#LABUONASCUOLA Una riflessione dalla parte degli insegnanti

#LABUONASCUOLA

Una riflessione dalla parte degli insegnanti

(SINTESI)

 

 

Il titolo del documento del governo Renzi intende trasmettere l’immagine di una scuola riformata “buona” che si contrapporrebbe all’attuale scuola “nonbuona”.

La Gilda degli Insegnanti, invece, è convinta che la scuola vera, quella non immaginata e interpretata strumentalmente dalla politica, sia già una buona scuola, soprattutto per merito degli insegnanti e del loro lavoro.

La “nostra buona scuola” è fatta da “buoni insegnanti” che lavorano in classe giorno dopo giorno, trasmettono le conoscenze e formano il senso critico dei nostri giovani, senza dover dimostrare di essere migliori solo perchè fanno altro rispetto all’insegnamento.

 

Prima di analizzare le singole parti del documento di sintesi denominato “La Buona Scuola”,

è bene porre in evidenza alcune gravi assenze.

 

MANCA QUALSIASI RIFERIMENTO ALLA LIBERTA’ DI INSEGNAMENTO

 

MANCA IL RICONOSCIMENTO DELLA SCUOLA COME ISTITUZIONE DELLA

REPUBBLICA

 

MANCANO RIFERIMENTI ALLA CULTURA E AL VALORE DELLO STUDIO

 

MANCANO I SOLDI

 

MANCANO I NECESSARI RIFERIMENTI ALLA CONTRATTAZIONE CON LE

PARTI SOCIALI

 

  1. ASSUMERE I NUOVI DOCENTI

 

Il piano del governo Renzi è sicuramente molto importante per il progetto della stabilizzazione del precariato storico inserito nelle GAE a partire dal 1 settembre 2015 (circa 150mila posti) che consideriamo fatto estremamente positivo. E’ anche una vittoria da parte della Gilda degli Insegnanti che ha organizzato un ricorso alla Corte di Giustizia Europea per condannare l’Italia a causa dell’utilizzo del precariato nella scuola con contratti a tempo determinato per più di tre anni continuativi. E’ altresì positivo che si proponga finalmente il superamento della distinzione tra organico di diritto e organico di fatto per la creazione di uno stabile organico funzionale.

Uno degli strumenti individuati dalle linee guida del Governo per ridurre al minimo il ricorso alle cosiddette supplenze brevi è la “banca ore”. Soluzione che appare confusa. Meglio sarebbe prevedere che nell’organico funzionale siano presenti docenti delle varie aree disciplinari che consentano effettivamente la copertura delle ore dei colleghi assenti con una adeguata flessibilità.

Dopo la stabilizzazione del precariato inserito nelle GAE si farebbe ricorso per l’inserimento in una sorta di organico esclusivamente allo strumento del concorso. E’ una soluzione confusa e contraddittoria perché non chiarisce chi deve reclutare e come.

Dal 2016-17 fino al 2018-19 gli organici sarebbero coperti solo da assunzioni per concorso che dovrebbe essere indetto entro il 2015. Per evitare nuove guerre tra precari proponiamo quindi che nel 2015 si inseriscano i colleghi dei TFA e dei PAS in una fascia aggiuntiva delle GAE.

La soluzione che proponiamo è che siano immessi in ruolo da GAE prioritariamente i docenti che hanno svolto almeno tre anni di insegnamento nella scuola statale. Tale priorità potrebbe essere fatta valere, a scorrimento, anche per i docenti che hanno acquisito o acquisiranno in tempi brevi l’abilitazione mediante TFA e PAS e che hanno svolto servizi di insegnamento nella scuola statale per almeno tre anni nella classe di concorso di abilitazione.

Sul fronte delle abilitazioni, consideriamo inaccettabile che il tirocinio si concluda con la valutazione del mentor e del dirigente scolastico: la valutazione dovrebbe avvenire a livello collegiale con più insegnanti, anche esterni, competenti per la disciplina o per l’area di insegnamento.

In merito ai futuri concorsi, la Gilda ritiene che, prima di indire le nuove lauree quasi-abilitanti, sia necessario riorganizzare le classi di concorso e che le commissioni prevedano la presenza di docenti, di alta competenza, che devono fruire di compensi adeguati e di periodi di esonero o semiesonero dalle lezioni; le graduatorie dei concorsi devono restare valide fino all’entrata in vigore della graduatoria relativa al concorso successivo corrispondente.

 

  1. FORMAZIONE E CARRIERA NELLA “BUONA SCUOLA”

 

FORMAZIONE OBBLIGATORIA

La Gilda degli Insegnanti propone da sempre l’attivazione di periodi di aggiornamento “sabbatici” su temi specifici che abbiano ricadute effettive sull’insegnamento: in concreto un periodo sabbatico ogni dieci anni di anzianità di servizio effettivo (10-20-30), che non interrompa la progressione di carriera per anzianità.

La Gilda ribadisce che la formazione, se obbligatoria, deve essere riconosciuta adeguatamente in termini stipendiali e che l’autoaggiornamento e la strumentazione necessaria alla professione (libri, riviste, computer, ecc.) debbano essere oggetto di adeguate deduzioni fiscali.

 

            SCATTI E CARRIERA DEI DOCENTI

La nostra posizione è chiara: gli scatti di anzianità, come accade nella quasi totalità dei sistemi scolastici occidentali, devono essere mantenuti.

Consideriamo inaccettabile l’ipotesi di eliminazione degli scatti di anzianità a favore di “scatti di competenza” legati al merito e contingentati su una percentuale prefissata per legge di docenti (66%) nella singola Istituzione Scolastica o in reti di scuole.

La Gilda dice no al Registro Nazionale dei docenti della Scuola, non solo perché strumento di pericolosa competizione tra docenti indotta dai desideri della dirigenza o dell’utenza (famiglie e studenti), ma perché apre alla liberalizzazione della formazione degli organici sempre su istanza della dirigenza e dell’utenza.

La Gilda degli Insegnanti propone quindi il mantenimento della carriera per anzianità di servizio effettuata senza demerito.

