Scuola amorosa

SCUOLA AMOROSA ALTRO CHE BUONA SCUOLA di Umberto Tenuta

CANTO 258

DOV’è LA RIFORMA, DOV’è LA BUONA SCUOLA?

Mica nell’immissione in ruolo, mica nel Coding, mica…

Buona è la scuola dell’amore.

AMOROSA SCUOLA!

Amore di mamma tua!

Amore della Maestra tua!

I’mi son un che, quando

Amor mi spira, noto, e a quel modo

ch’è ditta dentro vo significando.

 

AMOROSA SCUOLA!

Solo una scuola amorosa è la Scuola che studenti, genitori e Paese si aspettano.

Una scuola nella quale gli alunni non siano più scolari ma studenti, filosofi, innamorati del sapere, del saper fare, del saper essere.

Una scuola nella quale i docenti non siano più insegnanti, incisori, stampatori, ma maestri, artisti, innamorati delle loro arti poetiche, matematiche, scientifiche, storiche…

Innamorati della Musica, della Danza, dell’Atletica, della Poesia, dell’Astronomia, della Matematica, della Grammatica, di ogni arte e di ogni scienza!

Una scuola nella quale si dia ascolto a Papa Francesco!

Scuola del Vero, del Bello, del Buono!

Chi più di Papa Francesco ve lo deve dire che questa è la Scuola che l’Italia attende da tre cinquantenni?

Quinto Fabio Massimo Cunctator.

Cunctator Temporeggiatore!

Aspettate, ragazzi miei, aspettate un altro cinquantennio, ed avrete la BUONA SCUOLA per i vostri pronipoti!

Che il perder tempo a chi più sa più spiace.

A chi più sa.

Ma c’è Qualcuna che finge di non sapere.

Eppure sa, sa che una SCUOLA AMOROSA è le scuola di Don Milani, la scuola dei figli dei contadini e degli operai, e non solo la scuola dei figli dei dottori.

Oddio, una Scuola amorosa è una scuola dell’abolizione delle scale, anche di quella sociale.

E la Qualcuna ama le scale!

I figli dei contadini e degli operai mica debbono diventare degli SPOSTATI, spostati nella scala sociale.

Una buona scuola ad essi basta.

Ai figli del Dottore i talentuosi genitori procurano una Scuola amorosa, una Scuola premurosa, una Scuola attenta ai loro bisogni educativi, una scuola attenta ai loro stili di apprendimento, una scuola attenta ai loro ritmi di apprendimento, una scuola attenta ai loro stili di apprendimento, una scuola per la formazione integrale della persona umana.

Mai richiami, ma sempre incoraggiamenti: tu sei figlio di tuo padre, certo che la farai!

Scusa, questa spiegazione non ti basta?

Te la ripeto io, dieci, cento, mille volte!

Mica tu, nel tuo sacro tempo libero!

Dimmi tu che cosa oggi desideri imparare?

Mica io seguo la programmazione mensile!

Io seguo i tuoi interessi del giorno, quelli che graziosamente mi hai manifestato stamattina.

E non ti preoccupare mai nelle tue attività di ricerca/riscoperta/reinvenzione/ricostruzione dei saperi!

Io sono sempre lì, al tuo fianco per aiutarti.

Resta tranquillo!

Mica ti lascio lavorare solo soletto.

Altri bravi figli di papà ricercheranno con te.

Lavorerete assieme, come si conviene.

Lavorerete assieme e certo non vi mancheranno gli strumenti.

Mica solo la LIM!

Avrete tutte le tecnologie, dalle Cianfrusaglie agazziane ai Materiali strutturati di Maria Montessori.

E financo le moderne tecnologie digitali.

Il Tablet?

Certo che l’avrete, uno per ciascuno, anzi tre per ciascuno: ANDROID, IOS e WINDOWS PHONE.

Ci mancherebbe altro, con l’abbondanza delle risorse che abbiamo!

Certo, solo per Voi, Figli di Papà!

Per gli altri c’è pure qualcosa!

C’è la LIM, quando c’è.

 

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Sentenza TAR Lazio 16 settembre 2014

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1268 del 2014, proposto da: Federazione Lavoratori della Conoscenza in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli Avvocati Isetta Barsanti, Vittorio Angiolini, Luca Formilan, Alessandro Basilico e Americo Francesco ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo in Roma, Via Cosseria n. 2;

contro
il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca in persona del legale rappresentante p.t., il Liceo Ginnasio Statale “Quinto Orazio Flacco” di Bari, l’ISS “Ettore Maiorana” di Brindisi, l’ITE “Enrico Tosi” di Busto Arsizio e l’I.S “Carlo Anti” di Verona in persona dei loro legali rappresentanti p.t., rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato presso la cui sede in Roma Via dei Portoghesi, n. 12 domiciliano;

per l’annullamento
dei decreti del MIUR in data 5 novembre 2013 n. 902 e 904 non comunicati alla ricorrente e tra di loro connessi, i quali autorizzano entrambi “a decorrere dall’a.s. 2014/2015” una sperimentazione “che prevede l’abbreviazione del percorso di studi da cinque a quattro annualità” solamente in riferimento a talune Scuole dagli atti impugnati nominativamente Liceo Ginnasio Statale “Quinto Orazio Flacco” di Bari, l’ISS “Ettore Maiorana” di Brindisi, l’ITE “Enrico Tosi” di Busto Arsizio e l’I.S “Carlo Anti” di Verona;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell’Istruzione dell’Universita’ e della Ricerca e di Liceo Ginnasio Statale “Quinto Orazio Flacco” di Bari, l’ISS “Ettore Maiorana” di Brindisi, l’ITE “Enrico Tosi” di Busto Arsizio e l’I.S “Carlo Anti” di Verona;
Viste le memorie prodotte dalle parto a sostegno delle rispettive difese;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 8 maggio 2014 la dott.ssa Pierina Biancofiore e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

FATTO
Con ricorso notificato ai soggetti in epigrafe indicati in data 20 gennaio 2014 e depositato il successivo 3 febbraio 2014, l’Organizzazione Sindacale ricorrente, premesse alcune note in ordine alla rappresentanza dei lavoratori della scuola, impugna gli atti con i quali il Ministero ha disposto l’avvio di una sperimentazione consistente, in talune scuole nominativamente indicate, nella riduzione di un anno del percorso formativo necessario per ottenere il titolo avente valore legale normalmente conseguito in tutte le altre scuole con la frequentazione di un corso di studi comprendente una ulteriore annualità.
Avverso tali provvedimenti deduce:
1) violazione e falsa applicazione degli articoli 8 e 11 del d.P.R. 8 marzo 1999, n. 275 dei d.P.R. 15 marzo 2010, n. 88 e 89 del D.M. 7 ottobre 2010, n. 211 delle direttive n. 57 del 15 luglio 2010 e n. 4 del 16 gennaio 2012 in relazione all’art. 64 comma 4 del d.l. 28 giugno 2008, n. 112 come conv. in legge n. 133 del 2008 ed all’art. 17 della legge n, 400 del 1998; carenza di base legislativa degli atti impugnati, nonché carenza ed insufficienza della motivazione; eccesso di potere anche sotto il profilo dello sviamento;
2) violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990 in relazione agli articoli 3, 33 e 97 Cost. ed alla lett. n) del comma 2 dell’art. 117 Cost. Carenza ed insufficienza della motivazione, irragionevolezza, illogicità e difetto di imparzialità anche in relazione all’art. 97 Cost., eccesso di potere;
3) violazione e falsa applicazione del d.lgs. 30 giugno 1999, n. 233 in relazione all’art. 11 del d.P.R. 8 marzo 1999, n. 275, difetto di istruttoria ed eccesso di potere.
Conclude con istanza cautelare e per l’accoglimento del ricorso.
Il Ministero dell’istruzione e le istituzioni scolastiche si sono costituite in giudizio, rassegnando conclusioni opposte a quelle del sindacato ricorrente.
Alla camera di consiglio del 6 marzo 2014 il ricorso è stato rinviato al merito ed infine è stato  trattenuto in decisione alla pubblica udienza dell’8 maggio 2014.

