Scuola, 60mila iscritti on Line il primo giorno

Scuola, 60mila iscritti on line il primo giorno. Scongiurato il rischio blackout

Timori iniziali dopo il caos dello scorso anno. Qualche lentezza ma alla fine il complesso delle domande avviate sono 80mila e 400mila le famiglie registrate

di SALVO INTRAVAIA

da La Repubblica
03 febbraio 2014

Quasi 60mila iscrizioni completate e oltre 400mila famiglie registrate. La prima giornata di iscrizioni online viene archiviata con una certa paura da parte dei tecnici del ministero dell’Istruzione ma soltanto con qualche difficoltà. La debacle dell’anno scorso, in cui per intere ore il sistema è risultato inaccessibile a causa del numero enorme di accessi, sembra ormai un ricordo. Anche oggi, a tratti l’accesso al sito-iscrizioni del Ministero è risultato difficoltoso, ma nella maggior parte dei casi bastava tentare una seconda volta per ottenere l’ok all’iscrizione online. E i numeri snocciolati da viale Trastevere in serata ne rappresentano una sostanziale conferma. 

Le iscrizioni completate alle ore 17,45 di oggi ammontavano a 59.737. Ma le domande inserite e non ancora completate sono oltre 80mila. Le famiglie che dallo scorso 27 gennaio risutano registrate  –  primo passo per l’iscrizione in prima elementare, prima media e al primo anno delle scuole superiori  –  sono invece 428.608 e coloro che l’hanno confermata sono più di 407mila. Numeri che sembrano incoraggianti. “Mediamente alto  –  dicono con un certo orgoglio dal ministero  –  il livello di soddisfazione degli utenti che hanno completato la procedura: per il 52 per cento il funzionamento del servizio di iscrizione on line è molto efficiente”.

Per “il 54 per cento  –  continuano  –  la procedura è molto semplice e per il 69 per cento, in termini di risparmio di tempo, l’iscrizione on line è molto vantaggiosa”. Ancora una volta, sono le regioni settentrionali a segnare il maggior numero di iscrizioni già inoltrate: 5.559 in Veneto, 14.564 in Lombardia e 4.897 in Piemonte. Anche nel Lazio, con 6.809 iscrizioni completate, il ritmo è buono. Arrancano invece le maggiori regioni meridionali: 4.030 iscrizioni in Sicilia e appena 3.956 in Campania.

Formati digitali per la Scuola 3.0

 

ATTI DEL CONVEGNO

SCUOLA DIGITALE:
AMBIENTI E STRUMENTI PER LA DIDATTICA – VERSO EUROPA 2020

31 gennaio 2014 ore 9.30 – 18.00
Media Conference Room
Polo Professionale “Luigi Scarambone”
Via Dalmazio Birago, 89 Lecce


mainetti

Formati digitali per la Scuola 3.0

di Luca Mainetti
(Docente Ingegneria del software, Dipartimento di Ingegneria dell’Innovazione, Università del Salento)

Aula 3.1: Performance e scelte operative

ATTI DEL CONVEGNO

SCUOLA DIGITALE:
AMBIENTI E STRUMENTI PER LA DIDATTICA – VERSO EUROPA 2020

31 gennaio 2014 ore 9.30 – 18.00
Media Conference Room
Polo Professionale “Luigi Scarambone”
Via Dalmazio Birago, 89 Lecce


 

Laboratorio multimediale (36)

Aula 3.1: Performance e scelte operative

di Marcello Cafiero
(Learning & Technology Consultant)

Presentazione del Laboratorio Multifunzionale “Aula 3.1”

ATTI DEL CONVEGNO

SCUOLA DIGITALE:
AMBIENTI E STRUMENTI PER LA DIDATTICA – VERSO EUROPA 2020

31 gennaio 2014 ore 9.30 – 18.00
Media Conference Room
Polo Professionale “Luigi Scarambone”
Via Dalmazio Birago, 89 Lecce


 

aula3_1

Presentazione del Laboratorio Multifunzionale “Aula 3.1”

di Dario Cillo

ischool

Adottare, oltre all’e-learning, anche il blog

ATTI DEL CONVEGNO

SCUOLA DIGITALE:
AMBIENTI E STRUMENTI PER LA DIDATTICA – VERSO EUROPA 2020

31 gennaio 2014 ore 9.30 – 18.00
Media Conference Room
Polo Professionale “Luigi Scarambone”
Via Dalmazio Birago, 89 Lecce


Adottare, oltre all’e-learning, anche il blog

di Roberto Maragliano
Università Roma Tre

Laboratorio multimediale (31)

Meglio lo dica subito, quello che state leggendo non è un intervento originale.

Ho fatto come tanti studenti, cioè il copia/incolla.

Ma diversamente da loro: 1. lo dico; 2. copio da me stesso.

Di seguito, infatti, trovate alcuni post tratti dal blog collettivo del Laboratorio di Tecnologie Audiovisive.

L’indirizzo del blog è questo: http://LTAonline.wordpress.com. Lo trovate anche su FB.

L’invito che vi faccio qui (anche per ragioni di economia, così mi e vi risparmio il copia/incolla) è di seguirci, entrando anche attivamente nella comunità di quanti, come noi, pensano che il digitale, la rete, la multimedialità siano occasioni per innovare non solo e non tanto il parco macchine della scuola quanto i modi e i contenuti del suo operare.

I post che riproduco qui sotto sono tra quelli che, a mio avviso, meglio rispondono all’esigenza di capire e far capire che adottare l’e-learning significa fare e far fare alla scuola un salto di qualità. Sono stati scritti e postati da novembre 2013, data di uscita di Adottare l’e-learning a scuola nella collana #graffi (http://ltaonline.wordpress.com/graffi/)

Buona lettura. E buona scrittura, se com’è usuale, vorrete interloquire negli spazi del blog o/e in
quelli di Facebook.

Tra la vispa Teresa e Pollicina

di Roberto Maragliano

Se n’è parlato mai tanto e con accenti tanto unanimemente scandalizzati che c’è da sospettare che il caso sia stato costruito ad arte. Dei quattro concorrenti dell’Eredità (badate bene, non imberbi quindicenni, ma ben più grandicelli) tre non sanno collocare nel tempo Hitler e solo l’ultimo ci riesce, ma per mancanza di alternative.

Indubbiamente, questo la dice lunga a proposito dei vuoti della nostra memoria collettiva.

Ma ancora più preoccupante, a mio avviso, è il tipo di discorso che ci hanno imbastito sopra, dopo che un Umberto Eco immemore dei suoi trascorsi è intervenuto a piedi uniti sulla faccenda con una letterina al nipotino per il 2014, pubblicata dall’Espresso, dove, guarda un po’, la scuola è additata come responsabile del misfatto per via del’abbandono da parte sua della propensione a far studiare a memoria. Certo, vi si aggiunge, anche mandare a mente le formazioni delle squadre calcistiche di oggi e di ieri aiuta, come aiutava imparare “La vispa Teresa”, e in questo esercizio di interazione col sapere perfino Internet può essere d’aiuto. Poi, forse un po’ pentito, in una successiva  Bustina lo stesso Eco s’industria a correggere il tiro: “Questo appiattimento del passato in una nebulosa indifferenziata si è verificato in molte epoche, e basti pensare a Raffaello che raffigurava il matrimonio della Vergine con personaggi vestiti alla foggia rinascimentale, ma ora questo appiattimento non dovrebbe avere giustificazioni, visto le informazioni che anche l’utente più smandrappato può ricevere su Internet, al cinema o dalla benemerita Rai Storia”.

Ma ormai la frittata è fatta.

