Il vuoto della sfiducia crescente nella scuola

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Al Censis il terzo dei quattro incontri del tradizionale appuntamento di riflessione di giugno «Un mese di sociale», dedicato quest’anno a «I vuoti che crescono»

Aumenta la sfiducia nella scuola come strumento di mobilità sociale

Al primo impiego solo il 16,4% dei ventenni è salito nella scala sociale rispetto alla famiglia di provenienza. Abbandonano gli studi i figli svantaggiati (27,7%) più dei figli dei laureati (2,9%). Ormai passa dalla scuola all’università solo il 47,3% degli studenti. E chi può va a studiare all’estero: +51% di iscrizioni in atenei stranieri in quattro anni

Roma, 26 giugno 2014 – Studiare non funziona più da ascensore sociale. Una volta si studiava per migliorare la propria posizione sociale. Ma oggi il sistema educativo sta perdendo la tradizionale capacità di garantire opportunità occupazionali e di funzionare come strumento di ascensione sociale. Al primo ingresso nel mondo del lavoro, solo il 16,4% dei nati tra il 1980 e il 1984 è salito nella scala sociale rispetto alla condizione di provenienza, il 29,5% ha invece sperimentato una mobilità discendente rispetto alla famiglia di origine. E la scuola non riesce a svolgere la funzione di riequilibrio sociale per i ragazzi provenienti da famiglie svantaggiate. L’abbandono scolastico tra i figli dei laureati è un fenomeno marginale (riguarda solo il 2,9%), sale al 7,8% tra i figli dei diplomati, ma interessa quasi uno studente su tre (il 27,7%) se i genitori hanno frequentato solo la scuola dell’obbligo. L’uscita precoce dai circuiti scolastici riguarda il 31,2% degli studenti i cui genitori svolgono professioni non qualificate, contro appena il 3,9% di quelli con genitori che svolgono invece professioni qualificate. Tra il 2008 e il 2013 la domanda di lavoro in Italia ha continuato a concentrarsi soprattutto sui livelli di studio bassi, gli unici a registrare un andamento positivo (+16,8%), a scapito sia dei titoli medi (-3,9%), sia di quelli più elevati (-9,9%). In questo periodo sono aumentati del 32,7% i diplomati e del 36,6% i laureati occupati in professioni che richiedono bassi skill. Il fenomeno dell’«overeducation» nel mercato del lavoro riguarda sia le lauree considerate deboli, come quelle in scienze sociali e umanistiche (43,7%), sia le lauree ritenute più forti, come quelle in scienze economiche e statistiche (57,3%), e tocca anche un ingegnere su tre. Di fatto, oggi in Europa due terzi dei giovani tra 18 e 29 anni si dichiarano ottimisti verso il futuro, in Italia la percentuale si ferma al 47,8%.
Fiducia in crisi sin dall’asilo. Solo il 55% dei comuni italiani ha attivato servizi per l’infanzia (asili nido e servizi integrativi), arrivando a soddisfare appena il 13,5% dell’utenza potenziale. Nei comuni capoluogo di regione la domanda insoddisfatta è pari al 35,2%. I comuni con i dati peggiori sono Palermo (71,9%) e Roma (67,3%), mentre sul versante opposto ci sono Torino (che riesce a soddisfare l’intera domanda effettiva) e Milano (solo il 4,9% di domanda insoddisfatta). Problemi organizzativi, carenza di posti disponibili, scarsità di risorse finanziarie, aumento dei costi da sostenere per rette e servizi di mensa, necessità di supplire ai bisogni quotidiani di materiali didattici e non finiscono per incrinare il rapporto fiduciario tra famiglie e sistema scolastico.
La sfiducia favorisce gli abbandoni scolastici. Nell’anno scolastico 2013/2014 risulta «disperso» nell’arco di un quinquennio il 27,9% degli studenti, pari a circa 164mila giovani. Complessivamente, si può stimare che la scuola statale ha perso nel giro di 15 anni circa 2,8 milioni di giovani, di cui solo 700mila hanno poi proseguito gli studi nella scuola non statale o nella formazione professionale, oppure hanno trovato un lavoro. Durante la frequenza l’11,4% degli studenti abbandona gli studi tra il primo e il secondo anno, e un altro 2,5% tra il secondo e il terzo anno. Non a caso, nel 2013 il 77,9% dei giovani italiani di 20-24 anni risulta in possesso di un diploma, contro una media europea molto più alta, pari all’81,1%.
L’insostenibile pesantezza del rapporto insegnanti-genitori. Nel settore dell’istruzione aumentano i ricorsi al Tar. Nel 2012 sono stati depositati 1.558 procedimenti amministrativi, con un incremento del 17,1% rispetto all’anno precedente. Solo il 10% dei genitori partecipa alle elezioni degli organi collegiali. Il 33,5% dei dirigenti scolastici lamenta che nel proprio istituto l’atteggiamento ormai prevalente tra il personale è la demotivazione e la sfiducia, mentre il 24,6% sottolinea che l’atteggiamento collaborativo da parte delle famiglie è diminuito in maniera significativa.
E l’università perde iscritti. Tra i 30-34enni, gli italiani laureati sono il 20,3% contro una media europea del 34,6%. E l’andamento delle immatricolazioni mostra un significativo calo negli ultimi anni. Rispetto all’anno precedente, nell’anno accademico 2011/2012 si sono registrate circa 9.400 immatricolazioni in meno (-3,3%). Il tasso di passaggio dalla scuola all’università tra i 18-19enni è sceso dal 50,8% del 2009/2010 al 47,3% del 2011/2012. Anche tra chi si iscrive all’università emergono presto segni di stanchezza e disaffezione. Nel 2011/2012 ha abbandonato gli studi tra il primo e il secondo anno il 15,4% degli iscritti alle lauree triennali e il 10% degli iscritti alle lauree a ciclo unico. Solo uno studente su quattro arriva a conseguire il titolo alla fine dei tre anni canonici e il 43,6% si laurea in un corso diverso da quello di immatricolazione. La quota di immatricolati che arrivano a conseguire il titolo triennale è ancora molto bassa, intorno al 55%, mentre nei Paesi dell’Ocse si arriva in media al 70%.
Chi può va a studiare all’estero. Complice il prolungarsi della crisi, la disillusione verso l’università ha polarizzato maggiormente i fenomeni di mobilità studentesca sulla direttrice Nord-Sud. Ma è in forte crescita anche la mobilità verso l’estero da parte di chi è alla ricerca di un’offerta di qualità migliore e con maggiori opportunità occupazionali. Tra il 2007 e il 2011 il numero di studenti italiani iscritti in università straniere è aumentato del 51,2%, passando da 41.394 a 62.580. Chi può si rivolge sempre più oltreconfine per trovare quelle opportunità di realizzazione sociale che non trova in Italia.

