La controriforma del Titolo quinto?

LA CONTRORIFORMA DEL TITOLO QUINTO?

di Gian Carlo Sacchi

Tra i provvedimenti ad alta velocità del governo Renzi c’è la revisione del titolo quinto della seconda parte della Costituzione, già avvenuta una prima volta nel 2001 e suggellata da un referendum popolare confermativo, ma condotta con estrema lentezza dai governi di tutte le maggioranze politiche che praticamente può dirsi in gran parte inattuata. Una tale situazione di incertezza ha permesso alle burocrazie ministeriali di far finta di nulla, con evidenti proteste delle Regioni, viceversa ad alcune regioni di permettersi fughe in avanti con altrettante proteste statali. Questo da un lato ha intasato di ricorsi la Corte Costituzionale e dall’altro ogni tentativo della Conferenza delle Regioni veniva stoppato dal centralismo burocratico, con la politica che sui problemi della governance ha sempre manifestato estrema debolezza.

E’ andata così un po’ in tutti i settori compreso quello scolastico, il quale non avendo ancora adempiuto al decentramento delle competenze previsto dal decreto Bassanini del 1998, aveva bisogno di una più ampia azione di revisione organizzativa del sistema, cosa che la suddetta Corte ha ricordato in più occasioni, a cui però non è mai stato dato seguito.

Uno per la verità intricato capitolo della nuova legge costituzionale prevedeva le “competenze concorrenti” tra Stato e Regioni , che in diverse parti ha voluto dire conflitti di attribuzione e sovrapposizioni di interventi, mentre nella scuola si è limitata ad un puro esercizio giuridico anche per la carenza di legislazione regionale che non ha occupato, tranne in pochi casi, quello spazio prioritario che il nuovo assetto costituzionale consentiva. Ma prima del passaggio incriminato venivano altri obblighi per lo Stato: le norme generali sull’istruzione (già previste nella Costituzione del 1948 e mai realizzate), cioè provvedimenti quadro, con standard e verifiche, per consentire poi alle regioni di “concorrere” con lo Stato alla realizzazione di obiettivi unitari a livello nazionale. Diversamente, nella manovra legislativa lo Stato ha occupato tutti gli spazi. C’erano poi i “livelli essenziali delle prestazioni” che sono stati visti tra il diritto allo studio e la valutazione del sistema. Che dire ancora dell’autonomia scolastica, che era fatta salva, ma ancora monca dalle predette normative decentralizzatrici mai effettivamente realizzate.

La bozza di riforma Renzi-Boschi abolisce tutto quanto era indicato sotto la voce delle competenze concorrenti e ridistribuisce in modo diverso le materie . Viene da chiedersi se è davvero meglio rispetto a prima, pur dovendo ragionare su qualcosa di scritto e mai compiutamente realizzato e con qualcosa di nuovo e di vecchio diversamente organizzati che rimane sempre a livello di provvedimento generale-costituzionale, ancora tutto da capire nella pratica. E qui occorre confidare nella velocità del nostro premier e nella volontà politica di arrivare finalmente in fondo alla strada.

Potrebbe sembra un po’ bizantino ma la prima novità compare quando si indica che lo Stato ha legislazione esclusiva sulle seguenti materie e funzioni, mantenendo il compito delle nome generali  sull’istruzione, ma introducendo l’ordinamento scolastico tra le competenze esclusive. Qui c’è da porre una prima domanda: il collegamento delle funzioni con l’ordinamento scolastico nelle mani dello Stato potrà consentire, come è stato per la riforma Gelmini, di praticare un riordino senza tenere conto che compito dello Stato stesso è quello delle norme generali sull’istruzione ? Norme generali poi significa solo obiettivi, valutazioni, e fino a che punto l’indicazione di una struttura scolastica unica per tutto il Paese e obbligatoria per tutti gli alunni ?

Ad un primo colpo d’occhio sembrava più aperta la formulazione del 2001; si rischia di tornare indietro quando il cambiamento avvenuto in questi anni, anche per effetto di una maggiore internazionalizzazione, è andato nella direzione dell’ampliamento delle opportunità e della flessibilità dei percorsi formativi, fino a mettere in discussione il valore legale dei titoli di studio; una visione sempre più integrata dell’education, che va dall’educazione dell’infanzia fino alla longlifelearning, dovendo relazionare sistemi di governo oggi molto diversi tra di loro e legati al territorio, cosa che l’inserimento dell’ordinamento nella Costituzione sembra volersene distaccare.

Le questioni locali, nel bene e nel male, legate soprattutto al rapporto nord-sud d’Italia, devono essere sintetizzate non tanto nell’ordinamento quanto nei “livelli essenziali delle prestazioni” (LEP), che devono integrare anche per l’istruzione con quelli della sanità e dei servizi sociali. Su questo si potrebbe lavorare da subito, proprio perché ci sono già esperienze in detti  settori (1).

Per quanto riguarda le competenze delle regioni c’è un nuovo testo, dal quale emergono innanzitutto le competenze sulla pianificazione e l’organizzazione del servizio. Anche qui, come nel precedente, si fa salva l’autonomia scolastica. Nel 2001 tale affermazione veniva a suggellare “costituzionalmente” quanto introdotto nel 1997 con la predetta legge Bassanini e nel 1999 con il regolamento sull’autonomia funzionale delle unità scolastiche. Ora che anche questi sono rimasti in gran parte lettera morta, il ripeterne l’incipit sembra quasi una presa in giro, e proprio a questo proposito  che deve subentrare la volontà politica per arrivare al completamento dell’autonomia delle scuole vista più nell’ottica dell’autonomia dei sistemi di governo locale che del decentramento statale. Ed allora occorre tenere presente gli effetti sul sistema dell’education territoriale conseguenti all’abolizione delle province, alla costituzione delle unioni/fusioni dei comuni e della distribuzione delle deleghe che all’interno degli organi di governo devono  assicurare una coerente visione ed una efficace azione del sistema nel suo complesso.

Rimane un’altra affermazione sibillina che è tempo però di vedere chiarita e attuata con ciò che ne consegue in termini di assetti istituzionali e di innovazione pedagogico-didattica: la questione dell’istruzione e formazione professionale. Le ricerche sugli apprendimenti e sulla dispersione, il rapporto tra competenze generali e tecniche, gli stage e tirocini, l’assolvimento dell’obbligo di istruzione nell’apprendistato, ecc., mettono in evidenza la necessità di una politica che riunisca gli attuali segmenti: statali, regionali, aziendali, ecc., per realizzare un processo formativo ad hoc, in uno dei passaggi più delicati e decisivi per l’orientamento dei giovani in rapporto con la loro motivazione, i progetti di vita e di lavoro.

Dentro l’autonomia scolastica e la rappresentanza delle scuole autonome (statali e paritarie) e per un proficuo dialogo con il sistema delle autonomie locali occorre riprendere in mano la legge di riforma degli organi collegiali, nell’ottica delle predette norme generali e quindi valide sia per il sistema statale che per quello paritario. Non si tratta più soltanto della partecipazione, come previsto dai decreti del 1974, ma dell’autogoverno. In quest’ottica andrà affrontato il problema della valutazione delle scuole stesse e quello delle risorse finanziarie secondo una prospettiva “multilivello”. Una proposta di legge approvata alla Camera c’è già: si può ripartire di lì.

Il rapporto tra Stato, Regioni ed Enti Locali vive attualmente una sorta di confronto/scontro tra poteri che spesso, come si è detto, si intralciano ritardando o addirittura bloccando provvedimenti, non riuscendo a trovare le necessarie intese, cosa che in primis ha riguardato la stessa applicazione del vigente titolo quinto. Questa riforma propone l’attribuzione di dette funzioni alla neonata “assemblea delle autonomie”, che dovrebbe essere in grado di elaborare dal basso le norme e gli indirizzi creando così una maggiore coerenza e capacità risolutiva.

