Scuola delle esperienze

SCUOLA DELLE ESPERIENZE

di Umberto Tenuta

CANTO129 −Scuola ove si impara facendo: Verum et factum reciprocantur seu convertuntur (G.B. Vico)

 

<<Ma la scuola ha anche un problema nei suoi dispositivi, perché lavagne e fogli sono a due dimensioni, mentre la realtà è, come si direbbe oggi, a 3D.

Detto semplicemente, credo che l’insegnamento abbia senso tutte le volte che consente di provare ciò di cui parla, di vedere, toccare e agire, insomma di fare esperienza: se studi le migrazioni degli uccelli le puoi andare a vedere, se giochi ad angry birds puoi solo guardarlo e riguardarlo sullo schermo (STEFANO LAFFI, La congiura contro i giovani. Da vivalascuola.it, 12 maggio 2014)

…provare ciò di cui parla, vedere, toccare e agire, insomma fare esperienza…

L’esperienza si fa con gli occhi che guardano il mondo che ci circonda, mondo di minerali, di vegetali, di animali, di uomini.

L’esperienza si fa con le mani, con i piedi, con il corpo tutto intero.

Le mani manipolano, prendono, afferrano, lanciano, abbracciano, accarezzano, battono, applaudono…

i piedi camminano, corrono, saltano, pestano, misurano, danzano…

Il corpo intero emana feronomi che innamorano e maritano, parla il linguaggio delle sue pose, mostra le sue forme più fascinose, parla, dice e chiama…

Quante cose si possono fare con il corpo!

Occhi naso orecchie tatto

CURIOSITA’. La Curiosità, proprietà connaturale dell’uomo, figliuola dell’ignoranza, che partorisce la Scienza, all’aprire che fa della nostra mente la Maraviglia, porta questo costume: ch’ove osserva straordinario effetto in natura, come cometa, parelio, o stella di mezzodì, subito domanda, che tal cosa voglia dire o significare. (VICO XXXIX, Principi di Scienza Nuova)

MARAVIGLIA

La meraviglia del neonato figlio di donna che già nel grembo materno sgambettava ed ascoltava le voci del nuovo mondo che l’aspettava e che ora lo affascina coi suoi mille colori, con le sue mille forme, con i suoi mille odori, sapori, suoni, canti…

E del poeta il fin la meraviglia!

E del maestro il fin la meraviglia, la meraviglia di questo mondo da manipolare, pedipolare, orecchiare, oculare, assaporare…

Non la spegnete, anzi alimentatela, questa meraviglia, questa innata curiosità umana!

Non mettetela a tacere!

Fatela parlare!

Fuoco che arde quanto più lo alimenti, e non lo spegni mai nel silenzio tombale di un’aula chiusa alle voci del mondo ricco di bellezze di forme, di colori, di odori, di sapori…

LE DUE DIMENSIONI DELLE PAGINE DEI FOGLI E DELLE LIM NON BASTANO, VENGONO DOPO.

Occorre prima fare!

Fare nel mondo 3D, nel mondo reale.

Nel mondo delle vestigia storiche che gli antichi padri hanno lasciato nelle mura e dentro le mura della città!

Nel mondo dei monti e delle valli, delle colline fiorite e delle verdi piane che agli occhi ed alle gambe si aprono ogni mattino!

Nel mondo dei nostri antenati animati che in mari e terre strisciano, scivolano, saltano, corrono…

Nel mondo dei nostri fratelli umani che in seimila lingue confidano i loro amori ed i loro pensieri, le loro fantasie e le loro pene…

Nel mondo delle pietre incise, dei metalli fusi, delle alchimie dell’avvenire…

Nel mondo dei folli voli di Icaro che ci trasportano verso altri mondi da esplorare, da conoscere, da abitare in un futuro lontano…

Nel mondo della Nuova Scienza che Galileo e Bacone hanno aperto ai figli di Eva…

Meraviglioso mondo, bellezza infinita dell’universa terra e dell’universo cielo che nessuno ha il diritto di uccidere in un parallelepipedo calcareo!

Aprite le finestre, spalancate le porte, scoperchiate i tetti, scavate i pavimenti!