«Il vuoto della sfiducia crescente nella scuola» è l’argomento di cui si è parlato oggi al Censis, a partire da un testo elaborato nell’ambito dell’annuale appuntamento di riflessione di giugno «Un mese di sociale», giunto alla XXVI edizione, dedicato quest’anno al tema «I vuoti che crescono». Sono intervenuti il Presidente del Censis Giuseppe De Rita, il Direttore Generale Giuseppe Roma, la responsabile del settore Formazione Claudia Donati, Luigi Berlinguer, Presidente del Comitato per lo sviluppo della cultura scientifica e tecnologica del Miur, Angelo Deiana, Presidente di Confassociazioni, e Stefano Molina, dirigente di ricerca della Fondazione Giovanni Agnelli.

Maturità classica scientifica umana

188 MATURITà CLASSICA SCIENTIFICA UMANA di Umberto Tenuta

Canto 188 Alto Valore della Dignità umana, ormai diventato umbratile, e trascurata attitudine al Bene, che alberga in seno ai preadolescenti ma che noi Adulti non sempre siamo così attenti a cogliere e valorizzare (Prof.ssa Angelina Sessa, docente di Greco e di Latino, Maestra dei giovani)

 

La Professoressa, dalla carta di identità diversa da quella alla quale si rivolgeva Don Milani, si riferisce alla lettera del suo alunno classico di Prima classe.

Non ho sottomano il protocollo sul quale la Professoressa avrà certamente apposto le sue sottolineature rosso-blu.

Commento perciò solo il contenuto.

Contenuto non certo pervenuto a Francesco dall’Iperuranio platonico.

Ma frutto delle sue interazioni col Sistema formativo integrato nel quale è cresciuto e del quale la Maestra, pardon, la Professoressa Angelica, è magna pars.

Ora vediamo come Francesco sta maturando la sua licenza di uomo per andare da solo per le vie del mondo.

Il suo è un discorso interdisciplinare.

Da Vico alle vicende storiche, politiche, sociali, economiche, culturali in genere di ben due secoli, XX e XXI.

−Una persona −un giovane, no, una persona− lacera la propria vita con un suicidio, si spezza il nucleo di una famiglia.

Francesco ne rivive lo strazio!

Egli non è il giovane svagato, disattento, ubriaco delle superficialità dei nostri giorni.

Francesco si richiama alla <<crisi, ebbene sì la crisi che da anni sta letteralmente divorando il nostro paese, un paese che perde ogni giorno e sempre più dignità>>.

E fa un’analisi socio-economica.

<<Negli anni del boom-economico le persone non avrebbero mai pensato a quello che oggi, in questo preciso momento sta accadendo, le famiglie vivevano una vita spensierata, scoprivano di volta in volta i piaceri della vita, piaceri che erano scoperti anche dalle famiglie che definiremmo ora meno agiate ma che comunque grazie al boom vivevano bene>>.

E, poi, amici cari, ricordate voi, l’invito ministeriale alla Storia dei nostri giorni?

Alla storia del Novecento, come si diceva allora.

Eccolo!

<<Si sono susseguiti in quell’epoca tanti governi: De Gasperi, Fanfani, Segni, Moro, Andreotti, Rumor>>.

Li elenca tutti.

Se vuole, la Professoressa Angelina gli può chiedere anche i nomi propri!

E vedete quanto è giovanilmente generoso!

<<Tutti hanno contribuito chi più e chi meno allo sviluppo socio-economico>>.

Voi, ragazzini, non lo ricordate il BOOM ECONOMICO!

Io sì.

E la Professoressa l’ha studiato ed insegnato!

Imperterrito al rischio del voto, Francesco continua:

<<Il lavoro nasceva in continuazione e tutti coloro che erano propensi a lavorare e di conseguenza avere maggiore disponibilità economica e, quindi, vivere un vita qualitativamente migliore, lo accettavano>>.

Che trasformazioni!

L’agricoltura passa dal 90% al 10%.

Che rimpianti, che malinconia alla Gozzano!

<<Vi erano dei casi in cui le persone avevano più di un lavoro>>.

E sentite che rimpianti di ottuagenario!

<<Tutti questi problemi, che (ora) ci avviliscono, all’epoca non esistevano, le persone erano spensierate>>.

Altro che Rivoluzione francese!

<<Del resto in quegli anni esplose la rivoluzione del ’68, che a parer mio ha contribuito non in modo forte bensì … in modo esageratamente blando alla crescita>>.

 

Bah, lascio ad Angelica il commento!

<<I giovani non erano per cosi dire “schiavizzati” da tutti i problemi d’oggigiorno e vivevano spensieratamente accompagnati dalle canzoni rivoluzionarie del tempo>>

Che giovanile rimpianto!

Altro che schiavi di tutti gli idola del nostro tempo!

Ma chi è costui che scrive della schiavitù dei giovani dei nostri giorni?

Eppure un rimpianto Francesco lo ha!

Canzone rivoluzionaria!

<<..io ti chiedo scusa, e sai perché?

Sta di casa qui la felicità.

Nessuno mi può giudicare, nemmeno tu!>>

Dice già il giovane Francesco:

Non giudicate e non sarete giudicati!

Forse ha ascoltato anche lui Papa Francesco.

<<Avevano tante comodità.

<<Insomma a parer mio si voleva troppo e si davano troppe cose per scontate, non pensando all’avvenire.

<<Oggi invece non vi è lavoro, i ragazzi abbandonano la scuola per andare a lavorare, anche a causa di una sgradevolissima situazione familiare, non vi è più tutta quella spensieratezza>>.

Ministra Giannini, lo ascolti, glielo dice anche Francesco il giovane, dopo Papa Francesco!

<<I giovani figli delle famiglie meno agiate restano tali, senza le scuole dei dotati>>.

<<Le famiglie meno agiate restano tali e i ricchi diventano sempre più ricchi (piove sempre sul bagnato!) infischiandosene altamente degli altri>>.

LA FORZA DEL DESTINO!

Angelica Seduta, lo hai educato bene il tuo Francesco.

La sua generosità non conosce limiti.

Sentitelo, sentitelo!

<<La classe dirigente lentamente e con diversi sforzi cerca di sollevare psicologicamente ed economicamente il popolo, un popolo sempre più travagliato dalle tasse>>.

Chi le paga le tasse?

Ve lo dice Francesco.

Ora Francesco diventa irriconoscibile, avrà la saggezza antica, la saggezza mia?

<<Ma credo, personalmente, che il travaglio più grande che il popolo ha subito sia stato quello riguardante la dignità, la dignità che è il tesoro più prezioso che una persona possa avere>>.

Valore della persona umana!

Lo afferma la Costituzione.

E Francesco la conosce bene, la Costituzione, imparata nell’Educazione alla convivenza democratica.

Ma gli altri, non la classe docente, non la classe discente, ma la classe dirigente?

Anch’egli, Francesco il giovine, come me, ripone tutte le sue speranze −spes ultima dea− in PAPA FRANCESCO.

