LA MORTE DELLA DIRIGENZA SCOLASTICA

La campagna ministeriale “la buona scuola” comincia male

LA MORTE DELLA DIRIGENZA SCOLASTICA

DAL D.D.L. 1577 “Riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche”

 

Art. 10

  1. Il Governo è delegato ad adottare….uno o più decreti legislativi in materia di dirigenza pubblica….I decreti legislativi sono adottati nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:
  2. a) istituzione del sistema della dirigenza pubblica, articolato in ruoli unificati e coordinati…
  3. b) con riferimento all’inquadramento:

   …. istituzione di un ruolo unico dei dirigenti statali….in cui confluiscono i dirigenti di cui all’articolo 2, comma 2, del decreto legislativo 30/3/2001, n. 165…; esclusione dai suddetti ruoli unici della dirigenza scolastica; …..

 

Davvero l’Italia si conferma il Paese delle contraddizioni: mentre parte la campagna “La buona scuola” si espellono i dirigenti scolastici dalla dirigenza statale…..

Dal momento che è del tutto evidente che solo un incompetente o chi non vuol male alla scuola può pensare di collocare alla gestione delle istituzioni scolastiche attuali una “figurina” di livello non dirigenziale, la domanda è: “perchè ?” (nel testo del DDL non viene fornita alcuna motivazione).

Ora, dal momento che, se alla base del DDL 1577 ci fosse la “buona politica”, una scemenza del genere non sarebbe mai stata scritta, la risposta va cercata da qualche altra parte.

Il fortissimo sospetto è che a condizionare la scrittura dell’Art. 10 non ci sia affatto la buona politica ma interessi corporativo-sindacali inconfessabili, volti a difendere le posizioni dei “dirigenti ministeriali”, quelli che si auto-definiscono i “dirigenti veri” (detti talvolta “burosauri”), che godono della contiguità col potere politico. E il motivo si evince chiaramente: i “burosauri” sono pochi; i dirigenti scolastici invece siamo circa 8.000; se il nuovo “ruolo unico” comprendesse tutti gli attuali dirigenti, i denari stanziati per remunerare la dirigenza statale andrebbero ripartiti su una platea ben maggiore; così invece….. ; di qui la morte, dopo 14 anni, della dirigenza scolastica.

Dunque non di buona politica si tratta ma di qualcosa che inevitabilmente fa venire alla mente ciò che taluni politici poco raffinati chiamano “porcata” (anche se cercheranno di mascherare questa partita di giro con motivazioni le più strampalate: “ma voi non siete dirigenti veri”; “siete atipici” etc).

Siamo atipici? A titolo ricognitivo riporto una brevissima sintesi dei contenuti della dirigenza scolastica (forse la più “pura” del sistema pubblico).

1) Lavoratori alle “dipendenze”: mediamente fra 70 e 130 lavoratori, fra docenti, personale amministrativo, tecnico e collaboratori (trovate un altro dirigente pubblico con una simile ambito lavorativo…).

2) Datore di lavoro. L’espressione “lavoratori alle dipendenze” è corretto, infatti il DS è, ai fini della sicurezza, è equiparato al “datore di lavoro” (quanti altri dirigenti statali hanno questo privilegio?). Per farvi un’idea pensate alle responsabilità derivanti dal dover rispondere di infortuni, danni etc in edifici scolastici non di rado in condizioni indecenti.

3) Dimensioni strutturali: mediamente tra i 700 e 1300 alunni, spessissimo distribuiti su più edifici scolastici e più comuni (pensate alla quotidiana valanga di problemi gestionali, sociali, logistici, di sicurezza etc connessi con un tale sovraffollamento).

4) Organi interni:

  • consigli di intersezione, interclasse e di classe, per una media fra le 80 e 190 sedute ogni anno scolastico;

  • collegio dei docenti, con una media di 10-12 sedute/anno;

  • consiglio d’istituto: 10 sedute/anno;

  • GLH (oggi GLI, organi dedicati all’inclusione degli alunni con bisogni educativi speciali); media: 20-30 sedute/anno, tra istituzionali e operative;

  • dipartimenti, giunta esecutiva, comitato di valutazione del servizio, RSU etc.

5) Relazioni interistituzionali con:

a) sindaci/presidenti di provincia; assessori: istruzione, servizi sociali e LL.PP.;

b) operatori socio-sanitari: in media da 2 a 7, suddivisi fra ASL e strutture convenzionate;

c) amministrazioni territoriali: INAIL, INPS, Agenzia delle entrate, Uffici scolastici territoriali etc;

d) sindacati;

e) una lista indefinibile di associazioni, cooperative, società, enti etc.

6) Materie di competenza:

a) giuridico-ordinamentali, amministrativo-contabili, privacy, amministrazione trasparente, relazioni sindacali (NB: il DS è parte pubblica nella contrattazione d’istituto), etc;

b) gestionali-relazionali-organizzative;

c) didattiche e psicopedagogiche, docimologico-valutative;

d) inclusione scolastica (L. 104/1992, Dir. M. 27/12/2012 e CC.MM. collegate);

e) igiene e sicurezza nei luoghi di lavoro (D.L.vo 81/2008), edilizie e persino impiantistiche;

d) cultura generale: praticamente illimitata, dall’Aoristo al bosone di Higgs.

 

PS: in molti sostengono che la scelta corporativa di espellere i dirigenti scolastici dalla dirigenza statale goda dell’appoggio dei sindacati cui sono iscritti molti dei dirigenti ministeriali; quegli stessi sindacati che, nello stesso tempo, dichiarano di tutelare i DS (se le cose stanno così, con che faccia….) .

Per saperne di più confronta la nota ASASI (associazione delle scuole autonome della Sicilia): http://www.asasicilia.org/attachments/article/191/asasi%20405.pdf

 

Il presidente provinciale

Giuseppe Guastini

Morte ex-ministro Falcucci: il cordoglio del ministro Giannini

Morte ex-ministro Falcucci: il cordoglio del ministro Giannini

“Esprimo il mio cordoglio alla famiglia della senatrice Falcucci, primo ministro dell’Istruzione donna. Voglio ricordare la sua pionieristica battaglia per rendere la scuola italiana più inclusiva e attenta ai bisogni educativi speciali”. Lo dichiara il ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Stefania Giannini.