 

           

 

  1. LA VERA AUTONOMIA

 

DIRIGENTI

E’ necessario che il ruolo del dirigente, invece che essere rafforzato, sia fortemente ridimensionato e riorganizzato. La Gilda degli Insegnanti ha proposto da anni la costituzione della figura del coordinatore della didattica (preside elettivo) espressione del Collegio dei Docenti, eletto per un periodo determinato dai docenti e responsabile con tutto il Collegio del Piano dell’Offerta formativa e della sua attuazione.

Così abbiamo proposto che siano distinte chiaramente le funzioni di ausilio alla didattica e di attuazione del POF da quelle di natura gestionale amministrativa (collaboratori) che devono avere un riconoscimento economico da fondi specifici per il funzionamento amministrativo e gestionale delle scuole, senza gravare, così come adesso accade, sul Fondo delle Istituzioni Scolastiche, cioè sui fondi contrattuali dei lavoratori della scuola.

Nel documento del governo si fa riferimento a un 10% del Mof (Monte dell’offerta formativa, sempre pagato dai soldi dei lavoratori) che diventerebbe una sorta di tesoretto gestito liberamente dai dirigenti. Proposta inaccettabile perché attribuisce ai dirigenti risorse proprie del contratto dei lavoratori della scuola con modalità completamente discrezionali.

           

            ORGANI COLLEGIALI

Il futuro Consiglio dell’Istituzione Scolastica deve contemplare obbligatoriamente una forte presenza dei docenti e del personale della scuola, cioè di quelle componenti che hanno continuità di lavoro nella scuola.

 

CONTRATTAZIONE DI ISTITUTO O DI RETI DI SCUOLA

La contrattazione di secondo livello nelle scuole deve essere riformata profondamente prevedendo contratti territoriali per più istituti scolastici (reti di scuola) e per reti, riportando in contrattazione le materie che hanno rilievo centrale per la didattica e la libertà di insegnamento.

 

BUROCRAZIA, DIGITALIZZAZIONE, TRASPARENZA, APERTURA DELLE SCUOLE

Per la Gilda degli Insegnanti l’informatizzazione delle procedure deve partire a monte da una radicale riduzione degli oneri burocratici. Partendo, ad esempio, dalla creazione di un portale unico in cui far confluire tutti i dati del personale (stipendi, carriera, titoli, ecc.) ora frammentati in diverse amministrazioni.

La proposta di apertura degli edifici scolastici in orario extrascolastico ci vede favorevoli a patto che le iniziative proposte al pomeriggio o nelle ore serali siano gestite da soggetti terzi in collaborazione con l’ente locale e non si pretenda che gli insegnanti diventino generici operatori sociali per le famiglie che non sanno dove collocare i figli nei periodi non scolastici.

 

 

  1. RIPENSARE CIO’ CHE SI IMPARA A SCUOLA

 

            MUSICA

Nulla da eccepire se il progetto non fosse fantasmagorico, pieno di buone intenzioni e con   poche proposte concrete. Per esempio, l’ introduzione di due ore nelle ultime classi della scuola primaria e secondaria avverrà con aumento dell’ orario scolastico globale o a scapito di altre discipline? Nel caso dell’ultima ipotesi, non si precisa quali insegnamenti verrebbero “sacrificati”.

 

            STORIA DELL’ARTE

Sembra di capire che anche questa disciplina debba servire a diventare imprenditori e non a rispettare l’articolo 9 della Costituzione italiana: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”.

 

SPORT E LINGUE STRANIERE

Condivisibile- e non potrebbe essere altrimenti- l’aumento dell’ attività sportiva a scuola e l’intensificazione dello studio delle lingue straniere. Ci si sarebbe aspettato, nondimeno, un richiamo forte e deciso, all’ importanza della possesso pieno e approfondito della lingua madre, di quell’ Italiano che le ultime generazioni non padroneggiano bene.

 

PROGRAMMAZIONE DIGITALE

Il tema della Programmazione digitale è, senza dubbio alcuno, un libro dei sogni. Inutile ripetere lo stato delle scuole italiane, non solo carentissime di ogni cosa, di fondi, e quindi di PC ma persino- notizie degli ultimi giorni- dei banchi su cui gli strumenti per la programmazione digitale dovrebbero trovare posto.

 

ECONOMIA

Bene anche l’ introduzione dell’Economia, con relative assunzioni di personale, ma il tema è sempre il medesimo: si pensa ad una disciplina fondata sul presente o sulla dimensione storica e quindi critica? E perché la sua opportuna reintroduzione dopo i tagli radicali operati dalla riforma Gelmini?

 

  1. SCUOLA E LAVORO

 

Non è chiara la governance delle scuole che operano in “formazione congiunta” con il settore privato delle imprese e che dovrebbero creare Fondazioni di natura privatistica per commercializzare servizi e prodotti con una presenza incisiva del privato accentuando i rischi che la scuola diventi un parziale segmento di ricerca e sviluppo della singola azienda o di reti di aziende.

La Gilda degli Insegnanti da anni ha invitato i vari governi ad avere maggiore attenzione per il mondo dell’istruzione tecnica e professionale producendo materiali, proposte e convegni. Ben vengano pertanto idee per un effettivo rilancio di tale settore. A patto che i costi non siano a carico dei docenti e venga meno la loro libertà di insegnamento.

 

 

  1. LE RISORSE CHE SERVONO ALLA BUONA SCUOLA

 

            Per far affluire finanziamenti dai privati, le scuole dovrebbero costituirsi in Fondazioni o enti con autonomia patrimoniale. Si prefigurano così scuole a diversa velocità derivata dalla capacità di organizzare e attrarre risorse dal mercato con il rischio di mettere all’angolo le Istituzioni scolastiche che si trovano in contesti socio-economici fragili.

La Gilda degli Insegnanti ritiene che tale modello sia pericoloso, crei e accentui le diseguaglianze e limiti di fatto la libertà di progettazione dell’offerta formativa delle scuole.

