F. O’Connor, Il cielo è dei violenti

Oltre la vita

di Antonio Stanca

oconnorSoltanto trentanove anni aveva la scrittrice statunitense Flannery O’Connor quando morì nel 1964 perché malata della malattia che aveva fatto morire il padre nel 1941. Era nata nel 1925 a Savannah, Georgia, dopo alcuni anni s’era trasferita con la famiglia a Milledgeville, Georgia. Aveva studiato e si era laureata in Sociologia nel 1945. Dopo una breve sosta nel Connecticut, presso gli amici coniugi Fitzgerald, nel 1951, quando le era stata diagnosticata la malattia, era tornata nella fattoria di famiglia a Milledgeville dedicandosi all’attività di scrittura e all’allevamento di volatili. Qui sarebbe morta dopo essere vissuta oltre il tempo previsto, dopo aver prodotto romanzi, racconti, prose d’occasione e recensioni e dopo aver viaggiato per conferenze di carattere religioso o letterario.

Sarebbe stata una convinta cattolica, avrebbe difeso la sua fede dal protestantesimo proprio degli stati americani del Sud dove era nata e viveva, ne avrebbe fatto uno dei motivi ricorrenti nelle sue opere letterarie. Come scrittrice esordì nel 1952, quando aveva ventisette anni e scrisse il romanzo La saggezza nel sangue, seguì nel 1955 la prima parte della raccolta di racconti intitolata La vita che salvi può essere la tua e nel 1960 venne il romanzo Il cielo è dei violenti che sarebbe risultato il suo lavoro migliore. Non ci sarebbero stati altri romanzi ma soltanto racconti e scritti di diverso genere alcuni dei quali sarebbero stati pubblicati postumi.

A Il cielo è dei violenti è stato dedicato il numero 7 della serie “Coast to Coast” (Autori americani contemporanei) curata da “Il Sole 24 ORE”. La traduttrice è stata Ida Omboni.

Non un’opera di formazione ma semplicemente d’iniziazione può essere definita dal momento che il vero protagonista è un ragazzo di quattordici anni, Frank Tarwater, che vive da tempo nella casa di campagna di un prozio e che rimane solo quando questi muore a ottantaquattro anni. Si reca, quindi, in città e viene accolto da uno zio. Il prozio era stato un cattolico fervente, un cristiano fondamentalista che aveva cercato di educare Frank secondo i principi di un rigido cristianesimo e lo aveva tenuto lontano da ogni altra forma di conoscenza perché era convinto che l’unica dovesse essere quella religiosa. Gli aveva detto che si sentiva di essere un profeta, che la sua funzione era quella di predicatore, che aveva dei doni, delle qualità soprannaturali che gli provenivano direttamente da Dio, che stava sospeso tra la dimensione umana e quella divina, tra la terra e il cielo, che aveva continue visioni, rivelazioni. Di tutto questo parlava a Frank per insegnargli, per convincerlo che nient’altro vale oltre il divino poiché infinito, eterno, che nessuno può più di Cristo poiché figlio di Dio, che un’altra vita esiste dopo la morte ed è diversa, non è limitata. Non molto attento era stato Frank ai discorsi, alle profezie del prozio. Per questo allo zio presso il quale ora si trovava sembrava facile poterlo riportare alle proprie convinzioni che erano completamente diverse da quelle dell’altro maestro. Lo zio negava ogni verità, ogni valore che non provenisse direttamente dall’uomo, che non fosse frutto del suo impegno, del suo interesse, del suo lavoro. Non c’era, per lo zio, nessuna condizione diversa da quella umana, non c’era mezzo migliore della ragione, non c’era vita superiore a quella reale. Era questa l’unica vita, non ci sarebbe stata nessun’altra dopo la morte ed in questa, in quanto la formava in ogni suo aspetto, da quello comune, quotidiano a quello culturale, artistico, scientifico, bisognava fare e dare il meglio di se stessi, dei propri pensieri, delle proprie azioni.

