Università, firmato il decreto sul Fondo di Finanziamento (FFO)

Università, firmato il decreto sul Fondo di Finanziamento (FFO)
Oltre il 20% delle risorse per premiare la qualità
Introdotto il costo standard, è il primo caso nella PA
Valorizzata la partecipazione all’Erasmus
Giannini: “Riconosciuti gli sforzi dei virtuosi senza
dimenticare chi opera in contesti difficili”

Rivoluzione nell’assegnazione dei fondi alle università: oltre il 22% delle risorse disponibili quest’anno sarà distribuito sulla base delle performance dei singoli atenei, tra quota premiale, programmazione triennale, dottorati di ricerca, fondo per i giovani e fondo perequativo. È la novità principale contenuta nel decreto di ripartizione del Fondo per il Finanziamento Ordinario (FFO), firmato dal Ministro Stefania Giannini e inviato al vaglio della Corte dei conti, che introduce per la prima volta nel calcolo per la ripartizione delle risorse anche il costo standard di formazione per studente in corso. Si tratta di un caso unico nella Pubblica Amministrazione: l’università si pone al centro di un innovativo sistema di distribuzione dei fondi pubblici che legherà quote sempre più consistenti dei finanziamenti alla qualità dei servizi offerti agli studenti.

Da quest’anno non ci saranno più tetti all’incremento degli stanziamenti destinati agli atenei virtuosi, quelli che hanno aumentato il livello della loro prestazione. E cresce sensibilmente la quota premiale del finanziamento (dal 13,5% del 2013 al 18% del 2014), che sarà distribuita prendendo in considerazione anche l’internazionalizzazione delle università, con particolare attenzione per la partecipazione al programma Erasmus. Il decreto tiene conto degli atenei situati in contesti economicamente più deboli, con clausole di salvaguardia che stabiliscono un tetto massimo di riduzione dei fondi pari al 3,5%, contro il 5% del 2013. Nessuna università scenderà comunque sotto il 2,7%. E in base ai nuovi parametri più della metà degli atenei troverà un segno ‘+’ davanti al proprio finanziamento quest’anno. Un miglioramento che riguarda oltre il 50% delle università del Sud.
“Abbiamo introdotto cambiamenti che consentiranno, da un lato, di premiare i virtuosi e i loro sforzi nel fare innovazione e, dall’altro, di non penalizzare atenei che operano in contesti più svantaggiati”, spiega il Ministro Giannini. Una “distribuzione più equa delle risorse, dunque, ma senza penalizzare chi ha una marcia in più – continua il Ministro – Un quadro che si completa con l’intervento a favore dei giovani ricercatori contenuto nella legge di stabilità che offre una maggiore flessibilità nelle assunzioni a chi ha i bilanci in regola”.

Fondi agli atenei, cosa cambia
Il Fondo di finanziamento ordinario ammonta, per il 2014, a poco più di 7 miliardi di euro (7.010.580.532). Il 18% di queste risorse (1.215.000.000) è assegnato alla cosiddetta quota premiale su cui pesano i risultati conseguiti nella valutazione della ricerca (per il 70%), la valutazione delle politiche di reclutamento (20%), i risultati della didattica con specifico riferimento alle aperture internazionali (10%). Anche altri stanziamenti come il fondo per i dottorati, quello per il sostegno ai giovani e il piano triennale delle università (per complessivi 259.296.174 euro) vengono ripartiti attraverso criteri meritocratici. Così come il fondo perequativo, che per l’85% premia l’accelerazione del riequilibrio fra gli atenei. Una fetta della quota base dell’FFO è poi assegnata, per 1 miliardo circa, in base al costo standard di formazione per studente in corso. Un sistema inedito che punta ad agganciare lo stanziamento delle risorse non più a criteri storici, ma alla qualità e alla tipologia dei servizi offerti agli studenti. Il costo standard, che è oggetto di un apposito decreto Miur-Mef, viene calcolato attraverso una formula che mette in relazione i costi che gli atenei sostengono per i diversi corsi di studio (costi dei docenti, degli amministrativi e tecnici, di funzionamento) alla popolazione studentesca in corso. Per evitare sperequazioni è previsto un correttivo territoriale basato sul contesto economico. Si tiene conto anche della capacità contributiva reale degli studenti a partire dai redditi medi regionali pubblicati da Istat.

Il decreto conferma anche quest’anno i 5 milioni di euro destinati al Programma “Rita Levi Montalcini” che ha lo scopo di richiamare studiosi italiani e stranieri che lavorano all’estero. A favore degli studenti ci sono 6 milioni di euro per il sostegno ai diversamente abili e 500.000 euro per i dislessici. E’ poi previsto un fondo di 15,7 milioni di euro a sostegno delle università che sono sede di ex Policlinici universitari a gestione diretta. Anche quest’anno ci sarà uno stanziamento per la promozione delle lauree scientifiche.

Università, firmato il decreto sul Fondo di Finanziamento (FFO)

Università, firmato il decreto sul Fondo di Finanziamento (FFO)
Oltre il 20% delle risorse per premiare la qualità
Introdotto il costo standard, è il primo caso nella PA
Valorizzata la partecipazione all’Erasmus
Giannini: “Riconosciuti gli sforzi dei virtuosi senza
dimenticare chi opera in contesti difficili”

Rivoluzione nell’assegnazione dei fondi alle università: oltre il 22% delle risorse disponibili quest’anno sarà distribuito sulla base delle performance dei singoli atenei, tra quota premiale, programmazione triennale, dottorati di ricerca, fondo per i giovani e fondo perequativo. È la novità principale contenuta nel decreto di ripartizione del Fondo per il Finanziamento Ordinario (FFO), firmato dal Ministro Stefania Giannini e inviato al vaglio della Corte dei conti, che introduce per la prima volta nel calcolo per la ripartizione delle risorse anche il costo standard di formazione per studente in corso. Si tratta di un caso unico nella Pubblica Amministrazione: l’università si pone al centro di un innovativo sistema di distribuzione dei fondi pubblici che legherà quote sempre più consistenti dei finanziamenti alla qualità dei servizi offerti agli studenti.

Da quest’anno non ci saranno più tetti all’incremento degli stanziamenti destinati agli atenei virtuosi, quelli che hanno aumentato il livello della loro prestazione. E cresce sensibilmente la quota premiale del finanziamento (dal 13,5% del 2013 al 18% del 2014), che sarà distribuita prendendo in considerazione anche l’internazionalizzazione delle università, con particolare attenzione per la partecipazione al programma Erasmus. Il decreto tiene conto degli atenei situati in contesti economicamente più deboli, con clausole di salvaguardia che stabiliscono un tetto massimo di riduzione dei fondi pari al 3,5%, contro il 5% del 2013. Nessuna università scenderà comunque sotto il 2,7%. E in base ai nuovi parametri più della metà degli atenei troverà un segno ‘+’ davanti al proprio finanziamento quest’anno. Un miglioramento che riguarda oltre il 50% delle università del Sud.
“Abbiamo introdotto cambiamenti che consentiranno, da un lato, di premiare i virtuosi e i loro sforzi nel fare innovazione e, dall’altro, di non penalizzare atenei che operano in contesti più svantaggiati”, spiega il Ministro Giannini. Una “distribuzione più equa delle risorse, dunque, ma senza penalizzare chi ha una marcia in più – continua il Ministro – Un quadro che si completa con l’intervento a favore dei giovani ricercatori contenuto nella legge di stabilità che offre una maggiore flessibilità nelle assunzioni a chi ha i bilanci in regola”.