Un passaggio degno di nota è che la funzione legislativa di esclusiva competenza statale può essere delegata alle regioni o ad alcune di esse, con legge nazionale, anche per un tempo limitato.

Un’ultima considerazione, che pur non potendo essere prevista nella bozza di riforma costituzionale,  costituirà l’asse portante dell’organizzazione istituzionale e operativa, riguarda il rapporto tra decentramento e fisco.  I processi di autonomia territoriale vivono sulla connessione  con la base fiscale, che deve dare responsabilità politica a chi viene eletto localmente.

Si dovrebbe andare oltre la logica dei trasferimenti finanziari verso la periferia, ma regioni e i comuni devono esercitare poteri chiari e ben supportati da un prelievo obbligatorio, che insieme alla fiscalità generale contribuisce a finanziare il servizio; ciascuno per la propria parte pur nella gestione di poteri locali integrati.

In sostanza la riforma costituzionale ribadisce molto di ciò che già si sapeva, anche nei poteri da trasferirsi alla nuova Camera; un passo decisivo in avanti sarà fatto se si metterà mano alla governance: questa è la vera riforma che ancora dobbiamo attendere nel sistema dell’education, che forse non costa tanto e potrebbe far risparmiare, altrimenti la spending review anziché tagliare gli sprechi rischia di tagliare i servizi.

(1)   Gian Carlo Sacchi: Livelli essenziali delle prestazioni nel settore dell’istruzione; in Scienze dell’Amministrazione Scolastica,n.1/2013
Forum delle Politiche dell’Istruzione del Partito Democratico: Idee ricostruttive per la scuola 2010-2012

J. Richter, Io sono soltanto un cane

“Io sono soltanto un cane” di Jutta Richter

di Mario Coviello

richter1La casa editrice Beisler si presenta così : “Pubblichiamo i libri che vorremmo leggere se fossimo bambini o adolescenti. Pensiamo che i ragazzi e le ragazze siano una meravigliosa, unica, enorme risorsa. Conoscerli non è facile, educarli è difficile ma un buon libro di sicuro aiuta. L’importante è che dentro ci sia almeno una passione.”

Le scuole primarie in rete della provincia di Potenza di Bella, Rionero, Barile, San Fele e Muro Lucano per la  finale della settima edizione del Torneo di lettura  che si terrà nella palestra dell’istituto Comprensivo di Bella giovedì 20 marzo dalle 9,30, hanno scelto di questa casa editrice  “ Io sono soltanto un cane” di Jutta Richter

Ti sei mai chiesto come i cani potrebbero vedere il mondo? Adesso te lo spiegherà Anton, il cane pastore che viene da molto lontano. Friedbert, Emily e la loro bambina sono la sua nuova famiglia. E una famiglia vuol dire tanto per chi ha conosciuto le gigantesche steppe dell’Ungheria…

Anton è un cane felice, ma guai a credere che se ne stia a guardare! Lui pensa e parla e, soprattutto, è un attento osservatore degli esseri umani. Che strani che sono, medita fra sé, camminano su due zampe, hanno la lingua corta, il pensiero lento e credono che noi cani non sappiamo ridere! Nessuno sfugge allo sguardo attento di Anton. Eh già, perché i cani parlanti la sanno davvero lunga e dicono sempre la verità. E con un po’ di fortuna gli umani non capiranno mai da quale lato del guinzaglio passeggiano!

richter2Dalla penna della celebre autrice per ragazzi tedesca Jutta Richter, un racconto tenero e brioso che ha come protagonista – e come narratore in prima persona – un simpaticissimo, e un po’ incompreso, amico a quattro zampe.

Un punto di vista canino al cento per cento, che evidenzia pregi, difetti e assurdità di questa strana razza umana con la quale gli animali domestici devono fare i conti. E quanta fatica, nonostante gli sforzi di entrambi, per costruire una relazione positiva e, soprattutto, per comunicare senza fraintendimenti, anche quando la buona fede e l’ottima volontà da entrambe le parti è indiscussa!

La storia che ci viene raccontata trae spunto da una vicenda reale, e cioè dal salvataggio e conseguente adozione da parte di una famiglia tedesca – padre, madre e figlioletta – di Anton, cane pastore ungherese.

Per farsi carico di un animale ci vuole senza dubbio tanto amore e la disponibilità a fornire le cure e le attenzioni necessarie. E sicuramente i nuovi padroni di Anton non difettano in nessuno dei due aspetti, seppure l’uomo di casa appaia un po’ burbero e non comprenda appieno le intenzioni del cane e la signora tenda a prendersela un po’ troppo per qualche scarpa rosicchiata e una manciata di stoviglie andate in frantumi.

Ma non importa: ad allietare le giornate di Anton ci pensa Lili, la piccola di casa. La sintonia tra cane e bambina è immediata, la comunicazione tra i due – tutta affettiva e di gioco – è spontanea e proficua, la comprensione assoluta, anche senza l’uso delle parole.

L’amore della bimba fa sì che il nostro protagonista a quattro zampe non avverta troppo la mancanza della sua terra, l’Ungheria delle pianure steppose e sconfinate, delle mandrie di pecore racka e di manzi grigi, che tanto ricorre nelle pagine e nei ricordi del cane.
E che, come sottolinea alla fine di ogni capitolo, non possa lamentarsi della sua nuova vita.

Anton è un irresistibile miscuglio di istinto e tenerezza, di nostalgia per la sua terra – intesa come luogo di libertà, dove un cane può seguire i diktat biologici della sua specie senza le sovrastrutture dell’educazione necessaria per convivere con gli umani – e di desiderio di essere benvoluto dai nuovi padroni, di difficoltà a rinunciare alle sue propensioni naturali e di curiosità per un mondo nuovo e diverso, dove i codici sembrano essere capovolti rispetto a quelli noti.

Anton è sempre in buona fede, positivo, sempre animato dalle migliori intenzioni e le sue motivazioni, non c’è dubbio, non fanno una piega: lui risponde ai principi nobili che da secoli hanno guidato la sua specie e che l’hanno resa eroica nel compito assegnatole: difendere gli animali più deboli dai predatori.
Ma nella terra cittadina le regole cambiano e si fa fatica a comprenderle.
E così si combinano una serie di guai, che divertono e inteneriscono il lettore. Piccoli peccati che però comportano sempre un po’ di frustrazione e, insieme, la necessità che cane e padroni si mettano in discussione.

Qui risiede il bello del libro: pur se la storia è narrata da Anton, rappresenta, in un certo senso, il racconto della costruzione di una relazione tra diversi che si incontrano.
Assieme al cane cambiano un po’ anche tutti i componenti della famiglia, come accade sempre quando un nuovo membro entra in una comunità, umano o quattro-zampe che sia.

“Io sono soltanto un cane” – in Italia edito da Beisler – è una lettura divertente e lieve, che tanto profondamente e opportunamente parla dei nostri amici animali.

Generosi, disposti ad amarci, affettuosi, volenterosi, pasticcioni, a volte testardi…chi di noi ha un cane in casa non faticherà a ritrovarlo in Anton, e ancor più si affezionerà all’uno e all’altro.
Come anche faranno i bambini, solitamente più istintivi e vicini agli animali, che potranno immedesimarsi sia nel peloso protagonista e nelle sue buffe disavventure, sia nella piccola amica di Anton, la bimba speciale capace di ridere insieme al cane e a capire i suoi racconti, seppure non verbalizzati.

La penna di Jutta Richter è, come al solito, esemplare. Appropriata, delicata, poetica, una carezza in una prosa che ha anche la musicalità perfetta per la lettura ad alta voce.
Credo che con questo libro – rinunciando a contenuti più filosofici ed esistenziali e abbandonandosi alla leggerezza e al brio di una storia vivace – possa guadagnare un consenso più ampio, facendosi apprezzare anche da quei piccoli lettori meno abili e un po’ più scanzonati.

