I quadri di un ragazzo autistico in mostra alla biblioteca nazionale di Torino

I quadri di un ragazzo autistico in mostra alla biblioteca nazionale di Torino

Inaugurata “L’arte interpreta l’autismo”, frutto di un lavoro di sensibilizzazione condotto dall’Angsa con i ragazzi del liceo artistico Statale. Tra loro Antonino Mancuso, ragazzo autistico che ha già esposto in una personale alla galleria InGenio, del capoluogo sabaudo

31 marzo 2014
da Redattore Sociale

TORINO – Vedere i suoni, sentire i colori, raffigurare sensazioni:  è ormai risaputo come gli individui affetti da autismo siano tra i pochi che riescono a sperimentare appieno quella modalità percettiva che il mondo chiama “cinestesia”. E osservando la destrutturazione formale che connota i quadri di Antonino Mancuso, un allievo del liceo artistico Statale di Torino, è piuttosto chiaro come questi siano “frutto di una diversa percezione”, come spiega Eva Mariotti, insegnante di discipline pittoriche del ragazzo.  Da questa mattina, le sue opere sono esposte alla Biblioteca nazionale universitaria, per una mostra intitolata “L’arte interpreta l’autismo”, che rimarrà aperta almeno fino al prossimo 5 aprile (anche se la data potrebbe ora slittare fino al 19).
Promossa dall’Associazione nazionale genitori soggetti autistici (Angsa) in occasione della seconda Giornata mondiale per la consapevolezza dell’autismo, l’esposizione ha coinvolto l’intera classe del ragazzo, che ha decostruito e rimesso su tela la propria visione del rapporto con lui e con la sua condizione.

Un rapporto felice, a giudicare dai quadri realizzati dai ragazzi, che sono disposti in un percorso pensato proprio per essere fruito agevolmente dalle persone affette da disturbi dello spettro autistico: ogni opera è contrassegnata da un segnale posto a livello del pavimento, che indica il punto esatto in cui fermarsi per poterla ammirare al meglio. Di fianco a ciascun quadro, poi, è posizionato un sistema di feedback, con la raffigurazione in cartoncino di due “emoticons”, come quelle usate nelle chat e negli sms, che possono essere utilizzate per esprimere il livello di gradimento del quadro.

Proprio nel tratteggio e nel tipo di soggetti disegnati emerge la differenza nel modo in cui Antonino e i suoi compagni si raffigurano il mondo: mentre le forme di questi ultimi “sono per lo più tondeggianti, con un immaginario legato ancora all’infanzia – prosegue la professoressa Mariotti – il tratto di Antonino esprime, in qualche modo, il mondo interiore di un adulto”.

Le sue linee, in effetti, sono spigolose, con “una continua interruzione, decostruzione e sovrapposizione delle figure”. Una modalità espressiva che Antony ha appreso da poco, e che tende a inquietare un sua madre, che ancora conserva i paesaggi che il ragazzo disegnava alle medie. Ma la Mariotti assicura che “ci troviamo di fronte a un creativo istintivo: il cui talento, se ben indirizzato, potrà dare frutti molto concreti”; non a caso, a soli 15 anni, Mancuso ha già esposto le sue opere in una personale ospitata  due mesi fa dalla galleria d’arte InGenio.

“L’arte interpreta l’autismo” è  frutto di un lavoro promosso dall’Angsa in collaborazione con la fondazione Teda: gli alunni della 2a A dello “Statale” sono stati sensibilizzati al confronto e al rapporto con la patologia. “La nostra associazione – spiega la presidente Angsa Arianna Porzi – svolge da anni questi tipo di attività nella scuola dell’obbligo, per migliorare il rapporto che i figli dei nostri soci hanno con i loro compagni. Con i quali, di solito, la relazione è già buona in partenza: più degli adulti, infatti. i ragazzi sono capaci di individuare dei canali di comunicazione istintivi, e proprio l’arte può rappresentare un ulteriore strumento, in questo senso. Noi, quindi, finiamo spesso per limitarci a fornire ai nostri figli e ai loro compagni degli accorgimenti e delle conoscenze sul modo ottimale per aggirare le difficoltà di relazione dovute alla patologia”.
Il progetto è realizzato con il contributo del Fondo speciale per il volontariato in Piemonte.  Per informazioni: www.angsapiemonte.it (ams)

Assolutamente valido il diploma magistrale linguistico per l’accesso al concorso

L’ANIEF continua a vincere al TAR Lazio: assolutamente valido il diploma magistrale linguistico per l’accesso al concorso

Non si fermano le vittorie ANIEF al TAR del Lazio: annullata la nota MIUR del 4 novembre 2012 che escludeva i nostri iscritti dal Concorso a Cattedra. L’Avv. Tiziana Sponga dà nuovamente prova della professionalità e della competenza in materia e ottiene piena ragione in favore dei ricorrenti con una nuova sentenza di totale accoglimento che riconosce senza ombra di dubbio l’assoluta validità del diploma magistrale linguistico come titolo valido per l’accesso al concorso.

Il Collegio della III Sez. bis del TAR Lazio sposa senza riserve le tesi da sempre sostenute dall’ANIEF e riconosce che la nota del Miur del 14.11.2012, “è, in ogni caso illegittima, in quanto introduce dei presupposti ulteriori per la validità del titolo di maturità magistrale, non previsti dalle norme del Bando di Concorso e dalla normativa di riferimento, non sussistendo ragioni normative per distinguere il titolo di maturità magistrale dal diploma di maturità magistrale, sperimentale, linguistico, conseguito dai ricorrenti ex art. 4 D.P.R. 31.305.1974 n. 419”.

Questa nuova vittoria conseguita dall’ANIEF, primo sindacato che si è impegnato ed ha agito per tutelare i diritti lesi dei candidati in possesso di maturità magistrale linguistica, permetterà ai docenti destinatari della sentenza di poter finalmente godere a pieno titolo dell’inclusione nelle graduatorie di merito del concorso a cattedra raggiunta dopo aver superato brillantemente tutte le prove concorsuali e potranno attendere con serenità l’agognato ruolo che il MIUR voleva illegittimamente negare loro contravvenendo alla normativa di riferimento, alla giurisprudenza consolidata e risalente in materia e alle previsioni riportate nello stesso bando concorsuale.

L’autismo parla attraverso il cinema

L’autismo parla attraverso il cinema: 10 film per la giornata mondiale

Il 2 aprile la ricorrenza indetta dall’Onu sulla “consapevolezza” della sindrome, di cui sono affetti nel mondo in varie forme in media una persona su 100 (600 mila casi in Italia). E che sembra trovare nel cinema il linguaggio migliore per essere spiegata

da Redattore Sociale
31 marzo 2014

ROMA – Si celebra il 2 aprile in tutto il mondo la Giornata mondiale per la consapevolezza dell’autismo indetta dall’Onu. Sindrome tuttora di difficile diagnosi, l’autismo è un disturbo cronico dello sviluppo del sistema nervoso centrale ad esordio precoce. Comporta una disabilità complessa che coinvolge in particolare l’ambito sociale, comunicativo e comportamentale.

