenibili. La maggior parte di questi bambini viveva in città o paesi in cui, a causa della povertà o della posizione geografica, non esistono servizi.
  • Circa 90 milioni di bambini sarebbero morti prima dei 5 anni se il tasso di mortalità infantile fosse rimasto ai livelli del 1990. In gran parte, questo risultava dipende dai progressi  nel campo delle vaccinazioni, della salute, dell’accesso all’acqua e ai servizi igienico sanitari.
  • I bambini più poveri del mondo hanno tre probabilità in meno di quelli più ricchi di essere assistiti da un operatore qualificato alla nascita.
  • L’insufficiente assistenza durante la gravidanza e durante il parto è una delle cause maggiormente responsabili delle circa 300.000 morti materne annuali e di circa 3 milioni di bambini morti durante il primo mese di vita.
  • Dal 1990 il miglioramento della nutrizione ha ridotto del 37% il ritardo della crescita (malnutrizione cronica).
  • Polmonite e diarrea sono le principali malattie killer dei bambini. Si stima che dei 6,6 milioni di morti infantili sotto i 5 anni, il 17% siano dovute a polmonite e il 9% alla diarrea.
  • Sono più di 1.400 i bambini che muoiono ogni giorno, in media, a causa di malattie diarroiche dovute a ad acqua contaminata, mancanza di servizi igienico sanitari e scarsa igiene personale.
  • Dal 1990, oltre 2,1 miliardi di persone hanno accesso ad acqua potabile sicura in tutto il mondo, questo progresso non è avvenuto per molte persone che vivono in aree rurali. Queste rappresentano meno della metà della popolazione mondiale ma sono l’83% di quelli ancora privi di risorse idriche per l’acqua potabile.
  • Sebbene la diarrea possa essere curata efficacemente e senza grandi costi con sali per la reidratazione orale, i bambini delle famiglie più ricche che si ammalano di diarrea hanno 4 probabilità in più di ricevere cure rispetto ai bambini più poveri.
  • Dal 1990 circa 1,9 miliardi di persone hanno avuto accesso a servizi igienico sanitari migliorati.
  • Ogni anno con i vaccini di routine si salvano dai 2 ai 3 milioni di bambini. Nel 2011, circa l’83% di tutti i bambini è stato vaccinato contro malattie immunoprevenibili.
  • Il numero di bambini sotto i 5 anni morti a causa del morbillo è diminuito da 482.000 nel 2000 a 86.000 nel 2012, grazie a una grandissima copertura vaccinale che ha aumentato il numero di bambini vaccinati dal 16% nel 1980 all’84% nel 2012.
  • I giovani tra i 15 e i 24 anni rappresentano circa il 39% dei nuovi adulti con infezione da HIV. I giovani hanno il diritto di conoscere come proteggersi.

 

PROTEZIONE

  • Nel mondo 230 milioni di bambini sotto i cinque anni – 1 su 3 – non sono mai stati registrati anagraficamente. Ufficialmente, sono bambini che non esistono.
  • A livello globale nel 2012, solo circa il 60% di tutti i neonati è stato registrato alla nascita. Il tasso varia significativamente a seconda della regione, con livelli più bassi in Asia meridionale e in Africa subsahariana
  • Il 15% dei bambini lavoratori svolge un lavoro che viola il diritto alla protezione da sfruttamento economico, all’istruzione e al gioco.
  • L’11% delle giovani donne si è sposato prima di aver compiuto 15 anni, correndo seri rischi per la salute, l’istruzione e la protezione.

 

ISTRUZIONE

  • Nonostante decadi di impegno, circa 57 milioni di bambini in età di scuola primaria non la frequenta.
  • A livello mondiale, solo il 64% dei maschi e il 61% delle femmine in età da scuola secondaria sono iscritti; mentre rispettivamente il 36% e 30%, nei paesi meno sviluppati.
  • Molte più ragazze oggi frequentano la scuola, ma nel 2011 ancora circa 31 milioni di bambine in età scolare risultavano analfabete.
  • L’iscrizione alla scuola primaria è aumentata anche nei paesi meno sviluppati. Nel 1990 solo il 53% dei bambini in questi paesi era ammesso a scuola; dal 2011 il tasso ha raggiunto l’81%.