D’altra parte solo una grande autrice è in grado di passare così appropriatamente dall’animo umano a quello degli animali, sapendo scavare ottimamente in entrambi. E questo a Jutta va proprio riconosciuto.

Da segnalare che le pagine sono inframmezzate dalle belle illustrazioni in carboncino di Hildegard Muller, espressive ed efficaci nella loro essenzialità.

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Le scelte dei diplomati – Indagine 2013

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Rapporto AlmaDiploma

sulla condizione occupazionale e formativa dei diplomati di scuola secondaria superiore ad uno, tre e cinque anni dal diploma

Cosa avviene dopo il diploma? Il nuovo Rapporto 2014 sulla condizione occupazionale e formativa dei diplomati di scuola secondaria superiore, realizzato da AlmaDiploma e da AlmaLaurea, racconta le scelte compiute dai diplomati alla conclusione della scuola secondaria superiore in termini di performance negli studi accademici e di occupabilità nell’immediato e in un più lungo periodo.

“È importante conoscere il destino dei diplomati dopo il conseguimento del titolo di studio,  al di là delle loro intenzioni e desideri, perché incide sul miglioramento del sistema scolastico, sulle politiche all’istruzione e al lavoro, sull’orientamento”, dichiara Andrea Cammelli, professore di Statistica e direttore di AlmaLaurea, il Consorzio Interuniversitario che insieme all’associazione di scuole AlmaDiploma ha curato l’indagine a uno, tre e cinque anni dal conseguimento del titolo. “In questi anni il tema della valutazione dell’istruzione e quello dell’orientamento sono diventati sempre più centrali, perché riguardano la formazione e il destino dei nostri giovani che si accingono a diventare cittadinanza attiva della nazione di cui rappresentano il futuro prossimo.”

I provvedimenti annunciati dal Premier Renzi

I provvedimenti annunciati dal Premier Renzi
Scheda a cura della Uil Scuola

>>> Riduzione di tasse per redditi da lavoro dipendente
Riguarda sia il settore privato che quello pubblico. La riduzione si riferisce a redditi netti inferiori a 1.500 euro mensili e mediamente è di 80 euro. Il personale della scuola interessato, considerato il tetto dei 1.500 euro mensili, è circa il 50%. L’entità dell’incremento (derivante dalla riduzione fiscale) è diversa in base al reddito e ancora non è stata definita. Al momento si tratta di un impegno pubblico, supportato da una decisione del Consiglio dei ministri. Non è ancora definito lo strumento normativo con relative tabelle. “Si tratta di una scelta positiva, riprende le rivendicazioni storiche della Uil. La consideriamo un primo passo verso la giusta direzione di una più generalizzata riduzione delle tasse sul lavoro. Si evidenzia come le denunce , continuamente da noi fatte, di retribuzioni basse per il personale della scuola in relazione all’impegno e alla importanza della funzione svolta, risultino, purtroppo, davvero fondate. La Uil Scuola rilancia l’urgenza dell’avvio del negoziato contrattuale. Il blocco degli stipendi ha portato ad una situazione insopportabile, solo parzialmente mitigata dal recupero della progressione economica di anzianità che con grandi difficoltà, insieme a Cisl, Snals, Gilda, siamo riuscito a garantire. E’ il contratto la sede per modernizzare il rapporto di lavoro , affrontare l’emergenza retributiva, riconoscere e valorizzare le professionalità.

>>> Misure per l’edilizia scolastica 3,5 miliardi di euro
E’ quanto sarà messo a disposizione per gli interventi legati all’edilizia scolastica. Sarà anche istituita una ‘cabina di regia’, attiva dal primo aprile a Palazzo Chigi con il coinvolgimento di quattro ministeri, Istruzione, Economia, Infrastrutture, Ambiente.
Uil Scuola: il punto di partenza è l’anagrafe dell’edilizia scolastica E’ strumento fondamentale sia per la progettazione della tipologia degli interventi che per determinarne le priorità. Rappresenta la fotografia di tutti gli edifici scolastici con la tipologia degli interventi da realizzare, dalla semplice sistemazione dell’impianto elettrico all’abbattimento per inagibilità totale. I dati – una volta definita l’anagrafe – vanno resi pubblici, messi on line. Questo per consentire a tutti di conoscere in che condizione sono gli edifici scolastici e di monitorare gli interventi programmati.
La previsione di un commissario ad acta è una misura necessaria In caso di inadempienza va previsto un intervento di surroga dello stato Va previsto un intervento di surroga dello Stato in caso di enti inadempienti. Non basta dire questi soldi non ve li diamo. Occorre prevedere la figura di un commissario ad acta che, in caso di inottemperanza degli enti, porti a buon fine gli interventi finanziati e cantierabili.
Semplificare al massimo: giusta la decisione di una cabina di regia Sia la presidenza del Consiglio ad assumere direttamente il coordinamento, la trasparenza e la responsabilità degli interventi. Bisogna evitare i finanziamenti a pioggia. Selezionare le priorità in base alle emergenze.

>>> Rapporto di lavoro

Rilancio dell’occupazione e semplificazione degli adempimenti delle imprese
– Principio: semplificazione per renderli più coerenti con le esigenze attuali del contesto occupazionale e produttivo.
– Strumento: Decreto legge

Contratto di lavoro a tempo determinato Il datore di lavoro può sempre instaurare rapporti di lavoro a tempo determinato senza causale, nel limite di durata di trentasei mesi. Viene così superata la precedente disciplina che limitava tale possibilità solo al primo rapporto di lavoro a tempo determinato. Inoltre, la possibilità di prorogare un contratto di lavoro a termine in corso di svolgimento è sempre ammessa, fino ad un massimo di 8 volte nei trentasei mesi, senza preveder sospensioni del rapporto di lavoro tra un periodo e l’altro. Rimane, quale unica condizione per le proroghe, il fatto che si riferiscano alla stessa attività lavorativa per la quale il contratto è stato inizialmente stipulato. Nell’introdurre il limite del 20% di contratti a termine che ciascun datore di lavoro può stipulare rispetto al proprio organico complessivo, il decreto fa comunque salvo la possibilità che la contrattazione collettiva può di modificare tale limite quantitativo e che si debba tener conto delle esigenze connesse alle sostituzioni di personale assente e alla stagionalità dell’attività. Infine, per tenere conto delle realtà imprenditoriali più piccole, è previsto che le imprese che occupano fino a 5 dipendenti possono comunque stipulare un contratto a termine.

Contratto di Apprendistato Viene eliminato, per la stipula di contratti per nuovi apprendisti, il vincolo della conferma in servizio di almeno il 50% dei titolari di contratti stipulati in precedenza. Viene escluso dal contratto scritto, fermi restando gli altri obblighi, l’obbligatorietà di consegnare all’apprendista il piano formativo individuale. La retribuzione per le ore di formazione dell’apprendista (previste nel limite di 120 ore massime in un triennio) è pari al 35% della retribuzione spettante per il livello di inquadramento. Diventa discrezionale per il datore di lavoro il precedente obbligo di integrare la formazione professionalizzante e di mestiere con quella pubblica.
[NB: questa parte non è compresa nel decreto-legge, ma in un disegno di legge che dovrebbe contenere molte altre cose: ammortizzatori sociali, servizi per il lavoro e di politiche attive, semplificazione delle procedure e degli adempimenti, riordino delle forme contrattuali]

Delega in materia di conciliazione dei tempi di lavoro con le esigenze genitoriali
– Principio: contemperare i tempi di vita con i tempi di lavoro dei genitori.
– Strumento: legge delega
– Obiettivo: favorire l’integrazione dell’offerta di servizi per la prima infanzia forniti dalle aziende nel sistema pubblico – privato dei servizi alla persona, e favorirne l’utilizzo ottimale da parte dei lavoratori e dei cittadini residenti nel territorio in cui sono attivi.