<<Il papa in questi giorni dice ai giovani:”Non perdete la SPERANZA”. E invia messaggi dove dice:”Vorrei vedere tutti con un LAVORO decente”>>.

Ecco, ora riassume, riassume e chiarisce anche, il suo discorso, il suo ragionamento, a chi non lo avesse capito.

<<Quelle due parole, SPERANZA e LAVORO, sono per me la madre e il padre della dignità.

Padri di famiglia che ogni giorno perdono il posto di lavoro, e con esso la dignità, e la speranza per un futuro migliore>>

Speranza, Lavoro, Dignità.

Ma chi scrive?

Un giovane vecchio ottuagenario?

No, un quindicenne imberbe.

Imberbe, ma prematuramente saggio, come lo ero io alla sua età.

Purtroppo!

<<30-40 anni fa questo era soltanto un brutto sogno ed irrealizzabile per gli italiani, questo ci fa capire come la moneta quando è lanciata cadrà sempre su una faccia e poi sull’altra>>.

Ah, ecco, ora avanza sulla scena, col suo peplo rosso come il fuoco, la Professoressa di Greco e di Latino!

<<Come dicevano i greci Ο μέν λόγος θαυμαστός, ο δέ λέγων άπιστος (Da una parte il discorso è seducente, ma chi parla è inattendibile).

<<Illo tempore agli italiani piacque quel “discorso” però non chiesero a chi parlava cosa sarebbe successo o tantomeno non presero provvedimenti per il futuro. Come si dice:” Il troppo stroppia”. Si ha avuto troppo prima e ora nulla si ha>>.

Oh, ma cooperazione tra i Professori di Francesco!

Italiano, Greco, Latino, Logica ed anche Scienze.

<<In ultimo vorrei rifarmi alla legge scientifica che dice:”nulla si crea, nulla si distrugge ma tutto si trasforma”>> (Antoine-Laurent de Lavoisier).

Competenze interdisciplinari del giovane Francesco!

Ma anche costruttivo, il suo discorso.

Un invito del giovinetto ai Grandi della Terra!

<<Ecco cerchiamo di “trasformare” tutto ciò che è possibile in tutto ciò che può essere utile.

Per il bene comune facciamo ciò che deve essere fatto>>.

O miei venticinque lettori, per quello che possiamo, aiutiamo Francesco ad essere ottimista.

E cancelliamo quella punta di pessimismo leopardiano che in lui pure si affaccia:

<<L’Italia non è più una repubblica fondata sul lavoro>> (Francesco Puopolo)

Fine del I ATTO

 

Voti: ancora aspettiamo la Francia

187 VOTI ANCORA ASPETTIAMO SE LA Francia DECIDE DI abolire i voti di Umberto Tenuta

CANTO 187 I voti sono nati in una società classista, fondata sull’innatismo platonico e confermata da positivismo lombrosiano. Siamo ancora fermi alla concezione che santi si nasce e che quindi nessuno è santo.

Occorre fare spazio al pensiero diverso. Francesco Papa è diventato grazie alla Sua maestra!

 

Il ministro dell’Educazione nazionale francese, Benôit Hamon, ha lanciato una conferenza nazionale sulla valutazione degli alunni, per affrontare il problema della valutazione scolastica.

L’ultima inchiesta Pisa lo ha dimostrato: i giovani francesi sono quelli che temono di più l’errore e che presentano i tassi più elevati di non risposta alle domande, per paura di sbagliare – ha detto il ministro -. È il momento di tornare a riflettere su un nuovo modo di valutare, al servizio dell’apprendimento e dei progressi degli allievi”.

Valutare, al servizio dell’apprendimento e dei progressi degli allievi!

Ecco che strano!

Sappiamo, e lo sappiamo sin dagli anni ’70, che nella valutazione lo studente è fuori discussione.

Le scosse elettriche non aiutano ad apprendere, nemmeno i topi.

Forse uno zuccherino sì.

Ma i giovani non sono topolini.

Oddio, che banalità!

Speriamo che la Ministra Giannini sia più brava del collega francese.

E faccia obbligo di rispettare la normativa vigente.

C’è bisogno di una legge che obblighi a rispettare la legge.

Questo capita in Italia!

Il sempre Benedetto Vertecchi, Roberto Zavallini, Umberto Tenuta ne hanno detto di tutti colori della bandiera italiana sulla valutazione.

Ma niente da fare.

Ancora Excel!

Ministra Giannini preceda Hamon, abolisca i voti nel regno d’Italia con D.L. immediatamente esecutivo.

Preveda il licenziamento ope legis per i trasgressori, docenti e dirigenti tutti.

La valutazione resti solo uno strumento di regolazione della programmazione, al quale gli studenti sono estranei.

Gli studenti sono solo obbligati a testimoniare se la programmazione svolge bene la sua funzione.

REPETITA JUVANT.

Speriamo bene!

Pubblicato in

http://www.edscuola.it/dida.html

La valutazione e il paradosso italiano

da Corriere.it

radiografia della scuola media/ocse-Talis 2013

La valutazione e il paradosso italiano

di G. Fre. e O. R.

Dalla Finlandia all’Inghilterra, dalla Francia al Giappone esiste una forma di valutazione del lavoro degli insegnanti fatta a tappeto (93 per cento degli insegnanti in media dichiara di partecipare a programmi di valutazione): svolta a livello centrale sotto il controllo del ministero dell’Istruzione o, nei Paesi con maggiore autonomia delle scuole come la Finlandia, direttamente dai dirigenti scolastici, la valutazione è riconosciuta dagli insegnanti stessi come un valore e come una pratica che li può aiutare e sostenere nella loro crescita professionale.

Le resistenze di farsi valutare e le paure per lo stipendio o il contratto

In Italia la situazione è radicalmente differente: 7 insegnanti su 10 lavorano in scuole in cui non c’è alcuna forma di valutazione del loro lavoro (in Spagna succede solo nel 30 per cento delle scuole e in Finlandia nel 25 per cento – Guarda il Pdf). Ogni tentativo di discutere di valutazione si scontra con rischi professionali, rivolte sindacali e una diffidenza di categoria che finora ha impedito qualsiasi forma di monitoraggio sistematico. Sullo sfondo il rischio intravisto dagli insegnanti che un giudizio sul loro operato possa portare a differenze salariali e a carriere differenziate, quando non addirittura alla messa a rischio del posto di lavoro.

 

Per 4 su 10 è una faccenda amministrativa, ma più della metà degli insegnanti la giudicano positiva

Eppure, a leggere le risposte degli insegnanti che hanno partecipato alla ricerca Talis-Ocse 2013, sono proprio loro a riconoscere l’efficacia di una qualche forma di valutazione che consenta loro di avere un feedback del lavoro svolto in classe (Guarda il Pdf). Per più della metà degli insegnanti italiani (54,3 per cento) migliorerebbe la percezione pubblica del ruolo dell’insegnante, mentre 4 su 10 pensano che sia soltanto una faccenda burocratico-amministrativa. Per 7 su 10 sarebbe invece un modo per aumentare la fiducia in se stessi da parte dei prof e ben 8 su 10 ritengono che porterebbe ad un miglioramento anche delle performance degli studenti (nel 2008 lo pensava solo il 66 per cento).

