Graduatorie Provinciali Ata

Graduatorie Provinciali Ata: per la Cassazione è illegittimo penalizzare chi vuole trasferirsi

 

Per questa ragione, Anief invita tutto il personale ATA che in questi giorni, a seguito della pubblicazione dei bandi degli UU.SS.RR., sta presentando domanda o di aggiornamento e intende cambiare provincia o di primo inserimento e non ha prestato servizio nella provincia in cui intende inserirsi né è inserito nelle relative graduatorie d’istituto, a seguire le specifiche istruzioni operative per la compilazione della domanda e per ricorrere al TAR Lazio. Per info e adesione, scrivi a pettine.ata@anief.net (per il trasferimento immediato) o a inserimento.ata@anief.net (per il primo inserimento immediato).

Così come per i docenti, anche al personale ATA deve essere garantita la possibilità di spostarsi di provincia, all’atto dell’aggiornamento delle graduatorie, mantenendo l’inserimento nella graduatoria provinciale 24 mesi. Per il Miur, invece, è possibile il trasferimento di provincia soltanto all’atto dell’inserimento/aggiornamento delle graduatorie di Istituto a condizione però che l’interessato chieda il depennamento dalla graduatoria provinciale, per reinserirsi quindi al successivo concorso per titoli per i profili professionali dell’area A e B del personale ATA.

In base a quanto disposto dall’O.M. 21 del 23 febbraio 2009, a seguito della nuova pubblicazione dei bandi regionali, il personale amministrativo, tecnico, ausiliario non può chiedere in fase di aggiornamento il trasferimento della propria posizione in una provincia diversa da quella di attuale inserimento. Ma questa interpretazione è stata superata da una recente sentenza della Corte di Cassazione che, rifacendosi ad una chiara espressione della Consulta, ha stabilito come il personale Ata precario abbia il pieno diritto al trasferimento senza alcun “purgatorio” annuale in graduatoria diversa da quella di appartenenza.

Pertanto, tutti i precari Ata che vogliono trasferirsi da una provincia all’altra all’atto del presente aggiornamento o che intendono inserirsi per la prima volta pur non essendo presenti nelle relative graduatorie d’istituto della provincia o pur non avendo prestato i due anni di servizio nella provincia stessa, possono seguire le istruzioni dell’Anief relative alla modalità di compilazione della domanda e le successive istruzioni per ricorrere e reclamare il diritto al trasferimento preteso. Per info e adesioni, bisogna inviare un’e-mail a:

–       pettine.ata@anief.net, se già inseriti in graduatoria permanente e si vuole ricorrere per ottenere il trasferimento immediato in altra provincia.

–       inserimento.ata@anief.net, se al primo inserimento ma si vuole chiedere l’iscrizione nelle graduatorie permanenti di provincia diversa rispetto a quella nelle cui graduatorie d’istituto si è inseriti attualmente.

Con Anief puoi reclamare il tuo diritto all’assunzione. Perché attendere un anno? Se è tua intenzione trasferirti, ricorri. Il ricorso sarà presentato al tribunale amministrativo e in caso di difetto di giurisdizione sarà riproposto al giudice del lavoro. Pertanto sarà depositato al Tar Lazio entro 60 giorni dalla pubblicazione del bando regionale.

Prof per disabili, folla ai test di ammissione

Prof per disabili, folla ai test di ammissione

Corsi di formazione al Suor Orsola per la specializzazione del sostegno. Ressa all’ingresso dell’università

NAPOLI – Traffico paralizzato in mattinata nella zona di corso Vittorio Emanuele a Napoli. In zona, all’università Suor Orsola Benincasa, erano oggi in programma i test di ammissione al corso di formazione per la specializzazione del sostegno agli alunni disabili. A causa della ressa all’ingresso della struttura si è verificato un ingorgo da Mergellina fino a piazza Mazzini. Si partiva questa mattina con la sezione scuola primaria con 990 candidati.

Nel pomeriggio la sezione scuola dell’infanzia e domani, sabato, sempre in due sessioni, la scuola secondaria superiore di primo e secondo grado. Oggi in attesa di entrare soprattutto donne e di età adulta. Anche se riusciremo a passare questi test chissà quando risolveremo il nostro problema lavorativo, dice una delle partecipanti. Un’altra ricorda la disperazione che muove tanti a queste selezioni che assicureranno il posto solo a pochi partecipanti.

C’è chi sostiene che «l’unica a guadagnarci è l’università che si fa pagare 150 euro per il test di oggi. E chi ricorda di doversi cimentare ancora un’altra selezione» dopo essere stato ritenuto non idoneo pur avendo già lavorato nel mondo della scuola». Rispetto ai disagi di oggi, c’è chi, dall’interno dell’università, ricorda che a settembre si svolgono i test di ammissione a varie facoltà, con una partecipazione più ampia ma disagi notevolmente inferiori. Forse, uno degli elementi che spiegano la differenza e il caos di oggi – si rileva – è l’età media dei partecipanti. A settembre si tratta di diciottenne neo diplomati che si muovono con i mezzi pubblici.

Oggi, invece, c’erano molte persone di 40-50 anni e tante provenienti da fuori provincia e che quindi forse – si aggiunge – hanno raggiunto il luogo della selezione o si sono fatti accompagnare con l’auto. (fonte Ansa)

L’insensatezza della proposta di valutazione della Fondazione Agnelli

L’insensatezza della proposta di valutazione della Fondazione Agnelli

di Enrico Maranzana

La Fondazione Agnelli ha pubblicato il rapporto conclusivo della ricerca “La valutazione della scuola”.

La filosofia di fondo è analoga a quella di  A.Ichino e G.Tabellini [CFT in rete  – Una composizione fuori traccia: “liberiamo la scuola”]: le strategie formulate eludono i vincoli posti dal sistema di regole in cui  l’istituzione scuola è immersa.

 

La speranza è che politici e ministeriali non si facciano ammaliare dai falsi profeti.

 

 

Si considerino tre domande cui il resoconto della Fondazione Agnelli risponde:

 

La valutazione è davvero necessaria?

 

Il feedback è essenziale per il governo del sistema educativo: si sostanzia nel confronto tra obiettivi programmati e risultati attesi. [CFR in rete: Coraggio! Organizziamo le scuole]. Nei Piani dell’Offerta Formativa delle scuola i processi di retroazione non appaiono: dal paragrafo “valutazione” emerge lampante che l’unico, costante riferimento è il grado di adesione ai contenuti disciplinari.

 

La Fondazione Agnelli bypassa questo problema considerando la scuola una scatola nera. Un’impostazione analoga a quella che si genererebbe in un box di formula uno in cui si valutano le prestazioni di un prototipo prescindendo dalla professionalità del pilota.

La spiegazione di tale comportamento deriva dalla mancata comprensione della specificità delle responsabilità formative, educative e dell’insegnamento: si presuppone, erroneamente, che scuola e università abbiano finalità e struttura coincidenti.

 

 

Perché la maggioranza degli insegnanti è ostile alla valutazione?