E infatti a ruota arriva Eugenio Scalfari:, giusto una settimana dopo, sempre sull’Espresso: no, sostiene, la faute c’est a Internet. “(I giovani) leggono notizie e cultura ridotte a poche parole. Il numero di parole usate è ormai al minimo e poiché tra pensiero e linguaggio, c’è interazione, ne deriva che il pensiero si è anchilosato come il linguaggio”. Sapere che sta tutta lì, in rete, a portata di interrogazione, ti esime dal compito di tenertela dentro, la conoscenza.

Insomma. Ancora una volta la tecnologia viene intesa (e fatta intendere) come un impoverimento e non già come un’amplificazione delle facoltà umane. Non importa che questo sia il medesimo argomento che Platone usa contro la scrittura e qualche dotto rinascimentale contro la stampa, no: importa ribadire che, nelle faccende dell’educazione, l’età dell’oro è sempre dietro di noi, collocata in un passato
tanto mitizzato quanto ignorato.

E se, invece, il non dover essere costretti a memorizzare valesse come liberazione della nostra e dell’altrui mente dai vincoli della meccanizzazione?
Considerato che provvede la macchina,  che bisogno c’è che vi si dedichi l’uomo? Questi potrebbe intrattenersi con qualcosa di più proficuo, no? E la scuola, potrebbe aiutarlo, e pure sostenerlo, in tutto questo, liberandosi anch’essa di tanto pesanti e così poco pensanti luoghi comuni.

Tutti quelli che parlano e sparlano di perdita di memoria, di snaturamento, di smarrimento, di ignoranza questo passaggio l’hanno mai colto o capito, hanno mai provato a misurarcisi?
Temo che la risposta sia negativa.

Dunque, proviamo a battere (e far loro percorrere) altre vie, smettiamola di  perdere e far perdere tempo dietro a simili luoghi comuni.

E allora, se a degli “straparlatori” ottantenni dobbiamo proprio dare ascolto (come ogni domenica, peraltro con affascinanti esiti, ci suggerisce di fare Antonio Gnoli su Repubblica) vediamo di sceglierceli per bene, questi nostri interlocutori. Per esempio, prestiamo orecchio a uno come Michel Serres. “Ci uniamo qui ai piagnoni antichi e moderni, i cui discorsi e testi deplorano la perdita dell’oralità, della memoria, della concettualizzazione e di tante altre cose preziose per i nostri avi. In realtà la perdita della memoria, nell’epoca che seguì quella in cui si declamavano a mente i poemi di Omero, liberò le funzioni cognitive dal carico impietoso di milioni di versi; apparve allora, nella sua semplicità astratta, la geometria, figlia della Scrittura. Allo stesso modo nel Rinascimento una perdita ancora più importante sollevò i saggi dallo schiacciante obbligo della documentazione, che allora si chiamava dossografia, e li riportò bruscamente alla nuda osservazione che fece nascere le scienze sperimentali, figlie della stampa. A bilancio, i vantaggi prevalgono in maniera preponderante sui pregiudizi, poiché in tali circostanze nacquero due altri mondi, che permisero di comprendere questo. Sapere consiste allora non più nel ricordare, ma nell’oggettivare la memoria, nel depositarla negli oggetti, nel farla scivolare dal corpo agli artefatti, lasciando la testa libera per mille scoperte” (Un nuovo Rinascimento dalle nuove tecnologie, su “Vita e Pensiero”, n. 6 2013, anticipato qui).

Tra l’altro, potrebbe essere, questa, l’occasione per andare al prezioso volumetto che il filosofo francese ha pubblicato l’altr’anno, tanto discusso e postillato in Francia quanto ignorato qui da noi (forse anche per l’assurdo e offensivo titolo escogitato in traduzione). Statene certi, se lo farete imparerete a guardare con occhio più costruttivo e fiducioso sia a Pollicina sia a quella che potrebbe/dovrebbe rappresentarne il giusto destino scolastico.

App a bocca aperta

di Roberto Maragliano

Anni fa, molti anni fa, avendo io osato associare, nel corso di un’intervista telefonica per una testata giornalistica, multimedialità e videogioco ad epistemologia, diventai, in quanto “epistemologo del videogioco”, zimbello di gazzette e gazzettieri. La cosa non avrebbe nessuna importanza se non fosse che l’argomento fu tra le altre una delle armi usate da politici, intellettuali, accademici, editori per impedire che, qui da noi, si avviasse un ripensamento dei contenuti dell’insegnamento scolastico. Analoga vicenda conobbe contemporaneamente la Francia, anche se un argomento utile per bollare un pedagogista di provincia non poteva certo essere usato contro uno come Edgar Morin, al quale, parimenti, era stato chiesto di avviare una fase di discussione attorno ai saperi scolastici e del cui contributo si fece comunque carta straccia. Chi fosse mosso da curiosità e intendesse verificare come già allora, in tempi tutt’altro che sospetti, bastasse uno slogan azzeccato per creare il vuoto attorno ad un’idea, può rifarsi agli appunti, o puntualizzazioni, che trova qui.

Se richiamo quell’esperienza è per dire che non ho cambiato idea, anzi lo stravolgimento in atto nei rapporti tra operatività e sapere e il riconoscimento dell’importanza che sempre più riveste il “vedere con la mano” cui frequentemente si richiama Silvano Tagliagambe, mi autorizzano a mantenere ben ferme quelle posizioni.

Del resto quel che vedo attorno non fa che portarmi conferme. E pazienza se le nostrane gazzette e i nostrani gazzettieri quel che io vedo (non solo ma assieme a centinaia di migliaia di individui in tutto il mondo) si ostinano a non vedere e s’inventano ogni marchingegno materiale o concettuale per impedire che altri vedano.

In pratica, cos’è che vedo? Che nel multimediale, anche in quello commerciale (orrore!) c’è dell’arte, e ce n’è in coerenza con l’accezione più ampia e nobile del termine, quella su cui, appunto, convergono le ragioni della tecnica, dell’estetica, pure del perfezionamento spirituale.

Prendete due app uscite nel 2013 e date loro fiducia. Ma soprattutto dedicate loro, come meritano, qualche ora di piacevole ancorché impegnativo praticantato. Ne uscirete, ve l’assicuro, trasformati e nobilitati, nonché disposti a farvi beffe di tutti quegli improvvisati soloni che, nessuna esperienza personale avendo di multimediale e rete e tablet, vedono in tutto ciò l’astuzia del diavolo tentatore e dunque il rischio di perdere l’innocenza pedagogica.

No, voi sporcatevele le mani, anzi le dita. E poi ditemi se non ne valeva la pena (e pure la spesa, come dicono al mio paese).


image001Le app di cui sto dicendo sono 
Disney Animated e The Liszt Sonata, tutte e due prodotte dall’azienda inglese Touch Press. Nell’una sono messe a frutto settantacinque anni di ricerca e produzione sul fronte dell’animazione cinematografica: lo sapiamo, anche se non sempre ne teniamo conto, la Disney è sempre stata all’avanguardia nella scoperta e nell’uso della tecnologia. Poteva lasciarsi sfuggire l’occasione di fare il punto su questo immenso patrimonio di idee ed esperienze? Sull’altro fronte, c’è una delle più ardue (anche per chi ascolta) sonate per pianoforte, quella in Si minore di Franz Liszt.

image003Sfido chiunque le abbia provate a sostenere che il digitale non aggiunge niente a quanto già esiste. Mai prima d’ora s’era pensato che uno stesso spazio potesse contenere e mostrare le migliaia di sfumature di colore dei più di cinquanta lungometraggi disneyani, mai s’era pensato di mostrare contemporaneamente all’esecuzione di un brano pianistico ripreso da tre diverse angolazioni lo svolgersi dello spartito, la visualizzazione grafica delle notazioni, i commenti scritti e orali dell’esecutore.

Credetemi, resterete a bocca aperta.

Preoccupati e dispiaciuti, soltanto, di dover aspettare anche solo un’ora in più, prima che questo modo di fare conoscenza si affermi anche nelle sedi istituzionalmente deputate a fare conoscenza.