Fondi agli atenei, cosa cambia
Il Fondo di finanziamento ordinario ammonta, per il 2014, a poco più di 7 miliardi di euro (7.010.580.532). Il 18% di queste risorse (1.215.000.000) è assegnato alla cosiddetta quota premiale su cui pesano i risultati conseguiti nella valutazione della ricerca (per il 70%), la valutazione delle politiche di reclutamento (20%), i risultati della didattica con specifico riferimento alle aperture internazionali (10%). Anche altri stanziamenti come il fondo per i dottorati, quello per il sostegno ai giovani e il piano triennale delle università (per complessivi 259.296.174 euro) vengono ripartiti attraverso criteri meritocratici. Così come il fondo perequativo, che per l’85% premia l’accelerazione del riequilibrio fra gli atenei. Una fetta della quota base dell’FFO è poi assegnata, per 1 miliardo circa, in base al costo standard di formazione per studente in corso. Un sistema inedito che punta ad agganciare lo stanziamento delle risorse non più a criteri storici, ma alla qualità e alla tipologia dei servizi offerti agli studenti. Il costo standard, che è oggetto di un apposito decreto Miur-Mef, viene calcolato attraverso una formula che mette in relazione i costi che gli atenei sostengono per i diversi corsi di studio (costi dei docenti, degli amministrativi e tecnici, di funzionamento) alla popolazione studentesca in corso. Per evitare sperequazioni è previsto un correttivo territoriale basato sul contesto economico. Si tiene conto anche della capacità contributiva reale degli studenti a partire dai redditi medi regionali pubblicati da Istat.

Il decreto conferma anche quest’anno i 5 milioni di euro destinati al Programma “Rita Levi Montalcini” che ha lo scopo di richiamare studiosi italiani e stranieri che lavorano all’estero. A favore degli studenti ci sono 6 milioni di euro per il sostegno ai diversamente abili e 500.000 euro per i dislessici. E’ poi previsto un fondo di 15,7 milioni di euro a sostegno delle università che sono sede di ex Policlinici universitari a gestione diretta. Anche quest’anno ci sarà uno stanziamento per la promozione delle lauree scientifiche.

INSIEME PER LA SCUOLA

INSIEME PER LA SCUOLA
mercoledì 5 novembre 2014
ore 9-13
ITIS GALILEI
via Conte Verde 51 Roma

L’evento è segnalato sulla piattaforma #labuonascuola.gov.it e vede per la prima volta la partecipazione di 13 storiche associazioni professionali e di scuole per discutere sul Rapporto presentato dal Governo per la nostra scuola. Vogliamo confrontarci e porre questioni fondamentali a interlocutori istituzionali. incontro promosso da
Associazione Docenti Italiani, Associazione Italiana Maestri Cattolici, Associazione Nazionale Dirigenti Scolastici, Associazione Professionale Europea di Formazione, Associazione delle Scuole Autonome del Lazio, Centro di Iniziativa Democratica degli Insegnanti, Coordinamento Genitori Democratici, Federazione Nazionale degli Insegnanti, Legambiente Scuola e Formazione, Movimento di cooperazione Educativa, Proteo Fare Sapere, Unione Cattolica Italiana Insegnanti, Unione degli Studenti.
Trattandosi di un convegno organizzato da associazioni o enti qualificati al Miur è riconosciuto l’esonero dal servizio ai dirigenti e ai docenti delle scuole di ogni ordine e grado.

Protesta dei sindacati contro il blocco dei contratti e lo stop agli scatti

da Il Sole 24 Ore

Protesta dei sindacati contro il blocco dei contratti e lo stop agli scatti

di Eugenio Bruno

Sindacati degli insegnanti sul piede di guerra contro la legge di stabilità. Nel mirino di Cisl scuola, Uil scuola, Flc Cgil, Snals e Gilda ci sono il blocco della contrattazione in vigore dal 2007 e lo stop agli scatti d’anzianità fino al 2014. Alle organizzazioni sindacali non basta la promessa del governo di stabilizzare , a partire dal prossimo anno scolastico, 148.100 precari. Lo hanno ribadito ieri. Prima in una conferenza stampa in cui sono state ribadite le ragioni alla base della petizione #Sbloccacontratto; poi consegnando a Palazzo Chigi gli scatoloni con i moduli firmati da circa 300mila lavoratori del comparto istruzione.

Le richieste al Governo
I sindacati hanno sottolineato come i lavoratori della scuola non possano subire una ingiusta, doppia penalizzazione: «Un contratto scaduto e non rinnovato dal 2007, gli aumenti per anzianità, gli unici possibili, sono fermi, e fino al 2019 non sono previsti aumenti di stipendio». Da qui la duplice richiesta all’esecutivo di effettuare un cambio di passo, modificando la legge di stabilità, e avviare un negoziato che non si limiti al rinnovo del contratto, e non solo. Con annessa la promessa di essere pronti a dare battaglia se non arriveranno risposte.

La replica del ministro Giannini
Una prima risposta è arrivata dal ministro Stefania Giannini. Ma non è quella che i sindacati si attendevano. Pur dicendosi pronta a incontrarli la titolare di viale Trastevere, intervenuta a un convegno a Roma sulle competenze digitali, ha definito la raccolta delle firme «un po’ come il corteo, uno strumento importante e legittimo, ma anche molto legato a una visione passata dei rapporti di forze». E ha poi aggiunto: «Mi auguro che il sindacato abbia tutta la
volontà di mettersi nella direzione del rinnovamento e del cambiamento e di contribuire a dare nel nostro settore quello che esso merita, una scuola che mantenga la grande tradizione del passato ma che si possa rinnovare».