 

 

Roma, 5 ottobre 2014

Approvato dall’Assemblea Nazionale della Gilda degli Insegnanti

F. Geda, Se la vita che salvi è la tua

Geda, uno scrittore vero

di Antonio Stanca

gedaFabio Geda ha quarantadue anni, è nato a Torino nel 1972, a Torino si è laureato in Scienze della Comunicazione e a Torino vive. Collabora con La Stampa ed altri giornali, con la Scuola Golden e col Salone del Libro. Prima e dopo la laurea i suoi interessi si sono mostrati rivolti ai problemi sociali più attuali quali quelli degli immigrati, degli emarginati, dei disagi sofferti dai minori di questi ambienti. Suo lavoro preferito è stato fare l’educatore di questi minori. Lo ha fatto prima di laurearsi a San Salvario, quartiere torinese d’immigrati, e dopo essersi laureato nella Cooperativa Valpiana. Da queste esperienze gli deriverà il bisogno di dire, di parlare delle situazioni conosciute, di mostrare le persone che le soffrono. Lo farà attraverso la fotografia, la musica, il cinema, il teatro e soprattutto attraverso la scrittura. A quella giornalistica si aggiungerà la scrittura narrativa, ai modi della polemica, della denuncia di una sofferta condizione di vita seguiranno quelli della narrazione e nel 2007, a trentacinque anni, Geda esordirà come scrittore col romanzo Per il resto del viaggio ho sparato agli indiani, dove narra di un ragazzo rumeno che percorre l’Europa alla ricerca del nonno Viorel, attore di strada. Verranno altri romanzi, Geda scriverà ancora ed ancora di vite, di esperienze di emarginati, di esclusi, soprattutto giovani. Molti riconoscimenti, molte traduzioni otterranno le sue narrazioni. Il romanzo Nel mare ci sono i coccodrilli del 2010, che dice delle tristi e drammatiche vicende vissute da un bambino fuggito dall’Afghanistan e giunto a Torino, si diffonderà soprattutto nelle scuole italiane dove diverrà un’opera consultata, commentata, indicata perché utile a far conoscere agli studenti i problemi dell’immigrazione e del rispetto dovuto agli immigrati.

Continuando a scrivere di narrativa a Maggio del 2014 Geda pubblicherà il romanzo Se la vita che salvi è la tua, edito dalla Einaudi di Torino nella serie Stile Libero Big, pp. 230, € 17,50. Qui colui che cerca altre persone, altre cose è il giovane italiano Andrea Luna, insegnante di disegno chiamato saltuariamente a supplire. Egli vive una difficile situazione coniugale poiché non riesce ad avere un figlio come anche la moglie Agnese vorrebbe. Ancora non si è capito se è un problema di sterilità o di altro genere. Anche la situazione economica di Andrea è precaria, assediato si sente da tanti problemi e perciò abbandona improvvisamente la moglie e si reca in America, a New York, pensando che un breve periodo di vacanza potrebbe tornargli utile. Qui, invece, si trova tra difficoltà di ogni tipo, diviene sempre più povero, la vacanza si trasforma in una sosta forzata che dura a lungo e con tanti problemi. Infine, quando crede di aver raggiunto una condizione di vita accettabile, il ricordo di Agnese abbandonata e mai contattata lo farà tanto soffrire da muoverlo a tornare in Italia. Ma anche se sono passati pochi mesi in Italia è tutto cambiato, Agnese sta con un altro, da lui aspetta un bambino e Andrea si ritrova solo, per strada, conosce la miseria, la fame. Penserà di andare di nuovo in America e lo farà anche se è rimasto senza soldi. Lo farà con un viaggio che si trasformerà in una tortura. Al limite giungerà delle sole possibilità del corpo e quando arriverà in quella New York tanto desiderata troverà anche qui una situazione cambiata, si scoprirà uno sconosciuto anche tra le persone che da poco aveva lasciato. Gli sembrerà di non sapersi più riconoscere, di non avere più un’identità. Dopo aver rinunciato all’idea di una vita tranquilla deve ora rinunciare a se stesso. Egli, insegnante di disegno, aveva solo pensato ad avere un lavoro, una famiglia, dei figli con i quali stare insieme, condividere il piacere degli scambi, delle confessioni, ai quali far apprezzare i suoi disegni. Non erano grandi aspirazioni ma non gli era stato possibile realizzarle e neanche aveva potuto realizzare se stesso. Rifiutato, escluso aveva finito col trovarsi in ogni situazione, preferito ad altri di minor valore e merito come il fratello maggiore di quel Figliol Prodigo del famoso dipinto di Rembrandt che tante volte aveva visto al Metropolitan Museum.

Abile è stato il Geda di questo romanzo poiché ha fatto vedere come oggi si possano verificare nel giro di poco tempo circostanze tali da portare all’annullamento di una persona pur dignitosa, rispettabile, come possa accadere che essa si trovi in situazioni completamente diverse da ogni aspettativa, da ogni previsione. Niente di tutto quello che accade ad Andrea era stato da lui previsto, altre erano state le sue aspirazioni. E’ questo soprattutto il suo dramma, quello di un’anima delusa e privata pure della possibilità di soffermarsi a pensare, a riflettere, a capire quanto sta succedendo poiché incalzata dalle disgrazie. Deve solo assistere alla sua sconfitta, deve solo subirla. Travolta è dagli eventi senza che abbia la possibilità di rifarsi di quanto sta perdendo né di evitare di giungere alla fine, alla rovina. In ogni attimo, in ogni aspetto, in ogni senso lo scrittore ha colto questo processo inesorabile insieme ai pensieri di Andrea circa quanto di diverso avrebbe voluto. Non c’è bruttura che non sia attraversata, anche se per un istante, dal ricordo dei propositi che Andrea aveva nutrito. Un ricordo che diventerà sempre più debole, che scomparirà.

