Compiti no Giochi sì per le vacanze

COMPITI NO GIOCHI SI PER LE VACANZE di Umberto Tenuta

CANTO 167 IMPARARE è UN GIOCO I COMPITI SONO UN GIOCO I DOCENTI NON LI IMPONGONO PIù

 

Ho trovato la soluzione.

L’avevo sulla punta della lingua.

Ma non riuscivo a sputarla.

Stava lì, in sordina, annunciata in tanti miei canti, saggi e canti, ma non usciva dalla penna, pardon dalle dita sulla tastiera del PC.

Avevo, forse, avevo messo la sordina, ed il PC non suonava, non cantava, non scriveva il mio canto di gioia.

La gioia di imparare!

Con quanta gioia comincia ad imparare il bimbo, già nel grembo materno così caldo di amore!

Con quanta gioia il bimbo, appena uscito dal grembo materno, apre gli occhi e guarda curioso il mondo colorato di mille colori, meraviglioso nelle sue mille e mille forme, stupefacente nelle musiche di voci e di suoni che l’universo tiene!

Oh dolce alfabeto della mamma sua!

Analfabeta, gli insegna i fonemi, le sillabe, le parole, i discorsi.

Morfologia e sintassi assieme!

Prosa e poesia.

Canto e musica.

Pittura di mille colori.

Forme infinite.

Dondolar di manine a ritmo di samba.

A un anno pattina, a due parla due lingue come Michel de Mantaigne, a tre legge e suona il violino, come scrive Ibuka[1].

Senza stare seduto nei banchi, in silenzio tombale.

Senza una maestra dietro la cattedra, che si agita e sgola, minacciando ceci sotto le ginocchia, dietro la lavagna di ardesia, come faceva la maestra Dorina.

No, oggi non è più così.

Oggi, nella scuola per l’infanzia è tutto un gioco.

Tutto si apprende, tutto si impara, come in un gioco, perchè le maestre hanno studiato Platone.

È un gioco l’imparare, è un gioco l’apprendere, è un gioco d’amore lo studio.

Madre Natura è saggia.

Quanti figli di donna diventerebbero uomini se l’apprendere non fosse un gioco?

Scrive Tommaso d’Aquino che l’educazione è … “Traductionem et promotionem usque ad perfectum statum hominis in quantum homo est, qui est statum virtutis” , cioé “direzione e promozione (della prole) allo stato perfetto di uomo in quanto uomo, che é lo stato della virtù“[2].

Imparare è un gioco.

E tale resta nella Scuola dell’infanzia.

E nel prossimo anno tale sarà in tutte le scuole!

E i docenti non assegneranno, non prescriveranno, non imporranno più compiti, né durante l’anno scolastico, né durante le vacanze.

Sappiamo che i giovani, e non solo i giovani, amano il gioco.

Lo amano e si impegnano in esso, fino a sudare sette camicie.

Al gioco seri al pari di un lavoro!”, direbbe Giovanni Pascoli!

Gioco durante l’anno scolastico, gioco durante le vacanze natalizie, durante le vacanze pasquali, durante le vacanze estive.

Ed allora, se non sono compiti ma sono giochi, mica i giochi si impongono!

I giovani li faranno da soli.

E quanti e quanti ne faranno al mare, ai monti, nelle valli alpine!

 

[1] IBUKA M., A un anno si pattina, a tre si legge, e si suona il violino, Armando, Roma, 1984

[2] San Tommaso d’Aquino, La Somma Teologica, Casa Editrice Adriano Salani (ora Edizioni Studio Domenicano di Bologna), Roma 1972, Suppl. q. 41, a. 1. [Il p. Centi O.P. così lo traduce: “La natura non mira soltanto alla generazione della prole, ma anche al suo sostentamento e alla sua educazione fino alla maturità perfetta dell’uomo in quanto uomo, cioé alla formazione nella virtù“]).

Operatori scolastici

OPERATORI SCOLASTICI TUTTI MERITEVOLI DI RETRIBUZIONI ADEGUATE di Umberto Tenuta

CANTO 166 TUTTI MERITEVOLI di retribuzioni adeguate GLI OPERATORI SCOLASTICI.

 

Afferma Renzi che dalla crisi si esce solo con un gigantesco investimento educativo.

Verità più grande non poteva dire!

Gli abbiamo creduto ed ancora gli crediamo.

Ma solo fino a quando la Ministra Giannini presenterà il suo Piano per la scuola.

Allora vedremo se la scuola cambierà verso!

È noto e risaputo che cambiare verso alla scuola significa renderla efficace ed efficiente.

REPETITA JUVANT!

Efficace significa progettare e realizzare <<interventi di educazione, formazione e istruzione mirati allo sviluppo della persona umana, adeguati ai diversi contesti, alla domanda delle famiglie e alle caratteristiche specifiche dei soggetti coinvolti, al fine di garantire loro il successo formativo, coerentemente con le finalità e gli obiettivi generali del sistema di istruzione e con l’esigenza di migliorare l’efficacia del processo di insegnamento e di apprendimento>>.

Nient’altro, On. Ministra Giannini!

Nient’altro i Suoi Esperti si debbono inventare.

È già sancito.

Per realizzare questo obiettivo sono necessari operatori scolastici motivati e competenti.

Tutti, non solo i “capaci e meritevoli”.

Mica si lasciano negli ospedali i medici incompetenti!

Capaci e meritevoli tutti e ben retribuiti!

I motivi?

Se il successo formativo occorre garantirlo a tutti, tutti gli operatori scolastici, dirigenti scolastici e docenti in primis, debbono essere capaci e meritevoli, motivati e competenti.

Solo chi non lo è si esclude.