BLOCCO CONTRATTAZIONE NEL PUBBLICO IMPIEGO: LA STORIA SI RIPETE

BLOCCO CONTRATTAZIONE NEL PUBBLICO IMPIEGO: LA STORIA SI RIPETE
Basta pensare alla PA come spesa improduttiva

Roma, 4 settembre 2014. “Dopo le anticipazioni contenute nel Documento di Economia e Finanza
(DEF) della scorsa primavera, ieri il Ministro Madia ha annunciato il blocco della contrattazione
collettiva nel pubblico impiego anche per tutto il 2015. Non ci sono risorse, sostiene il Ministro”
commenta Silvestre Bertolini, Presidente CIDA-Manager e Alte Professionalità per l’Italia, il
soggetto che rappresenta unitariamente a livello istituzionale i dirigenti pubblici e privati.
“Dopo le riduzioni retributive (nominali e sostanziali), i tetti alle retribuzioni stesse e i tagli degli
organici (per oltre 300.000 unità di dipendenti pubblici, dirigenti compresi) continua il blocco della
contrattazione che data ormai dal 2010” – prosegue Bertolini, che aggiunge: “Con il 2015 si
arriverebbe a sei anni di moratoria contrattuale e ad una perdita media pro capite di circa 5.000
Euro (di gran lunga superiore per dirigenti e in parte per le alte professionalità). Si pretende
(giustamente) impegno, dedizione e professionalità da tutti i pubblici dipendenti ed in primis dai
dirigenti e dalle alte professionalità, ma sono anni che lo stesso personale viene “colpito” sia sul
versante normativo che del trattamento economico”.
“Pur consapevoli dello stato di difficoltà delle finanze pubbliche e dell’economia reale – precisa il
Presidente CIDA – riteniamo che non si possa procedere ulteriormente su questa strada. Deve
esservi una inversione di tendenza perché le pubbliche amministrazioni (e i loro dipendenti) non
sono una spesa improduttiva, ma “titolari” di una funzione strategica per il buon andamento del
sistema Paese”.
“Occorre dare finalmente attuazione ai meccanismi di riconoscimento del merito in tutti i comparti
ed aree della pubblica amministrazione” – conclude Bertolini – “così come previsto da accordi
Governo-Parti Sociali. Infine è necessario tener presente che l’assenza di incrementi retributivi,
seppure selettivi, rischia di alimentare ulteriormente la spirale deflattiva”.

CIDA – Manager e Alte Professionalità per l’Italia è la Confederazione sindacale che rappresenta unitariamente a
livello istituzionale dirigenti, quadri e alte professionalità del pubblico e del privato.
Le Federazioni aderenti a CIDA sono: Federmanager, Manageritalia, FP-CIDA, CIMO-ASMD, Sindirettivo, FENDA, FNSA,
Federazione 3° Settore CIDA, FIDIA, SAUR

Studentite

STUDENTITE LA MALATTIA PIù GRANDE MANCA NELLA RIFORMA DELLA SCUOLA di Umberto Tenuta

CANTO 247 Supplentite, precarite, meritite, stipendite…

Manca la cosa più importante: la studentite!

In compenso vi resta la scolarite.

 

Giovani innamorati che alla vita vi affacciate, guardando alle contrade del vostro domani, andate, andate pure, andate dove volete, nella scuola non troverete posto per voi!

Edifici colorati, arredi rinnovati, insegnanti assicurati.

Cattedre e banchi, LIM e PC, forse anche il TABLET della docente.

Ma voi nei banchi, allineati su due lunghe fila, sui sedili ve ne state e docili ascoltate la solitaria voce della docente col vestito all’ultima moda che a voi più non dice niente.

Dimenticati!

Nessuno vi ha pensato.

Nessuno ha pensato che voi siete stanchi di ascoltar lezioni e spiegazioni, di seguir presentazioni e dimostrazioni.

Volevate qualcuno che vi aiutasse ad alimentarvi alle fonti della cultura, e non dei cibi precotti dei libri di testo digitali.

Ve le regalano le istruzioni per l’uso che voi non conoscete.

Oh sciagurato Freinet con la tua IMPRIMERIE à L’ECOLE!

Ti hanno preso alla lettera.

Stampare nelle vostre teste le virtù e le conoscenze.

Questo resta il mestiere degli insegnanti che nessuno si è premurato di chiamare MAESTRI.

Mamme premurose che vi aiutano a bere il latte da soli.

Avete mai visto una madre che muove le gambe dei bambini come un burattinaio?

No, ragazzi miei, per voi non c’è posto nella nuova scuola.

Appartiene al passato la scuola che non mette voi al centro dell’attenzione.

Puerocentrismo!

Tommaso D’Aqino, Giangiacomo Rousseau, Errico Pestalozzi, Federico Froebel, Rosa e Carolina Agazzi, Maria Montessori, Giuseppe Lombardo Radice, Célestin Freinet, dove siete?

State tranquille, studentesse belle, la studentite non ha infettato le celle della nuova scuola!

Lezioni, spiegazioni, dimostrazioni, interrogazioni, esercitazioni, compiti per casa al sabato ed alla domenica, durante le vacanze natalizie e le vacanze estive, certo non vi mancheranno.

Né vi mancheranno le cifosi e le lordosi, e nemmeno le scoliosi.

Libri di testo vi porterete nei carrelli della spesa.

Il phablet ve lo regalerà la nonna.

Avrete ancora, e in abbondanza, insegnanti che vi incideranno i cervelli, docenti che vi renderanno docili.

Scongiurata la studentite, una sola malattia sarà la vostra infelicità: la scolarite!

 

Tutti i miei Canti −ed altro− sono pubblicati in:

http://www.edscuola.it/dida.html

È morta Franca Falcucci, primo ministro donna dell’Istruzione

È morta Franca Falcucci, primo ministro donna dell’Istruzione

Aveva 88 anni. Nel 1975 fu l’autrice di un importante documento per l’inclusione scolastica degli alunni disabili. Iervolino: «Una delle donne più importanti della Dc»

di Redazione Scuola

falcucci

Franca Falcucci al centro della foto di gruppo del «Craxi I», con l’allora presidente della Repubblica Sandro Pertini (Ansa)

È deceduta giovedì mattina, in una clinica romana, l’ex ministro e senatrice Franca Falcucci, una delle donne più importanti ed impegnata della Democrazia Cristiana, prima donna a ricoprire la carica di ministro della Pubblica Istruzione. La Falcucci fu al ministero dal 1982 al 1987 per i governi Fanfani V, Craxi I e II e Fanfani VI. Ne ha dato notizia Rosa Russo Iervolino, già ministro degli Interni ed ex sindaco di Napoli.

http://www.corriere.it/foto-gallery/scuola/14_settembre_04/morta-ex-ministro-senatrice-franca-falcucci-8e243574-3434-11e4-a3ec-50d128513f28.shtml

Un’altra scuola è possibile: laica, repubblicana, egualitaria, di eccellenza

“Un’altra scuola è possibile: laica, repubblicana, egualitaria, di eccellenza”
In edicola e su iPad un numero monografico di MicroMega sulla scuola

È in uscita giovedì 4 settembre il nuovo numero di MicroMega, interamente dedicato alla scuola e intitolato “Un’altra scuola è possibile: laica, repubblicana, egualitaria, di eccellenza”.
Il numero avrà un prolungamento sul sito www.micromega.net, con la partecipazione di tutti gli insegnanti che vorranno intervenire con minisaggi e articoli in un megaforum diviso per argomenti.

Una scuola appassionante, e non più “detestata” o “sopportata” dagli studenti.
L’articolo di Pasi Sahlberg, che apre il numero, illustra nel dettaglio i risultati raggiunti negli ultimi trent’anni dal sistema scolastico finlandese, un vero e proprio modello quanto a capacità di coniugare eguaglianza ed eccellenza.
La sezione didattica del numero mostra come “scuola” possa essere un piacere. La storia, la letteratura, la filosofia, persino il latino possono essere appassionanti. Per non parlare ovviamente delle scienze, che si presterebbero a mille forme di sperimentazioni, della storia dell’arte, da ‘vivere’ sul territorio oltre che da studiare sui libri, e della musica, inspiegabilmente assente da tutti i curricula. E invece gli studenti sono inchiodati al tedio di una didattica stantia e pedante, che fa perdere il gusto di andare a scuola.