Nel rendere un simile, doloroso percorso, nel mostrarlo come inevitabile, nell’aderire ad esso fino a farne la voce unica del romanzo sta il merito maggiore del Geda. Un esempio può essere considerato il suo di cosa significhi essere scrittore oggi, in un tempo che a tanti e con tanta facilità fa pensare di esserlo.

«Restituiteci 4000 euro», poi l’Inps fa marcia indietro

da Corriere.it

«Restituiteci 4000 euro», poi l’Inps fa marcia indietro

L’istituto aveva chiesto la restituzione dell’una tantum per la disoccupazione, ma dopo la denuncia della Cgil, il nuovo commissario Treu ha bloccato tutto

di Valentina Santarpia

Dai 4 mila ai 4500 euro: ecco la cifra che decine di ex co.co.co, collaboratori coordinati e continuativi, della scuola si sono visti richiedere indietro, a distanza di ben 4 anni. La cifra era quella elargita alla fine dei contratti stipulati, nel 2010, come «una tantum», non potendo usufruire dell’assegno di disoccupazione. Si tratta di decine di assegnisti di ricerca calabresi, di una sessantina di prof arruolati per le attività integrative ai progetti di diritto allo studio della Puglia, ma anche di decine di altri collaboratori sparsi – e nascosti – nelle scuole di tutta Italia. Peccato che a gennaio di quest’anno si siano visti recapitare a casa una lettera dell’Inps dai toni poco amichevoli che diceva più o meno così: «Spiacenti, la cifra è stata elargita ingiustamente, dovrete restituirla, perché in quanto dipendenti pubblici non ne avevate diritto: l’una tantum spetta solo ai lavoratori privati». Molti si sono arresi di fronte all’evidenza, e hanno pagato. Qualcuno ha chiesto la rateizzazione. E qualcun altro ancora ha protestato nelle stanze del sindacato, che ha sollevato il caso, prima in Parlamento, sollecitando ben due interrogazioni parlamentari, poi pubblicamente, annunciando una conferenza stampa. Colpito e affondato: a poche ore dalla denuncia l’Inps ha annunciato di aver bloccato la procedura.

Il governo dovrà intervenire

Il caso, rientrato quasi subito, rischiava di scoppiare come una bomba tra le mani del governo Renzi, proprio come successe al governo Letta, alle prese con le lettere del ministero dell’Economia che, a febbraio, chiedevano agli insegnanti di restituire le cifre «erroneamente percepite» per lo scatto stipendiale, che invece era stato bloccato. All’epoca, fu il ministro dell’Istruzione Carrozza a sollevare il problema, spingendo velocemente i tecnici del Mef e il suio collega Saccomanni a correre ai ripari per evitare lo scandalo. Stavolta, era la Cgil sul piede di guerra, pronta a portare la questione all’attenzione generale, anche con un flash mob, per evitare che le richieste di addebito andassero avanti, colpendo lavoratori che in molti casi sono ancora precari e impossibilitati a riscattare un debito che neanche sapevano di aver contratto. Si tratta soprattutto di borsisti e assegnisti presso le università, di persone impiegate in progetti scolastici o in attività tecnico amministrative sempre legate all’istruzione pubblica. La Cgil aveva bollato come «assurda» la faccenda, ovvero la restituzione di «un’indennità di disoccupazione già del tutto inadeguata». Ma l’Inps ha gettato immediatamente acqua sul fuoco. Anzi, di più, l’istituto appena passato sotto la guida di Tiziano Treu ha chiuso direttamente la pratica, comunicando in serata di aver deciso di sospendere tutte le note di addebito già inviate e di bloccare i nuovi invii, in attesa di un riesame complessivo della normativa sul tema, che sarà oggetto di un confronto con i ministeri competenti. Una scelta di cui la Cgil, fa sapere lo stesso sindacato, «prende atto con soddisfazione».

 Il buco degli invisibili co.co.co

Ma la denuncia ha scoperchiato un vaso di Pandora, quello del ricorso incredibile ai co.co.co nella scuola: non si tratta di poche eccezioni e di casi isolati a periodi e progetti limitati, rileva la Cgil. Le accademie e i conservatori hanno almeno seicento co.co.co fissi per sopperire alle proprie esigenze. E nelle segreterie scolastiche lavora un migliaio di impiegati con contratti simili, rinnovati di anno in anno, anche per vent’anni. Contratti chiaramente anomali, che tra l’altro non permettono a chi li ottine nessun diritto, nessuna partecipazione a graduatorie o concorsi, nessun punteggio. La Cgil per la prima volta lo ha scoperto quando scoppiò il caso dei contributi non versati da enti e istituzioni ai collaboratori: 12 di questi «datori di lavoro» erano scuole. E’ l’ultima frontiera del precariato, quella degli invisibili.

Dal 20 al 25 ottobre la settimana della Buona Scuola

da La Stampa

Dal 20 al 25 ottobre la settimana della Buona Scuola

Dibattiti e porte aperte per costruire il futuro dell’istruzione
roma

La “Settimana de La Buona Scuola” dal 20 al 25 ottobre prossimi: cinque giorni di dibattiti, incontri e attività organizzati al ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, nelle scuole e nelle università con lo scopo di portare l’attenzione di tutta la cittadinanza sui temi dell’istruzione e sul piano ”La Buona Scuola”.

 Il tutto si svolge nel quadro della consultazione lanciata lo scorso 15 settembre, che rimarrà aperta fino al 15 novembre, È quanto prevede la circolare che il Miur ha inviato agli Uffici scolastici regionali e alle istituzioni scolastiche di tutta Italia.

Durante la settimana gli istituti potranno sfruttare i loro momenti collegiali per discutere dei temi del Rapporto pubblicato lo scorso 3 settembre dal governo e riflettere sulle proposte da avanzare al Ministero. Potranno anche aprire le loro porte ai cittadini, mostrare le esperienze di buona scuola già esistenti.

Le scuole possono inoltre organizzare un “Open Day”, in partenariato con associazioni e attori del territorio o nazionali. I contributi che arriveranno saranno pubblicati sulla sezione dedicata del sito www.labuonascuola.gov.it/dibattiti.