Diffida al MIUR

CORTE D’APPELLO DI ROMA
ATTO DI SIGNIFICAZIONE E DIFFIDA
dello SNALS – Sindacato Nazionale Autonomo Lavoratori della Scuola, in
persona del suo segretario generale e legale rappresentante p.t. prof. Marco Paolo Nigi,
con sede in Roma, via Leopoldo Serra n. 5, ed elettivamente domiciliato, ai fini del
presente atto, presso lo studio degli avv.ti Michele Mirenghi e Stefano Viti in Roma,
Piazza Della Libertà 20.
* * *
Come già partecipato in precedenza, il Tar Lazio, Sez. III bis, su ricorso dello
SNALS, con decisione n. 3527/2013, passata in giudicato e che si notifica unitamente
alla presente, ha annullato:
– il regolamento sugli istituti professionali di cui al D.P.R. n. 87/2010 nella parte
in cui, all’art. 5, comma 1, lett. b), determina, senza indicazione dei criteri, l’orario
complessivo per gli istituti professionali;
– il regolamento sugli istituti tecnici di cui al D.P.R. n. 88/2010 nella parte in cui,
all’art. 5, comma 1, lett. b), determina, senza indicazione dei criteri, l’orario complessivo
per gli istituti tecnici;
– il decreto interministeriale n. 61/2010 nella parte in cui, nelle premesse, all’art. 1
ed alle allegate tabelle, ha individuato le classi di concorso destinatarie della riduzione
di orario per gli istituti tecnici;
– il decreto interministeriale n. 62/2010 nella parte in cui, nelle premesse, all’art. 1
ed alle allegate tabelle, ha individuato le classi di concorso destinatarie della riduzione
di orario per gli istituti professionali;
– i decreti interministeriali nn. 95 e 96 del 2010 nelle parti in cui hanno
confermato le riduzioni di orario dei due decreti interministeriali predetti.
* * *
Nella parte motiva della sentenza si legge, tra l’altro:
– “che sostanzialmente la riduzione del 20% dell’orario scolastico nelle seconde e
terze classi degli istituti professionali e nelle seconde, terze quarte classi degli istituti
tecnici è destinata ad incidere sulle materie caratterizzanti i corsi, determinando una
violazione dei livelli essenziali delle prestazioni, fissati con il D.Lgs 17 ottobre 2005, n.
226, senza che siano chiari i criteri in base ai quali tale riduzione debba essere
effettuata, se non il mero dato numerico percentuale, con conseguenti gravi ricadute in
termini di riduzione di organico e di continuità formativa;
– “che non appare infatti revocabile in dubbio la circostanza che i decreti
impugnati, operando una riduzione dell’orario di insegnamento di talune discipline,
hanno inciso sui contenuti culturali e didattici e sulla struttura degli istituti
professionali e tecnici, significativamente rifluendo sulla formazione impartita ai
discenti dai predetti istituti e proprio per la circostanza che le due disposizioni sopra
citate appaiono sancire soltanto tagli di orario”;
– “che le materie oggetto di riduzione sono proprio quelle caratterizzanti il corso
oltre che, nella stragrande maggioranza dei casi, l’italiano”.
* * *
La sentenza chiosa, peraltro, con una considerazione di spiccata valenza
sindacale, che di seguito si riporta: “Tutto ciò senza considerare che l’indiscriminata
riduzione di un’ ora per ciascuna delle materie cosiddette caratterizzanti i vari bienni
degli istituti tecnici e professionali….ha le sue ovvie ed incontrollabili ricadute in
termini di organico e dimensionamento delle classi che divengono insufficienti a
sopperire all’incremento delle iscrizioni…….e ciò comporta, come dedotto in ricorso, il
mancato assolvimento dei livelli essenziali delle prestazioni sanciti dall’art.15 del D.lgs
n. 226/2005 che stabilisce come l’iscrizione e la frequenza ai percorsi di istruzione e
formazione professionale rispondenti ai livelli essenziali definiti dal presente Capo e
garantiti dallo Stato anche in relazione alle indicazioni dell’Unione Europea,
rappresentano assolvimento del diritto dovere all’istruzione e formazione, secondo
quanto previsto dal D.Lgs. n. 76/2005 e dal profilo educativo, culturale e professionale
di cui all’allegato A, pure citato nelle premesse dei regolamenti”.
* * *
Orbene, appare superfluo sottolineare come tale pronuncia incida radicalmente
sulla struttura dell’offerta formativa e didattica che gli istituti tecnici e professionali
debbono garantire agli studenti.
A seguito della decisione predetta e, segnatamente, della efficacia caducatoria
esercitata dalla pronuncia sugli atti impugnati e della natura autoesecutiva della
sentenza, si è riespansa l’efficacia del previgente ordinamento didattico.
Conseguentemente, l’Amministrazione dovrà adottar per il prossimo anno
scolastico, atti in linea con le prescrizioni del Tar che, per la loro puntualità, logicità e
per il loro rigore sistematico, sono destinate a costituire il necessario punto di partenza
per una rinnovata azione amministrativa volta, finalmente, a valorizzare la realtà
scolastica, centro di aggregazione umana, sociale e culturale.
E’ evidente, peraltro, come, per effetto della decisione de qua, l’Amministrazione
debba astenersi dal dare esecuzione alle disposizioni annullate ovvero dall’assumerle a
presupposto di emanandi atti.
Più in generale l’Amministrazione dovrà astenersi da qualsivoglia condotta
contrastante con l’efficacia caducatoria della sentenza del T.A.R. Lazio.
Pertanto, fintantoché non saranno emanate disposizioni conformi al dettato
giurisdizionale, l’Amministrazione dovrà considerare ripristinata la situazione
normativa antecedente agli atti impugnati quanto ad orario d’insegnamento negli istituti
tecnici e professionali con le relative conseguenze ordinamentali.
TUTTO CIO’ PREMESSO
a mente anche dell’art. 328, cod. pen, lo SNALS – Sindacato Nazionale Autonomo
dei Lavoratori della Scuola diffida, ad ogni effetto di legge civile, penale ed
amministrativa il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, nella
persona del Ministro p.t.:
– dall’astenersi dal dare esecuzione e/o applicazione alle disposizioni annullate dalla
sentenza del T.A.R. Lazio n. 3527/2013;
– dall’astenersi dall’assumere le disposizioni suesposte a presupposto di emanandi
atti amministrativi;
– a considerare ripristinata per il futuro anno scolastico la situazione ordinamentale
degli Istituti Tecnici e Professionali antecedente all’annullamento delle disposizioni in
parola;
– ad emanare atti e disposizioni attuative e coerenti con le prescrizioni del T.A.R. in
vista del futuro anno scolastico.
Il tutto, entro e non oltre trenta giorni dalla ricezione della presente, con l’espresso
avvertimento che, decorso senza riscontro il termine predetto, saranno adite le
opportune sedi legali, nessuna esclusa.

Il Segretario Generale
prof. Marco Paolo Nigi

Settimana di azione contro il razzismo

Settimana di azione contro il razzismo

Anche le scuole italiane aderiscono alla X edizione della ‘Settimana di azione contro il razzismo’ promossa dall’Unar, l’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali del Dipartimento per le Pari Opportunità. Una campagna di sensibilizzazione in programma dal 17 al 23 marzo che vuole promuovere, in particolare fra i più giovani, i valori del dialogo e del rispetto fra culture. In occasione del decennale, I’Unar, con la collaborazione dell’Anci (l’Associazione dei Comuni) e del Miur ha chiesto a tutti i Comuni, alle scuole, ai cittadini, un semplice gesto da compiere durante il 21 marzo, Giornata mondiale contro il razzismo: colorare di arancione la propria città, la propria scuola, o realizzare momenti di incontro e di riflessione sui temi della prevenzione della discriminazione razziale e della tutela dei diritti umani. Il Miur ha inviato a tutte le scuole una circolare per invitarle a partecipare attivamente alla Settimana di azione contro il razzismo e, in particolare, alla celebrazione della Giornata Mondiale del 21 marzo anche in accordo con i Comuni e le associazioni presenti sul territorio.

