Maker Faire, selezionati 17 progetti di scuole per la mostra a Roma

Maker Faire, selezionati 17 progetti di scuole per la mostra a Roma

Saranno esposti insieme a oltre 500 invenzioni provenienti da tutto il mondo dal 3 al 5 ottobre all’Auditorium Parco della Musica, che si trasformerà in un grande villaggio dedicato all’innovazione, alla creatività e al digital manifacturing
http://www.lastampa.it/2014/09/21/tecnologia/maker-faire-selezionati-progetti-di-scuole-per-la-mostra-a-roma-VWcanx8UhkVta4MGkYh2SL/pagina.html

PAS: Consiglio di Stato emana altri sei decreti monocratici e ammette con riserva alla frequenza dei corsi

PAS: Consiglio di Stato emana altri sei decreti monocratici e ammette con riserva alla frequenza dei corsi altri ricorrenti Anief

 

Annullate le ordinanze cautelari di rigetto del Tar Lazio e riammessi docenti con 360 giorni di servizio svolto in due o più anni, con 540 senza servizio specifico o con servizio prestato nelle sezioni primavera o di religione grazie all’appello proposto dagli avv. S. Galleano / V. De Michele‎ sui ricorsi proposti dagli avv. F. Marcone / R. Verticelli.

 

Con gli ultimi decreti monocratici nn. 4079, 4080, 4081, 4087, 4228 e 4229 relativi ai ricorsi nn. 8190, 8189, 8188, 10064, 10636, 10639 di questa settimana sono ancora centinaia i ricorrenti che possono iscriversi con riserva ai corsi Pas per il conseguimento dell’abilitazione, secondo un preciso orientamento dei giudici di appello che riformula le pronunce negative nn. 3689, 3690, 3691, 3688, 3685, 3686 del tribunale di primo grado.

 

Grazie ancora una volta all’operato dei legali dell’Anief‎, diversi docenti che insegnano nelle nostre scuole possono aver riconosciuto il diritto al conseguimento di un’abilitazione guadagnata tra i banchi.

 

Verso uno sciopero unitario dei sindacati di base

da La Tecnica della Scuola

Verso uno sciopero unitario dei sindacati di base

Discreto risultato dello sciopero Unicobas del 17 settembre: si parla di un 5% a livello nazionale. Ma i sindacati di base stanno pensando ad un’azione unitaria per contrastare la legge di stabilità che potrebbe penalizzare ulteriormente i lavoratori della scuola e del pubblico impiego.

Archiviato da poche ore lo sciopero Unicobas del 17 settembre, già si parla delle prossime iniziative di protesta.
La lista è lunga e copre diverse date dagli inizi di ottobre fino a novembre inoltrato.
Per intanto una annotazione sullo sciopero Unicobas sulla cui adesione il Miur non ha ancora fornito i dati. Il segretario nazionale Stefano d’Errico parla di un 5% nazionale, che significherebbe percentuali anche superiori al 15% nelle aree dove il piccolo sindacato di base è maggiormente presente (Roma, Milano, Toscana  e Campania); in questo caso percentuali alte anche a Genova dove i Cobas hanno aderito ufficialmente alla protesta.
Sembra insomma che, in questa fase,  il sindacalismo di base stia riprendendo quota approfittando forse anche del fatto che i sindacati rappresentativi non riescono a mettere alle strette più di tanto Giannini e Renzi che anzi continuano a dire che sulla “riforma” si andrà avanti comunque anche senza confronto con le parti sociali.
E così il 10 ottobre i Cobas sciopereranno insieme con i movimenti degli studenti, mentre per l’8 novembre è in programma una manifestazione nazionale dei sindacati confederali a difesa del pubblico impiego e contro la revisione dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori.
Il SISA ha già indetto il tradizionale sciopero del 17 novembre in concomitanza con la giornata mondiale dello studenti.
Ma è sulla legge di stabilità che il Governo si giocherà la propria credibilità e ormai i tempi sono molto stretti perché il provvedimento, almeno nelle sue linee generali, diventerà pubblico nei prossimi 10-15 giorni.
I sindacati di base sono già sicuri che la manovra finanziaria penalizzerà ulteriormente i lavoratori e in particolare la scuola e il pubblico impiego, tanto che già si parla di uno sciopero generale nazionale che potrebbe essere collocato proprio nel momento in cui in Parlamento si arriverà al cuore del dibattito sulla legge di stabilità (generalmente questo avviene  nella seconda metà di novembre).
E sono in molti a prevedere che, questa volta, i sindacati di base potrebbero trovare l’accordo per una azione unitaria anche perché il disagio all’interno delle scuole è sempre maggiore.