Un cardiochirurgo incompetente non resta in ospedale ad aprirmi il cuore!

Un docente incompetente non resta nella scuola, lasciando che i suoi giovani studenti non diventino uomini.

Nessun giovane può essere lasciato vivere allo stato animale!

Anche perchè le bestie costano alla società tutta.

La politica dei capaci e meritevoli va bene in una società classista, elitaria, meritocratica, non in una società democratica.

Peraltro, è una politica fallimentare, come già il Concorsone berlingueriano ha dimostrato.

Rifiutato, e giustamente, dai docenti.
Possibile che gli Esperti della Ministra Giannini non abbiano memoria storica?

Historia docet!

Insegnerà anche alla Ministra Giannini.

Ed al Parlamento presenterà un Decreto Legge che riporta a livelli europei la retribuzione dei docenti italiani, a tutti i docenti, tutti capaci e meritevoli quelli che restano nella scuola.

Chi capace e meritevole non vuole essere se ne va.

D’altra parte è estremamente difficile individuare chi è capace e meritevole.

Più agevole è individuare chi non lo è, chi si esclude, chi rinuncia a garantire il successo formativo a tutti i giovani.

Il previsto fondo per i capaci e meritevoli va spalmato sulla retribuzione di tutti i docenti che sono capaci di garantire il successo formativo a tutti i giovani che frequentano le nostre scuole, motivando gli svogliati, aiutando tutti i giovani ad essere studenti, innamorati della propria crescita umana, desiderosi di farsi uomini, come è ogni figlio di donna al momento del suo transito dal grembo materno al grembo educativo.

Operare negli ospedali è una scelta, non un ripiego.

Operare nella scuola è una scelta consapevole e responsabile, fondata sulla consapevolezza di essere responsabili del destino umano, sociale, civico, democratico delle nuove generazioni.

Sì, ha ragione Renzi!

Occorre un gigantesco investimento educativo.

Non so se e da quando non c’è stato.

Le leggi sono state fatte, e bene.

Gli investimenti no!

Su questa rivista lo stiamo predicando da tempo.

Schola renovanda est!

Occorrono edifici nuovi.

Occorrono tecnologie efficaci, vecchie e nuove.

Ma occorrono soprattutto metodi nuovi!

La lezione è finita!

L’insegnante non c’è più, la lavagna di ardesia non c’è più, quella digitale serve poco.

Occorrono aule laboratoriali, adeguatamente attrezzate per le attività di ricerca, riscoperta, invenzione, costruzione del sapere, del saper fare e del saper essere.

Occorre che nelle scuole si parli la lingua del Team Teaching, del Mastery learning, del Cooperative learning.

Ma soprattutto occorre Amore.

Amore di scuola, studium, filosofia!

L’abbiamo già detto.

Sui portoni delle scuole scriviamo:

QUI REGNA AMORE!

Docenti e studenti innamorati.

Un gigantesco investimento.

Se non questo, quale?

Renzi, se non ora, quando?

Se non TU, CHI?

 

Pubblicato in

http://www.edscuola.it/dida.html

Sciopero personale docente 19 giugno 2014

Nota 9 giugno 2014, prot. n. 14925

Sciopero per l’intera giornata del 19 giugno 2014 di tutto il personale docente (escluso il personale impegnato negli esami conclusivi di Stato) – Proclamazione

Prof e alunni, sale il divario digitale

da Corriere della sera

Prof e alunni, sale il divario digitale

Ma non è solo una questione di hardware, cioè di strumenti materiali: bisogna insegnare ai ragazzi il metodo digitale, ovvero le competenze per gestire proficuamente l’enorme flusso di informazioni

I sintomi: si allarga il gap tra studenti, nativi digitali, e professori, immigrati digitali. La diagnosi: il 45,8% delle aule — 130 mila — non è cablato; 4200 plessi, il 18,5%, non sono connessi a internet; le lavagne interattive multimediali sono ancora poco meno di 70 mila, i tablet per uso individuale nelle classi sono poco meno di 14 mila. La cura: le infrastrutture digitali vanno considerate al pari di muri, banchi, sedie, e quindi essere finanziate con il piano di investimenti per l’edilizia scolastica, ma senza trascurare la formazione per i docenti, indispensabile per usare le infrastrutture stesse. Eccola la scuola 2.0 delineata dal vicepresidente del Senato Linda Lanzillotta (Scelta civica), che nelle vesti di presidente del pensatoio Glocus giovedì prossimo presenterà al ministro Stefania Giannini in Senato un modello per l’innovazione dei modelli didattici. «Se abbiamo i livelli di abbandono più alti d’Europa è anche perché la scuola si allontana sempre più dagli studenti — spiega Lanzillotta —. Dobbiamo mettere in atto una serie di politiche perché si sviluppi una consapevolezza nuova: e considerare finalmente gli strumenti digitali parte dei servizi essenziali della scuola, come l’acqua e la luce». Di lavoro da fare, ce n’è: secondo le stime della Commissione europea, il nostro Paese ha la più bassa disponibilità di accesso alla rete a banda larga, indipendentemente dal grado dell’istituto. Il piano scuola digitale del ministero dell’Istruzione (Miur) ha avviato già un processo di trasformazione. E infatti oggi l’82% delle scuole , 18.489 istituti, ha quantomeno un accesso a internet: ma per arrivare alla connessione veloce bisognerebbe impiegare, secondo le stime di Glocus, circa 400 milioni di euro, incrementando anche per i prossimi anni i bandi wifi per fornire risorse alle scuole che vogliono adeguarsi ai tempi digitali. E se il 28% dei docenti italiani denuncia la povertà di dotazioni tecnologiche a scuola, è evidente che anche le azioni per dotare di libri digitali e lavagne multimediali le classi hanno bisogno di essere implementate: «Non è certo un mistero -—si legge nel rapporto Glocus — che le scarse risorse destinate alla scuola nelle ultime finanziarie abbiano limitato l’efficacia del piano su diversi versanti». Ma non è solo una questione di hardware, cioè di strumenti materiali: bisogna insegnare ai ragazzi il metodo digitale, ovvero le competenze per gestire proficuamente l’enorme flusso di informazioni presenti in rete. E chi glielo insegnerà? A questo punto interviene la formazione del docente, che è uno dei punti chiave della proposta di Lanzillotta. Se il docente viene immerso in una formazione continua, ed è valorizzato, anche economicamente, per questo suo sforzo, il «miracolo» si può compiere. È lo stesso senso del disegno di legge presentato non più di due mesi fa dall’on. Anna Ascani (Pd) sull’istituzione dell’educazione digitale e la cittadinanza digitale nella scuola primaria e secondaria.
Valentina Santarpia