Editarsi è bello. E pure educativo

di Roberto Maragliano

image005Ho scritto recentemente, in questo blog, di media education e dei suoi limiti, il più macroscopico dei quali è, secondo me, la rinuncia a sottomettere ad analisi proprio il primo e più nobile dei mass media, vale a dire la stampa. E ho scritto anche di come, in quanto autore (ahimè) di lungo corso, ho maturato, praticato e vissuto il progressivo passaggio dalla carta al digitale. Ora provo a mettere assieme i due discorsi e propongo un racconto/ragionamento ancora una volta personale ma anche politico: tale, spero, da funzionare come riferimento per chi, dall’interno delle scuole (e perché no? pure delle università), intenda cimentarsi nella produzione di saggi, racconti o materiali didattici e non abbia pregiudizi negativi nei confronti del digitale, al contrario lo intenda come un’opportunità. Per male che vada, prendete questo brogliaccio come abbozzo di lezione (o di ciclo di lezioni) sul tema editoria.

Intanto, secondo lo spirito di un’auspicabile (ma ancora da maturare) media education ‘corretta’, andrebbe preliminarmente chiarito che editare un testo in forma di libro, non importa se su carta o in digitale, comporta la necessità di sovraintendere ad una serie di fasi.

In un elenco rozzo e provvisorio, certamente lacunoso, sono:
1. scrittura del testo;
2. allestimento del testo per la pubblicazione in libro;
3. distribuzione del libro;
4. promozione del libro;
5. impiego dei ricavi.

Verrà utile, poi, chiedersi chi sovraintenda alle singole fasi.

Di nuovo, procedo per schemi.

Si pensi al libro cartaceo:
– su 1. c’è l’autore (ma non sempre lui soltanto);
– su 2. c’è l’editore (con la sua direzione e la sua redazione, almeno per come le cose funzionavano fino a qualche tempo fa);
– su 3. c’è il distributore che l’editore incarica del compito di far arrivare le copie del libro nei luoghi di vendita;
– su 4. c’è l’editore che (talora in accordo con l’autore talora no) agisce in modo far sapere ai possibili acquirenti che esiste quel libro;
– su 5. c’è l’editore che provvede (se il libro vende) a recuperare le spese di investimento, remunerare l’autore (se con lui c’è stato un patto economico) e fare investimenti con gli eventuali guadagni.

Ora comincia il bello.

Sorge infatti il dubbio se il secondo elenco, quello delle attribuzioni, mantenga di validità anche in ambito digitale o invece la perda.

Non è per cavarmela liscia, ma la mia risposta è duplice: sì e no.

Mi spiego. Sarà sì se c’è un editore digitale. Ma attenzione: in ogni caso cambiano i componenti interni delle singole fasi. Così, tanto per limitarmi agli esempi più evidenti, la funzione autoriale tende ad ampliarsi, facendo perlopiù subentrare all’autore singolo un autore collettivo, mentre le funzioni di allestimento e distribuzione decisamente si alleggeriscono. Il tutto senza che si intacchino ruoli e prerogative. Questo per il sì.

E che dire a giustificazione del no? Può essere che, in forza del digitale, il termine intermedio della triade (autore/editore/distributore) scompaia e la partita se la giochino solo tra due, autore e distributore.

È questo il caso del self publishing. Lì l’autore gestisce le fasi 1., 2. (in parte o tutta) e 4. Detto in altro modo, il suo compito non si ferma alla stesura del testo ma si estende su altri due momenti: quello dell’allestimento del testo in libro e quello della promozione del prodotto. In questo e per questo si fa editore di se stesso. Self publisher, appunto.  Le altre tre fasi sono gestite dal distributore che: può contribuire all’allestimento, assicura che il libro digitale sia reperibile nei luoghi di vendita online, fa da intermediario economico tra acquirente e autore. Ovviamente cambiano i ruoli ma anche i relativi contenuti: così, inevitabilmente, non dovendo affrontare parte delle spese di allestimento e di distribuzione (non occorre carta, non occorrono mezzi di trasporto, non occorrono locali di stoccaggio e vendita) i prezzi dei libri digitali possono essere anche di molto inferiori a quelli dei libri fisici, e, paradossalmente, i ricavi per l’autore anche risultare di molto superiori. Allo stato attuale, la percentuale standard per un autore cartaceo, quando c’è, gira attorno al 10% del prezzo di copertina, mentre per un autore digitale self publisher, sempre che venda, può viaggiare attorno al 60%.

maraglianoCosì è andata col mio Adottare l’e-learning a scuola, versione 2013. Come è stato per l’altro titolo della collana #graffi, mi sono servito della piattaforma di self publishingdigitale Narcissus.me. Il costo di investimento cui ho dovuto far fronte è di € 4,00 (sì, avete letto bene: quattro euro), corrispondente all’acquisto del codice ISBN. Questo perché il gruppo LTA (in particolare Andrea) ha provveduto a copertina e impaginazione (per quanto riguarda le immagini e i diritti di riproduzione, beh invito a scoprire voi stessi la soluzione che s’è trovata). Se invece avessi voluto ricorrere ai servizi del distributore di cui ho detto, l’allestimento del tutto mi sarebbe costato attorno ai 120,00 € (sì, avete letto bene: centoventi euro). Siamo lontanissimi dunque dalle migliaia di euro che taluni tipografi camuffati da editori chiedono ai malcapitati autori universitari e pure lontanissimi dai vertiginosi aumento dei costi di produzione lamentati da editori scolastici per via del passaggio al digitale. Non solo: poche ore dopo il varo del “contratto”,  il proprio eBook è presente in tutte le librerie online e da quel momento è possibile accedere al proprio pannello di controllo personale e verificare giorno per giorno il numero delle vendite che lo riguardano.

Sarebbe dunque bello, e pedagogicamente importante (anche per la crescita della media education), che qualche docente scolastico volesse tentare questa stessa esperienza, facendosi sostenere, per ideazione, allestimento e promozione dell’eBook, dai suoi stessi allievi o comunque informandoli e coinvolgendoli in tutte le fasi di cui ho detto.

Editarsi è bello. Sarà pure pure narcissico (per dirla con Gadda), ma dà forza alle idee e fiducia nella possibilità di farle circolare. Non è poco, oggigiorno.

Se dunque c’è chi decide di mettersi alla prova, sappia che a sostenerlo troverà pure noi.

Lezione su media education

di Roberto Maragliano

Fin dai tempi del Manuale di didattica multimediale, dunque nel millennio precedente, ho sostenuto due cose, a proposito della media education:

– che guarda criticamente ai media non dall’esterno ma dall’interno del sistema dei media,

– che non sottopone alla critica il medium stesso che usa per guardare agli altri, cioè la stampa.

Una terza critica risulterebbe possibile aggiungere oggi, e cioè che non aiuta a distinguere nettamente, come sarebbe invece necessario, i media della comunicazione centralistica (tipo radio e cinema e televisione) dai media della comunicazione reticolare (tipo telefono e internet). Capita così che tanti discorsi che vanno bene ad esempio per la televisione siano forzatamente riproposti, oggi, a proposito della rete, equiparando questa alla condizione di mezzo di comunicazione di massa. Così non va, almeno per quanto mastico di questi temi.

Sono convinto, e non ho remora a sostenerlo, che sia giunto il tempo di un cambio radicale di prospettiva.

Se infatti è ingiusto considerare computer e internet alla stregua di meri strumenti e se comincia a non funzionare più la scelta di considerare il web alla stregua di ambiente, cioè come uno spazio “altro” rispetto a quello altrimenti occupato da ognuno di noi, si tratta di abituarsi all’idea che il digitale (o se preferiamo il software o la rete, intesi tutti e tre come termini complessivi) venga più correttamente (e realisticamente) inteso come infrastruttura portante dell’insieme delle forme di vita e delle attività che, allo stato attuale, sono proprie degli esseri umani. Nella parte di mondo che noi frequentiamo, chiunque faccia una qualche azione la fa all’interno di tale
infrastruttura, anche se niente sa e niente vuole sapere di pc o tablet o siti.
Sia che compri un’innocua caramella sia che passeggi tranquillamente in una strada cittadina è in rete, o meglio: è dentro l’infrastruttura di rete.