 

Qualche esempio:

  • Nella Repubblica Democratica del Congo, le indagini campione a indicatori multipli dell’UNICEF (MICS) 2010 hanno rilevato che solo il 28% delle nascite era stato registrato. I piani di azione elaborati e realizzati con il coinvolgimento della comunità hanno portato ad un aumento della registrazione anagrafica: in un distretto, è passata dal 6% nel giugno 2012 al 41% nel dicembre 2012. Le donne in gravidanza hanno inoltre beneficiato nel 58% dei casi di almeno quattro visite prenatali rispetto al 16% dei sei mesi precedenti.
  • In Serbia, i dati delle MICS4 hanno mostrato un lento aumento delle iscrizioni in età prescolare, ma hanno rivelato lacune all’interno del paese. Altre domande aggiunte al questionario MICS hanno contribuito a determinare le ragioni specifiche per cui i bambini non frequentano la scuola materna, permettendo all’UNICEF di aumentare la consapevolezza dei genitori sull’importanza di stimoli nella prima infanzia e per sostenere una gamma più diversificata di opzioni nell’istruzione prescolare.
  • In Niger il 39% delle famiglie rurali ha accesso all’acqua potabile rispetto al 100% delle famiglie urbane.
  • Il 4% dei tanzaniani più poveri sono registrati alla nascita, rispetto al 56% dei più ricchi.
  • In Ciad, per ogni 100 ragazzi che frequentano la scuola secondaria, le ragazze sono 44.
  • In Burkina Faso, il 76% delle ragazze e delle donne tra i 15 e i 49 anni hanno subito mutilazioni genitali, ma solo il 9% è a favore della pratica.

 

MORTALITÀ SOTTO I 5 ANNI

I 10 paesi con i più alti tassi di mortalità sotto i 5 anni (su mille mati vivi), 2012

 

Sierra Leone                        182

Angola                                     164

Ciad                                          150

Somalia                                                   147

Rep. Dem. Congo             146

Rep. Centrafricana         129

Guinea Bissau                   129

Mali                                          128

Nigeria                                                     124

Niger                                        114

 

L’Italia ha un tasso di mortalità sotto i 5 anni (su mille nati vivi) di 4, e si posiziona al 174° posto, con altri 14 paesi del mondo industrializzato.

 

 

Seminario internazionale “ACCHIAPPANUVOLE. Studenti e scuole nell’era digitale”

Seminario internazionale “ACCHIAPPANUVOLE. Studenti e scuole nell’era digitale”

L’ADI, in collaborazione con l’INDIRE, ha organizzato il seminario internazionale “ACCHIAPPANUVOLE. Studenti e scuole nell’era digitale”, un evento unico, con la partecipazione di relatori da tutto il mondo.
Il seminario si svolgerà in tre sessioni, venerdì 28 febbraio e sabato 1 marzo 2014, a Bologna.
La 1^ sessione, Modelli di scuole del 21° secolo,offrirà  una  carrellata dei modelli scolastici più innovativi a cominciare da Singapore, a cui seguirà l’esperienza delle nuovissime Studio schools inglesi, e si concluderà con un balzo in Germania.
La 2^ sessione,  L’impatto della nuvola su spazi e modi di apprendere,  affronterà due temi: 1)  l’architettura scolastica in era digitale , con un viaggio virtuale tra le più affascinanti scuole del mondo, 2) le trasformazioni indotte a livello mondiale dalla tecnologia digitale sull’insegnamento/apprendimento.
La 3^ sessione, Le caratteristiche dei Sistemi scolastici più efficaci, analizzerà le leve del miglioramento utilizzate dai Paesi che hanno raggiunto i migliori risultati. Si concluderà con la proposta dell’ADI di Istituti a Statuto Speciale, per il rilancio dell’istruzione professionale e il varo dell’istruzione superiore quadriennale.
Programma, abstract delle relazioni, notizie sui relatori e modalità di iscrizione sul sito ADI www.adiscuola.it