Al Sud cresce la dispersione scolastica «Per la Sicilia fuga record dai banchi»

da Il Messaggero

Al Sud cresce la dispersione scolastica «Per la Sicilia fuga record dai banchi»

È un’Italia che torna indietro e che rispolvera il periodo del secondo dopoguerra, almeno sul versante dell’istruzione

L’INDAGINE
ROMA È un’Italia che torna indietro e che rispolvera il periodo del secondo dopoguerra, almeno sul versante dell’istruzione. Quelle differenze sociali, che proprio a cavallo degli anni Cinquanta e Sessanta, si erano ridotte grazie alla scolarizzazione di massa e che avevamo permesso di unire il Paese, tornano, ora, a espandersi, lasciando il palcoscenico in mano a quella che, a tutti gli effetti, può definirsi una contro-rivoluzione culturale. Il livello d’istruzione degli alunni del Mezzogiorno si allontana sempre più dagli standard europei e da quelli del resto d’Italia. A dirlo, l’ultimo rapporto di Save the children, e Anief, corroborato dalle indagini svolte dalla fondazione Con il Sud. I dati parlano chiaro: chi nasce oggi al Sud e nelle isole, soprattutto da famiglie indigenti e in zone con un livello socio-culturale non sufficiente, ha alte possibilità di non poter usufruire di servizi scolastici adeguati.
I PROFESSORI

Mancano gli insegnanti, i ragazzi abbandonano con più facilità la scuola, mentre i problemi strutturali agli edifici scolastici e la seguente assenza di un’adeguata preparazione didattica fanno il resto.Altissimi i dati relativi alla dispersione scolastica che, proprio in Sicilia e Sardegna, resta tra le più preoccupanti. Nelle isole il tasso di abbandoni prematuri è del 24,8%, seguono poi la Campania e la Puglia, rispettivamente con il 21,8% e il 19,7%. A livello nazionale, invece, la media di alunni che abbandonano i banchi prima dei 16 anni si attesta al 17,6%, mentre in Europa non arriva al 13% e le indicazioni che arrivano da Bruxelles sono di abbassare ancora questo trend, arrivando al 10% entro il 2020. Non solo. Perché all’abbandono scolastico, si deve poi aggiungere il grado di preparazione degli studenti italiani. Un livello che dimostra, anch’esso, il riaprirsi di quelle fratture sanate oltre sessant’anni fa. Stando ai dati raccolti dall’Ocse-Pisa, infatti, le competenze possedute dai 15enni italiani, oltre a essere insufficienti, non sono neanche omogenee, al contrario. In Italia il 21% degli alunni con meno di 16 anni ha competenze solo minime in lettura. Al Sud e nelle isole il dato aumenta: in Campania, Puglia, Calabria la percentuale si attesta al 25,2% mentre nelle isole supera il 30%. Stesso discorso anche sul fronte materie. Con il 25% (il 31% al Sud e il 35,9% nelle isole) di ragazzi che hanno una scarsa conoscenza della matematica, e il 20,6% (il 26,6% al Sud e il 31,5% in Sicilia e Sardegna) di studenti che non superano la sufficienza nelle materie scientifiche. E se gli studenti del Friuli Venezia Giulia e del Veneto, con punte di eccellenza nella sola città di Trento, sono, proprio in matematica, i più bravi al mondo, tanto da raggiungere i livelli degli studenti svizzeri, olandesi e finlandesi, i 15enni siciliani raggiungono i risultati della Turchia e della Romania, mentre, per quanto riguarda la lettura, si collocano dopo la Repubblica Slovacca.
C. Moz.

Esami di Stato del I ciclo: indicazioni per lo svolgimento

da tecnicadellascuola.it

Esami di Stato del I ciclo: indicazioni per lo svolgimento

G.S.

Manca ormai poco all’esame di Stato del I ciclo di studi. Si tratta di una tappa fondamentale che segna il passaggio dalla fanciullezza alla prima giovinezza in vista della maturità scolastica e della maggiore età

L’esame di terza medio è il primo esame di Stato dopo 8 anni di studi dell’ “obbligo”.
Dal momento che ogni regione ha autonomamente ha deciso la chiusura dell’a.s. 2013-14, l’inizio degli esami varia dal 9 al 16 giugno. In tutta Italia però la prova nazionale Invalsi è stata fissata per giovedì 19 giugno alle ore 8.30, mentre l’eventuale sessione suppletiva di detta prova potrà essere espletata il 25 giugno e/o il 2 settembre 2014. (O.M. n. 696/2013 art. Art. 1 ).