Michela Mayer e Giorgio Parisi (scienze), Angelo d’Orsi (storia), Giovanni Fornero (filosofia), Nicola Piovani (musica), Piergiorgio Odifreddi (logica), Valerio Magrelli (classici della letteratura), Tomaso Montanari (storia dell’arte), Paolo Zellini (matematica), Luigi Miraglia (latino) e Telmo Pievani (darwinismo) forniscono degli spunti per cambiare il modo di insegnare e rendere l’apprendimento appassionante e, dunque, efficace.

IL SOMMARIO DEL NUMERO

NOSTRA PATRIA È IL MONDO INTERO
Pasi Sahlberg – Il modello Finlandia: eguaglianza ed eccellenza
La Finlandia è al top mondiale per livello di istruzione della popolazione. Trent’anni fa non era così. Lo straordinario successo, nel giro di una generazione, dimostra che, per creare una nazione in grado di competere nell’economia globalizzata e della conoscenza, il suo sistema scolastico deve essere pubblico e gestito all’insegna della più radicale eguaglianza e assenza di competizione.

ICEBERG 1 – in classe
Michela Mayer e Giorgio Parisi – Appassionare alla scienza
Viviamo in una società fondata su scienza e tecnologia. La scienza, è il caso di dirlo, ci circonda. Eppure, i programmi scolastici delle materie scientifiche rimangono gli stessi di cinquant’anni fa. Perché l’insegnamento della scienza possa acquistare un senso occorre invece fare delle scelte, metodologiche e di contenuto, che rompano rispetto alla tradizione e che consentano innanzitutto di far assaporare agli studenti ‘il gusto di fare scienza’.

Angelo d’Orsi – Come insegnare la storia
Si sa, ai bambini piacciono le storie. E allora perché non dovrebbero appassionarsi alla storia, che non è altro che un insieme di innumerevoli storie, racconti di vita appassionanti, veri e propri frammenti della grande commedia umana. Il passato, benché ‘dato’, non appartiene al regno della necessità, bensì della possibilità perché è il risultato della combinazione di tre ingredienti fondamentali: libertà di scelta degli individui, contesti nei quali vivono e l’imprevedibile intervento del caso. Conoscere la storia vuol dire anche capire che le cose possono sempre andare in un altro modo.

Giovanni Fornero (con la collaborazione di Giancarlo Burghi) – Insegnare la filosofia oggi
Si può fare a meno della filosofia, come pensano molti pseudoriformatori della scuola italiana che ne riducono costantemente le ore? In realtà, la filosofia è imprescindibile e la vera alternativa non è tra fare o non fare filosofia, ma tra fare filosofia in modo inconsapevole e irriflesso o farla in modo consapevole e critico. Alcuni esempi di come, partendo da fatti di cronaca, si possa risalire alle questioni e agli autori fondamentali del pensiero filosofico, mostrando agli studenti la straordinaria attualità dei grandi classici.

Nicola Piovani – Musica, maestro!
Secondo le neuroscienze, memorizzare una musica è un processo precorticale che si sviluppa nei bambini prima dell’apprendimento logico. Una mente che memorizza nella prima infanzia Giro giro tondo può nello stesso momento cominciare a familiarizzare con le Romanze senza parole di Mendelssohn. Per questo è necessario che l’educazione musicale, e soprattutto quella all’ascolto musicale, inizi sin dall’asilo.

Piergiorgio Odifreddi – A scuola di logica
La logica è la grande assente della scuola italiana. Fatto curioso, visto che si tratta della ‘scienza del ragionamento’, quella che consente di capire cosa dicono gli altri e di farsi capire senza fraintendimenti, dunque propedeutica a qualunque altra cosa. Oggi invece la logica, da un lato, è roba da specialisti – filosofi, matematici, informatici – e, dall’altro, viene ridotta a retorica da chi – politici e pubblicitari – sfrutta le sue regole per ingannare l’altro. Imparare la logica fin da bambini può essere un ottimo modo per non cascare nelle trappole.

Valerio Magrelli – Appassionare ai classici
I classici, finalmente, non sono più l’‘autorità’, e questo consente di avvicinarsi ai giganti della letteratura con maggiore libertà e senza soggezione, per ritrovare l’elemento vivifico ed energetico dell’ascolto. E accanto ai grandi classici, bisognerebbe sempre lasciare un margine per far circolare anche dei ‘minori’, che magari in altre epoche si rivelano altrettanto grandi.

Tomaso Montanari – Il dovere costituzionale di conoscere la storia dell’arte
Considerata la Cenerentola delle materie umanistiche, la storia dell’arte è stata persino cancellata (epoca Gelmini) da alcune scuole tecniche e professionali (in indirizzi come grafica, moda, turismo!). E questo spiega bene il sacco del paesaggio e del patrimonio artistico a cui è sottoposto sistematicamente il nostro paese. Mentre l’insegnamento della storia dell’arte potrebbe contribuire in maniera determinante alla formazione di cittadini consapevoli del valore del proprio passato e responsabili del proprio futuro.

Paolo Zellini – Come insegnare la matematica
C’è una diffusa tendenza ad appiattire il calcolo matematico in una serie di regole senza pensiero. Si punta sull’efficienza della loro esecuzione, sorvolando sui significati, sulle motivazioni originarie e sulle possibili implicazioni, teoriche e applicative, per la scienza più avanzata. Eppure rendere la matematica meno misteriosa è possibile, per esempio sfruttando il virtuoso circolo con la geometria, che permette letteralmente di ‘vedere’ quel che sta dietro e dentro le formule matematiche.

Luigi Miraglia – Insegnare il latino come l’inglese
Lo studio del latino che viene proposto agli studenti delle scuole italiane è per lo più metalinguistico e tedioso, ispirato da un metodo ‘traduttivo’. A quest’ultimo va opposto invece un metodo ‘induttivo’ e attivo, che consenta di familiarizzare con la lingua, semplicemente, usandola: ascoltandola, leggendola, scrivendola, parlandola. Come per ogni lingua.

Telmo Pievani – Darwin fin da piccoli
L’evoluzione è una bellissima storia, e come tutte le storie si presta benissimo a essere raccontata e insegnata nelle scuole, fin dai primissimi anni. Certo, “bisogna imparare a raccontarla ai bambini evitando le trappole giornalistiche della linearità, della presunta crescita inevitabile della complessità e dell’intelligenza, del progressivo perfezionamento, degli ‘anelli mancanti’, della grande catena dell’essere e della scala naturae. Al loro posto devono entrare in classe pur sempre storie, ma diverse, più consone ai dati scientifici aggiornati: storie di diversità, di ramificazioni, di possibilità alternative, di svolte contingenti, di casualità, di opportunità colte al volo, di imperfezione, di accidenti ambientali e di novità evolutive”.