“Webtrotter” la sfida in rete tra studenti

da La Stampa

“Webtrotter” la sfida in rete tra studenti

Aperte le iscrizioni alla competizione per scuole: una gara on line basata sulla ricerca di sui temi di Expo2015 i che durerà 80 minuti
roma

 “Il giro del mondo in 80 minuti”. Una sfida a colpi di domande e risposte utilizzando il web come fonte informativa. È la seconda edizione di Webtrotter, competizione a squadre per scuole superiori patrocinata dal Ministero dell’Istruzione e dall’Associazione italiana per l’Informatica e il Calcolo Automatico.

 Squadre di tutte le scuole superiori d’Italia, anche più di una per istituto, composte da quattro studenti ciascuna – due ragazzi e due ragazzi – si sfideranno in una gara della durata di 80 minuti. Sarà possibile iscriversi fino al 28 febbraio 2015.

Le domande verteranno sui temi di #Expo2015 : le differenti culture alimentari dei cinque continenti. Il 10 marzo alle ore 11 si terrà il girone di qualificazione. Le prime 100 squadre classificate parteciperanno alla finale del 31 marzo, sempre a partire dalle ore 11. Le prime 10 classificate saranno quindi premiate il 15 aprile a Genova in occasione del convegno ”Didamatica 2015” presso la locale Università.

Novità di questa edizione rispetto alla precedente sarà il corso formativo per docenti “Webtrotter Educator”. Tramite tale corso, i docenti riceveranno competenze specifiche per l’utilizzo e lo sfruttamento ideale delle fonti digitali, da trasmettere poi agli studenti. Il corso si svolgerà in tre differenti moduli:

– selezione e valutazione delle fonti;

-lettura critica ed elaborazione dei dati;

-utilizzazione delle informazioni in base ai diritti d’autore

e in tre edizioni (20 ottobre, 1 dicembre e 15 gennaio).

Lo scopo primario di questa iniziativa è colmare la distanza che c’è tra l’apprendimento dentro e fuori le mura scolastiche – ha spiegato Carmela Palumbo, direttore generale del Miur – La scuola deve saper convivere con le nuove tecnologie e fornire gli strumenti per sfruttarle al meglio. Crediamo quindi nell’enorme valore formativo di questo progetto, sia per gli studenti che per i docenti».

«La capacità di ricercare informazioni è da sempre molto importante, a scuola come nella vita – ha dichiarato Giulio Occhini, direttore di Aica – A differenza di quanto avveniva in passato con le ricerche in biblioteca, il web non ha veri e propri strumenti di catalogazione, dunque bisogna saper valutare le informazioni in maniera critica. Alla base resta sempre la motivazione degli studenti ad apprendere e a essere curiosi, il fattore giocoso della competizione può stimolarli ulteriormente».

L’anello mancante della strana teoria evolutiva del docente di sostegno

da La Tecnica della Scuola

L’anello mancante della strana teoria evolutiva del docente di sostegno

Si parla con sempre maggiore insistenza di progressiva “evoluzione” della figura dell’insegnante di sostegno. Di fatto molti temono che si tratti dell’ennesima operazione di tagli di personale e di risorse-

In Italia non c’è niente di certo, soprattutto se si parla di scuola e di insegnanti. La scuola è ritenuta una spesa inutile, che i governi sedicenti di centro destra e di centro sinistra ritengono di dovere ridurre.
Infatti alla vigilia di ogni legge di stabilità, ci si domanda:”Quali saranno questa volta i tagli di spesa che verranno fatti sul comparto scuola?”.
Ad esempio ultimamente si parla degli esami di Stato del secondo ciclo che potrebbero vedere tagliati i costi dei commissari esterni, riformando le commissioni d’esame con tutti docenti interni ed un solo presidente esterno per ogni scuola. D’altronde a chi può interessare la serietà o meno dell’esame di Stato conclusivo del percorso di studi scolastico? Un taglio, quello sugli esami di Stato conclusivi del secondo ciclo, facile ed anche molto probabile. Per operare altri tagli futuri sulla scuola si utilizza anche il metodo di fare delle analisi e dei rapporti, che possano rappresentare l’anticamera della proposta, della riforma e del cambiamento, che, guarda caso, è sempre basata su tagli e risparmi di spesa, e mai su risorse economiche aggiuntive.
Per esempio da un rapporto 2011  realizzato dalla Fondazione Agnelli, dall’Associazione Treellle e dalla Caritas Italiana, si è analizzato che il modello italiano dell’integrazione scolastica degli alunni diversamente abili o bisognosi di percorsi speciali ha fallito i suoi obiettivi, perché si baserebbe sul binomio imprescindibile studente disabile-insegnante di sostegno. Di qui la proposta, messa in atto in Trentino Alto Adige dal prof. Dario Ianes,  di convogliare quasi tutti i docenti di sostegno nell’insegnamento delle discipline e di destinarne alcuni alla formazione di gruppi consulenza per le scuole.
Si sta quindi pensando di abolire la figura del docente di sostegno specializzato, così come è quella che conosciamo e che sappiamo svolgere un prezioso lavoro nelle nostre scuole? Si è proprio così!
Si vorrebbe, attraverso una strana teoria evolutiva del docente di sostegno, sottrarre, agli alunni in stato di evidente svantaggio, il sostegno di potere avere un docente specializzato vicino a loro. Eppure il nostro sistema di sostegno scolastico e il nostro sistema di specializzazione sul sostegno sono un modello didattico e d’integrazione culturale che ci viene invidiato da tutti, forse costoso ma pienamente funzionale. Allora perché cambiarlo, perché fare evolvere la figura del docente di sostegno che svolge un servizio d’eccellenza con risultati ed obiettivi apprezzabili? Il sospetto che le ragioni della teoria evolutiva dei docenti di sostegno siano puramente economiche, e che tutto questo rappresenti l’anticamera dell’abolizione di questa figura, è un’opinione che sono in molti a pensare.
C’è chi pensa anche che l’anello mancante di questa strana teoria evolutiva del docente di sostegno, sia rappresentata dalla deformazione che stanno subendo i Bes nel nostro sistema scolastico. Quale sarebbe questa deformazione? I Bes, secondo il parere di molti docenti di sostegno, rappresentano la curvatura didattica tipica dell’insegnamento di sostegno, e quindi si vorrebbero obbligare tutti i docenti curricolari a divenire in modo evolutivo e del tutto innaturale anche docenti di sostegno.
Il rischio che si corre è quello che con l’alibi della scadente integrazione degli alunni diversamente abili, rilevata nel rapporto 2011, si voglia cogliere l’occasione per abolire delle figure specializzate al rapporto con tali alunni, sostituendoli nel tempo con docenti tutto fare, che mentre svolgono le loro lezioni di italiano, latino, matematica, fisica o inglese si occupano contemporaneamente dell’alunno autistico o paraplegico. Si tratta veramente di una strana teoria evolutiva che se non dovesse essere ben ponderata rischierebbe, veramente e senza alcun alibi, di riportarci all’anno zero per quanto riguarda l’integrazione e l’inclusione.