Rispetto all’esame di maturità, quello di terza media ha registrato stabilità negli anni a venire con la Circolare MIUR prot. n. 3080 del 5/6/2013: “Istruzioni a carattere permanente relative allo svolgimento degli esami di stato a conclusione del I ciclo di istruzione”. Ormai la liturgia della conclusione dell’Istruzione della media inferiore si può riassumere in questa breve sintesi:
1. Gli alunni vengono ammessi agli esami unicamente se hanno conseguito una votazione non inferire a sei decimi in ciascuna disciplina compresa la condotta e il CdC formula per ognuno un sintetico giudizio di ammissione perché il D.P.R. n. 122/2009, ha aboliti i giudizi.
2. Ogni commissione, in modo autonomo, stabilisce il calendario delle tre prove scritte di Italiano, di Matematica e di Lingue straniere, da effettuare comunque prima della prova Invalsi.
3. La prova nazionale Invalsi – introdotta a partire dal 2010 – verte su quesiti di Italiano e Matematica e prevede sia risposte aperte che chiuse. L’organizzazione delle prove (esecuzione, correzione, trasmissione dati, ecc.) è regolata dall’ Allegato Tecnico e dal Protocollo di Somministrazione a cura dell’INVALSI. La prova dura 2 ore e 30 minuti e e non è consentito l’uso del vocabolario e della calcolatrice e la tempistica è così stabilita: Prova di Italiano, 75 minuti; segue un intervallo di 15 minuti; e si conclude con altri 75 minuti per la prova di Matematica. Viene attribuito un unico voto unitario alle due prove. Gli alunni con certificazione di DSA possono sostenere la prova con l’ausilio degli strumenti compensativi utilizzati in corso d’anno e con un tempo aggiuntivo, di norma, di 30 minuti. Per questi alunni è permesso l’uso di calcolatrice e vocabolario nei casi espressamente previsti dal PEI.
4. L’esame si conclude con il colloquio “pluridisciplinare” (che dal 1981 sostituisce gli “orali”) da parte di ogni candidato dinanzi al tutta la commissione al completo. E’ possibile presentare una “tesina” o mappa concettuale ma i professori faranno ulteriori domande su argomenti svolti nell’ultimo anno.
5. Concorrono al risultato finale degli esami i voti di tutte le prove scritte e di quella orale, unitamente al voto di ammissione e a quello della prova nazionale che viene così ufficialmente inserita come prova d’esame a tutti gli effetti.

Ci si augura che le commissioni si adoperino in modo tale che tutte le prove si svolgano con ordine, in un clima sereno e con concentrazione ed impegno da parte dei candidati.

Renzi non cambia idea: dalla crisi si esce solo con un gigantesco investimento educativo

da tecnicadellascuola.it

Renzi non cambia idea: dalla crisi si esce solo con un gigantesco investimento educativo

Alessandro Giuliani

Il premier torna sulle priorità di Governo: serve un investimento nelle scuole, sulla cultura, per non avere più delle sovrintendenze ottocentesche. E lasciamo stare il piccolo cabotaggio economico. Per il rilancio occorrono però tanti soldi, centinaia di milioni di euro l’anno. Anche se dovessero sparire gli scatti automatici: per capire l’aria che tira c’è da attendere fine luglio, quando il ministro Giannini farà la sua offerta per il rinnovo del contratto di un milione di lavoratori.

Dopo aver vinto le primarie, il programma del premier Matteo Renzi non è cambiato di una virgola: la scuola rimane all’apice della sua agenda di programma. Mancano i dettegli, forse anche i soldi (un particolare non da poco per risollevare un “carrozzone” composto da un milione di lavoratori ed oltre 40mila plessi), ma l’intenzione rimane immutata. E francamente dopo aver ascoltato ministri dell’Economia che senza pudore sostenevano “con la cultura non si mangia”, sin tratta di un particolare che rincuora.

”Dalla crisi – ha detto il 7 giugno Renzi a Napoli partecipando a ‘La Repubblica delle idee’ – si esce solo con un gigantesco investimento educativo non con qualche piccolo aumento del Pil”. Il presidente del Consiglio non ha dubbi: ”serve un investimento nelle scuole, sulla cultura, per non avere più delle sovrintendenze ottocentesche. Dalla crisi – ha concluso – si esce con una scommessa educativa e culturale, non col piccolo cabotaggio economico”.

Insomma, per Renzi, la necessità di risollevare l’Istruzione rimane sempre alta: ”C’è un’emergenza educativa in Italia, che riguarda la scuola, la Rai ed altro. Non si esce dalla crisi con provvedimenti spot” ha sottolineato il presidente del Consiglio.

Ora, come si tradurrà l’impegno del Governo sul fronte scuola? Dopo l’impegno sul risanamento dell’edilizia, la prossima “tappa” è il rinnovo del contratto. Il ministro Giannini, con i suoi sottosegretari, continua a parlare di fine della stagione degli scatti per tutti: è giunto il momento di premiare chi si impegna e si aggiorna di più. Ed entro fine luglio, ha promesso il responsabile del Miur, la proposta sarà nota.

I sindacati, in particolare Flc-Cgil, ma anche la sempre agguerrita Anief, sanno bene che accettare un incremento della basta paga solo per una fetta dei lavoratori sarebbe un suicidio: lo stipendio per tantissimi dipendenti docenti e Ata è fermo al 2009. Bloccarlo ancora, dopo un rinnovo contrattuale, significherebbe percepire buste paga a dir poco inadeguate al costo della vita. E per i rappresentanti dei lavoratori questa eventualità si tradurrebbe in una sconfitta.