 

Le risposte fornite dalla Fondazione Agnelli non hanno colto la sostanza del problema. Affermano: la valutazione è “buona cosa e giusta”, ad essa scuole e docenti devono conformarsi.

 

La questione è molto più spinosa: lo spirito della legge e l’ordinaria gestione scolastica sono separate da una profonda frattura.

Da un lato l’Invalsi che rileva l’intensità delle competenze, dall’altro lato le scuole che le certificano ma che non progettano itinerari idonei alla loro promozione.

Si tratta di una questione originata dalla mancanza di una terminologia univoca e condivisa: apprendimento e competenza sono parole utilizzate in modo vago e generico, sintomo di una generale e scarsa professionalità.

Ecco quanto afferma Anna Maria Ajello, presidente Invalsi: “La nozione di apprendimento a cui si può far riferimento, se pensiamo alla competenza, si caratterizza come esito di attività autentiche a cui il soggetto prende parte e di cui riconosce a pieno il significato, e non come esito di apposita memorizzazione. La sua fondamentale caratteristica è il diretto coinvolgimento dell’individuo e il suo prendere parte attiva, tanto da imparare con tutti i cinque sensi e non soltanto mediante l’ascolto e lo studio solitario”.

 

Una definizione che, proiettata sulla dispersione scolastica, la cui misura esprime l’inefficacia del servizio scolastico, consente di rilevare il momento in cui gli studenti manifestano l’insofferenza per lo studio e per il conoscere.

Un malessere che emerge quando nell’attività di classe, che nei primi anni della primaria è finalizzata alla promozione delle competenze, irrompe l’insegnamento disciplinare. Da un lato una situazione in cui lo studente e le sue potenzialità sono il cardine dell’attività scolastica, dall’altro lato il centro della scena è occupato dal libro di testo a cui l’alunno deve uniformarsi.

 

Una definizione che consente di comprendere l’origine del fallimento della scuola media che, banalmente, molti vorrebbero ristrutturare senza ricercare le cause della sua inefficacia [CFR in rete – Riformare la scuola media: perché?].

 

Una definizione che circoscrive il campo dell’intervento necessario: la didattica va ripensata, ri-finalizzata, coordinata [CFR in rete – Laboratorio di matematica: Pitagora]

 

 

Chi si può valutare?

Insegnanti: valutazione della loro formazione iniziale

e dei risultati ottenuti con i loro studenti.

 

Le proposte presenti nel rapporto sono il frutto di un incerto procedere, di un evidente disorientamento: manca ogni attenzione alla finalità della scuola. Si è sorvolato sul fatto che la promozione di capacità e di competenze è il la meta del sistema educativo. Un traguardo che implica la progettazione di percorsi unitari, coordinati, convergenti, unici per tutte le discipline: l’insegnamento rappresenta il momento esecutivo.

Ne discende che la professionalità dei docenti si esplica a livelli differenti: la valutazione delle loro prestazioni non può avvenire al di fuori del naturale ambito di responsabilità e per risultati che dipendono solo parzialmente dalla loro azione.

Il mondo dello sport fornisce una calzante analogia. Si può formulare un giudizio sul singolo giocatore sulla base del punteggio di classifica se la sua squadra di calcio è priva d’allenatore?

 

 

Scuole (e dirigenti): valutazione della qualità degli istituti,

attraverso il confronto nel tempo o con le altre scuole.

 

Razionalità vorrebbe che la valutazione delle prestazioni di una scuola derivassero dalla misurazione dal grado di conseguimento degli obiettivi programmati. Un intervento molto più articolato di quello proposto dalla Fondazione, un intervento che garantirebbe la conformità della gestione delle scuole al sistema normativo [CFR in rete – Quale formazione per il dirigente scolastico?].

 

Esiste nel mondo contemporaneo un’organizzazione che non definisce i traguardi, che non formula strategie, che non monitorizza i processi?

 

Nasce PVMScuola

Nasce PVMScuola: da missionari a professionisti, organizzati per passione.

La scuola è profondamente cambiata negli ultimi anni.
Ogni giorno agli insegnanti, ai dirigenti e a tutti gli operatori del sistema scolastico sono richieste competenze nuove e sempre più complesse, per acquisire le quali i più tentano di attrezzarsi come possono, con sacrificio personale e quasi sempre sull’onda dell’emergenza.
Occorre operare un cambio di paradigma, un salto di qualità.
E’ necessario
• definire profili professionali calibrati sugli specifici bisogni della scuola e dei territori
• introdurre un portfolio del docente e del dirigente – ispirato al Curriculum Europeo e all’EQF – che riassuma le competenze acquisite e segua il suo titolare dentro e fuori il mondo della scuola.
E’ necessario che non solo le competenze formali, ma anche quelle non formali e informali siano
• attestate
• certificate
• valorizzate
E’ necessario, inoltre, che alla valorizzazione delle competenze professionali si associ un riconoscimento economico che, nel caso del docente, affianchi ed integri nella progressione di carriera il criterio dell’anzianità.
E’ a partire da queste considerazioni che un gruppo formato da docenti e dirigenti ha sentito l’esigenza di creare un’officina delle idee, un luogo dove confrontarsi, ragionare insieme sui profili e sui bisogni professionali.
Da qui è nata PVMScuola, una nuova associazione professionale, in cui l’acronimo sta per Public Value Management, cioè Gestione del Valore Pubblico.
PVMScuola si è voluta dare un obiettivo nuovo: far emergere le competenze dalle buone pratiche condivise, per riconoscerle, valorizzarle e moltiplicarle in una logica di rete.
E lo ha voluto fare in una prospettiva del tutto nuova, unendo fin dal suo atto costitutivo le forze di dirigenti e docenti, che insieme hanno stilato la “carta d’identità”, insieme il manifesto programmatico, insieme hanno intravisto un orizzonte ambizioso, fondato sulla convinzione profonda
• che quelle del docente e del dirigente scolastico siano figure di alta professionalità sociale
• che le professioni scolastiche debbano tornare ad essere attrattive per le nuove generazioni
• che dalla valorizzazione di tali professioni passi la rivoluzione copernicana in grado di rimettere equità e merito al centro del sistema Paese, avviandone la ripresa economica e la rinascita culturale.
Non saremo soli in questo percorso: siamo parte di un sistema di rete molto più ampio le cui importanti e molteplici connessioni ci supportano nel processo di crescita e di evoluzione. In questa logica, abbiamo cercato e ottenuto la disponibilità di un gruppo di esperti ad orientare le nostre scelte, tutte figure di grande spessore culturale e autorevolezza, a cui siamo grati per aver accettato di entrare a far parte del nostro Comitato Scientifico.
Per chi volesse saperne di più, invitiamo a visitare il nostro sito ufficiale: www.pvmscuola.it

PIANO PD SCUOLA: LUCI E OMBRE

PIANO PD SCUOLA, GILDA: “LUCI E OMBRE, ATTENDIAMO
CONFRONTO CON GOVERNO”

Ok a stabilizzazione dei precari, attraverso il progressivo
svuotamento delle graduatorie, e alla revisione delle legge
Fornero sulle pensioni per i docenti. Pollice verso, invece,
per assunzione diretta da parte delle scuole e laurea ad hoc
per salire in cattedra. E’ un giudizio “grigio” quello
espresso dalla Gilda degli Insegnanti in merito alle
anticipazioni della stampa sul piano per la scuola del Pd
targato Renzi.