Neanche di quanto pensava e diceva lo zio Frank si mostrava molto partecipe e tra gli estremi dei due maestri era rimasto incerto per molto tempo. Succederà, però, che alla fine, dopo tante situazioni pensate e vissute, egli mostri che il cattolicesimo, il cristianesimo del prozio lo hanno attirato e maggiormente influenzato, hanno inciso di più nella sua maturazione. Anche lui dirà di sentirsi chiamato a predicare, a battezzare, ad essere profeta, ad iniziare un’opera di evangelizzazione, di redenzione.

Pur se in maniera non molto evidente era avvenuta l’iniziazione di quel Frank che sempre distante era rimasto da quanto gli proveniva da entrambi i familiari. Ad emergere, a vincere dopo un percorso così poco chiaro era stata la fede cattolica del prozio e della O’Connor. Al bisogno di confermare, fissare il valore, la funzione di questa aveva ubbidito la scrittrice concependo e producendo un romanzo così ampio, dai contenuti così complicati, dal linguaggio così ricco. Sembra non debba mai concludersi, non possa mai avere fine tante sono le vicende che si susseguono, si collegano, si richiamano, tanti i tempi, i luoghi che si alternano quasi in continuazione, tanti i percorsi intrapresi dallo spirito.

La linea nella quale la O’Connor si muove con quest’opera è quella compresa tra la letteratura fantastica, gotica di derivazione faulkneriana, la letteratura popolata da predicatori ambulanti, da personaggi “folli” propria dell’America del Sud e la letteratura, pure tipica del Meridione americano, delle campagne desolate, delle famiglie contadine, povere, diseredate, del difficile rapporto tra bianchi e negri, di quanti vivono di sogni, di ciò che non si vede e s’immagina soltanto. C’è tanto che alla scrittrice proviene dai suoi ambienti, dalla cultura, dalla letteratura che ne sono l’espressione ma c’è pure tanto che proviene solo da lei, dalla sua infaticabile ricerca di significati superiori a quelli della semplice condizione umana, di valori diversi da quelli terreni, di spazi più ampi di quelli assegnati alla vita. C’è la religione cattolica della O’Connor che a tutto questo dà una risposta.

Pensioni: uscite anticipate dei professori, la Ragioneria boccia la norma

da Il Messaggero

Pensioni: uscite anticipate dei professori, la Ragioneria boccia la norma

di Giusy Franzese

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Non è solo il commissario Cottarelli a dire no alla deroga per il pensionamento anticipato dei 4.000 prof approvata la settimana scorsa dalla Camera all’interno del decreto di riforma della pubblica amministrazione.
C’è una bocciatura ancora più rilevante, che porta il timbro della Ragioneria generale dello Stato: coperture insufficienti, perché così come è formulata la norma non è in grado di «assicurare il rispetto dei 4.000 soggetti». Stop della Ragioneria anche per l’altra deroga alla riforma Fornero: l’eliminazione delle penalizzazioni per l’accesso alla pensione anticipata per chi matura i requisiti entro il 31 dicembre 2017.La relazione, datata primo agosto e indirizzata alla presidenza del Consiglio dei ministri e alla Commissione Bilancio del Senato (dove il provvedimento è approdato), non fornisce scampo alle due norme (mentre promuove tutto il resto). E rischia di innescare un nuovo caso politico, visto che alla Camera il decreto è passato con la fiducia. «Bisogna assolutamente attivare tutti i colleghi e spiegare loro la situazione» allertano i deputati Pd della commissione Lavoro della Camera (sostanzialmente i firmatari dell’emendamento incriminato). In una nota circolata all’interno del gruppo, polemicamente osservano: «Quando le relazioni tecniche dell’Inps prevedono quantificazioni enormi e irragionevoli, alla Ragioneria vanno bene; questa volta si mettono in discussione i numeri dei possibili pensionamenti, dati dall’Inps, e si modifica la previsione degli oneri secondo calcoli autonomi». Se al Senato la norma dovesse essere modificata, servirà una terza lettura della Camera, cosa che potrebbe mettere a rischio i tempi di conversione.Non è una deroga alla legge Fornero, insistono i sostenitori della norma: «È una correzione di un errore contenuto in quella legge». Si tratta degli insegnanti che, in base alle regole pre-Fornero della vecchia «quota 96», avrebbero maturato il diritto alla pensione tra il 1 gennaio e il 31 agosto del 2012, nel corso dell’anno scolastico 2011/2012. Una ricognizione del Miur basata su un questionario inviato al corpo docente quantifica i soggetti coinvolti in 4.000 unità. Ed è su questo numero che si basa la norma approvata alla Camera. Ma la Ragioneria sostiene che «di fatto la disposizione prefigura per il settore della scuola una salvaguardia aperta, non in grado di assicurare il rispetto del limite dei 4.000 soggetti, con effetti in termini di maggiori oneri per i quali non è individuata adeguata copertura finanziaria».