Le posizioni in campo
Parole che non hanno certo trovato l’apprezzamento dei sindacati. Che ha stretto giro hanno fatto pervenire la loro replica. «A noi sembra piuttosto vecchio questo tipo di
attacchi, che sfuggono sempre al merito delle questioni e al confronto con gli interlocutori, in nome di novità che restano tutte da scoprire», ha commentato Francesco Scrima (Cisl scuola). Mentre Massimo Di Menna (Uil scuola) ha fatto notare che il ministro «parla dei sindacati, ma non con i sindacati». A sua volta Mimmo Pantaleo (Flc Cgil) ha invocato rispetto «per le persone che hanno firmato» e ha invitato il governo a «prestare maggiore attenzione al mondo del lavoro e non ascoltare soltanto Marchionne e le imprese»”. Sulla
stessa lunghezza d’onda lo Snals che ha esortato l’esecutivo a mettere sullo stesso piano le firme dei lavoratori e i tweet che tanto vanno di moda. Per il coordinatore della Gilda, Rino Di Meglio, sarebbe opportuno «rileggere Aristotele, il scriveva che quando si vuole parlare con tutti, come questo Governo sta facendo attraverso consultazioni web e cinguettii in 140 caratteri, in realtà si sceglie di parlare soltanto con se stessi».

Musica nella primaria, la sperimentazione prova ad allargarsi

da Il Sole 24 Ore

Musica nella primaria, la sperimentazione prova ad allargarsi

di Francesca Lascialfari

Il piano del governo «La Buona Scuola», nel «Ripensare ciò che si impara a scuola» (capitolo 4), sottolinea come occorra rafforzare l’insegnamento delle discipline artistiche e musicali che rappresentano un patrimonio da valorizzare e promuovere nelle nostre scuole, alimentando così la cultura e la creatività delle giovani generazioni. Per la realizzazione di questo obiettivo, è previsto un investimento di 90 milioni di euro da destinare all’assunzione di docenti di educazione musicale per la scuola primaria.
Nel frattempo, è interessante segnalare che, in numerose scuole primarie della Penisola, è in corso il primo anno di sperimentazione della pratica musicale in attuazione del Dm 8/2011 mediante progetti che prevedono un curricolo di musica di 2-3 ore alla settimana nelle classi terze, quarte e quinte.

La formazione e le linee guida
Lo scorso anno scolastico ha visto la formazione e l’aggiornamento di numerosi insegnanti di scuola primaria in possesso di adeguati titoli accademici e artistici e dei docenti di musica e strumento dei corsi musicali delle scuole secondarie di primo e secondo grado, in attuazione del Dm 31 gennaio 2011, n.8 , avente per oggetto «iniziative volte alla diffusione della cultura e della pratica musicale nella scuola, alla qualificazione dell’insegnamento musicale e alla formazione del personale ad esso destinato, con particolare riferimento alla scuola primaria».
La formazione degli insegnanti si è articolata in 15 corsi, organizzati dal Miur su base regionale o interregionale, ed ha rappresentato la chiave di volta per la concreta attuazione delle azioni di sostegno e sviluppo del curricolo musicale per gli alunni del primo ciclo.
Contemporaneamente, il Miur ha emanato, con la nota n.151 del 17 gennaio 2014, linee guida finalizzate all’avvio di percorsi sperimentali di pratica musicale per gli alunni dalla terza alla quinta classe della scuola primaria. Gli uffici scolastici hanno quindi costituito elenchi regionali di istituzioni scolastiche con i requisiti di qualità necessari per l’attuazione di tali progetti; l’inclusione in questi elenchi rappresenta condizione necessaria per accedere alle varie opportunità di utilizzo del personale, di sperimentazione metodologico-didattica e di assegnazione di eventuali risorse finanziarie.

La sperimentazione
In questo avvio di anno scolastico, in molte scuole primarie è dunque iniziata la sperimentazione di percorsi coerenti con le recenti linee guida e affidati a insegnanti in possesso di specifici titoli conseguiti presso istituzioni dell’alta formazione musicale; negli istituti comprensivi, sono spesso i docenti di musica e strumento che si fanno carico di questi percorsi progettuali, favorendo in tal modo la costruzione di un curricolum verticale di musica che finora non aveva trovato la giusta attenzione e contestualizzazione.
Le scuole hanno così realizzato un qualificato arricchimento dell’offerta formativa; in assenza di finanziamenti da parte del Miur, si è fatto ricorso, non senza fatica, all’utilizzo di spazi di flessibilità didattica ed organizzativa (Dpr 275/99), a una diversa formulazione oraria della cattedra degli insegnanti di strumento, al lavoro a classi aperte e, soltanto in rari casi, al riconoscimento di impegni orari aggiuntivi per gli insegnanti. L’investimento previsto dal governo si rende, pertanto, necessario per mettere a sistema simili percorsi in tutte le scuole primarie e stabilizzare la pratica musicale nella formazione di ciascun alunno mediante un approccio metodologicamente corretto.

Edilizia scolastica, in arrivo concorsi di idee per realizzare istituti innovativi

da Il Sole 24 Ore

Edilizia scolastica, in arrivo concorsi di idee per realizzare istituti innovativi

di Massimo Frontera

Laura Galimberti, coordinatore dell’unità di missione per gli istituti di Palazzo Chigi: «Pronto l’aggiornamento delle norme tecniche e un piano per il repertorio di progetti per l’appalto».