Lasciate che la vita entri nelle aule, nella scuola aperta, aperta al mondo intero!

O voi docenti, come fate, anche voi, a non soffocare dentro il bugno vuoto della vostra chiusa stanza?

Scriveva il Maestro, Alfonso Mazzuca che mi innamorò alla scuola:

Aprite le finestre o cosentine,

guardate in ciel le stelle ad una ad una,

vi parlano d’amore e di mistero…

La vita è amore, amore di un’anima incarnanta, di un corpo animato.

O maestre, o Maestri, non dimidiate i vostri studenti, non scarnificateli in puri fantasmi!

Essi sono carne e sangue che vivono in un mondo a TRE DIMENSIONI.

Non rubiamole, ai giovani, le tre dimensioni da sperimentare!

Lasciamoli vivere nella realtà concreta delle cose che si fanno con le mani, con i piedi, con gli occhi, con le orecchie, con il naso, con il corpo tutto, intero!

Facciamo delle nostre aule le ACCADEMIE DEL CIMENTO!

Incontro con Vito Rosario Ferrone

Incontro con Vito Rosario Ferrone, autore di “ Immobilità Centrale”

di Mario Coviello

ferrone“Immobilità Centrale”, youcanprint edizioni, euro 14,90,in formato pdf a 2,99 euro è il terzo romanzo di Vito Rosario Ferrone ed ha sempre come protagonista il suo alter ego il commissario Lombino.

Ecco cosa racconta: “Scorre tranquilla la vita nel centro lucano dove il commissario Lombino è nato ed ha trascorso la prima parte della sua vita. Boschi incontaminati, cibi genuini, esistenze fermamente legate alle tradizioni della propria terra, e sempre ispirate a solidi principi morali: onestà, dignità, ospitalità. Ma è davvero tutto così immobile? Per un assurdo scherzo del destino il commissario si trova costretto a indagare su diverse persone che gli sono state vicine nell’infanzia e nell’adolescenza, persone alle quali non può non essere legato da sincera riconoscenza.

E i lettori affezionati ritrovano Lombino in tutta la sua sensibilità e umanità, con le ansie e i dubbi di un uomo comune.

E mentre indaga il commissario, per puro diletto, si interroga su Galileo Galilei e sul suo processo. E’ stata immobile la chiesa cattolica nella sua posizione rispetto allo scienziato? E’ stato immobile Galilei nella sua ostinata difesa del sistema copernicano contrapposto a quello tolemaico?

Questi, fra i tanti, gli interrogativi che l’originale autore suggerisce ai lettori attraverso la voce del commissario.”

Anche in questo episodio Lombino indaga su più fronti e ancora una volta fa centro.

Vito Rosario Ferrone lucano d’orgine napoletano di adozione. Sposato. Un figlio.  E’ docente di Chimica e Tecnologie chimiche. Ha al suo attivo esperienze di lavoro nel campo della ricerca applicata, della formazione e della sicurezza industriale. “Nucleo centrale” è il suo primo romanzo.

Lo abbiamo intervistato.

 

1Con questo terzo romanzo sei tornato nel tuo paese d’origine. Cosa rappresenta la Lucania per te ?

La Lucania è per me il luogo della memoria. È il ricordo che si fa presente. Ho vissuto a Napoli la maggior parte degli anni della mia vita e qui ho avuto la possibilità di incontrare una moltitudine di persone, uomini e donne, che ciascuno a modo suo mi ha dato, e anche tolto, qualcosa; di crescere perché sollecitato; di non appassire perché sempre in continuo confronto con una realtà ricca, complessa, difficile, interessante, pericolosa, imperdibile, odiata, amata. È fin troppo evidente che nel percorso che mi ha portato fin qui nel tempo Napoli è stata più che decisiva. Però. La bontà e la concretezza di quell’humus originale non sono mai venute meno. Ciò che io sono oggi, dopo circa quaranta anni di vita nella città di Partenope, ha comunque le radici in quella memoria. Perché ha fatto da contro altare impervio, interessante e fertile ad una realtà nel quotidiano completamente diversa. Realtà mai immota. Che ha subìto, favorito e prodotto capovolgimenti così radicali che in molti suoi aspetti hanno stravolto ciò che era. O era stata. Avere, in questo autentico tsunami sociale, politico ed economico, un punto fermo, per certi versi immobile, a me è servito. Per non farsi trascinare. Per ricominciare. Con consapevolezza e lucidità. Perché la parola che da sempre, per quello che mi riguarda, accompagna la parola Lucania è: dignità. Oserei dire che sono sinonimi. Tanto che il mio smarrimento a volte è proprio quello di vedere con triste consapevolezza che quella parola, dignità, ha come perso consistenza, spessore, forza. Oserei dire popolarità. Fra la gente di Lucania. Che in troppi si ostinano a chiamare Basilicata.