Disabilità, tagliare indennità e accompagnamenti ”inspiegabili”: l’ipotesi di Delrio

Disabilità, tagliare indennità e accompagnamenti ”inspiegabili”: l’ipotesi di Delrio

Nei tagli alla “spesa pubblica inefficiente” sarebbero incluse pensioni d’invalidità e accompagnamento: la dichiarazione del sottosegretario dà credito all’allarme della Fish. Barbieri: “Massima opposizione”. Argentin: “Subito un’interrogazione”

da Redattore Sociale
17 marzo 2014 – 13:07

ROMA – Ci sarebbero anche le pensioni d’invalidità tra i “tagli alla spesa inefficiente” previsti dal governo Renzi: è quanto lascia intendere Graziano Delrio, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, in un’intervista rilasciata ieri a Quotidiano nazionale. “Pensiamo ai 12 miliardi sulle pensioni di invalidità e accompagnamento spesi dall’Inps – ha precisato – hanno dei picchi in alcune zone totalmente inspiegabili, se non con il fatto che ci siano degli abusi. Per garantire controlli, equità ed evitare abusi applicheremo l’Isee”.

Le dichiarazioni di Delrio sembrano in qualche modo dar credito all’allarme lanciato alcuni giorni fa dalla Fish (Federazione italiana superamento handicap), che in una nota aveva avanzato l’ipotesi che Renzi intendesse metter mano alle indennità e alle pensioni di reversibilità, al fine di reperire le risorse necessarie per l’attuazione delle riforme. Oggi, dopo le dichiarazioni di Delrio, la Fish torna all’attacco: “È alquanto grottesco che si invochi l’equità in un quadro di taglio drastico alla spesa pubblica – dichiara il presidente Pietro Barbieri –  È alquanto bizzarro che si evochino controlli come se negli ultimi anni non se ne fossero attuati massicciamente (oltre un milione negli ultimi 5 anni). È alquanto miope che si consideri inefficiente una spesa sociale che è una delle più basse dell’Europa a 25. È di dubbio gusto ricorrere all’Isee, indicatore che – guarda caso – considera quelle stesse pensioni e indennità come se fossero redditi da lavoro o rendite finanziarie. I linguaggi, gli slogan, i luoghi comuni sono quelli di sempre, quelli già sentiti: le persone con disabilità sono un peso”.

L’ipotesi di Delrio non tiene conto, secondo la Fish, di un “dato comprovato: la disabilità e la non autosufficienza sono il primo elemento di impoverimento per le persone e per le famiglie italiane”. Le pensioni d’invalidità ammontano oggi a circa 280 euro al mese, mentre l’indennità di accompagnamento a 500 euro al mese ed è riservata alle non autosufficienze. Ridurre questa spesa significherebbe quindi andare ad appesantire ulteriormente il carico assistenziale sulle spalle delle famiglie.

A far rientrare l’allarme della Fish, nei giorni scorsi, era intervenuta Ileana Argentin (Pd), assicurando che il governo non avrebbe toccato le indennità: “Ne avevo parlato in aula con Davide Faroane, responsabile Welfare del Pd. Proprio lui, a nome di Renzi, mi ha garantito che questo taglio non è previsto. Così, mi sono tranquillizzata. Ora, però, farò un’interrogazione urgente a Delrio, per capire meglio la sua dichiarazione. Anche se, dall’intervista, non mi pare che voglia metter mano alle indennità, quanto piuttosto attuare un nuovo piano di controlli e verifiche contro gli abusi”. Un piano del genere n sarebbe certo una novità: già i precedenti governi hanno dato vita a grandi campagne di accertamento, che in verità hanno comportato molto lavoro e poco guadagno. Ora, come il governo Renzi pensi di realizzare un altro piano di verifiche , è tutto da scoprire.

Nel frattempo, l’attenzione delle associazioni e del movimento resta altissima: “la Fish esprimerà al massimo la propria opposizione in tutte le sedi possibili e in tutti i modi civilmente ammessi – conclude Barbieri – Non sarebbe un buon viatico, per un governo che vuole cambiare il verso dell’Italia, ritrovarsi le persone con disabilità e i loro familiari in piazza e dover spiegare quale sia il ‘verso’ che intende offrire ai suoi cittadini più deboli”. (cl)

In Italia 38 mila persone con sindrome di Down. Cresce l’aspettativa di vita

In Italia 38 mila persone con sindrome di Down. Cresce l’aspettativa di vita

Un bambino su 1200 nasce con questa condizione. Il 61% ha più di 25 anni: l’aspettativa di vita è di 62 anni, destinata a crescere grazie a sviluppo della medicina e maggiori cure. Lavoro, molte le esperienze positive grazie all’impegno di operatori e famiglie

da Redattore Sociale
17 marzo 2014 – 12:41

ROMA – Quante sono le persone con sindrome di Down? Attualmente in Italia 1 bambino su 1200 nasce con questa condizione. Grazie allo sviluppo della medicina e alle maggiori cure dedicate a queste persone, la durata della loro vita si è molto allungata così che si può ora parlare di un’aspettativa  di vita di 62 anni, destinata ulteriormente  a crescere in futuro. Si stima che oggi vivano in Italia circa 38 mila persone con sindrome di Down di cui il 61% ha più di 25 anni. In tutto il mondo il 21 marzo 2014 torna Giornata  sulla sindrome di Down, il cui tema quest’anno è dedicato al benessere.

Come crescono i bambini con sindrome di Down. Lo sviluppo del bambino con sindrome di Down avviene con un certo ritardo, ma secondo le stesse tappe degli altri bambini. I bambini con sindrome di Down (con il termine sindrome si definisce un insieme di tratti) crescendo possono raggiungere,  sia pure con tempi più lunghi, conquiste simili a quelle degli altri bambini: cammineranno, inizieranno a parlare, a correre, a giocare. Rimane invece comune a tutti un variabile grado di ritardo mentale che si manifesta anche nella difficoltà di linguaggio frequente tra le persone con sindrome di Down.

Intervento educativo globale. Dal punto di vista riabilitativo  non si tratta di compensare  o recuperare una particolare funzione, quanto di organizzare  un intervento educativo globale che favorisca la crescita e lo sviluppo del bambino in una interazione dinamica tra le sue potenzialità  e l’ambiente circostante. Ogni bambino è diverso dall’altro e necessita quindi di interventi che rispettino la propria individualità  e i propri tempi. Dal punto di vista medico, vista una maggiore frequenza in tali bambini rispetto alla popolazione  normale di problemi specialistici,  in particolare malformazioni  cardiache (la più frequente è il cosiddetto canale atrioventricolare comune, ma si presentano anche difetti intestinali, disturbi della vista e dell’udito, disfunzioni tiroidee, problemi odontoiatrici), è opportuno prevedere col pediatra una serie di controlli di salute volti a prevenire o a correggere eventuali problemi aggiuntivi.