Al momento quel che è sicuro, scatti aboliti o meno, serviranno soldi. E nemmeno pochi: centinaia di milioni di euro l’anno. Perché continuare a pagare gli aumenti con i risparmi di settore significherebbe, infatti, la morte del Fis: ovvero, quella parte di pagamenti che nella scuola oggi dovrebbe premiare coloro che si impegnano nelle attività aggiuntive alle ordinarie. In caso contrario, se si continuasse a togliere da una parte per dare all’altra (come del resto indicato nella Legge 150/2009), allora chi continua a fare riferimento al “gioco delle tre carte” avrebbe tutto il diritto ad alzare il dito e prendere la parola.

Esami di terza media, inizio sfalsato: la maggior parte al via giovedì 12 giugno

da tecnicadellascuola.it

Esami di terza media, inizio sfalsato: la maggior parte al via giovedì 12 giugno

Alessandro Giuliani

La decisione spetta alle scuole, in piena autonomia. Si parte con lo scritto di italiano. Meno del 10% dichiara di iniziare gli esami con la prova Invalsi, la più temuta e fissata per il 19, per poi andare avanti con gli altri scritti nei giorni seguenti. Per l’orale tanti studenti puntano tutto sulla tesina. E c’è pure chi dice candidamente: io studierò poco.

Ancora poche ore, al massimo qualche giorno. Poi, per oltre mezzo milione di alunni di terza media prenderanno il via gli Esami di Stato. A partire da lunedì 9 giugno, i ragazzi saranno impegnati nelle prove scritte tra italiano, matematica e lingue straniere, un test Invalsi e poi l’orale.

Come già scritto nell’articolo dedicato alle norme che regolano questa ‘minimaturità’, l’unica prova fissata dal ministero è l’Invalsi, il test che si svolgerà il 19 giugno per tutti. Le date e i contenuti delle altre prove sono decisi dalle singole scuole: la maggior parte preferisce posizionarle subito. Per poi lasciare qualche giorno ai ragazzi per prepararsi e chiudere gli scritti con i più temuti test Invalsi. Il cui esito, al pari delle altre prove, influisce sul voto finale. E prendere un voto medio-basso al test Invalsi può essere fatale per chi puntava ai 10 decimi.

Secondo un sondaggio, svolto dal portale Skuola.net, su un campione di 1.200 ragazzi alle prese con l’esame di terza media, solo il 9% inizierà lunedì con lo scritto di italiano. Per il 56% invece gli esami prenderanno il via giovedì 12 giugno. Poi, man mano, tutti gli altri. Appena l’8%, quindi meno di un ragazzo su dieci, dichiara di iniziare gli esami con la prova Invalsi, fissata per il 19, per poi andare avanti con gli altri scritti nei giorni seguenti.

La prova Invalsi è temuta da un ragazzo su tre, seguono la prova scritta di matematica con il 28% e la prova orale con il 22%, Il tema di italiano spaventa meno, intimorendo un ragazzo su dieci. Sull’Invalsi, comunque, restano forti dubbi: circa 4 studenti su 10 dichiarano infatti di non sapere a cosa serve, mentre uno su 5 teme di essere bocciato per colpa del test.

Intanto, in vista dell’interrogazione orale, lo studio si concentra sulla tesina, che molti dei candidati hanno già completato. Ormai si tratta solo di ripassare quello che, di fatto, rappresenta il primo vero elaborato redatto dopo un’attenta ricerca. Come si sono trovati i ragazzi alle prese con la loro prima tesina? Sei ragazzi su dieci sono riusciti a scriverla da soli, mentre il 16% si è fatto aiutare dai genitori e il 13% dagli stessi professori. Un elemento molto delicato in sede d’esame, la tesina rappresenta per oltre un ragazzo su 4 l’intero materiale da studiare per l’orale.

Sempre a Skuola.net, uno studente su 4 ha anche rivelato di studiare circa due ore al giorno, mentre uno su 2 ammette di superarle abbondantemente. Resta comunque un 14,3% di candidati che dedica allo studio per l’esame di terza media solo un’ora al giorno. C’è, infine, un 4,5% che, candidamente, rivela di non dedicare tanto tempo allo studio: da premiare, almeno, per la sincerità.

Scuola, sport e lavoro: ecco la via dei giovani

da tecnicadellascuola.it

Scuola, sport e lavoro: ecco la via dei giovani

Alessandro Giuliani

Secondo il Papa quando il quotidiano giovanile è ‘preso’ da questi valori non c’è spazio per le devianze: se ci sono queste tre strade io vi assicuro che non ci saranno le dipendenze, niente droga, niente alcool e tanti altri vizi. Ma le istituzioni la pensano allo stesso modo?

Educazione, sport e lavoro. Sono le tre parole che secondo il Santo Padre dovrebbero caratterizzare la vita dei giovani. Nel corso della festa con i giovani delle società sportive per i 70 anni del Centro Sportivo Italiano, Papa Francesco ha detto che “lo sport è una strada educatrice: io trovo tre strade per i giovani – ha spiegato – la strada dell’educazione, la strada dello sport e la strada del lavoro, cioè che ci siano posti di lavoro all’inizio della vita giovanile”.

Se gli impegni quotidiani dei giovani sono ‘presi’ da questi valori, il Papa è convinto che non c’è più spazio per le devianze. “Se ci sono queste tre strade io vi assicuro che non ci saranno le dipendenze, niente droga, niente alcool e tanti altri vizi. Perché la scuola ti porta avanti, lo sport ti porta avanti e il lavoro ti porta avanti. A voi sportivi, a voi dirigenti e a voi uomini della politica: educazione sport e posti di lavoro!”.

Il messaggio è chiaro: bisogna ora sperare che venga raccolto, dalle istituzione deputate a scegliere i finanziamenti pubblici prioritari,  in particolare il Governo, con adeguati investimenti nei tre settori chiave.

