Terza media, l’esame fuori tempo

Terza media, l’esame fuori tempo *
Il test Invalsi slegato rispetto alla valutazione dei docenti

di Maurizio Tiriticco

 

Com’è noto, nel 2007 con il dm 139 l’obbligo di istruzione è stato innalzato di due anni. Si è trattato di una iniziativa largamente attesa, perché in una società ad alto sviluppo otto anni di istruzione obbligatoria erano veramente pochi, stante l’incremento di quelle competenze di base estremamente necessarie per qualsiasi processo lavorativo. In effetti nella “società della conoscenza” la tradizionale separatezza tra lavoro manuale e lavoro intellettuale si sta attenuando sempre più rapidamente, e non c’è attività che non richieda anche conoscenze di base di alto profilo. In seguito al citato dm, ci si aspettava che il tradizionale diaframma tra scuola media e istruzione secondaria superiore si andasse via via attenuando e che la verifica delle competenze di cittadinanza e delle competenze culturali acquisite dagli studenti, puntualmente definite nel citato dm e debitamente coordinate con quanto richiesto dall’Unione europea a tutti i sistemi scolastici degli Stati membri, costituisse il vero momento terminale di dieci anni di studi obbligatori.

Ma questa attesa non si è mai realizzata. Le ragioni di tale insuccesso sono almeno tre: a) le difficoltà che hanno incontrato le istituzioni scolastiche di secondo grado nel progettate i percorsi del primo biennio di studi obbligatori assicurando quella “equivalenza formativa” prevista dal citato dm, la quale avrebbe dovuto permettere di superare la tradizionale diversità dei tre ordini; b) il fatto che sono state indicate modalità per la procedura certificativa molto approssimate; c) il fatto che la certificazione stessa viene rilasciata solo a domanda dell’interessato.

Inoltre, sarebbe stato opportuno rivedere la stessa normativa relativa all’esame di Stato conclusivo della scuola media, in quanto questa non costituisce più il momento terminale dell’obbligo di istruzione. E’ opportuno rilevare che la Costituzione prevede che al termine di un ciclo di istruzione vi sia un esame di Stato. Però, a tutt’oggi il primo ciclo di istruzione, per norma, non si conclude a 16 anni di età, cioè a conclusione dell’obbligo di istruzione, come sembrerebbe opportuno, ma ancora al termine della scuola media. Tali carenze, da un lato, vanificano l’ innalzamento dell’obbligo di istruzione, dall’altro contribuiscono ad attribuire all’esame di terza media un valore terminale che in effetti non dovrebbe più avere.

In tale situazione, l’esame di terza media continua a rivestire un’importanza e un valore che invece dovrebbero essere trasferiti alla reale conclusione dell’obbligo di istruzione. Ma così non è, per cui in questi giorni gli alunni della scuola media continuano ad affrontare un esame lungo e complesso!. Si tratta di ben cinque prove scritte disciplinari e di un colloquio pluridisciplinare. Tra le prove scritte figura quella nazionale proposta dall’Invalsi, che “fa media” con le altre. Il profilo dell’esame è, quindi, eccessivo rispetto al fatto che il diploma di terza media oggi non ha più alcun effetto legale, stante l’avvenuto innalzamento dell’obbligo di istruzione.

La prova Invalsi riguarda due discipline, l’italiano e la matematica. E qui sorge un interrogativo: non sono sufficienti le prove di italiano e di matematica amministrate dalle scuole? Un alunno potrebbe superare la prova della scuola e non quella dell’Invalsi o viceversa. Non costituisce quindi questa prova un doppione e una invasione di campo? Forse lo Stato non si fida delle sue istituzioni scolastiche? Alle quali, però, ha riconosciuto l’autonomia, didattica, organizzativa, di ricerca, sperimentazione e sviluppo. E sono le medesime istituzioni che “individuano inoltre le modalità e i criteri di valutazione degli alunni nel rispetto della normativa nazionale” (dpr 275/99, art. 4, c. 4).

E ancora: le prove Invalsi – quando ben fatte, e non sempre lo sono – sono predisposte sulla base di criteri misurativi e valutativi che hanno a monte i suggerimenti di una ricerca docimologica di grande spessore, anche transnazionale. Si tratta di una “cultura della valutazione” che, a partire dagli anni Settanta, in un clima di profondo rinnovamento, avviammo con una serie di provvedimenti che miravano a rinnovare in profondità la didattica di tutti i gradi e gli ordini di scuola. Ma, a partire dal Terzo millennio, questa strada è stata interrotta. Basti pensare a quel ritorno ai voti decimali che spazzò via anni e anni di ricerca finalizzata ad attivare nuove strategie valutative. Pertanto, oggi, ci troviamo di fronte a un profondo divario: da un lato c’è un Invalsi che, in materia di valutazione, interviene a gamba tesa su tutte le nostre scuole, perfino a modificare gli esiti di un esame di Stato, le cui commissioni sono di fatto sottoposte ad una sorta di regime di vigilanza; dall’altro ci sono le nostre scuole che in materia di valutazione ancora si cimentano con prove e criteri valutativi lontani anni luce dalle proposte imposte dall’Invalsi.

Ora si prospetta anche l’eventualità che la terza prova pluridisciplinare degli esami di Stato conclusivi del secondo ciclo di istruzione sia affidata all’Invalsi. In tal caso le commissioni di esame gestirebbero “in proprio” solo il colloquio. E’ noto che, tra le sei tipologie proposte alle commissioni per la confezione della terza prova, queste scelgono la prima e la seconda, considerate “più facili” rispetto alle altre. Anche in questo caso va sottolineato il fatto che confezionare una terza prova… ben fatta, non è affatto una cosa semplice, e richiede tempi e competenze che a volte le commissioni non hanno. Anche in questo caso, a mio avviso, il problema non è intervenire pesantemente a sottrarre compiti agli insegnanti commissari, ma “attrezzarli” perché possano produrre una terza prova con quella competenza che essa richiede ed esige.

In conclusione, a mio avviso, sarebbe invece necessario sospendere per un lasso di tempo disteso (un biennio?) la somministrazione delle prove Invalsi e attribuire invece, all’istituto, all’Indire e a chi ne abbia competenza il compito di intervenire sulle istituzioni scolastiche e sugli insegnanti affinché si impadroniscano di quella cultura della valutazione della quale c’è una grande necessità. Quando il divario tra le competenze dell’Invalsi e quelle dei nostri insegnanti sarà colmato, solo allora le prove Invalsi saranno ben accette!

 

* da ItaliaOggi del 10 giugno 2014

Graduatorie d’istituto

Graduatorie d’istituto: Anief invita tutto il personale con una procedura abilitante in corso (PAS, ESTERO, SFP, AFAM) a compilare sia il modello A1 (accesso con riserva) che A2/A2bis entro il 23 giugno

 

Anche gli idonei all’ultimo concorso a cattedra di cui al DDG 82/2012 devono presentare domanda per inserirsi in seconda fascia come i diplomati magistrale sperimentali entro il 2001/2002. Si attiveranno ricorsi al Tar Lazio anche per ottenere il riconoscimento di 30 punti in più agli idonei ai concorsi, 18 punti per SFP, 12 punti per PAS senza servizio o parziale durante la frequenza del corso, del servizio militare e di quello di religione come aspecifico, per la doppia valutazione del servizio nelle pluriclassi anche dopo il 2007.