Direttiva sulla valutazione: una delle tante “grida manzoniane”?

da La Tecnica della Scuola

Direttiva sulla valutazione: una delle tante “grida manzoniane”?

Il sospetto è fondato, dal momento che si parla di valutare il 10% delle scuole ogni anno. Per valutare l’intero sistema nazionale occorrerebbero quindi 10 anni. Il paradosso: la scuola X potrebbe essere valutata una prima volta nel 2016 e una seconda volta solamente nel 2035! Poco si dice anche sulle risorse in campo

La direttiva sul Sistema nazionale di valutazione sembra voler lanciare un messaggio al mondo della scuola: “Guardate che questa volta si fa sul serio. Sulla valutazione di scuole e insegnanti non torniamo più indietro”.
Ma è davvero così?
A leggere i comunicati sindacali pare che ormai sia proprio cosa fatta, tanto che la Cisl (e non solo) lamenta l’assenza di confronto con i sindacati, mentre la Gilda affila già le armi e chiede il rinvio di un anno di tutta l’operazione.
Francamente a noi sembra che la direttiva sia in buona parte una delle tante “grida manzoniane” che di tanto in tanto vengono lanciate da chi governa la scuola (talora è stato persino lo stesso Parlamento ad approvare leggi che non sono mai state attuate).
I motivi di questo giudizio sono facilmente sintetizzabili.
Intanto se si legge con attenzione la direttiva si scopre che – alla resa dei conti – per ora verrà  “valutata” solamente una scuola su 10 ogni anno: se la matematica non è un’opinione questo significa che per estendere il processo a tutto il Paese ci vorranno esattamente 10 anni, cioè la prima tornata si concluderà nel 2025 e bisognerà attendere addirittura il 2045 perché ogni scuola italiana riceva almeno tre visite del nucleo di valutazione. Tempi non biblici ma geologici.
Di fatto sarà pressoché impossibile capire se davvero una scuola “migliora” nel proprio percorso di autovalutazione: in 10 anni cambiano moltissime variabili (possono succedersi 3-4 dirigenti scolastici diversi, la composizione della popolazione scolastica può cambiare in modo significativo a causa dei flussi migratori, i processi di deindustrializzazione possono modificare la stessa base sociale di riferimento).
Senza considerare che l’intero piano si potrà realizzare a condizione che vi siano risorse sufficienti. I nuclei di valutazione dovranno essere formati da esperti provenienti da altre regioni. E’ stato fatto un conto approssimativo del costo dell’operazione? La direttiva dice che le risorse andranno ricavate dai fondi assegnati a Invalsi e Indire che però dovranno occuparsi anche della formazione di dirigenti scolastici e insegnanti. Insomma, la sensazione è che si dovranno – come sempre – “fare le nozze con i fichi secchi”.
Il sospetto è appunto che – alla fine – le nozze potrebbero essere rinviate se non addirittura annullate.

Molti diritti e pochi doveri: succede anche questo

da La Tecnica della Scuola

Molti diritti e pochi doveri: succede anche questo

Purtroppo ci sono anche docenti che tutto pretendono e poco danno in cambio. Per fortuna sono pochi ma certamente non fanno il bene della categoria.