Da un ministro all’altro, tra riforme e controriforme degli esami di stato

da tecnicadellascuola.it

Da un ministro all’altro, tra riforme e controriforme degli esami di stato

Giovanni Sicali

Il meccanismo del “nuovo” esame introdotto dalla Legge n. 425/1997 (“Disposizioni per la riforma degli esami di Stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria superiore”) è stato regolamentato dal D.P.R. n. 323 del 23 luglio 1998, e con poche modifiche si svolge come un rito annuale normato dalle Ordinanze Ministeriali, l’ultima delle quali la n. 37/2014

Nel 1969 era stato il ministro F. Sullo a dare una svolta alla modalità dell’esame di Stato mussoliniano inserendo solo due prove scritte e due materie per l’orale, di cui una a scelta del candidato e l’altra dalla commissione, all’interno delle quattro discipline decise di anno in anno dal ministero. Veniva soppressa la sessione autunnale degli esami e era liberalizzato l’accesso agli studi universitari. Il decreto fu convertito nella legge n.146 del 1971 con l’esplicita dichiarazione che avrebbe dovuto avere una validità sperimentale di soli 2 anni, ne durò 30.
Alla fine del secolo scorso, l’Italia ha detto “no” all’esame sperimentale con la L. 425/1997, e il ministro della P.I. Luigi Berlinguer ha voluto puntare sulla verifica culturale e la certificazione delle conoscenze, competenze e capacità. Anche la denominazione è passata da “Maturità” ad “Esame di Stato”. Le prove scritte diventavano tre, di cui la terza predisposta dalla Commissione e si introduceva un Colloquio pluridisciplinare unitario su tutti i programmi dell’ultimo anno. Veniva introdotta la novità del punteggio per il credito scolastico e formativo con punti di credito assegnati agli studenti nell’arco del triennio conclusivo del corso di studi. La Commissione diventava mista, con il 50% di membri interni e il restante 50% di esterni più il Presidente esterno all’Istituto. La votazione non più in 60/60 ma espressa in centesimi con punteggio unico ricavato dalla somma del credito scolastico, dei punti delle prove scritto-grafiche e pratiche, e del colloquio.
Nel 2003 invece è stata la ministra L. Moratti che (con abuso d’ufficio?) ha “arricchito” il testo della sua O.M. aggiungendo un aggettivo imponente come un pesante macigno per specificare il rilievo “preponderante” della seconda fase del colloquio di esami dopo la presentazione della “tesina”. E così le commissioni hanno da allora tutto il potere di rendere ostica e snervante la prova orale in modo esagerato avvalendosi di un “preponderante rilievo” attribuito agli argomenti proposti al candidato.
Dal 2007 il punteggio in 100/100 è stato così modificato: 25/25 il credito dei tre anni, 45 alle tre prove scritte e 30 punti di colloquio e per i più bravi è prevista anche la “lode”. E a questo riguardo, col D.M. 99/2009, l’allora ministro M. S. Gelmini ha decretato i nuovi criteri sia per l’assegnazione dei crediti che per aver diritto alla lode in aggiunta al punteggio di 100/100 dell’esame, sulla base dei risultati di eccellenza anche degli ultimi tre anni del percorso scolastico.
Da allora tutto è rimasto immutato o quasi. La prassi ha introdotto parole comuni molto diverse dal testo delle Ordinanze: l’O.M 37/2014 usa termini come “delegato, integrazione, argomento scelto dal candidato, punteggi, prove, correzione, colloquio …” tutti invece continuano a parlare di: “vice-presidente, bonus, tesina, voti, compiti, valutazione, interrogazione orale…”
Durante il governo Letta, la ministra del MIUR Carrozza aveva dichiarato che “sarebbe bello lavorare per una revisione della maturità, ma per fare cambiamenti occorre un serio dibattito, per cui l’esame di Stato avrà un’impostazione organizzativa identica a quella del 2013”. Nel frattempo è cambiato governo e ministra della pubblica istruzione ma non sono previsti cambiamenti né nella scuola italiana nè tanto meno nell’esame di maturità. Eppure sarebbe il momento (dopo 15 anni) di fare un serio convegno nazionale per una seria revisione del nuovo esame.
Esistono delle interessanti a cura dell’ ONES- Osservatorio Nazionale Esami Stato ma il monitoraggio previsto dalla L. 425/1997 sugli Esami di Stato si è progressivamente perduto ed invece l’Amministrazione dovrebbe considerare una priorità il punto sulla situazione. Manca perciò un’analisi documentata del MIUR su cui impostare riflessioni e ipotesi di cambiamenti seri e duraturi.
Forse sarebbe utile rinnovare totalmente la formula esami: rivedendo il sistema dei punteggi valorizzando di più la carriera scolastica dei candidati assegnando un punteggio superiore al credito attuale di 25/100, portandolo ad esempio a 50/100 per combattere il sistema innescato dai “diplomifici”. Mediamente, alle scuole statali non sono imputabili valutazioni poco attendibili. Si potrebbero rendere anonime, come nei concorsi pubblici, le prove scritte nazionali valutate da gruppi di docenti esterni e con griglie di valutazione comuni; si potrebbe eliminare il Colloquio che somiglia più ad una lotteria (regolata dalla sorte e dalla fortuna) che ad un momento altamente culturale e certamente andrebbe diminuito il punteggio da 30 a 5 punti/100.
Ma ormai siamo dentro la riforma “epocale” della Gelmini, che ha abrogato completamente la riforma del superiore ideata da G. Gentile nel 1923 e che andrà pienamente a regime a partire dal prossimo a. s. 2014-15 per tutti i tipi di indirizzi dell’istruzione secondaria, nessuno escluso.