4.447 assunzioni per il sostegno

4.447 assunzioni per il sostegno

Incontro ministero-sindacati

Questo piano di assunzioni è previsto dal decreto “l’istruzione riparte” e ha decorrenza da settembre 2013

 

Il giorno 30 gennaio 2014 si è svolto un incontro tra il Miur e le organizzazioni sindacali sulle immissioni in ruolo dei docenti di sostegno, in applicazione della Legge 128/13. Per la Uil scuola ha partecipato Pasquale Proietti.
Il Miur ha comunicato che è in via di emanazione un DM con il quale viene ripartito il contingente di 4.447 unità di personale docente su posti di sostegno.
Le nomine avranno decorrenza giuridica a partire dall’anno scolastico 2013/14.
La ripartizione dei posti tra le diverse province viene effettuata in modo proporzionale sulla base dell’organico di diritto già esistente.

Personale inidoneo
Il Miur ha comunicato che, ad oggi, per completare il quadro relativo al personale inidoneo mancano all’appello ancora i dati disaggregati di tre regioni (Lazio, Lombardia e Friuli), quindi il dato complessivo è ancora parziale.
Sono state acquisite al sistema complessivamente 3.292 domande, 981 docenti hanno chiesto di essere sottoposti a nuova visita collegiale, 128 hanno chiesto il passaggio nel profilo di Assistente amministrativo, 6 nel profilo di Assistente tecnico e 1.500 hanno optato per la mobilità intercompartimentale.
Il dato, seppur parziale, è sufficientemente indicativo e a breve dovremmo avere il dato completo.
Ultimata questa procedura si darà seguito alle nomine in ruolo del personale Ata, sui posti accantonati, disponibili, con decorrenza giuridica settembre 2013.

Docenti classi di concorso C/999 e C/555
Il Miur ha comunicato ai sindacati che è in via di emanazione una nota indirizzata ai Direttori degli USR con la quale, in applicazione dell’art. 15 della Legge 128/13, si danno disposizioni per avviare tutte le procedure finalizzate all’immissione nei ruoli del personale docente e I.T.P. del personale titolare delle classi di concorso C/999 e C/555, sulla base dell’abilitazione o del titolo di studio posseduto.
La decorrenza giuridica partirà dall’anno scolastico in corso, il raggiungimento della sede di titolarità decorrerà dal 1° settembre dell’anno scolastico 2014/15, attraverso le procedure della mobilità territoriale.

Carrozza, l’educazione digitale come attività trasversale

da La Stampa

Carrozza, l’educazione digitale come attività trasversale

Per il ministro non servono nuove discipline, la tecnologia è un mezzo di cui  tutte le materie devono avvalersi
roma

Sul tema dell’educazione digitale, il ministro dell’Istruzione, Maria Chiara Carrozza, non è favorevole all’introduzione di ore specifiche dedicate alla materia, ma «ad attività trasversali. Ci sono molti progetti ma non si tratta di una disciplina vera e propria» ha sostenuto a margine del convegno “Educare alla rete”, organizzato dal Garante per la protezione dei dati personali, in occasione della Giornata europea della protezione dei dati personali e in corso a Roma.

Dunque, ha ribadito il ministro, «no all’introduzione di nuove discipline. La tecnologia digitale è un mezzo e tutte le materie devono avvalersene, come fu per il libro stampato sul quale si baso’ il sistema scolastico dell’Ottocento».

Intervenendo al convegno, Carrozza ha proseguito sottolineando come quello dell’educazione digitale sia un tema che non riguarda solo gli studenti ma tutti i cittadini e, per questo, si può considerare un ampliamento dell’educazione civica”.