Nella “buona scuola” riflettere sul divario Nord-Sud

da La Tecnica della Scuola

Nella “buona scuola” riflettere sul divario Nord-Sud

Le differenza strutturale e le pratiche sbagliate degli insegnanti meridionali sarebbero le cause del divario fra nord e sud degli studenti, dimostrati dalle indagini Oces-Pisa. A sostenerlo il presidente per l’Italia dell’Associazione europea per l’Educazione Economica, Roberto Fini, su pagina99.it

“La pubblicazione dell’indagine Pisa sulle competenze economico-finanziarie dei quindicenni ha dimostrato che peggio dell’Italia fa solo la Colombia”, scrive Fini, e su quei dati si capisce che alcune regioni italiane hanno risultati nella media Ocse, ma le regioni meridionali fanno abbassare la media nazionale, con risultati pessimi.

“È evidente che la questione è molto importante perché se la “buona scuola” dovesse fermarsi poco sotto il Po (o al massimo l’Arno), avrebbe fallito in partenza i suoi scopi. Ed è evidente che in una Paese dove l’istruzione ha ancora connotati centralistici una così marcata e duratura diversità esige delle possibili ipotesi interpretative”.

Riconosce il presidente dell’Associazione che “i cattivi risultati sono collegati anche a elementi materiali, come la diversa dotazione di Pil pro-capite fra le regioni italiane, ma ciò soltanto “non risolve il puzzle. Infatti l’evidenza empirica dimostra che esiste una forte correlazione fra il livello di Pil pro-capite e il grado di scolarizzazione” e se la scolarizzazione è bassa, si abbassa anche il reddito. “Già, scrive Fini, ma è nato prima l’uovo o prima la gallina? In altre parole qual è la causa e quale l’effetto?”

Inoltre, scrive sempre il presidente,  “è sufficiente il reddito pro-capite a giustificare la situazione negativa del sud? Se lo fosse dovrebbero essere in posizioni dietro dell’Italia paesi che invece la precedono nel ranking Pisa”.

Lo stesso Miur ha fatto rilevare, sulla base del “Quaderno Bianco sull’Istruzione”  che “il livello di competenza matematica di un ragazzo del Nord che ha avuto 4 in pagella è uguale a quello di un ragazzo del Centro che ha avuto 6 e superiore a quello di uno studente del Sud che ha avuto 7. Sembra, in altre parole che al sud i docenti siano più larghi di maniche rispetto ai loro colleghi del nord! Ora, poiché non sembra possibile evocare una diversità di comportamento dovuta alle diverse latitudini tra nord e sud, è probabile che la differenza di comportamento dipenda dalla diversa aspettativa sul futuro dei ragazzi che hanno i loro docenti”.

“Come dire: visto che ti aspetta un futuro da disoccupato, almeno non ti faccio soffrire mentre sei a scuola! È solo un’ipotesi, che peraltro esigerebbe un robusto supplemento di indagine, resta il fatto che in una scuola unitaria, non soltanto le competenze sono marcatamente diverse, ma anche la loro valutazione sembra rispondere a criteri molto differenti. Chi si occupa di ‘buona scuola’ dovrebbe tenerne conto”.

Nella “tazza dei diritti” Unicef c’è anche la Scuola

da La Tecnica della Scuola

Nella “tazza dei diritti” Unicef c’è anche la Scuola

Il 4 e 5 ottobre in 900 piazze italiane si offrirà una tazza dell’amatissima “Pimpa”. Sarà possibile scegliere fra sei colori diversi, a seconda del diritto rappresentato: istruzione, nutrizione, gioco, sport, salute e uguaglianza. I fondi raccolti destinati ai progetti contro la mortalità infantile.

Il 4 e 5 ottobre i rappresentanti dell’Unicef saranno presenti in oltre 900 piazze italiane per mettere in pratica l’iniziativa di sensibilizzazione e raccolta fondi “La tazza dei diritti”. Migliaia di volontari dell’Unicef offriranno al pubblico – a fronte di una donazione minima di 10 euro – una tazza dell’amatissima “Pimpa”.

Sarà possibile scegliere fra sei diversi tipi di tazza, ognuna con colori diversi a seconda del diritto rappresentato: dal diritto all’istruzione, a quello alla nutrizione, al gioco e lo sport, alla salute e all’uguaglianza. Oltre alla “Pimpa”, testimonial dell’iniziativa è il popolare Goodwill Ambassador dell’Unicef Italia Lino Banfi: i due – eccezionalmente “insieme” – sono i protagonisti di questa campagna di comunicazione, che comprende uno spot televisivo, uno radiofonico e una locandina.

I fondi raccolti con l’iniziativa “Tazza dei diritti” verranno destinati direttamente ai progetti contro la mortalità infantile dell’Unicef, in particolare ai programmi di sopravvivenza e sviluppo della prima infanzia portati avanti nei paesi dell’Africa occidentale e centrale, con un focus particolare sulla Sierra Leone.