DIRITTO
1. Il ricorso è fondato e va pertanto accolto. Con esso l’organizzazione sindacale ricorrente impugna due decreti ministeriali di avvio della sperimentazione adottati entrambi in data 5 novembre 2013 e rispettivamente il n. 902 riguardante l’abbreviazione del corso di studi del Liceo Ginnasio Statale “Quinto Orazio Flacco” di Bari ed il n. 904 riguardante l’abbreviazione del corso di studi per l’I.I.S. “Ettore Maiorana” di Brindisi, l’I.T.E. “Enrico Tosi” di Busto Arsizio e l’I.S. “Carlo Anti” di Verona.
2. Avverso tali due provvedimenti il sindacato ricorrente oppone che la durata quinquennale dell’istruzione secondaria superiore è un elemento essenziale della stessa come ribadito pure dai regolamenti di cui ai decreti presidenziali n. 88 e 89 del 2010 che nel riformare i licei e gli istituti tecnici l’hanno strettamente correlata con il ciclo di istruzione e formazione, sicchè lasua modifica dovrebbe comportare un ripensamento dell’intero sistema educativo e di formazione.
Osserva che i due provvedimenti sarebbero sprovvisti di copertura normativa; essi la dovrebbero trovare nell’art. 11, comma 1 del d.pr. n. 275 del 1999 che facoltizza il Ministero ad avviare la sperimentazine, ma non pare che tale norma possa essere interpretata nel senso di consentire l’eliminazione di una intera annualità scolastica.
Con la seconda censura la ricorrente rappresenta che l’unica motivazione recata dagli atti impugnati per “l’abbreviazione” del corso di studi di talune scuole di istruzione secondaria superiore consisterebbe nell’adeguamento agli standard europei. Lamenta che tale adeguamento se portato a compimento determinerebbe un illegittimo privilegio a favore degli studenti che partecipano alla sperimentazione rispetto a tutti gli altri che non vi partecipano per essere iscritti ad istituti il cui corso di studi dura cinque anni. Il principio di uguaglianza di cui all’art. 3 Cost. comporta che a tutti gli alunni sia assicurato un trattamento scolastico equipollente, anche per coloro che frequentano le scuole paritarie, sull’intero territorio nazionale ed in funzione del titolo di studio da conseguire. Con l’ultima doglianza la ricorrente osserva che gli atti impugnati avrebbero dovuto essere emessi acquisendo previamente il parere obbligatorio del Consiglio superiore della pubblica istruzione che gli stessi danno come “cessato”. Tuttavia la sezione con sentenza n. 8843 del 15 ottobre 2013 ha stigmatizzato il comportamento illegittimo del Ministero riguardo alla elezione del Consiglio, sicchè tale aspetto della motivazione non pare sufficiente a sostenere la procedura di adozione dei due provvedimenti.
3. In effetti conviene principiare proprio da quest’ultima censura. La sentenza n. 8843 del 2013 si è pronunciata sul silenzio inadempimento serbato dal Ministero dell’istruzione nel rinnovo del Consiglio superiore della pubblica istruzione, organo che secondo l’ordinamento dell’istruzione previgente alla Riforma del Titolo V adottava pareri, tra gli altri, in materia di ordinamenti scolastici. Il Tribunale, infatti, disattendendo sul punto l’argomento opposto in primo grado dal Ministero a sostegno della legittimità dell’inerzia, ha rilevato che la disciplina dettata dal d.lgs. n. 233 del 1999 , sebbene in ipotesi in contrasto con il nuovo assetto di competenze tra Stato e Regioni sancito dalla normativa costituzionale sopravvenuta contenuta (in seguito alle modifiche introdotte dalla legge costituzionale n. 3 del 2001) nel Titolo V della Costituzione, deve, tuttavia, continuare a trovare applicazione, in omaggio al c.d. principio di continuità dell’ordinamento, anche nel rinnovato quadro costituzionale, finché non vengano emanate disposizioni legislative conformi al nuovo riparto di competenze ed ha pertanto ordinato al Ministero di adottare l’ordinanza, prevista dall’art. 2, comma 9, del d.lgs. n. 233 del 1999, per regolare l’elezione e la composizione dei componenti del Consiglio superiore della pubblica istruzione.
La sentenza è stata confermata in sede di appello con una pronuncia resa dalla sesta sezione del Consiglio di Stato in data 24 febbraio 2014, n. 866, sicchè a meno di non dedurre la incostituzionalità della disposizione di cui all’art. 2, comma 9 del d.lgs. n. 233 del 1999 per contrasto con il nuovo assetto di competenze tra Stato e Regioni sancito dalla normativa costituzionale sopravvenuta contenuta (in seguito alle modifiche introdotte dalla legge costituzionale n. 3 del 2001) nel Titolo V della Costituzione, il Ministero “non può rifiutarsi di applicare una norma legislativa sostenendone l’incostituzionalità, essendo il relativo scrutinio demandato in via esclusiva alla Corte costituzionale, con la conseguenza che la legge in ipotesi incostituzionale, fino a quando non venga dichiarata tale, vincola tutti i soggetti dell’ordinamento, ivi compresa la Pubblica amministrazione che è quindi tenuta a farne applicazione;” (cfr. C. Stato, sezione VI, n. 866 del 2014).
La conseguenza delle superiori considerazioni è che i due provvedimenti istitutivi della sperimentazione negli istituti di istruzione secondaria menzionati sopra sono perciò illegittimi per mancanza del parere del Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione, come dedotto da parte ricorrente.
4. Ma vanno condivise anche le censure proposte per prima e per seconda.
Effettivamente l’Atto di Indirizzo del Ministro dell’istruzione in data 4 febbraio 2013 ed in particolare la Priorità n. 5 punto c) espressamente reca: “c) Adeguare la durata dei percorsi di istruzione agli standard europei. Occorre superare la maggiore durata del corso di studi in Italia procedendo alla relativa riduzione di un anno in connessione anche alla destinazione delle maggiori risorse disponibili per il miglioramento della qualità e della quantità dell’offerta formativa, ampliando anche i servizi di istruzione e formazione.”.
Ma tale Priorità collocata quale premessa nei due decreti n. 902 e n. 904 unitamente al d.P.R. n. 89 del 15 marzo 2010 concernente la revisione dell’assetto ordinamentale, organizzativo e didattico dei Licei ed insieme al d.P.R. n. 275 dell’8 marzo 2009 relativo all’autonomia scolastica appare completamente sganciata da essi, per non dire proprio sconnessa sotto il profilo motivazionale, perché in assenza del parere del C.N.P.I. che coniughi l’autonomia delle istituzioni scolastiche e la loro modifica ordinamentale con i bisogni del territorio, l’adeguamento agli standard europei appare costituire piuttosto una motivazione superficiale ed insufficiente a giustificare l’abbreviazione di un anno.
Quest’ultima poi, in assenza di una chiara specificazione circa il valore legale del titolo di studio conseguibile al termine del quadriennio di sperimentazione ed anche in assenza di ogni indicazione circa la sua spendibilità nel mondo del lavoro o per il prosieguo degli studi universitari appare creare realmente quella sperequazione temuta dalla ricorrente organizzazione sindacale rispetto a coloro che effettuano il corso di studi quinquennale, come si è verificato in occasione di altre sperimentazioni (D.M. 10 marzo 1997).
5. Per le superiori considerazioni il ricorso va accolto e per l’effetto vanno annullati i decreti del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca n. 902 e n. 904 del 5 novembre 2013.
6. Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo, con la precisazione che esse vanno attribuite al solo Ministero dell’istruzione, nella considerazione della titolarità della competenza ad adottaro ad esso. Nei confronti degli altri soggetti evocati in giudizio si ritengono giusti i motivi per la compensazione dell spese di giudizio.