Un aspetto molto importante di questo fenomeno, ha sottolineato il ministro, è quello della «preparazione a un’etica dell’utilizzo della tecnologia digitale, sia come utenti che come fornitori dei servizi».

Ma la rivoluzione digitale non può dirsi completa se anche lo Stato, la pubblica amministrazione non la accolgono e non si adeguano alle nuove tecnologie, modificando il sistema e formando coloro che opereranno all’interno delle istituzioni e delle amministrazioni pubbliche.

Decreto legge sugli scatti: iniziato l’iter parlamentare

da Tecnica della Scuola

Decreto legge sugli scatti: iniziato l’iter parlamentare
di R.P.
Il provvedimento è stato presentato in Commissione Cultura del Senato da Francesca Puglisi (PD) che ha ricordato che – a suo tempo – la stessa Commissione si era espressa nettamente contro lo schema del decreto 122 dal quale ha avuto origine tutta la questione.
E’ iniziato nel pomeriggio del 29 gennaio, presso la Commissione Cultura del Senato, l’esame del decreto in materia di “automatismi stipendiali del personale della scuola” che entro il prossimo 24 marzo dovrà essere convertito in legge. Il provvedimento è stato presentato dalla senatrice Francesca Puglisi del PD che, in questa  prima fase, si è limitata a indicarne le finalità e l’impianto complessivo. Nulla di nuovo, quindi, è stato aggiunto rispetto a quanto già noto anche se può essere interessare rilevare che Puglisi ha chiarito che il provvedimento “ha l’intento di far chiarezza e rimediare ad un errore burocratico generato dal modo contraddittorio con cui si è normato negli anni, vessando il personale scolastico”. La senatrice del PD ha tracciato un sintetico quadro normativo della situazione, a partire dall’articolo 9, comma 1, del decreto-legge n. 78 del 2010 che aveva disposto il blocco degli automatismi stipendiali per gli anni 2011, 2012 e 2013 per tutto il personale dipendente delle pubbliche amministrazioni, fino al DPR 122 del 4 settembre 2013. Tale decreto, peraltro approvato dal Governo senza alcuna difficoltà e senza nessuna presa di distanza da parte dei Ministri del PD,  “ha rappresentato – dice Puglisi – la vera causa della incresciosa vicenda relativa agli scatti della scuola”. “Infatti – ha aggiunto la relatrice –  mentre per tutto il personale dipendente delle pubbliche amministrazioni, il decreto n. 122  ha prorogato il blocco per un anno (2014) ancora da iniziare, per il personale della scuola il blocco ha avuto invece un effetto retroattivo, dal momento che riguardava l’anno 2013, non solo già iniziato ma addirittura quasi concluso, nel corso del quale il personale della scuola aveva percepito gli scatti del tutto legittimamente e in assoluta buona fede”. Puglisi ha anche ricordato che sullo schema del decreto 122 la Commissione Cultura del Senato aveva espresso osservazioni contrarie inviate alla Commissione Affari Costituzionali che era competente nel merito. In effetti il 29 maggio scorso la Commissione Cultura del Senato aveva espresso un parere nettamente negativo sul provvedimento osservando che “il blocco della contrattazione, per quanto riguarda nello specifico gli insegnanti, risulta particolarmente lesivo, in quanto i docenti non hanno alcuna carriera professionale, ma solo questi scatti che dal 2010 non vengono più corrisposti loro per far quadrare i conti pubblici”. L’esame del decreto proseguirà nei prossimi giorni anche nelle Commissioni Affari Costituzionali e Bilancio. E’ probabile che il Senato avrà bisogno di lavorare almeno fino alla metà di febbraio.  Ma i tempi potrebbero anche allungarsi se le forze politiche dovessero decidere di adottare qualche significativa modifica.