Negli Stati Uniti un bambino su 68 è affetto da disturbi generalizzati dello spettro autistico (Dsa), cifra in crescita del 30% rispetto all’uno su 88 di due anni fa, e i maschi sono coinvolti 4-5 volte più delle femmine (Centers for Disease Control and Prevention). In Europa non esistono stime ufficiali in tutti i Paesi, e le stime disponibili indicano una prevalenza che varia dall’1 su 133 a 1 su 86. Sia in Europa sia negli Usa sono in aumento le diagnosi di autismo e sindromi correlate, più che raddoppiate nell’ultimo decennio: la maggiore capacità di riconoscimento di questi disturbi e l’anticipazione dell’età di diagnosi sono tra i motivi. In Italia non esistono stime di prevalenza a livello nazionale; se si applica la stima di prevalenza Usa si può ipotizzare che tra le 550 e le 600 mila famiglie convivano con questo disturbo. Mediamente passano due anni tra l’inizio dell’indagine da parte dei genitori e una diagnosi certa di autismo.

Tanti gli eventi per la Giornata mondiale. Uno degli aspetti che sta calamitando l’interesse un po’ ovunque è il rapporto tra autismo e cinema. A guardare la ricca produzione, alla quale si aggiungono via via nuovi titoli, sembra proprio che sia il cinema uno dei linguaggi più congeniali quando di parla di autismo. Lo dimostrano i tanti lavori che, a diverse latitudini, registi e cineasti dedicano al tema. Alcuni, con alle spalle riconoscimenti in diversi festival e rassegne, hanno scelto proprio il 2 aprile per uscire nelle sale e farsi conoscere al grande pubblico.

FESTIVAL NAZIONALE DEL TEATRO SCOLASTICO

COMUNE DI CESENA
Assessorato alla Cultura

con il Patrocinio di
Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca
Ufficio Scolastico Regionale per l’Emilia Romagna
con il sostegno di
Banca Popolare dell’Emilia Romagna Gruppo BPER
APT Servizi Regione Emilia Romagna
Romagna Iniziative

FESTIVAL NAZIONALE DEL TEATRO SCOLASTICO
Elisabetta Turroni

TEATRO A. BONCI
CESENA 8-13 APRILE 2014
XVI edizione

COMUNICATO STAMPA
(31 marzo 2014)

NOVITÀ DI QUESTA EDIZIONE

sezione di TEATRO CIVILE
Lezione di teatro di Alessio Boni
collaborazione con il Festival “Puerilia”

I 5 migliori spettacoli prodotti dalle Scuole Superiori italiane durante lo scorso anno scolastico arrivano a Cesena per sfidarsi in un vero concorso sul palcoscenico del Teatro Bonci: è la sedicesima edizione del FESTIVAL NAZIONALE DEL TEATRO SCOLASTICO Elisabetta Turroni, in programma dall’8 al 13 aprile 2014, che ogni anno seleziona, attraverso un bando pubblico a livello nazionale, i più interessanti progetti di teatro scolastico che coniugano qualità della messa in scena, coerenza del percorso formativo e riflessione sui temi della cultura giovanile.
Di fronte al pubblico delle Scuole di Cesena e dintorni, sempre più competente e appassionato, vanno in scena 5 titoli scelti dalla Commissione selezionatrice tra le 62 domande di partecipazione, un numero che testimonia la vivacità del teatro scolastico in Italia.

Il Festival è promosso e organizzato da Emilia Romagna Teatro Fondazione, sostenuto dal Comune di Cesena Assessorato alla Cultura con il contributo di Banca Popolare di Cesena e Banca Popolare dell’Emilia Romagna, APT Servizi Regione Emilia Romagna e Romagna Iniziative e gode del Patrocinio dell’Ufficio Scolastico Regionale per l’Emilia Romagna.

La Giuria è composta dal regista e attore Gabriele Marchesini (Presidente), Franco Bazzocchi (in rappresentanza del Comune di Cesena) e Franco Pollini, Direttore del Teatro Bonci.

Sono varie le novità dell’edizione 2014.
La prima è la nuova vetrina Speciale TEATRO CIVILE che prevede la rappresentazione, fuori concorso, dello spettacolo Bent – liberamente tratto dal testo di Martin Sherman sulla persecuzione degli omosessuali nella Germania nazista – dell’I.T.C.G. “F. NICCOLINI” di VOLTERRA (PI), che riceverà, per l’attività di laboratorio svolta nel carcere minorile, il primo Premio per il Teatro civile (Teatro Verdi, via Sostegni 13, giovedì 10 aprile ore 10). L’apertura a questo nuovo genere indica una delle linee di sviluppo che il Festival seguirà a partire dal prossimo anno.
Altra novità è la Lezione di Teatro di Alessio Boni (mercoledì 9 aprile ore 15.30, Foyer del Teatro Bonci), che nasce dalla volontà di creare occasioni di incontro fra gli studenti e i protagonisti della scena contemporanea.

Da menzionare fra le iniziative di quest’anno anche la collaborazione con Festival “Puerilia” organizzato dalla Societas Raffaello Sanzio, che si concretizza nell’inserimento dello spettacolo Jack e il fagiolo magico, – esito del Laboratorio Di bocca in bocca realizzato da Chiara Guidi nell’ambito di “Puerilia” – nel calendario del Festival Turroni (Teatro Comandini, corte del Volontariato 22, domenica 13 aprile ore 16.30 e ore 18.30, ingresso € 3).

Il programma si apre martedì 8 aprile (ore 10) con il primo dei 5 spettacoli in concorso, anche quest’anno rappresentativi di diversi generi teatrali: si va dallo shakespeariano  Il buffone dolce e quello amaro (da Re Lear), messo in scena dall’I.I.S. “G. VERONESE” di CHIOGGIA (VE) alla commedia Quella signora che venne a pranzo di Kaufman e Hart (mercoledì 9 ore 10) interpretata dall’I.T.E.S. “EINAUDI”-LIC.SC.ST. “G.GALILEI” di VERONA; da Quasimodo, liberamente ispirato al musical Notre Dame de Paris, dell’ I.T.C.G. “CATTANEO CON LICEO DALL’AGLIO” di CASTELNOVO NE’ MONTI (RE) (giovedì 10 ore 10), a Figli di M. da Medea di Euripide (venerdì 11 ore 10) del LICEO CLASSICO STATALE “SAN CARLO”-I.P.S.I.A. “F. CORNI” di MODENA. In chiusura, sabato 12 ore 10, l’ISTITUTO “DON BOSCO” “VILLA RANCHIBILE” di PALERMO presenta Casa di Alcesti da Euripide e Ibsen.

Il Festival si conclude con una valutazione della Giuria, che in base alle performance live assegna i vari Premi alle Scuole, segnalando le punte d’eccellenza dei singoli spettacoli (drammaturgia, messa in scena, scenografia, adattamento di un testo classico, coralità d’esecuzione, tema civile etc.). Il monte premi è di 2000 euro e viene assegnato per l’acquisto di attrezzature teatrali.
La Premiazione è prevista sabato 12 aprile alle ore 15 al Teatro Verdi di Cesena: partecipano le delegazioni delle Scuole in concorso e delle Scuole che hanno ricevuto dalla Commissione selezionatrice le segnalazioni per aspetti particolarmente interessanti del progetto presentato al bando. La lettura delle motivazioni e l’approfondimento su tutte le esperienze teatrali e didattiche coinvolte cerca di attivare, in questa occasione, un proficuo scambio di informazioni e di materiali.