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Bis) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla i decreti del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca n.902 e n. 904 del 5 novembre 2013.

Condanna il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca al pagamento di Euro 3.000,00 per spese di giudizio a favore della Federazione Lavoratori della Conoscenza FLC-CGIL e per il resto le compensa nei confronti delle altre Istituzioni scolastiche evocate in giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 maggio 2014 con l’intervento dei magistrati:
Pierina Biancofiore, Presidente FF, Estensore
Giuseppe Chine’, Consigliere
Ines Simona Immacolata Pisano, Consigliere

IL PRESIDENTE, ESTENSORE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 16/09/2014

IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

MATURITA’, DI MEGLIO: APRIRE DIBATTITO SU VALORE LEGALE TITOLO DI STUDIO

MATURITA’, DI MEGLIO: APRIRE DIBATTITO SU VALORE LEGALE TITOLO DI STUDIO

“Sull’esame di Maturità si sta ripetendo il solito copione che va in scena in Italia: si fugge dal nodo centrale del problema. La questione principale non ruota intorno ai commissari interni o esterni, ma al valore legale del titolo di studio. Istituire commissioni composte soltanto da docenti interni non sarebbe una novità, visto che l’esperimento fu tentato già dall’ex ministro Moratti e si rivelò un flop. Se si vuole davvero cambiare l’esame di Maturità, occorre aprire un dibattito culturale serio che coinvolga anche il tema dell’autonomia scolastica”. Così Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti, interviene in merito alle dichiarazioni del ministro dell’Istruzione Stefania Giannini.

“In Italia il diploma di Maturità ha valore legale – spiega Di Meglio – perchè a stabilirlo fu il 90% dell’Assemblea Costituente e i commissari esterni servono per garantire uniformità su tutto il territorio nazionale. Modificare questo sistema è una scelta politica che va dibattuta in Parlamento e non deve essere un’operazione dettata da motivi economici. Non è abolendo i commissari esterni – conclude Di Meglio – che il ministero dell’Istruzione può attuare i risparmi richiesti dalla spending review”.

Tempo perduto

257 TEMPO PERDUTO CONSULTAZIONI CONSULTAZIONI CONSULTAZIONI AMOR CHE A NULO AMATO AMAR PERDONA di Umberto Tenuta

CANTO 257 CHI NON SA FARE UNA COSA SA FARE: LE CONSULTAZIONI!

CINQUANT’ANNI DI CONSULTAZIONI.

Al Ministero ne hanno piene le …mensole degli scaffali!

E, siccome leggere non sanno, ne fanno nuove, digitali, non più da leggere ma da ascoltare.

 

Signori, la Commedia è finita.

Nessuno vi crede più.

Siamo divenuti vecchi facendo consultazioni.

Lo sanno le pietre che cosa occorre fare.

Ma al Ministero non ci sono più nemmeno le pietre!

È una gran pena.

Orsù, mi voglio anch’io alleggerire la pena.

Ascoltate la mia voce, tanto la trovate anch’essa in formato digitale.

Una sola riforma fate della scuola.

La RIFORMA DELL’AMORE.

AMORE dei docenti per la SCUOLA.

AMORE degli studenti per la SCUOLA.

AMORE di Matteo per la SCUOLA.

Tre amori, un solo amore, amore per lo studio, FILOSOFIA.

La Scuola della Filosofia.

Docenti innamorati, innamorati della loro discipline.

Non Professori ma Poeti, Letterati, Storici, Geografi, Scienziati, Musicisti, Artisti…

Dice Bruner che un tempo i docenti erano i Maestri d’Arte, Artisti.

Il Falegname educava piallando con amore il legno, ed i discepoli lo guardavano estasiati.

Il Fabbro si accecava guardando il ferro che si faceva sempre più rosso e sprizzava scintille, scintille d’amore che colpivano al cuore i suoi discepoli.

E che dire di Giotto, di Leonardo, di Michelangelo?

Quale corte di studenti li seguivano silenziosi, ammirati, estasiati, imitandone l’arte!

Così nascevano, non uomini eruditi, ma artisti, scienziati, filosofi.

Nella scuola c’è bisogno di artisti, non di insegnanti!

I Principi lo avevano capito!

Ed alle corti di Firenze e dell’Europa accorrevano gli Artisti, alla ricerca della Gloria e del Pane.

Or nemmeno il pane, il pane quotidiano si dà ai docenti!

Povera Stefany e poveri i suoi pargoletti!

Meno male che c’è Matteo.

Matteo non c’è per i docenti.

E che riforma volete fare?

Non si fanno le nozze coi fichi secchi.

Volete proprio che ve lo traduca in soldoni?

Se i docenti non sono contenti, non possono sposare la scuola ed amare gli studenti.

E se volete che gli studenti tali siano, giovani innamorati di Storia e di Poesia, di Greco e di Latino, allora innamorate i docenti della loro Arte.

Amor che a nullo amato amar perdona…

O Fiorentino, mica hai bisogno di sperperare soldi per una consultazione!

Il tuo Poeta già te lo disse qual è la soluzione.

Maestre innamorate!

Sui portoni delle Scuole è obbligo scrivere:

QUI NON ENTRI CHI NON è FILOSOFO

Traduzione in Italiano:

Qui non entri chi non è innamorato della sua arte.

Ovverossia:

Vade retro, Satana.

Vadano via tutti coloro che non sono innamorati della loro arte!

QUI REGNA AMORE!