L’altra norma bocciata riguarda l’eliminazione delle penalizzazioni per chi sceglie di andare in pensione prima dei 62 anni di età. La legge Fornero lo consente agli uomini che hanno 42 anni e 6 mesi di contributi, e alle donne che ne hanno 41 anni e 6 mesi. I contributi però devono essere da effettiva prestazione lavorativa, sono esclusi quindi quelli figurativi (ad eccezione della maternità obbligatoria, la leva militare, cig ordinaria, malattia infortunio, donazioni di sangue, congedi parentali, permessi per assistenza disabili). Di fatto sono fuori il riscatto della laurea e i contributi volontari. Prevista anche una decurtazione economica tra l’1 eil 4% dell’assegno. La nuova norma votata alla Camera elimina entrambe le penalizzazioni (contributi e assegno) per chi matura i requisiti entro dicembre 2017. Ma la Ragioneria contesta: la copertura indicata «è sottostimata», anziché 1 milione nel 2014 ne servono 5, al posto dei 3 individuati per il 2015 ne occorrono 15 milioni, e non basteranno di certo i due milioni indicati per ciascuno degli anni a venire, ma le cifre sono molto più alte, ovvero 35 milioni nel 2016, 50 nel 2017 e 60 a decorrere dal 2018.

Caos graduatorie, interviene il governo

da La Stampa

Caos graduatorie, interviene il governo

Il ministero:concorsi solo sulla base dei posti disponibili per evitare una guerra tra Nord e Sud

«Il governo si impegna a mettere fine alla guerra tra meridionali e settentrionali per un posto di ruolo nelle scuole del Nord, le uniche dove i professori da anni vedono aumentare le possibilità di insegnare. Al Sud dove non ci sono i figli degli immigrati a far crescere il numero degli studenti, le iscrizioni sono diminuite del 4,7 per cento solo nell’ultimo anno e, di conseguenza, per i professori ci sono oltre mille cattedre in meno.