L’edizione 2014 assegna il Premio per la creatività artistica (riservato agli artisti teatrali cesenati o legati al mondo scolastico e teatrale della nostra città che abbiano realizzato significative esperienza teatrali o cinematografiche) a Silvia Calderoni, per la sua attività di performer e attrice teatrale e cinematografica a cui la giovane artista è approdata anche grazie al periodo di formazione e lavoro passato a Cesena con il Teatro Valdoca.
Il Premio è promosso da Comune di Cesena e Banca Popolare di Cesena.

Il Festival propone come attività collaterale anche due pomeriggi del Corso di lettura ad alta voce per insegnanti Moby Dick diretto da Gabriele Marchesini (Teatro Perché), in preparazione dello spettacolo sull’opera di Melville – terzo appuntamento del Format Itaca che sarà realizzato durante l’anno scolastico 2014-15 (martedì 8 e giovedì 10 aprile ore 15.30, Sala Morellini del Teatro Bonci).

Una mostra di fotografie di scena scattate da Stefania Albertini documenta, nel foyer del Teatro, la quindicesima edizione, gli spettacoli e i ragazzi che vi hanno partecipato.

Gli ingressi agli spettacoli e la partecipazione alle attività collaterali previsti al Bonci e al Verdi sono completamente gratuiti.

Carta o digitale per studiare all’università?

Carta o digitale per studiare all’università? Domanda “da vecchi”, gli universitari li usano già entrambi. Ciò che cambia è come studiano. E’ quanto emerge dall’indagine AIE, in collaborazione con Anvur, Cun e Crui, presentata oggi a Roma e disponibile in ebook

Metà degli studenti dell’indagine cerca l’approfondimento per passare l’esame. Ma quasi 2 su 10 si limita a prepararsi sulle slide

Carta o digitale per studiare all’università? Domanda “da vecchi”, gli universitari li usano già entrambi. Ciò che cambia è come studiano non su cosa. Se vogliono imparare davvero cercano dappertutto, tra i libri e sul web. Se sono interessati a minimizzare gli sforzi rispetto all’esame, usano quel che è più funzionale. Certo è che metà degli studenti che hanno partecipato a questa indagine vogliono approfondire. E’ uno spaccato positivo quello che emerge dall’indagine presentata oggi dall’Associazione Italiana Editori (AIE) a Roma e che mappa come gli universitari studiano usando supporti diversi: condotta da AIE, in collaborazione con Consiglio Universitario Nazionale (CUN), Conferenza dei Rettori delle Università Italiane (CRUI) e Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca (ANVUR), ha interessato gli oltre duemila studenti universitari tra i diciotto e trent’anni che hanno partecipato al concorso è-book, all’interno del Maggio dei libri.  E’ disponibile da oggi in un ebook a cura di AIE e Marina Micheli, Stili di studio degli universitari italiani tra carta e digitale sulle principali piattaforme online per la collana tutta digitale dei Quaderni del Giornale della Libreria. Cosa ne emerge? (la sintesi è in allegato)
Il discrimine non è tra carta e digitale ma tra chi studia per apprendere e chi studia per passare gli esami. I primi, infatti, in base ai dati dell’indagine, usano di tutto, non fanno distinzione tra carta e digitale. Quel che conta è il contenuto. I secondi tendono a semplificare, talvolta – pragmaticamente – anche loro senza distinguere tra carta e digitale, talvolta concentrandosi sul digitale come strumento ottimo per “il minimo sforzo” (e forse il minimo futuro…).
Il digitale quindi integra o sostituisce? Integra (a parte il fenomeno-slides): Le slides di lezione e le risorse web consigliate dal docente sono le uniche modalità di studio che risultano essere (almeno in parte) sostitutive e non integrative dei manuali, che restano comunque lo strumento principale per lo studio. Sono anche correlate con uno studio più superficiale: chi si concentra su queste fonti poi non approfondisce, né su carta, né su digitale.
I 5 identikit di chi studia oggi all’università (nel dettaglio sono in allegato): gli studenti sono stati classificati in cinque categorie, sulla base delle modalità prevalenti di studio. Gli Onnivori, che usano di tutto e per fortuna sono la categoria più numerosa (quasi 4 studenti su 10 di quelli che hanno partecipato all’indagine oggi sono così), gli Esploratori, che arricchiscono con approfondimenti autonomi (su web o libri) e sono il 13% (insieme agli Onnivori rappresentano la metà degli studenti del campione). I Tradizionalisti, che tendono a usare poco le tecnologie, concentrandosi soprattutto sullo studio del manuale. I Pragmatici, che usano un po’ tutte le fonti che aiutano a passar gli esami, a partire dai manuali, ma non approfondiscono per proprio conto. E poi ci sono i Minimalisti, gli unici a usare meno i manuali, sostituiti da slide o fonti web del docente: quasi due universitari su 10 tra quelli che hanno partecipato all’indagine oggi studiano così .
<I dati e l’indagine – ha sottolineato la presidente del Gruppo accademico professionale di AIE Mirka Daniela Giacoletto Papas – ci confermano che è venuto il momento di smettere di discutere se i libri di studio devono essere di carta o digitale per tornare a parlare dei contenuti e dei modi migliori per stimolare i ragazzi ad approfondire, a non accontentarsi del minimo, perché “Il futuro è nei libri che leggi” come ci dice lo slogan bellissimo del vincitore dell’edizione 2013 di è-book Matteo Zocchi. E, aggiungo, possono benissimo essere libri digitali. Carta e digitale appaiono come elementi naturali del paesaggio in cui i nativi digitali si muovono. Non li vedono in contrasto. Li usano entrambi, secondo le occasioni e le finalità del momento. Per gli editori è forse questo il messaggio principale che viene dall’indagine: come gli studenti “onnivori” delineati dalla ricerca, dovremo utilizzare tutte le possibilità che le tecnologie ci offrono. Ragionando su ciò che più è utile agli studenti. Approfondendo>.

Il Congresso FISH 2014 tira le somme

Il Congresso FISH 2014 tira le somme

Tre giorni intensi e appassionati (27/29 marzo) quelli del Congresso 2014 della Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap che quest’anno festeggia il ventennale della sua costituzione. Tre giornate di confronto ma soprattutto di programmazione politica per l’immediato futuro e per prospettive di più lungo respiro. Per consolidare e rilanciare la propria iniziativa politica.

Non c’è futuro senza memoria: ricordare da dove si è partiti, la strada percorsa, i successi e gli insuccessi di vent’anni di attività, i cambiamenti del contesto politico, sociale, culturale, è indispensabile per ogni azione futura forte di una oramai robusta identità.

La prima giornata (Spazio Aperto, Roma) ha offerto l’occasione proprio per iniziare la riflessione, aprendo l’incontro ad un folto e qualificato gruppo di ospiti: dal Parlamento ai Ministeri, dall’INPS alle organizzazioni sindacali, dagli Enti locali alle organizzazioni dell’impegno civile.

Densa la prolusione del Presidente Pietro Barbieri: uno spaccato di cosa sia accaduto, in vent’anni, di positivo e negativo per le persone con disabilità, di come la loro identità, la loro volontà di esserci da protagonisti abbia inesorabilmente prodotto effetti significativi ed abbia fornito strumenti e occasioni per non poter essere più esclusi dal confronto e dalle decisioni future che li riguardano. Una strada lunghissima ancora da percorrere.