Piano trasparenza: tutto rinviato al 31 agosto

da Tecnica della Scuola

Piano trasparenza: tutto rinviato al 31 agosto
di R.P.
Le scuole avrebbero dovuto adottarlo entro il 31 gennaio. In zona Cesarini il Ministero ha concesso una proroga di 7 mesi.  Per il Piano anticorruzione, invece, nessun obbligo dovrebbe gravare sulle scuole.
Sulla questione del Piano Trasparenza e del Piano Anticorruzione c’è finalmente qualche schiarita. Dalla riunione svoltasi nella mattinata del 29 gennaio presso il Ministero, presenti le organizzazioni sindacali dell’area V, sono arrivati segnali di distensione. Innanzitutto la scadenza fissata dal Piano Trasparenza è stata spostata al 31 agosto: le scuole avranno quindi tempo fino a quella data per provvedere agli adempimenti previsti dalla norma (creazione di una apposita sezione nel sito WEB istituzionale con la pubblicazione di una quantità non indifferente di dati e materiali). I funzionari del Miur hanno chiarito che l’ANAC (Autorità nazionale per l’anti-corruzione) non considera derogabile il contenuto letterale delle disposizioni di cui al d.lgs. 33/2013 e ritiene che ogni scuola dovrebbe provvedere alla relativa redazione e approvazione, con conseguente attribuzione della funzione di Responsabile per la Trasparenza al dirigente scolastico. Il Ministero, stando a quanto reso noto dall’ANP, si è impegnato anche ad elaborare e a diffondere un modello per facilitare la redazione del Piano da parte delle istituzioni scolastiche. Per quanto concerne il Piano anticorruzione è stata accolta la tesi che l’ANP sostiene da tempo: le scuole non hanno alcun obbligo, mentre l’incarico di responsabile del Piano deve intendersi assunto dal dirigente dell’Ambito territoriale.

Carrozza twitta anticipazioni sugli esami di stato

da Tecnica della Scuola

Carrozza twitta anticipazioni sugli esami di stato
di P.A.
A pochi giorni dalla pubblicazione delle materie oggetto degli esami di stato, la ministra su twitter dà delle anticipazioni. Ma sono tali?
Skuola.net anticipa le anticipazioni della ministra Carrozza che, twittando con gli studenti, in sofferenza per l’incognita e l’incognito, attendono qualche responso. E la ministra si è fatta viva col twitt, battendo qualche cinguettio: a brevissimo usciranno le materie della seconda prova insieme alla composizione delle commissioni e, quindi, le materie dei commissari esterni. Ma state calmi, ha sussurrato Carrozza, tutto andrà bene. E poi avrebbe pure aggiunto, rivolta a chi le chiedeva di non puntare troppo sulla letteratura contemporanea nella scelta delle tracce: il segreto per essere promossi sarà leggere molto. E alla richiesta di un altro studente per sapere la data dell’uscita delle materie, la ministra ha cinguettato: a breve usciranno le materie e gli studenti potranno stare tranquilli perché andrà tutto bene anche per quest’anno. Per il sito degli studenti, il riferimento alla lettura: “servirà leggere”, può significare due cose: leggere i giornali ed essere sempre informati sull’attualità, o leggere libri e saggi, recenti o meno. In ogni caso, bisognerà guardare con occhio critico la società, la storia e la letteratura dell’ultimo secolo. Che è come dire: tutto e nulla, anche perché la lettura non è per compartimenti stagni e il novecento, posto che sia il novecento, fa riferimento al secolo prima, mentre annuncia il nuovo millennio. Vedremo!