Ecco allora che avrebbe poco senso aggiungere un pezzo nuovo, per dire un capitoletto dedicato a Internet, ad una materia scolastica, la media education, che in quanto materia porta in sé e dunque indebitamente legittima i parametri di un medium, la stampa, rispetto a quelli di altri media. Non basta. Se per un certo tipo di attività culturale, quella di tipo elitario, due secoli fa la stampa funzionava come infrastruttura portante, le cose non stanno più cosi, oggi: da allora sono nati altri media e la cultura è andata, anche con il loro concorso, via via differenziandosi e riarticolandosi, per di più in una prospettiva di massa. Allo stato attuale è doveroso riconoscere che il digitale sta subentrando alla stampa come infrastruttura portante della produzione di cultura (elevata e non solo) ma che già opera, appunto come infrastruttura portante, per moltissime, pressoché tutte le attività umane, non solo, dunque, quelle che coinvolgono il pensare e il comunicare dell’uomo.

Se non è materia, se tanto meno è pezzo di materia, cosa mai potrà essere e cosa mai potrà comportare il digitale per la scuola? Andrà inteso (e fatto intendere) come cornice entro cui individuare e ridefinire l’insieme delle attività della formazione scolastica, indipendentemente dal fatto che queste appartengano, secondo una vulgata che è propria di un altro tipo di infrastruttura (materiale e di pensiero), agli ambiti del sapere scientifico o tecnologico o umanistico.

C’è un’intera realtà che attende di essere pensata e ripensata.

Vasto programma, cui tutti siamo chiamati e sulla cui futura riuscita (o sul cui eventuale fallimento) ognuno fin da ora porta la sua parte di responsabilità.

Successo formativo come diritto soggettivo dei giovani

Successo formativo come diritto soggettivo dei giovani
Le responsabilità educative degli uomini di scuola.

di Umberto Tenuta

Io non sono un giurista ma uno scribacchino di pedagogia e, perciò, mi scuso in anticipo di questa mia invasione nel campo del diritto.

Tuttavia, confido nell’intelligenza di chi ancora resta a leggermi, perché si sforzi di comprendere il significato di quanto  scrivo.

 

Ecco quello che vorrei dire.

È arcinoto che, a differenza dei vegetali e degli animali, l’uomo diventa tale solo attraverso l’educazione, come già affermava Kant: uomini non si nasce ma si diventa attraverso l’educazione!

Il pulcino, appena uscito dal guscio, salta sulla terra e si mette a correre, seppure con qualche iniziale esitazione.

Ma il figlio di donna nasce prematuro −o immaturo che dir si voglia− ed ha bisogno di un grembo artificiale ancora per molti anni, prima che possa divenire un uomo maturo, adulto, capace, non solo di correre, ma anche di compiere tutte le attività che sono proprie dell’uomo: opporre il pollice alle altre dita per prendere gli oggetti, coordinare i movimenti delle braccia per abbracciare le bambole, emettere sequenze significative di fonemi per chiamare la madre, salire e scendere le scale, correre per i prati fioriti, cooperare con i propri simili, immaginare giardini fioriti, fantasticare  sui propri desideri, ragionare, pensare… sentire la bellezza del nuovo sole che sorge dai monti, commuoversi al canto melodioso dell’usignolo…

Oh, di quanto tempo e di quanta cura il figlio della donna ha bisogno per divenire un uomo!

Ma questo divenire uomo è un suo diritto inalienabile, che nessuno gli può negare, che anzi tutti hanno il dovere di soddisfare, a cominciare dai genitori che si sono assunta la responsabilità di farlo venire al mondo.

Diritto naturale alla condizione umana, alla vita da uomo, non da vegetale, non da animale, ma da uomo, da uomo che sa appropriarsi di tutta l’humanitas che gli uomini hanno creato nel lungo cammino dei milioni, delle migliaia, delle centinaia di anni dalla loro comparsa sulla faccia del pianeta Terra.

Diritto all’educazione, come affermato nelle Carte internazionali dei diritti dell’uomo, dei Diritti della donna, dei Diritti dei bambini, dei Diritti delle studentesse e degli studenti.

Diritto al successo formativo come affermato ultimamente, nel diritto positivo, dal D.P.R. 275/1991: <<L’autonomia delle istituzioni scolastiche …si sostanzia nella progettazione e nella realizzazione di interventi di educazione, formazione e istruzione mirati allo sviluppo della persona umana, adeguati ai diversi contesti, alla domanda delle famiglie e alle caratteristiche specifiche dei soggetti coinvolti, al fine di garantire loro il successo formativo, coerentemente con le finalità e gli obiettivi generali del sistema di istruzione e con l’esigenza di migliorare l’efficacia del processo di insegnamento e di apprendimento>>.

Le scuole nascono, quindi, con l’obbligo di garantire il successo formativo a tutti i giovani, nessuno escluso.

Pertanto, quali cittadini per diritto di nascita, i giovani hanno diritto a che loro sia garantito il successo formativo.

Non si tratta dell’apprendimento di un repertorio di conoscenze, ma della piena acquisizione di tutte le capacità  e gli atteggiamenti umani.

Le scuole statali, e non solo statali, nascono con questo obbligo che debbono garantire assieme e/o in sostituzione dei genitori.

Al riguardo, è opportuno precisare che l’obbligo scolastico consiste per i genitori primariamente nell’obbligo di far frequentare le scuole ai propri figli.

L’obbligo di garantire il successo formativo incombe primariamente sui genitori e, per loro delega, sulla scuola, statale e non statale che sia.

Per estrema chiarezza, è opportuno sottolineare −ancora una volta!− che alle scuole, e, quindi, agli operatori scolastici tutti, incombe l’onere di garantire il successo formativo di tutti i giovani, nessuno escluso, atteso che oggi le scienze dell’educazione garantiscono che tutti i figli di donna sono educabili, compresi quelli con difficoltà di apprendimento anche gravi.

 

Se questo ragionamento appena abbozzato ha una sua logica, allora è necessario trarne le conseguenze, riassumendole in alcune sintetiche affermazioni.

I − Il diritto all’educazione e all’istruzione si configura come diritto alla piena, integrale e originale formazione della persona umana di tutti i giovani, formazione che si riassume nella espressione successo formativo;

II − Il successo formativo è un diritto soggettivo di tutti i figli di donna;

III− Le istituzioni scolastiche, nell’ambito del sistema formativo integrato, assumono un ruolo guida e hanno il dovere di garantire il successo formativo a tutti gli studenti, nessuno escluso. 

 

Di conseguenza, gli operatori scolastici tutti −dirigenti scolastici, docenti, personale amministrativo scolastico− hanno il dovere di garantire il successo formativo a tutti gli studenti che frequentano le scuole.

Pertanto, essi non possono scaricare su altri −genitori, contesti sociali e studenti− le loro responsabilità relativamente al mancato conseguimento del successo formativo da parte di tutti i giovani studenti delle proprie scuole.

Le posizioni si invertono!

Non sono i giovani i responsabili  del loro successo formativo, ma sono gli operatori scolastici a dovere adoperarsi perché tutti i giovani raggiungano il successo formativo.

In altri termini, potremo dire che non sono i malati ad avere l’obbligo di guarire, ma sono i medici ad avere l’obbligo di guarire i malati, nei limiti consentiti dalle più avanzate possibilità offerte dalle scienze mediche.