Maturità, conta dei voti per arrivare alla promozione

da La Stampa

Maturità, conta dei voti per arrivare alla promozione

Dopo gli esiti degli scritti gli studenti tirano le prime somme prima affrontare l’orale

roma

Stanno uscendo i risultati degli scritti e tra i maturandi scatta la conta dei punti per la promozione.

 

Tutti puntano ad avvicinarsi il più possibile ai 60 punti in questi risultati parziali, per arrivare all’orale ben corazzati contro una possibile scena muta. Ma anche nel caso in cui non tutto è andato come doveva andare, i maturandi che sono giunti già ai due terzi del loro percorso devono continuare a combattere per guadagnarsi la meritata vacanza.

 

Uun colloquio orale da almeno 22 punti, rileva il sito specializzato Skuola.net, può essere infatti decisivo anche per chi è crollato sotto il 10 in una delle prove.

 

Anche avendo ottenuto il punteggio minimo in tutte le voci di voto dell’esame, infatti, rimangono 2 punti di margine da giocarsi per le lievi insufficienze. E se poi i propri compagni di classe hanno fatto i fuochi di artificio e raggiungono i 40 punti e più, non bisogna considerarsi una pecora nera se si arriva intorno al 33: nel 2013, la maggioranza dei promossi è uscito con una media tra gli 11 e i 12 punti per ogni prova scritta.

 

Anche se i quadri agli scritti non sono stati brillanti, c’è sempre la carta dell’exploit all’orale. Ma se questo non basta per rassicurare l’animo del maturando in crisi, è importante sapere che, calcolatrice alla mano, se anche avesse preso il minimo del punteggio in tutte le voci di voto, cosa del resto ben rara, può arrivare ad essere promosso con 62. Ben 2 punti di margine, quindi, nel caso qualcuno degli scritti fosse proprio un disastro e andasse sotto al 10.

 

Il massimo punteggio acquisibile agli scritti è 45, ma nel caso in cui i quadri riportino nella propria casellina un inesorabile 33 in mezzo a tanti 40 e più, i maturandi non devono pensare di aver fatto una brutta figura: in realtà, questo è il voto che la grandissima parte degli studenti acquisisce agli scritti degli esami di maturità.

 

Basti pensare che, nel 2013, la media dei maturandi di tutti gli indirizzi scolastici è stata 11.7 alla prima prova, 11 alla seconda prova, 11.4 alla terza prova. Con un voto discreto all’orale e una media poco più che sufficiente nei tre anni del liceo, si può arrivare ad un dignitoso 70, o anche più.

Ocse: insegnati italiani soddisfatti ma non si sentono valorizzati

da La Stampa

Ocse: insegnati italiani soddisfatti ma non si sentono valorizzati

Il nostro Paese ha i “prof” più anziani, con un’età media di 48,9 anni e oltre il 50% di over 50
roma

Gli insegnanti italiani sono complessivamente soddisfatti della loro professione ma in pochi ritengono che questa sia riconosciuta e valorizzata dalla società. È il risultato di uno studio Ocse, basato su un’ampia indagine campionaria condotta nel 2013, resa nota oggi a Parigi.

 

L’87% dei docenti Italiani di secondaria di I grado ha fiducia nelle proprie capacità di saper motivare gli studenti che hanno scarso interesse per le attività scolastiche (70% Paesi Talis, 71% Paesi Ue); il 98% sente di saper portare gli studenti a credere nelle loro capacità di raggiungere buoni risultati (86% Paesi Talis).

 

La grande maggioranza degli insegnanti italiani (94%) afferma che tutto sommato è soddisfatta del proprio lavoro (91% media Paesi Talis). In contrasto con queste dichiarazioni, l’88% degli insegnanti italiani percepisce che l’insegnamento è scarsamente valorizzato nella società (69% Paesi Talis, 81% Paesi UE), percezione condivisa dal 92% dei nostri dirigenti scolastici (56% Paesi Talis). Invece, in Finlandia, nei Paesi Bassi, Singapore e Alberta (Canada) una percentuale tra il 40-68% dei docenti sente che l’insegnamento è adeguatamente valorizzato. Questa percezione negativa sembra diminuire allorché aumenta la partecipazione degli insegnanti ai processi decisionali a livello di scuola.

 

Secondo lo studio in Italia il 18,5% degli insegnanti di scuola primaria e secondaria sono precari, con contratti a tempo determinato da un anno scolastico o meno. La percentuale è la quarta più elevata tra i Paesi membri dell’organizzazione, dopo Romania (25%), Cipro (20,1%) e Finlandia (19,2%), e a pari con il Cile.

Il dato, riporta sempre l’Ocse, è in lieve calo rispetto a cinque anni prima, quando i precari erano il 19,4%.

 

L’Italia risulta il Paese con gli insegnanti più anziani, con un’età media di 48,9 anni e oltre il 50% di over 50.

Nel nostro Paese, il 39,2% degli insegnanti di scuola primaria e secondaria ha tra 50 e 59 anni, e l’11,1% ne ha 60 o più. Gli insegnanti under 30 sono appena l’1%, quelli under 40 il 16,7%.

La situazione è simile anche per i presidi: con 57 anni di età media, l’Italia è seconda solo alla Corea (58,8) e a pari merito con il Giappone. Oltre l’85% dei presidi italiani ha più di 50 anni, e il 46,5% ne ha più di 60.

Pagelle: giusto premiare l’impegno ma anche sanzionare chi è andato male

da La Stampa

Pagelle: giusto premiare l’impegno ma anche sanzionare chi è andato male

6 milioni e 300 mila studenti riceveranno un regalo per la promozione

 roma

«Saranno circa 6 milioni e 300 mila gli studenti italiani che riceveranno un regalo per la pagella, dalla “classica” bicicletta fino a dispositivi hi tech e giochi per il computer, ma anche doni più economici. Ebbene, sono convinto che sia giusto premiare l’impegno, ma anche sanzionare e stigmatizzare quanti durante l’anno hanno “vegetato”».

 

Lo spiega all’Adnkronos Salute il pediatra di Milano Italo Farnetani, che stima il numero degli studenti fortunati a partire dai 7 milioni di alunni di 7-19 anni, dalle elementari alle superiori, alle prese con il bilancio di fine anno.