«Abbiamo innanzitutto in mente un reclutamento di dimensioni notevoli», assicura il sottosegretario all’Istruzione Roberto Reggi. «Già nel 2014 assumeremo il doppio del turn-over, altrettanto faremo negli anni successivi in modo da assumere centomila nuovi insegnanti nei prossimi tre anni», aggiunge. Ma non è tutto. «Abbiamo un’ambizione ulteriore. Vogliamo risolvere alla radice il problema del precariato con un sistema di reclutamento omogeneo per tutti», promette Reggi. Si tratta innanzitutto di eliminare le differenze tra organico di fatto e organico di diritto, cioè della differenza tra numero di docenti assegnati dal Miur e quello effettivamente richiesto dalle scuole, sempre più alto. In totale sono circa 20 mila insegnanti in più. «Questa differenza crea confusione e non permette di programmare bene come vorremmo il fabbisogno. Stiamo calcolando le risorse necessarie per eliminare il problema». Il secondo punto su cui il governo sta lavorando è la riforma del reclutamento che dovrà permettere l’accesso all’insegnamento solo dopo un concorso bandito sulla base dei posti effettivi e disponibili e aperto a chi ha una laurea magistrale, un anno di tirocinio e un’abilitazione. Un piano ambizioso ma che rischia di non arginare il fenomeno dell’emigrazione. «I posti si creano dove ci sono nuove iscrizioni», conferma Reggi. E al Sud le curve demografiche dei prossimi anni non lasciano molte speranze. La questione, naturalmente, sta a cuore al governo e al Partito democratico che tenterà ogni possibile strada per arrivare ad una soluzione che risolva il nodo della graduatorie e garantisca una maggiore continuità didattica. «Fatti salvi i diritti acquisiti, le Gae e le graduatorie d’istituto vanno rottamate. Questo orrore fatto di cavilli e norme contraddittorie, di professionalità appese a una sentenza del Tar, è indifendibile », conferma Davide Faraone, responsabile welfare del partito. «Per limitare i danni – spiega – va fatto subito un concorso per selezionare gli insegnanti, non è la panacea,maalmeno non è un terno al lotto. Per il futuro, nella consultazione sulla scuola, annunciata dal presidente del consiglio, la riforma della selezione degli insegnanti, sarà una priorità».

«Finché il numero degli alunni sarà il criterio fondamentale per definire gli organici l’emigrazione sarà inevitabile », commenta Mimmo  Pantaleo, segretario nazionale della Flc-Cgil. «Ma è un controsenso: tutti dicono che bisogna potenziare l’offerta formativa nel Mezzogiorno e che bisogna lottare contro la dispersione scolastica e la disoccupazione, e si tagliano le cattedre solo al Sud?». Secondo Pantaleo, invece, il governo deve prevedere nuovi posti per risolvere il problema della scuola dell’infanzia che al Sud è «inesistente» e del tempo pieno alla primaria che è minimo rispetto al Nord. La colpa è della spending review – commenta Marcello Pacifico, presidente dell’Anief – Negli ultimi sei anni sono stati cancellati 200 mila posti, se non ci fosse stato questo taglio si sarebbe arrivati all’esaurimento delle graduatorie cancellando il problema dei precari».

Pensioni, il Governo vuole modificare la legge Fornero: via a 62 anni con penalizzazione

da La Tecnica della Scuola

ANTEPRIMA – Pensioni, il Governo vuole modificare la legge Fornero: via a 62 anni con penalizzazione

Servirebbero 35 anni di contributi, con riduzioni sull’assegno pensionistico che vanno dal 3 all’8%, applicate in modo inversamente proporzionale all’età di uscita. La proposta di legge, che per certe categorie produrrebbe addirittura risparmi per le casse statali, è sponsorizzata da alti rappresentanti del Governo e del Parlamento, ad iniziare dal ministro del lavoro Giuliano Poletti. Che dice: basta con gli interventi tampone, serve un ritocco ‘strutturale’. L’ipotesi che sta prendendo corpo è inserire le modifiche nella Legge di Stabilità. Dopo la pausa estiva il ddl potrebbe decollare. Tantissimi ultrasessantenni ci sperano.

Introdurre una norma di flessibilità previdenziale che preveda, se si hanno 35 anni di contributi, di mandare in pensione i dipendenti a partire dai 62 anni, seppure con alcune penalizzazioni economiche. Dopo le critiche alla legge Monti-Fornero, il Governo sta quindi passando quindi ai fatti: attraverso la prossima Legge di Stabilità vuole introdurre una revisione alla riforma dell’ultimo esecutivo tecnico che ha tanto fatto discutere. Da troppo è giudicata troppo severa, soprattutto per alcune categorie di lavoratori, e non a caso oggetto di continui ‘interventi tampone’. Come quello sui ‘Quota 96’, la cui soluzione approvata dalla Camera è ora all’esame del Senato.