Se la morte del malato viene riconosciuta dipendente da imperizia dei medici, questi ne sono chiamati responsabili, non solo deontologicamente ma anche penalmente.

Siccome l’uomo è un’unità psicofisica, la sua salute non è solo quella del corpo ma anche e soprattutto quella del suo benessere culturale, della sua educazione, della sua formazione.

Pertanto, gli operatori scolastici dovrebbero essere riconosciuti responsabili anche del mancato successo formativo dei giovani, ove questo dipenda da disimpegno o da imperizia.

Su un altro piano, potremmo anche aggiungere che se la caduta di un aereo è riconosciuta come dipendente da imperizia del pilota, questi, se rimasto incolume, ne viene riconosciuto penalmente e civilmente responsabile.

Si dirà che non è agevole, come nel caso dei medici e dei piloti, accertare le responsabilità degli operatori scolastici nel caso di insuccesso formativo.

E questo potrebbe essere vero.

Ma a noi importa, in questa sede, non accertare le responsabilità, ma riconoscere su chi incombe la responsabilità di educare.

E, nel caso del successo formativo, sembra razionalmente evidente che del successo formativo dei giovani risponde il sistema formativo integrato, del quale la scuola, con i suoi operatori tutti, è centro promotore e coordinatore.

 

Amici e colleghi operatori scolastici tutti, il mio non vuole essere un j’accuse, ma semplicemente un promemoria, come, per dire, siamo avvisati!

Ora, traetene le conseguenze e provvedete con la massima cura, nell’interesse prioritario degli studenti, ma anche nel vostro interesse!

 

Concorso a cattedra

Concorso a cattedra: Tar Lazio con sentenza 1301/14 accoglie ricorso Anief su diploma magistrale ad indirizzo linguistico, ex art. 4 D.P.R. 419/74, e scioglie ogni ammissione con riserva

 

Ancora un successo del sindacato che aveva impugnato il bando. Diversi ricorrenti ottengono la vittoria grazie all’annullamento della nota del 14 novembre 2012 del Miur per violazione di diverse sentenze del Consiglio di Stato, che aveva dato origine ai decreti di esclusione. Il titolo di maturità linguistica andava riconosciuto, come sostenuto in udienza dall’avv. Tiziana Sponga.

 

Non era necessaria la precisazione riguardante il titolo “maturità magistrale ad indirizzo linguistico” perché contraria alla normativa di riferimento e alle previsioni dello stesso bando concorsuale.

 

Per i giudici, il Miur ha violato così diverse norme e atti amministrativi tra cui il D.I. del 10 marzo 1997, art. 2 comma 1, il d.lgs. 207/94, art. 402 comma 1, il D.P.R. 419/74, art. 4.

 

Così si esprime il Collegio: Contrariamente da quanto ritenuto dall’amministrazione, il Collegio condivide l’orientamento del Consiglio di Stato richiamato da parte ricorrente, secondo cui la piena validità riconosciuta, secondo i criteri di corrispondenza fissati nel decreto del Ministro della Pubblica Istruzione che autorizza la sperimentazione, al diploma di maturità linguistica non priva il titolo di studio conferito dall’Istituto Magistrale della sua natura di diploma di maturità magistrale a pieno titolo, ma aggiunge anche qualcosa in più, senza modificarne la tipologia originaria.

 

A questo punto, vista la giurisprudenza ormai consolidata, può considerarsi archiviata l’errata interpretazione ministeriale, che non ha impedito ai candidati di dimostrare il merito nel risultare idonei nelle graduatorie finali.

Assemblea nazionale dei precari scuola 19 gennaio

Si è svolta a Roma, il 19 gennaio scorso, un’assemblea di lavoratori precari della scuola a cui hanno partecipato precari romani delle diverse realtà operanti sul territorio, delegazioni di docenti precari e di ruolo e del personale ATA provenienti da Ravenna, Napoli, Milano, Modena, Bologna, Firenze, Cosenza, Latina, Torino, Palermo, Bari. Oltre ai precari “storici”, hanno partecipato anche i neo-abilitati o abilitandi di TFA e PAS, consci del fatto che ogni percorso di formazione ha ed avrà come sbocco il precariato a tempo indeterminato, a meno che non cambi radicalmente la politica scolastica.

Gli interventi hanno palesato la comune percezione che la Scuola continui ad essere considerata, anche dal governo Letta, un settore sacrificabile. I precari hanno constatato che le politiche scolastiche continuano ad essere dettate da due istanze incompatibili con il rilancio dell’istruzione pubblica:

1) il risparmio e la “compressione della spesa pubblica”.

2) la volontà di assimilare i processi di apprendimento, di istruzione e di gestione della Scuola alle dinamiche aziendali e di introdurre logiche “premiali” incompatibili con la dignità dei docenti e con la libertà di insegnamento, nonché con il dettame costituzionale.

A testimonianza di ciò, i precari hanno rilevato e messo in evidenza i seguenti portati delle politiche scolastiche del Governo Letta:

–  conferma dei tagli Gelmini e il mancato ritiro della riforma Fornero sulle pensioni;

– nuovi tagli di posti di lavoro mascherati da innovativa “sperimentazione”, illegittima ed illegale per la mancanza del parere favorevole del CNPI, attraverso la riduzione indiscriminata della durata dei cicli scolastici;

– taglio dei salari precari, attraverso la mancata monetizzazione delle ferie non godute;

– riduzione del diritto allo studio dei disabili, colpito dalle direttive sui BES, volte a “medicalizzare” l’intervento didattico sugli alunni con difficoltà di apprendimento;

– violenta imposizione dei demenziali e discriminatori quiz INVALSI, che calpestano le prerogative dei docenti, rimodellano la didattica sulle esigenze dell’imprenditoria e costituiscono il pretesto per tagliare fondi proprio a quegli istituti che costituiscono il solo presidio di legalità e la sola occasione di riscatto di certi territori;

– istituzione assurda di corsi abilitanti costosissimi, a fronte di una ormai cronicizzata mancanza di posti, allo scopo di foraggiare università pubbliche e private prive di risorse e di tenere occupati i precari in un’eterna lotta contro i colleghi altrimenti abilitati o inseriti nelle mai esaurite graduatorie ad esaurimento.

Molti hanno richiamato la messa in mora e la minaccia di pesanti sanzioni che pendono sull’Italia per indebita e illegale reiterazione dei contratti a termine, in violazione della legge europea 70/1999. Perfino quell’Europa che da anni “ci chiede” lacrime e sangue, ha trovato la condizione dei precari italiani indecente e non più tollerabile!

Di fronte alla gravità della situazione e a fronte di questo pronunciamento europeo a loro favorevole, i precari hanno rilanciato, già dal prossimo febbraio, un piano di azioni di protesta e mobilitazioni coordinate (sit-in e presidi davanti al MEF e alle sedi degli organismi europei, contestazioni davanti alle sedi degli Uffici scolastici e del PD, principale partito di governo) che culmineranno in due giornate:

– 21 marzo, che sarà il “giorno della dignità precaria”, in cui precari chiederanno un giorno di quelle ferie delle quali è stato loro sottratto il pagamento.

– 11 aprile, in cui si terrà il primo “sciopero precario”, a cui sarà chiamato a partecipare tutto il mondo della scuola con una manifestazione nazionale a Roma.

Le richieste imprescindibili dei precari della scuola sono: un reale rifinanziamento del settore; il ripristino delle ore di lezione tagliate e il potenziamento dell’offerta culturale; la stabilizzazione di tutti i lavoratori precari nelle mansioni per cui si sono formati; il rifiuto dell’organico funzionale. .

I coordinamenti hanno inoltre assicurato il loro impegno per promuovere l’approvazione, in tutte le scuole, di mozioni No-BES e azioni di boicottaggio degli stessi e delle prove Invalsi.