 

Dopo aver acquisito il parere dei legali, Anief ha sciolto ogni riserva in merito alla tabella di valutazione dei titoli e al diritto all’accesso in seconda fascia delle graduatorie d’istituto.

 

Inserimenti in II fascia pleno iure e con riserva

Se da una parte, infatti, l’art. 14, c. 1 del D.M. 353/14 preannuncia l’emanazione di successivi decreti che durante il triennio dovrebbero garantire l’apertura ogni sei mesi di finestre per l’inserimento pleno iure in II fascia del personale abilitato, in assenza dell’atto amministrativo, il sindacato consiglia a tutti gli aspiranti docenti che hanno in corso una procedura abilitante a seguito di frequenza di percorso universitario (frequenza PAS, ammissione PAS senza frequenza, ammissione PAS con riserva a seguito di ordinanza CdS, domanda di ammissione a frequenza PAS in attesa di ordinanza CdS, frequenza corso abilitante Estero, in attesa di riconoscimento titolo Estero, iscritto SFP – AFAM) che non terminerà entro il 31 luglio prossimo, di presentare, comunque, il modello A1, ovvero la domanda di inserimento con riserva, oltre al modello A2 se per aggiornamento o primo inserimento in 3 fascia o A2bis se per aggiornamento con inserimento di nuove classi di concorso non inserite in precedenza.

 

Di contro, poiché il D.M. 353/14 e la relativa Tabella A, punto A2, lettera e) sono state scritte prima dell’emanazione del D.M. 354/14, ovvero del decreto che riconosce lo scorrimento delle graduatorie di merito per gli idonei ai fini dell’accesso alla professione docente cui non può essere disconosciuto il valore abilitante del titolo, è evidente che contrariamente al punto richiamato, tutti gli idonei del concorso bandito con DDG n. 82 del 24 settembre 2012 abbiano diritto all’inserimento pleno iure in seconda fascia e quindi alla compilazione del modello A1, fermo restando il consiglio dell’Anief di compilare comunque i rispettivi modello A2 se per aggiornamento o primo inserimento in 3 fascia o A2bis se per aggiornamento con inserimento di nuove classi di concorso non inserite in precedenza.

 

Infine, appare evidente come ai sensi del D.P.R. 15 marzo 2014 sia valido per l’inserimento in II fascia il titolo del diploma magistrale conseguito entro il 2001/2002 in corsi sperimentali.

 

Tabella di valutazione dei titoli di seconda fascia

La nuova tabella di valutazione dei titoli approvata dal Miur, su cui è inutile esprimere giudizi diversi da quelli giuridicamente sostenibili in tribunale, al punto A4 ha sposato sostanzialmente tre principi:

 

  1. Attribuzione di 30 punti a ogni percorso che abbia previsto prove di accesso selettive e ammissione a numero programmato
  2. Attribuzione di 12 punti per ogni anno universitario di frequenza di corso abilitante con esclusione del punteggio di servizio eventualmente reso (punto B3, lettera c)
  3. Attribuzione di 6 punti per ogni abilitazione che non abbia i 30 punti aggiuntivi

Alla luce dei richiamati principi, peraltro espressi senza il parere degli organi competenti per legge perché decaduti, è evidente che in osservanza a un principio di ragionevolezza e di uguaglianza debbano essere riconosciuti:

 

  1. Punti 30 per il superamento di concorso per titoli ed esami
  2. Punti 18 in più per la laurea in SFP, lettera d) e lettera e)
  3. Punti 12 per frequenza PAS nel caso in cui non l’aspirante non abbia prestato servizio o comunque abbia prestato servizio non per tutto l’anno o per 180 giorni (in questo caso dichiarare comunque il servizio per poter optare successivamente, in caso di esito favorevole del contenzioso, per il punteggio più favorevole).

Inoltre, alla luce dei principi richiamati, si ritiene che nella seconda fascia debba essere dichiarato e quindi valutato:

 

a)    Il punteggio del servizio militare anche se prestato non in costanza di nomina (12 punti)

b)    Il punteggio prestato come docente di religione valido come aspecifico in terza fascia (tabella B, note al punto D, punto 6)

c)    In misura doppia il punteggio di servizio prestato nelle pluriclassi di cui alla lettera B, punto 5, anche dopo il 2007, ai sensi della legge 106/2011, art. 9, comma 17.

Anief ricorda che condizione imprescindibile per ricorrere in tribunale per ottenere il diritto all’inserimento o al riconoscimento dei titoli è la presentazione della domanda e la dichiarazione dei titoli entro il 23 giugno secondo le modalità stabilite dal decreto. Con successivo comunicato, renderà note le date e le modalità di adesione ai ricorsi patrocinati.

 

Si ricorda, infine, che grazie alla convenzione con Eurosofia è possibile conseguire fino a un massimo di 4 punti di cui alla lettera e), tabelle A e B), iscrivendosi ai corsi al seguente link.

 

Si richiama l’attenzione sul fatto che i giorni 18, 19 e 23 giugno le scuole secondarie saranno chiuse al pubblico.

 

44,5 milioni di ritenute ingiuste per l’ex-Enam

da tuttoscuola.com

44,5 milioni di ritenute ingiuste per l’ex-Enam

Sul sito dell’Inps vi è un apposito servizio on line riservato agli iscritti all’ex-Enam, l’Ente di assistenza magistrale soppresso dalla legge n. 122/2010. A scorrere le informazioni vien da pensare che tutto sia rimasto come prima, dopo che le funzioni dell’Ente, passate in un primo tempo all’INPDAP, sono confluite definitivamente nell’INPS.

Non sappiamo quanto e come sia assicurata l’assistenza agli iscritti e come la gestione delle cospicue risorse e dell’ingente patrimonio immobiliare sia assicurata in modo democratico, come avveniva prima mediante le elezioni dei consiglieri Enam a livello nazionale e provinciale.

Sappiamo, invece, con certezza che permane inspiegabilmente l’obbligo della ritenuta dello 0,80 sullo stipendio degli ex-iscritti (docenti di scuola dell’infanzia e scuola primaria, nonché dirigenti scolastici ex-direttori didattici, docenti di religione di quei settori).

Come gli altri dipendenti statali, sul loro stipendio opera il contributo obbligatorio dello 0,35% per l’erogazione di servizi di tipo assistenziale. Una duplicazione inspiegabile.

Dopo la soppressione dell’Enam vi sono state dichiarazioni bellicose da parte dei sindacati di categoria, poi sulle richieste di cancellazione della ritenuta obbligatoria è caduta la polvere dell’oblio, mentre gli insegnanti continuano a versare ogni mese in media 14 euro, e gli ex-direttori circa 40 euro.