Aprire le scuole durante le vacanze

da tecnicadellascuola.it

Aprire le scuole durante le vacanze

Pasquale Almirante

Una vecchia idea che periodicamente viene proposta: dei due mesi di vacanze dei prof, uno, ma anche qualche settimana, metterlo a disposizione della scuola per coloro che potrebbero giovarsene

La proposta parte dal quotidiano l’Avvenire che scrive: “la maggior parte dei docenti nei mesi di luglio e agosto sarà in vacanza: non sarebbe il caso che l’enorme capitale umano, educativo e culturale racchiuso in questi “insegnanti retribuiti in vacanza” venisse messo a disposizione di quanti (e sono proprio tanti) potrebbero giovarsene, soprattutto in questo tempo estivo, anche per poche settimane?”
E chi potrebbe giovarsene? Per esempio, bambini con un grande bisogno di essere sostenuti per recuperare i ritardi o immigrati arrivati nel nostro Paese senza conoscere una parola di italiano e inseriti nelle classi equivalenti alla loro età o altri alunni con differenti motivazioni.
“Perché non mettere in campo, tra giugno e luglio, corsi intensivi di italiano, di grande importanza anche se di breve durata?”, scrive il quotidiano di ispirazione cattolica.

È vero che i docenti a fine anno sono stanchi, che c’è caldo e che lo stipendio è così miserabile da non consentirlo, “ma tutte queste ragioni non possono giustificare il fatto che decine di migliaia di docenti rimangono parcheggiati a casa pur continuando a percepire un regolare stipendio. È davvero impensabile e impossibile immaginare che, almeno per qualche settimana, le scuole elementari diventino un grande cantiere dell’apprendimento e possano ospitare iniziative mirate a vantaggio di chi ha più bisogno?”.
La proposta, scrive Avvenire, ha ricevuto l’attenzione dal ministero dell’Istruzione, che però non pare intenzionato al momento ad affrontare un cambio organizzativo che richiede un passaggio contrattuale con i rappresentanti dei lavoratori.
Attenzione dal mondo dell’associazionismo delle famiglie nella scuola, che però propone di coinvolgere in questa iniziativa non i docenti reduci da un anno di lavoro bensì forze più fresche e giovani, come gli aspiranti docenti che si stanno formando e che, in questo modo, avrebbero l’opportunità di cominciare a “prendere confidenza” con la scuola e gli studenti.
Attenzione dal mondo sindacale, il quale, però, rilancia l’idea di spalmare sull’intero anno scolastico la cura degli studenti stranieri con difficoltà in italiano, mettendo sotto accusa l’attuale sistema organizzativo di formazione dell’organico a disposizione delle scuole.
Attenzione anche dal mondo delle comunità straniere presenti nel nostro Paese, che a loro volta aggiungono suggerimenti e danno indicazioni su come raggiungere l’obiettivo.
Insomma un’ «attenzione» generale, che però ancora non riesce a trasformarsi in un progetto o in un’idea per il futuro”.
E in questo mare di “attenzioni”, nessuno però ha pensato di chiedere ai diretti interessati, ai docenti, il loro parere, nella convinzione sicura del loro netto rifiuto che potrebbe anche non esserci se, con l’apertura estiva delle scuole, ci fosse anche una nuova apertura mentale nei confronti dell’istruzione e dei suoi emissari.

55 docenti di sostegno coinvolti nell’indagine della guardia di finanza

da tecnicadellascuola.it

55 docenti di sostegno coinvolti nell’indagine della guardia di finanza

Aldo Domenico Ficara

Denunciati per truffa ai danni dello Stato docenti che in maniera fraudolenta ottenevano l’assunzione in ruolo autocertificazioni false

Nelle pagine del sito web “Il Mattino di Foggia e provincia” si scrive: ” i militari del Comando Provinciale di Foggia stanno eseguendo provvedimenti di acquisizione documentale e perquisizione nei confronti di complessivi 34 soggetti; acquisizione documentale presso 18 istituti scolastici in diverse province italiane: Ancona, Bologna, Campobasso, Firenze, Foggia, Forlì-Cesena, Milano, Monza, Pescara, Piacenza, Treviso”.
Dal sito web ” Foggia città aperta ” la notizia è approfondita con la descrizione della documentazione falsificata, infatti, si dice: “Grazie alla documentazione, acquisita presso gli istituti scolastici durante le perquisizioni effettuate nei mesi di marzo e maggio, la Guardia di Finanza ha dunque denunciato per truffa ai danni dello Stato questi docenti che in maniera fraudolenta ottenevano l’assunzione in ruolo, con autocertificazioni di diplomi di laurea e di titoli di specializzazione risultati essere materialmente falsi “. Al momento Il numero degli insegnanti di sostegno coinvolti nell’indagine nel foggiano raggiunge le 55 unità.

Sostegno. Se l’Amministrazione svolge un ruolo di ammortizzatore sociale

da TuttoscuolaFOCUS

Sostegno. Se l’Amministrazione svolge un ruolo di ammortizzatore sociale

La legge finanziaria 2008, all’articolo 50 ha previsto che si realizzi “lo sviluppo dei processi di integrazione degli alunni diversamente abili anche attraverso opportune compensazioni tra province diverse ed in modo da non superare un rapporto medio nazionale di un insegnante ogni due alunni diversamente abili”.