 

2.  Nella tua terza fatica fai riferimento agli amici di sempre. Perché è importante l’amicizia per Vito Ferrone/ commissario Lombino ?

Io senza amici non so campare. Perché? Non lo so. So che è così, e basta. L’unica cosa che mi viene in mente per dare consistenza e forma a queste frasi così perentorie e sintetiche è ricordare un bellissimo film di qualche anno fa. “Le conseguenze dell’amore”, con Toni Servillo. Che confinato in un’arida città della Svizzera a riciclare danaro per un potente clan mafioso, in una scena commovente e disperata, cerca inutilmente di spiegare, senza molto impegno devo dire perché evidentemente ha capito che è inutile, ad un figlio piuttosto scettico, se non riottoso, che se si è amici lo si è per sempre. E non contano né il tempo né lo spazio. Cioè le distanze. O gli inciampi della vita. È un’alchimia che resiste. Dà forza, incoraggia, fa compagnia, rassicura, risolve. Basta alzare lo sguardo. O il telefono. E sentirsi rispondere: “Non ti muovere. Sto arrivando”. In tutte le lingue del mondo. In tutti dialetti del mio amato sud.

 

3. Nei tuoi romanzi emerge una vasta gamma di figure femminili forti. Sono madri, mogli, amanti e assassine. Ci vuoi raccontare il tuo universo femminile?

L’universo femminile? Un illustre sconosciuto. Se qualcosa, poco, ci ho capito e ho cercato di riportare nei miei libri, non è merito mio ma di chi, per motivi legati alla propria complessità e che io non conosco, ha deciso con gratuità, intelligenza pazienza e curiosità di svelarsi. In qualche modo. Almeno un po’. Così qualcosa sono riuscito ad imparare. Sono pur sempre uno attento. E ho riproposto. Senza nessuna pretesa di averci preso. Il personaggio che amo di più è Carmelina. Tata o presunta tale. Perché Carmelina rappresenta e presenta il cuore di Napoli. Di una Napoli che in una certa misura non c’è più. Certamente la Napoli popolare. Ma non solo, direi. Con tutta la sua generosità, la sua saggezza, la sua ironia, la sua perspicacia, la sua capacità di affrontare le avversità della vita e della storia ma anche con le sue paure, le sue invidie, le sue piccole o grandi meschinità, la sua cattiveria. Carmelina è il dottor Watson di Lombino. Lombino in fondo risolve perché conosce, ascolta, vede, sente, percepisce. Non perché è geniale, enciclopedico, politicamente corretto, con tutte le pene del mondo sulle sue spalle, scientifico, triste, disperato, con un passato che non si può dire e un presente che lasciamo perdere, tecnologico o, Dio ce ne scampi e liberi, perché esperto di profili. Psicologici. No. Il commissario, ad oggi vicequestore, Lombino sa di che si sta parlando. È uno normale. Normodotato, se così posso dire. Che conosce i suoi polli. E quando Carmelina comunica, lui afferra. A tempo e luogo. Si capisce. L’universo di cui prima ovviamente non inizia né finisce con Carmelina. C’è Rosaria. L’amica che tutti vorremmo avere. Bella, intelligente, sincera, appassionata, fidata, affidabile. Non esiste un’amica così nella realtà? Io dico di sì. Con Margherita, dottoressa Scarfoglio, poi ho passato i guai miei. Le mie poche e appassionate lettrici e amiche me ne hanno dette di tutti i colori. Qualcuna è arrivata perfino a scomodare Freud. Che io appena so come si scrive. Una proiezione dei miei più ancestrali e inconsci desideri. E proprio perché inconsci io non sapevo di averli ma le mie lettrici ed amiche sì. Loro lo sapevano. Io volevo solo creare un contrasto forte e speravo, spero, interessante, tra uno sbirro che viene dalla zolla, non sempre a suo agio e non sempre sicuro di quello che sta facendo o pensando o dicendo, e un magistrato e una donna spigliata, brillante, glamour con natali e magione sulla collina più chic, che più chic non si può, Posillipo. Anche con i cognomi sono stato attento. Scarfoglio. Che dire di più. E Lombino. Cognome di emigranti. Al di là dell’oceano. Ma a chi lo dici? Alle mie lettrici e amiche è di sicuro tempo perso. Poi dovrei ricordare Assunta Imperio, donna di camorra. Adriana Ferrigno, capo della squadra catturandi. Antonietta, agente scelto della polizia di stato. Annalisa. Maddalena. Rachele. Annamaria. Un universo, l’abbiamo detto. Con un immarcescibile centro di gravità permanente. Rosaria. Mia moglie.