Una scuola radicalmente nuova, nella struttura, nell’architettura, nella funzione didattica e nel rapporto con il quartiere e la città. La sfida è stata aperta da Francesco Profumo, ministro del governo Monti, ma il testimone è oggi arrivato fino alle mani di Laura Galimberti, a capo della struttura di missione per l’edilizia scolastica, fortemente voluta dal premier Matteo Renzi.
Architetto, diplomata al Politecnico di Milano, Laura Galimberti ha svolto la libera attività prima di iniziare una carriera nel settore pubblico, aggiungendo alle competenze di tipo progettuale anche quelle direttive nei campi della manutenzione, del demanio della valorizzazione degli immobili e della finanza immobiliare.
La struttura di missione – composta da sei persone e un dirigente, oltre al coordinatore – è nata per arrivare a una gestione il più possibile unitaria ed efficiente di un’attività statale caratterizzata da un’estrema frammentazione di amministrazioni competenti, programmi e finanziamenti. Ma è ormai chiaro che sulle spalle del coordinatore, Laura Galimberti, c’è anche un’altra mission, molto più ambiziosa: completare appunto il lavoro avviato due anni fa dagli scorsi governi e posare le fondamenta di un nuovo modello di scuola: moderna, bella e funzionale. «Le norme tecniche vigenti sull’edilizia scolastica sono ancora quelle del 1975 – esordisce Laura Galimberti -, norme di tipo prescrittivo e non prestazionale, ma che soprattutto sono superate rispetto alle attuali esigenze didattiche».
Nuove norme tecniche
«Vogliamo arrivare – aggiunge – a una normativa nazionale che possa essere il riferimento unico sull’edificio scolastico, sia pure prevedendo spazi di modifica per le Regioni, per esempio concedendo oscillazioni all’interno di limiti minimo e massimo su alcuni aspetti tecnici». Il primo e unico tentativo è stato fatto dall’ex ministro Profumo. Nell’aprile 2013 la conferenza unificata ha approvato delle linee guida sulla progettazione di nuove scuole. Il documento è rimasto però sulla carta per la mancanza di norme applicative tecniche di dettaglio (sulle quali non è stata raggiunta un’intesa con le Regioni). La struttura di missione ha ora ripreso le fila di questo lavoro, con l’obiettivo di arrivare a una nuova bozza delle norme tecniche, aggiornata, da condividere prima con il ministero dell’Istruzione, poi con gli altri dicasteri interessati e infine con le Regioni e gli enti locali. Il lavoro è nella fase iniziale, anche se, riferisce Galimberti, «in alcune parti l’istruttoria è già completata». Quanto ai tempi, Galimberti si è dato l’obiettivo di definire lo schema delle nuove norme tecniche «entro l’inizio del prossimo anno».
Nel frattempo saranno rinfrescate anche le linee guida sulla progettazione del 2013: «rivedremo ad esempio la parte degli spazi dei laboratori, tutte le scuole dovranno avere questi luoghi e spazi flessibili; le scuole devono prevedere anche spazi individuali più piccoli, spazi agorà e luoghi aperti anche alla città per spettacolo, cultura, sport. Ci possono essere anche spazi per la redditività. In tutto questo il ruolo del progettista è molto importante. Altri elementi potrebbero arrivare dai suggerimenti dei cittadini che fino al 15 novembre possono partecipare allo spazio di discussione sulla “buona scuola” aperto on line dal 15 settembre».
Concorso-tipo per la progettazione
Tutto questo lavoro poi deve “atterrare” nelle città e trasformarsi in cantieri e nuovi edifici. Ed ecco quel sarà il percorso. «Una volta completate le norme tecniche sarà necessario un “test” sul campo: bisogna dare la possibilità ai progettisti di misurarsi con questa importante novità, anche perché dalla prova della progettazione possono arrivare suggerimenti utili a migliorare. Il concorso di idee può rappresentare questo passaggio importante». Un concorso di idee ma con ricadute concrete, sul modello dell’housing contest, l’esperenza lanciata nel 2010 a Milano sul tema dell’housing sociale e che ha visto uniti costruttori edili (Assimpredil), Comune, In/Arch, Federlegno Arredo e ordine degli architetti. Il frutto finale è stato un repertorio di oltre 100 soluzioni progettuali, con indicazione chiara di costi, tempi di realizzazione e performance tecniche. Progetti praticamente pronti per l’appalto.
«La nostra idea – racconta Galimberti – è di lanciare il concorso di idee, cercando poi di concretizzare, in una seconda fase, un percorso attuativo per le soluzioni migliori, in modo che i Comuni interessati abbiano una gamma di possibili scelte progettuali». In questo percorso, Galimberti vuole coinvolgere anche il consiglio nazionale degli architetti. Più in generale, aggiunge Galimberti, «vogliamo arrivare a offrire a tutti Comuni, specie i piccoli centri, una sorta di kit, uno strumento semplice e pratico per arrivare all’appalto dell’opera».
Il bilancio dei programmi di edilizia scolastica (vecchi e nuovi)
Ma l’attività principale che impegna l’unità di missione è quella di stimolo e monitoraggio degli interventi dei vari piani e programmi. In prima fila ci sono i più recenti programmi denominati “scuole nuove”, “scuole sicure” e “scuole belle”.
Galimberti snocciola gli ultimi dati sull’avanzamento di questi programmi. Il primo – scuole nuove – non prevede nuovi stanziamenti ma solo la concessione di spazi finanziari esenti dai vincoli del patto di stabilità, per dare modo agli enti locali di spendere le proprie risorse disponibili per investimenti. Su questa misura c’è da registrare una novità importante: il Dpcm del 28 ottobre scorso (ora alla Corte dei conti per la registrazione) che ha concesso agli enti locali ulteriori spazi finanziari di deroga al patto per il 2014. Per l’edilizia scolastica la novità si traduce nello sblocco di ulteriori 50 interventi che si vanno ad aggiungere ai precedenti 404 sbloccati grazie ai 122 milioni di spazi concessi dal governo (ma utilizzati non completamente). Pertanto il bilancio finale – al 30 ottobre 2014 – è il seguente: su 454 interventi, 62 risultano conclusi, 182 sono in corso, 127 sono «in appalto o in fase preparatoria» e, infine, 83 sono quelli da avviare (cifra che include tutti i 50 interventi sbloccati dal citato Dpcm 28 ottobre).
Più difficile il monitoraggio dei cantieri del programma “scuole sicure”, finanziate con i 150 milioni del decreto 69/2013 (cosiddetto decreto fare) e successivamente con 400 milioni stanziati dalla delibera Cipe del 30 giugno 2014 recentemente pubblicata in Gazzetta . «I finanziamenti – assicura comunque Galimberti – sono in corso di liquidazione agli enti locali proprio in questi giorni».
Quanto ai programmi di più vecchia data, il coordinatore dell’unità di missione spiega che si sta cercando una soluzione per dare una scossa ai due cosiddetti programmi stralcio (che valgono rispettivamente circa 358 e 259 milioni di euro). «Ci sono ancora circa 1.300 iniziative avviate ma non concluse e circa 200 iniziative mai partite; stiamo lavorando a una soluzione da inserire in un veicolo normativo che consenta di aggiornare tutti i progetti che nel tempo si sono “invecchiati”, anche utilizzando, ove possibile, gli eventuali ribassi d’asta», anticipa Galimberti.
Va detto che il tentativo non è nuovissimo, anche se non è mai andato in porto, almeno finora.
Più in alto mare l’utilizzo dei 300 milioni dell’Inail, che nelle nuove scuole potrebbe investire fino a 100 milioni l’anno nel triennio 2014-2016 (come prevede il decreto legge n.69/2013). Il 2014 è ormai quasi passato senza che si sia arrivati a un accordo sulle modalità dell’investimento da parte dell’Istituto. Il dossier Inail è uno di quelli su cui sta lavorando l’unità di missione. Intanto, l’obiettivo più a breve termine è quello di non perdere i 100 milioni dell’annualità 2014, cercando di aggiungere i fondi ai 100 milioni già “appostati” sul 2015.
L’altro importante fronte è quello dei mutui trentennali con la Bei per realizzare nuove scuole . La misura vale circa 900 milioni di investimenti. Il decreto attuativo è stato approvato in conferenza unificata un mese fa. Ma si attende ancora l’ok finale da parte del ministero dell’Economia.