Attualmente i 240 mila docenti dei settori interessati versano pro-capite in media poco più di 180 euro all’anno per un importo complessivo di circa 44 milioni di euro.

Il migliaio di ex-direttori didattici versa annualmente circa 500 euro all’anno per un importo complessivo che sfiora il mezzo milione.

44,5 milioni per le casse pubbliche che alleggeriscono ingiustamente le tasche degli insegnanti.

 

La filosofia nella scuola elementare

da Corriere.it

SPERIMENTAZiONI A SCUOLA

La filosofia nella scuola elementare

Il progetto di un’ora alla settimana per introdurre i bimbi al pensiero filosofico

di Lilli Garrone

Nel nome è già il programma: «Filosofia con i bambini», e non «insegnata ai bambini». Una differenza fondamentale «perché non si parte da una storia letta, da un racconto o da una narrazione – spiega Carlo Maria Cirino, tutor e uno degli ideatori del progetto – ma partiamo dagli oggetti. Quindi è un tipo di filosofia analitica che nasce dalla necessità di integrare la normale attività scolastica arricchendola di esperienze altamente innovative». Semplificando è un po’ come se i ragazzi fra i 5 e gli 11 anni (questa è l’età alla quale viene applicata, praticamente tutte le elementari), diventassero loro stessi un po’ filosofi, applicando un metodo che li spinge ad indagare anche su oggetti di uso quotidiano. Un metodo ancora sperimentale che spinge i giovani a «sviluppare l’immaginazione», come aggiunge Carlo Maria Cirino. Una pratica educativa che, per il momento, si sviluppa con un’ora alla settimana nelle scuole o attraverso laboratori: «Un insegnamento sui generis – come è scritto nell’introduzione all’ultimo libro pubblicato “Il cucchiaio” – che non si pone come obiettivo la trasmissione di qualche nozione, bensì lo sviluppo di forme autentiche di conoscenza o di pensiero,( idee, parole, concetti, sentimenti, emozioni) da parte dei bambini, che la praticano in gruppo o singolarmente».

 Più apertura mentale, possibilità immaginative e propensione al dialogo

La «Filosofia con i bambini» nasce nel 2008 all’università di Urbino, con dei laboratori di filosofia ed arte, diventando in seguito un dottorato di ricerca: a praticarla oggi sono in tre o quattro dottorandi. Ma «noi insegniamo gratuitamente il metodo – spiega Carlo Maria Cirino – anche a chi non è necessariamente laureato in filosofia, ma in una qualsiasi materia letteraria: lo stare con i bambini non è però qualcosa che si insegna, bisogna avere una naturale tendenza o passione». E dedicando il loro tempo al progetto il metodo è già stato applicato in alcune scuole delle Marche e della provincia di Mantova: quest’estate porteranno i laboratori a Ostuni in Puglia e l’anno prossimo i tutor sceglieranno cinque o sei scuole fra quelle che ne hanno fatto richiesta e a seconda delle domande che arriveranno decideranno dove andare. Ma l’idea del team è di fare una sperimentazione più a lungo termine. «Se riusciamo – conclude Carlo Maria Cirino – vorremo fare un’ora di filosofia con i bambini dalla prima elementare alla quinta tutte le settimane. I vantaggi? Risolverebbe il problema del passaggio alla scuole media, perché sarebbero studenti più preparati ad affrontare il passaggio: il passaggio alle medie è, infatti, una crisi gigantesca». I laboratori, infine, non necessitano di alcun materiale specifico se non di una partecipazione il più possibile costante da parte degli alunni, consentirà loro di raggiungere quelli che sono gli obiettivi ormai classici della filosofia insegnata ai bambini, ovvero: un incremento dell’apertura mentale, delle possibilità immaginative, dell’amore per il dialogo e la discussione regolamentata all’interno di un gruppo e non ultima la capacità di trattare concetti complessi e profondi quali quelli di vita, morte, amore, dolore, cultura, integrazione, possibilità, ecologia, sogno, anche in giovane età.

Esame di terza media, quattro prove da 75 minuti. Ma è il quiz a far paura

da Corriere.it

LE QUATTRO PROVE

Esame di terza media, quattro prove da 75 minuti. Ma è il quiz a far paura

Ricci (Invalsi): anche se si sbaglia la prova Invalsi, si potrà avere la sufficienza all’esame

di Alessandra Dal Monte

Italiano, matematica, lingua straniera, colloquio orale. E prove Invalsi. Anche quest’anno, come accade dal 2008, in aggiunta alle quattro verifiche tradizionali i ragazzi di terza media dovranno cimentarsi nel test nazionale predisposto dall’Invalsi (Istituto per la valutazione del sistema di istruzione). Uno spauracchio per i 594 mila quattordicenni d’Italia che stanno per concludere le medie, già preoccupati per gli esami canonici. Ma in realtà non c’è da angustiarsi troppo per questa ulteriore prova ministeriale: il responsabile scientifico dell’Invalsi Roberto Ricci ha spiegato chiaramente che il test del 19 giugno farà media per il voto finale, ma se sarà l’unica prova a non aver raggiunto la sufficienza non porterà alla bocciatura. Quindi il test Invalsi non deve essere sottovalutato, ma nemmeno vissuto con eccessiva ansia. Ecco nel dettaglio come funzionerà la trafila: ogni scuola organizzerà le prove scritte di terza media in una data compresa tra il 9 e il 18 giugno. I ragazzi dovranno affrontare una verifica di italiano, una di matematica e una di lingua straniera (o due, dipende se la scuola propone il bilinguismo e se decide di dedicare un quiz a ogni lingua o di inglobare entrambe nello stesso compito). Poi il 19 giugno, sola data uguale per tutti, si svolgeranno le prove Invalsi. I test ministeriali comprendono due prove, una di italiano (comprensione del testo e grammatica) e un’altra di matematica (algebra, geometria, funzioni, unità di misura), entrambe composte da domande aperte e a risposta multipla.

Niente vocabolario né calcolatrice

Gli alunni avranno a disposizione 75 minuti per completare ogni prova, con in mezzo una pausa di 15. Non si potranno usare né il vocabolario né la calcolatrice. Dopo gli scritti l’esame verrà concluso con un colloquio orale (su tutte le materie, con tesina scritta oppure una traccia di “percorso” tra le discipline). Ognuna delle prove (scritti e orale) verrà valutata in decimi. Il risultato finale emergerà dalla media aritmetica dei voti ottenuti nelle varie prove, da sommare al voto di ammissione con cui ci si presenta all’esame. In pratica i ragazzi avranno sei o sette voti: quello di ammissione, quello dello scritto di italiano, quello di matematica, quello della prova di lingua (1 o 2), il colloquio orale, l’Invalsi.