Carrozza: l’educazione digitale? Un tema trasversale, non una nuova materia

da Tecnica della Scuola

Carrozza: l’educazione digitale? Un tema trasversale, non una nuova materia
di A.G.
Inserire una disciplina, ha detto il Ministro, costerebbe milioni di euro. Piuttosto la scuola deve aggiornarsi e cambiare il modo in cui il sapere si trasmette. Ad iniziare dal mutare l’allestimento delle aule, non più predisposte solo per la didattica frontale. Anche il suo predecessore Profumo aveva annunciato questa intenzione…
Il potenziamento delle infrastrutture digitali delle scuole italiane fa parte delle priorità contenute nell’atto di indirizzo ministeriale del 2014, ma questo non significa che il Miur intenda proporre l’educazione digitale come nuova materia scolastica. A dirlo è stato il ministro dell’Istruzione, Maria Chiara Carrozza, intervenendo il 29 gennaio al convegno ‘Educare alla rete. L’alfabeto della nuova cittadinanza nella società digitale’, organizzato dal Garante per la Protezione dei Dati Personali, in occasione della Giornata europea 2014: secondo il responsabile del Miur non bisogna aprire “ad una nuova materia sull’agenda digitale”, ma piuttosto una rivoluzione che riguardi e aggiorni tutta la scuola.
“L’educazione digitale – sostiene il Ministro – è un tema trasversale che va affrontato a livello nazionale, sia per chi utilizza servizi tramite la rete, sia per chi li sviluppa”. Inserire una nuova materia, spiega, “costa qualche milione di euro”. Piuttosto la scuola deve aggiornarsi, “deve cambiare la sua struttura seguendo il nuovo modo in cui il sapere si trasmette. Probabilmente – prosegue – nella scuola 2.0 dovrà cambiare anche l’allestimento delle aule, non più con una didattica frontale”. Un concetto, quest’ultimo, già affrontato nel corso della gestione ministeriale precedente, affidata all’ex ministro Profumo.  Ma poi mai portati avanti sul piano pratico, principalmente per i grandi investimenti finanziari di cui avrebbero bisogno.
Gli insegnanti, inoltre, “devono sapere che parte del proprio tempo è andare sull’educazione digitale, non come elemento aggiuntivo ma come parte della propria professionalità”. Diverso potrebbe essere, per l’educazione etica al digitale, che secondo il ministro può riguardare “un’estensione dell’educazione civica, perché gli strumenti dell’accesso alla rete sono tali, così evoluti e pervasivi, che richiedono anche una formazione etica, non solo tecnica”.
Secondo Carrozza, quindi, è “la pubblica amministrazione nel suo complesso che deve cambiare la sua struttura, altrimenti si rimarrà attaccati a schemi settecenteschi, perdendo occasioni per essere competitivi. L’agenda digitale non deve essere vissuta come un’attività a a parte. Questo Paese ha bisogno di giuristi dell’innovazione, perché, se non si parte dal profondo, la partita è persa in partenza”.

Miur condannato: non provvedeva al sostegno per tutte le ore settimanali

da Tecnica della Scuola

Miur condannato: non provvedeva al sostegno per tutte le ore settimanali
di P.A.
Con sentenza del 23 gennaio 2014, il Tar della Sicilia ha accolto il ricorso presentato contro il provvedimento che assegnava ad un alunno disabile di Monreale un insegnante di sostegno per un numero di ore settimanali inferiore rispetto a quello necessario secondo quanto previsto dalla documentazione medica e dal PEI
Lo riporta “filodirettomonreale.it”. Il ragazzo, sulla base della certificazione medica, aveva bisogno di un insegnante di sostegno nel rapporto 1/1, mentre, per 22 ore settimanali, riceveva l’ausilio dell’insegnante di sostegno per sole 11 ore. Il TAR ha riconosciuto alla parte ricorrente anche il diritto di un risarcimento pari a € 1000,00 per ogni mese di mancata ottemperanza alla sentenza, con decorrenza dalla notifica del ricorso e sino all’effettiva assegnazione dell’insegnante nel rapporto 1/1. Nessuna responsabilità è stata attribuita alla scuola, solamente al Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca è stata imputata la responsabilità generale delle scelte gestionali poi effettuate dalle articolazioni periferiche dell’Amministrazione.