Fare finta di non sapere o, ancora peggio, fare finta di non capire quali sono i proprio doveri è una pratica disdicevole soprattutto se ad attuarla è un insegnante.
Ci sono infatti taluni insegnanti, pochi per fortuna, che sono sempre pronti a pretendere i propri diritti contrattuali, salvo scordarsi dei propri doveri. Questi insegnanti, che strumentalizzano i diritti contrattuali per i loro bisogni, e che trascurano tutta quella parte contrattuale in cui sono indicati i doveri individuali e collegiali del docente, fanno il male della scuola. e mettono soprattutto in cattiva luce l’ottimo operato di tantissimi bravi insegnanti.
In buona sostanza stiamo parlando di quella sacca residuale di docenti negligenti ed anche un po’ fannulloni, che si ammalano ogni anno per un certo periodo, che sono sempre in ritardo all’inizio delle lezioni e che magari scappano da scuola anche qualche minuto prima del suono della campanella.
Stiamo parlando di quei docenti che non si preparano le lezioni e che in classe svolgono male il loro compito di insegnante, che non riescono a preparare  a dovere i propri alunni, che non si mettono mai in discussione e che arrivano a dire, quando vengono contestati, libro di testo alla mano, dai loro stessi studenti: “Ragazzi il libro è sbagliato, ho ragione io”.
Docenti strampalati che pensano che tutto sia loro dovuto e che nulla debbano dare, docenti che meriterebbero di essere destinati ad altri compiti o addirittura licenziati.
Ovviamente un licenziamento per giusta causa, dovuta allo scarso rendimento e ad una evidente negligenza permanente.
A causa di costoro, che abusano dei diritti contrattuali e snobbano i corrispettivi doveri,  c’è qualcuno che mette in discussione l’intero  valore contrattuale. Non è il contratto a dovere stare sul banco degli imputati, ma piuttosto sono i prof negligenti che pretendono i diritti, dimenticandosi i propri doveri, a dovere subire le conseguenze del loro cattivo operato. Bisognerebbe garantire, a tutti quei docenti che si impegnano e sono diligenti e corretti, i diritti contrattuali, mentre bisognerebbe attivare canali di visite ispettive accurate, per combattere il fenomeno negativo, ma limitato, di quei docenti furbi, negligenti e non capaci ad insegnare. Non si comprende come sia possibile che un docente negligente, e che si comporta non rispettando i doveri del contratto, possa rivendicare, cercando di minacciare di ricorrere al giudice del lavoro, un orario senza buchi, il giorno libero richiesto, l’assegnazione da parte del dirigente scolastico, di talune classi, piuttosto che altre, o nel caso il docente negligente insegni più di una disciplina, il rapporto bilanciato delle ore delle due discipline che sarebbe chiamato ad insegnare. Pretese che avrebbero legittimità qualora il docente avesse operato con diligenza, serietà, professionalità e che magari la sua leadership culturale fosse riconosciuta dagli studenti, dalle famiglie ed anche dal contesto scolastico. Invece è triste vedere che a pretendere certi “diritti etici” siano proprio quei prof negligenti che meriterebbero il licenziamento per giusta causa. I diritti contrattuali sono una cosa seria e andrebbero utilizzati solo nel momento del vero bisogno e non dovrebbero mai essere considerati come un privilegio da utilizzare, in modo totalmente irresponsabile e deprecabile dal punto di vista civico, per il proprio vizio o piacere. È giusto isolare e biasimare quei prof negligenti che pretendono i propri diritti, anche quando non né hanno bisogno, e poi si dimenticano quali sono i loro doveri.

Alunni disabili, non più di due per classe

da La Tecnica della Scuola

Alunni disabili, non più di due per classe

Il Tar Sicilia ha infatti disposto l’annullamento del provvedimento con cui il dirigente scolastico di un istituto superiore del capoluogo siciliano aveva disposto l’accorpamento di due classi prevedendovi l’inserimento di quattro alunni disabili.

Secondo il Tar Palermo deve ritenersi illegittima la formazione di una classe con un numero di alunni superiore a venti, che comprenda più di due alunni disabili.

Con sentenza dello scorso 10 settembre, il Tar Sicilia ha infatti disposto l’annullamento del provvedimento con cui il dirigente scolastico di un istituto superiore del capoluogo siciliano aveva disposto l’accorpamento di due classi prevedendovi l’inserimento di quattro alunni disabili.

A fronte della previsioni di cui al DPR 81/2009, il Tar ha rilevato che una lettura improntata a parametri di logicità impone di ritenere che il limite dei venti alunni ivi previsto per le classi iniziali debba considerarsi valido per tutte le classi, ivi comprese quelle intermedie; contrariamente, si giungerebbe infatti al risultato, totalmente contrario allo spirito, alla logica e alla ratio della disciplina, di consentire, in astratto, per le classi intermedie, un aumento del numero di allievi rispetto a quelli di provenienza (da 20 a 22) in ipotesi di presenza di disabili, e, per altro verso, una riduzione (da 27 a 22) per tutte le altre classi in cui non è contemplata la presenza di disabili.

Detta lettura offerta dai Giudici amministrativi, si pone in linea con le indicazioni ministeriali; con le circolari n. 18 del 2013 e n. 34 del 2014, inerenti la formazione delle classi, il Ministero dell’Istruzione ha infatti invitato le strutture periferiche dell’Amministrazione a “limitare, per quanto possibile, in presenza di grave disabilità, la formazione delle stesse con più di 20 alunni”.