 

Date e consigli

Il quiz ministeriale pesa tanto quanto le altre verifiche, un sesto o un settimo del risultato finale, ed è obbligatorio: non è possibile quindi boicottarlo, come molti studenti hanno fatto alle elementari e alle superiori lo scorso maggio. Anzi, se per motivi comprovati un ragazzo non riesce a sostenere il test il 19 giugno dovrà recuperarlo (sono previste due sessioni suppletive, il 25 giugno e il 2 settembre). I quiz ministeriali sono molto temuti perché sono diversi rispetto alle verifiche tradizionali: si richiede un’abilità logica, più che nozionistica, e questo manda in crisi i ragazzi. Il segreto per affrontarli tranquillamente è prepararsi basandosi sulle prove degli anni precedenti. L’allenamento è fondamentale per entrare nel meccanismo del test. Ma le insidie si nascondono anche dietro gli esami “tradizionali”: prendiamo il tema, per esempio, che spesso si considera facile. Eppure qualche errore di ortografia e grammatica può capitare anche lì, meglio allenarsi scrivendo il più possibile. Importante è anche mantenere fluente la capacità di impostare un testo argomentativo, con un filo logico di ragionamento e tanti collegamenti. Queste sono le abilità richieste dalla prova. La verifica di matematica sarà basata su equazioni e problema, quella di lingua sulla comprensione del testo, esposizione scritta e grammatica.

Rigore, lavoro di squadra e verifiche: ecco come nasce un test Invalsi

da Corriere.it

Per prepararli, Due anni di lavoro

Rigore, lavoro di squadra e verifiche: ecco come nasce un test Invalsi

Un’autrice: «Non chiamateli quiz: sono strumenti affidabili, come quelli usati nelle scienze sperimentali». Il 19 giugno l’ultima rilevazione nazionale, per le terze medie

di Antonella De Gregorio

Ultimo match con le prove Invalsi 2014. Giovedì 19 giugno, in contemporanea con il secondo scritto della Maturità, si svolgeranno in tutta Italia le prove nazionali per i ragazzi di terza media: prima italiano, 75 minuti; poi una pausa di 10-15 minuti; infine matematica, altri 75 minuti. Ultima prova in calendario tra gli scritti, servirà a verificare – attraverso domande di comprensione e di grammatica e con quesiti di algebra, geometria, relazioni e funzioni, statistica e probabilità – a che punto sono gli studenti, in lettura e conoscenze matematiche, dalle Alpi a Lampedusa.

Non sono quiz

Ma attenzione a chiamarli «quiz», o «test a crocette». L’Invalsi somministra «prove articolate», che servono a verificare la capacità degli studenti di utilizzare le conoscenze acquisite sui banchi. Parlare di «quiz», secondo gli addetti ai lavori è fuorviante e riduttivo: fa pensare ai giochi a premi delle trasmissioni televisive. E invece, «nelle prove predisposte dall’Invalsi ci sono domande a risposta multipla, domande aperte, richieste di argomentazioni, dimostrazioni», spiega Daniela Notarbartolo, docente di italiano e latino in un liceo scientifico milanese, che da anni fa parte di un gruppo di lavoro che seleziona, verifica e confeziona i materiali prodotti dagli «autori» dei test. Si parla di una squadra di 250 docenti: «Insegnanti con grande esperienza didattica e disciplinare», dice.
Come nascono le prove?
«Con un gran lavoro interdisciplinare, che coinvolge esperti con formazione ed esperienze specifiche – spiega Notarbartolo -. E che per costruire una prova standardizzata lavorano per 15- 18 mesi, rispettando procedure articolate e rigorose».
Da dove si incomincia?
«Dalla formulazione di quesiti, facendo ricorso all’esperienza maturata e alle indicazioni dell’Invalsi. Le domande vengono poi selezionate e riconfezionate da un gruppo ristretto di docenti, che si confrontano nuovamente con gli autori per rivedere un’ultima volta il tutto. Infine, si preparano i fascicoli, che devono contenere tutti gli ambiti e le difficoltà previste».
Quanto tempo ci vuole?
«Un paio d’anni: le prove che “andranno in onda” nel 2016 vengono elaborate in questi giorni dagli autori. In settembre passeranno al “gruppo ristretto”. Intorno a maggio verranno testate su un campione statistico per verificare la validità delle scelte, poi torneranno al gruppo degli esperti sotto forma di dati numerici, che diranno se il test discrimina bene oppure no, se c’è il rischio che vengano date risposte a caso, quali abilità son messe in evidenza. A quel punto le domande vengono accettate, cancellate o corrette e si giunge all composizione della prova standardizzata».

I Quadri di riferimento

Per l’esame di terza media è previsto un secondo pre-test: la prova «fa media» nel voto finale, quindi le verifiche sono ancora più accurate.
Alla base delle analisi e delle verifiche c’è la rispondenza dei quesiti alle Indicazioni nazionali e ai Quadri di riferimento per la valutazione, che sono i parametri elaborati dall’Invalsi per definire gli ambiti (ad esempio «grammatica», «comprensione della lettura», «spazio e figure», ecc.), i processi cognitivi, e i compiti oggetto di rilevazione. «Un passaggio importante perché consente di eliminare gli elementi che non rispondono alle finalità della rilevazione, di circoscrivere le competenze, di adattare e misurare meglio le domande», dice Notarbartolo.

Processo scientifico

Nel complesso, un lungo processo scientifico, non noto ai non addetti ai lavori. «Chi paragona le prove Invalsi alle verifiche di classe sbaglia – prosegue la docente -: costruiamo strumenti di misurazione analoghi a quelli utilizzati nelle scienze sperimentali e misuriamo i risultati degli studenti all’interno di una scala di abilità e competenza molto lunga, dai livelli più bassi a quelli di eccellenza».
Quali sono i vantaggi per le scuole?
«Le prove Invalsi non vogliono sostituirsi alla valutazione dei docenti, ma possono fornire una solida base, comparativamente affidabile, per analizzare i frutti delle scelte autonome di ciascuna scuola su un piano comune a tutti».

Il rapporto

All’inizio di ciascun anno scolastico, l’Invalsi fornisce poi a ciascuna scuola, in forma riservata, analisi dettagliate, corredate da guide didattiche che legano la prova ai Quadri di Riferimento. In questo modo è possibile leggere gli esiti non solo in chiave di contenuti, ma anche rispetto ai processi cognitivi, ai compiti richiesti e così via. I dati vengono anche disaggregati – in base a regolarità del percorso scolastico degli allievi, in base al genere, all’origine – e confrontati con la Regione, l’area geografica, il Paese. Nel rapporto conclusivo, che disegna il quadro nazionale, vengono inseriti i dati delle classi campione, che sono i più affidabili, perché gli osservatori garantiscono la regolarità delle procedure. Se una classe ha barato, quindi, ha ingannato solo se stessa, non il sistema, e non avrà – per propria scelta – un’informazione valida».