 

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Renzi: «Nella scuola 149 mila persone che abbiamo l’obbligo di assumere»

da Corriere.it

Renzi: «Nella scuola 149 mila persone che abbiamo l’obbligo di assumere»

Inaugurazione dell’anno scolastico all’Istituto comprensivo che porta il nome di Pino Puglisi, il sacerdote ucciso dalla mafia. Il premier contestato da operai e precari

«Nella scuola ci sono 149 mila persone che hanno l’obbligo di essere assunte». Matteo Renzi si è rivolto ai docenti precari, anche quelli che fuori protestavano, nell’inaugurare l’anno scolastico nell’Istituto Pino Puglisi a Palermo.«Siamo nelle condizioni di cambiare il meccanismo, di modificare il volto della scuola ma a patto che queste persone facciano uno sforzo, facciano fino in fondo il loro dovere, indicando ai ragazzi che la strada da seguire è quella del merito». Renzi ha aggiunto:«Questo Paese non tornerà a crescere se la ragioneria dello Stato indovinerà la Finanziaria del 2015, ma se tornerà ad avere rispetto per gli insegnanti considerandoli centrali».

Mafia abbassi la testa

«La mafia è ancora forte non solo a Palermo anzi soprattutto al Nord per le sue connessioni economiche. Ma noi siamo qui per fargli abbassare la testa». Parlando a studenti e corpo docente Renzi ha inviato un messaggio di speranza: «Combatteremo la mafia a partire dalla scuola e non ci fermeremo fino a quando sarà sconfitta. E lo sarà».

La contestazione

Il presidente del Consiglio è stato contestato da un gruppetto di persone , operai edili e precari della scuola, che si trovavano davanti all’Istituto comprensivo che porta il nome del Beato Pino Puglisi, il sacerdote ucciso dalla mafia il 15 settembre 1993 nel quartiere di Brancaccio a Palermo. Cori come «Buffone, buffone», «No alla riforma della scuola» e «Presidente vai via» rivolti al premier che è giunto nel capoluogo siciliano per l’inaugurazione dell’anno scolastico. I manifestanti espongono cartelli. A protestare, oltre a edili disoccupati che chiedono lavoro, gruppi di precari della scuola che sollecitano di essere stabilizzati, docenti vincitori di concorso ma rimasti senza cattedra e gli addetti del call center Accenture i cui posti sono a rischi.

Più studenti, stessi prof: parte l’anno scolastico del sovraffollamento

da La Stampa

Più studenti, stessi prof: parte l’anno scolastico del sovraffollamento

Ci sarebbe bisogno di tremila classi in più, ma gli organici sono fermi. E le aule-pollaio peggiorano sicurezza e qualità dell’insegnamento
flavia amabile

ROMA

Da oggi ricominciano le lezioni quasi in tutt’Italia: al rientro dalle vacanze, professori, dirigenti e studenti troveranno lo stesso problema, le classi sovraffollate, molto spesso oltre i limiti consigliati dalle buone regole di una sana didattica e soprattutto oltre quelli prescritti dalle norme di sicurezza. Classi illegali, quindi, classi dove ai presidi non resta che sperare che tutto vada bene perché loro non avevano alternative quando le hanno formate.

 

«Alternative? Non possono essercene – denuncia Marcello Pacifico, presidente dell’Anief – Dalle regioni arrivano dati allarmanti: gli organici sono all’osso e gli studenti aumentano». Se è vero che la scorsa settimana il governo ha firmato l’atto definitivo per l’assunzione di quindicimila insegnanti è anche vero che si tratta soltanto di nuovi prof che andranno a sostituire quelli andati in pensione e che il numero totale non cambia. E quindi non resta che stringere le classi. Come avviene da anni.

 

I tagli più consistenti in base all’adeguamento dell’organico di fatto sulle ultime iscrizioni e bocciature al Centro-Sud: la Sicilia perde 504 cattedre, la Campania 387, la Puglia 340, la Calabria 183. In Basilicata spariscono 58 posti, nel Molise 33, in Sardegna 27 e in Abruzzo 14.

 

Negli ultimi due anni gli alunni sono 64 mila in più, un aumento che è dovuto in parte ai 30 mila iscritti in più nell’anno scolastico appena terminato, in parte ai 34 mila studenti in più che frequenteranno le lezioni a partire da oggi. In totale si tratta di circa tremila nuove classi. Ma il numero di insegnanti resta di 600.839, quindi gli alunni in più devono accontentarsi delle classi già esistenti.

Se i vostri figli si trovano in classi con più di 26/27 compagne e compagni ora sapete da che cosa dipende. Sono quelle che vengono definite classi-pollaio, un fenomeno molto italiano fotografato anche dai dati Ocse appena pubblicati: il numero di alunni per docente – denuncia l’organizzazione – è aumentato del 15% nella scuola primaria e del 22% nella scuole medie.

 

E il rapporto non è destinato a migliorare. «Quest’anno è salito soprattutto il numero degli studenti delle superiori. Lì vi sono i problemi maggiori di sovraffollamento.

È un fatto positivo, vuol dire che è aumentato il numero di ragazzi che ha deciso di continuare gli studi, ma il nostro sistema non è in grado di far fronte a questa domanda in modo adeguato anche perché mancano ancora all’appello 14 mila insegnanti andati in pensione e che nessuno ha ancora sostituito», spiega Francesco Scrima, segretario generale della Cisl Scuola.

 

Ma quanti dovrebbero essere gli alunni nelle classi? Le leggi che regolano la materia sono molte ed è facile che si crei confusione. Secondo la normativa antincendio in un’aula al massimo possono esserci 25 ragazze e ragazzi, limite poi innalzato tra molte polemiche a 29 per la primaria, 30 per le medie e 33 per le superiori.

 

Ma la situazione è più complessa: un’altra normativa sulla sicurezza del 1975 prevede che ogni alunno abbia 1,80 metri quadrati a testa fino alle medie e 1,96 metri quadrati alle superiori. In quanti hanno tutto questo spazio a disposizione? Secondo l’ultima indagine di Cittadinanzattiva sulla sicurezza nelle scuole basata su un campione (non sui dati totali) una classe su cinque ha più di 25 alunni, dunque non è adeguata alla normativa antincendio. E almeno 47 sono irregolari anche se si considera l’innalzamento del limite.

 

Alcuni genitori hanno iniziato a fare ricorso al Tar e hanno anche vinto. È accaduto, ad esempio, in un liceo scientifico di Larino, in provincia di Campobasso dove è stata annullata la formazione di due classi di 26 e 27 alunni.

«Ogni anno per i dirigenti scolastici formare le classi è un compito di enorme responsabilità – spiega Giorgio Rembado, presidente dell’Associazione Nazionale Presidi – Viene svolto alla fine di agosto quando le scuole sanno qual è la disponibilità effettiva di insegnanti. Se c’è un problema di sovraffollamento si chiede l’intervento dell’autorità competente, il Comune o la Provincia, per aumentare gli spazi». In caso di risposta negativa? «Non resta che incrociare le dita e sperare che tutto vada bene», ammette Rembado.