SAGGIO
Marco Rossi-Doria – La scuola abbandonata
Un maestro elementare ed educatore sociale, già sottosegretario all’Istruzione, riflette, dati alla mano, sul problema del ‘fallimento formativo’. Nel solco di due grandi lezioni: quella di don Lorenzo Milani, che sosteneva che “il principale problema della scuola italiana sono i ragazzi che perde”, e quella della nostra Carta fondamentale, per la quale “è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale  che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana”.

ICEBERG 2 – pubblica e laica
Adele Orioli – Il Vaticano e la scuola: ‘cosa nostra’
Tante e di vario tipo sono le forme che assume l’ingerenza clericale nella scuola pubblica italiana, anche prescindendo dalla questione principale, quella dell’ora di religione. Dal crocifisso che campeggia nella maggior parte delle aule scolastiche alle messe e preghiere durante l’orario di lezione, passando per le visite pastorali e le gite d’intere scolaresche presso famosi santuari, l’elenco è lungo e lascia l’amaro in bocca a coloro che hanno a cuore il principio della laicità delle istituzioni repubblicane.

Marina Boscaino – Senza oneri per lo Stato: la beffa (la scuola pubblica o è statale o non è)
Il concetto di scuola ‘paritaria’ è una contraddizione in termini: la scuola pubblica deve garantire a tutti un’istruzione democratica e pluralista, cosa che per sua natura una scuola privata – che ha un proprio progetto culturale orientato in senso confessionale, politico o più genericamente ideologico – non può garantire. Per non parlare poi del vergognoso – e molto diffuso – fenomeno dei diplomifici foraggiati dallo Stato.

Valerio Gigante – Nominati dal vescovo pagati dallo Stato ovvero l’ora di religione. Cattolica
Da decenni lo Stato italiano ha per così dire ‘appaltato’ un’ora dell’insegnamento scolastico alla Chiesa cattolica: è quest’ultima, infatti, tramite il vescovo diocesano, a designare e ‘controllare’ gli insegnanti di religione cattolica, che tuttavia vengono assunti e pagati dallo Stato. E possono passare poi ad altra materia, senza concorso. Un affronto alla laicità delle istituzioni che ha origine nei Patti lateranensi d’epoca fascista e che, nonostante la crescente secolarizzazione della società italiana, permane pressoché intatto ancora oggi

Ilaria Donatio – L’educazione sessuale in Europa
Dalla pionieristica Svezia, primo paese a renderne obbligatorio l’insegnamento, alla Danimarca, in cui le scuole sono libere di invitare prostitute e omosessuali, passando per l’Olanda, in cui se ne comincia a parlare già a quattro anni, e la Francia, dove si trova sotto l’attacco della destra, l’educazione sessuale a scuola assume forme diverse a seconda del contesto in cui si inserisce. Fino a essere fortemente ostacolata nei paesi – come l’Italia – in cui le Chiese esercitano una forte ingerenza nella vita politica e sociale.

INEDITO
John Dewey – Esperienza e natura vent’anni dopo (presentazione di Dario Cecchi)
Alla fine degli anni Quaranta viene chiesto a John Dewey di scrivere una nuova introduzione a una delle sue maggiori opere, Esperienza e natura, scritta vent’anni prima. Il filosofo statunitense inizia la scrittura di questa Re-introduction, testo che rimane incompiuto, in cui manifesta l’esigenza di ripensare quello che è forse il suo concetto centrale, quello di esperienza, in una direzione meno ‘naturalistica’ e più attenta alle ricadute storiche ed etico-politiche.

www.micromega.net

La buona scuola o la turboscuola?

La buona scuola o la turboscuola?

Come è sin troppo noto la scuola è stata oggetto negli ultimi anni di una serie di sperimentazioni che ne hanno aggravato fortemente lo stato di difficoltà o a volte di degrado.

Il governo ci propone ora una mutazione complessiva della scuola basata sullo scambio fra la promessa di consistenti immissioni in ruolo e l’introduzione di quanto da anni viene predicato: rafforzamento del potere dei dirigenti, divisione del personale sulla base del “merito”, taglio degli scatti di anzianità ecc.

Nel merito la CUB Scuola Università Ricerca rileva che non vi alcun legame NECESSARIO fra il riconoscimento del diritto ad un posto stabile per i colleghi e le colleghe precarie che da decenni, per ammissione dello stesso Renzi, subiscono un trattamento indecente e il pacchetto di misure che il governo intende attuare.

Al contrario, noi riteniamo possibile  e doveroso che le immissioni in ruolo su tutti i posti necessari a garantire l’ordinato funzionamento della scuola siano realizzate immediatamente come prova di un’effettiva disponibilità a cambiare la situazione. E’ una misura tecnicamente possibile visto che si fanno di norma immissioni in ruolo ai fini giuridici alle quali segue di un anno quella a fini economici. Sarebbe una misura di giustizia giacché garantirebbe serenità ai colleghi che finalmente vedrebbero riconosciuti i loro diritti.

Per quanto riguarda invece l’organizzazione della scuola, le retribuzioni, i diritti si tratta di un assieme di proposte che sono, per alcuni versi, vaghe , per altri, da rispedirsi seccamente al mittente.

Ci domandiamo, infatti:

  • come potrebbe essere garantita la libertà di insegnamento in una scuola dove spetterebbe ai superiori gerarchici premiare e punire gli insegnanti

  • come si possano bloccare le retribuzioni, tagliate ormai da molti, troppi, anni e pretendere di legare gli aumenti al “merito”, pagati con il taglio degli scatti di anzianità, ponendo i colleghi e le colleghe in competizione fra di loro

  • come si possa difendere il carattere pubblico della scuola quando si apre la gestione delle scuole e il loro finanziamento ai privati

Sin da ora la CUB Scuola Università Ricerca, nei primi collegi docenti, nelle assemblee sindacali, nelle molte iniziative che si stanno sviluppando si impegna per lo sviluppo di una grande mobilitazione dei lavoratori della scuola. Il governo ci chiede di esprimerci, non lo deluderemo.

Per la CUB Scuola Università ricerca
Il Coordinatore Nazionale
Cosimo Scarinzi

Scuola, in rete le linee guida della riforma: assunzione per 150 mila professori precari

da La Stampa

Scuola, in rete le linee guida della riforma: assunzione per 150 mila professori precari

Gli scatti saranno basati sul merito e non sull’anzianità. Renzi: rivoluzione in un anno
La «sorpresa» promessa è arrivata. Per ora a parole, ma dalla Legge di stabilità sarà tradotta in concreto: l’assunzione di 148.100 nuovi insegnanti a settembre 2015. Il Governo ha messo on line stamani le Linee guida per la scuola accompagnandole con un video messaggio in cui il Premier, Matteo Renzi, non lascia dubbi sulle intenzioni: «abbiamo un anno di tempo per rivoluzionare la scuola italiana». 