Scuola, supplenti da mesi senza stipendio

da Repubblica.it

Scuola, supplenti da mesi senza stipendio

La denuncia dell’Anief: “Migliaia di docenti e Ata precari che fanno sostituzioni brevi e non ricevono la retribuzione. Alcuni aspettano da febbraio”. Il ministero rassicura sui pagamenti

di SALVO INTRAVAIA

Protesta di insegnanti precari Supplenti “brevi” senza retribuzione da febbraio, costretti a pagarsi di tasca propria trasferte e pernottamenti. A denunciarlo è l’Anief che parla di “migliaia di insegnanti e Ata precari lasciati senza stipendio da mesi”. “C’è anche chi aspetta da febbraio – spiega il presidente dell’Associazione nazionale insegnanti e formatori, Marcello Pacifico – Si tratta dei supplenti ‘brevi’, quelli che sostituiscono il personale di ruolo anche per alcuni giorni e che spesso devono caricarsi di spese per viaggi, trasferte e pernotti”. “E’ inaccettabile – aggiunge Pacifico – non bastava percepire le buste paga più leggere d’Europa”. Una settimana fa, un gruppo che si denomina “Supplenti della scuola per la qualità e dignità del lavoro” ha scritto al ministero per denunciare il ritardo nel pagamento delle retribuzioni di febbraio, marzo, aprile e maggio.

In un momento come quello che stiamo attraversando, chi lavora aspetta la anelata retribuzione a fine mese. Specialmente se si è prestato servizio alle dipendenze dello Stato. Ma nella scuola italiana il livello di precariato ha tanti colori: quello dei supplenti brevi è sicuramente il più scuro. E la definizione non deve trarre in inganno, perché in questa “categoria” rientrano anche coloro che sostituiscono per mesi e mesi le insegnanti in interdizione e astensione obbligatoria per maternità. Il numero dei lavoratori in sofferenza che non ricevono il dovuto a fine mese non si conosce con precisione.

“È paradossale – continua il presidente dell’Anief – che il disguido si manifesti proprio ora che le procedure dei pagamenti non sono più legate alla mancanza dei fondi di ogni singola scuola, ma sono diventate di competenza dell’amministrazione economica centrale. E interamente on line, con il Mef che “carica” gli stipendi sul “Sicoge”, il Sistema informatico di contabilità e gestione economica”. “Purtroppo – spiegano dalla Flc Cgil – come abbiamo rimarcato più volte, il ministero non riesce a dare una regolarità al pagamento dei supplenti a causa del fumoso sistema di controlli incrociati col ministero dell’Economia, che penalizzano il personale della scuola, sottoposto troppo spesso alla mancata corresponsione della propria retribuzione fondamentale”.

Ma qualcosa si muove. Una nota del ministero dell’Economia dell’altro ieri assicura che “per consentire il pagamento delle retribuzioni arretrate al personale supplente breve e saltuario della scuola e al personale volontario dei vigili del fuoco, come per le precedenti mensilità, anche per quella di giugno questa Direzione ha programmato un’emissione speciale per la giornata di lunedì 16 p. v.”. Ma a percepire gli arretrati saranno coloro che si ritroveranno negli “elenchi che entro le ore 17.00 del suddetto giorno avranno completato l’iter autorizzativo”. E non è detto che la totalità degli insegnanti e Ata (amministrativi, tecnici e ausiliari) che aspettano lo stipendio riusciranno ad averlo.

“Non è tollerabile – conclude Pacifico – che la burocrazia prevalga sui lavoratori, i quali hanno tutti, di ruolo e precari, gli stessi diritti. Anche perché, è bene ricordarlo, già percepiscono uno stipendio tra i più bassi dell’area europea, in media tra i 1.200 e i 1.300 euro: un docente di ruolo laureato della scuola superiore italiana dopo 15 anni di servizio percepisce meno di 27mila euro lordi, mentre un collega tedesco con la stessa anzianità professionale ha una busta paga di quasi 70mila euro. Ora, alla modesta portata dello stipendio si aggiunge la beffa del suo pagamento ritardato sine die. E questo non possiamo accettarlo”.

Nuova maturità, tesina in bilico

da ItaliaOggi

Nuova maturità, tesina in bilico

Lavori in corso per la revisione dell’esame finale delle superiori. Regolamento a settembre. Terza prova semplificata, potrebbe non essere targata Invalsi

Alessandra Ricciardi

Non una vera riforma, ma una revisione. Per semplificare le prove, renderle coerenti con gli indirizzi andati a regime con la riforma Gelmini. Senza però mettere in difficoltà gli studenti e gli insegnanti.

In queste giorni al ministero dell’istruzione fervono i lavori dei tecnici per presentare al ministro Stefania Giannini le proposte di messa a punto dell’esame di maturità che andrà in scena il prossimo anno.

La riforma degli ordinamenti è infatti da settembre a regime: spariti i vecchi licei e istituti tecnici, via le vecchie sperimentazioni, servono prove nuove.

I meno toccati dalle novità dovrebbero essere il liceo classico e anche lo scientifico, che sono stati intaccati in modo meno rilevante rispetto ad altri, per esempio il linguistico e gli istituti tecnici e professionali, dalla riforma Gelmini. Tutto deve essere chiaro e pronto per gli inizi di settembre, con un regolamento che indichi le nuove modalità di valutazione. Modalità che potrebbero vedere sopravvivere la terza prova scritta organizzata sempre dalle commissioni d’esame e non più dall’Invalsi. È questo un elemento di discussione in queste ore, e nel dibattito pesano sia le difficoltà organizzative di una prova unica nazionale per tutti che quelle economiche: l’operazione richiede infatti una mole di risorse anche umane che al momento l’istituto guidato da Anna Maria Ajello non ha.

Ecco perché sembra profilarsi una seconda via, quella di una revisione della terza prova ma senza sconvolgimenti: sarebbero le scuole, nella loro autonomia, a doversi organizzare, in base ad alcune indicazioni che giungeranno dal livello centrale.

Novità in arrivo anche per l’orale, dove potrebbe sparire la tesina, ritenuto un impegno ridondante per gli studenti e di scarso valore ai fini della valutazione. Troppo spesso si tratta infatti di lavori non originali. Quello che si annuncia è dunque un esame di transizione. C’è poi da rivedere anche l’organizzazione degli esami, in particolare la scelta del commissario presidente e dei commissari interni ed esterni. Ma questo è considerato un dossier tutto sommato meno complicato. Intanto, cè la maturità di quest’anno. Il primo scritto è dietro l’angolo, il prossimo 18 giugno.

Invalsi modello mediterraneo

da ItaliaOggi

Invalsi modello mediterraneo

Ajello annuncia: alternativo a quello anglosassone

Emanuela Micucci

L’Invalsi, a livello internazionale, «può essere il riferimento per i paesi del Mediterraneo che si stanno affacciando ai temi della valutazione». Anna Maria Ajello, presidente dell’Invalsi, annuncia un modello Invalsi mediterraneo alternativo a quello anglosassone, intervenendo al convegno su «Valutazione della Cultura. Cultura della valutazione» promosso dalla Cisl Scuola Lazio a Roma, all’indomani della raccomandazione del Consiglio d’Europa all’Italia sul programma di stabilità 2014, che invita il Paese a «rendere operativo il sistema nazionale di valutazione» per ridurre tra l’altro la dispersione scolastica che oggi sfiora il 20% ma che si dovrebbe ridurre al 10% entro il 2020. Un sistema nazionale di valutazione di cui si attende a breve la direttiva del ministro dell’istruzione Stefania Giannini per il suo avvio a settembre. Ma che rischia di non diventare effettivo se non sarà accompagnato da un adeguato stanziamento di risorse, ancora da definire.