“Buona scuola”, decine di migliaia di risposte. Ecco idee e proposte dei cittadini

da Repubblica.it

“Buona scuola”, decine di migliaia di risposte. Ecco idee e proposte dei cittadini

Ancora 15 giorni per il confronto chiesto da Renzi sul sito e nelle iniziative pubbliche. Poi per il governo la prova delle leggi di riforma

di SALVO INTRAVAIA

OLTRE 53mila questionari compilati e inviati al ministero dell’Istruzione e poco meno di mille e 200 proposte per “costruire insieme la Buona scuola”. La raccolta online di pareri dei cittadini sulle proposte contenute nelle 126 pagine presentate dal presidente del Consiglio un mese e mezzo fa si chiuderà il prossimo 15 novembre e a due settimane dal the end è possibile fare un primo bilancio. Da viale Trastevere si snocciolano i numeri di una consultazione che probabilmente si pensava più partecipata.

Il sito creato appositamente per raccogliere gli umori sia degli addetti ai lavori sia di coloro che hanno semplicemente interesse ad esprimere la propria opinione ha registrato 700mila contatti per circa 5 milioni di pagine visitate. Molte o poche? E dal ministero ci tengono a precisare che “la consultazione è sia online che offline, dunque non si limita ai soli questionari o agli accessi al sito”. “E’ una consultazione – spiegano da Palazzo della Minerva – che prevede la partecipazione attiva da parte dei cittadini che sta avvenendo attraverso i dibattiti organizzati sul territorio e la partecipazione agli eventi del tour del ministero (più di 40).

In generale – secondo gli organizzatori – la scuola sta apprezzando molto la parte offline con partecipazione attiva agli eventi Miur e organizzazione di eventi in proprio”. E sul sito cominciano anche ad arrivare le conclusioni degli 877 dibattiti organizzati – fino alle 18 di ieri sera – in tutte le regioni italiane. Tra le 1.179 proposte avanzate da insegnanti, dirigenti, enti no profit e organizzazioni c’è di tutto.

Le più gettonate, sono all’interno di quella che al Miur chiamano “stanza dello Sblocca scuola”, con 524 proposte e 11mila like. La più popolare in assoluto è quella che chiede la “presenza all’interno di ogni scuola di ogni ordine e grado di un Pedagogista ed un Educatore che costituiscano l’Unità di Educativa Scolastica  che ricoprano le Funzioni Strumentali attualmente svolte dai docenti svolgendo anche un ruolo di coordinamento e di supporto ai docenti, di consulenza pedagogica alle famiglie e di sostegno agli studenti”, che con oltre mille e 500 gradimenti (like) è in testa alle proposte sullo Sblocca scuola. Ma gli italiani chiedono anche classi meno affollate per “sbloccare davvero la scuola”. Tra le “stanze” più affollate troviamo anche quella in cui ci si confronta sulle proposte per “ridurre i costi delle famiglie connessi alla scuola”.

Tra le proposte più apprezzate troviamo la richiesta di “detraibilità delle spese scolastiche”, quella che porta avanti “la libertà di scelta della famiglia, nel pluralismo di scuole statali e paritarie, finanziate tutte con il “costo standard per alunno” in modo che i genitori non debbano pagare rette aggiuntive” e l’idea di inserire i genitori come “membri effettivi nei nuclei di valutazione d’istituto in quanto primi responsabili dell’educazione dei figli (ecco la loro presenza nel Consiglio d’Istituto) e di controllo, in quanto cittadini”. Ma anche “libri di testo disponibili online con licenza libera, i quali possono essere personalizzati dai docenti, divisi in fascicoli secondo i criteri per ciascuno più opportuni, e stampati a basso costo dalle famiglie”. Fantascienza o strade davvero percorribili?

Anche sulla possibilità di aprire le scuole nei pomeriggi e la sera, gli italiani si sono sbizzarriti. La stanza in questione è quella sul Manuale delle scuole aperte: “una guida su procedure, metodi e suggerimenti per aprire le scuole ad attività esterne in orario extra-scolastico e nei periodi di vacanza”. A spuntarla su tutte le altre proposte, finora, è quella sul “Project Management”. “L’insegnamento del “PM”, con l’ideazione ed il compimento di Progetti sponsorizzati da diverse fonti quali, fondi europei, tessuto lavorativo ed enti locali, potrà contribuire a colmare quel “gap” di formazione in termini di, acquisizione di un linguaggio del mondo lavorativo, di migliorare i comportamenti, di sviluppare un approccio alla progettualità ed all’imprenditorialità a prescindere dalla specificità del settore e quindi a sviluppare quelle le conoscenze, competenze ed abilità tipiche della disciplina della gestione progetti”.

Ma ci sono anche coloro che contestano l’idea di scuole sempre aperte, anche di sera. Perché “la scuola non può essere considerata una specie di parcheggio dove lasciare i propri figli perché non vi sono alternative o perché sono troppo costose”. C’è poi l’immancabile discussione sul potenziamento dei laboratori scolastici e sul modo di “rafforzare le competenze digitali”. Ma che fine faranno le proposte avanzate dagli italiani in tema di scuola? “Tutti i contributi saranno analizzati”, spiegano da ministero. “Da quelli più semplici da analizzare – chiariscono – (come i risultati del questionario o delle stanze pubbliche), a quelli più complessi (come le numerose mail ricevute). Stiamo in realtà già analizzando e organizzando i contributi in itinere, proprio per velocizzare la restituzione di tutti i risultati nelle due settimane successive alla chiusura della consultazione”.

Poi, stando alle prime conclusioni dei dibattiti, si passerà ai provvedimenti legislativi per dare sostanza alle proposte avanzate dal governo. La più attesa è l’assunzione di 148mila precari che andranno a formare l’organico funzionale. Anche la valutazione di scuole e insegnanti sembra una misura molto “temuta” dagli interessati e auspicata dai genitori. Ma quello che contestano in tantissimi è la penuria di risorse economiche – fatte salve quelle per assumere i 148mila precari – per dare vita a quella rivoluzione epocale che dovrebbe consentire al nostro paese di avere un sistema educativo di livello europeo, di rilanciare il lavoro giovanile, che latita letteralmente a tutte le latitudini, e che dovrebbe traghettare la scuola italiana nel terzo millennio. Su questo aspetto sembrano tutti d’accordo: genitori, presidi, studenti e insegnanti.

Fin qui, tutto quello contenuto nel sito istituzionale del ministero dell’Istruzione. Ma i documenti dei collegi dei docenti sembrano più drastici. Dal liceo Pasteur di Roma arriva una sonora bocciatura. Tra le critiche la penuria di risorse economiche per l’attuazione del Piano, “l’abolizione degli scatti di anzianità e l’accesso alle progressioni per il solo 66 per cento del personale” considerata penalizzante e mortificante per la totalità dei docenti” e il pericolo che la soluzione prospettata – gli “scatti di competenza” – possano minare “la cooperazione e la collaborazione” tra docenti, fattori “fondamentali per stimolare la didattica e la creazione di un ambiente di lavoro coeso e positivo”. Anche dal circolo didattico F. Parri di Torino piovono critiche. E si chiede “l’impegno del governo per un serio ed urgente piano di investimenti nella scuola statale” e il “reintegro dei fondi sottratti per l’offerta formativa (ancora meno del 50 per cento)”.