L’idea di fondo è consentire la “facoltà” di ritirarsi dal lavoro a 62/63 anni con “una giusta penalizzazione”, prima dei 66 anni previsti dalla Fornero già con un assegno ridotto. Così come è già consentito di rimanere oltre, fino a 70 anni, con una rivalutazione. Le penalizzazioni, secondo alcuni studi, potrebbero avere una “forchetta” dal 3 all’8% (applicate in modo inversamente proporzionale all’età di uscita). Le verifiche sono ancora in corso e si stanno facendo tutte le simulazioni, anche perché va quantificato il costo iniziale delle varie ipotesi, che nel medio periodo però, consentirebbero addirittura dei risparmi: con la flessibilità, infatti, si offrirebbe una via d’uscita laterale sia alla platea degli esodati, sia ad esempio a chi usufruisce della cassa integrazione in deroga. E per entrambe queste categorie, la soluzione della pensione anticipata, con le riduzioni proporzionali, produrrebbe un segno positivo per le casse statali.

La proposta di legge per introdurre l’uscita dal lavoro a 62 anni esiste già ed è già sotto la lente degli organi di competenza: tra i firmatari figurano anche rappresentanti del Governo e del Parlamento di rilievo, come il sottosegretario all’Economia Pierpaolo Baretta e il presidente della commissione Lavoro della Camera Cesare Damiano. Quest’ultimo ne parla in modo entusiastico: “apriamo la discussione e troviamo la giusta soluzione nella Legge di Stabilità”. Damiano coglie anche l’occasione per spazzare via le incertezze della Ragioneria generale sui ‘Quota 96’: è un problema che “va risolto adesso. Il Governo, che ha chiesto la fiducia sul Decreto Pubblica Amministrazione, deve trovare la soluzione: indietro non si può tornare”.

L’impressione è che mandare subito in pensione i 4mila ‘Quota 96’ aprirebbe il viatico per tutti. Ne è convinto anche il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, che spinge per introdurre un ritocco ‘strutturale’ alla legge Fornero attraverso la Legge di Stabilità di fine anno.

Il nodo rimane sempre quello: i fondi ci sono? Probabilmente no, però, ha spiegato Poletti, sospinto da Baretta si stanno mettendo a punto “strumenti differenziati”, “adatti e coerenti alle diverse situazioni” perché ci sono gli esodati, ma anche altri tipi di situazioni “socialmente problematiche” come chi ha perso il lavoro in età avanzata ma non tanto da poter accedere alla pensione.

“Siamo consapevoli – ha ammesso Poletti – che si tratta di interventi onerosi dal punto di vista economico e finanziario” e anche per questo “l’unico modo serio per affrontare la questione è quella di inquadrare la discussione nella Legge di Stabilità”.

Subito dopo la pausa estiva, sapremo se il progetto sarà fattibile. Intanto, però, centinaia di migliaia di lavoratori ultra-sessantenni e con almeno 35 anni di contributi ci sperano: sotto l’ombrellone o su un’amaca agostana, sognano di tagliare il traguardo della pensione prima di 67-68 anni fissati dalla Fornero. Almeno quello non costa nulla.

Modello B il sistema non funziona da oltre 24 ore

da La Tecnica della Scuola

Modello B il sistema non funziona da oltre 24 ore

Il Ministero informa in modo sintetico: “Istanze On Line, in corso verifiche tecniche. Presto aggiornamenti”. Nessuna spiegazione sui motivi del disservizio.