Particolarmente atteso l’intervento del neo-ministro del lavoro e delle politiche sociali, Giuliano Poletti. Da Poletti un riconoscimento netto all’autorevolezza di FISH e alla sua capacità di saper rappresentare le istanze, i disagi ma anche le idee per una società più inclusiva, più attenta, e in grado di non lasciare nessuno “indietro” o “fuori”.

Il Ministro ha rassicurato circa le risorse destinate alla politiche sociali: non saranno oggetto di spending review né di interventi di riduzione.

Medesima rassicurazione circa i criteri di concessione dell’indennità di accompagnamento: rimarranno tali, per ora, senza intervenire in modificazioni di sorta. Questo non significa, ha precisato Poletti, che il comparto delle provvidenze assistenziali – o piuttosto delle politiche di sostegno alle persone con disabilità – non saranno oggetto di una oculata e cauta rivisitazione.

I lavori congressuali

La seconda e la terza giornata sono state dedicate ai lavori congressuali veri i propri. Dopo aver apportato modifiche allo Statuto al fine di favorire ulteriormente la partecipazione associativa e migliorare l’organizzazione degli organi direttivi, il Congresso ha ascoltato e approvato la relazione del Presidente Pietro Barbieri.

Centrale l’appello alla futura Giunta che “dovrà assumere questa connotazione: una squadra plurale di vertici associativi in grado di assumere su di loro la responsabilità della dimensione politica e organizzativa del movimento che in Italia si è posto come avanguardia nella promozione dei diritti delle persone con disabilità e delle loro famiglie.”

Una voce unitaria risultante dalla partecipazione altrimenti vi è il rischio di “un ritorno alle categorizzazioni, alle divisioni per disabilità o, peggio, per patologia, produrrebbe l’involuzione antecedente la stessa nascita della Federazione in cui il nostro mondo sarebbe considerato come frammentato, fragile, fondato su personalismi ed incapace a proporsi come soggetto politico credibile.”

Il Congresso, oltre ad approvare la relazione del Presidente uscente, ha unanimemente tributato un commosso saluto a Pietro Barbieri che lascia la guida della Federazione dopo 18 anni nel corso dei quali ne ha segnato profondamente la storia, l’attività e la indiscutibile crescita.

Le mozioni congressuali

Il Congresso si è poi dedicato alla discussione e all’approvazione della mozione generale e delle mozioni particolari. Tutte segnano l’attività e le iniziative della Federazione già nell’immediato.

Molto dettaglia e particolareggiata la mozione generale che individua i punti salienti e prioritari declinando obiettivi e azioni sulle politiche sociali, sulle politiche per la disabilità, sulla salute, sulla vita indipendente, sul lavoro di cura, sul lavoro, sull’inclusione scolastica.

Su quest’ultimo aspetto è stata approvata una ulteriore mozione particolare sulla qualità dell’inclusione scolastica e l’istruzione domiciliare, oltre che sulle tasse scolastiche.

Garanzia dei diritti umani e della vita indipendente sono l’oggetto di una mozione di denuncia presentata da ENIL e approvata dal Congresso.

La promozione della conoscenza dei fondi strutturali europei e delle politiche dell’Unione e internazionali sulla disabilità saranno al centro di uno specifico seminario, approvato in una mozione presentata da DPI.

Un ulteriore mozione particolare è stata riservata alla futura formazione dei quadri dirigenti della FISH: obiettivo favorire la partecipazione qualificata dei under35.

Unanimità per l’ultima mozione, presentata da Roberto Speziale (Presidente ANFFAS).

In Italia sussistono ancora oggi realtà segreganti per le persone con disabilità, in particolare di origine intellettiva, che sono costrette a vivere presso istituzioni totali che per loro natura non consentono alcuna reale inclusione. Ciò contro l’articolo 19 della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità.

La mozione impegna la FISH a elaborare, avanzare e sostenere proposte di modifica normativa nella direzione di rimuove ogni situazione segregante di istituzionalizzazione delle persone con disabilità a favore della domiciliarità o di piccole comunità, della permanenza e inclusione nella propria comunità di origine. Ed inoltre a promuovere linee di finanziamento consolidato mirate alla deistituzionalizzazione delle persone con disabilità.

Il rinnovo della Giunta nazionale

Il Congresso ha infine rinnovato la Giunta nazionale. Essa passa a 15 componenti con la decisione di riservare all’interno dell’organo tre rappresentanti espressione delle Federazioni regionali, sempre nell’ottica della massima partecipazione. Gli altri 12 componenti rimangono espressione associativa.

Su 110 delegati ammessi al voto, sono risultati eletti:

Per le associazioni: Vincenzo Falabella (FAIP, 98 voti), Mario Battaglia (AISM, 61), Silvia Cutrera (DPI Italia, 60), Roberto Speziale (ANFFAS, 55), Marcello Tomasetti (UILDM, 53), Marco Espa (ABC, 52), Vincenzo Soverino (AISLA, 42), Antonio Cotura (FIADDA, 39), Marzia Tanini (UNITALSI, 38), Germano Tosi (ENIL Italia, 36), Mario Chimenti (FANTASIA, 26), Francesco Diomede (AISTOM, 25)

Per le Federazioni Regionali: Donata Vivanti (Toscana, 92 voti) Daniele Romano (Campania, 76) Giampiero Licinio (Friuli Venezia Giulia, 25)

Rinnovato anche il Collegio dei revisori dei Conti (Franco Giona, Francesco Marconetti, Andrea Napoli).

Nei prossimi giorni verrà definita la prima seduta della Giunta, nel corso della quale verrà eletto il Presidente, i vicepresidenti, segretario e tesoriere.

Un lunghissimo applauso ha salutato Salvatore Nocera che con passione, competenza di massimo livello è stato una personalità centrale nella storia e nelle azioni della FISH. Nocera rimane un punto di riferimento per la Federazione ma esce dalla Giunta. Rimane nel Comitato dei Garanti (con Trincheri e Coppedè), organo anch’esso rinnovato in occasione del Congresso.

Partecipata e particolarmente sentita la serata di venerdì 28 marzo dedicata al ricordo di Bruno Tescari e di Gianni Selleri, due compiante personalità che hanno molto contribuito alla nascita e al consolidamento della FISH, ma che sono state testimoni di un impegno civile e culturale anche al di là delle sigle e delle appartenenze.

In Svezia la scuola senza aule né orari

da Wired

In Svezia la scuola senza aule né orari

Sembrerebbe in sogno proibito di ogni studente ma nel Paese scandinavo è realtà. Sono gli Istituti Vittra e contano oltre 8500 studenti

Chi non ha mai sognato, da piccolo, una scuola senza aule cupe e orari rigidi? In Svezia tutto questo – e anche di più – è possibile presso gli Istituti Vittra, la cui filosofia è quella di lasciar liberi i propri studenti, tra i 6 e i 16 anni, in spazi sì, predisposti per lo studio, ma non predefiniti: salvo minime differenze strutturali, ogni scuola del Consorzio Vittra si compone di un’area centrale aperta da cui si diramano stanze laterali con pareti di grande vetri. Le aree principali sono Laboratory, Watering Hole, Campfire, Cave e Show Off, che corrispondono al laboratorio, all’area di ritrovo, alla zona per i progetti ed i lavori collettivi, alla sala lettura o relax e al teatro. Ogni stanza, che sia quella con i gradoni o quella con i cuscini oversize, può poi essere adibita ad aula studio, stanza dei compiti, dei giochi o della musica a seconda dell’esigenza di studenti e insegnanti. E che sia chiaro: nelle scuole Vittra si entra senza scarpe e cappotti, da lasciare nei proprio armadietti all’ingresso. E i ragazzi avranno freddo? Neanche per sogno: il design, ça va sans dire, è puramente svedesi quindi essenziale, di grande impatto e soprattutto orientato all’eco-sostenibilità; pannelli solari, legno da coltivazioni intelligenti e numerose piccole accortezze eco-friendly sono d’obbligo.