“Attendiamo il documento ufficiale – spiega il
coordinatore nazionale Rino Di Meglio – ma da quanto
riportato oggi dal quotidiano la Repubblica emergono luci e
ombre sulle quali ci auguriamo di avere presto un confronto
con il governo che sta per formarsi. Alcuni punti, come
l’intenzione di immettere in ruolo i precari e di
stabilire deroghe alla riforma Fornero sulle pensioni, sono
ampiamente condivisibili. Siamo contrari invece all’idea,
che appare molto fumosa, di una laurea ad hoc: per i docenti
della scuola primaria è già previsto un titolo di studio
specifico ma per medie e superiori il discorso è diverso
perché è necessaria una specializzazione in base alla
materia di insegnamento”.

La Gilda boccia categoricamente l’assunzione diretta da
parte dei presidi, “una proposta alla quale ci siamo
sempre opposti e che – sottolinea Di Meglio –
continueremo con forza a contrastare perché
all’insegnamento nella scuola pubblica statale, come
prevede la Costituzione, si accede soltanto attraverso
concorso”.

Giornata nazionale del braille: i 25 anni della stamperia “San Giacomo”

Giornata nazionale del braille: i 25 anni della stamperia “San Giacomo”

La cooperativa bolognese trascrive in braille testi religiosi ma anche libri scolastici e per l’infanzia; è composta da soci non vedenti e vedenti: 6 dipendenti, 10 collaboratori e 11 volontari

da Redattore Sociale
21 febbraio 2014

ROMA – Compie 25 anni la Stamperia braille “San Giacomo”, nata a Bologna e collegata al Movimento apostolico ciechi (Mac); costituita in cooperativa dal 1988, è presieduta da Salvatore Bentivegna. La ricorrenza viene festeggiata oggi, 21 febbraio, settima Giornata nazionale del braille, dal Mac insieme all’Unione Italiana Ciechi e all’Istituto dei Ciechi Francesco Cavazza.

“La nostra cooperativa è stata fondata nel 1988 da un gruppo di volontari animati da due insegnanti non vedenti e da una ricercatrice dell’Università di Bologna: Lucia Micito e le compiante Lina Ferrari e Clara Capiluppi”. La professoressa Micito ricordava in un suo scritto: “Dobbiamo tornare agli anni ’80. Partecipavo alla Fuci e con tanta malinconia giravo le pagine  dei breviari sui quali i miei amici leggevano la Liturgia delle ore e mi struggevo di tristezza perché avrei voluto che anche noi non vedenti potessimo unirci al coro della Chiesa di Dio per cantarne le lodi. Nel cuore era maturato questo desiderio ma erano anni difficili. Un’amica (la Piccola Sorella), riceve la sua parte di eredità e, consapevole del mio desiderio, vorrebbe regalarmi la Bibbia. Le dico che la Bibbia nella scrittura Braille non esiste. Ne esisteva una, in una traduzione superata del 1926. Se voleva appagare il mio desiderio doveva regalarmi una stampante Braille per trascriverla. Già nel 1976, con l’aiuto di un sacerdote amico, don Paolo Serra Zanetti, servendoci della stamperia fiorentina ‘Baruffi’, avevamo trascritto in Braille “Spero nella tua Parola”, un testo con Lodi, Vespri tratte dal Libro della Comunità Di Bose”.

Il 6 agosto 1978, festa della Trasfigurazione, “esce la prima pietra della Bibbia e nella chiesa nella Chiesa dei Santi Giuseppe e Ignazio abbiamo potuto leggere il Vangelo di San Matteo, nella traduzione della Cei, stampato in braille dal gruppo di volontariato S. Giacomo – scriveva ancora Lucia Micito. In autunno si stamparono gli altri Vangeli; dovevamo pagare, ma non avevamo i mezzi: avevamo solo l’atteggiamento incredulo di certa gente che ci ripeteva: “Lasciate l’impresa, farete brutta figura”. Andammo avanti: dopo i Vangeli, tutto il Nuovo Testamento, poi l’intera Bibbia e poi tante cose stampate. Nel 1988 il gruppo di volontari si è dato una struttura: nasce finalmente a Reggio Emilia la Cooperativa Sociale per Ciechi, che abbiamo voluto denominare  Centro Braille San Giacomo”.

Il Centro Braille San Giacomo ha la sua sede legale a Bologna, in Via San Donato 37, e la sua sede operativa a Cadriano di Granarolo Emilia, in Via Nuova 24 (tel. 051/765595). È una cooperativa sociale di tipo A, la cui attività principale consiste nella trascrizione e stampa in scrittura braille e nella diffusione di testi di particolare interesse religioso, scolastico, culturale e formativo. La cooperativa è composta da soci non vedenti e vedenti (soci lavoratori, volontari ed utenti); si avvale dell’opera di 6 dipendenti, di 10 collaboratori e di 11 soci volontari. “Lo scopo principale della cooperativa è stato fin dall’inizio, e tuttora continua ad essere, quello di trascrivere in braille testi a carattere religioso: la sacra Bibbia, i messali festivo e feriale, la liturgia delle ore, i catechismi e tanti altri testi di formazione spirituale e di preghiera, al fine di permettere anche ai non vedenti di partecipare attivamente alla vita ecclesiale”, precisa il presidente, aggiungendo: “Ogni qualvolta ne viene richiesta, la cooperativa trascrive in braille anche testi scolastici su ordinazione dei comuni o delle stesse scuole elementari, medie o superiori. Il nostro Centro si è specializzato nella trascrizione di testi di particolare difficoltà: greco antico, geometria con figure in rilievo, algebra… I sussidi didattici sono trascritti ed elaborati dopo un contatto diretto con gli insegnanti di sostegno”. Inoltre “un’attenzione particolare viene rivolta ai minori non vedenti, a cominciare dai piccolissimi; per questo motivo presso sono state predisposte opere di letteratura infantile per ragazzi dai 6 ai 15 anni. I racconti sono corredati da figure in rilievo, che danno la percezione tattile dell’immagine visiva”. Infine, la cooperativa trascrive e stampa in braille periodici, circolari e sussidi per l’attività del Mac. Su richiesta vengono preparati, testi a caratteri ingranditi per ipovedenti e, quando non ci siano ostacoli di carattere giuridico (copyright) che lo impediscano, testi su supporto informatico. Il Centro organizza anche iniziative per il tempo libero e un soggiorno estivo.