Si è ribadito, infine, il rifiuto delle logiche di contrapposizione tra docenti, determinate dalla molteplicità dei percorsi abilitanti, e si è auspicata la realizzazione di un percorso di mobilitazione comune a tutti gli insegnanti, di ruolo e precari, anche in vista della nuova contrattazione, perché non ci devono essere e affinché non ci siano, in futuro, privilegi da conquistare a detrimento dei colleghi, ma dignità e centralità sociale della funzione docente da recuperare e riaffermare.

Ricorso graduatoria di merito triennale e abilitazione idonei concorso a cattedra

Ricorso graduatoria di merito triennale e abilitazione idonei concorso a cattedra: istruzioni per ricorrere al Presidente della Repubblica

Per coloro le cui graduatorie di merito definitive (anche in seguito a ripubblicazione) sono state pubblicate da più di 60 giorni ma meno di 120. Richiedi le istruzioni a idonei.pdr@anief.net.

Viste le numerose richieste, pervenute al sindacato, di adesione al ricorso per il riconoscimento dell’abilitazione e per la durata triennale delle graduatorie di merito degli idonei del concorso a cattedra, ANIEF ha deciso di attivare le procedure per il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica a beneficio di coloro le cui graduatorie definitive sono state pubblicate (o ripubblicate) da più di 60 giorni ma meno di 120.

Ricordiamo che solo pochi giorni fa Marco Rossi Doria, Sottosegretario all’Istruzione, nel corso di un’interrogazione alla Camera ha ribadito che l’idoneo ma non vincitore non potrà acquisire l’abilitazione, ma dovrà partecipare agli appositi corsi abilitanti.

Gli interessati devono inviare una mail a idonei.pdr@anief.net per ricevere le istruzioni operative. Il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica è destinato solamente a coloro che non hanno già adito il TAR del Lazio e le cui graduatorie sono state pubblicate (o ripubblicate) dall’Ufficio Scolastico Regionale di proprio interesse da più di 60 giorni ma meno di 120.

Qualora, invece, le graduatorie siano state pubblicate da meno di 60 giorni, è ancora possibile aderire al ricorso al TAR del Lazio scrivendo a concorsoacattedra@anief.net per ricevere le relative istruzioni.

“Hotel 6 Stelle”: sbarca su Rai Tre lo stage di lavoro di sei ragazzi Down

da Redattore Sociale

“Hotel 6 Stelle”: sbarca su Rai Tre lo stage di lavoro di sei ragazzi Down

Da lunedì 17 febbraio la terza rete Rai trasmetterà in seconda serata “Hotel 6 Stelle”, una “docu-fiction” che racconta il tirocinio di sei ragazzi Down in un albergo romano: “Per la prima volta la tv lega la disabilità al mondo del lavoro”. Coproduzione Rai-Magnolia in collaborazione con l’Aipd

ROMA – Sei ragazzi con sindrome di Down, al lavoro in un hotel romano, seguiti passo passo dalle telecamere di Rai3: li vedremo in seconda serata, da lunedì 17 febbraio, in “Hotel 6 Stelle”. La Rai definisce il progetto come una “docu-fiction”, che ha come obiettivo quello di raccontare anche al grande pubblico un’esperienza di inserimento lavorativo di persone con disabilità. Prodotta da Magnolia, la trasmissione è realizzata con la collaborazione dell’Aipd, l’Associazione italiana persone down. La regia è di Claudio Canepari.

I sei giovani interessati, tre ragazzi e tre ragazze, hanno tutti con un’età compresa fra i 18 e i 31 anni e sono impegnati in un vero e proprio tirocinio formativo in un albergo. Le telecamere seguiranno dunque l’esperienza di Nicolas, che alla reception avrà il compito di accogliere e registrare i clienti, e con lui quelle di Benedetta e Livia, impegnate come cameriere nella sala da pranzo degli ospiti, di Emanuele, vice-cuoco in cucina, di Martina, cameriera ai piani per ordinare le stanze e infine di Edoardo che invece lavorerà per garantire la manutenzione degli impianti dell’hotel.
Ad arricchire il format (e anche a renderlo più appetibile al pubblico della tv generalista) ci saranno per i sei protagonisti le lezioni di inglese di John Peter Sloan, artista di Birmingham, attore, cantante rock, autore di “Instant English”, il manuale di inglese più venduto in Italia, e di tre collane video che legano grammatica e comicità e puntano ad insegnare l’inglese con il divertimento: un personaggio già noto al pubblico televisivo per le sue “ospitate” in numerosi programmi di intrattenimento e/o informazione (“Amici”, “Mattino Cinque”, “La vita in diretta” fra gli altri). Obiettivo delle sue lezioni sarà evidentemente quello di aiutare i ragazzi a rapportarsi con i clienti stranieri dell’hotel. Oltre a Sloan, poi, le prime anticipazioni parlano anche di “visite inaspettate che regaleranno ai ragazzi grandi emozioni”: si tratterà di personaggi famosi, del mondo dello spettacolo e non solo, di cui i giovani sono fan, e con i quali – a sorpresa – si troveranno ad avere a che fare durante il loro lavoro.

Al di là della presenza di alcuni vip, l’obiettivo del programma – le cui prime immagini fotografiche sono visibili sull’ultimo numero del settimanale RadioCorriereTv, pubblicato online dall’Ufficio stampa Rai – è quello di mostrare al grande pubblico della televisione generalista che anche i giovani con sindrome di Down, e più in generale quelli con una disabilità intellettiva, possono proficuamente ricoprire un incarico lavorativo. La necessaria competenza tecnica sul tema è stata fornita dall’Aipd, la principale associazione delle persone con sindrome di Down, attiva da 35 anni in tutta Italia per tutelarne i diritti e favorirne il pieno inserimento sociale.

Con “Hotel 6 Stelle”, per la seconda volta in poco più di due mesi la Rai sceglie di affrontare (in prima o seconda serata) un tema sociale con la consulenza diretta di un’associazione: la precedente esperienza – peraltro controversa – è quella di Mission, il docu-reality andato in onda a dicembre 2013 su Rai1 in prima serata, che ha raccontato l’esperienza di alcuni personaggi famosi in alcuni campi profughi; programma alla cui realizzazione avevano collaborato Unhcr e Intersos.

Se Mission era stato prodotto dalla Dinamo srl (autori Tullio Camiglieri e Antonio Azzalini), “Hotel 6 Stelle” è invece una produzione Magnolia, per la regia di Claudio Canepari, uno degli autori che più hanno lavorato negli ultimi anni su temi sociali: i telespettatori di Rai3 lo ricorderanno per “Residence Bastoggi”, una docu-fiction andata in onda negli scorsi anni e incentrata sulla vita reale di uno dei quartieri più poveri e degradati di Roma, ma suoi sono anche altri programmi di successo come “Reparto Maternità” o “Scacco al re”. La prima, una docu-soap per Fox Life ambientata all’Ospedale San Camillo di Roma, segue le vicende delle pazienti dal primo incontro con lo staff ostetrico fino all’uscita dal reparto con i bambini in braccio, passando naturalmente per il momento del parto; la seconda, per Rai Fiction, ripercorre gli ultimi trentanove giorni della caccia a Bernardo Provenzano, arrestato nel 2006 a Corleone in un casolare di campagna.