Oltre all’infornata di assunzioni (3 mld per “coprirle” cominciando a mettere soldi dalla Legge di stabilità) – che incassano il plauso per nulla scontato del segretario generale della Cgil, Susanna Camusso: «una svolta dopo anni di tagli alla scuola pubblica e di precarizzazione del personale» – il duo Renzi-Giannini ha messo in campo un nutrito pacchetto di interventi catturando anche l’attenzione dell’Ocse: «la riforma proposta può dare risposte importanti».

Dal 2016 si diventerà docenti di ruolo solo per concorso, stop alle supplenze, scatti in base al merito e non più in base all’anzianità per gli insegnanti, alternanza Scuola-Lavoro obbligatoria negli ultimi 3 anni degli istituti tecnici e professionali, più inglese («per evitare di parlarlo come lo parlo io: è un “globish” più che un english» ha ammesso Renzi) ed economia tra i banchi, musica e sport nella primaria, apertura agli investimenti privati anche con School bonus.

 

E c’è tanto altro ne «La buona scuola», il corposo documento messo a punto dall’Esecutivo, sul quale dal 15 settembre (e fino al 15 novembre) partirà la consultazione del mondo della scuola. «La più grande, a mia memoria, che sia mai stata fatta» ha osservato il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, aggiungendo che con questa operazione si tira una linea col passato. La titolare del dicastero di viale Trastevere da lunedì prossimo sarà in tour per l’Italia per raccontare quel che il Governo intende fare.

 

Bisognerà convincere anche i sindacati. «Giù le mani dagli scatti di anzianità e no secco al potenziamento dei poteri dei presidi» ha già detto la Gilda mentre Massimo Di Menna, segretario generale della Uil scuola, teme a gennaio, quando si passerà alla fase attuativa, «difficoltà di coperture sollevate dalla ragioneria, o dal ministero dell’Economia», preoccupazione condivisa dall’associazione di genitori Age. Il rischio di «alimentare illusioni e delusioni», per Francesco Scrima leader della Cisl scuola, è alto. Mimmo Pantaleo, segretario generale della Flc-Cgil giudica negativamente «la mancanza nel documento di qualunque riferimento al rinnovo del contratto, fermo da 7 anni» e su analogo tasto preme Marco Paolo Nigi dello Snals secondo il quale «per rendere credibile il piano urge il rinnovo del contratto».

 

Nelle Linee guida per la scuola «c’è un grande assente: il diritto allo studio» denuncia l’Unione degli studenti alla quale non va affatto giù «una scuola finanziata dai privati». E Udu e Rete degli studenti puntano il dito contro un’istruzione fatta a compartimenti stagni: «riformare la scuola senza creare ponti di collegamento solidi con il mondo dell’università, che da anni è stata abbandonata a sé stessa, rischia di lasciare il proseguo del percorso di studi al completo sfascio».

 

Sul cote’ politico scettica Sel «per ora solo pagine online», sarcastico Storace (La Destra) «si vota ad aprile?» e graffiante Alemanno «Renzi ancora schiavo della cultura sessantottina». «Dal “facciamo” al “faremo”, inversione a U» hanno commentato i pentastellati, ma tante sono state anche le aperture di credito con la speranza, condivisa da molti, che la scuola diventi anche la risposta strutturale alla disoccupazione giovanile.

 

 

Ecco i 12 punti chiave della riforma:

 

– MAI PIÙ PRECARI NELLA SCUOLA – Un piano straordinario per assumere 150 mila docenti a settembre 2015 e chiudere le Graduatorie a Esaurimento.

 

– DAL 2016 SI ENTRA SOLO PER CONCORSO – 40 mila giovani qualificati nella scuola fra il 2016 e il 2019. D’ora in avanti si diventerà docenti di ruolo solo per concorso, come previsto dalla Costituzione. Mai più “liste d’attesa” che durano decenni.

 

– BASTA SUPPLENZE – Garantire alle scuole, grazie al Piano di assunzioni, un team stabile di docenti per coprire cattedre vacanti, tempo pieno e supplenze, dando agli studenti la continuità didattica a cui hanno diritto.

 

– LA SCUOLA FA CARRIERA: QUALITÀ, VALUTAZIONE E MERITO – Scatti, si cambia: ogni 3 anni 2 prof su 3 avranno in busta paga 60 euro netti al mese in più grazie a una carriera che premierà qualità del lavoro in classe, formazione e contributo al miglioramento della scuola. Dal 2015 ogni scuola pubblicherà il proprio Rapporto di Autovalutazione e un progetto di miglioramento.

 

– LA SCUOLA SI AGGIORNA: FORMAZIONE E INNOVAZIONE – Formazione continua obbligatoria mettendo al centro i docenti che fanno innovazione attraverso lo scambio fra pari. Per valorizzare i nuovi Don Milani, Montessori e Malaguzzi.

 

– SCUOLA DI VETRO: DATI E PROFILI ONLINE – Online dal 2015 i dati di ogni scuola (budget, valutazione, progetti finanziati) e un registro nazionale dei docenti per aiutare i presidi a migliorare la propria squadra e l’offerta formativa.

 

– SBLOCCA SCUOLA – Coinvolgimento di presidi, docenti, amministrativi e studenti per individuare le 100 procedure burocratiche più gravose per la scuola. Per abolirle tutte.

 

– LA SCUOLA DIGITALE – Piani di co-investimento per portare a tutte le scuole la banda larga veloce e il wifi. Disegnare insieme i nuovi servizi digitali per la scuola, per aumentarne la trasparenza e diminuirne i costi.

 

– CULTURA IN CORPORE SANO – Portare Musica e Sport nella scuola primaria e più Storia dell’Arte nelle secondarie, per scommettere sui punti di forza dell’Italia.

 

– LE NUOVE ALFABETIZZAZIONI – Rafforzamento del piano formativo per le lingue straniere, a partire dai 6 anni. Competenze digitali: coding e pensiero computazionale nella primaria e piano «Digital Makers» nella secondaria. Diffusione dello studio dei principi dell’Economia in tutte le secondarie.

 

– FONDATA SUL LAVORO – Alternanza Scuola-Lavoro obbligatoria negli ultimi 3 anni degli istituti tecnici e professionali per almeno 200 ore l’anno, estensione dell’impresa didattica, potenziamento delle esperienze di apprendistato sperimentale.

 

– LA SCUOLA PER TUTTI, TUTTI PER LA SCUOLA – Stabilizzare il Fondo per il Miglioramento dell’Offerta Formativa (MOF), renderne trasparente l’utilizzo e legarlo agli obiettivi di miglioramento delle scuole. Attrarre risorse private (singoli cittadini, fondazioni, imprese), attraverso incentivi fiscali e semplificazioni burocratiche.