La Giornata nazionale del braille è stata istituita nel 2008 per sensibilizzare l’opinione pubblica nei confronti delle persone non vedenti e per richiamare l’attenzione sull’importanza che il sistema braille riveste nella loro vita formativa, al fine di sviluppare politiche pubbliche e comportamenti privati che allarghino le possibilità di reale inclusione sociale e di accesso alla cultura e all’informazione per tutti coloro che soffrono di minorazioni visive. Sono circa 30mila i giovani ciechi ed ipovedenti che in Italia frequentano le scuole pubbliche e private (dalla materna all’università). Il Braille, inventato nel XIX secolo dal francese cieco Louis Braille, è rimasto al passo con i tempi, diventando, con l’avvento delle nuove tecnologie, non desueto ma al contrario sempre più utile ed utilizzabile. Grazie alla scrittura Braille i ciechi hanno potuto accedere ad un sempre maggior numero di prodotti scritti ed oggi, con l’informatica e la tecnologia, dotati di stampante o display Braille, computer, scanner e rete internet, potenzialmente possono leggere con le mani qualsiasi testo esista in formato digitale accessibile. (lab)

Riconosciuto il pieno diritto al reinserimento nelle graduatorie a esaurimento

Vittoria ANIEF presso il Tribunale di Roma: riconosciuto il pieno diritto dei docenti cancellati a essere reinseriti nelle graduatorie a esaurimento

 

Grazie all’intervento dell’ANIEF l’annosa vicenda dei docenti precari cancellati dalle graduatorie a esaurimento per non aver prodotto domanda di aggiornamento ed esclusi “a vita” dal MIUR dalla possibilità di poter recuperare la propria posizione nelle stesse, ha compiuto un determinante passo avanti. Gli avvocati Fabio Ganci e Walter Miceli, avvalendosi della preziosa collaborazione dei nostri legali sul territorio, ottengono un nuovo successo in tribunale e la conferma che il MIUR non poteva escludere i docenti già inseriti nelle graduatorie a esaurimento se non per il solo biennio di validità per cui gli interessati non avevano prodotto domanda.

 

L’Avv. Salvatore Russo, alla cui professionalità e competenza l’ANIEF ha affidato il patrocinio dei propri iscritti nella capitale, ci trasmette la prima soddisfacente vittoria ottenuta presso il tribunale del lavoro di Roma; la sentenza riconosce il pieno diritto di una docente precaria, cui il MIUR ha ripetutamente negato la possibilità di essere reinserita nelle graduatorie di interesse, a rientrare nelle graduatorie valide per il triennio 2011/2014 recuperando anche il punteggio pregresso. Il Giudice del Lavoro ha dato piena ragione al nostro legale costatando, infatti, che il chiaro disposto dell’art. 1 bis della Legge 4 giugno 2004, n. 143, dopo aver precisato che la mancata presentazione della domanda comporta la cancellazione dalle graduatorie per gli anni scolastici successivi, dispone che, a domanda dell’interessato – da presentarsi entro il termine fissato per l’aggiornamento – è consentito il reinserimento nelle graduatorie.

 

Il Legislatore, dunque, come da sempre sostenuto dall’ANIEF, se, per un verso, ha inteso comminare la sanzione dell’esclusione dalle GaE per i docenti che non avevano presentato per tempo domanda di aggiornamento, per altro verso ha limitato tale grave penalizzazione soltanto al periodo di vigenza delle stesse. L’azione del nostro sindacato si è dimostrata nuovamente efficace contro le arbitrarie determinazioni del Ministero dell’Istruzione che riteneva, invece, di poter condannare quei docenti che per anni hanno speso energie e professionalità all’interno della scuola a un illegittimo e definitivo “limbo” senza uscita escludendoli “a vita” dalle graduatorie a esaurimento e dalla relativa possibilità di essere finalmente immessi in ruolo in virtù del punteggio acquisito dopo anni di lavoro a tempo determinato.

Piange il bambino

Piange il bambino

di Umberto Tenuta

 

Piange il bambino, piange il fanciullo, piange l’adolescente, piange finanche il giovane che le sue lacrime nasconde.

Piangono, perché a scuola non vogliono andare.

Piangono perchè i compiti non vogliono fare, né a scuola e neppure, e ancor più a casa.

Piangono perché studiare è una pena, è una sofferenza, è un dolore, un dolore grande.

Concepiti da un atto di amore, i bimbi sono nati nel caldo grembo materno di madri amorose, di madri con la gioia nel cuore, di madri che i loro figli per lunghi nove mesi hanno tenuto nel caldo dei loro grembi.

E per nove mesi li hanno nutriti di gioia, di gioia di aver dato loro la vita, di aver dato al mondo un nuovo uomo, una nuova donna.

Mistero senza fine bello!

E lì, i bimbi hanno sentito il caldo amore materno e del suo sangue si sono nutriti, si sono ossigenati.

E lì, nel caldo grembo materno i bimbi hanno cominciato ad alimentarsi ed a crescere, a divenire grandi, grandi, velocemente, molto velocemente.

Avevano fretta di crescere, di divenire grandi, di nascere al mondo dell’uomo.

E si sono nutriti di sangue materno, e non solo!

Si sono nutriti muovendosi, agitandosi, toccandosi, esplorando le pareti dal grembo materno, terra patria, loro comos da conquistare, da fare proprio.

E a cinque mesi hanno cominciato a ricevere voci da un altro mondo, dal mondo che li aspettava con la sua luce, con il suo panorama di colori, di forme, di voci…

Hanno ascoltato, in compagnia delle loro madri, le musiche di Mozart, di Bach…

Hanno ascoltato le mille ninne nanne delle madri che non si stancavano mai di cantar loro, per addormentarli, per farli riposare dalla febbre della conoscenza che li portava a muoversi, ad agitarsi, a toccare le pareti del grembo materno.

Oh quanti suoni, quante musiche, quante lingue hanno ascoltato prima di nascere, pronti a continuare in un mondo più grande, perché il grembo materno più non li conteneva.

E nati alla luce del loro primo mattino su questa terra di uomini e di donne come loro, li hanno guardati incantati, facendo mille promesse a se stessi, alle madri ed ai padri.

Sin dal primo vagito, sin dal primo respiro di aria, hanno cominciato ad assaporare il dolce latte della mamma, il dolce tocco della sua mano, le dolci carezze del loro papà.

Hanno aperto gli occhi, hanno aperto la bocca, hanno aperto le braccia, nella loro sete, nella loro fame di alimentarsi, di crescere, per divenire grandi, adulti, uomini e donne.

Oh quante cose hanno imparato nel loro primo anno di vita!

Un mondo di luci, di colori, di suoni, di voci, di forme, di cieli…

Hanno imparato a conoscere la mamma e il papà, hanno imparato ad usare le mani per appropriarsi dei balocchi, per far suonare le campanelle…

Una sete di esplorare, di sperimentare, di fare, di crescere li ha divorati…

Quanto amore del sapere, del saper fare, del saper essere grandi e forti e belli!

Il primo anno, un mondo hanno esplorato.

A due anni erano già piccoli grandi uomini, piccole grandi donne, con gioia, con amore.