 

«In generale, circa 700 mila ragazzi non riceveranno il regalo, o perché i genitori sono contrari, o perché non hanno avuto buoni risultati», stima il pediatra, che promuove il regalo per la pagella. Questo però «a patto che premi l’impegno, e non soltanto i risultati. Ci sono alunni che si sono impegnati al massimo, ma non hanno avuto voti alti: loro vanno comunque gratificati. Mentre sono contrario a premiare quelli che, pur se molto dotati, hanno fatto solo un minimo sforzo: chi è geniale e non si impegna è come se non mettesse a frutto le doti che ha», dice.

 

Se è giusto «celebrare chi si è impegnato e ha portato a casa un buon risultato, è controindicato farlo con chi ha avuto dei debiti o voti deludenti. Il genitore autorevole deve aiutare il figlio a rendersi conto del problema, e non chiudere gli occhi di fronte a un esito deludente, banalizzando così il momento del regalo per la pagella. Occorre poi comprendere il perché di un insuccesso – raccomanda Farnetani – partendo dal fatto che alle elementari e alle medie le difficoltà a scuola possono essere legate a motivi psicologici, come una separazione, un lutto in famiglia, episodi di bullismo, o anche malattie agli occhi o problemi di udito non diagnosticati».

 

«Per i più grandi, invece, eventuali disturbi sono stati sicuramente già diagnosticati, dunque restano le difficoltà psicologiche, insieme alla mancanza d’impegno. Non bisogna prendere sotto gamba il poco impegno – sottolinea il pediatra – Ecco perché secondo me è giusto anche sanzionarlo, eventualmente con punizioni mirate, che aiutino il ragazzo a comprendere l’errore. Penso a uscite vietate, limiti nell’uso di video-giochi o Pc e altri sistemi che facciano capire come il diritto a festeggiare la fine della scuola vada guadagnato».

Presto il concorso a cattedra e sui Quota 96 serve una soluzione

da tecnicadellascuola.it

Presto il concorso a cattedra e sui Quota 96 serve una soluzione

Così si è espresso il ministro dell’Istruzione a margine di un incontro alla Luiss, commentando gli allarmanti dati Ocse sull’alta età media dei docenti italiani e sui troppi precari: occorre assumere nuovi prof e l’unica via è il concorso. E ancora: su chi doveva andare in pensione nel 2012 ci stiamo impegnando, è una situazione che non abbiamo creato noi ma se la risolviamo apriamo a 4mila assunzioni.

Organizzare il prima possibile un altro concorso a cattedra e risolvere la “grana” dei Quota 96. Il doppio impegno non è da poco, soprattutto perché in tempi di spending review non è facile reperire i fondi per finanziarlo, ma se ad assumerlo è il ministro dell’Istruzione bisogna pensare seriamente che potrebbe andare in porto.

Sul primo punto, la necessità di velocizzare i tempi del concorso, Giannini ha detto, commentando i dati del rapporto Ocse, pubblicati il 25 giugno, sull’alta età media dei prof italiani (la metà ha più di 50 anni) e sull’elevata percentuali di docenti precari della scuola (18,5%), che “dobbiamo velocizzare al massimo i tempi del concorso per i docenti della scuola”.

Per far fronte a questa situazione, ha sottolineato il responsabile del Miur, a margine di un incontro alla Luiss, bisogna assumere nuovi docenti e ”il metodo per assumerli è il concorso. Ci stiamo inoltre impegnando – ha aggiunto il ministro – per risolvere il nodo della ‘quota 96’, un problema non creato da noi, su cui ci stiamo adoperando. Se riusciamo nell’intento potremmo avere altre 4mila assunzioni”. E liberare altrettanti insegnanti da una situazione ormai al limite del paradosso.

 

Utilizzazioni e assegnazioni: forse scadenze diversificate

da tecnicadellascuola.it

Utilizzazioni e assegnazioni: forse scadenze diversificate

Lo slittamento delle date dei trasferimenti impone una revisione anche delle scadenze per assegnazioni provvisorie e utilizzazioni. Intanto si aspetta l’O.M. che dovrebbe recepire il contratto sulla mobilità annuale.

Ci stanno pensando su al Miur sulle modalità di presentazione delle domande di utilizzazione e assegnazione provvisoria del personale docente ed Ata.

Viste le continue proroghe sulle date di pubblicazione dei trasferimenti dei docenti della scuola secondaria di II grado e del personale Ata, ci potrebbero essere date differenti per la scadenza di inoltro della domanda di utilizzazione e assegnazione provvisoria a seconda dell’appartenenza di titolarità dell’ordine di scuola.
Si ricorda che il Miur ha prorogato i termini di pubblicazione dei trasferimenti, con nota ministeriale n. 6235 del 19 giugno 2014, al 4 luglio per le scuole secondarie di primo grado e al 18 luglio per le scuole secondarie di secondo grado. Per il personale Ata si è prorogata la data di pubblicazione addirittura fino al 4 agosto 2014.

Tali proroghe generano un effetto a catena di ritardo sulla mobilità annuale, cioè sulle domande di utilizzazione e assegnazione provvisorie.
Infatti tali istanze possono essere presentate soltanto dopo la pubblicazione dei movimenti del personale docente ed Ata. Poiché i movimenti dell’infanzia e primaria sono già stati resi noti e le scuole di primo grado sono prossime alla pubblicazione, si starebbe immaginando ad una diversificazione delle date di scadenza di presentazione, che  potrebbe essere entro il 20 luglio per infanzia, primaria e secondarie di primo grado  e i primi di agosto per le scuole secondarie di secondo grado. Mentre per gli Ata si dovrebbe fissare una scadenza subito dopo il ferragosto.
Questa diversificazione delle date consentirebbe un migliore smaltimento delle pratiche burocratiche, della pubblicazione delle graduatorie e delle assegnazioni delle cattedre che avverranno entro il 31 agosto 2014.

Anche quest’anno come l’anno passato e due anni fa, probabilmente non sarà possibile effettuare la mobilità annuale con il contratto definitivamente sottoscritto, si dovrà agire in base all’ipotesi di contratto sulle utilizzazioni e assegnazioni firmato il 26 marzo 2014 ed ad una ordinanza ministeriale di prossima pubblicazione. Da tale ordinanza scopriremo se il Miur avrà deciso per la diversificazione delle date di scadenza delle domande di utilizzazione e assegnazione provvisoria a seconda dell’appartenenza ad un dato ordine di scuola o se oppure deciderà per una scadenza unica posta in pieno agosto.
Siamo anche curiosi di capire se l’ordinanza ministeriale sulle utilizzazioni sarà in linea con l’ipotesi di contratto sulla mobilità annuale o se si discosterà in qualcosa. C’è, dunque, da attendere ancora qualche giorno per avere le risposte sulle regole e le scadenze della prossima mobilità annuale riferita all’anno scolastico 2014/2015.