Giannini: alla maturità torneranno i commissari interni

da La Stampa

Giannini: alla maturità torneranno i commissari interni

Esame più efficace se lo si restituisce alla valutazione dei professori che seguono i ragazzi tutto l’anno

Dal 2015-2016 cambierà la maturità. Si tornerà ai commissari interni e non ci saranno più costosissime convocazioni da lontano.

 

«Stiamo pensando che l’esame di maturità che è un punto di sintesi della valutazione di un percorso di studi costerà molto di meno primo, e sarà molto più efficace secondo, se lo si restituisce alla valutazione dei professori che seguono i ragazzi tutto l’anno». Lo ha detto ad Unomattina il ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Stefania Giannini, che oggi ha inaugureyo l’anno scolastico 2014-2015 presso l’istituto tecnico agrario ”Emilio Sereni” a Roma.

Il ministro riflette anche sulla prima prova: «la trovo inutilmente complessa, con una moltitudine di tracce che pochissimi svolgono». E alla domanda su come potrebbe cambiare dice: «penso al modello del saggio breve: un riassunto su più fonti che dà strumenti per valutare lo studente».

 

Quanto alla tesina di maturità, è «un lavoro che già oggi viene svolto ma che andrebbe formalizzato e valutato. Chiuderei l’esperienza della tesina di fine anno, un atto compilativo che è diventato solo un fiore al bavero, una collanina graziosa. Gli studenti dovranno presentare un progetto che riguardi tutto l’anno trascorso, un lavoro più teorico per i licei e un lavoro finito per i tecnici».

Il rebus dell’esame di Maturità. Dopo 20 anni di mezze riforme

da La Stampa

Il rebus dell’esame di Maturità. Dopo 20 anni di mezze riforme

Solo tre ministri degli ultimi dieci non hanno cambiato le regole. Anche la Giannini vuole rinnovare

Flavia Amabile

Negli ultimi venti anni soltanto Maria Chiara Carrozza, Tullio De Mauro e Giancarlo Lombardi non hanno messo il proprio sigillo sull’esame di maturità. Tre ministri su dieci, un’evidente minoranza. E Maria Chiara Carrozza non l’ha fatto solo perché non ne ha avuto il tempo, aveva annunciato una riforma in preparazionemaè arrivato prima il ciclone Renzi a spazzare via Letta e tutto il suo governo. Non c’è nulla da fare, una volta arrivati a viale Trastevere, sbrigate le procedure d’insediamento, il primo pensiero dei nuovi ministri dell’Istruzione è la Maturità. Sembra un antico rito di potere, il nemico degli anni dell’adolescenza viene sottomesso e plasmato secondo il proprio volere. Di riforma in riforma, si va avanti così da oltre novant’anni, con un’accelerazione notevole soprattutto in questi ultimi venti anni, in parte dovuta alla velocità del turn-over dei ministri (e dei loro governi) in parte alla spettacolarizzazione della politica che impone ai ministri di lasciare il segno comunque. E ad un ministro dell’Istruzione in questi tempi di vacche magre quale altra arma resta per entrare nella storia del ministero se non cambiare l’esame incubo di tutti? La ministra Stefania Giannini ha messo un gruppo di collaboratori a lavorare intorno ad una nuova Maturità poco dopo il suo arrivo a viale Trastevere. Il risultato si vedrà – se si vedrà – il prossimo anno. Chissà se immaginava tutto questo Giovanni Gentile, l’inventore dell’esame di Maturità, che allora si chiamava proprio così perché superarlo era davvero un rito di iniziazione alla vita adulta: quattro prove scritte più l’orale sul programma degli ultimi tre anni. La commissione era composta interamente da docenti esterni nominati dal ministro e venivano assegnati tanti voti quante erano le materie affrontate. Per fortuna erano previsti anche esami di riparazione. Nella prima sessione il 75% dei candidati furono falcidiati subito. Si va avanti così per quasi quindici anni, ma l’avvicinarsi della guerra rese necessario un impianto diverso, più semplice. Nel 1937 Cesare Maria De Vecchi ridusse il programma d’esame a quello dell’ultimo anno e nel 1940 Giuseppe Bottai eliminò la commissione esterna: gli spostamenti iniziavano ad essere complicati e costosi. Fini ta la guerra, con l’Italia che si sta ricostruendo, viene ricostruita anche la Maturità. Nel 1947 Guido Gonnella torna all’esame severo di Gentile con due piccole concessioni: i commissari interni accanto agli esterni e la limitazione dei programmi di studio agli ultimi due anni. Nessuno pensa più a toccare l’esame per oltre venti anni. L’onda del Sessantotto però non fa sconti. Fiorentino Sullo nel 1969 propone una Maturità decisamente più semplice: due prove scritte, due materie per l’orale (di cui una a scelta del candidato). Per compensare abolisce gli esami di riparazione e prevede un giudizio di ammissione del consiglio di classe. Il punteggio finale diventa un unico voto espresso in sessantesimi. In realtà sarebbe un esperimento ma la Maturità «facile » resta in vigore per trent’anni con una lieve modifica da par te di F r a n c e s c o D’Onofrio nel 1994: per ridurre i costi, pone dei limiti territoriali nella scelta di presidente e commissari. Nel 1997 Luigi Berlinguer cambia tutto, anche il nome: gli esami di Maturità si trasformano in «Esame di Stato» anche se tutti continuiamo a usare ancora oggi entrambi i nomi. L’esame diventa un sistema di matematico calcolo di punteggi, il massimo è 100/100, il minimo 60/100. Quello che si è svolto durante gli anni dà al massimo 20 punti, le prove scritte aumentano a tre e al massimo danno 45 punti. Il colloquio vale al massimo 35 punti e si svolge su tutte le discipline dell’ultimo anno. La commissione è mista: per metà interni e per metà esterni. Anno 2001: il ministro Letizia Moratti preferisce una commissione costituita da membri interni, solo il presidente è esterno. Cinque anni dopo Giuseppe Fioroni torna ai membri esterni e interni e modifica anche il punteggio: il credito scolastico passa da 20 a 25 punti, il colloquio scende da 35 a 30.Nel 2008 anche Mariastella Gelmini lascia il suo segno: gli studenti vengono ammessi solo se lo studente ha la sufficienza in tutte le materie, e i privatisti devono superare un esame per accedere alla Maturità. Sei anni dopo Stefania Giannini annuncia di voler cambiare ancora: membri interni, addio alle tesine finali, presidente di garanzia. E i ragazzi a questo punto hanno una sola certezza: più che di esame di stato bisognerebbe parlare di lotteria.