Nomenclatore, ossia come rottamare le persone con disabilità

da Superando

Nomenclatore, ossia come rottamare le persone con disabilità

di Davide Cervellin*

Si rivolge direttamente al Presidente del Consiglio e ai Ministri coinvolti nel settore, questa lettera aperta centrata sulla mancata revisione del Nomenclatore Tariffario, per ricordare come «le norme che regolano la fornitura dei presìdi sanitari o delle tecnologie compensative abbiano un impianto vecchio che genera sprechi e spesa sanitaria non più congruenti con la qualità della vita delle persone con disabilità, uccidendo inoltre la possibilità di fare impresa in Italia»

Le norme che regolano la fornitura dei presìdi sanitari o tecnologie compensative hanno un impianto vecchio che genera sprechi e spesa sanitaria non più congruenti con la qualità della vita delle persone disabili e che inoltre uccidono la possibilità di fare impresa in Italia.
Si tratta di un impianto – più di carattere risarcitorio che abilitativo – risalente agli inizi degli Anni Novanta, che doveva essere radicalmente riformato, come prevedeva il Decreto Ministeriale n. 332 del 27 agosto 1999, impostato come norma transitoria e che invece, ahimè, risulta dopo quindici anni ancora la norma di riferimento.
In una ricerca che avevamo svolto come Gruppo di Lavoro di Confindustria, la spesa sanitaria relativa al Nomenclatore Tariffario si attestava intorno ai 2 miliardi di euro circa, ma quel che è incredibile è che non c’è un dato certo, perché ancora molte Aziende Sanitarie non sanno quello che spendono.
Non è andato a buon fine, nel 2008, il tentativo dell’allora ministro Livia Turco di inserire il Nomenclatore Tariffario nei LEA [Livelli Essenziali di Assistenza, N.d.R.], né si è addivenuti a una qualche direttiva organica per la gestione della materia a livello regionale. Lo stesso tentativo di centralizzare gli acquisti in Consip [la società che si occupa dell’acquisto di beni e servizi per le Amministrazioni Pubbliche, N.d.R.], con il Mercato Elettronico delle Pubbliche Amministrazioni, non ha prodotto finora il benché minimo risultato efficace.

Ora accade che lo stesso strumento venga acquistato da ULSS diverse della stessa Regione o in Regioni diverse a prezzi assai differenti. E accade anche che molte ULSS acquistino strumenti non tenendo conto di un qualsiasi budget a disposizione, così da scaricare poi sulle imprese private le loro inefficienze attraverso i mancati pagamenti. Ci sono ad esempio ULSS come la 18 di Rovigo, la 1 e la 3 Sud di Napoli o la 3 di Torino che continuano a trasmettere ordinativi, pur avendo debiti con le aziende per forniture pregresse da oltre due anni. E ancora accade che altre ULSS, adottando come riferimento il Nomenclatore Tariffario del 1992, acquistino prodotti pagandoli fino al 50% in più dei prezzi correnti.
Qui va ricordato che il Nomenclatore contiene delle assolute irrazionalità quando prevede la fornitura di ausili come il bastone per ciechi, il termometro o l’orologio tattili, che hanno prezzi di fornitura di venti-trenta volte inferiori rispetto ai costi burocratici della prescrizione. Né si capisce per quale ragione, per tutti i prodotti di costo inferiore ai 200-300 euro, non si preveda la detrazione come spesa sanitaria, evitando così ingiustificati sprechi in procedure burocratiche. Ed è da rilevare inoltre che l’iter prescrittivo per i presìdi finiti è assolutamente improprio, in quanto se gli aventi diritto devono già essere in possesso della certificazione di invalidità, non si capisce a cosa serva l’ulteriore prescrizione del medico specialista, che nel 90% dei casi non conosce ciò che prescrive.

Una norma così farraginosa e obsoleta ha impedito il corso naturale del libero mercato e lo sviluppo normale delle imprese in questo settore. L’Italia, che tra gli Anni Ottanta e Novanta era stato un vero e proprio incubatore di realtà hi-tech [“ad alta tecnologia”, N.d.R.] per la qualità della vita delle persone con disabilità, negli ultimi quindici anni è diventata “terra di conquista” da parte di imprese del Nord Europa, americane e cinesi, perdendo centinaia di occupati.
Pare che in questo Paese ad occuparsi dei disabili possano essere solo associazioni, cooperative e organizzazioni non profit, le quali possono esistere soltanto grazie alle risorse economiche impegnate per “fare assistenza”. Pare invece che non sia possibile innescare un meccanismo virtuoso che permetta – conseguendo il soddisfacimento dei bisogni dei disabili – di creare beni o servizi che generano imprese, e quindi lavoro ed economia reale.

Quel che pertanto si chiede – in considerazione dei pochi punti sommariamente espressi – è di avviare una radicale riforma che preveda, almeno per i prodotti finiti, il trasferimento della materia a un ente nazionale e non più alle ULSS, un ente che potrebbe essere l’INPS o l’INAIL o, in ogni caso, che l’acquisto da parte delle ULSS avvenga tramite una procedura completamente riscritta, attraverso il Mercato Elettronico Nazionale.
In questo modo il Fondo Sanitario Nazionale risparmierebbe molti soldi e le persone con disabilità potrebbero avere in maniera più puntuale gli strumenti utili alla loro vita indipendente.

Invalsi: i test tra 5 maggio e 19 giugno

da La Stampa

Invalsi: i test tra 5 maggio e 19 giugno

Si comincia con la scuola primaria e si chiude il 19 giugno con l’esame di terza media
ROMA

Pronto il calendario dei test Invalsi per l’anno scolastico 2014-2015. Una lettera, indirizzata ai dirigenti scolastici, da parte della Presidente Invalsi, Anna Maria Ajello, ha comunicato le date delle verifiche: si comincia il 5 maggio con la primaria e si chiude il 19 giugno con l’esame di terza media.

Si parte dunque con la prova preliminare di lettura nelle classi di seconda elementare e con la prova d’Italiano per seconda e quinta elementare. Il giorno dopo, il 6 maggio, si replica con la prova di Matematica per gli studenti di seconda e quinta elementare e con il questionario destinato agli studenti di quinta.

La prova nazionale Invalsi riguarda anche i ragazzi delle superiori a cui sarà somministrato il test il 12 con la prova di Matematica, la prova di Italiano e il questionario studente. Una batteria di prove per i ragazzi della classe seconda.

Per i ragazzi delle medie il test arriverà direttamente in terza media in occasione dell’Esame di Stato, il 19 giugno 2015, per la prova di Matematica e quella di Italiano.

Durante le prove Invalsi saranno inviati osservatori esterni nelle scuole campione. In ogni scuola campione saranno scelte due classi (una nel caso di istituti molto piccoli).