In vista dell’avvio del sistema, Ajello rassicura docenti e sindacati: «Le prove Invalsi misurano alcuni apprendimenti e non si possono usare come criterio unico per valutare i docenti». «La qualità della scuola, la professione del docente e del dirigente scolastico – precisa Damiano Previtali, dirigente scolastico, componente del Cantiere Docenti del Miur -, è finalizzata agli esiti formativi e valutativi, cioè non alle prove Invalsi che ne sono solo una parte». L’auspicio di Ajello è che l’istituto che presiede possa uscire dalla «sindrome del fortino», frutto dell’arroccamento nei confronti degli agenti critici, «raffrontando il legame con le scuole, i docenti», gli studenti e le famiglie per trovare su alcuni temi «soluzioni negoziate che diventino, poi, valide per tutti». «La collaborazione scuola-famiglia – aggiunge Previtali – determina molto i risultati degli studenti: questo deve interessare la scuola, invece, è un aspetto su cui si fa pochissimo».

Non solo. «I risultati delle prove Invalsi vanno contestualizzati». E si deve tenere conto anche dei risultati a distanza, tra cui le competenze che fanno la differenza come motivazione, perseveranza, stima di sé, autocontrollo: elementi che contano molto e che dipendono dalla famiglia, ma che non riusciamo a valutare. «In Italia – osserva Ajello – abbiamo incentrato la valutazione solo sugli strumenti di misurazione senza concentrarci sulla centralità del tema degli apprendimenti: l’Invalsi dovrebbe promuovere il dibattito su quali processi cognitivi produciamo, promuoviamo nell’apprendimento». «Occorre ritornare alla pedagogia», chiosa Previtali. La finalità del sistema nazionale di valutazione, sottolinea illustrandone il Regolamento, «è il miglioramento, quindi non una graduatoria», da realizzare in tre anni con l’autovalutazione, che partirà già nel prossimo anno scolastico quando per la prima volta tutte le scuole pubblicheranno il proprio rapporto di autovalutazione, la valutazione esterna e le azioni di miglioramento con la rendicontazione sociale delle scuole.

«Ciò che farà la differenza sono i docenti: che attenzione gli diamo?», chiede Previtali, «l’insegnate non ha un profilo professionale, per svilupparne la carriera c’è solo l’anzianità, ma si deve andare oltre considerando il tempo dedicato alla scuola e le competenze del docente; la formazione nel contratto attuale degli insegnanti è un diritto/dovere invece nel nuovo contratto è un’opportunità; ci si deve incamminare verso la diversificazione della funzione docente e verso il decentramento con l’autonomia e la sussidiarietà». «In Italia non siamo all’anno zero sulla valutazione», commenta Stefano Molina della Fondazione Agnelli osservando che «l’Invalsi finora fa prove censuarie, come prevede la legge, valide per valutare le scuole, invece per valutare il sistema occorrono prove campionarie».

Esami di terza media, tutto quello che devono sapere i 600mila candidati

da tecnicadellascuola.it

Esami di terza media, tutto quello che devono sapere i 600mila candidati

Alessandro Giuliani

Le indicazioni dell Miur: da questa settimana, secondo calendari autonomi delle scuole, i ragazzi svolgeranno le prove scritte di Italiano, Matematica e Lingue straniere. Giovedì 19 giugno è in programma la prova Invalsi, che è identica su tutto il territorio nazionale. Subito dopo le prove scritte, l’orale a carattere pluridisciplinare. Come ci si comporta in presenza di Bes. Le statistiche degli anni precedenti.

In coincidenza con l’avvio degli Esami conclusivi del I ciclo di istruzione, il Miur fornisce numeri e indicazioni che riguarderanno quasi 600.000 studenti.

A partire da questa settimana, secondo calendari autonomi delle scuole, i ragazzi svolgeranno le prove scritte di Italiano, Matematica e Lingue straniere. Giovedì 19 giugno è invece in programma la prova Invalsi, che è identica su tutto il territorio nazionale. Subito dopo le prove scritte, l’orale a carattere pluridisciplinare.

 

Come funziona la prova Invalsi

Laprova nazionale punta a monitorare le conoscenze e le competenze degli studenti al termine del percorso del primo ciclo di istruzione. Si svolge, in sessione ordinaria, il 19 giugno (con inizio alle ore 8.30) e, in prima e seconda sessione suppletiva, il 25 giugno ed il 2 settembre (con inizio sempre alle ore 8.30). Per rispondere ai quesiti i candidati hanno a disposizione 75 minuti per ciascuna materia, Italiano e Matematica. Per gli alunni con disturbi specifici di apprendimento o disabilità possono essere previste tempistiche diverse e strumenti ausiliari.

Subito dopo lo svolgimento della prova le sottocommissioni procedono alla correzione avvalendosi di una griglia apposita predisposta dall’Invalsi e resa pubblica sui siti degli Uffici scolastici regionali, degli Uffici territoriali e sul sito dell’Invalsi stessa (www.invalsi.it), a partire dalle 12.00 del 19 giugno 2014. Il voto massimo che ciascun candidato potrà ottenere è di 10/decimi.

Le scuole dovranno assicurare un accurato controllo nominando due coppie di docenti per la vigilanza che dovranno insegnare una materia diversa da quella d’Esame. Nessun altro, oltre ai professori nominati quali vigilanti e al presidente, potrà essere presente nelle aule durante le prove. Nella stessa fascia oraria non sarà consentito l’accesso alle scuole da parte di estranei. Fra le misure “anti copiatura” sono previste anche la consegna dei cellulari da parte degli alunni e il posizionamento dei banchi che, dove possibile, saranno disposti uno dietro l’altro. Le prove, comunque, sono state organizzate in cinque versioni differenti con le domande uguali per tutti gli studenti, ma inserite in ordine diverso. Sul sito www.invalsi.it sono disponibili i test degli scorsi anni.

 

Alunni con disturbi di apprendimento e bisogni educativi speciali

Le Commissioni d’Esame avranno particolari accorgimenti nei confronti degli alunni con disturbi specifici di apprendimento e degli alunni con bisogni educativi speciali, come disposto da un’apposita circolare inviata negli scorsi giorni dal Miur. In particolare, ciascuna Commissione prenderà in considerazione le modalità didattiche e le forme di valutazione individuate nell’ambito dei percorsi didattici individualizzati e personalizzati e predisporrà adeguate modalità di svolgimento delle prove scritte e orali che, ad esempio, potranno contemplare l’utilizzo di dispositivi per l’ascolto in formato mp3 dei testi della prova, oppure l’utilizzo di apparecchiature e strumenti informatici.