Squilla la prima campanella. Un docente su 6 è precario

da La Stampa

Squilla la prima campanella. Un docente su 6 è precario

Il governo nelle aule. Renzi: stop agli incarichi brevi e 149 mila assunzioni

Rispettare gli insegnanti, cancellare i precari, abolire le supplenze brevi: l’anno scolastico ieri è iniziato così, con un nuovo grande segnale di impegno da parte del presidente del governo. Il presidente Matteo Renzi (contestato al grido di «buffone» da un centinaio di lavoratori e disoccupati all’arrivo alla scuola palermitana intitolata a don Puglisi) ha ancora una volta promesso di assumere i precari: «Ci sono 149 mila persone che hanno l’obbligo di essere assunte ». E ha affermato che il Paese «tornerà a crescere non se la Ragioneria indovinerà la legge di stabilità 2015 ma se torneremo ad avere stima, fiducia, rispetto degli insegnanti ». Parole importanti, pronunciate da una persona che sa bene qual è la gravità del problema che ha promesso di risolvere. Le cifre sono per la prima volta nero su bianco in modo ufficiale nel documento «La Buona Scuola» che lo stesso governo ha predisposto. E così Renzi e i suoi ministri sanno bene che sono tornati in classe quest’anno 600 mila e oltre professori di ruolo, 14 mila supplenti che sanno di avere un anno davanti di lavoro e di stipendio e una quota dell’esercito di 112mila supplenti che invece avranno diritto alla fetta meno consistente della torta dell’insegnamento, le sostituzioni che possono andare da pochi giorni ad alcuni mesi. Che differenza c’è tra i primi e i secondi supplenti? E chi saranno i precari che oggi sperano in Renzi? Il meccanismo è complicato, pieno di sigle e di stratificazioni. Ci sono innanzitutto i «precari storici», gli iscritti alle Gae, le Graduatorie ad Esaurimento. Gli iscritti sono 260mila ma ci si può iscriversi anche in più graduatorie, le persone effettive che ne fanno parte sono circa 150-160 mila, molti di loro lavorano da decenni come precari, nella stragrande maggioranza sono donne e l’età media è di 41 anni. Ci sono poi le graduatorie di istituto, quelle a cui attingono i dirigenti che hanno bisogno di sostituire un insegnante di ruolo. Si dividono in tre fasce. La prima corrisponde alle Gae, la seconda comprende gli abilitati, quelli che non fanno parte delle graduatorie ma hanno preso un diploma magistrale prima del 2000 quando dava la possibilità di insegnare, o si sono laureati in Scienze della Formazione che fino al 2008 dava diritto ad insegnare. Sono circa 50 mila persone. Oppure comprende quelli che nei primi anni del Duemila hanno creduto alla promessa delle Sis, le scuole di specializzazione, un altro tipo di corsi di specializzazione che avrebbero dovuto rappresentare una corsia privilegiata di nuovi docenti super- preparati e che si è rivelata soltanto un binariomorto. Sono altre 5000 persone. Ai supplenti della seconda fascia dovrebbe essere destinato il concorso che Renzi ha promesso di bandire per assumere 40mila persone. E, infine, c’è la terza fascia circa 100 mila persone ma costituite per la gran parte (93 mila supplenti) da persone che hanno insegnato complessivamente meno di un mese. Eche quindi il governo non considera veri precari e che quindi non intende stabilizzare. Se Renzi riuscirà a mantenere la sua promessa i conti tornano considerando il turn-over di circa 13-14mila docenti l’anno che vanno in pensione. A rimanere fuori senza motivo, insomma, sarebbero circa 7mila insegnanti di terza fascia. Come spiega Antonio Antonazzo, responsabile della Gilda Insegnanti per il precariato – sono quelli che da anni lavorano nelle scuolemedie.

Entro un anno assumeremo 149mila precari

da La Tecnica della Scuola

Entro un anno assumeremo 149mila precari

Lo ha detto il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, inaugurando l’anno scolastico alla scuola “Don Puglisi” di Palermo: non vuol dire che le butteremo dentro, ma che stiamo cambiando il sistema per far sì che ciò avvenga.

“Tutti colo che hanno assunto un’obbligazione nei confronti dello Stato”, lavorando da anni come supplenti ed essendo inseriti nelle graduatorie ad esaurimento, “verranno assunti nel settembre del 2015”. A confermarlo è stato il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, inaugurando l’anno scolastico alla scuola “Don Puglisi” di Palermo.

Ci sono 149mila persone che attendono di essere assunte, ha aggiunto il premier, “e faremo di tutto per assumerle. Non vuol dire che le butteremo dentro, ma che stiamo cambiando il sistema per far sì che ciò avvenga. Ma occorre fare uno sforzo da parte di tutti per cambiare il sistema”.

Il riferimento di Renzi è sicuramente all’introduzione dell’organico funzionale, che farà risparmiare i soldi delle supplenze brevi. Ma anche alla nuova formulazione degli amenti stipendiali, legati al merito è riservati a partire dal 2018 solo al personale più meritevole. Gli insegnanti, ha fatto capire il capo del Governo italiano, dovranno accettare di essere incentivati in base al loro merito.

Strumenti per l’inclusione sociale

“STRUMENTI PER L’INCLUSIONE SOCIALE – MATRICI ECOLOGICHE E PROGETTO INDIVIDUALE DI VITA PER ADULTI CON DISABILITÀ INTELLETTIVE E/O EVOLUTIVE”

Si svolgerà lunedì 22 settembre p.v. a Roma, presso il Centro Congressi Cavour, l’evento di presentazione del progetto “Strumenti per l’inclusione sociale – matrici ecologiche e progetto individuale di vita per adulti con disabilità intellettive e/o evolutive” – iniziativa finanziata dal Ministero Lavoro e Politiche Sociali ai sensi della lett. f) – L.383/00 annualità 2013 – che, avviata nel giugno scorso, avrà durata annuale.

Scopo del progetto è favorire l’inclusione sociale e il raggiungimento delle pari opportunità per le persone con disabilità intellettiva e/o relazionale rendendo concreto il diritto alla predisposizione di un progetto individuale e sperimentando le matrici ecologiche (strumento innovativo di screening dei bisogni della persona) che saranno adattate alle esigenze delle persone con disabilità intellettive e/o evolutive in età adulta per verificare il loro utilizzo all’interno della rete dei servizi delle strutture Anffas, anche attraverso l’individuazione e formazione della figura del case manager.

Ci sarà quindi un coinvolgimento attivo delle strutture associative relativamente alla parte di sperimentazione dello strumento matrici, di redazione dei progetti individuali e di individuazione di un case manager. In particolare è prevista la partecipazione di circa 15 strutture associative Anffas, di circa 1.000 persone con disabilità intellettive e/o relazionali e loro familiari e operatori e 15 case manager.

Gli obiettivi primari che si pone l’iniziativa sono:

  • Rendere effettivo ed esigibile il diritto delle persone con disabilità intellettive e dello sviluppo alla adeguata predisposizione del progetto individuale ai sensi dell’art. 14 L. 328/2000

  • Sperimentare un sistema di procedure per l’attuazione del progetto di vita in età adulta in coerenza con i domini della Qualità della Vita

  • Sperimentare l’efficacia dei progetti individuali realizzati attraverso le matrici ecologiche

  • Sperimentare e promuovere la figura ed il ruolo del case manager

  • Raccogliere ed analizzare dati sulla qualità di vita delle persone con disabilità intellettive e/o dello sviluppo e sull’impatto degli interventi sulla loro Qualità della Vita, anche nell’ottica del rapporto costi/benefici

  • Fornire raccomandazioni ai decisori politici-istituzionali

programma

Giannini: “I sindacati? non sono nostri interlocutori”

da La Tecnica della Scuola

Giannini: “I sindacati? non sono nostri interlocutori”

 