Proprio in zona “Cesarini” quando mancano due giorni alla scadenza del modello B per la scelta delle scuole per la compilazione delle graduatorie d”Istituto del personale docente ed educativo  riferite al triennio 2014-2017, il sistema delle istanze on line si è messo a creare difficoltà di funzionamento.
Qual è la disfunzione che stanno riscontrando gli aspiranti all’inserimento in dette graduatorie d’Istituto? Il sistema è funzionante nella parte in cui riconosce l’utente e lo fa entrare nell’area riservata delle istanze on line. Anche l’accesso alla compilazione del modello B non crea problemi, il sistema permette la scelta della provincia e l’inserimento delle classi di concorso dichiarate anzitempo nei modelli A1 , A2 e A2 bis o anche di coloro che sono presenti in GAE. Il problema tecnico sopraggiunge quando si vanno ad inserire le scuole che ricordiamo sono 20 per le scuole secondarie e 10 per infanzia e primaria.
Nel tentativo di ricercare i codici meccanografici da inserire nel modello B il sistema risponde nel seguente modo: “Nessun istituto trovato per i criteri impostati” e non consente in alcun modo di inserire e ancor prima scegliere alcuna scuola. Di conseguenza la domanda non può essere inoltrata.
Veramente una beffa che sta gettando nello sconforto centinaia e centinaia di precari intenti a compilare in queste ultime ore il modello B. La prossima scadenza del 4 agosto alle ore 14 sta creando il timore di non riuscire a presentare in tempo questa delicatissima istanza. I telefoni dei sindacalisti in questo week and squillano in continuazione per chiedere spiegazioni, visto che il numero verde del Miur è disattivato per l’intero fine settimana. Si profila all’orizzonte una proroga di almeno due giorni che possa consentire a tutti gli aspiranti supplenti di presentare regolarmente il proprio modello B. Siamo certi che il Miur interverrà opportunamente con una proroga visto il mancato funzionamento del sistema per tutta la giornata di sabato e forse anche per quella di domenica.

Sostegno, in Senato si lavora per avere lo stesso docente per tutto il ciclo scolastico

da La Tecnica della Scuola

Sostegno, in Senato si lavora per avere lo stesso docente per tutto il ciclo scolastico

Il 1° agosto la Commissione Istruzione ha approvato all’unanimità una risoluzione, di cui è prima firmataria la senatrice grillina Manuela Serra, che impegna il governo garantire la cosiddetta ‘continuità didattica’. Anche attraverso un incremento del numero dei docenti nell’organico di diritto. Intanto, salgono le chance di incremento delle 13.342 ammissioni in ruolo su posti di sostegno per l’a.s. 2014/15.

Dal Parlamento arrivano buone notizie per gli alunni disabili: il 1° agosto la Commissione Istruzione al Senato ha approvazione all’unanimità una risoluzione, di cui è prima firmataria la senatrice grillina Manuela Serra, che impegna il governo a risolvere il problema degli insegnanti di sostegno, garantendo la cosiddetta ‘continuità didattica’, ovvero la possibilità per i bambini con disabilità più o meno gravi di avere uno stesso insegnante di sostegno durante tutto il ciclo scolastico.

“Il Movimento 5 Stelle porta a casa una grande vittoria per le famiglie che hanno bimbi disabili e i tanti insegnanti di sostegno precari che finalmente vedranno riconosciuta l’importanza del loro ruolo e delle loro delicate funzioni”, ha commentato la ‘pentastellata’ Manuela Serra, prima firmataria di una risoluzione approvata all’unanimità in Commissione Istruzione. “La risoluzione “. “La continuità didattica – dice ancora la Serra – è fondamentale per la formazione degli alunni con disabilità. Il M5S si è fatto portavoce delle istanze sollevate in questo senso dal mondo della scuola e dalle famiglie”.

Positivo anche il giudizio della senatrice del Pd Francesca Puglisi, capogruppo in Commissione istruzione al Senato: “la risoluzione – dice – conferma l’impegno del Parlamento a sostegno di quanto il governo sta già facendo per garantire la continuità didattica ai bambini disabili durante tutto il ciclo scolastico, nonché l’inserimento nell’organico della scuola degli insegnanti precari”.