E, poi, una corsa frenetica, un desiderio sempre più grande di ascoltare, di comunicare, di correre, di parlare, di prendere, di guardare, di far tutto loro, tutto racchiudere nelle loro testoline.

A un anno pattinavano, a tre parlavano due lingue.

A quattro anni erano a metà del cammino della loro vita.

Ne restava un’altra metà, la più difficile, la più complessa, ma sempre attesa, sembra agognata, sempre amica.

E, invece, invece, le prime avvisaglie già nella scuola dell’infanzia che solo qualche volta materna non è.

Poi la scuola primaria.

Ahi, che dolori!

Apprendere a leggere, a scrivere, a far di conto, a imparare la geografia e la storia sul sussidiario!

Quanti dettati, quante operazioni aritmetiche, addizioni e sottrazioni, con riporto e col prestito, di cui non capivano il significato!

E poi i problemi che non erano problemi, che non erano i loro problemi, e le misure che non misuravano i loro desideri. E alla fine le tabelline che quello sciagurato Pitagora ha inventato.

Valle a ricordare tutte le tabelline, a menadito, come pretende quella maestra lì!

Sai, ad un certo punto, la noia ti prende, e qualche sbadiglio nascosto ti scappa, nella speranza che la maestra non lo avverta.

Ma i compiti sono compiti, mica sono le filastrocche della mamma cara!

Qui vengono i doveri, dovere di imparare, dovere di studiare, dovere di ripetere, una, due, dieci, venti volte, tante volte fino a quando le cose non ripeti meccanicamente, senza difficoltà, senza capire.

Ma nella scuola primaria, tutto sommato, forse te la cavi, più o meno bene, con qualche ferita, con qualche lacuna, con tante cose che potevano essere e non sono state.

I guai arrivano poi, quando arriva la scuola secondaria, dove non c’è più la maestra dalla penna rossa, ma c’è la professoressa di italiano, di storia, di geografia, oddio di matematica, di scienze, addirittura di educazione musicale.

Quante materie, quanti professoresse e professori, l’uno diverso dall’altro, ai quali tutti pure ti devi adattare.

Mica puoi pretendere che essi si adattino  a te, a te!

Ma chi sei tu?

Uno dei venticinque, il quarto sul registro di classe digitale sei, ma sempre con l’elenco dei nomi, senza una fotografia a colori di te, dei compagni non più compagni, non più amici, ma rivali per un SETTE da sospirare, un SETTE da pretendere tu e non la tua compagna che pure simpatica ti comincia a sembrare, ma tua rivale rimane nell’albo del disonore della classe, scolaresca senza volti, senza nome, sì, scolaresca, sì classe I A, I B, I C…

E, allora, allora, lotta continua, lotta con le compagne di scolaresca, lotta con la Professoressa di Geografia che tutti i nomi di tutti i fiumi d’Italia e dell’Egitto vuol che tu ripeta, anche se questi benedetti maledetti fiumi mai tu hai visto scorrere.

Ogni giorno è una lotta, ogni giorno ha la sua pena.

Ma come?

Non era nata la bimba con l’amore del sapere, con la innata curiosità umana?

Chi gliel’ha fatta perdere questa curiosità onnivora? Chi la gioia ha trasformato in pianto, non pianto di gioia, ma pianto di dolore?

Che importa sapere chi, come, quando, dopo?

Importa solo che la gioia, la gioia di imparare, di crescere, di diventare grandi, adulti, cresciuti, qualcuno non ha fatto nulla per coltivarla, per alimentarla, per farla crescere, o almeno per non farla morire, come sta morendo, come questi pianti testimoniano.

Beh, una cosa, una sola cosa, o egregi Professori, io vo’ dire.

La dico.

Non fate piangere questi adolescenti!

Fateli crescere nel desiderio di conoscere, di apprendere, di imparare.

Fate che per loro lo studio sia fedele a se stesso, sì amore del sapere.

Sapete, non c’è amor più grande nei giovani, non c’è amore più grande di quello di crescere, di vivere, di divenire alti, adulti, uomini.

Ogni figlio di donna nasce con questo amore, con l’amore di conoscere, con l’amore di saper fare, con l’amore di essere ricco di virtù e conoscenze.

Di tutte le virtù umane, di tutte le virtù che gli uomini hanno fatto nascere nei loro cuori lungo il corso dei millenni.

Di tutte le conoscenze che gli uomini hanno inventato nel lungo cammino dei secoli.

O Maestre, o Professoresse, non accontentatevi dei trenta esercizi sul quaderno, non accontentevi delle trenta risposte esatte ai quiz, non accontentatevi di tutte le definizioni…

Oh Maestre! Oh Professoresse!

Mirate più in alto.

Non dovete accendere fuochi.

Vi basta non spegnere e soprattutto vi basta alimentare il fuoco dalla conoscenza, il fuoco che Prometeo rubò agli dei per farne dono agli uomini.

Ma se potete, se sapete, accendete nuovi fuochi,  perché i vostri giovani studenti sorridano alla vita, bramosi della gioia della conoscenza, scienziati in erba, filosofi nati.

E. soprattutto, senza pianti, sempre con la gioia nel cuore, nel cuore fanciullo dell’artista, dello scienziato, del filosofo, dell’uomo, nell’intero cammino della vita.

Scuola, in Lombardia si combatte a suon di ricorsi per 355 posti da preside

da Il Fatto Quotidiano

Scuola, in Lombardia si combatte a suon di ricorsi per 355 posti da preside

Dopo le contestazioni di un gruppo di bocciati il Consiglio di Stato aveva deciso la ri-correzione delle prove scritte valide per il concorso. Ora, una seconda azione legale ne contesta la legittimità. Intanto gli istituti aspettano un dirigente scolastico da quasi due anni

di Redazione Il Fatto Quotidiano

Un concorso, diversi ricorsi a Tar e Consiglio di Stato e 355 istituti lombardi in attesa da quasi due anni di un dirigente scolastico. Sono questi i numeri della battaglia che si combatte tra i banchi di scuola e le aule di tribunale: nei prossimi giorni la vicenda avrà un importante – ma difficilmente definitivo – punto di svolta, con l’udienza fissata dal Tar della Lombardia per decidere sugli ultimi ricorsi.

Al centro del contendere un concorso per dirigenti scolastici, bandito nel 2011, che prevedeva una prova preselettiva, due scritte e una orale. Hanno passato i test 406 candidati, già pronti a essere inseriti in graduatoria. E invece no. Un gruppo di aspiranti presidi bocciati agli scritti presenta ricorso. Oggetto delle recriminazioni degli esclusi erano le buste in cui erano chiusi i nomi dei candidati: secondo i ricorrenti, gli involucri erano troppo trasparenti e, guardandoli in controluce, era possibile leggere il nome del candidato. Quindi addio alla garanzia dell’anonimato.