TFA secondo ciclo, ecco come si svolgeranno i test preliminari

da tecnicadellascuola.it

TFA secondo ciclo, ecco come si svolgeranno i test preliminari

La parte che al momento più interessa i quasi 150mila candidati ai TFA ordinari è sicuramente la prova d’accesso, che si compone di 60 domande a risposta “chiusa”, con 4 opzioni di risposta: la maggior parte, 50, si concentreranno sulla verifica delle competenze nella disciplina; solo 10 saranno rivolte alla verifica delle competenze linguistiche relative alla conoscenza dell’italiano. Tempo per la consegna 2 ore, divise in due parti diseguali: passa allo scritto chi risponde correttamente ad almeno 42 quesiti.

A poche settimane dallo svolgimento delle preselezioni per accedere al secondo ciclo dei Tirocini Formativi Attivi, il Miur ha reso pubblici i criteri per lo svolgimento del test preliminare di accesso (in programma, a seconda delle discipline, tra il il 14 ed il 31 luglio prossimi). Per ufficializzare tali modalità, è stato pubblicato, il 20 giugno, il D.M. n. 487 del 20 giugno 2014.

La parte che al momento più interessa i quasi 150mila candidati ai TFA ordinari è sicuramente il test preliminare, che si compone di 60 domande a risposta “chiusa”, con 4 opzioni di risposta: la maggior parte, 50, si concentreranno sulla verifica delle competenze nella disciplina per cui si concorre; solo 10 saranno rivolte alla verifica delle competenze linguistiche relative alla conoscenza dell’italiano.

Ogni risposta corretta varrà 0.5 punti; la mancata o errata risposta non comporterà penalizzazioni (0 punti).

Il tempo che ogni candidato avrà per rispondere ai 60 quesiti sarà di due ore (centoventi minuti). Durante la compilazione delle risposte, ogni candidato potrà utilizzare solo il materiale messogli a disposizione dalle Commissioni d’esame.

Per accedere alla prova d’accesso scritta, il candidato dovrà conseguire almeno 21/30, che corrispondono a 42 risposte esatte su 60 (media del 7).

Non sono previste batterie di esercitazione o banche dati dei test, come invece avviene da alcuni anni per i test d’accesso ai concorsi pubblici, anche della scuola: le risposte corrette saranno pubblicate, in data successiva all’espletamento delle prove, sul sito https://tfa.cineca.it

Se si eccettuano gli ambiti disciplinari 1 (25A e 28A), 2 (29A e 30A), 3 (31A e 32A), 4 (43A e 50A), 5 (45A e 46A con i relativi sottocodici), il test si suddividerà in due parti:

a) la prima, che avrà una durata pari a 100 minuti, sarà costituita, per ciascuno degli accorpamenti, da 40 test diretti ad accertare la conoscenza degli aspetti fondamentali e comuni delle discipline accorpate e da 10 quesiti che serviranno ad accertare il possesso delle necessarie abilità linguistiche nell’ambito della competenza dell’italiano;

b) la seconda parte, di durata inferiore, 20 minuti, sarà costituita da 10 quesiti test finalizzati ad “accertare le conoscenze disciplinari specifiche di ciascuna delle classi di concorso ricomprese nell’accorpamento, alle cui prove i candidati hanno chiesto di partecipare”.

Ovviamente, la votazione attribuita al test preliminare relativo a ciascuna classe di concorso sarà costituita dalla somma dei punteggi conseguiti nella prima e nella seconda parte della prova stessa.

Ognuno degli ambiti 2, 3, 4, 5 – ovvero 29A e 30A, 31A e 32A, 43A e 50A, 45A e 46A (con i relativi sottocodici) – verrà considerato come un’unica classe di concorso e i candidati verranno sottoposti al relativo test preliminare comune, della durata d 120 minuti.

Sarà cura delle università organizzatrici predisporre le successive prove di accesso, scritte e orali, per ogni ambito disciplinare. Allo stesso modo, gli atenei, decideranno anche i contenuti relativi alla didattica abilitante e ai tirocini formativi da svolgere direttamente nelle scuole secondarie di primo o di secondo grado.

Per quanto riguarda le classi di abilitazione 25A e 28A (ambito disciplinare 1), i candidati svolgeranno la prima parte comune all’accorpamento secondo quanto previsto dalla lettera a), e una seconda parte comune all’ambito disciplinare 1 secondo quanto disposto dalla lettera b), fermo restando la facoltà di sottoporsi, ove iscritti, alle prove relative ad altre classi di concorso inserite nell’accorpamento.

Giannini: il Mof sarà incrementato

da tecnicadellascuola.it

Giannini: il Mof sarà incrementato

Lo ha detto il ministro dell’Istruzione nel corso di un question time alla Camera tenuto il pomeriggio del 25 giugno: sono cautamente ottimista nel dire che sul questi fondi, fondamentali per le scuole, ci sarà un incremento delle risorse finanziarie.

Quali iniziative urgenti sta apportando il Miur per riportare il Mof ai livelli del 2011? È la domanda posta al ministro dell’Istruzione nel corso di un question time alla Camera tenuto il pomeriggio del 25 giugno. Dal responsabile del Miur giungono rassicurazioni.

Per il ministro Giannini, il Miglioramento dell’offerta formativa, che finanzia anche il fondo d’istituto, rimane “fondamentale per la funzionalità delle scuola e per tutte le attività strumentali, ma anche per le ore eccedenti”, come quelle per incentivare l’attività sportiva.

Giannini ha ammesso che dal 2010/2011 all’anno corrente il Mof complessivo, di tutte le scuole d’Italia, “è sceso da 1 miliardo e 480 milioni a (…) 680 milioni”. Questa decurtazione si deve agli scatti stipendiali accordati presso l’Aran per gli anni 2011 e 2012: il Ministro ha concluso la sua risposta al quesito parlamentare asserendo che essendo cosciente della “forza dell’impegno parlamentare” su questi temi, conferma di essere “cautamente ottimista nel dire che sul Mof ci sarà un incremento delle risorse finanziarie” e di portarlo tramite un decreto legge o un disegno di legge ad un miliardo.

Il rappresentante del Partito Democratico che ha presentato l’interrogazione parlamentare ha replicato chiedendo di attuare questo incremento sin da subito, nell’estate, in modo di partire con il nuovo anno scolastico con le risorse adeguate.