Apprendimento e inserimento  sociale. La maggior parte dei bambini con sindrome di Down può raggiungere  un buon livello di autonomia personale, imparare a curare la propria persona, a cucinare, a uscire e fare acquisti da soli. Possono fare sport e frequentare  gli amici, vanno a scuola e possono imparare a leggere e scrivere. I giovani e gli adulti con sindrome di Down possono apprendere un mestiere e impegnarsi in un lavoro svolgendolo  in modo competente  e produttivo. È impossibile avere oggi dei dati statistici sul numero delle persone con sindrome di Down che lavorano, ma, anche se la legislazione  attuale non favorisce adeguatamente  l’avvio al lavoro delle persone con ritardo mentale, grazie all’impegno  degli operatori e delle famiglie ci sono già molte esperienze positive. Ci sono lavoratori con sindrome di Down tra i bidelli, gli operai, i giardinieri ed altre mansioni semplici. Stanno nascendo inoltre anche alcune prime esperienze in lavori più complessi come l’immissione  dati in computer o altri impieghi in ufficio. Dice il CoorDown: “Le persone con sindrome di Down sanno fare molte cose e ne possono imparare molte altre. Perché queste possibilità diventino realtà occorre che tutti imparino a conoscerli e ad avere fiducia nelle loro capacità”.

Delrio: tagliare la spesa per i disabili gravi

Delrio: tagliare la spesa per i disabili gravi

In un’intervista rilasciata ieri a Quotidiano Nazionale, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Graziano Delrio ha indicato, fra le intenzioni governative: “Tagli alla spesa pubblica inefficiente. Ci sono tantissimi margini di manovra. Pensiamo ai 12 miliardi sulle pensioni di invalidità e accompagnamento spesi dall’INPS: hanno dei picchi in alcune zone totalmente inspiegabili, se non con il fatto che ci siano degli abusi. Per garantire controlli, equità ed evitare abusi applicheremo l’ISEE.”
L’esternazione conferma drammaticamente l’anticipazione della Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap della scorsa settimana che qualcuno aveva definito come inutilmente allarmistica. La riprova della necessità di conservare il ruolo costante di “cane da guardia” della politica e di vigilanza costante.
“È alquanto grottesco che si ! invochi l’equità in un quadro di taglio drastico alla spesa pubblica. È alquanto bizzarro che si evochino controlli come se negli ultimi anni non se ne fossero attuati massicciamente (oltre un milione negli ultimi 5 anni). È alquanto miope che si consideri inefficiente una spesa sociale che è una delle più basse dell’Europa a 25. È di dubbio gusto ricorrere all’ISEE, indicatore che – guarda caso – considera quelle stesse pensioni e indennità come se fossero redditi da lavoro o rendite finanziarie. I linguaggi, gli slogan, i luoghi comuni sono quelli di sempre, quelli già sentiti: le persone con disabilità sono un peso.” Questa la replica di Pietro Barbieri, Presidente della Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap.
“Dai cassetti riemergono vecchi dossier, datate ipotesi di contenimento della spesa, articolati disegni per efficaci soluzioni. Ma non tu! tto è fondato, documentato, provato: senza dubbio non lo sono le ipotesi già percorse – e abbandonate – dai Governi precedenti. Ieri come oggi si ignora volutamente la spesa che le famiglie e i singoli sostengono a causa della disabilità. Si nasconde un dato comprovato: la disabilità e la non autosufficienza sono il primo elemento di impoverimento per le persone e per le famiglie italiane.”
L’ipotesi che prende corpo, in modo assai preoccupante è, quindi, che il Governo intenda ridurre drasticamente la spesa per pensioni di invalidità (circa 280 euro al mese) e per l’indennità di accompagnamento (500 euro al mese) riservata – fino a oggi – a persone con grave disabilità, non autosufficienti, allettati, malati oncologici terminali.
“Di fronte a questa prospettiva la FISH esprimerà al massimo la propria opposizione in tutte le sedi possibili e in tutti i modi ! civilmente ammessi. Non sarebbe un buon viatico, per un Governo che vuole cambiare il verso dell’Italia, ritrovarsi le persone con disabilità e i loro familiari in piazza e dover spiegare quale sia il ‘verso’ che intende offrire ai suoi Cittadini più deboli.”

I diritti dei 135 idonei della graduatoria del concorso a ds della Toscana

Presidente del consiglio Matteo Renzi: Salvaguardi i diritti dei 135 idonei della graduatoria del concorso a ds della Toscana annullata per un vizio di forma di cui non sono responsabili

Di Maria Grazia Vitale
Abbadia San Salvatore

La graduatoria della Regione Toscana del suddetto concorso, nella quale sono inserite 137 persone, ha subito l’annullamento da parte del TAR nell’aprile 2013 ed il parziale accoglimento della sentenza emessa dal Tar Toscana da parte del Consiglio di Stato, con sentenza del 5 novembre 2013 e resa pubblica lo scorso 3 marzo.
Nello specifico la sentenza definitiva stabilisce la validità delle correzioni per gli elaborati corretti prima del 2 aprile 2012, data in cui si è dimesso il Presidente di commissione, Prof. Parlato, ma non di quelli corretti dopo il 2 aprile 2012, data in cui il suddetto Presidente è stato sostituito dall’Ispettore Vigiani, creando il noto vizio di forma.
• la sentenza non ha evidenziato difetti sulla regolarità delle prove svolte, quindi tutti gli elaborati sono stati valutati correttamente, come lo svolgimento della prova orale; l’annullamento parziale della procedura è l’effetto di una “negligenza” della Pubblica Amministrazione che ha viziato la nomina di uno dei componenti della commissione, che peraltro era pienamente titolato a svolgere quel compito e lo ha svolto in modo corretto e conforme alla normativa.
• Dei 137 idonei della graduatoria in oggetto, i 112 vincitori sono stati assunti in servizio e hanno svolto il loro compito dimostrando competenza e passione; i primi 106 di loro hanno già completato la formazione e superato favorevolmente il periodo di prova, i 23 idonei si vedono pregiudicati nel loro diritto soggettivo all’assunzione in servizio, non potendo beneficiare della Legge 128/2013 art.17 che trasforma le graduatorie di merito in graduatorie ad esaurimento.
• L’esecuzione della lettera della sentenza mediante un automatismo burocratico, oltre a ledere i diritti delle 137 persone inserite nella graduatoria, correrebbe il rischio di precipitare la scuola toscana nel caos: come è facilmente prevedibile, le insormontabili difficoltà di completare in tempi accettabili la nuova procedura, a cominciare dall’impossibilità di garantire l’anonimato delle prove nella nuova correzione, lascerebbero senza una guida quasi la metà delle scuole della regione.
Infatti alle 112 scuole già assegnate ai vincitori di concorso e alle oltre 50 scuole attualmente in reggenza se ne aggiungeranno già a partire da questo anno scolastico molte altre per effetto dei nuovi pensionamenti.
In relazione a quanto sopra, chiediamo che tutti i decisori politici coinvolti, i sindacati e l’Amministrazione facciano tutto quanto è in loro potere per l’immediata adozione di tutti i provvedimenti necessari ed urgenti per salvaguardare la posizione giuridica ed umana dei 112 nuovi dirigenti scolastici già in servizio e dei 23 idonei al Concorso di prossima nomina, nel rispetto dei diritti di tutti gli attori di questa vicenda.

Firma la petizione

L’adozione consapevole è la migliore forma di prevenzione all’abbandono

L’adozione consapevole è la migliore forma di prevenzione all’abbandono:
50.000 libretti educativi Enpa, Siua e Pizzardi Editore

distribuiti gratuitamente alle scuole italiane.

Un’adozione consapevole è la migliore forma di prevenzione all’abbandono, questo è quanto emerge dall’Ente Nazionale Protezione Animali Onlus. “Abbiamo investito tempo ed energie in questi anni per cercare di capire come arginare questo vergognoso fenomeno – dichiara Marco Bravi responsabile Comunicazione e Sviluppo Iniziative Enpa- e ci è apparso subito chiaro come la consapevolezza resti uno dei pilastri fondamentali per la prevenzione. Molto spesso, infatti, gli animali vengono abbandonati dalle famiglie adottive direttamente davanti ai cancelli dei rifugi, poiché considerati un peso troppo gravoso e un dispendio di tempo e cure inaspettato. Da qui il nostro desiderio di creare dei nuovi percorsi formativi da veicolare attraverso le scuole, le sezioni Enpa locali e gli operatori di zooantropologia didattica della Siua, in modo da sensibilizzare  e formare gli “uomini del domani” trasformandoli in adulti attenti e responsabili”.