La prima scuola Vittra, quella di Rösjötorp, è stata fondata nel 1994 ma è solo con la recente apertura della quinta tecnologica filiale, che ha visto l’architetto Rosan Bosch impegnata nella ristrutturazione dell’ex impianto industriale Ericsson, che la filosofia Vittra ha iniziato ad attrarre l’attenzione mondiale di architetti così come di educatori, nonché un boom di richiesta di iscrizione (gli studenti vengono ammessi soltanto in base all’ordine di iscrizione, non ci sono test d’ammissione).

Ogni attività proposta nelle scuole rispetta le sei promesse che Vittra fa ai proprio alunni: trovare l’approccio adatto per incoraggiare le loro naturali inclinazioni; cercare, quanto più possibile, di affiancare allo studio l’esperienza reale; incentivare l’utilizzo del metodo di studio  proprio di ogni studente, tentando di stimolarne la curiosità; credere sinceramente nelle capacità di tutti gli alunni e prendere sul serio ogni loro domanda; insegnare a comunicare e a lavorare nel costante rispetto altrui; fornire le basi per un apprendimento il più internazionale possibile, insegnando fin da subito l’inglese e favorendo gli scambi culturali.

Promesse che evidentemente vengono mantenute a cui credono le istituzioni: benchè privati, infatti, gli Istituti Vittra vengono finanziate con fondi pubblici. Per gli studenti nessuna retta da pagare dunque, in pieno stile Vittra, una volta iscritti viene solo richiesto loro solo di imparare…a modo loro. Impresa ardua fare un paragone con il sistema scolastico nostrano, tanto da non saper quasi da dove cominciare, oppure qualcuno sa contare gli anni luce?

Se la bidella è psicolabile

da TuttoscuolaNews

Se la bidella è psicolabile

La cronaca dei giorni scorsi ha dato ampio spazio all’episodio di quella bidella supplente che, al primo giorno di lavoro, ha tenuto in ostaggio una classe, minacciando gli scolari con un paio di forbici prima di essere bloccata e poi ricoverata in stato confusionale.

Tutti contenti per lo scampato pericolo, pacche sulla spalla dell’alunno che ha dato l’allarme e incidente subito archiviato. Ma crediamo sia opportuno fermarsi a riflettere.

Il fatto che una persona psicolabile (docente o bidello) possa entrare a contatto con gli alunni, soprattutto se piccoli, rientra nella normalità. Può sembrare strano, ma purtroppo è così, perché il nostro sistema scolastico non prevede né filtri né verifiche attitudinali preventive.

E questo vale sia per l’assunzione di insegnanti che di bidelli. Per i primi viene valutato soltanto il livello culturale in occasione dei concorsi oppure l’ordine di graduatoria per le supplenze; per i secondi conta soltanto la graduatoria.

Chiunque può presentare domanda di supplenza: basta avere il titolo di studio richiesto. Nessuno controlla se la persona è adatta a stare con i minori.

Se si tratta di una persona normale, tutto ok, se no bisogna sperare nella buona stella. Un colloquio? Un test psico-attitudinale? E perché mai? Le regole e i comportamenti che varrebbero per chiunque gestisca in proprio un’attività, non valgono per lo Stato “datore di lavoro”.

Eppure nella selezione delle persone alle quali si affidano i nostri figli per tante ore al giorno dovrebbero comprensibilmente esserci cautele supplementari. Non è così nella scuola italiana.

Solo se succede qualcosa di grave il dirigente è costretto a intervenire. Ma in tale caso, avvocati e sindacati permettendo, non sarà mai né facile né breve rimuovere la persona non adatta alla funzione. Molte volte, addirittura, gli incapaci e i disadattati (è un eufemismo) riescono a rimanere impuniti al loro posto.

Il diritto degli alunni viene dopo. E la scuola va, come può.

Giannini/1. Due parole chiave, quattro principi e…

da TuttoscuolaNews

Giannini/1. Due parole chiave, quattro principi e…

La scorsa settimana il ministro Stefania Giannini ha presentato al Senato le sue ‘linee programmatiche’ enunciando all’inizio del discorso quattro ‘principi’ – semplificazione, programmazione, valutazione, internazionalizzazione – e alla fine due ‘parole chiave’, competizione e cooperazione.

Dentro questa rete concettuale sta una serie di operazioni che non sono soltanto di razionalizzazione: semplificazione di norme e procedure, nuovo Testo Unico, due diligence sul personale (sembrerebbe, per come è stata presentata, una variante della spending review) ma di cambiamento di aspetti importanti dell’attuale assetto del nostro attuale sistema scolastico, di tipo sia ordinamentale (potenziamento o introduzione di alcune materie) sia relativo all’autonomia delle scuole e alla carriera degli insegnanti.

Operazioni che potranno essere sviluppate in parte per via amministrativa, ma che richiederanno anche una serie di interventi legislativi, e probabilmente di deleghe, tale da impegnare governo e Parlamento per l’intera legislatura.

Nella news successiva abbiamo provato a redigere un elenco delle misure che riguardano la scuola (di università e ricerca Giannini tratterà in altra occasione), tratto dalle linee programmatiche illustrate dal ministro al Senato. Le varie misure sono disposte nell’ordine in cui sono state progressivamente presentate. E formano un corpus che in omaggio alla linguista Giannini definiremmo ‘impressive’.

Priorità per la scuola/1: rivoluzione digitale e …

da TuttoscuolaNews

Priorità per la scuola/1: rivoluzione digitale e … 

Nelle linee programmatiche esposte dal ministro Giannini alla 7° Commissione del Senato, l’agenda digitale e l’aggiornamento obbligatorio in servizio del personale dirigente e docente non sembrano occupare la posizione centrale che meritano. L’enfasi dell’enunciazione “allargare l’orizzonte e lo sguardo vuol dire, infine, scuola digitale … prima si parte e meglio è. E quindi è importante iniziare fin dalle primarie” fa molto rumore ma produce pochi effetti in assenza di un vincolato piano finanziario, di indicazioni puntuali di obiettivi, di strumenti e tempi necessari per realizzarli.

Serve un’assunzione di responsabilità precisa, una piattaforma programmatica che andando oltre i propositi dica cosa si è disposti a mettere sul tavolo, a fare subito per creare le premesse operative. E’ vero la tecnologia non è completamente fuori dalla scuola italiana, ma siamo in fondo alla classifica, lontani dalle percentuali europee. Le iniziative di sperimentazioni con strumenti tecnologici coinvolgono nel corrente anno scolastico 36 scuole e oltre 1200 cl@ssi 2.0. Nelle predette cifre non sono comprese le 329 istituzioni scolastiche e formative del progetto Generazione Web Lombardia e le Regioni Campania, Puglia, Sicilia e Calabria coinvolte nel progetto Obiettivo Convergenza, finanziato con risorse europee.