#sbloccacontratto: oltre 300.000 firme a Palazzo Chigi

da La Tecnica della Scuola

#sbloccacontratto: oltre 300.000 firme a Palazzo Chigi

 

Si è tenuta a piazza Montecitorio la conferenza stampa con la quale i sindacati del mondo della scuola – Flc Cgil, Cisl Scuola, Uil Scuola, Snals Confsal e Gilda-Unams – hanno fatto il punto sulla raccolta di firme #sbloccacontratto

Le firme raccolte ad oggi superano già le 300.000, ma la sottoscrizione continuerà anche nei prossimi giorni nelle assemblee che si stanno svolgendo in tutta Italia.

Al termine della conferenza stampa i moduli con le firme raccolte sono stati consegnati direttamente alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. “Sono lavoratori veri – dice Francesco Scrima, Segretario Generale Cisl Scuola – quelli che hanno firmato la richiesta di sbloccare il loro contratto, fermo da sei anni. Gente che ama la scuola e il proprio lavoro, che è stanca di sentire ogni giorno tante belle parole e chiede fatti: tra questi in primo luogo il rinnovo del contratto. Al Governo diciamo che occorre davvero cambiare orientamento sulla scuola e iniziare a valorizzare chi ogni giorno la fa funzionare”.

Oltre a dar voce alle giuste motivazioni di protesta contro alcune proposte  contenute nella legge di stabilità e nella “buona scuola”, lo Snals-Confsal rivendica per i lavoratori della scuola il diritto di ottenere il rinnovo del contratto e di mantenere gli scatti di anzianità.

Il governo non può, secondo il sindacato autonomo, cancellare questi ultimi per attribuire imprecisati e difficilmente attribuibili scatti di merito a una platea più ridotta, con l’ulteriore aggravante che i primi verrebbero cancellati da subito e i secondi partirebbero tra 5 anni con, in mezzo, un altro bel taglio lineare agli insegnanti e agli Ata! Sotto la magica parola di merito in realtà c’è ben altro.

Inoltre, lo Snals-Confsal, ovviamente favorevole alla stabilizzazione per 148mila lavoratori annunciata da Renzi per il 2015, evidenzia come la comunicazione governativa stia facendo passare come investimento ciò che in realtà corrisponde a 3 miliardi di risparmi per le casse dello Stato tra cancellazione della ricostruzione di carriera per i neoimmessi in ruolo e non riconoscimento per tutti dell’anzianità.

“Sbaglia il ministro Giannini a parlare di ‘rapporto di forze, perchè l’obiettivo della nostra campagna di raccolta firme non è fare un muro contro muro ma dare concretamente voce al mondo della scuola e chiedere che chi lavora nella scuola venga realmente ascoltato.

Qui il problema è una totale assenza di dialogo. Giannini si limita ad annunciare fantomatici incontri con i sindacati che poi non avvengono mai: da luglio dichiara di volerci convocare ma poi tutto tace, a novembre ha già annunciato per due volte questo leggendario incontro con i sindacati e il mese è finito senza che da viale Trastevere ricevessimo alcuna convocazione. E mentre il ministro continua imperterrito a proporre sondaggi on line, il livello di rabbia tra i docenti sale sempre di più”. Così Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti, commenta le esternazioni del ministro della Pubblica Istruzione, Stefania Giannini, in merito alla raccolta firme #sbloccacontratto presentata questa mattina dai sindacati scuola in una conferenza stampa in piazza Montecitorio.

 “Neanche nei tour che il ministro e il suo staff sta compiendo in giro per le scuole d’Italia – aggiunge Di Meglio – viene accettata la partecipazione dei rappresentanti degli insegnanti e si preferisce dialogare con gli esponenti locali della sua amministrazione”.

 “Suggeriamo al ministro Giannini – conclude Di Meglio – di rileggere Aristotele il quale scriveva che quando si vuole parlare con tutti, come questo Governo sta facendo attraverso consultazioni web e cinguettii in 140 caratteri, in realtà si sceglie di parlare soltanto con se stessi. Il ministro ritiene che le raccolte firme e i cortei siano strumenti legati a una visione passata dei rapporti di forza, ma la democrazia reale non deve mai cedere il passo a quella virtuale”.

Usare il telefono cellulare è vietato durante l’intero tempo-scuola

da La Tecnica della Scuola

Usare il telefono cellulare è vietato durante l’intero tempo-scuola

Ecco cosa dice la normativa più aggiornata su un tema abbastanza controverso: l’utilizzo dei dispositivi mobili durante l’orario scolastico

Nella nota del 15 marzo 2007 avente per oggetto le linee di indirizzo ed indicazioni in materia di utilizzo di telefoni cellulari e di altri dispositivi elettronici durante l’attività didattica, irrogazione di sanzioni disciplinari, dovere di vigilanza e di corresponsabilità dei genitori e dei docenti si scrive: “In via preliminare, è del tutto evidente che il divieto di utilizzo del cellulare durante le ore di lezione risponda ad una generale norma di correttezza che, peraltro, trova una sua codificazione formale nei doveri indicati nello Statuto delle studentesse e degli studenti, di cui al D.P.R. 24 giugno 1998, n. 249.

In tali circostanze, l’uso del cellulare e di altri dispositivi elettronici rappresenta un elemento di distrazione sia per chi lo usa che per i compagni, oltre che una grave mancanza di rispetto per il docente configurando, pertanto, un’infrazione disciplinare sanzionabile attraverso provvedimenti orientati non solo a prevenire e scoraggiare tali comportamenti ma anche, secondo una logica educativa propria dell’istituzione scolastica, a stimolare nello studente la consapevolezza del disvalore dei medesimi.

Dall’elenco dei doveri generali enunciati dall’articolo 3 del D.P.R. n. 249/1998 si evince la sussistenza di un dovere specifico, per ciascuno studente, di non utilizzare il telefono cellulare, o altri dispositivi elettronici, durante lo svolgimento delle attività didattiche, considerato che il discente ha il dovere:

– di assolvere assiduamente agli impegni di studio anche durante gli orari di lezione (comma 1);

– di tenere comportamenti rispettosi degli altri (comma 2), nonché corretti e coerenti con i principi di cui all’art. 1 (comma 3);

– di osservare le disposizioni organizzative dettate dai regolamenti di istituto (comma 4)”

A tal proposito in alcuni regolamenti scolastici si può leggere: “L’uso del telefono cellulare è vietato durante l’intero tempo-scuola (attività didattiche, intervalli, attività extracurricolari, trasferimenti da aula a laboratori e palestra, cortili interni), sia come apparecchio di collegamento telefonico, che come trasmettitore di messaggi, foto-camera, video-camera e ogni altra funzione.

Il possesso a scuola di telefono cellulare è sconsigliato; qualora un alunno/studente decida di esserne fornito, lo stesso dovrà mantenerlo spento per l’intera durata dell’attività didattica e conservarlo come effetto personale e con diretta responsabilità per quanto riguarda la custodia dell’apparecchio.