 

Gli esiti degli anni precedenti

Nello scorso anno scolastico, il 2012/2013, i dati sull’ammissione agli Esami conclusivi del I ciclo di istruzione hanno confermato un trend in crescita. A giugno del 2013 sono stati ammessi a sostenere le prove 97 alunni su 100 scrutinati. L’incremento registrato è stato pari a 0.7 punti percentuali, contro un aumento di 0.4 punti rilevato a conclusione dell’anno scolastico precedente. Se in fase di scrutinio c’è stata una crescita di alunni ammessi, un’altrettanta variazione di segno positivo non è stata riscontrata in fase di valutazione finale: la percentuale di alunni licenziati si attesta attorno al 99,7%, stabile rispetto agli anni scolastici precedenti.

A superare l’Esame con votazione pari alla sufficienza sono quasi 30 alunni (29.8) su 100, contro i 31 dell’anno scolastico precedente. Le percentuali rilevate nelle restanti classi di voto non hanno subito consistenti variazioni, facendo registrare in tutti i casi un incremento pari a 0.2 punti percentuali che diventano 0.3 per i licenziati con lode. Se si sposta l’attenzione sugli ultimi tre anni, si osserva come la tendenza registrata nell’anno scolastico 2011/2012 era stata di un decremento rispetto all’anno precedente, seppur lieve, dei licenziati con voto dal “sette” al “dieci con lode” a fronte di un movimento di segno opposto e più significativo (+2.3 punti percentuali) in corrispondenza dei licenziati con la sufficienza. Nell’anno scolastico 2012/2013, invece, le variazioni rispetto al precedente sono state di senso opposto e con intensità diverse, quasi a ristabilire la situazione creatasi nei due anni precedenti.

Il tempo scuola nel 1° ciclo avanza o arretra?

da tuttoscuola.com

Il tempo scuola nel 1° ciclo avanza o arretra?

Una cordata di parlamentari bolognesi chiedono al ministro dell’istruzione, con una interrogazione parlamentare, un sostanzioso rinforzo degli organici del personale docente, finalizzato, in particolare, al potenziamento del tempo scuola dell’infanzia, della primaria e della secondaria di I grado.

La richiesta è anche giustificata dal crescente aumento di alunni che ha sottratto risorse umane per assicurare i servizi scolastici ai minimi del tempo normale. Ma l’aumento della popolazione scolastica, a cominciare dal 2015-16, subirà velocemente un’inversione di marcia anche in Emilia-Romagna, scendendo drasticamente a valori impensabili, tanto forse da risolvere, per via naturale, i problemi posti dall’interrogazione parlamentare.

A sostegno della richiesta, è stata nuovamente tirata in ballo la questione del tempo pieno e del tempo prolungato, che sarebbero stati decimati dalla riforma Gelmini.

Analizziamo i dati. Il tempo pieno della scuola primaria, come ha dimostrato Tuttoscuola numeri alla mano alcune settimane fa, sotto la riforma Gelmini è aumentato dal 2008-09 a quest’anno per numero sia di alunni (+ 172.137) sia per di classi (+ 7.130); in Emilia Romagna, 8.433 alunni e 285 classi in più.

Per il tempo prolungato della scuola media sono i fatti a parlare, prima ancora dei dati.

Mentre nella scuola primaria la richiesta delle famiglie è in aumento, provocando un corrispondente aumento dell’offerta di servizio da parte della scuola (più classi), nella scuola secondaria, invece, la domanda è, da tempo, inesorabilmente in diminuzione con l’offerta della scuola che prevale sulla domanda, ma che non riesce ad arginare la fuga degli alunni verso il tempo normale.

Dal 2008-09 ad oggi, mentre la popolazione scolastica del settore aumentava di circa 20mila alunni e il numero complessivo delle classi subiva una flessione di 658 unità, il numero di alunni e quello delle classi a tempo prolungato sono diminuiti del 9,1% (147.366 alunni e 7.169 classi in meno).

In Emilia Romagna l’esodo degli alunni e la flessione delle classi a tempo prolungato hanno superato il 15%: 15.179 alunni e 699 classi in meno.

 

Cinque scuole italiane premiate per l’insegnamento dell’inglese

da tuttoscuola.com

Cinque scuole italiane premiate per l’insegnamento dell’inglese

Cinque scuole italiane sono state premiate con l’attribuzione del prestigioso titolo “Italian preparation centres of the year” da parte del ‘Cambridge English Language Assessment’, dipartimento dell’Università di Cambridge  responsabile dei noti esami Cambridge English.

Le scuole finaliste, scelte tra quelle segnalate dalla rete di Preparation Centres autorizzati operanti in tutta Italia, hanno dimostrato un’eccellenza nella preparazione alle certificazioni internazionali.

Le scuole che si sono distinte per l’impegno con cui hanno preparato i propri studenti agli esami Cambridge English sono in dettaglio per ogni categoria le seguenti:

• Categoria Newcomer

Liceo Magistrale “Rechichi” di Polistena (RC), nominato dal Centro d’Esame Autorizzato IT297 British School, Reggio Calabria

• Categoria Scuola Primaria

Istituto Comprensivo “Pescara 6” di Pescara, nominato dal Centro d’Esame Autorizzato IT326 Athena Docet, Pescara

• Categoria Scuola Secondaria di Primo Grado

Istituto Comprensivo “Novelli-Natalucci” di Ancona, nominato dal Centro d’Esame Autorizzato IT036 Inlingua, Pesaro

• Categoria Scuola Secondaria di Secondo Grado

Liceo Statale “A. Rosmini” di Grosseto, nominato dal Centro d’Esame Autorizzato IT024 British School, Pisa

• Categoria Best Italian User of Cambridge English Preparation Materials

Liceo Scientifico “A. Volta” di Foggia, nominato dall’Agenzia MCS di Colanardi Massimo e sponsorizzato da Cambridge University Press.

Questi premi costituiscono un riconoscimento per le scuole che si sono distinte per la passione, l’entusiasmo e la costanza con cui hanno preparato i propri studenti agli esami Cambridge English portandoli ai massimi livelli nella conoscenza della lingua inglese e garantendo loro ottime possibilità di successo.

 

Graduatorie: le acrobazie numerologiche del Miur

da tuttoscuola.com

Graduatorie: le acrobazie numerologiche del Miur

Le graduatorie di istituto per il conferimento delle supplenze prevedono tre fasce: la prima contiene gli aspiranti inseriti nella graduatoria ad esaurimento (Gae) per la stessa classe di concorso cui si riferisce la graduatoria di circolo o d’istituto. In seconda fascia sono collocati gli aspiranti non inseriti nella corrispondente graduatoria a esaurimento ma forniti di specifica abilitazione o idoneità. In terza fascia infine entrano gli aspiranti forniti di titolo di studio valido per l’accesso all’insegnamento richiesto, ma privi di abilitazione.

Fino all’anno scorso chi stava in prima o seconda fascia aveva le maggiori probabilità di ricevere una supplenza. Ma anche diverse decine di migliaia di ‘terze fasce’ ottenevano egualmente un posto. Dal 2014-2015 il panorama cambia profondamente perché in seconda fascia approderanno i neoabilitati che hanno frequentato nel corrente anno accademico i TFA (circa 20.000) e i PAS (tra 50 e 60mila). Questi ultimi hanno ottenuto in extremis di essere inseriti in seconda fascia se conseguono il titolo entro il 31 luglio 2014.