La consapevolezza del ritardo deve indurre ad abbandonare la propensione al “catenaccio” e passare all’attacco. La “trasformazione” digitale deve rappresentare una strategica priorità perché lo sviluppo qualitativo del sistema educativo passa necessariamente dalla capacità di raccogliere le sfide e le opportunità offerte dall’innovazione tecnologica.

«Salviamo insieme il colle di Leopardi Dico no alla rottamazione degli statali»

da Il Messaggero

«Salviamo insieme il colle di Leopardi Dico no alla rottamazione degli statali»

Intervista al Ministro Giannini

Maria Latella

Dice il ministro Giannini: «La campagna del Messaggero non è la solita battaglia per il decoro del paesaggio. È qualcosa di più. È una campagna contro l’ignoranza». Lo afferma con vigore il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini, che aggiunge: «E io mi associo con grande convinzione a questa campagna. Le Operette morali di Leopardi, del resto, sono il manifesto contro l’ignoranza del suo tempo». In questa conversazione con il ministro partiamo dall’Ermo Colle («L’ho visto per la prima volta un anno fa, durante una visita a Recanati. Sembra impossibile, ma non c’ero mai stata prima») per approdare al conflitto tra generazioni, o meglio al tema-chiave della società italiana: come far posto ai giovani senza escludere il valore dell’esperienza dei più anziani e senza gravare ulteriormente sul sistema pensionistico? Vasto programma, ma il ministro Giannini una sua idea ce l’ha. La campagna e la raccolta di firme lanciata dal Messaggero in difesa del colle leopardiano è, lei dice, una battaglia contro l’ignoranza. «Sì. Può sembrare generico, velleitario parlare di battaglia contro l’ignoranza, ma l’ignoranza è alla base di tutto. È, per cominciare, nemica della natura. Leopardi combatte tutti i visibili segni dell’ignoranza perché la vede fare filtro alla verità». Giacomo Leopardi è tra i poeti più citati all’esame di maturità. Era così negli anni Settanta ed è, probabilmente, così anche oggi. Riesce a parlare ai giovani delle diverse generazioni. «Perché ha una dimensione eroica ed è anche il poeta della solidarietà umana, nella Ginestra almeno. Leopardi è il poeta della verità e i giovani la cercano, la verità. Se non la cerchi a 18 anni, quando la cerchi? Ora che ci penso, credo di averlo portato anch’io all’esame di maturità». Giacomo Leopardi, citando il Cortegiano di Baldassar Castiglione ricorda che i vecchi “sogliano lodare il tempo in cui furono giovani, e biasimare il presente”. D’altra parte, aggiunge, “i giovani parlano delle cose proprie credendo per certissimo che chi ode le curi poco meno che le curano essi”. Insomma: ventenni autocentrati e cinquanta-sessantenni pessimisti. Il confronto tra generazioni tiene banco da secoli, ma ora, in Italia, c’è di mezzo la sopravvivenza economica. «Fuori tu, che hai il posto fisso, dentro io che a 30 anni ancora non lavoro». Al ministro Marianna Madia che propone di prepensionare un certo numero di dipendenti pubblici per rinnovare la Pubblica amministrazione e far largo ai giovani, lei ha risposto che non è questa la strada. Qual è allora? «Mi sono permessa di osservare che un Paese nel quale si spendono in pensioni 270 miliardi di euro non dovrebbe vedere nel prepensionamento la chiave di ingresso dei giovani nella Pubblica Amministrazione. Se ricorriamo ciclicamente allo strumento dei baby pensionamenti non se ne esce più. A mio parere la strada è un’altra: introduciamo i criteri di valutazione. Chi è bravo viene premiato, chi non raggiunge i risultati rende conto del perché non li ha raggiunti. È quello che, con molta fatica, sta facendo l’università attraverso l’agenzia nazionale di valutazione. È faticoso, certo. Ma sono anni che, ciclicamente, si cerca la strada facile del prepensionamento e non mi pare abbia migliorato la qualità del settore pubblico. E poi: tutti dicono che con la legge Fornero abbiamo fatto un’ottima riforma delle pensioni e vogliamo un’altra deroga, un nuovo cambiamento?». Ma se non si comincia ad assumere, quel 40% di giovani italiani disoccupati non lavorerà mai, non lavorerà più. «Allora diciamo con chiarezza che consideriamo la Pubblica Amministrazione un ammortizzatore sociale. Diciamo che lo Stato dovrà farsi carico di venti-trenta-quarantamila assunzioni, sto facendo ovviamente ipotesi di scuola. Attenzione, però. A me risulta che in Italia ci siano aziende alla ricerca di quarantottomila lavoratori qualificati. E non li trovano. Non manca il lavoro, manca la formazione di lavoratori qualificati. Vogliamo perpetuare l’assistenzialismo immettendo nella P.A. dipendenti che non hanno alcuna idea della macchina amministrativa mentre mandiamo via chi ha esperienza? Spacciare questa proposta per una novità mi sembra assurdo». Con Marianna Madia ne avete parlato? «Non ancora, ma ci sarà occasione di farlo nel Consiglio dei ministri. A Matteo Renzi, invece, lancio una sfida semantica. Lui ha usato il termine “rottamazione”, io gli propongo di sostituirlo con “valorizzazione”. Valorizziamo chi ha esperienza e merita, valorizziamo i giovani. Nel privato, tra le aziende italiane, vanno bene quelle che sanno valorizzare il personale. Dovremmo fare lo stesso nel pubblico. Dico no ai tagli lineari alle persone fisiche». Scriveva Leopardi: “Infame, pur naturalissimo, è il disprezzo de vecchi, anche nella società più polita”. Però in Italia restano fino a 80 anni a guardia della loro poltrona e si capisce una crescente insofferenza. «Non vorrei passare dal dominio pluridecennale di una classe dirigente che non schiodava nemmeno con le cannonate, al dominio di cosiddetti giovani che rivendicano posizioni per il solo fatto di essere giovani. A loro dico: attenzione. Si fa presto a diventare vecchi. Se il criterio è solo questo, ci sarà sempre qualche giovane più giovane di te».

Maria Latella

Se manca il prof, 8 volte su 10 i ragazzi saltano la lezione

da Corriere.it

SCUOLE SECONDARIE

Se manca il prof, 8 volte su 10 i ragazzi saltano la lezione

Inchiesta di Skuola.net sul  circolo vizioso delle scuole  medie e superiori:  per pochi giorni non si può chiamare un supplente ma i prof di ruolo si rifiutano di coprire il buco perché spesso le scuole non hanno i soldi per pagare le ore extra

di Redazione Scuola

Nelle scuole italiane quando  l’insegnante è assente, in 8 casi su 10 la lezione salta. Con gli  alunni che rimangono sui banchi senza fare nulla. La denuncia arriva  da un’indagine del portale Skuola.net, che su questo tema ha  intervistato circa 1.500 studenti. «Quando il prof di ruolo manca per  qualche giorno – spiegano gli autori dello studio – le classi sono  spesso lasciate a se stesse e circa l’80% dei ragazzi non fa  lezione, anche quando un altro docente presenzia in aula. Durante  l’ora di buco, 1 studente su 3 dichiara che la classe rimane scoperta  senza alcun tipo di sorveglianza».  Più complicato  ancora se un professore manca per periodi lunghi: niente supplente per mesi o settimane intere per quasi la metà degli studenti intervistati. A settembre circa il 40% non ha trovato un insegnante dietro la cattedra e ha dovuto aspettare prima che le lezioni per quella materia iniziassero regolarmente.  Con buona pace della continuità didattica, se è vero, come dichiara il 70% degli intervistati, che quest’anno hanno cambiato almeno un docente in quelle materie in cui invece doveva rimanere lo stesso.