Ma la Cisl reagisce e rilancia: “Non ci basta essere ascoltati o consultati, vogliamo discutere al tavolo della trattativa”

Difficile trovare una motivazione plausibile per una delle ultime esternazioni del ministro Giannini che si è lasciata andare ad un commento che servirà soltanto a complicare il percorso del “Piano Renzi”.
Stefania Giannini sostiene in sostanza di non considerare i sindacati “interlocutori privilegiati” nel confronto sulle linee guida.
E’ ovvio che la dichiarazione non poteva passare sotto silenzio ed è la CislScuola e dare per prima l’altolà al Ministro.
“Si tratta di una affermazione a dir poco singolare – sottolinea il segretario nazionale Francesco Scrima – visto che si colloca in un ragionamento sulle modalità di retribuzione del personale, materia tipicamente contrattuale”.
E così Scrima coglie anche l’occasione per togliersi qualche altro sassolino dalla scarpa:  “Non è questo per la verità l’unico tema su cui il documento del governo invade prerogative della contrattazione, ma è certamente quello in cui l’ingerenza è più palese”.
Parlando poi della questione della valorizzazione del merito, Scrima afferma che il tema “ancora una volta viene dato in pasto alla pubblica opinione in termini di forzata semplificazione ideologica, stabilendo un’antinomia fra anzianità e merito che non trova riscontro in altri paesi”.
“Per la rappresentanza che esprimiamo
– aggiunge ancora Scrima –  abbiamo titolo ad essere attori nei processi di riforma, in una pratica di dialogo sociale che è cosa ben diversa da una semplice “consultazione” o da qualche sbrigativo sondaggio”.
Insomma, alla CislScuola non basta affatto essere consultati e ascoltati; la richiesta è ben altra ed è molto netta: per le meno sulla materia di carattere contrattuale la strada non può che essere quella di aprire un formale tavolo di confronto.
Resta da capire per quale motivo la Giannini si sia lasciata andare ad affermazioni che non facilitano i rapporti con i sindacati.
La spiegazione più banale è che, forse, il ministro ha poca esperienza di rapporti con le organizzazioni sindacali e non pensava che le sue dichiarazioni avrebbero irritato la “controparte”.  Ma c’è anche un’altra ipotesi: forse la Giannini vuole davvero lanciare una sfida ai sindacati anche solo “per vedere l’effetto che fa”.

Con la banca delle ore gli insegnanti potrebbero essere reperibili sei giorni su sette

da La Tecnica della Scuola

Con la banca delle ore gli insegnanti potrebbero essere reperibili sei giorni su sette

C’è il rischio che la “banca delle ore” si trasformi in un meccanismo per recuperare le ore non svolte in occasione della sospensione delle attività didattiche.

Questioni come il salario e l’orario di servizio settimanale degli insegnanti sono da considerarsi materia contrattuale. É attraverso il rinnovo del contratto che si possono stabilire le differenziazioni economiche di stipendio accessorio  in rapporto ai maggiori  carichi di lavoro assegnati.
È sempre attraverso il rinnovo del contratto  che si stabilisce l’orario di servizio settimanale degli insegnanti e si regolano i tempi da dedicare alle attività funzionali all’insegnamento. Invece il terreno dove si discutono temi di questo genere è cambiato radicalmente. Si è passati dai tavoli contrattuali, dove cercare accordi con le organizzazioni sindacali, alle consultazioni via web, dove trovare consensi con il popolo di internet.
Una domanda sorge spontanea: “Ma il popolo di internet è competente rispetto la conoscenza di certe tematiche?”.
E poi: “Non sarebbe meglio affidare il cambiamento della scuola all’esperienza delle rappresentanze sindacali, che conoscono bene i temi dei diritti contrattuali e quindi potrebbero ottenere qualche buon risultato per tutti gli insegnanti?”.
Per adesso i sindacati rimangono fuori dai giochi, e non sono stati chiamati a rinnovare il contratto della scuola. Il governo vorrebbe cambiare le regole del gioco senza passare per il rinnovo contrattuale, anzi vorrebbe addirittura bloccare il contratto per tutto il 2015 e gli scatti di anzianità fino al 2018. In buona sostanza prima si cambiano le regole del gioco e poi, semmai ci sarà l’opportunità, ma sempre dopo il 2018 si potrà parlare di rinnovo contrattuale.
Una “buona scuola” può trovare attuazione, solo se si rinnova un “ottimo contratto”.  In regime di una “vacanza contrattuale” permanente, non ci sono i presupposti per avviare una buona scuola. Tuttavia le novità proposte dal governo sulla scuola sono tante. Per esempio una delle chicche del documento governativo sulla riforma della scuola è quella della “banca ore”. Ma cosa è la banca delle ore e come funzionano?
Facciamo un esempio preciso: supponiamo che il giorno del Santo Patrono, in cui la scuola che si trova nel comune del Beato è chiusa , un tal docente avesse dovuto svolgere 5 ore di lezione, non svolgendole le dovrà restituire alla scuola, sotto forma di ore di supplenza.
La stessa cosa potrebbe accadere per le giornate concesse, una volta al mese per le assemblee d’istituto. L’intenzione è quella di fare recuperare le ore, utilizzandole per supplenze gratuite, di sospensione dell’attività didattica. In buona sostanza su 6 giornate di assemblea d’Istituto l’anno scolastico, tenendo conto che ogni docente ha in media 4 ore di lezione al giorno, in una scuola con 100 docenti si recuperano 2400 ore da dedicare alle supplenze. Un provvedimento che se attuato ammazzerà le supplenze e l’opportunità di molti giovani aspiranti docenti di entrare nel circuito dell’insegnamento. Le ore che i docenti di ruolo dovranno restituire saranno decise dalle scuole al bisogno.
Il timore è che non saranno ore da restituire in modo programmato, ma che potrebbero determinare una continua reperibilità dei docenti. In buona sostanza se si ammala all’improvviso  un docente, applicando il meccanismo della banca delle ore, un insegnante della scuola, e in particolare della stessa disciplina del docente malato, dovrebbe essere reperibile per fare la sua supplenza compensativa.
Si tratta di una reperibilità  dal carattere permanente che potrebbe essere richiesta ad ogni docente sei giorni su sette, e magari anche il giorno libero.
Tutto questo dovrebbe essere regolamentato dai contratti di lavoro, ma il Governo preferisce agire da solo senza confrontarsi con i sindacati. Staremo a vedere quali saranno gli esiti di tali riforme portate avanti senza il consenso delle parti sindacali.

Graduatorie III fascia Ata: come compilare i modelli D1 e D2?

da La Tecnica della Scuola

Graduatorie III fascia Ata: come compilare i modelli D1 e D2?

L.L.

Una guida alla compilazione dei due allegati per l’inclusione o la conferma dell’iscrizione nelle graduatorie d’istituto di III fascia del personale Ata per il triennio 2014/2016. Scadenza per l’invio in modalità cartacea: 8 ottobre 2014

Dopo la scheda riassuntiva dei requisiti e dei titoli di accesso che è necessario possedere per poter presentare la domanda per l’inclusione (allegato D1) o conferma (allegato D2), di seguito proponiamo una guida per la compilazione dei due modelli, allegati alla nota prot. n. 8921 dell’8 settembre 2014.