 

4.  Ti occupi nel tuo libro, raccontando il processo a Galileo Galilei, di cattolicesimo e pensiero laico. Perché hai avuto la necessità di affermare attraverso Galileo che “ la ricerca è sempre frutto di una scelta. Morale….. , e che…non è vero che la scienza debba rispondere solo a se stessa.” ?

Galilei. Vorrei partire da un elemento di chiarezza. Sincera. Mischiare teologia e scienza sperimentale è stato da parte della Chiesa un errore. Che difatti non ha più commesso. Però. Da questo a sostenere che tra la fede, in quanto riconoscimento di un mistero, e la scienza, quale espressione più fulgida della ragione (o della razionalità?), c’è un vulnus insanabile, foriero di scontri ineluttabili e drammatici e di scelte forti, secondo me è sbagliato. Perché non è così. Voglio solo ricordare alcuni dei nomi che hanno fatto la storia della scienza. Sperimentale. Quella di Galilei per intenderci. Pascal, Maxwell, Ampère, padre Secchi. E non vorrei dimenticare Copernico o Keplero o lo stesso Galileo. Lo so. Si può sempre pensare di opporre a questo elenco, molto parziale devo dire, altri nomi. Odifreddi, per esempio. Ma a parte, come dire?, il diverso spessore scientifico, ciò non toglie che molti di quelli che hanno cambiato la scienza, sono uomini di fede. Cattolica. O cristiana. Piaccia o no. Questo è. E allora? Allora è tutto in quiz. Perché mai coloro che più di tutti si preoccupano di noi e di me e della mia intelligenza e della mia coscienza, si sono guardati bene dal dire che Galilei non aveva nessuna, dico nessuna, prova sperimentale certa e definitiva? Tanta arroganza sì. Ma prove inequivocabili nessuna. C’è voluto Foucault con il suo pendolo. Parecchi, ma veramente parecchi, anni dopo. E il quiz continua. Perché gli illuminati dalla ragione e troppe volte dai troppi soldi o più maldestramente dall’ideologia hanno dimenticato di dire parecchie cose? Sono sicuro che l’hanno fatto per il ben nostro. Io li ringrazio, ma il problema resta. Perché non ci hanno detto che Galilei non ha mai pronunciato la frase “eppur si muove”? Che non è stato incarcerato? Che non è stato torturato? Che non gli è stato impedito di continuare i suoi studi? Che ha potuto incontrare i suoi allievi, confrontarsi con altri studiosi e scrivere la summa del suo pensiero scientifico? Dopo il famoso processo. Perché? Perché si sono dimenticati di dircelo? Anzi hanno sostenuto il contrario. Allora, una volta saputo e capito, ho cercato di rispondere. Al quiz. Senza pregiudizi. Nel rispetto dei fatti certi. Storicamente certi. Accettando il rischio di farlo. Sì il rischio. Perché Galilei e il suo processo rientrano a pieno titolo in una lotta senza quartiere. Anzi sono l’alfa e l’omega. Di questa lotta. Scatenata da quel capitalismo finanziario d’assalto globale che ha affamato mezzo mondo se non qualche cosa in più e che ha i soldi, quelli veri, per orientare, diciamo così, la ricerca scientifica. Che fa sempre di più, in molti campi, da catalizzatore di un nuovo umanesimo. Se questo non bastasse, nel nostro disastrato paese abbiamo i buoni, i bravi e i belli che come sono acculturati loro, nessuno mai. I quali, in nome e per conto di una laicità a loro uso e consumo, si sono accodati. Hai visto mai. Non ci saranno prigionieri. In questa guerra. Ma ho deciso di farlo lo stesso. Perché non se ne può più. Io non ne posso più. Dei nuovi sacerdoti della ragione e dei custodi dell’assioma del relativismo della verità. E delle nuove e splendenti e inarrestabili conoscenze scientifiche. Che renderanno tutto e, soprattutto, tutti noi un’altra cosa. Liberi e immortali. O quasi. Felici e potenti. Più o meno. E finalmente aiuteranno a cancellare le differenze. Tutte le differenze. Fra uomini e donne. Prima di tutto. Che so’ ste stronzate? Ste differenze? Siamo tutti li stessi! E non in dignità e diritti come è giusto che sia. No, no. Siamo, o se non proprio siamo, lo saremo, tutti la stessa cosa. A buon peso, certo. Non è che stiamo a spaccare il capello. Ma nessuna differenza di genere. Mai più. La scienza darà una grossa mano anche in questo. Ha già dato una grossa mano. Gli scienziati, non tutti, certo e per fortuna, hanno scelto. Quanto liberamente non saprei, ma lo hanno fatto. La cosa bella è che lo hanno fatto, dicono loro, perché la ricerca di per sé risponde solo a se stessa. Non ha limiti. Non può e non deve avere limiti. È difficile credere che siano sinceri. Anche in considerazione dei miliardi di dollari che ci vogliono ogni anno. Per la ricerca che non conosce limiti. Ma solo la coscienza di sé. Lo stesso voglio dare credito. E allora dico: non è così. E anche se non è proprio elegante, aggiungo: ricordatevi dei gas usati fin dalla prima guerra mondiale grazie al meglio della fisica tedesca, delle armi chimiche e di quelle batteriologiche. Tenete sempre bene a mente che l’apice dell’intelligenza e della genialità di molti scienziati fu la bomba atomica. In fondo, caro Mario, mi sono preso un rischio per amore di quello che Lombino chiama la fisica, e dintorni. E per il rispetto profondo di tutti quelli che ancora ci credono nella fisica, e dintorni. Questa è la verità.