Pochi fondi per coprire i buchi orari

Quando un prof manca per pochi giorni, le scuole medie e le superiori non possono  chiamare un supplente esterno ma devono coprire l’assenza con i docenti interni, i quali  possono però rifiutarsi (anche perché le scuole non sempre hanno a disposizione i fondi per pagare queste ore extra).   Secondo il sindacato Anief,  è la dimostrazione del fallimento della riforma Gelmini, «che per risparmiare  ha ridotto ai minimi termini la possibilità per i docenti  di fornire la propria disponibilità alla supplenza». «Basti dire – continua l’Anief –  che per queste emergenze, purtroppo quasi all’ordine del giorno, mediamente una scuola pubblica italiana percepisce annualmente un forfait che non supera i 2-3 mila euro. Considerando che un’ora di supplenze  viene compensata con 35 euro, è evidente che si tratta di un budget a dir poco risibile: utile a coprire neanche cento ore di sostituzioni». Prima della riforma Gelmini, invece, «ogni insegnante collocava nell’orario scolastico alcune ore a settimana proprio per sopperire a queste necessità».

Prof di ruolo, supplenti e «organico funzionale»

Intervistato da Skuola.net il vice presidente dell’Associazione Nazionale Presidi Mario Rusconi ha sottolineato la gravità di questa situazione, anche perché «se un ragazzo si fa male, si rischiano conseguenze penali». Una soluzione ci sarebbe, secondo Rusconi: «Assumere professori in sovrannumero in modo da dare a una scuola o a una rete di scuole la possibilità di attingere a questo organico». Un’allusione, quest’ultima, al cosiddetto «organico funzionale»,  disposto per legge due anni fa (ministro Profumo) e mai decollato perché non si trovarono le risorse necessarie.   Il ricorso a un organico funzionale   eliminerebbe l’annoso sdoppiamento fra organico di diritto (prof di ruolo) e organico  di fatto (precari), svuotando quest’ultimo a vantaggio di un organico di istituto stabile. Le singole scuole (o le  reti di scuole) potrebbero  fissare il numero di insegnanti necessari per i successivi tre anni e in base a esso elaborare finalmente il piano dell’offerta formativa con certezza di risorse. Anche il ministro Stefania Giannini si è detta favorevole  a questa ipotesi ma ha ammesso che   «percorrere questa strada comporta un impegno finanziario notevole».

Renzi torna a promettere: da maggio 80 euro in più a chi guadagna meno di 25mila euro

da Tecnica della Scuola

Renzi torna a promettere: da maggio 80 euro in più a chi guadagna meno di 25mila euro
di Alessandro Giuliani
Il premier conferma l’arrivo delle misure per alleviare famiglie e imprese: prevista anche una piccola riduzione sulle bollette. Le coperture saranno indicate nel Documento di economia e finanza, che verrà presentato entro 10 giorni. Intanto, sui prepensionamenti interviene pure il ministro dell’Agricoltura Maurizio Martina: si cerca di costruire una condizione nuova rispetto alla legge Fornero.
Matteo Renzi conferma l’arrivo a maggio delle misure per alleviare famiglie e imprese: “Da maggio 80 euro in più in busta paga a chi guadagna meno di 25mila euro l’anno”, ha detto il capo del governo al Tg2 del 30 marzo. Il provvedimento riguarderebbe oltre la metà del personale scolastico.
Renzi ha aggiunto che sempre da maggio l’esecutivo provvederà anche alla riduzione del “10% di riduzione Irap alle aziende e -10% del costo dell’energia elettrica per le pmi, e qualche segnale arriverà da subito alla famiglie con una piccola riduzione sulle bollette”. A fare chiarezza sulle coperture per il taglio dell’Irpef sarà il Def, su cui stanno ancora lavorando i tecnici della Ragioneria. Ma occorre aspettare ancora una settimana, forse anche 10 giorni, per limare i numeri del Documento di economia e finanza. Il documento arriverà quindi in Parlamento un po’ in anticipo rispetto al termine previsto del 15 aprile. A tracciare il timing del Def è stato, sempre il 30 marzo, il vice ministro dell’economia Enrico Morando. Il quale, però, non ha voluto fare alcuna anticipazione.
Il vice ministro dell’economia, Enrico Morando, ha precisato che il termine per la presentazione al Parlamento è il “15 aprile, ma cercheremo di fare prima”. Tra le cifre che vanno limate in questi giorni c’è soprattutto la crescita del Pil che, ha anticipato il presidente del Consiglio Matteo Renzi nei giorni scorsi, sarà compresa tra lo 0,8 e lo 0,9%, ma con il taglio del cuneo per i redditi medio-bassi Renzi spera che “alla fine si arrivi all’1%” (come nella previsione dell’ex ministro del Tesoro Saccomanni) e “lo si superi”.
L’effetto di una crescita all’1% si trasmetterebbe al rapporto deficit-Pil che calerebbe a sua volta di 0,2 punti (al 2,4% rispetto al 2,6% già stimato). Parte integrante del Def, inoltre, è il Piano Cottarelli sulla spending review, che dovrà garantire gran parte della copertura del taglio delle tasse: sembra sempre meno probabile l’intervento sulle pensioni, mentre sembrano certi altri interventi sugli stipendi dei manager pubblici.
Sul fronte lavoro, il 31 marzo arriva in Parlamento il ddl delega messo a punto dal ministro del welfare Giuliano Poletti, che va dalla riforma degli ammortizzatori sociali alla semplificazione del codice del lavoro. E va a completare le misure contenute nel decreto lavoro che semplifica contratti a termine e apprendistato e che ha iniziato giovedì l’iter a Montecitorio. Sul decreto, però, si continua a discutere: nonostante l’ok di Confindustria e del Governatore di Bankitalia Visco, sul provvedimento pende infatti la bocciatura della Cgil che chiede di modificarlo e la minaccia di voto contrario di una minoranza del Pd. Ma il ministro Poletti tira dritto: il dialogo va bene, ha detto, ma “quando il confronto si è esaurito chi ha il compito di decidere decide”.
Quanto alla riforma della Pubblica amministrazione, prosegue la discussione all’indomani dello scontro nel Governo tra i ministri Madia (P.A.) e Giannini (Istruzione) sulla staffetta generazionale. E tra ipotesi di prepensionamenti a dare qualche indicazione è il ministro dell’Agricoltura Maurizio Martina che spiega: è stato “aperto un tema di riorganizzazione e di novità rispetto alla legge Fornero e questo deve valere tanto per il pubblico che per il privato. Il tema è costruire una condizione nuova tanto per chi ha lavorato nel pubblico che nel privato, con i margini di manovra possibili”. Sul ricambio generazionale, però l’ex ministro Giampiero D’Alia invita ad “evitare discussioni stucchevoli”.