Così, all’inizio dell’anno scolastico 2012-2013, le 355 scuole lombarde che si aspettavano di avere un preside hanno dovuto trovare un reggente che facesse le funzioni del dirigente scolastico. Intanto, dopo un primo passaggio al Tar, è arrivata la sentenza del Consiglio di Stato, che di fatto ha accolto i ricorsi. I giudici hanno deciso che gli elaborati delle prove scritte fossero ricorretti da una nuova commissione, stavolta con un’effettiva garanzia dell’anonimato, e che poi si rifacessero da capo gli esami orali.

E il 13 dicembre 2013 sono usciti i risultati della seconda correzione, che ha cambiato le carte in tavola. Dei 590 vecchi bocciati, 260 sono stati “salvati” dalla nuova commissione. Dei 406 vecchi promossi, 310 sono stati riconfermati e 96, invece, non sono stati ammessi alla nuova prova orale. E proprio questi 96, che hanno visto sfumare un posto da preside quando già se lo sentivano in tasca, hanno dato inizio a una nuova battaglia legale. Hanno presentato altri ricorsi al Tar della Lombardia, in cui contestano la seconda correzione.

In sintesi, le recriminazioni dei nuovi ricorrenti si basano su due punti principali. In primo luogo, ancora il tasto dolente dell’anonimato. Nel corso del 2012, gli elaborati sono stati oggetto di accesso agli atti, quindi sono entrati in possesso dei candidati e, potenzialmente, anche dei nuovi commissari. Senza contare che alcuni aspiranti presidi avevano pubblicato online le loro prove. Dunque, ancora una volta, tanti saluti alla garanzia di anonimato.

Punto secondo, le griglie di valutazione. La commissione ha deciso di usare nuovi criteri nella correzione, che i ricorrenti ritengono “generici ed indeterminati”. Un metro di valutazione poco dettagliato, è il loro ragionamento, lascia più spazio all’arbitrarietà nella correzione. E la logica conseguenza sono risultati che, in alcuni casi, appaiono completamente ribaltati. Per esempio, nove persone hanno visto precipitare la loro valutazione dal massimo dei voti, 30/30, al minimo per la sufficienza, 21/30. Ed è andata peggio a quanti, promossi dalla prima commissione, sono stati bocciati per essere passati da 25/30 a 14/30, da 26/30 a 14/30, da 28/30 a 15/30 e così via.

Al contrario, appare ancora più clamoroso il balzo in avanti di alcuni candidati bocciati dalla prima correzione e “salvati” dalla seconda. Dodici prove sono passate da una netta stroncatura (4/30) a una valutazione sufficiente, superando quota 21/30. Il caso forse più eclatante è quello di un candidato che da 0/30 è balzato a 25 punti. E tra i “graziati” dalla seconda commissione, si mormora non senza malizia tra i ricorrenti, ci sono anche alcuni personaggi “eccellenti”. In particolare, si tratta di dieci funzionari che lavorano tra l’Ufficio scolastico regionale della Lombardia e i vari Uffici territoriali, oltre a figli di nomi noti.

Il prossimo giorno cruciale, in questa estenuante battaglia legale, sarà il 25 febbraio. In quella data, mentre si concluderanno gli esami orali dei nuovi promossi, al Tar della Lombardia si terrà l’udienza sugli ultimi ricorsi. I giudici amministrativi decideranno se emettere una sentenza o imporre di sospendere la redazione della nuova graduatoria, per dare più avanti un verdetto definitivo. Alle scuole lombarde, in attesa di un preside da ormai un anno e mezzo, non resta che aspettare.

Classi sempre più multietniche: un alunno su dieci di origini straniere, ma la metà è nata in Italia

da Repubblica.it

Classi sempre più multietniche: un alunno su dieci di origini straniere, ma la metà è nata in Italia

Il documento di analisi del Ministero: a otto anni dalla prima stesura sono quasi raddoppiati, e sono ormai 200mila nelle scuole superiori. Rendendo non più rinviabile la questione dello jus soli

di SALVO INTRAVAIA

Aule scolastiche italiane sempre più multietniche e adesso quasi un alunno su dieci è di origini straniere. La presenza di alunni nati da genitori stranieri quest’anno ha raggiunto le 830mila unità. A certificarlo è lo stesso ministero dell’Istruzione. Un dato, quello comunicato da viale Trastevere in occasione dell’emanazione delle nuove Linee guida per l’accoglienza e l’integrazione degli alunni stranieri, che fa segnare l’ennesimo record di presenza straniera tra le mura scolastiche.

Ma dalle ultime ricognizioni sulla presenza straniera nelle scuole italiane emerge che metà degli alunni censiti come stranieri sono in realtà nati nel nostro Paese. Bambini e ragazzi che parlano con inflessioni di tutte le regioni italiane. E che contribuiscono a rendere non più rinviabile la questione dello jus soli, il  riconoscimento della cittadinanza italiana a coloro che nascono nel  nostro Paese.

“A otto anni di distanza dalla prima stesura  –  spiegano da viale Trastevere  –  esce il nuovo documento che guarda agli alunni con cittadinanza non italiana tenendo conto di uno scenario profondamente mutato che ha richiesto di aggiornare le indicazioni operative per le scuole”.

“Il numero di alunni con cittadinanza non italiana nelle nostre scuole  –  proseguono dal ministero  –  è passato infatti dai 430mila del 2006 (anno di emanazione delle ultime Linee guida) agli 830mila di oggi”. In appena otto anni sono quasi raddoppiati. Ed è anche cambiata la loro distribuzione “che si è progressivamente spostata dalla scuola primaria alla scuola secondaria di primo e secondo grado”. Oggi, le scuole superiori del nostro Paese sono frequentate da “200mila studenti con cittadinanza non italiana di cui l’80 per cento frequenta istituti tecnici e professionali”.  Nel 2005/2006 erano appena 83mila.

Ma dagli esiti degli scrutini finali traspare che ancora in parecchi arrancano. E le nuove Linee guida propongono indicazioni aggiornate alle scuole sull’orientamento scolastico, sulla valutazione e sulla istruzione e formazione dei giovani e degli adulti. In altre parole, l’obiettivo del documento firmato questa mattina dal ministro Maria Chiara Carrozza “è quello di offrire alle scuole una selezione ragionata di soluzioni organizzative e didattiche elaborate e realizzate dalle scuole stesse. In questo senso il documento si propone come veicolo di disseminazione e condivisione delle migliori pratiche già messe in atto per l’accogliere ed accompagnare in modo ottimale i sempre più numerosi ragazzi di origine non italiana che le frequentano”.

Dal Miur le nuove linee guida per gli studenti stranieri

da La Stampa

Dal Miur le nuove linee guida per gli studenti stranieri

Nelle scuole italiane ci sono 830.000 alunni da accogliere e integrare
roma

Il ministro dell’Istruzione Maria Chiara Carrozza ha firmato il testo delle nuove “Linee guida per l’accoglienza e l’integrazione degli alunni stranieri”. Le precedenti risalivano al 2006, quando gli alunni stranieri erano 430.000 a fronte degli 830.000 di oggi.

