COMPITI NO GIOCHI SI PER LE VACANZE di Umberto Tenuta
CANTO 167 IMPARARE è UN GIOCO I COMPITI SONO UN GIOCO I DOCENTI NON LI IMPONGONO PIù
Ho trovato la soluzione.
L’avevo sulla punta della lingua.
Ma non riuscivo a sputarla.
Stava lì, in sordina, annunciata in tanti miei canti, saggi e canti, ma non usciva dalla penna, pardon dalle dita sulla tastiera del PC.
Avevo, forse, avevo messo la sordina, ed il PC non suonava, non cantava, non scriveva il mio canto di gioia.
La gioia di imparare!
Con quanta gioia comincia ad imparare il bimbo, già nel grembo materno così caldo di amore!
Con quanta gioia il bimbo, appena uscito dal grembo materno, apre gli occhi e guarda curioso il mondo colorato di mille colori, meraviglioso nelle sue mille e mille forme, stupefacente nelle musiche di voci e di suoni che l’universo tiene!
Oh dolce alfabeto della mamma sua!
Analfabeta, gli insegna i fonemi, le sillabe, le parole, i discorsi.
Morfologia e sintassi assieme!
Prosa e poesia.
Canto e musica.
Pittura di mille colori.
Forme infinite.
Dondolar di manine a ritmo di samba.
A un anno pattina, a due parla due lingue come Michel de Mantaigne, a tre legge e suona il violino, come scrive Ibuka[1].
Senza stare seduto nei banchi, in silenzio tombale.
Senza una maestra dietro la cattedra, che si agita e sgola, minacciando ceci sotto le ginocchia, dietro la lavagna di ardesia, come faceva la maestra Dorina.
No, oggi non è più così.
Oggi, nella scuola per l’infanzia è tutto un gioco.
Tutto si apprende, tutto si impara, come in un gioco, perchè le maestre hanno studiato Platone.
È un gioco l’imparare, è un gioco l’apprendere, è un gioco d’amore lo studio.
Madre Natura è saggia.
Quanti figli di donna diventerebbero uomini se l’apprendere non fosse un gioco?
Scrive Tommaso d’Aquino che l’educazione è … “Traductionem et promotionem usque ad perfectum statum hominis in quantum homo est, qui est statum virtutis” , cioé “direzione e promozione (della prole) allo stato perfetto di uomo in quanto uomo, che é lo stato della virtù“[2].
Imparare è un gioco.
E tale resta nella Scuola dell’infanzia.
E nel prossimo anno tale sarà in tutte le scuole!
E i docenti non assegneranno, non prescriveranno, non imporranno più compiti, né durante l’anno scolastico, né durante le vacanze.
Sappiamo che i giovani, e non solo i giovani, amano il gioco.
Lo amano e si impegnano in esso, fino a sudare sette camicie.
“Al gioco seri al pari di un lavoro!”, direbbe Giovanni Pascoli!
Gioco durante l’anno scolastico, gioco durante le vacanze natalizie, durante le vacanze pasquali, durante le vacanze estive.
Ed allora, se non sono compiti ma sono giochi, mica i giochi si impongono!
I giovani li faranno da soli.
E quanti e quanti ne faranno al mare, ai monti, nelle valli alpine!
[1] IBUKA M., A un anno si pattina, a tre si legge, e si suona il violino, Armando, Roma, 1984
[2] San Tommaso d’Aquino, La Somma Teologica, Casa Editrice Adriano Salani (ora Edizioni Studio Domenicano di Bologna), Roma 1972, Suppl. q. 41, a. 1. [Il p. Centi O.P. così lo traduce: “La natura non mira soltanto alla generazione della prole, ma anche al suo sostentamento e alla sua educazione fino alla maturità perfetta dell’uomo in quanto uomo, cioé alla formazione nella virtù“]).