Mobilità: le esigenze di famiglia possono fare la differenza

da Tecnica della Scuola

Mobilità: le esigenze di famiglia possono fare la differenza
di Lucio Ficara
Prestare bene attenzione ad indicare tutti i dati necessari sia per evitare che la domanda non sia considerata valida sia per non perdere punti preziosi.
Per quanto riguarda la domanda di trasferimento volontaria siamo entrati nella fatidica zona “Cesarini”, infatti alle ore 18 del prossimo 2 aprile, il sistema istanze on line non consentirà più di inoltrare e modificare la richiesta di mobilità degli insegnanti per l’anno scolastico 2014-2015. Quindi si consiglia a tutti i docenti interessati di verificare nel loro profilo di istanze on line del Miur se tutto è in regola e se la domanda risulta inviata alla scuola di servizio o agli uffici scolastici competenti. Vogliamo ricordare di fare attenzione a compilare bene la domanda, e di tenere conto, per chi fa richiesta di mobilità tra comuni diversi della stessa provincia o richiesta di spostarsi tra  province differenti, dell’importanza della compilazione della sezione D riferito alle esigenze di famiglia. Questa particolare sezione non deve essere compilata per chi chiede trasferimento all’interno dello stesso Comune mono distrettuale, in quanto le esigenze di famiglia per tali trasferimenti non hanno validità. Invece è importante la compilazione di questa sezione per chi vuole rientrare nel Comune dove risiede un congiunto, come ad esempio il coniuge, il genitore ma anche un figlio. Richiedere nella domanda di mobilità le esigenze di famiglia potrebbe fare la differenza per ottenere o meno il trasferimento nel Comune dove risiede la famiglia. Bisogna sapere che  Il punteggio spettante per il ricongiungimento è citato nell’allegato D tabelle di valutazione dei titoli e servizi punto II esigenze di famiglia del CCNI mobilità 2014/2015. Tale punteggio è attribuito solo se la residenza della persona alla quale si richiede il ricongiungimento è comprovata, ai sensi delle disposizioni contenute nel Decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, così come modificato ed integrato dall’art. 15, della Legge 16 gennaio 2003, n. 3 e dall’art. 15 comma 1 della Legge 10 aprile 2011, n. 183, con una dichiarazione personale nella quale l’interessato dichiari che la decorrenza dell’iscrizione anagrafica deve essere anteriore di almeno tre mesi alla data di pubblicazione all’albo dell’ufficio territorialmente competente dell’ordinanza ministeriale concernente l’indicazione dei termini di presentazione della domanda. Questa documentazione, che autocertifica lo stato anagrafico di residenza, deve essere prodotta contestualmente alla domanda di trasferimento. Se il richiedente non fosse coniugato o comunque fosse separato giudizialmente o consensualmente con atto omologato dal tribunale dal consorte, il ricongiungimento può essere richiesto anche per un figlio o per il genitore. É importante sapere che, se il richiedente la mobilità dovesse assistere figli minorati fisici, psichici o sensoriali, tossicodipendenti, ovvero il coniuge o il genitore totalmente e permanentemente inabili al lavoro che possono essere assistiti soltanto nel comune richiesto anche se coincidente con quello del ricongiungimento, hanno diritto all’integrazione di 6 punti. Questo punteggio sarà assegnato sempre che l’assistito sia bisognoso di cure continuative presso un istituto di cura tali da comportare di necessità la residenza nella sede dello istituto medesimo. Se il Comune di ricongiungimento al congiunto e quello dell’istituto di cura suddetto dovessero coincidere, il punteggio totale per queste esigenze è 12, se i comuni invece sono differenti il punteggio di esigenza di famiglia diventa 6 per il primo comune e 6 per l’altro. Inoltre si possono richiedere i punti per i figli, che se hanno un’età inferiore a 6 anni valgono 4 punti ciascuno e per un’età compresa tra i 6 e i 18 valgono 3 punti ciascuno. Il punteggio di 4 o 3 punti va attribuito anche per i figli che compiono i sei anni o i diciotto tra il 1° gennaio e il 31 dicembre dell’anno in cui si effettua il trasferimento. In buona sostanza le esigenze di famiglia potrebbero, là dove intervengono le condizioni, fare la differenza per raggiungere l’obiettivo delle preferenze richieste.

E se Giannini e Madia avessero torto entrambe?

da Tecnica della Scuola

E se Giannini e Madia avessero torto entrambe?
di Lucio Ficara
Madia: “Mandare in pensione i docenti più anziani per far posto ai giovani”. Replica di Giannini: “Non se ne parla proprio”. Ma forse sbagliano entrambe.
Il governo che non si sta impegnando più di tanto per mandare in pensione i quota 96, che ne avrebbero pieno diritto, ma al tempo stesso, provocando tra l’altro pungenti polemiche al proprio interno, lancia l’idea di promuovere prepensionamenti per la pubblica amministrazione, in modo da dare spazio all’entrata delle nuove generazioni. Ci stiamo riferendo alle dichiarazioni della giovane ministra per la pubblica amministrazione Marianna Madia che sostiene, senza troppi giri di parole, che sarebbe giunta l’ora di pensare seriamente per i dipendenti statali più anziani al prepensionamento per fare in modo che anche negli uffici pubblici e soprattutto nelle scuole si possano creare nuovi posti di lavoro e creare i presupposti per un corposo turnover. Arriva stizzita la replica del ministro dell’Istruzione Giannini che bolla questa ipotesi come incauta e azzardata. La stessa Giannini, che ritiene l’anzianità di servizio un disvalore per quanto riguarda il meccanismo della valorizzazione stipendiale degli insegnanti, si riscopre garantista del valore dell’anzianità quando si parla di trattenere in servizio gli insegnanti con tanti anni di servizio sulle spalle. Strana questa dicotomia di pensiero del responsabile del Miur, che a seconda dei casi critica o elogia l’anzianità di servizio del corpo docente della scuola pubblica italiana. Se il sistema della scuola è sano e non deve mandare a casa i professori anziani, allora li dovrebbe rispettare, riconoscendo loro un’adeguata retribuzione anche in funzione della loro esperienza acquisita sul campo, altrimenti il sistema non è sano e allora è giusto mandare in pensione piuttosto che obbligare e punire chi ha dato tanto, almeno in termini di tempo, alla scuola. La posizione della ministra Giannini, esposta sinteticamente a Bari durante il convegno biennale della Confindustria, sembra ambigua o quantomeno poco chiara. Certo è che un sistema scolastico come quello italiano, che non riconosce il lavoro dei docenti e non lo retribuisce adeguatamente, un sistema in cui il contratto è scaduto da molti anni e non ci si impegna abbastanza a rinnovarlo, è un sistema che ha delle patologie evidenti e di sano ha ben poco. Si obbligano gli anziani a restare in servizio oltre i 65 anni di età, caricandoli di responsabilità e carichi di lavoro crescenti, si sfruttano pesantemente i precari concedendogli stipendi minimi e diritti limitati, e poi si parla di sistema sano? Sembra una presa in giro, fatta da una politica che non conosce la realtà del quotidiano. Forse si potrebbe dire che in Italia non c’è bisogno né di prepensionamenti né di mantenere in servizio i docenti anziani a tempo indeterminato, ma forse ci sarebbe bisogno di considerare ragionevolmente un’età pensionabile  giusta, che tenga conto anche di un massimo di 40 anni di servizio oltre i quali, qualsiasi insegnante non dovrebbe andare. Quindi è lecito pensare che la disputa tra Giannini e Madia sia piuttosto sterile, ma soprattutto  che non risolva i problemi del Paese. L’impressione di molti cittadini è quella che certi politici si avvitano in ragionamenti  incomprensibili e lontani dalla realtà e che a volte sono anche contradditori.