La seconda fascia diventerà dunque molto più numerosa, ma la sua composizione non sarà omogenea: per la scuola secondaria ne faranno parte gli abilitati ‘storici’ ante SSIS, gli abilitati SSIS (sissini) e quelli che hanno conseguito il titolo tramite i TFA (tieffini) e i PAS (passini). Categorie che assomigliano agli strati geologici, ciascuna ad indicare una tappa della mancata soluzione del problema del reclutamento.

E’ questa disomogeneità che ha indotto il Ministero dell’istruzione a differenziare i punteggi, nel tentativo di proteggere i ‘vecchi’ abilitati e soprattutto i tieffini dalla concorrenza dei più numerosi passini. Una ridda di punteggi e sottopunteggi (fino a 72, con un pulviscolo di micropunteggi aggiuntivi da 1 a 6 per titoli aggiuntivi, fino ai 12 per il dottorato di ricerca) che ha però finito per sconcertare e scontentare un po’ tutti. I sindacati hanno deciso unitariamente di cavalcare lo scontento impugnando il decreto che assegna tali punteggi per ‘illegittimità’ (serviva un regolamento, dicono). Ma non è chiaro che cosa contropropongono nel merito, se non di essere coinvolti nella trattativa per la ridefinizione dei punteggi. Ma come evitare di scontentare qualcuno in una situazione di evidente conflitto di interessi e aspettative? Trovare una soluzione equa non sarà facile.

 

La settimana prima degli esami

da tuttoscuola.com

La settimana prima degli esami

Per gli studenti dell’anno conclusivo di scuola secondaria superiore e per quelli di terza media la settimana che si apre oggi, a lezioni in gran parte ultimate, è l’ultima prima degli esami, che avranno inizio la settimana successiva: una settimana di festa per l’anno (e il ciclo) terminato e di attesa per le prove imminenti.

Il prossimo 18 giugno si svolge la prova di italiano per le superiori, seguita il 19 dalla seconda prova e il 23 dalla terza. Il calendario degli esami di licenza media viene stabilito dalle commissioni, con inizio attorno al 12-13 giugno e conclusione dopo la prova nazionale Invalsi, che si svolgerà il 19 giugno.

I siti studenteschi traboccano di consigli, appunti, e per le superiori notizie sui commissari d’esame, che circolano anche sui social network. Malgrado le impressionanti percentuali di esito positivo degli esami (il 99% viene promosso in entrambi i casi), che fanno dubitare della loro utilità in rapporto ai costi (fino a 80 milioni di euro per la maturità), le prove continuano a essere temute, tanto che i siti studenteschi dedicano buona parte della loro attenzione a rassicurare i candidati.

Hanno ragione? Va detto che le preoccupazioni per la prova di italiano della maturità sono limitate dalla pluralità dei testi: il ‘tototracce’ è diventato più un gioco che una previsione, la seconda prova è quella caratterizzante di ciascun indirizzo, la più familiare ai candidati. Resta l’incognita della ‘terza prova’ sulla cui configurazione intervengono anche i membri esterni della commissione e che a distanza di 15 anni dalla sua introduzione non è stata sempre e ovunque metabolizzata dagli insegnanti. Per questo il ‘quizzone’ è la prova più temuta, così come i test Invalsi introdotti nell’esame di licenza media, che vengono predisposti a livello nazionale a differenza di tutte le altre prove. Anche qui il timore è legato, come per la terza prova, alla imprevedibilità dei testi e allo loro configurazione, tuttora vissuta come estranea alla tradizione didattica e valutativa italiana.

Timori però del tutto privi di fondamento, visti gli esiti. Caso mai il problema da approfondire sarebbe quello di legare meglio la valutazione di fine ciclo (e anche quella di fine anno) alla attività didattica svolta dagli insegnanti durante l’anno.

 

Giustizia costretta di spalle

Giustizia costretta di spalle

di Vincenzo Androus

Quanto più forte è uno Stato, più forte è il diritto di indignarsi di quanti non vedono riconosciuti i propri diritti: fare giustizia significa sanare una ferita, una lacerazione, costringendo il dolore a trasformarsi nella sofferenza, nella scoperta di essere meno indifesi e impreparati se esiste la possibilità concreta di affidarsi agli altri, a quegli altri che siamo noi.
Il carcere come unico baluardo al ripristino della legalità, all’assunzione di responsabilità, all’educazione da ritrovare: riesce difficile convincersi che sia la strada più efficace da percorrere per raggiungere gli obiettivi di cui sopra, un luogo deputato a saldare conti in sospeso con la collettività, uno spazio adibito alla moltiplicazione del dolore, una sorta di terra di nessuno, dove solo pochi intendono posare lo sguardo.
Non c’è capacità di osservare quel che accade dentro una cella, soprattutto ciò che non accade, è lecito discuterne per ideologie d’accatto, per pancia buttata sottosopra, ma non ci sarà mai abbastanza onestà intellettuale per rimettersi in gioco, per ritrovarsi e infine riparare al male fatto. Finchè la Giustizia permarrà signora costretta di spalle, con gli occhi bassi, non potrà varcare con autorevolezza i cancelli di una galera, per offrire forza sufficiente al riappropriarsi del proprio ruolo e della propria utilità al carcere e alla pena, nella differenza che intercorre tra chi entra in carcere, alla meno peggio rimane affondato al punto di partenza, e chi invece azzera la propria esistenza con un po’ di sapone e un laccio al collo.
Progetti a rimbalzare sulla realtà che non è di carta, dove ci sono le persone, che fanno ben sperare in una condizione umana migliore, persone che sebbene detenute non ci stanno a essere punite due o tre volte da una sopravvivenza imposta.
Esistono le persone in questo pianeta, checchè ne faccia dubitare il disprezzo estremo cui è ridotto il carcere, la disperazione delle parole obbligate a rimanere monche, inutili, perciò impreparate a dare importanza ai morti che si accatastano dentro gli spazi iniqui, agli altri mascherati da vivi ma annientati ulteriormente nella propria dignità.
C’è in atto una neanche tanto sottile strategia a significare che è tutto esagerato, eccessivo, un film squinternato nella sua sceneggiatura, eppure la prigione non è recinto per i soli brutti, sporchi e cattivi, anche chi sta ai piani alti, nel reame dei perennemente onesti, dei buoni a tutti i costi, si muovono le pedine sacrificali, perché non solamente la libertà è comandata a sparire, con essa la dignità dell’ultima volontà di un perdono.
Occorre davvero nutrirsi di resilienza, rifiutando la quotidianità della deresponsabilizzazione, facendo un passo indietro, scegliendo la fatica, la rinuncia, per non dichiararsi sconfitti alla propria ritrovata umanità, anche all’umanità di chi è disposto a tendere significativamente la mano: non si tratta di una mera concessione statuale, bensì di una nuova condivisione che diventa conquista di coscienza.