“Siamo soddisfatti della sensibilità dimostrata da subito dal governo nei confronti delle problematiche relative alla mondo della scuola – sottolinea Puglisi – In questa legislatura si stanno facendo tante cose, a dimostrazione di una reale inversione di tendenza. E’ cancellando la discrepanza numerica di posti assegnati, tra organico di diritto e organico di fatto, si può avere maggior continuità educativa”.

Tra le indicazioni previste dalla risoluzione, c’è anche quella di un incremento del numero dei docenti di sostegno nell’organico di diritto, attualmente considerato su 90mila posti e non su 110mila effettivi per coprire il rapporto 2 alunni ed 1 docente (come denunciato, anche di recente, dall’Anief). A tal proposito, sembra prendere corpo l’ipotesi di incremento immediato delle 13.342 ammissioni in ruolo su posti di sostegno per l’a.s. 2014/15, seconda delle tre tranche previste dall’ex Governo Letta.

Informatizzazione pagamento supplenze brevi: a quando?

da La Tecnica della Scuola

Informatizzazione pagamento supplenze brevi: a quando?

Era il 25 giugno quando il ministro Giannini, rispondendo all’interrogazione parlamentare riguardo le iniziative per il tempestivo pagamento dello stipendio…

Era il 25 giugno quando il ministro Giannini, rispondendo all’interrogazione parlamentare riguardo le iniziative per il tempestivo pagamento dello stipendio a favore dei supplenti del personale docente e del personale ausiliario, tecnico e amministrativo, prometteva che in futuro (già da gennaio 2015) sarebbero stati limitati i ritardi tramite l’automatizzazione dell’assegnazione delle risorse in base al fabbisogno e che la liquidazione delle spettanze per le supplenze sarebbe stata affidata al sistema NoiPa.

Ma il condizionale era d’obbligo. A quanto pare non sarà infatti così. L’Amministrazione in un incontro ha informato le OO.SS. Scuola circa le persistenti difficoltà riscontrate nella predisposizione di un programma gestionale che consenta, a partire dal prossimo 1° settembre, un dialogo immediato tra il sistema del Miur e quello del Mef per la liquidazione delle supplenze brevi da parte di NoiPA.

I soliti problemi di informatizzazione.

Risultato: i due Ministeri hanno dovuto, di comune accordo, spostare al 1° settembre 2015 il passaggio completo delle procedure di liquidazione. Ciò significa che durante il lungo periodo intercorrente verrà testato il software al fine di fornire uno strumento efficiente e stabile.

E la vita dei supplenti brevi, a quanto si legge sui social network, non è per nulla facile. Qualcuno scrive: “La scorsa settimana la scuola che mi dovrebbe pagare aprile, maggio, giugno e qualcosa di marzo mi ha riferito che purtroppo con i fondi che sono arrivati la settimana scorsa io non sono rientrata nei pagamenti. Vi sembra giusto?”.

Ricordiamo che è opportuno, in caso di ritardo notevole, inviare una lettera di diffida via PEC in cui chiedere di ricevere la retribuzione entro 8 giorni riservandosi, in caso di ulteriore ritardo, di chiedere interessi aggiuntivi di mora e risarcimento legale.

Resta la diatriba a chi si debbano attribuire i ritardi nei pagamenti. Colpa delle scuole? Colpa dei Ministeri? Colpe da dividere al 50%?