“L’obiettivo di questa iniziativa di piazza – che ci riunisce per il settimo anno nella prima settimana di ottobre – è quello di portare i diritti dei bambini al centro dell’attenzione pubblica proprio nel 25° anniversario dell’approvazione della Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia e di raccogliere fondi a sostegno dei programmi Unicef contro la mortalità infantile”, ha detto Giacomo Guerrera, presidente dell’Unicef Italia.

“I tassi di sopravvivenza dei bambini sono significativamente aumentati dal 1990: il numero assoluto delle morti sotto i cinque anni è stato dimezzato: da 12,7 a oltre 6 milioni. I primi 28 giorni di vita di un neonato sono i più vulnerabili, con quasi 2,8 milioni di bambini che muoiono ogni anno durante questo periodo. Molti di questi decessi potrebbero essere facilmente prevenuti prima, durante e immediatamente dopo la nascita con interventi semplici, efficaci e a basso costo. L’appuntamento è per oggi e domani. Con un piccolo gesto di solidarietà – ha concluso il presidente Unicef Italia – potremo insieme garantire un futuro a milioni di bambini”.

Laura Puppato (Pd): “Risolvere il problema dei quota 96”

da La Tecnica della Scuola

Laura Puppato (Pd): “Risolvere il problema dei quota 96”

Cambiano le modalità di gestione dei conti pubblici e per questo potrebbe essere meno complicato reperire le risorse per risolvere la “grana” dei “quota 96”. A sostenerlo non è soltanto la senatrice del PD ma anche un nutrito gruppo di parlamentari di diversi partiti.

Stavolta è Laura Puppato, senatrice del PD, a spezzare una lancia a favore dei Quota 96. E lo fa con una interrogazione, formulata insieme ad altri esponenti del suo partito e a Franco Conte (Ncd), Ivana Simeoni (M5s), Fabrizio Bocchino, Fabiola Anitori e Francesco Campanella, Luis Alberto Orellana (Misto),  in cui chiede a risolutamente al ministro dell’economia Padoan una soluzione possibile: utilizzare il nuovo metodo di rilevazione internazionale del Prodotto interno lordo – il cosiddetto modello SEC 2010 – destinato a modificare gli indicatori economici e consentire ai governi accumulare risparmi per le emergenze.
A partire da settembre 2014, è cambiato infatti il Sistema dei conti nazionali (Sec), l’impianto che definisce la metodologia armonizzata per la produzione di dati di contabilità nazionale all’interno dell’Unione europea.
I conti nazionali sono il principale strumento di misurazione statistica della situazione economica complessiva di un paese. In Italia, come in gran parte dei paesi Ue, il passaggio ad una nuova versione delle regole di contabilità – la transizione dalla versione 1995 a quella 2010 del Sec – sarà il momento più adatto per adottare i necessari miglioramenti dei metodi di misurazione e per introdurre nuove fonti informative che si sono rese disponibili negli anni recenti.
Insomma quella dei Quota 96 è una vera emergenza e i soldi da qualche parte bisogna pur trovarli. Queste le richieste dei politici:  “La riforma delle pensioni varata dal ‘governo tecnico’ contiene un ‘errore tecnico’ ammesso dallo stesso estensore della riforma. I lavoratori nati nel 1951 e 1952 sono stati esclusi dal diritto di andare in pensione nonostante avessero maturato i requisiti nel dicembre 2012 e sono stati obbligati di fatto ad un’ulteriore permanenza in servizio per un periodo che va dai 2 ai 7 anni. Sulla questione hanno assunto più volte posizione sia il Governo che numerosi parlamentari, con l’impegno di arrivare ad un rapida soluzione che a tutt’oggi non è ancora pervenuta. Le risorse necessarie per garantire questo diritto ammontano a 400 milioni di euro, distribuibili su più annualità. E’ per questo che chiediamo al ministro di utilizzare parte dei proventi del ricalcolo dei Pil secondo il modello Sec2010, che implicherà un miglioramento del rapporto deficit/PIL di 0,2 punti percentuali, passando dall’attuale 3% al 2,8%, per risolvere senza ulteriori rinvii l’annosa vicenda della ‘Quota ’96′. Stiamo cambiando il Paese, dobbiamo farlo come già avvenuto per altre questioni, mantenendo fede ai nostri impegni e sanando gli errori prodotti. E’ una questione di credibilità”.
Un periodo che va dai due ai sette anni. Siamo alla follia. E nel frattempo un altro caso increscioso scoppia in Liguria. Due docenti ultrasessantenni hanno scelto di fare un gesto eclatante, e si sono incatenati il 3 ottobre  davanti alla sede della direzione scolastica regionale della Liguria. Sono due docenti ultra sessantenni che fanno parte del comitato #quota96scuola. Una protesta in via Assarotti, a Genova «per denunciare una condizione da ostaggi – spiegano in una nota – prigionieri del Governo».
Nel corso della manifestazione pacifica, a cui sono stati invitati anche tutti i docenti in ruolo e precari, è stato presentato il libro Il Pasticciaccio brutto di Quota96, preparato dal Comitato Civico Q96.
I Quota 96 non demordono. Perché vedersi negato un diritto e pagare per gli errori altrui con una rivoluzione dei progetti di vita non fa piacere a nessuno. Ma Padoan ascolterà il loro grido di dolore?

Il lunedì è il giorno del malanno, soprattutto in Calabria

da La Tecnica della Scuola

Il lunedì è il giorno del malanno, soprattutto in Calabria

Un lavoratore dipendente su 3 si ammala di lunedì. A dirlo una ricerca dell’Ufficio studi della Cgia. Nel 2012 sono stati 6 milioni i dipendenti che si sono ammalati, con una media di 2,23 volte ed sono rimasti a casa 17,71 giorni: complessivamente sono stati quasi 106 milioni i giorni di malattia persi durante tutto l’anno

Tuttavia oltre il 30% dei certificati medici è stato presentato di lunedì. In altre parole, tra quelli che hanno presentato un certificato medico nel corso del 2012, quasi un lavoratore dipendente su 3 ha iniziato la malattia il primo giorno della settimana.