Giannini: 6 miliardi di euro se chiudono le paritarie

da tecnicadellascuola.it

Giannini: 6 miliardi di euro se chiudono le paritarie

Stefania Giannini, commentando il depauperamento dei finanziamenti alle scuole non statali, ha detto che se chiudessero tutte le scuole paritarie “avremmo un problema serio, dovremmo mettere sul piatto 6 miliardi di euro”. Risolvere il problema “Quota 96” per assumere precari

“Questo è un problema di cui bisogna parlare e capire quale possa essere la soluzione”. Infatti, dice la Ministra dell’istruzione: “13.800 istituti, con un milione e 34mila studenti, sono finanziati da 500 milioni di euro. La media contributiva da parte dello Stato è di circa 490 euro a studente. Questa cifra però va a scendere nei prossimi anni. Se domani mattina tutte insieme le scuole paritarie spegnessero le luci, cosa che non deve succedere, avremo un grande problema da 6 miliardi di euro. Se non riusciamo a capire che questo sistema è vantaggioso potremo evitare la condizione di pericolo di estinzione”.
Parlando a un convegno organizzato a Roma alla Luiss dall’associazione Treelle, ha pure detto: “Dobbiamo velocizzare al massimo i tempi del concorso per i docenti della scuola” e quindi bisogna assumere “nuovi docenti e il metodo per assumerli è il concorso. Ci stiamo inoltre impegnando per risolvere il nodo della ‘quota 96’, un problema non creato da noi, su cui ci stiamo adoperando. Se riusciamo nell’intento potremmo avere altre 4 mila assunzioni”.
Le osservazioni della Ministra nascono pure dal rapporto Ocse diffuso oggi, che mette in evidenza l’età media alta degli insegnanti italiani e la loro condizione di precariato, mentre la faccenda dei “Quota 96” si protrae stancamente da tre anni, senza che finora si sia ricavato un ragno dal buco.

Il Ministro, Treelle e la scuola privata

da tecnicadellascuola.it

Il Ministro, Treelle e la scuola privata

Nel corso del convegno organizzato dall’Associazione Treelle, il 25 giugno a Roma, abbiamo visto confrontarsi i sistemi di quattro Stati presi in esame dalla ricerca della stessa Associazione: Stati Uniti, Inghilterra, Francia e Paesi Bassi. Per poi arrivare a parlare dell’Italia

In questi Paesi sono presenti scuole finanziate dallo Stato ma gestite da privati, con modalità diverse: è il caso delle Charter Schools americane, delle Academy Schools inglesi, delle scuole private a contratto in Francia e delle Scuole private a diversa “denominazione” nei Paesi Bassi.

Quello che li accomuna tutti è la scelta di diversificare l’offerta formativa, consentendo l’apertura di scuole “indipendenti”, finanziate nella stessa misura o quasi delle corrispondenti scuole statali.

Il “Quaderno” si conclude con il caso delle scuole paritarie in Italia: l’assegnazione dei fondi pubblici viene effettuata parzialmente e in un clima di sostanziale incertezza e aleatorietà.

Con queste caratteristiche, il “contributo” dello Stato (ed anche degli altri enti pubblici) risponde solo simbolicamente ai principi di pluralismo dell’offerta formativa, diritto di scelta delle famiglie, sussidiarietà tra iniziativa statale e privata, e natura pubblica del servizio educativo affermati dalla legge n. 62/2000 sulla parità scolastica.

Un senso di scoramento e frustrazione avrà accolto i presenti al pensiero che l’Italia che ha insegnato all’Europa la libertà di scelta educativa si trova a fare i conti con una scuola mai liberata. Quando prendono la parola l’on.le Berlinguer e il ministro dell’istruzione Giannini si capisce che forse anche il clima italiano è cambiato.

Si assapora così la cultura del buon senso e la laicità in tutta la sua saggezza che si leva alta sopra le letture miopi ed ideologizzate. Accenniamo per punti ai passaggi ritenuti di svolta per chi scrive.

L’ex ministro Berlinguer auspica che il tema scuola sia liberato dalla diatriba destra e sinistra che mal gli si confà e che la sinistra maturi un linguaggio capace di guardare alla libertà di scelta educativa in un pluralismo educativo. Un impegno che l’Italia non può non assumersi, conferma il ministro Stefania Giannini mentre plaude all’auspicio dell’on.le Berlinguer di “convergenza su questo tema da parte delle forze politiche”.

Finalmente anche in Italia si torna a parlare di scuola ma “è sempre più indispensabile compiere un processo culturale che restituisca il corretto significato etimologico alle parole”, dichiara subito il Ministro.

Pubblico è ciò che è fatto per l’interesse pubblico, quindi non implica necessariamente e solo la gestione statale. Aggiunge Stefania Giannini che “se parlando di questo tema non riusciamo a superare questa apparente dicotomia tra destra e sinistra di ciò che in fin dei conti rappresenta solo un errore lessicale non arriveremo mai al nocciolo di una azione finalizzata ad una educazione di qualità, ad una scuola libera, inclusiva e competitiva”.

Sono due le dimensioni che debbono essere ricondotte: il corretto esercizio della libertà di educazione deve essere un impegno politico, non solo a) da un punto di vista economico e sociale ma b) soprattutto su un piano umano.

Ripercorrendo le fondamenta giuridiche, il Ministro indica come ci sia uno sfondo di diritto naturale che dovrebbe portare all’attuazione di questi principi. In merito c’è un’altra parola che va restituita al suo valore primario ed è pluralismo, che vuol dire percorrere diverse strade per arrivare ad un medesimo traguardo.

Principi di diritto, questi, che potranno essere garantiti attraverso una reale applicazione del principio di sussidiarietà.

Si tratta di un’azione culturale che, per quanti sono appassionati di dichiarazioni colte, potrebbe già essere sufficiente; eppure è qui che giunge il vero lampo in fondo al tunnel.

Stefania Giannini aggiunge che occorre essere concreti e tradurre simili principi di diritto riconosciuti in un percorso, in passaggi concreti. Per la prima volta, forse, almeno sin dove può giungere la nostra memoria storica, si accenna a dei passi concreti per un sistema scolastico che sia inclusivo e competitivo: 1. Autonomia ; 2. Rivisitazione del finanziamento; 3. Valutazione; 4. Programmazione; 5. Apertura al contesto.

Essendo ormai abbagliati dalla luce in fondo al tunnel, il Ministro si spinge oltre e accenna a indirizzi politici in continuità con il Governo che ha posto nella scuola il punto di partenza:

1. Costo standard; 2. Valutazione e premialità; 3. Valorizzazione delle reti di scuole.

Le buone idee senza risorse sono prima sogni e poi frustrazioni; ecco perché occorrono dei passi concreti”: parole che riportavano alla mia memoria quella seconda fase della garanzia del diritto che l’Italia attende dal 1948.

Una giornata, che a voler essere ottimista ma non troppo, corona l’auspicio di convergenza di tutte le forze politiche intorno ad un tema che possa restituire dignità all’individuo, allo studente, alle loro famiglie che, libere di scegliere il loro percorso educativo, si possano riappropriare del diritto più naturale e laico che esista. Si incassa l’auspicio della destra, che in una nota la responsabile scuola di FI on.le Centemero esprime: “Da tempo, Forza Italia propone l’introduzione anche per le scuole del costo standard, un modo per razionalizzare i finanziamenti e migliorare i servizi offerti.” Finalmente eccoci all’anello mancante, l’unica possibilità di garanzia di questo diritto.