Gli istituti coi licei di 4 anni: “L’anno è avviato, non possiamo fermarci”

da La Tecnica della Scuola

Gli istituti coi licei di 4 anni: “L’anno è avviato, non possiamo fermarci”

La sperimentazione per accorciare gli studi da cinque a quattro anni nelle superiori, sollecitata dall’ex ministra Carrozza e bocciata dal Tar, continua nelle quattro scuole coinvolte: “Ci siamo preparati bene e per mesi e non possiamo fermarci”.

Il Fatto quotidiano riporta la protesta dei quatto istituti superiori dove è stato ridotto, in via sperimentale,  il corso di studio da 5 a 4 anni. Le scuole infatti, dopo la sentenza del Tar che ha bocciato la sperimentazione, si trovano davanti a un bivio: andare avanti, confidando nel ricorso, oppure fare retromarcia? “Noi vorremmo proseguire – spiega Nadia Catanneo, preside dell’Ite “Enrico Tosi” di Busto Arsizio, uno degli istituti coinvolti – ma l’ultima parola spetta al Ministero”.

Ministero che ancora non si è espresso in maniera definitiva, anche se il liceo di quattro anni resta tra gli obiettivi del Governo, considerato che è inserito nel questionario della grande consultazione online lanciata dal governo. Con la sentenza del Tar, che boccia pesantemente la sperimentazione, rimane un problema gravoso per queste scuole dove fra l’altro gli studenti si sono già iscritti, sulla base proprio di tale offerta formativa, e dove i professori hanno già preparato programmi e lezioni.

Per questo pensiamo che vita dura ha una Nazione dove molta parte delle sue leggi sono frutto, non del volere popolare, rappresentato dal Parlamento, ma dalla giustizia civile. E diciamo questo al di là di questo caso specifico (siamo contrari ad accorciamenti condizionati dai soldi), ma alla luce di tutto quello che ha percorso, per esempio, la scuola.

Agli Its più soldi se consentiranno più occupazione

da La Tecnica della Scuola

Agli Its più soldi se consentiranno più occupazione

P.A. 

In tempi di pagella generalizzata e premialità diffusa, si è pensato anche agli Its, gli Istituti tecnici superiori, per i quali scatterà un premio se dimostreranno di avere ottenuto ottimi risultati.

Martedì 23 settembre al Ministero dell’Istruzione, riporta la notizia Il Corriere della Sera, sarà presentato il Sistema di monitoraggio e di valutazione dei percorsi formativi, realizzato dalle Fondazioni degli Istituti Tecnici Superiori, illustrato dal sottosegretario Gabriele Toccafondi: “È un momento importante perché nel corso dell’evento saranno illustrate le modalità e i criteri di attuazione del sistema che ha messo a punto le modalità di applicazione degli indicatori di risultato per poter accedere a ulteriori finanziamenti. Si viene a realizzare così un sistema di premialità per quegli Its virtuosi che hanno saputo equipaggiare gli studenti di quelle competenze utili per inserirsi con successo e in modo permanente nel mondo del lavoro. Si chiude l’era dei finanziamenti a pioggia: gli Its avranno la loro pagella e per i migliori scatterà un premio”.

L’Indire a sua volta illustrerà in dettaglio i contenuti e le procedure di rilevazione che verranno applicate ai percorsi delle 74 Fondazioni sino a oggi costituite.

Come è noto gli ITS è un percorso post diploma di due anni per formare figure professionali richieste dal mercato e dal territorio in cui le scuole stesse sono radicate.

Si tratta di scuole dove alla teoria, con il 50% delle docenze effettuate dal mondo della produzione, si affianca il 30%  di tirocinio attivo, ed è articolato  in sei diversi indirizzi: nuove tecnologie per il made in Italy; mobilità sostenibile; efficienza energetica; tecnologie innovative per i beni e le attività culturali; tecnologie della informazione e della comunicazione; nuove tecnologie della vita.

Da quest’anno, scrive sempre Il Corriere,  il fondo Miur e i fondi regionali che finanziano gli Its verranno distribuiti in questo modo: il 20% in relazione alla popolazione residente nella Regione di età compresa fra i 20 e i 34 anni; il 70% sulla base dei ragazzi ammessi al secondo anno e di quanti sono stati ammessi all’esame finale; per il 10% a titolo di premialità per quegli ITS che hanno ottenuto un punteggio pari o superiore a 70 secondo criteri che riguardano, fra l’altro, l’occupazione dei diplomati a 6 e a 12 mesi dalla fine del corso. Quindi in definitiva più si assume più cadono fondi prendi.