Nel pubblico ci si ammala più spesso, ma mediamente si perdono meno giorni di lavoro che nel settore privato. Sempre nel 2012, i giorni di malattia medi registrati tra i lavoratori del pubblico impiego sono stati 16,72 (con 2,62 eventi per lavoratore), nel settore privato, invece, le assenze per malattia hanno toccato i 18,11 giorni (con un numero medio di eventi per lavoratore uguale a 2,08). In Calabria si è registrato il record dei giorni medi di malattia all’anno, 34,6, e salgono addirittura a 41,8 nel settore privato.

Dalla Cgia sottolineano che la malattia di un lavoratore viene considerata come unico evento anche nel caso di più certificati tra i quali intercorra un intervallo di tempo non superiore a 2 giorni di calendario. Inoltre, viene segnalato che questi dati sono stati estratti dall’Osservatorio sulla certificazione di malattia dei lavoratori dipendenti privati e pubblici dell’Inps avviato nel 2011.

A livello territoriale ”spiccano” i risultati della Calabria. A causa delle precarie condizioni di salute, nel 2012 ogni lavoratore dipendente calabro è rimasto a casa mediamente 34,6 giorni. La media sale addirittura a 41,8 nel settore privato.

Tra i lavoratori dipendenti più ”cagionevoli” troviamo anche i siciliani (con 19,9 giorni medi di malattia all’anno), i campani (con 19,4) e i pugliesi (con 18,8).

Gli operai e gli impiegati più ”robusti”, invece, li troviamo a Nordest. Se i lavoratori dipendenti dell’Emilia Romagna rimangono a casa mediamente 16,3 giorni all’anno, in Veneto le assenze per malattia scendono a 15,5 per toccare il punto più basso nel Trentino Alto Adige, con 15,3 giorni. Ovviamente, i lavoratori anziani sono più a rischio dei giovani.

Dalla rilevazione emerge che le assenze aumentano in misura corrispondente al crescere dell’ età. Se fino a 29 anni il numero medio di giorni di malattia per lavoratore è pari a 13,2, nella classe di età tra i 30 e i 39 anni sale a 14,9, per toccare il valore massimo sopra i 60 anni, con 27,4 giorni medi di assenza all’anno. La durata media degli eventi di malattia è, comunque, relativamente breve. Nel 71,7% dei casi la guarigione avviene entro i primi 5 giorni dalla presentazione del certificato medico.

Le nuove vie dei canti

Le nuove vie dei canti, il Miur per Lampedusa
Duecento bambini cantano nelle vie e nelle piazze dell’isola

Lampedusa, con gli occhi dei bambini. L’isola simbolo delle grandi migrazioni del nuovo secolo raccontata dagli alunni. E’ l’orizzonte del progetto “Le nuove vie dei canti”, promosso dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca – Direzione Generale per lo studente, l’integrazione, la partecipazione e la comunicazione. Un viaggio nell’isola, un gioco con la musica, una sosta di riflessione, per raccontare il proprio rapporto con il territorio, le speranze, i desideri, le storie, le favole, le leggende conservate nella memoria. Le storie, quattro, nate dalla fantasia dei ragazzi rivivranno domenica 5 ottobre 2014, nell’ambito delle commemorazioni per il naufragio di un anno fa, davanti alla costa dell’isola, quando quasi 400 migranti hanno perso la vita cercando di raggiungere il territorio italiano.

Oltre 200 gli alunni, tra i 9 e i 14 anni, coinvolti nel progetto “Le nuove vie dei canti” che è stato ideato da Guido Barbieri e realizzato dagli studenti dell’istituto comprensivo “Luigi Pirandello” di Lampedusa con il gruppo dei Linosacon (musicisti, registi, drammaturghi e attori). Per sei mesi, da marzo a settembre, le scuole primarie e secondarie di primo grado dell’isola sono state attraversate da un piccolo ciclone musicale: quattro tra i più affermati musicisti italiani, Antonio Caggiano, Anna Di Baldo, Gianluca Ruggeri e Fulvia Ricevuto, hanno riempito di suoni le aule, insegnando ai ragazzi a cantare in coro e a usare le percussioni. Ad affiancarli, nella conduzione dei laboratori, i videomaker Piergiorgio Mangiarotti e Michele Fumeo. Ne sono nate circa trenta interviste dalle quali Mario Perrotta, scrittore, attore e regista, ha tratto quattro storie, le più significative.

Queste quattro storie rivivranno domenica, appunto, nelle piazze e nelle vie di Lampedusa quando, poco prima del tramonto, quattro diverse voci narranti prenderanno posto in altrettanti luoghi simboli dell’isola: Cala Palme (al porto vecchio), il cimitero dei barconi (al porto nuovo), Piazza Brignone (sotto il monumento al Marinaio di Michele Cascella) e infine lungo Via Roma (l’arteria principale dell’isola). Ad accompagnarli, in ogni stazione, ci saranno i cori di voci e percussioni costituiti dai ragazzi delle scuole. Mentre tra una stazione e l’altra gli spettatori saranno accompagnati dalla Banda Lipadusa. Il punto di arrivo di questo lungo concerto itinerante sarà Piazza Castello. Mentre su un grande schermo scorreranno le immagini del “poema visivo” che Piergiorgio Mangiarotti ha dedicato al mare di Lampedusa, le cento percussioni e le cento voci dei ragazzi dell’isola, insieme alla Banda e ad un quintetto di fiati, eseguiranno il “poema sonoro” che il compositore Paolo Marzocchi ha dedicato alle voci, ai suoni, ai colori, alle memorie musicali dell’antica Lipadusa.
Il Miur lavora costantemente su progetti dedicati alle tematiche dell’integrazione e della multiculturalità e a Lampedusa sostiene attivamente, anche in accordo con gli Enti locali, attività per la sensibilizzazione degli studenti e per la promozione della cultura della legalità, dell’accoglienza e dello scambio tra i popoli