Iniziamo dal più semplice, l’allegato D2, che deve essere presentato da coloro che erano già inseriti nelle graduatorie del 2011 e devono soltanto confermare l’iscrizione e il relativo punteggio (pur potendo inviare la domanda ad una scuola/provincia diversa da quella del 2011).

Nel frontespizio del modello è necessario indicare la scuola alla quale si presenta la domanda e che la gestirà.

Nella sezione A bisogna indicare i proprio dati anagrafici, compresi i recapiti ai quali si vuole essere contattati per il conferimento delle supplenze.

Nella sezione B bisogna indicare la scuola alla quale era stata presentata la domanda per le graduatorie 2011/2014.

Nella sezione C è, invece, necessario riportare eventuali titoli di preferenza, che possano dare diritto, a parità di punteggio, alla precedenza.

Nella sezione D vanno indicate, infine, le condizioni generali per l’accesso ai pubblici impieghi: cittadinanza, diritti civili, eventuali procedimenti penali, idoneità fisica, ecc.

Più complessa la compilazione dell’allegato D1, riservato, invece, a coloro che vogliono iscriversi per la prima volta oppure per coloro che erano già iscritti, ma hanno nuovi titoli/servizi da dichiarare o chiedono l’inserimento in altri profili.

Frontespizio e sezione A sono uguali al modello D2.

La sezione B è suddivisa in sottosezioni:

  • Sezione B1 – titolo di studio di accesso: barrare la X e i relativi profili per i quali si accede con il possesso del prescritto titolo di studio; barrare la Y e i relativi profili per i quali si accede senza il prescritto titolo di studio, ma solo se inclusi in una precedente graduatoria o con almeno 30 giorni di servizio, anche non continuativi.
  • Sezione B2 – modalità di accesso: barrare la modalità di accesso scegliendo tra:
    • A: nel caso di nuova inclusione, quindi per coloro che non sono già inclusi in una precedente graduatoria;
    • B: per chi è già incluso in graduatoria permanente per uno o più profili e chiede l’inserimento, nella stessa provincia, in III fascia per altri profili diversi da quelli delle precedenti graduatorie;
    • C: per chi è già incluso nelle graduatorie/elenchi ad esaurimento provinciali per uno o più profili e chiede l’inserimento, nella stessa provincia, in III fascia per altri profili diversi da quelli delle precedenti graduatorie;
    • D: per chi è già incluso in graduatoria permanente per uno o più profili e chiede l’inserimento, in provincia diversa, per i medesimi profili in III fascia (è necessario richiedere il depennamento dalle precedenti graduatorie);
    • E: per chi è già incluso nell’elenco provinciale ad esaurimento o nelle graduatorie provinciali ad esaurimento di collaboratore scolastico per uno o più profili e chiede l’inserimento, in provincia diversa, per i medesimi profili in III fascia (è necessario richiedere il depennamento dalle precedenti graduatorie);
    • F: per chi è già incluso nelle graduatorie del triennio 2011/2014 di III fascia per uno o più profili e chiede l’inserimento, per i medesimi profili, nelle graduatorie di III fascia per il triennio 2014/2017 (è necessario indicare la scuola alla quale, all’epoca, si era presentata la domanda);
    • G: per chi ha effettuato 30 giorni di servizio in uno o più profili e chiede l’inserimento per i medesimi profili in III fascia.

Sezione C – richiesta inserimento nelle graduatorie di III fascia

Per ogni profilo nel quale si chiede l’inserimento in III fascia, bisogna indicare il titolo di accesso e la modalità di accesso. Per gli assistenti tecnici è possibile indicare anche il possesso di specifiche patenti.

  • Sezione C1 – titolo di accesso previsto dal precedente ordinamento: per coloro già inclusi in precedenti graduatorie vanno indicati i titoli di studio del precedente ordinamento.
  • Sezione C2 – titoli specifici per gli assistenti tecnici: per gli assistenti tecnici va specificata la tipologia di titoli posseduti.

Sezione D – titoli culturali

Devono essere indicati il titolo di accesso e gli altri titoli culturali posseduti.

Sezione D1- certificazioni Informatiche: vanno indicate le certificazioni informatiche possedute tra quelle riportate nel modello.

Sezione E – titoli di servizio

 

  • Sezione E1 – titoli di servizio scolastico: è necessario indicare i servizi prestati a qualsiasi titolo nelle scuole statali e non statali, che saranno valutati ad anno scolastico. Si deve includere anche il servizio d’insegnamento.
  • Sezione E2: titoli di servizio presso altre amministrazioni: è necessario indicare i servizi svolti in altre amministrazioni statali o enti locali, che saranno valutati per anno solare.

Sezione F- titoli di preferenza

Riportare eventuali titoli di preferenza, che possano dare diritto, a parità di punteggio, alla precedenza.

Sezione G – richiesta di Depennamento

Compilare solo se inclusi in altre graduatorie, in altra provincia, e si chieda l’inclusione in III fascia in provincia diversa. Per la richiesta di depennamento è necessario compilare anche l’allegato D4 da presentare, sempre entro l’8 ottobre 2014, all’Ufficio scolastico provinciale della provincia nelle cui graduatorie l’aspirante è inserito.

Sezione H – valutazione titoli

Vanno riportati i punteggi spettanti ai sensi delle tabelle di valutazione A/1, A/2, A/3, A/4, e A/5 in allegato al D.M..

Sezione I – altre dichiarazioni

Riportare le condizioni generali per l’accesso ai pubblici impieghi: cittadinanza, diritti civili, eventuali procedimenti penali, idoneità fisica, ecc.

Svuotiamo le graduatorie e dal 2016 per chi vuole insegnare rimarrà solo il concorso

da La Tecnica della Scuola

Svuotiamo le graduatorie e dal 2016 per chi vuole insegnare rimarrà solo il concorso

Lo ha detto il ministro delle Riforme istituzionali, Maria Elena Boschi, in visita nella scuola Mameli di Laterina, in provincia di Arezzo, la stessa che lei ha frequentato nel suo paese d’origine: rimarrà l’unico strumento per accedere all’insegnamento in modo trasparente.

Sul nuovo reclutamento il Governo sembra avere le idee: svuotare le graduatorie e da 2016 assumere solo tramite concorso a cattedra. La conferma di quanto indicato nelle linee guida è arrivata dalle parole del ministro delle Riforme istituzionali, Maria Elena Boschi, in visita nella scuola Mameli di Laterina, in provincia di Arezzo, la stessa che lei ha frequentato nel suo paese d’origine.

“Cercheremo il prossimo anno di mettere chiarezza nella situazione degli insegnanti – ha detto Boschi il 15 settembre, in occasione dell’avvio del nuovo anno scolastico – che sono precari da anni. Dovremo sostituire chi va in pensione, affronteremo anche le nuove esigenze perché sappiamo che sarà necessario avere più insegnanti per far fronte alle esigenze degli studenti. Dobbiamo esaurire le graduatorie che già ci sono, dopodiché resterà il concorso lo strumento per accedere all’insegnamento in modo trasparente”, ha concluso il ministro.