Il testo – si legge sulla home page del sito del Miur – è frutto di un lungo lavoro di raccolta ed elaborazione di dati ed esperienze effettuato dall’ufficio “Immigrazione, orientamento e lotta all’abbandono scolastico” della Direzione generale per lo Studente del Miur. A otto anni dalla prima stesura, esce dunque il nuovo documento che guarda agli alunni con cittadinanza non italiana tenendo conto di uno scenario profondamente mutato che ha richiesto di aggiornare le indicazioni operative per le scuole.

Cambiata è anche la distribuzione degli alunni stranieri, che si è progressivamente spostata dalla scuola primaria alla scuola secondaria di primo e secondo grado. In particolare, riferisce il Miur, sono 200.000 gli studenti con cittadinanza non italiana iscritti al secondo grado e l’80% frequenta istituti tecnici e professionali.

Il documento firmato propone indicazioni aggiornate sui temi dell’orientamento scolastico, della valutazione, dell’istruzione e formazione dei giovani e degli adulti. La caratteristica distintiva del fascicolo è quella di offrire alle scuole una selezione ragionata delle soluzioni organizzative e didattiche elaborate e realizzate dalle scuole stesse. In questo senso il documento si propone come «veicolo di disseminazione e condivisione delle migliori pratiche già messe in atto per l’accogliere ed accompagnare in modo ottimale i sempre più numerosi ragazzi di origine non italiana che le frequentano».

Invalsi: noi misuriamo non valutiamo

da Tecnica della Scuola

Invalsi: noi misuriamo non valutiamo
di P.A.
Il Corriere racconta gli interventi alla presentazione del libro edito da Laterza della Fondazione Agnelli: “La valutazione della scuola, a cosa serve e perché è necessaria all’Italia”. Fra di essi anche  la neo presidente Invalsi, Anna Maria Ajello, l’ex ministro del “Concorsone”, Luigi Berlinguer, e il già ministro Francesco Profumo
“Noi siamo esperti che forniscono misurazioni, non valutazioni, la valutazione è il passo successivo. L’Invalsi deve offrire strumenti alla scuola per valutarsi e in questa ottica dobbiamo andare oltre i test che ci sono e che comunque vogliamo mantenere, per offrire altri strumenti, altri tipi di prove. Tutte le prove, nel loro insieme, porteranno poi alla valutazione complessiva” Se si esaminano bene i dati, anche quelli della Fondazione Agnelli, al centro del dibattito c’è l’Invalsi. “L’Invalsi”, spiega Ajello, “offre strumenti, è come un termometro che può misurare la temperatura ma per la diagnosi serve una valutazione medica, adeguata”. Bisogna andare incontro agli insegnanti che, dice la neo presidente, temendo si essere giudicati, osteggiano queste misurazioni mentre occorre decidere insieme, condividere. La valutazione va fatta, “dobbiamo continuare a fare rigorosamente quello che abbiamo fatto finora e dobbiamo fare di più, se per esempio dobbiamo misurare le competenze sulla cittadinanza, e non solo sulla grammatica e sulla matematica, occorrerà studiare prove adeguate. Insomma ci rivolgiamo alla scuola in modo problematico e non autoritario, non siamo i controllori, diamo strumenti. Anche perché quali sono le competenze da misurare e poi valutare lo decide la politica e non l’Invalsi”. Sul “cosa valutare” è intervento l’ex ministro Luigi Berlinguer, quello che alla fine degli ormai lontani anni Novanta introdusse per la prima volta in Italia tra forti resistenze il tema della valutazione, mettendo in piedi lo scheletro di quello che sarebbe poi diventato l’Invalsi. Prima ancora della valutazione – interviene Berlinguer – tabù che abbiamo provato a infrangere perché alla fine degli anni 90 nessuno voleva sentirne parlare, c’è da definire la funzione del docente. Vincere le resistenze significa da un lato abbandonare quell’idea della sacralità del professore che dice: “I voti li do io” ma nello stesso tempo dare grande valenza pubblica all’attività educativa. L’insegnante è sottovalutato, non può essere un impiegato civile dello Stato, l’insegnante è come il medico e come il magistrato, la sua è un’alta professione sociale. Se non facciamo questo prima di tutto non risolveremo il problema della valutazione”. Ma come valutiamo un insegnante, visto che anche la Fondazione ha detto che valutare il singolo non solo è inutile ma è dannoso? “Questo è l’altro nodo. Il modo in cui si insegna e si apprende in Italia, la trasmissione cattedratica di nozioni, in un mondo dove il web ha rivoluzionato il modo di apprendere, di conoscere le cose, è vecchia di cent’anni. Va cambiata”. Da qui parte anche il professor Francesco Profumo, ministro dell’Istruzione nel governo Monti. “C’è un modello industriale di istruzione che va respinto. Oggi la società è liquida, la valutazione va ripensata e, in un’ottica di trasparenza e pubblicità dei dati, andrebbe creata una piattaforma per mettere a disposizione i tanti dati che già ci sono sulle scuole. Non occorrono tante risorse e avremmo una valutazione continua”.

Il primo impegno del nuovo Ministro sarà la revisione dello stato giuridico

da Tecnica della Scuola

Il primo impegno del nuovo Ministro sarà la revisione dello stato giuridico
di Lucio Ficara
Anche se non è ancora chiaro se l’operazione verrà fatta per via contrattuale o per via legislativa. Potrebbe tornare in auge la “vecchia” proposta Aprea-Ghizzoni.
La corsa alla poltrona del Ministero dell’Istruzione non vede ostacoli anche se, per la verità, ci pare che per il momento nessuno stia sgomitando per prendere il posto di Maria Chiara Carrozza. Forse perché è una poltrona scomoda?  Certo è che chi sarà chiamato a guidare il Miur non avrà vita facile. I problemi irrisolti sono tanti, il sistema scuola è al collasso e i soldi da investire sono veramente pochi. Si tratta di un Ministero senza portafoglio o meglio con il portafoglio sigillato dal Mef. Forse sarà questo il motivo che non vede la ressa di pretendenti a questo nobile ma decaduto ministero. In pole position, al momento, sembra esserci il nome della Senatrice di Scelta Civica Stefania Giannini. Quale potrebbe essere una delle novità che potrebbero ispirare la prossima guida del Miur? E c’è già chi pensa che se sarà davvero lei il futuro Ministro, si parlerà quais subito di un nuovo stato giuridico degli insegnanti.  Di cosa si tratta nello specifico? Si tratta di rivedere il contratto nazionale di lavoro, ormai scaduto da un lustro, e prevedere delle progressioni di carriera e nuove modalità di reclutamento degli insegnanti che lascino progressivamente spazio all’autonomia responsabile delle istituzioni scolastiche e la possibilità di concorsi per reti di scuola. Si pensa inoltre di favorire come in ogni altra professione, la formazione e l’aggiornamento in servizio, anche consentendo di dedurre i costi sostenuti dai docenti. Per il prossimo responsabile del Miur, ci porrà anche l’esigenza (anzi la priorità) di rimotivare gli insegnanti e riconoscere economicamente, secondo un sistema di valutazione dei docenti, il loro impegno professionale.  Il modello organizzativo dovrà cambiare puntando su autonomia e responsabilità come principi fondanti. Il nuovo sistema di valutazione sarà basato su indici di performance oggettivi e calibrati sulle caratteristiche del bacino di utenza e dei livelli di entrata degli studenti.  Ritorna in auge l’idea di riforma dell’on. Valentina Aprea, che prevedeva per gli insegnanti una carriera articolata in tre livelli (docente iniziale, ordinario ed esperto). Questa carriera è programmata sulla base criteri di valutazione incentrati sul merito professionale, in modo da garantire alle istituzioni scolastiche autonome delle proprie professionalità che garantiscano quel valore aggiunto in termini di qualità e competenza.  La partita del nuovo stato giuridico degli insegnanti dovrà passare dalle forche caudine del rinnovo del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro della scuola, dove si spera possa trovare un serio e sereno confronto per garantire carriere vere, trasparenti e oggettivamente meritevoli.  Per intanto resta da capire se il prossimo ministro dell’Istruzione sarà davvero l’esponente di Scelta Civica, Stefania Giannini.