Un patto a tre coi prof e le aziende

da La Stampa

Un patto a tre coi prof e le aziende

Posto fisso per oltre 100 mila precari: in cambio rinunceranno agli scatti d’anzianità. L’apprendistato sarà rafforzato, incentivi per spingere gli investimenti dei privati
paolo baroni

ROMA

Un patto coi prof, o se vogliamo uno scambio, per far decollare il nuovo «patto educativo» che palazzo Chigi presenta ufficialmente oggi. Per battere il «morbo della supplentite», come lo chiama Renzi, il governo è sì pronto a stabilizzare 100mila precari, ma in cambio chiede ai neoassunti di rinunciare agli scatti di anzianità per far posto a scatti di carriera legati al merito. Cosa che già ora mette in allarme i sindacati della scuola. Secondo i calcoli del governo un intervento del genere, oltre a premiare meglio le professionalità, avrebbe infatti il vantaggio di rendere meno onerosa la ricostruzione delle carriere, che in base alle leggi attuali oggi rappresenta una delle voci di maggior spesa visto che ogni immesso in ruolo ha sempre anni di servizio alle spalle.

 

La carica dei 100 mila

Il governo punta a coprire sia le 40mila supplenze annuali che i 20 mila posti del turn-over, i posti degli insegnanti di sostegno utilizzati di fatto come normale organico (altre 20mila unità) e tutti gli «spezzoni» di cattedre intere (docenti in servizio sino al termine delle attività didattiche), che assommano ad altre 12-13 mila unità. In più le reti di scuole verranno dotate di un contingente di professori, il cosiddetto «organico funzionale», da utilizzare per tutte le altre esigenze della didattica, comprese le aperture prolungate. Un’operazione importante, che potrebbe portare all’assunzione anche di più dei 100mila precari di cui si parla da giorni per un costo di almeno un miliardo di euro all’anno.

 

Il nodo delle risorse

Il governo parla di primi stanziamenti inseriti già nella prossima legge di Stabilità, cui poi dovrebbero aggiungersi i risparmi legati agli interventi sugli scatti di anzianità, la rimodulazione del piano triennale di assunzioni già previsto dal decreto Carrozza e, qualora ve ne fosse bisogno, una parte dei risparmi frutto della revisione della spesa.

 

Altri fondi per l’edilizia

Oltre al miliardo di euro già stanziato nelle scorse settimane, per il 2015 si potrà disporre di un altro miliardo e mezzo dei fondi europei da destinare a nuove costruzioni e ristrutturazioni. Inoltre verrà sbloccato il patto di stabilità a quei comuni che nei mesi passati hanno presentato progetti seri e soprattutto cantierabili, come è già accaduto con la lettera che Renzi ha inviato a tutti i sindaci a inizio mandato.

 

Programmi e apprendistato

La consultazione aperta servirà anche a costruire assieme alle famiglie e agli studenti nuovi modelli didattici. Il governo, tra l’altro, punta a rafforzare inglese e informatica già dalla scuola primaria e ad aumentare le ore di storia dell’arte nei licei e quelle dedicate all’insegnamento della musica. Ma soprattutto per avvicinare scuola e mondo del lavoro, con un legame molto stretto col decreto lavoro ed il Jobs act che verrà definito a breve, si punta a raddoppiare le ore di formazione in azienda, potenziando l’apprendistato che verrà esteso ai ragazzi delle superiori in maniera da formarli ancor prima di entrare sul mercato del lavoro. Quindi si prevedono incentivi fiscali per i privati che investono nei laboratori didattici e più in generale nelle scuole.

 

Presidi-manager

Tutta questa costruzione non può prescindere da un rafforzamento del ruolo dei dirigenti scolastici, che saranno sempre più manager, o se vogliamo presidi-sindaco, dovendo gestire non solo il lavoro della scuola e dei plessi che dirigono, organizzando con maggiore flessibilità sia l’impiego degli insegnanti che la gestione dei programmi, ma anche i rapporti col territorio, con le imprese e con il volontariato che a sua volta potrà utilizzare spazi nelle scuole. Di conseguenza si prevede pure di ridisegnare le funzioni degli organi collegiali per distinguere tra potere di gestione (in mano ai dirigenti) e potere di indirizzo.

 

A gennaio i primi decreti

A partire da oggi le linee guida saranno pubblicate sul sito dei «Millegiorni» (www.passodopopasso.italia.it), seguiranno due mesi di raccolta pareri,quindi a metà novembre il governo tirerà le fila. Primi provvedimenti attuativi a gennaio.

Non solo soldi per i professori

da la Repubblica

Non solo soldi per i professori

Maria Pia Veladiano

la Repubblica

LE PAROLE sono proprio tante anche se Matteo Renzi prende bizzarramente le distanze da quel che lui è, e cioè un uomo politico. IN REALTÀ  il programma per la scuola lanciato ieri con un documento pdf di fattura didattica e dalla grafica francamente un poco kitsch ha tutte le caratteristiche della politica a cui in Italia siamo abituati. Pieno di promesse all’indicativo sicuro, di iperboli e di buonismo perfidino, a partire dal titolo, “La buona scuola”, che sottintende una cattiva scuola da cui, ancora una volta, prendere le distanze.
Eppure c’è del nuovo. C’è l’impegno a investire nella scuola, e non c’è quasi memoria di un governo che non abbia pensato di riformare la scuola con dei bei tagli. C’è la volontà di risolvere situazioni strutturali che la indeboliscono. Il precariato storico, che dal punto di vista della scuola diventa un tourbillon di docenti che si spostano di sede ogni anno. Ci sono quasi 50 pagine (di 136) dedicate ai meccanismi di assunzione immediata (2015) dei precari e questo va bene per tutti, studenti e docenti, se si trovano le risorse. Non si capisce però come questo atto di tipo centralistico si armonizzi con la necessità per ogni scuola di “schierare la squadra con cui giocare la partita dell’istruzione, ossia chiamare a scuola, all’interno di un perimetro territoriale definito e nel rispetto della continuità didattica, i docenti che riterrà più adatti per portare avanti il proprio piano dell’offerta formativa” (p.7). Che è affermazione nebbiosa, ma di certo sfiora la questione del reclutamento (si ammicca alla regionalità dei docenti già prevista e bocciata per incostituzionalità?), della sua discrezionalità (decide un Consiglio di istituto piegato al modello inglese?).
A questo fa pensare anche il “registro pubblico” dei docenti, completo dei loro titoli e crediti formativi, didattici e professionali, consultabile dai dirigenti che “a certe condizioni possono scegliere le migliori professionalità per potenziare la propria scuola” (p. 51 e p. 68). È chiaro che sarebbe un passaggio verso un’autonomia potenzialmente virtuosa perché potrebbe favorire
una forma di competizione positiva fra scuole. Vero se si parla di università o anche forse di scuole superiori. Ma nella scuola dell’istruzione obbligatoria è obbligatorio per lo Stato assicurare a tutti i bambini e le bambine una buona scuola. Per questo serve semplicemente un buon sistema di reclutamento e insieme un buon sistema di valutazione dei risultati e la possibilità vera di licenziare, con procedimenti limpidi e tutte le garanzie, chi in modo scandaloso non insegna.
Il capitolo del cosiddetto “merito” è anche troppo abbondante nel documento che minutamente spiega come ogni tre anni il 66% (una “legge Brunetta” dalle proporzioni invertite) dei docenti venga premiato con uno scatto stipendiale di 60 euro, e spiega anche il modo in cui i nuovi docenti vengono immessi nel meccanismo. A premiare il merito c’è ancora una volta solo la retribuzione e ancora una volta non si prevede nessuna figura intermedia di condivisione di responsabilità fra il dirigente e i docenti, tutti uguali tranne che per lo stipendio. Quanto alla valutazione di questo merito, si prevede un sistema di crediti didattici, formativi e professionali. I più importanti lo sappiamo sono i primi e sono i più difficili da verificare ma è necessario arrivarci. Purché non si verifichino sui risultati delle prove Invalsi. C’è una letteratura scoraggiante e anche amara su come i risultati delle prove Invalsi dipendano da una variabile italicamente creativa di fattori. È un altro discorso, ma è ben imprudente assimilare le prove Invalsi alle Ocse-Pisa, che vengono fatte a campione, da somministratori esterni eccetera eccetera.
Di buono, molto buono, nel documento c’è anche la volontà di intervenire sull’edilizia. Su questo il governo è già partito, e con una rapidità nuova. Alcune sono dichiarazioni di intenti. Tutti vogliono “sbarazzarsi della burocrazia scolastica”, che rappresenta un sovraccarico del tutto improprio rispetto all’attività con gli studenti, ma non si tratta solo di dematerializzazione. Bisogna chiedere ai docenti quel che serve e che viene davvero letto e utilizzato. È certo anche che servono “organi collegiali rivisitati, aperti, agili ed efficaci” (p. 64) e però in un contesto sociale che registra una gravissima crisi di partecipazione gli organi collegiali nati nell’età dell’euforica scoperta del bene nostro comune, diventano oggi il deserto in cui si esercitano i narcisismi di pochi. Qui il lavoro è una vera rifondazione, e ci sono esperienze già realizzate da valorizzare. Una specie di irradiamento di fiducia partecipativa, costruito poco a poco. Che gioverebbe alla società tutta.
Poi c’è la “campagna di ascolto”, annunciata da Matteo Renzi. Due mesi di raccolta di suggerimenti e desideri. La cittadinanza attiva è un bene e in scala un poco più piccola già si pratica già in modo diffuso. La scuola è chiamata all’ascolto ma la sua funzione non è inseguire la realtà e nemmeno assecondarla. È dare ai ragazzi e ai cittadini gli strumenti per leggerla, la realtà, e per governarla con capacità critica e di progetto. Per la scuola è sacro andare controvento rispetto all’arrivismo che lascia indietro metà del mondo o all’egoismo socialmente divinizzato.
La nostra non è una cattiva scuola. È una scuola senza risorse. Quest’anno un istituto comprensivo di 900 studenti riceve 29.000 euro di fondo di istituto. Queste risorse, da ripartire fra 1000 docenti e una ventina di collaboratori e addetti alla segreteria devono bastare per tutti i progetti di tutto l’anno scolastico. Se non ci fossero i contributi “volontari” delle famiglie non si andrebbe da nessuna parte. Forse adesso non siamo in cima alle indagini internazionali ma i nostri laureati sono nei laboratori e nelle università di tutto il mondo. E comunque, dopo, prima e durante la “buona scuola”, aspettiamo a piè fermo il buongoverno.