DiSAL: valutare presto e bene, ma valutare tutti

da tuttoscuola.com

DiSAL: valutare presto e bene, ma valutare tutti

Un comunicato dell’associazione DiSAL prende posizione sulla direttiva del Miur del 18 settembre che fissa obiettivi e compiti del Sistema Nazionale di Valutazione lamentando che “l’unica parte del personale ad essere da subito valutata sarà la dirigenza scolastica, che dovrà rendere conto sia delle sue competenze professionali, sia dei risultati raggiunti con il piano di miglioramento“.

Ma “i dirigenti – ha dichiarato il presidente nazionale di DiSAL Ezio Delfino  – sono caricati oggi di tante e gravi responsabilità di conduzione della scuola entro i difficili confini di un’autonomia limitatissima e congelata, con pochissimi strumenti  per il miglioramento delle scuole”.

Noi invece – ha sottolineato Delfino  – riteniamo che tutti gli operatori della scuola debbono  essere valutati, presto e bene, con lo scopo di rendere la scuola più adeguata e attenta alla domanda di educazione e di istruzione delle giovani generazioni ed alle giuste attese delle comunità sociali verso un servizio che deve essere moderno ed efficace”.

La Direttiva, riconosce DiSAL, sembra avere il merito di rimettere in moto una macchina che non riusciva a partire, nonostante ne fosse stato discusso per anni il design e studiata con attenzione la carrozzeria. Ma anche se messa in moto la macchina potrebbe non camminare per una serie di motivi, così elencati:

– come è possibile valutare l’efficacia di un servizio limitandosi ai dirigenti e non comprendendo anche docenti e amministrativi (periferici e centrali) ?

– chi verifica la validità dei Rapporti di autovalutazione per non rischiare di ridurli ad un inefficace adempimento che fa compilare inutilmente pagine e pagine ancorché in formato elettronico?

– come potrà un sempre più esiguo corpo ispettivo avere strmenti sdeguati e tempo sufficiente per valutare ogni anno il dieci per cento delle scuole italiane, coadiuvato da esperti della valutazione scolastica  tutti da formare e fuori della regione in cui si svolge il proprio servizio?

– dov’è il riconoscimento del merito, cioè il nesso tra esito positivo delle valutazioni e riconoscimento economico e giuridico a personale e scuole ? O, di converso, dove sono i provvedimenti in caso di esiti gravemente negativi ?

–  dove sono gli strumenti di assistenza e formazione per le scuole ? Come è possibile che INVALSI e INDIRE seguano le ottomila scuole italiane in questo processo interno – esterno di valutazione e di miglioramento?

– se anche le scuole paritarie dovranno adempiere alla Direttiva, in quanto parte del Sistema nazionale di istruzione, dove si ravvisa il riconoscimento che lo Stato chiede per le nuove incombenze?

Una vera autonomia della scuola, conclude il comunicato, comporta responsabilità e questa richiede una efficace, graduale, geralizzata e pubblica valutazione affinchè anche questa direttiva non diventi un’occasione perduta.

Gli iscritti aumentano, gli organici vanno rideterminati

da tuttoscuola.com

Gli iscritti aumentano, gli organici vanno rideterminati

La consistenza della popolazione scolastica ha costituito il principale elemento che si è preso in considerazione al fine di determinare gli organici. Negli ultimi due anni, si è mediamente verificato, a livello nazionale, un aumento progressivo degli iscritti e ciò a fronte di un organico invariato. La variazione del numero degli alunni, tuttavia, non si è presentata in maniera omogenea tra le diverse zone del Paese“. Ad esempio: “+12.960 in Lombardia, +9.344 in Emilia Romagna, -5.409 in Sicilia, -3.064 in Puglia“.

Lo ha detto il sottosegretario all’Istruzione, Gabriele Toccafondi, rispondendo in commissione Cultura alla Camera a due interrogazioni a firma Nicodemo Oliverio (Pd) e Giovanni Burtone (Pd). “Proprio tenuto conto di tale disomogeneità – ha spiegato Toccafondi – il ministero ha ritenuto opportuno procedere a una redistribuzione dei posti di organico di diritto tra i vari Uffici scolastici regionali, rispetto all’anno precedente, in misura proporzionale alle variazioni della popolazione scolastica nel frattempo intervenute in ciascuna regione“.

È comunque “intenzione del Governo affrontare anche il tema della determinazione degli organici“, ha concluso il sottosegretario, riconoscendo che l’attuale sistema va migliorato per evitare gli squilibri distributivi che tuttora si notano tra i diversi territori.