Parole al vento. Si poteva sperare che la forbice potesse chiudersi gradualmente nel corso degli anni, portando i territori ad avvicinarsi a quel rapporto virtuale di due alunni disabili per ogni docente di sostegno, ma non è successo nulla e la norma è rimasta sostanzialmente ignorata in tutti questi anni, secondo la logica che chi ha avuto ha avuto e se lo tiene; chi non ha avuto…

Insomma, dopo sei anni tutto è rimasto sostanzialmente come prima: chi aveva più docenti di sostegno rispetto agli alunni disabili certificati ha continuato ad averne di più.

Nell’anno scolastico che si sta chiudendo il rapporto è sceso a 1,90 alunni disabili per docente di sostegno: 209.814 alunni e 110.216 docenti. Ma la forbice è rimasta aperta, come prima.

Se si fosse tentato di avvicinare i rapporti territoriali con le dovute compensazioni fino a realizzare per tutte le regioni lo stesso rapporto, alcune regioni, attualmente favorite da una maggiore assegnazione di posti, avrebbero meno posti. Quali? Il Molise, la Basilicata, la Calabria, la Campania, la Puglia, la Sardegna e la Sicilia.

A invarianza di spesa, 5.655 dei 110.216 posti di sostegno non avrebbero dovuto essere assegnati a quelle regioni, bensì distribuiti alle altre, tutte con rapporto superiore alla media nazionale dell’1,90.

Un aiutino non da poco che, oltre a tradursi in una sperequazione di servizio per gli alunni, ha spostato altrettanti posti di lavoro dal Centro-nord al Sud, utilizzando – non richiesto dalla legge – il sostegno come ammortizzatore sociale.

 

Meno alunni disabili e più docenti di sostegno. Perché?

da TuttoscuolaFOCUS

Meno alunni disabili e più docenti di sostegno. Perché?

Come mai in alcune regioni – sempre quelle – in cui, rispetto all’intera popolazione scolastica, vi è una minor presenza di alunni con disabilità, vi è invece, in proporzione, un maggior numero di docenti di sostegno?

Come mai in quelle regioni questa che sembra una contraddizione (maggior densità di docenti di sostegno a fronte di minor densità di alunni con disabilità) si conferma con regolarità in ogni ordine di scuola, soprattutto dall’infanzia alla secondaria di I grado?

È forse possibile e credibile che in quelle regioni – sempre quelle – le ASL certifichino soltanto i casi di grave disabilità, obbligando l’Amministrazione scolastica ad assegnare più docenti di sostegno? Mah!

È pur vero che, soprattutto in quei territori, i giudici amministrativi danno spesso una mano a far lievitare il numero dei docenti di sostegno (a seguito di ricorsi delle famiglie), ma ciò non può giustificare quella che sembra essere da molto tempo (ancor prima dell’aiutino giudiziario) complessivamente una anomalia della politica degli organici, messa in atto, passo dopo passo.

Per di più, in quelle regioni fino a ieri la percentuale di posti di sostegno stabilizzati (e qui l’eventuale gravità della disabilità non c’entra per niente) era maggiore che altrove. C’è voluta una norma di legge, la 128/2013 (peraltro applicata non compiutamente) per ridurre, senza annullarla completamente, la grave sperequazione esistente.

Difficile parlare di caso o di semplice coincidenza, perché i numeri dell’attuale situazione di fatto, in questo anno scolastico che volge al termine, sembrano parlare chiaro.

Più posti di sostegno in rapporto al minor numero di alunni disabili è una anomalia da sanare, eventualmente in modo graduale, assegnando il più possibile i nuovi posti di sostegno alle regioni che finora hanno avuto meno della media.

Da subito, a cominciare dal 2014-15 che si sta già preparando da qui al prossimo settembre.

 

Sistema di valutazione: si parte a settembre?

da TuttoscuolaFOCUS

Sistema di valutazione: si parte a settembre?

Oltre i numeri dei partecipanti, l’accuratezza dell’organizzazione e l’attenzione della stampa, sono le sensazioni quelle che hanno segnato l’evento del 3 giugno 2014 “Valutazione della Cultura, Cultura della Valutazione”, organizzato dalla CISL SCUOLA del Lazio. La sensazione che cambiare si può, che è utile perché fattore di sviluppo e miglioramento della qualità del servizio d’istruzione. Si è discusso di valutazione grazie agli interventi del Segretario Generale della Cisl Scuola del Lazio, Vincenzo Alessandro, del Segretario Generale Nazionale, Francesco Scrima, del dirigente scolastico  Damiano Previtali (Cantiere Docenti MIUR), di Stefano Molina (Fondazione Giovanni Agnelli) e del presidente dell’INVALSI, Anna Maria Ajello.

Il segretario regionale Alessandro, nell’introdurre i lavori, ha sottolineato la tendenza della stampa a rappresentare il sindacato come un insieme indistinto, chiuso alle sfide dei tempi che cambiano e arroccato nella difesa ad oltranza dell’esistente. Non è questo il ritratto della CISL “né per le grandi questioni politiche e sociali del Paese, né in riferimento alla vicenda della valutazione”. “La  valutazione di sistema – ha incalzato il segretario regionale – strumento di diagnosi utile per il corpo docente, è una bussola che può orientare il comportamento e la pratica didattica. Diverso è invece il giudizio, laddove si volessero utilizzare i test INVALSI per la valutazione della prestazione individuale dei docenti e per la costruzione, su queste basi, di un sistema premiale”.

Linea confermata dal Segretario Nazionale, Scrima, il quale, premesso che “occorre partire con la valutazione e dobbiamo farlo tutti insieme” ha criticato “il fatto che valutazione, merito e carriere siano state mescolate in modo improprio. La valutazione non va correlata ad una logica ‘fiscale’, ma va vista come strumento funzionale al miglioramento della qualità del sistema educativo nel quadro di argini costruiti a regola d’arte”.