Vox populi, accordi fatto? Parliamone; certo è che questo 25 giugno, almeno sul fronte delle dichiarazioni, segna un passaggio epocale mai udito…

Certo è che, di quello che abbiamo ascoltato e compreso, siamo tutti responsabili: nessuno si senta escluso e legittimato a guardare dalla finestra.

In ogni caso, da buoni cittadini attenti al futuro della societas, abbiamo registrato dichiarazioni di buon senso e conserviamo la certezza che non verranno tradite: con don Abbondio e Perpetua diciamo “ne va… ne va la vita!” “La vita!”

 

Pagamento supplenze, dal 2015 ci sarà l’automatizzazione tramite NoiPa

da tecnicadellascuola.it

Pagamento supplenze, dal 2015 ci sarà l’automatizzazione tramite NoiPa

Il ministro Giannini alla Camera durante il question time dichiara: “I ritardi sono dovuti a documentazione incompleta fornita dalle scuole e della mancanza di una cassa del fondo di funzionamento delle supplenze da parte del Miur. Dal prossimo anno si cambia”.

Durante il question time del 25 giugno, Stefania Giannini ha risposto all’interrogazione parlamentare riguardo le iniziative per il tempestivo pagamento dello stipendio a favore dei supplenti del personale docente e del personale ausiliario, tecnico e amministrativo.

Sulle supplenze brevi, il Ministro ha specificato che le scuole ritardano spesso nel fornire la documentazione o viene inviata incompleta, inoltre il fondo supplenze del Miur non ha una cassa e quindi la supplenza fatta a gennaio viene pagato molto tempo dopo. Inoltre, mancano 10 milioni di euro, oltre il fondo di 20 milioni di euro già previsto, che è necessario trovare.

Giannini ha promesso che in futuro (già da gennaio 2015) saranno limitati i ritardi tramite l’automatizzazione dell’assegnazione delle risorse in base al fabbisogno. La liquidazione delle spettanze per le supplenze sarà affidato al sistema NoiPa.

Il colloquio all’esame di stato è aperto al pubblico

da tecnicadellascuola.it

Il colloquio all’esame di stato è aperto al pubblico

Ormai, per i quasi 500 mila candidati alla maturità, è fatta. Resta ancora lo scoglio dell’orale su tutte le discipline dell’ultimo anno. Difatti i commissari, sia interni che esterni, allo scopo di favorire il coinvolgimento nel colloquio del maggior numero possibile delle discipline comprese nel piano degli studi dell’ultimo anno di corso, conducono l’esame in tutte le materie per le quali hanno titolo secondo la normativa vigente

Deve essere un colloquio/dialogo con i commissari: non è un interrogatorio/interrogazione e non deve consistere in una somma di colloqui distinti sulle discipline, ma deve essere condotto possibilmente in forma pluridisciplinare e/o multidisciplinare. Si tratta di un bilancio finale sulla maturità culturale raggiunta dal candidato, il quale deve darne dimostrazione, colloquiando agevolmente tra le discipline con sicurezza e capacità critica.
Lo svolgimento del colloquio, all’esame di Stato, è regolato dall’art. 16 dell’OM 37/2014. E questi sono i punti fermi:
1. La FINALITA’ del Colloquio è di evidenziare le conoscenze, competenze e capacità acquisite dal candidato. (Cfr. Art.4, c.5, DPR 323/98)
2. Il Presidente dirige, organizza e coordina tutte le operazioni d’esame. Vigila sui lavori delle due classi-commissioni che presiede, assicurando presenza e partecipazione costante.
3. Sulla base delle disposizioni legislative e regolamentari e dei criteri assunti dalla Commissione, si procede alla conduzione dei colloqui.
4. Il colloquio deve svolgersi in un’unica soluzione temporale, alla presenza dell’intera commissione. Il numero dei candidati che sostengono il colloquio, per ogni giorno, non può essere di norma superiore a cinque e non si possono sostenere colloqui di più candidati contemporaneamente.
5. Il colloquio HA INIZIO con l’argomento scelto dal candidato. PROSEGUE con argomenti di interesse multidisciplinare proposti al candidato e con riferimento costante e rigoroso ai programmi dell’ultimo anno. SI CONCLUDE obbligatoriamente con la discussione degli elaborati relativi alle prove scritte. Il presidente e la commissione devono curare l’equilibrata articolazione e durata delle diverse fasi del colloquio
6. La Commissione può disporre che, in caso di assenza dei candidati determinata da malattia da accertare con visita fiscale o per grave documentato motivo, il colloquio si svolga in giorni diversi da quelli nei quali i candidati stessi sono stati convocati, purché non oltre il termine di chiusura dei lavori della Commissione fissato nel calendario
7. L’attribuzione dei punteggi avviene nello stesso giorno nel quale il colloquio viene espletato e la Commissione dispone di un massimo di 30 punti. Si faccia attenzione che al colloquio giudicato “sufficiente” devono essere assegnati almeno 20 trentesimi: tutto ciò a favore dei candidati e In barba alla matematica che vorrebbe 18 come sufficienza su una valutazione in trentesimi.
8. I punteggi sono attribuiti dall’intera commissione a maggioranza, compreso il presidente, in numeri interi e con l’osservanza della procedura di cui all’articolo 15, comma 7: “Se sono proposti più di due punteggi e non è stata raggiunta la maggioranza assoluta, la Commissione vota su proposte del presidente a partire dal punteggio più alto proposto, a scendere. Ove su nessuna delle proposte si raggiunga la maggioranza, il presidente attribuisce al candidato il punteggio risultante dalla media aritmetica dei punti proposti e procede all’eventuale arrotondamento al numero intero più approssimato”.
9. Nelle sezioni in cui è attuato il progetto EsaBac, di cui al D.M. n. 95/ 2013, la valutazione della prova orale di lingua e letteratura francese va ricondotta nell’ambito dei punti previsti per il colloquio. Ai soli fini dell’EsaBac, la Commissione esprime in quindicesimi il punteggio relativo alla prova orale di lingua e letteratura francese.
10. Per prassi ormai consolidata è prevista la presenza di uditori ai colloqui ma, per un giusto motivo riconosciuto dalla Commissione, il pubblico può essere allontanato sempre però che la porta dell’aula rimanga aperta.
N.B. Qualcuno ha sostenuto sul Web che il colloquio non sia aperto al pubblico. Forse pensavano agli estranei all’Istituto scolastico. Perché – ammesso e non concesso che il “pubblico” non possa essere presente al colloquio – i candidati della stessa classe ne hanno tutto il diritto come per tutte le fasi dell’esame: prima, seconda terza prova scritta ed anche il colloquio. Come del resto succede durante tutto l’anno scolastico in ogni classe. In analogia degli esami universitari e di concorsi pubblici si può applicare l’art. 6 c. 4 del DPR 487/1994: “Le prove orali devono svolgersi in un’aula aperta al pubblico, di capienza idonea ad assicurare la massima partecipazione”.