 

5.       Nella quarta di copertina ci racconti che “ Nucleo centrale “ è il tuo primo romanzo, che ”Relatività centrale “, che noi abbiamo letto per secondo, è invece la tua terza fatica e che “Immobilità centrale “ è il tuo secondo romanzo. Ci vuoi spiegare ?

“Immobilità Centrale” è stato pubblicato dopo “Relatività Centrale” è vero, ma ti posso assicurare che l’ho cominciato a scrivere molto prima. E una prima, lunga e faticosa stesura definitiva, così pensavo, ha preso forma timidamente e per un brevissimo periodo come “Centro Immobile”. Poi mi sono deciso a fare tutto d’accapo, perché non riuscivo a dare un compimento convincente ad un libro difficile. Difficilissimo, per me. In un certo senso sbagliato. Uno dei miei più cari amici, autorevole componente del mio competente, affettuoso e quasi mai tenero gruppo dell’editing, per tutto il tempo che io sono stato impegnato con “Centro Immobile”, prima, e “Immobilità Centrale”, dopo, ha continuato a ripetere: un libro funziona tanto più quanto più autore e protagonista sono distaccati. Distanti. Autonomi. Io non è che non l’ho ascoltato, l’ho fatto, ma per certi versi non gli ho dato retta. Così la fatica è aumentata. E il tempo è passato. Le revisioni e le riscritture si sono rincorse e sovrapposte. Tant’è che ho avuto il tempo di scrivere anche il quarto: “Assenza Centrale”. Di pubblicazione programmata dopo l’estate. Ne è valsa la pena? Tutta questa faticata. Non sta a me dirlo. Posso solo ricordare quanto amava ripetere Hemingway, i cui romanzi sono stati sempre ispirati a persone da lui conosciute o addirittura frequentate abitualmente. A tutti quelli che con un’ostinazione degna di miglior causa andavano cercando le persone dietro ai personaggi e la cronaca dietro ad una storia, diceva: è solo un romanzo. Lo voglio ridire: è solo un romanzo. Niente di più. E il coinvolgimento personale dell’autore? Se c’è, non ha alcuna importanza. Perché ciò che conta è la parola. La sua capacità di nascondere e svelare, di raccontare e far pensare. Di affabulare.