“Scegliere di adottare un cane – cucciolo o adulto – dichiara il Professor Marchesini (Direttore Siua)- è sicuramente una delle esperienze più belle che la vita ci possa regalare. A entrare nella nostra casa è un compagno di avventure e scorribande il cui desiderio più grande è poter stare sempre al nostro fianco. Questo ovviamente non sempre sarà possibile, ma se iniziamo con il nuovo arrivato un percorso educativo fatto di conoscenza reciproca potremmo sicuramente esplorare tantissimi posti – dalla “foresta urbana” al sentiero di campagna – con il nostro amico a quattro zampe, sicuri che lui saprà comportarsi sempre nel migliore dei modi, tenendo presente che un cane è un membro di un’altra specie e, come tale, legge il mondo con occhi diversi dai nostri!”.

L’educazione e la formazione che passa attraverso un prodotto ludico, è questa la vera innovazione e la forza del percorso educativo “Io e il mio amico cucciolotto”. I bambini, infatti, imparano nozioni “per la vita” quando queste passano attraverso le emozioni. Per questo è stata scelta come partner la Pizzardi Editore, il punto di riferimento del settore che ogni anno pubblica l’album di figurine “Amici Cucciolotti”, la collezione più amata dai bambini e più sensibile a queste tematiche. “Io e il mio amico cucciolotto” è un libretto educativo che , in maniera accattivante e accurata, tra gioco e riflessione, fa conoscere tutti gli aspetti fondamentali del prendersi cura di un amico con la coda, dall’accoglienza alle cure veterinarie.

Il sostegno della Pizzardi  Editore ci ha consentito di mettere a disposizione delle scuole italiane che desidereranno intraprendere il percorso questo prezioso strumento a titolo completamente gratuito. “Io e il mio amico cucciolotto” può essere richiesto attraverso l’apposito modulo (scaricabile online su www.comunicazionesviluppoenpa.org oppure scrivendo a web@siua.it).

Scheda tecnica disponibile su: http://comunicazionesviluppoenpa.org/component/content/article/626.html

 

«Innalzare l’obbligo scolastico»

da Corriere.it

«Innalzare l’obbligo scolastico»

Il segretario della Cgil Susanna Camusso al congresso degli studenti medi a Perugia: «Il diritto allo studio nel nostro Paese si ferma a 15 anni con  l’ingresso nel lavoro»

di Redazione Scuola

«L’obbligo scolastico va  innalzato per diventare il punto di partenza dell’istruzione come  grande vettore di sviluppo». A  dirlo, nel suo intervento al terzo  congresso nazionale della Rete degli Studenti Medi in corso a Perugia, è stata il segretario generale della Cgil Susanna Camusso. Questa per Camusso, è la « vera grande riforma» che va fatta, la riforma che «la Cgil sostiene nel suo piano di lavoro». «Noi —ha detto ancora Camusso — siamo tra i paesi cosiddetti  sviluppati, ma siamo uno dei pochi paesi che continua ad avere nei  fatti l’obbligo a 15 anni, visto che a 15 anni è l’ingresso al lavoro anche se la teorica affermazione del diritto allo studio è quella dei 16». «Noi oggi abbiamo un obbligo scolastico che sta a metà di un  ciclo di istruzione, è come dire faccio una norma per garantirne  l’evasione, perché -ha concluso Camusso- non ha avuto invece  ovviamente l’effetto di allungare un obbligo generalizzato fino alla  fine del ciclo scolastico».

Emergenza abbandono scolastico

L’estensione dell’obbligo scolastico è variata negli ultimi anni finché la  legge del 27 dicembre 2006 ha stabilito che l’istruzione   dovesse essere impartita per almeno 10 anni (da 6 a 16 anni appunto) e che dovesse essere  «finalizzata a consentire il conseguimento di un titolo di studio di scuola secondaria superiore o di una qualifica professionale di durata almeno triennale entro il diciottesimo anno d’età».   Di fatto,  poiché l’obbligo scolastico si esaurisce al termine del primo biennio di scuola superiore,  spesso i ragazzi dopo la scuola media si iscrivono a un istituto tecnico o professionale non per ottenere il diploma ma solo per assolvere l’obbligo dei 10 anni di studio: restano parcheggiati un paio d’anni e poi lasciano la scuola. Molti non portano nemmeno a termine l’obbligo scolastico: il tasso di abbandono scolastico in Italia, concentrato proprio nel primo biennio delle superiori,  è infatti del 17,6% con punte del 25% nel Mezzogiorno, molto distante dalla media dei 28 Paesi dell’Ue (12,7%) e ancor più dall’obiettivo comunitario per il 2020 del  10%. All’innalzamento dell’età dell’obbligo non è corrisposta infatti una riforma organica della scuola secondaria di secondo grado. Invece di un biennio unico, i ragazzi si ritrovano a scegliere a 14 anni un percorso di studio (liceo, istituti tecnici o professionali, scuole professionali) che spesso si rivela ingiustamente selettivo: frustrati dai pessimi risultati, in una fase di sviluppo evolutivo particolarmente delicata, non reggono gli insuccessi e sono indotti a lasciare.

Soldi non solo per l’edilizia

Oltre al tema dell’obbligo scolastico, la Camusso è intervenuta anche sul piano per la scuola del presidente del Consiglio Matteo Renzi incentrato sull’emergenza edilizia. «Dire che si fa uno stanziamento consistente, intervenire rispetto all’edilizia scolastica e rimettere in sicurezza le scuole  – ha detto il segretario generale dela Cgil – è un’esigenza che abbiamo manifestato in tantissime occasioni, è una scelta assolutamente importante, però non può essere l’unica risorsa che si spende per la scuola in questa stagione». «A fianco – ha continuato la Camusso – noi stiamo ancora aspettando che si rimettano le risorse che le tante leggi precedenti hanno tolto». «Giustamente – ha spiegato – gli insegnanti rivendicano i loro contratti e le loro retribuzioni, ma se li paghi con le risorse dei fondi scolastici vuol dire che nella scuola non fai progetti formativi e non vai oltre».

La crisi del contributo ‘volontario’ delle famiglie. Alternative?

da TuttoscuolaNews

La crisi del contributo ‘volontario’ delle famiglie. Alternative? 

A causa del pesante taglio delle risorse finanziarie a disposizione – hanno fatto presente i presidenti dei consigli di istituto emiliani nella lettera aperta inviata al premier Renzi – le scuole sono costrette a ricorrere in modo sempre più crescente ai contributi delle famiglie e cercando, ove possibile, di reperire risorse esterne aggiuntive. Il privato che si sostituisce al finanziamento pubblico.

Ai contributi in materiale da anni forniti dai genitori, si aggiungono, e sono indispensabili, anche contributi in denaro, aggiungono gli autori della lettera a Renzi che ricordano come da rilevazione nella provincia di Bologna pressoché tutti gli istituti sono costretti a richiederli e per gli istituti superiori costituiscono la principale fonte di finanziamento.

Se mancano i fondi statali per il funzionamento, dunque, sono le famiglie a sopperire con contributi che, come si sa, non sono obbligatori, anche se detraibili nella dichiarazione dei redditi.

La presa di posizione dei presidenti di istituto emiliani ha anche una ragione contingente, derivante dal fatto che localmente sembra sia in atto una campagna di dissuasione nei confronti delle famiglie per non sottostare al pagamento del contributo non obbligatorio.