Appello dei filosofi, e non solo, per la filosofia

da Tecnica della Scuola

Appello dei filosofi, e non solo, per la filosofia
di P.A.
Sul sito dell’ Editrice La Scuola l’appello dei filosofi al futuro ministro dell’Istruzione, affinchè il nuovo Governo abbia come priorità la tradizione della cultura umanistica italiana. Tra i primi obiettivi: conservare l’attuale programmazione per la filosofia nei licei e reintrodurre la filosofia in tutti i corsi di scienze dell’educazione.
Primi firmatari: Massimo Adinolfi, Luigi Alici, Dario Antiseri, Luisella Battaglia, Franco Biasutti, Remo Bodei, Laura Boella, Francesco Botturi, Giuseppe Cantillo, Dino Cofrancesco, Raimondo Cubeddu, Fulvio De Giorgi, Maurizio Ferraris, Mariapaola Fimiani, Piergiorgio Grassi, Enrica Lisciani Petrini, Eugenio Mazzarella, Salvatore Natoli, Giuseppe Nicolaci, Luigi Pati, Luciano Pazzaglia, Paola Ricci Sindoni, Giuseppe Riconda, Leonardo Samona’, Emanuele Severino, Giusi Strummiello, Gianni Vattimo, Carmelo Vigna, Claudio Ciancio, Pier Aldo Rovatti, Franco Miano, Michelina Borsari, Gianfranco Dalmasso, Antonio Bellingreri, Enrico Berti, Armando Massarenti
Questo, per la filosofia e per la cultura umanistica in generale, è un momento non facile. Prevale un’ideologia tecnocratica, per la quale ogni conoscenza dev’essere finalizzata a una prestazione, le scienze di base sono subordinate alle discipline applicative e tutto, alla fine, dev’essere orientato all’utile. Lo stesso sapere si riduce a una procedura, e procedurali ed organizzative rischiano di essere anche le modalità della sua costruzione e valutazione. Un conoscere è valido solo se raggiunge specifici risultati. Efficacia ed efficienza sono ciò che viene chiesto agli studiosi: anche nell’ambito delle discipline umanistiche. In questo quadro non stupiscono, per restare nell’ambito filosofico, l’eliminazione della Filosofia teoretica da molti corsi universitari di Scienze dell’educazione, nonché, per quanto riguarda le scuole secondarie, l’idea di ridurre a due anni la formazione filosofica, a seguito del progetto per ora sperimentale di abbreviare il ciclo a quattro anni. Allo stesso modo non sorprende il fatto che, nonostante il diffondersi negli ultimi decenni delle etiche applicate (come la bioetica, l’etica ambientale, l’etica economica, l’etica della comunicazione) a tutt’oggi la bioetica è considerata nelle declaratorie una disciplina che rientra ufficialmente nei settori disciplinari della medicina e del diritto piuttosto che della filosofia. Con la conseguenza che viene privilegiato per questa materia un insegnamento di carattere procedurale, piuttosto che una formazione volta a fare chiarezza sui motivi di certe scelte per aiutare a prendere decisioni responsabili.  Ma tutto questo è la punta di un iceberg. È il segno che, privilegiando un pensiero unico modellato sulle procedure tecnologiche, abbiamo rinunciato alla nostra tradizione, alle molteplici espressioni della nostra umanità, e siamo diventati tutti più poveri nella riflessione e nella capacità critica. Si tratta di un problema che interessa anzitutto la dimensione educativa. Ma più in generale ne va del ruolo che, nel nostro paese, può giocare la dimensione della cultura. È necessario cambiare rotta.  È necessario contrastare questa deriva. Lo si può fare anzitutto bloccando i progetti che riducono o addirittura eliminano lo spazio della filosofia nell’istruzione secondaria e nell’insegnamento universitario. Lo si può fare chiedendo al nuovo governo impegni precisi: non solo per l’ammodernamento delle strutture scolastiche e universitarie, ma anzitutto per il sostegno e il rilancio di una cultura autenticamente umanistica, come sfondo all’interno del quale anche la ricerca scientifica e tecnologica acquista significato. È questo il modo in cui può trovare rilancio anche un’azione politica intesa come responsabilità del pensiero nei confronti della dimensione pubblica e del mondo. È questo il modo in cui il nostro paese può essere fedele al suo passato. È questo il modo in cui esso può trovare una vera collocazione nel presente e nel futuro dell’Europa

Sospensione posizioni economiche Ata, il Mef chiede chiarimenti al Miur

da Tecnica della Scuola

Sospensione posizioni economiche Ata, il Mef chiede chiarimenti al Miur
Dura reazione della Flc Cgil: “il Mef ammette che ci sono problemi nelle trattenute operate da febbraio. E solo ora, a danno fatto e non prima, chiede al Miur come fare”.
Con la nota NoiPa n. 18 del 18 febbraio (con oggetto “Comparto scuola. Prima e seconda posizione economica personale Ata blocco erogazione beneficio economico con decorrenza 1° settembre 2011 e annualità successive. Ulteriori chiarimenti”), il Ministero delle finanze annuncia che, “a seguito di ulteriori verifiche”  è necessario chiedere “ulteriori chiarimenti” al Ministero dell’Istruzione.

La Flc Cgil fa notare che “queste verifiche sono in realtà le denunce che abbiamo fatto pervenire tempestivamente al Miur”, aggiungendo: “il fatto è che il Mef, dismettendo per una volta l’arroganza che lo contraddistingue nei rapporti con le altre Amministrazioni e in particolare con il Miur, avrebbe dovuto chiedere questi chiarimenti  prima e non dopo”. Dopo i “chiarimenti” ci potrà finalmente essere una soluzione positiva alla vicenda delle posizioni economiche Ata? Anche in vista dell’aggiornamento della conciliazione fra sindacati e Ministero, cui si fa riferimento in altro articolo.