La scuola non si assume alcuna responsabilità circa eventuali danni e/o furti; Qualora intervengano motivi dettati da ragioni di particolare urgenza o gravità, che comportano l’esigenza di comunicazione tra gli studenti e le famiglie, il docente presente in classe inviterà gli alunni a usare gli apparecchi di telefonia fissa degli uffici di vicepresidenza e di segreteria amministrativa”

Le firme per sbloccare i contratti: roba vecchia, secondo Giannini

da La Tecnica della Scuola

Le firme per sbloccare i contratti: roba vecchia, secondo Giannini

Giannini, montiana doc, sembra non avere molti dubbi: scioperi, cortei e persino raccolte di firme sono un modo vecchio di fare sindacato. Per essere moderni Camusso & C. dovrebbero organizzare convegni dal titolo: “W la Buona Scuola, abbasso i contratti”

Ai sindacati che hanno consegnato 300mila firme con la richiesta di sbloccare i contratti, il ministro Stefania Giannini fa presente che questo è un modo vecchio di concepire il sindacato.
Stessa osservazione che è stata fatta in occasione degli scioperi che fino ad ora sono stati proclamati.
Possiamo immaginare che secondo Giannini sono roba vecchia anche le manifestazioni, i cortei e le proteste.
Può darsi che il Ministro abbia qualche buona ragione, ma francamente saremmo molto curiosi di sapere quale dovrebbe essere un modo “moderno” di fare sindacato.
Forse Stefania Giannini auspica sindacati che organizzano settimanalmente festosi incontri, seminari e convegni con titoli del tipo “W la Buona Scuola, abbasso i contratti”.
Una modalità moderna sarebbe forse anche quella di inviare mail e telegrammi al Governo chiedendo una riduzione degli stipendi.
Il massimo, forse, sarebbe che i sindacati si prendessero la briga di scrivere una legge di stablità  che preveda l’aumento delle tasse e la diminuzione degli stipendi dei dipendenti pubblici.
D’altra parte non dimentichiamo che Giannini è la leader di Scelta Civica, movimento fondato da Mario Monti che aveva a suo tempo coniato lo slogan “Pagare le tasse è bellissimo”.

Insufficienti le somme per pagare gli stipendi di settembre ai supplenti

da La Tecnica della Scuola

Insufficienti le somme per pagare gli stipendi di settembre ai supplenti

L.L.

Miur e Mef si rimbalzano la palla, e intanto i lavoratori della scuola precari non percepisco gli stipendi come dovrebbero e alle scadenze previste

“Diverse scuole sono impossibilitate a pagare lo stipendio di settembre, poiché le somme disponibili non sono sufficienti, nonostante i contratti siano stati regolarmente inseriti al sistema”.

La denuncia arriva dal sindacato Flc Cgil, che fa sue le segnalazioni che arrivano dalle scuole, circa le difficoltà a liquidare le retribuzioni di settembre per le supplenze brevi, perché le somme caricate sui POS delle scuole risultano insufficienti.

Non è di certo la prima volta che il problema si verifica, e come sempre il Miur, messo al corrente del problema, sostiene che la causa di tutti i mali sia NoiPA che effettua dei calcoli errati sugli oneri e questo lo costringe a rimpinguare ogni volta le disponibilità finanziarie sui POS delle scuole.

Un problema al quale si potrebbe ovviare se finalmente il Mef si facesse carico dei pagamenti diretti ai supplenti brevi, tramite “Cedolino unico”.

Si spera che la tanto attesa digitalizzazione della pubblica amministrazione passi prima o poi anche da qui.

Geologi: 27.920 edifici scolastici a elevato rischio

da tuttoscuola.com

Geologi: 27.920 edifici scolastici a elevato rischio

A San Giuliano di Puglia, in occasione del dodicesimo anniversario della morte di 27 bambini e di una maestra nel crollo della scuola del 31 ottobre 2002, il Consiglio nazionale dei geologi ha denunciato, in una conferenza stampa, che  in Italia sono ben 27.920 le aree ad elevato rischio sismico: 4856 in Sicilia, 4608 in Campania, 3130 in Calabria, 2864 in Toscana, 2521 nel Lazio.

Le cifre le ha fornite Michele Orifici, Coordinatore della Commissione Protezione Civile del Consiglio nazionale dei geologi.

Il 50% delle scuole non ha il certificato di agibilità, ha aggiunto, e “molte sono state costruite prima del 1974, anno delle prime norme antisismiche. Una buona parte degli edifici scolastici è stata costruita prima del 1900 ed alcuni furono costruiti per essere inizialmente destinati ad un uso diverso”.

”Oggi proprio dalla scuola Francesco Jovine lanciamo il progetto didattico su scala nazionale – ha proseguito Orifici – aperto a tutte le scuole primarie e secondarie di primo grado con il quale divulgheremo nelle aule la conoscenza dei rischi naturali. In Italia  oltre il 60% dell’edificato è stato costruito prima delle norme antisismiche . Il Cng parte con un piano nazionale di prevenzione che prevede la preparazione dei geologi per supportare l’attività di Protezione Civile, la promozione dei presidi territoriali, la conoscenza dei rischi naturali e la prevenzione nelle scuole“.

Presente alla conferenza stampa anche Sergio Bianchi, padre di uno degli studenti morti a L’Aquila nel 2009. Bianchi è presidente dell’Associazione vittime universitarie del sisma ideatrice del Premio di Laurea Avus in ricordo degli studenti universitari morti a L’Aquila.

Supplenze Ata in tilt

da tuttoscuola.com

Supplenze Ata in tilt

Fa acqua da tutte le parti il sistema che ‘dovrebbe’ gestire la scelta on line delle sedi per le supplenze del personale Ata“. La denuncia la Cisl scuola.

Intoppi e malfunzionamenti vengono segnalati di continuo e a nulla sono serviti, finora – protesta il segretario Scrima – i nostri ripetuti interventi sul Miur perchè si ponga rimedio a una situazione divenuta ormai intollerabile. Non è ammissibile che modalità finalizzate a far risparmiare tempo e fatica ottengano il risultato esattamente opposto, in contrasto con le esigenze di semplificazione e di snellimento delle procedure che andrebbero perseguite”.

Tra le conseguenze di questa situazione c’è anche – prosegue il sindacalista – la notevole difficoltà, per gli operatori sindacali, di prestare il loro servizio di assistenza a chi presenta le domande.

E’ a dir poco paradossale, per un ministero che pone così tanta enfasi sulle sue consultazione online, non essere in grado di far fronte con regolarità a pratiche che dovrebbero ritenersi di ordinaria amministrazione. In attesa che arrivi per la nostra scuola un radioso futuro, un po’ più di attenzione e cura del presente – conclude Scrima – non guasterebbe“.