Non a caso qualche mese fa i supplenti brevi si erano rivolti direttamente al ministro Giannini reclamando, oltre agli stipendi arretrati, anche una indagine interna urgente sui motivi dei ritardi. Nel frattempo, sic stantibus rebus, i supplenti continueranno a lavorare e ad essere pagati con comodo: è la scuola tecnologica che avanza…

La coperta scoperta dei “Quota 96”

da La Tecnica della Scuola

La coperta scoperta dei “Quota 96”

Mancherebbe la copertura finanziaria, dicono quelli della Ragioneria dello stato; per i funzionari  occorrono 45milioni e non 34 per mandare in pensione i 4mila di “Quota 96”. Tuttavia il punto è: hanno costoro un diritto, finora calpestato, o no?

Carlo Cottarelli, il patron della Spending review, fa il suo mestiere e, coi numeri in suo possesso, declama che se si mandano in pensione i “Quota 96” saltano parte dei conti con tanta sapienza messi in ordine, in accordo con la Ragioneria generale dello stato secondo cui la norma, per mettere a norma 4mila lavoratori della scuola, risulterebbe priva di coperture.
Sembra inoltre che fino al 2018, come scrive lo huffingtonpost.it, serviranno circa 400 milioni di euro per consentire ai “Quota 96” di lasciare il lavoro con l’assegno previdenziale, somma che, secondo la Ragioneria, non sarebbe coperta “in termini di fabbisogno e indebitamento netto ai sensi delle norme di contabilità”, mentre per assicurare “la neutralità degli effetti per il 2014 la riduzione da apportare si deve attestare a 45 milioni” e non a 34 milioni come indica la relazione tecnica del provvedimento.
10 milioni di euro assenti da subito all’appello, a cui si potrebbero aggiungere altri milioni qualora la platea dei “Quota 96” non fosse di 4mila, tra insegnanti e Ata, ma di circa 9mila, così come l’Inps rilevò quando fu interpellata, lo scorso anno, per conoscere nel dettaglio il numero complessivo degli aventi diritto alla pensione.
E proprio su queste cifre si è aperta anche una ulteriore polemica parlamentare contro il Governo, promotore del provvedimento a favore dei “Quota 96”, di cui lo strenuo paladino è Renato Brunetta il quale si straccia le vesti, ricordando che “in Commissione Bilancio alla Camera questi nodi erano stati evidenziati dal nostro partito che aveva chiesto coperture certe e ben delineate”.
Che posta così potrebbe dare all’opinione pubblica l’idea di una razionale critica contro presunte “superficialità” del Governo, senza però andare al fondo vero del problema che è e rimane quello della ingiustizia commessa, a seguito della legge Fornero sulle pensioni, nei confronti di questo personale della scuola. Più che basarsi su un calcolo ragionieristico, i sostenitori delle mancate coperture dovrebbero di più riflettere sulla ignominia commessa contro i lavoratori della cosiddetta “Quota 96” ai quali deve essere riconosciuto, a qualunque prezzo e costo, il diritto indecentemente scippato.
L’on Francesco Boccia, e con lui tanti altri parlamentari, compresi sponenti dello stesso partito di Brunetta, nell’approvare l’emendamento hanno sempre sottolineato che in quel momento hanno ripristinato un diritto e non elargito un favore o favorito clientele o gruppi. Qui non si tratta di dare soldi all’Accademia del culatello, ma di garantire l’eguaglianza delle leggi e dei cittadini.
La lotta che i lavoratori della scuola esclusi dalla legge Fornero hanno finora condotto, non è rivolta a conquistare un prerogativa particolaristica o benefici egoistici, come quelli di cui godono troppe alte cariche dello Stato che alzano immediate trincee al solo brusio di qualche loro ridimensionamento, ma ad ottenere il maltolto, ciò di cui sono stati rapinati. In pratica stanno ancora rincorrendo lo scippatore della loro borsa, che però la polizia, nel nostro caso il parlamento, non intende acciuffare, nonostante sia a portata di mano, perché manca qualche minuto per entrare in servizio. Si abbranchi intanto il ladro, ridando il portafogli allo scippato, e poi si risolva la questione dell’orario che è diversa dalla garanzia delle legalità.