La scuola in carcere: una grande occasione

La scuola in carcere: una grande occasione per i cittadini detenuti/e e per la società
I progetti assistiti e la nuova istruzione adulti
14 febbraio (dalle 9 alle 17) Convegno Cesp-Cobas  a Roma
Sala Teatro della Casa Circondariale di Rebibbia Nuovo Complesso
(Via Raffaele Majetti,70)

Il CESP ( Centro Studi per la scuola Pubblica ) ha organizzato il III Convegno Nazionale sulla “Scuola in carcere” che si svolgerà a Roma venerdì 14 febbraio 2014, dalle ore 9.00 alle ore 17.00, presso la Sala Teatro della Casa Circondariale di Rebibbia.
Il Convegno darà seguito all’analisi sul ruolo dell’istruzione pubblica all’interno dell’istituzione penitenziaria quale elemento irrinunciabile nel programma del trattamento ” rieducativo” del detenuto, approfondendo le specificità della scuola in carcere all’interno della più ampia istruzione degli adulti e in questa nuova edizione sarà dedicata proprio al significato e alle pratiche (oltre che alle politiche culturali) della scuola in carcere, un’apposita sezione. La peculiarità dell’istruzione nelle carceri non deve, però, portare ad uno ‘sganciamento’ di questa scuola dalla più ampia istruzione degli adulti, nella quale i detenuti/e, una volta liberi, potranno proseguire il percorso iniziato, senza alcuno scollamento tra il ‘dentro’ e il ‘fuori’, cosa che sarebbe invece inevitabile nel caso in cui si proponesse di “ghettizzare” nuovamente la scuola in carcere, facendone qualcosa di avulso e di ‘altro’ dal generale contesto sociale e culturale in cui gli studenti “ ristretti” si dovranno,comunque,  ricollocare.
In un momento di così grave difficoltà in cui versa l’intero sistema giudiziario riteniamo, peraltro, che alla scuola in carcere sia affidato un compito importante e delicato,di promozione sociale e culturale per molti dei “ristretti”, ma anche di  miglioramento concreto delle attuali condizioni di vita dei detenuti, offrendo loro, non solo la possibilità di uscire dalle celle e dai reparti, ma di occupare il tempo-vuoto del carcere in iniziative qualificate e qualificanti, che per essere attuate pienamente avrebbero bisogno di un potenziamento delle attività scolastiche e di una maggiore sinergia tra tutte le figure che oggi operano nelle strutture penitenziarie (educatori-insegnanti-assitenti sociali-personale penitenziario). Accanto a queste problematiche si rende necessario un’analisi e una verifica della riorganizzazione dell’attuale assetto dell’istruzione adulti e delle scuole in carcere (così come previsto dal DPR 263/2012) che sta procedendo attraverso la realizzazione dei “progetti assistiti” in nove regioni italiane ( Veneto-Piemonte-Lombardia-Emilia Romagna-Toscana-Lazio-Campania-Sicilia). In tali progetti  si evidenziano luci ed ombre che impongono una riflessione sui cambiamenti in atto e sulle ricadute che queste comporteranno, vista la scomposizione degli attuali percorsi e la generale diminuzione del tempo-scuola. Per questi motivi riteniamo importante aprire un confronto sulle pratiche e le politiche culturali dell’istruzione adulti, ma anche tra i dirigenti scolastici che gestiscono il cambiamento sui territori e i docenti che dovrebbero applicare le nuove linee guida, tenendo conto delle specificità dell’educazione in carcere e senza dimenticare il ruolo e il compito che in questo generale cambiamento assume l’amministrazione penitenziaria in tutte le sue componenti.

Anna Grazia Stammati presidente Cesp

Pas, Tfa e 150 ore: discriminazioni per tutti

Pas, Tfa e 150 ore: discriminazioni per tutti
Perché vogliamo una deroga alla quota del 3% per permettere a tutti i precari/ie di poter usufruire delle ore per il diritto allo studio

Abbiamo già espresso le nostre profonde critiche
ai cosiddetti Pas, corsi abilitanti istituiti per
gabellare i docenti precari, finanziare le università
e inventare l’ennesimo percorso di formazione di
scarsa qualità. Ma oggi, nella realizzazione
organizzativa di questi corsi, per i precari, si
aggiunge al danno la beffa! Ecco un breve
riassunto:
Dopo che il Ministero ha avviato per gli
insegnanti non abilitati che ne abbiano i requisiti
la possibilità di partecipare ai Pas sono passati
mesi prima che si sapesse chi sarebbe entrato o
meno nelle liste dei «fortunati» che avrebbero
potuto partecipare ai corsi.
Liste attese per mesi e università che spesso si
sono mostrate restie ad avviarli, tanto che in molti
casi, alla data odierna, per molti iscritti tutto
rimane un’incognita.
Le domande in tutte le regioni d’Italia sono state
decine di migliaia e per molti di questi malcapitati
insegnanti non è ancora dato sapere se i PAS
presso l’università a cui si sono iscritti partiranno
da questo o dal prossimo anno, quale sia il costo,
quale l’impegno orario in presenza e in che
giornate, in cosa consista il piano di studi e la
tempistica degli esami.
Insomma, un’iscrizione al buio in cui tutto si basa
sull’estemporaneità e l’improvvisazione.
Chi vorrebbe professionalizzare gli insegnanti sta
dimostrando una mancanza di professionalità
sconcertante.
Adesso si pone anche un altro problema: come il
ministero avrebbe potuto e dovuto prevedere a
molti precari viene negato il diritto ad usufruire
delle 150 ore di permesso previste per il diritto
allo studio, indispensabili per frequentare i corsi,
perché le domande superano il tetto stabilito per
legge del 3% annuo su base provinciale.
I Pas più che «percorsi abilitanti» ormai sono
diventati un vero e proprio «percorso ad
ostacoli».
Dopo aver subito ritardi, attese, spese, dopo non
aver avuto idea di quando e come i corsi
sarebbero stati avviati, adesso molti precari non
potranno seguirli!
Tutto questo quando da più parti si paventa un
prossimo nuovo concorso?
Riteniamo tutto questo scandaloso e
discriminatorio!
Stesse problematiche riguardano tutti coloro che
si sono iscritti e stanno partecipando (o stanno per
partecipare) alle selezioni per il TFA di sostegno.
Non si capisce perché questo sacrosanto diritto
non sia stato allargato a tutti, posto il fatto che
molti aspiranti, non avendo ancora maturato i
requisiti necessari a causa dei ritardi delle
Università nell’attivazione, addirittura non hanno
potuto fare richiesta delle 150 ore.

Per questo chiediamo con forza al Miur di concedere una deroga alla quota del 3% per
permettere a tutti i precari di poter usufruire delle ore per il diritto allo studio nella misura
necessaria a garantire la frequenza ai corsi senza alcuna discriminazione, così da tutelare gli
insegnanti precari che già vivono una difficile condizione personale e lavorativa.

Gruppo Precari Scuola Elementare
Cobas Bologna

Scuola, al via le iscrizioni online

da Repubblica.it

Scuola, al via le iscrizioni online

La procedura riguarda un milione e mezzo di famiglie e durerà fino al 28 febbraio. Il risparmio quantificato dal ministero è di 5 milioni di fogli di carta e 84mila ore di lavoro nelle segreterie

di SALVO INTRAVAIA

AL VIA le iscrizioni online per un milione e mezzo di famiglie italiane. Da domani 3, e fino al 28 febbraio, i genitori che avranno effettuato preventivamente la registrazione sul sito http://www.iscrizioni.istruzione.it potranno iscrivere i propri figli nelle prime classi di ogni grado scolastico: la primaria, la secondaria di primo grado  –  la scuola media  –  e la secondaria di secondo grado, la scuola superiore. Per effettuare l’iscrizione è necessario, spiegano dal ministero, registrarsi e chi lo avesse già fatto l’anno scorso dovrà ripetere l’intera procedura, prima di iscrivere i figli a scuola. Dopo i problemi dello scorso anno, in cui si sono registrati momenti di black out, il sistema informatico del ministero dell’Istruzione è stato potenziato.