L’anno scorso una nota del capo dipartimento del Miur aveva ricordato il carattere facoltativo del contributo, diffidando i dirigenti scolastici dall’imporre il versamento a carico delle famiglie, ma ne aveva al contempo sottolineato l’importanza per la vita della scuola. Proprio quella nota, ora, viene richiamata da parte di esponenti politici locali per ricordare alle famiglie il non obbligo del versamento.

Come uscirne? A parte l’ovvia soluzione di finanziare adeguatamente le istituzioni scolastiche (di questi tempi non sembra un’operazione immediatamente possibile e facile), si fanno strada vie d’uscita straordinarie: rendere obbligatorio il contributo eventualmente in base al reddito; includere le istituzioni scolastiche tra i soggetti che possono fruire del 5 per mille; oppure individuare nuovi modelli di finanziamento, attingendo a risorse di soggetti privati, che vadano oltre l’intervento delle famiglie. Una terza via che promuova alleanze efficaci ed intelligenti tra privato e pubblico  soprattutto quando il primo dà segni di responsabilità sociale ed ha il coraggio di fare progetti (esempio pilota il progetto Smart School, finanziato da Samsung). Con questa prospettiva occorre creare dentro il cambiamento del sistema educativo un contesto di coesione e di solidarietà sociale. Come dire: ad ognuno venga assegnata una parte.

Meno istruzione meno Pil: è crisi capitale umano

da l’Unità

Meno istruzione meno Pil: è crisi capitale umano

NELL’ULTIMO DECENNIO I DIPLOMATI SONO CALATI DEL 6% E IL PIL È FERMO SOTTO IL 3%. UN CASO?

Carlo Buttaroni – Presidente Tecnè

​​In Italia,negli ultimi cinquant’anni,la crescita dei livelli di scolarizzazione e l’andamento del Pil sono andati di pari passo. Negli anni Sessanta, i diplomati nelle scuole secondarie superiori sono cresciuti del 105% rispetto al decennio precedente, con una crescita del Pil del 56%. Negli anni Settanta, il numero di diplomati è cresciuto del 91% e il Pil del 45%. Tendenza positiva proseguita fino al 2000, anno in cui è iniziata un’inversione di tendenza che ha visto, nella decade 2000-2010, un calo del numero deidiplomatidel6% rispetto al decennio precedente e il Pil fermo sotto il 3%. Un caso? Non proprio. L’istruzione, nelle economie avanzate, è il più importante fattore di crescita. Proprio come per gli investimenti in «capitale fisico», un Paese investe in istruzione e formazione per migliorare il proprio «capitale umano» sostenendo dei costi che in futuro si trasformano in maggiori guadagni. Se si analizza la capacità di creare valore aggiunto, cioè l’incremento di valore che si verifica nell’ ambito dei processi produttivi a partire dalle risorse iniziali, ci si rende conto che l’elemento della «competenza» è fondamentale, perché si traduce in migliore qualità dei beni e servizi, insieme da performance produttive più alte. I differenziali di conoscenza incidono sulla competitività più dei costi di produzione che, seppur rilevanti, hanno una valenza che si misura soprattutto nel breve termine, mentre il miglioramento degli standard produttivi, ottenuti attraverso l’aumento delle conoscenze e delle competenze, migliora la competitività nel lungo periodo. Il livello di capitale umano, dunque, è un fattore decisivo per la crescita economica di qualunque Paese. Ed è anche un fattore attrattivo degli investimenti esteri, diventati, in questi ultimi anni, la principale leva di finanziamento dello sviluppo. Agli inizi degli anni ’70, i paradigmi della finanza sono cambiati radicalmente con la scelta del governo USA di sospendere la convertibilità in oro del dollaro. Una decisione che ha azzerato gli accordi di Bretton Woods del 1944 che limitavano la circolazione dei capitali. Da quel momento, enormi quantità di ricchezza sono uscite dai radar dei governi nazionali e hanno iniziato a muoversi a livello globale.Oggi,per esempio,le grandi centrali finanziarie mondiali possono scegliere se sostenere il debito pubblico di un Paese e questa decisione, al netto delle speculazioni, dipende dalla capacità di trasformare il debito in crescita. Una scelta che avviene tenendo in considerazione, come variabile fondamentale, il potenziale produttivo di un Paese e la sua capacità di generare valore aggiunto. I grandi fondi di private equity mondiali, che raccolgono risorse in tutto il mondo e hanno portafogli d’investimento di centinaia di miliardi di dollari, finanziano imprese che operano nel campo della meccanica di precisione, del chimico, del farmaceutico, dell’high-tech, in base a parametri dove il «capitale umano» non conta meno del costo del lavoro. Un elevato livello di capitale umano, alimentato da una costante crescita delle conoscenze e delle competenze, rappresenta, infatti, il presupposto di miglioramenti continui degli standard produttivi e nella capacità di creare valore. Oltretutto, attraverso il movimento internazionale dei capitali, è possibile incrementare il trasferimento di nuove conoscenze e tecnologie ottenendo un progressivo avanzamento della frontiera della produzione. Investire in conoscenza, quindi, conviene all’intera economia di una nazione. A livello globale, gli investimenti in conoscenza vedono in prima fila le economie emergenti, che stanno scalando le classifiche mondiali non solo in termini di Pil ma anche di livelli d’istruzione e qualità delle università. L’Italia, invece, sta perdendo questa sfida sul futuro, non solo a livello mondiale ma anche all’interno dell’Europa. I dati sul livello del capitale umano delle persone occupate nel nostro Paese misurato ad esempio attraverso il livello d’istruzione degli occupati non sono confortanti, soprattutto se confrontati con quelli della media europea. E ancor più sconfortanti sono quegli indicatori che la Ue utilizza come obiettivo strategico per il 2020. Nell’Europa dei 27 l’Italia è terza per quanto riguardala quota dei NEET, i giovani che non lavorano, non studiano e non sono impegnati in percorsi formativi. Un primato negativo che ci vede preceduti solo da Grecia e Bulgaria. Un paese, il nostro, a fondo scala per quanto riguarda la classifica sull’ istruzione universitaria, nel gruppo di testa per l’abbandono scolastico e al 16° posto in merito alle competenze matematiche dei nostri studenti. La Strategia di Lisbona  aveva posto,tra i cinque obiettivi da raggiungere entro il 2010, la riduzione al 10 per cento della quota di giovani che lasciano la scuola senza un adeguato titolo di studio, e il piano «Europa2020» ha posto il tetto di almeno il40 per cento di giovani che ottiene un titolo di studio universitario. L’Italia ha fallito il primo obiettivo ed è assai lontana dal raggiungere il secondo. Una condizione che  non stupisce, perché l’Italia è nella parte bassa della classifica anche per quanto riguarda la spesa pubblica per l’istruzione e la formazione, ben al di sotto la media europea. E gli esempi non mancano: la Danimarca, per citarne uno, investe una quota pari al 7,8% del PIL, contro il 4,2% dell’Italia. Un’impostazione, la nostra, che nel medio/lungo periodo porterà a un minore tasso di sviluppo dell’Italia anche rispetto ai propri partner europei, con un conseguente deterioramento dei processi produttivi. L’Italia, quindi, se non cambia strada,si andrà ad attestare su livelli di competitività più arretrati rispetto agli altri Paesi dell’Unione Europea, con conseguenze inevitabilmente negative sui tassi di crescita economici. Nelson Mandela ricordava spesso che «L’istruzione e la formazione sono le armi più potenti che si possono utilizzare per cambiare il mondo» e,sicuramente, sono l’unico strumento per non scivolare verso un futuro assai meno glorioso del nostro passato. Senza istruzione manca la conoscenza di base necessaria per il progresso tecnico e scientifico, ma anche per quello umano, senza il quale ogni forma di progresso rischia di rimanere sterile e priva di frutti.