Aumento di 60 euro ai prof più meritevoli e 150mila assunzioni via al patto-scuola

da la Repubblica

Aumento di 60 euro ai prof più meritevoli e 150mila assunzioni via al patto-scuola

Il piano Renzi: stop a precariato e scatti di anzianità Più inglese e Internet. Sì ai fondi delle imprese

Corrado Zunino

ROMA .
La “Buona scuola”, la più profonda e complessa riforma scolastica dell’Italia contemporanea, ora è un atto politico. Non ancora un decreto legge perché Matteo Renzi vuole una discussione pubblica lunga due mesi e chiede centoventi giorni (la Finanziaria che si chiude il 31 dicembre) per trovare i soldi. Ma in quelle 126 pagine più allegati pubblicate ieri mattina online, con 37 minuti di ritardo, c’è così tanta roba da far comprendere che sei mesi di lavori (del premier e del sottosegretario di fiducia Reggi, degli uffici tecnici del Miur capo di gabinetto in testa, dei giovani chiamati a collaborare ai due cantieri tematici istituiti dal ministro Giannini) sono figli di una visione
d’insieme e possono approdare a risultati concreti. «Questo governo non ha esitazioni: la scuola è la priorità del paese e su di essa mobiliteremo le risorse che servono», ha detto il premier. Sul dossier che innerva la riforma c’è scritto: «Risorse pubbliche più ingenti e certe, finanziamenti dedicati all’offerta formativa mai più dirottati, 800 milioni di fondi europei».
Ecco, dopo il mancato Consiglio dei ministri del 29 agosto, Renzi ha scelto di liberarsi dai vincoli di copertura evitando per ora qualsiasi cdm. Ha messo per iscritto, tuttavia, che per il Patto educativo servirà un miliardo subito, ne serviranno tre nel 2016 e cinque nel 2017. A gennaio 2015 si firmerà il decreto, che diventerà una legge delega: sulla scuola si dovrà scrivere un atto unico organico e si dovranno abrogare “i primi cento articoli inutili”. Entro luglio la riforma dovrà essere a regime.
L’atto forte del testo, come anticipato da “Repubblica”, è una promessa di
assunzione di massa entro il primo anno: saranno 148.100 precari e svuoteranno in una stagione le Graduatorie a esaurimento, le Gae diventate una camicia di granito per la scuola, la sua didattica, il suo futuro. Di fronte a questa infornata storica di precarioni, il governo chiede di entrare in un nuovo status giuridico che abolirà nuovi scatti di anzianità introducendo gli scatti triennali di competenza e i premi annuali. “Bisogna uscire dal grigiore dei trattamenti indifferenziati”, dice senza remore il testo. I tecnici del Miur calcolano che i dodici scatti di competenza regaleranno ai due terzi degli insegnanti migliori novemila euro l’anno a fine carriera, contro i duemila della rottamanda anzianità. Non tutti i 622 mila precari oggi nelle quattro graduatorie (Gae e tre d’istituto) si salveranno. Ce ne sono almeno 90 mila senza abilitazione che rischiano di uscire dal ciclo: «Non possiamo considerare un precario chi ha fatto supplenze per una settimana».
Arrivano i crediti formativi per i docenti, la temuta valutazione dei singoli insegnanti, tornano in funzione gli ispettori ministeriali e le sanzioni disciplinari. «I docenti dovranno trasmettere pensiero critico, capacità nella soluzione dei problemi, possedere attitudini tecnologiche». L’informatica deve diventare un progetto educativo per i “nativi digitali” e l’inglese si sentirà dalle scuole d’infanzia “per non parlarlo come me”, dice il premier. Poi ci sono i finanziamenti delle imprese e i laboratori privati accreditati per gli istituti tecnici. «Nulla da temere, a certe condizioni risorse private possono contribuire a trasformare la scuola in un investimento collettivo». School bonus e school guarantee per le aziende che investono su studenti e istituti. E obbligazioni a impatto sociale, come in Usa e Regno Unito

Unione degli studenti: “Favorevoli al wi-fi in classe e alle nuove materie resta il nostro no ai privati”

da la Repubblica

Unione degli studenti: “Favorevoli al wi-fi in classe e alle nuove materie resta il nostro no ai privati”

«La buona scuola per noi è quella gratuita che permette a tutti gli studenti di poter studiare indipendentemente dalle condizioni sociali di partenza. Questa non è l’idea del premier».