 

6.       Hai già il titolo del tuo quarto romanzo “Assenza centrale “ e “ un quinto pensato “. Ci puoi anticipare qualcosa ?

I nuovi romanzi. “Assenza Centrale”, l’ho detto, è già stato licenziato. L’ultima stesura mi ha convinto. E i miei fratelli/coltelli dell’editing di noi altri – coltelli, e giustamente, solo in questo, perché mi vogliono bene e mai mi manderebbero allo sbaraglio con un prodotto che non sia più che dignitoso, e interessante. Naturalmente l’editing di noi altri ha una pecca grave, purtroppo, perché cazzutissimo sulla forma e sui contenuti non capisce un accidente di mercato e di mercato editoriale. Insomma sono malmesso, ma va bene così – i miei fratelli/coltelli, dicevo, erano soddisfatti. Il più critico da sempre, Alberto, in un momento di debolezza penso, si è spinto addirittura a dire che sono stato bravo. Quasi bravo. A voler essere pedanti. Con “Assenza centrale”. Non ti racconto il mio stupore. E la commozione. Comunque, siamo a Napoli con Lombino promosso vice-questore con delega all’ordine pubblico. E sposo. Di Margherita. Rosaria non c’è. Si e messa a studiare e ovviamente è all’estero. In compenso c’è Carmelina alle prese con un nuovo amore. Suppergiù. Diciamo con un potenziale fidanzato. Toccherà naturalmente al neo vice-questore fare in modo che la potenza diventi atto. Ovviamente c’è un omicidio. Efferato. Nella Napoli bene. Così detta. Di una donna che Lombino ha amato. E c’è Ettore Majorana, il più grande di tutti. A via Panisperna. Che con i suoi silenzi e la sua scomparsa sembra suggerire una strada, un percorso. Non solo alla fisica. E a Lombino. Ma a tutti noi. “Centrale”, infine, è un cantiere aperto. Le poche cose certe. È l’ultimo romanzo di Lombino. Forse ci sarà altro ma il vice-questore, già commissario, Arcangelo Lombino, non più. Con “Centrale” torno ai temi della grande criminalità e Margherita come pubblico ministero avrà un ruolo molto più decisivo che negli altri romanzi. La fisica, e dintorni, riguarderà la particella di Higgs. La particella di Dio. Dio stesso. E non so altro. Solo che sarà decisivo il fattore umano. La centralità della persona. Come sempre.

 

7.       In “ Immobilità centrale “ parli di te stesso e racconti le tue radici, tuo padre e soprattutto tua madre. Come sei veramente ? E che significato ha oggi per te il rapporto con tua madre ?

Come sono veramente, mi chiedi. Di preciso, francamente, non saprei bene cosa dire. Però penso questo. Se uno legge con attenzione, qualcosa ci capisce. In quanto a mia madre permettimi di augurale ogni bene per molti anni ancora.

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Manca ancora l’atto di indirizzo per dare avvio al contratto sugli scatti stipendiali. Se il contratto non verrà firmato entro il 30 giugno è quindi possibile che i 120 milioni messi a disposizione dal D.L. n. 3/2014 finiscano nelle casse dello Stato. L’unica soluzione, a quel punto, sarà quella di attingere al fondo di istituto.

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La ministra dell’Istruzione, Stefania Giannini, intervenuta nel Salone d’Onore alla presentazione del programma della Nazionale femminile di pallacanestro in vista di Euro 2015, ha ufficializzato la copertura finanziaria del Governo a sostegno dei progetti CONI legati alla pratica sportiva nella scuola.