Ma da viale Trastevere sottolineano che “iscriversi sin dalle prime ore non dà alcun diritto di priorità sulla domanda di ammissione. Non è dunque necessario affrettarsi: c’è tempo fino al 28 febbraio compreso”. La paura che il sito possa essere preso d’assalto dai genitori e andare in default c’è sempre, dunque. “Quest’anno  –  continuano dal ministero  –  il Miur ha fortemente rinnovato il portale dedicato al servizio delle iscrizioni: è stato semplificato e dotato di una serie di clip esplicative per accompagnare le famiglie in tutte le fasi della procedura”. “Semplificati  –  concludono  –  anche i servizi per chi deve fare l’iscrizione. Ad esempio è più facile recuperare username e password con cui ci si registra al sito”.

Per scegliere la scuola è possibile ottenere tante informazioni sul sito “scuola in chiaro”: http://cercalatuascuola.istruzione.it/cercalatuascuola/. E per evitare di sbagliare la scelta dell’indirizzo della scuola superiore è stato messo in campo un apposito sito per l’orientamento: http://www.istruzione.it/orientamento/. L’anno scorso, quando per la prima volta gli italiani dovettero fare i conti con le iscrizioni virtuali, “soltanto” due famiglie su tre riuscirono a districarsi fra flag e click. Quasi mezzo milione di utenti furono costretti a cercare un aiutino presso le segreterie scolastiche che, in alcuni casi, vennero invase dai genitori. Il risparmio quantificato dal ministero è di 5 milioni di fogli di carta e 84mila ore di lavoro nelle segreterie.

Quest’anno, esordiranno i licei sportivi: al massimo, uno per provincia. Ma ancora non tutte le regioni italiane hanno reso noti gli istituti dov’è possibile iscriversi al nuovo indirizzo del liceo scientifico per l’anno scolastico 2014/2015. E sul sito “Scuola in chiaro” non vi è traccia dei licei sportivi. Per le scuole dell’infanzia e le paritarie non è ancora prevista la procedura online. Mentre, sulla scelta della religione le organizzazioni cattoliche protestano perché alcune scuole all’atto dell’iscrizione sottoporranno ai genitori, oltre al modulo per la scelta della religione, anche quello per l’eventuale attività alternativa prevista dalla normativa. Una situazione che, temono i docenti di religione, possa indurre le famiglie a dirigersi verso le attività alternative. La scelta delle quali deve avvenire, secondo le organizzazioni cattoliche, all’inizio dell’anno e non durante le iscrizioni.

Salario accessorio azzerato, adesso toccherà a quello ordinario?

da Tecnica della Scuola

Salario accessorio azzerato, adesso toccherà a quello ordinario?
di Lucio Ficara
Ormai è chiaro che nell’arco di un paio di anni il fondo di istituto non ci sarà più. Dopo di che come si farà a garantire gli scatti stipendiali? Si toccheranno anche gli stipendi ordinari?
Il fondo d’Istituto non è certo un pozzo di San Patrizio, dove si possa trovare una riserva misteriosa e sconfinata di ricchezze; al contrario, le risorse destinate per il funzionamento delle scuole e per il miglioramento dell’offerta formativa, sono talmente limitate che, se il governo continuerà ad attingerci per porre rimedio ai provvedimenti del blocco degli scatti di anzianità, nel giro di un paio di anni scolastici, arriveranno al completo azzeramento. Ciò comporterebbe che, per fare funzionare le scuole, quello che prima molti docenti facevano, ricevendo un salario accessorio regolato dalla contrattazione d’Istituto, dovrà essere fatto a titolo volontario e gratuito. Un primo ingente taglio al FIS era stato attuato per l’anno scolastico 2012/2013, dove a livello nazionale era stato trattenuto dal Governo, per pagare gli scatti di anzianità del personale scolastico del 2011, tra il 30 e il 35% di queste risorse. Questo taglio aveva già ridotto il FIS da una quota di un miliardo e 300 milioni di euro a circa 980 milioni di euro. Per questo anno scolastico si continua a decurtare il FIS di un altro 40%, riducendolo a 520 milioni di euro, trovando così le probabili risorse per pagare gli scatti di anzianità del personale scolastico del 2012. Bisogna anche sapere che questi tagli non sono una tantum; si tratta invece di tagli strutturali, in quanto gli scatti di anzianità vanno garantiti ogni anno. Quindi, nel giro di un biennio le scuole si ritrovano a contrattare le stesse incombenze, anche più gravose, con meno del 50% delle risorse economiche. È del tutto evidente, come avevamo già scritto in un altro articolo tempo fa, che ci stiamo indirizzando convintamente verso l’azzeramento del FIS. A questo punto una domanda sorge spontanea: “Ma, dopo l’azzeramento del salario accessorio, si comincerà a ridurre anche quello ordinario?” Se, come sembra, il Governo è intenzionato a prosciugare il fondo d’Istituto per pagare gli scatti 2012 e 2013, allora le risorse del fondo d’Istituto, già ridotte al lumicino, verranno esaurite completamente, e il salario del personale scolastico resterà solo quello ordinario, regolato dal Contratto collettivo nazionale della scuola. Ma quando si arriverà al completo azzeramento delle risorse del FIS, come funzioneranno le scuole? Cosa farà il ministro dell’Istruzione? Lascerà le scuole nel caos amministrativo-gestionale o obbligherà il personale a lavorare gratuitamente, con forme di precettazione coatta? Forse bisognerebbe trovare risorse economiche fresche, in grado di superare quella che sta diventando un’emergenza reale. Mentre ci poniamo queste domande, le scuole sono alle prese con l’avvio della contrattazione di istituto. Rsu e dirigenti sono molto preoccupati perché temono di non riuscire a pagare la gran mole di attività che è già stata svolta o è in fase di svolgimento. Staremo a vedere se il Ministro Carrozza si attiverà per trovare risorse e per evitare che chi ha lavorato non venga retribuito.

Senza punizioni adeguate non c’è disciplina!

da Tecnica della Scuola

Senza punizioni adeguate non c’è disciplina!
di A.G.
Lo sostiene il ministro britannico dell’Istruzione, Michael Gove, che presto presenterà le nuove linee guida ai docenti: non dovete avere paura di “essere duri con i ragazzi”. Gli alunni che non accettano regole potranno essere incaricati di raccogliere i rifiuti in giro per la scuola, ripulire muri, tagliare l’erba dei giardini. E ai più indisciplinati potrà anche essere anticipato l’orario di ingresso a scuola o scattare l’esclusione da eventi e privilegi.
Ripristinare il rigido regime di disciplina, ad iniziare dalle tradizionali punizioni di metà Novecento che sembravano superate. E’ quanto intende fare il ministro britannico dell’Istruzione, il conservatore Michael Gove, che consegnerà a giorni ai docenti le nuove linee guida. Il ministro, da sempre critico nei confronti dei metodi cosiddetti “innovativi” in maniera di disciplina scolastica, sostiene che punizioni “dure ma proporzionate” siano cruciali per impartire efficacemente l’educazione e per questo invita gli insegnanti a non aver paura di “essere duri con i ragazzi”.
Dalle prime anticipazioni sulle nuove direttive, il modello scolastico del Ministro prevede che gli studenti più indisciplinati potranno essere puniti con l’obbligo di raccogliere rifiuti in giro per la scuola, ripulire muri da scritte e graffiti, tagliare l’erba in giardini e aiuole. Ma potranno anche essere costretti ad anticipare l’orario di ingresso a scuola o esclusi da eventi e privilegi, come la giornata senza uniforme.
La notizia giunge però proprio mentre Gove è al centro di una bufera politica, dovuta al mancato rinnovo dell’incarico per la responsabile dell’organismo ispettivo nelle scuole (Ofsted) , la laburista Sally Morgan (ex collaboratrice di Tony Blair), accusato di volerla sostituire con un candidato vicino ai Tory. Gove respinge le accuse affermando che “ogni tanto è necessario un ricambio ai vertici per avere uno sguardo più fresco”. Un concetto che però non vale per mantenere la disciplina. A costo di rispolverare i metodi più tradizionali. Che in tanti davano già per superati.