ROMA .
Danilo Lampis è il coordinatore nazionale dell’Unione degli studenti. Dice: «La buona scuola per noi è quella gratuita che permette a tutti gli studenti di poter studiare indipendentemente dalle condizioni sociali di partenza. Questa non è l’idea del premier».
Parlate di elementi positivi nella riforma, ma marginali.
«Ci sono e vanno detti: sviluppo delle reti wi-fi, didattica e insegnamento, musica e storia dell’arte, complesso delle risorse in campo. Anche se nutriamo dubbi sull’effettiva copertura promessa».
Elementi positivi, ma…
«Renzi usa queste voci come specchietto per nascondere attraverso belle parole provvedimenti strutturali gravissimi. Da cinque anni lavoriamo su una legge per il diritto allo studio, e nel piano non c’è una virgola. Comodato d’uso dei libri di testo, agevolazioni sui trasporti e i consumi culturali, borse di studio con criteri meno stringenti. Così si combatte la dispersione scolastica».
Anche il governo indica misure di contrasto
alla dispersione.
«Lo fa permettendo ai privati di lucrare su quello che dovrebbe essere un diritto. È assurdo pensare a una scuola finanziata dai privati o svilita da iniziative di crowdfunding: la scuola non si può finanziare strutturalmente con la beneficenza e non può trasformarsi in un’impresa per potersi sostenere».
I soldi dei privati fanno paura.
«Si vuole allineare la didattica agli interessi di un mercato del lavoro sempre più desideroso di precari senza diritti e senza competenze critiche. Contrasteremo con forza questo disegno di demolizione dei diritti, il 10 ottobre saremo in piazza».
( c. z.)

Pantaleo: “Bene la sanatoria dei prof ma i parametri per premiarli sono ancora troppo arbitrari”

da la Repubblica

Pantaleo: “Bene la sanatoria dei prof ma i parametri per premiarli sono ancora troppo arbitrari”

Domenico Pantaleo segretario generale della Flc Cgil, individua luci e ombre del piano Renzi sulla scuola.

Salvo Intravaia

ROMA .
«Ok al piano per assumere i precari e agli organici funzionali, ma merito e carriera degli insegnanti vanno discussi attraverso una sessione contrattuale. Mentre il ruolo dei presidi va ricondotto alla funzione originaria legata all’autonomia». Domenico Pantaleo segretario generale della Flc Cgil, individua luci e ombre del piano Renzi sulla scuola.
Come giudica il progetto?
«È un piano organico, ma molto complicato da attuare».
Quali sono i punti che approvate?
«Lo svuotamento delle graduatorie ad esaurimento e il passaggio all’organico funzionale sono cose che chiediamo da tempo. Questi interventi daranno più stabilità alle scuole. Ma occorre anche potenziare gli organici al Sud per contrastare la dispersione scolastica».
Condividete anche il nuovo reclutamento?
“Sì. Il nuovo meccanismo di reclutamento attraverso concorsi per soli abilitati che escono da percorsi universitari specifici mi sembra una
buona proposta per dare certezze ai giovani».
Cosa non funziona per voi?
«Non sono previste risorse aggiuntive sul versante degli stipendi, dove gli scatti spariranno a partire dal 2015 per essere sostituiti da incentivi economici per i docenti più meritevoli. Non comprendo perché con le stesse somme si debba premiare soltanto il 66 per cento del personale docente. Mi sembra un meccanismo eccessivamente farraginoso con parametri di valutazione aleatori. Poi, il criterio dell’anzianità di servizio, presente in tutta Europa, sparirebbe completamente. Non capisco perché. E comunque merito, stipendi e carriera vanno discusse con i sindacati: non mi pare sia previsto».

Madia: salari bloccati agli statali sindacati sul piede di guerra Ocse: dramma lavoro per i giovani

da la Repubblica

Madia: salari bloccati agli statali sindacati sul piede di guerra Ocse: dramma lavoro per i giovani

Il ministro della Pubblica amministrazione: “In questo momento non abbiamo risorse” Italia al penultimo posto nella classifica del tasso di occupazione, peggio solo la Grecia

Lucio Cillis

ROMA .
Mentre la disoccupazione in Italia ormai sfiora la soglia del 13% il ministro Marianna Madia annuncia anche per il 2015 il blocco dei contratti degli statali, scatenando la rivolta dei sindacati che minacciano la mobilitazione.
L’Ocse nell’ Employment outlook ha diffuso i dati sul quarto trimestre dell’anno: in Italia il tasso di disoccupazione è al 12,9%; sono i giovani i più colpiti dalla crisi di lavoro tasso di disoccupazione al 43% – e l’Ocse avverte che per loro «cresce il rischio di stigma, cioè di subire un calo permanente delle prospettive di occupazione e remunerazione». E’ aumentata anche la quota di giovani totalmente inattivi, ovvero i neet che non lavorano, non studiano e non seguono alcun tipo di formazione. Nella classifica dei peggiori tra i 34 Paesi dell’Ocse per la disoccupazione complessiva, ci piazziamo oggi al quinto posto, dietro al 27,1% previsto per la Grecia, il 25% della Spagna, il 15% del Portogallo e il 13,7% della Repubblica Slovacca.
Mentre per il tasso di occupazione peggio di noi fa solo la Grecia.
Andrà meglio, sia pur di poco nel 2015, anno nel quale l’organizzazione prevede per il nostro Paese un calo dei senza lavoro al 12,2%. E come se non bastasse la carenza
di impiego, anche i salari sono in coda ai Paesi Ocse: siamo al 20esimo posto con una retribuzione media di 34.661 dollari a parità di potere d’acquisto, decisamente sotto la media dell’area che è di 43.772 dollari. Una delle vie d’uscita secondo il governo, potrebbe arrivare dal Jobs Act e dalla riforma dell’Articolo 18. Grazie a questo strumento «riusciremo a creare un mercato del lavoro più semplice ed efficiente, più equo ed inclusivo, migliorando la produttività generale del sistema Italia rendendolo, anche da questo punto di vista, più europeo» dice il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, a commento dei dati diffusi dall’Ocse. «La legge delega attualmente all’esame del Senato — prosegue Poletti — prevede non solo un’ampia riforma della regolamentazione del lavoro, ma anche il rafforzamento degli strumenti di politiche attive per il lavoro ed il riordino degli ammortizzatori sociali, oltre ad una semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico dei datori di lavoro».
Nelle stesse ore il ministro della Pa Madia, ha invece annunciato che il blocco dei contratti degli statali sarà confermato anche per il 2015. «In questo momento di crisi le risorse per sbloccare i contratti non ci sono», ha spiegato il ministro che però ha confermato la volontà del governo di procedere col bonus da 80 euro. Secondo i calcoli della Cgil i dipendenti pubblici perderanno in media, a causa del blocco dei contratti esteso pure al prossimo anno, circa 4.800 euro, 600 dei quali nel 2015.