ORGANI COLLEGIALI: RENZI COME APREA?

ORGANI COLLEGIALI: RENZI COME APREA?

Autunno, cadono le foglie e parte l’ennesimo progetto di riforma delle scuola. Di elementi di pregio nella proposta del Governo Renzi ce ne sono, ma fra numerose cose buone, come il tempo pieno per tutti quelli che lo desiderano, le cattedre coperte fin dal primo giorno di scuola, il potenziamento di musica, storia dell’arte ed educazione fisica, il documento La Buona Scuola ripropone in tutto e per tutto la tanto deprecata proposta di legge Aprea sulla riforma degli Organi collegiali.

Dal rapporto balza agli occhi la quasi totale assenza dei genitori e degli Organi collegiali, che in modo un po’ inquietante si dice dovranno essere “rivisitati, aperti, agili ed efficaci”. Basti dire che nel Rapporto le famiglie sono citate 16 volte e 9 volte sono citati i genitori, prevalentemente come soggetti passivi che: hanno esigenze e bisogni  (5); sono ascoltati, coinvolti nel dibattito (3);  sono aiutati a crescere i loro figli, sono oggetto di progetti educativi, si fanno spiegare cosa imparano i loro figli a scuola (3);  iscrivono i figli, prendono decisioni d’indirizzo  (3); hanno un rapporto di fiducia verso i docenti e il dirigente, hanno entusiasmo (3); hanno strumenti di informazione e trasparenza, hanno accesso ai dati  (2); aiutano i docenti a trasformare la scuola, lavorano in stretta collaborazione con i docenti (2); forniscono risorse alla scuola  (1); hanno un maggiore coinvolgimento  (1); hanno luoghi fisici per sviluppare progettualità  (1); sono coinvolti nel bilancio partecipato per una quota inizialmente pari al 5% (1).

Insomma nulla a che vedere con la piena titolarità a contribuire democraticamente al governo della scuola, così come previsto dai Decreti delegati del 1974 e dal Testo unico della scuola del 1994. E’ vero che noi genitori in questi anni non abbiamo fatto molto per essere partecipi in modo competente, comunque l’impressione è che si voglia ridurre al minimo la presenza dei genitori, intanto che si comprimono gli spazi di democrazia all’interno delle scuole, con un salto indietro di almeno 50 anni. Questo né l’A.Ge. Toscana né tanto meno i genitori che dedicano gratuitamente il loro tempo alla scuola lo possono accettare. Ecco perché è stato avviato un percorso di informazione e sensibilizzazione, con incontri di formazione e una guida alla conoscenza del rapporto, con indicazioni pratiche sulla compilazione del questionario (https://labuonascuola.gov.it/).

Come A.Ge. Toscana stiamo organizzando una serie di momenti di informazione e di confronto, in modo che tutti possano partecipare consapevolmente al QUESTIONARIO e intanto approfondire tematiche centrali per noi genitori come l’offerta formativa, gli organi collegiali, la partecipazione dei genitori e il finanziamento delle scuole:

mercoledì 29 ottobre ore 21,00-22,30
Empoli (FI), c/o Pubblica Assistenza, Via XX Settembre 17
LA BUONA SCUOLA – FOCUS SUL PIANO DELL’OFFERTA FORMATIVA
“Quale presenza e quale rappresentanza mettere in campo per i nostri figli?”

mercoledì 5 novembre ore 17,00-18,30
Arezzo (AR), c/o Scuola Primaria “Aldo Moro”, Via Tricca 19
LA BUONA SCUOLA – FOCUS SUI RAPPRESENTANTI DI CLASSE

lunedì 10 novembre ore 18,00-19,30
Agliana (PT), c/o I.T.S.E. Aldo Capitini, via Goldoni
LA BUONA SCUOLA – FOCUS SULLA PARTECIPAZIONE DEI GENITORI

venerdì 21 novembre ore 21,00-22,30
Borgo S. Lorenzo (FI), Auditorium Istituto “Giotto Ulivi”, Via Caiani 64-66
LA BUONA SCUOLA – FOCUS SUI RAPPRESENTANTI DI CLASSE
“Rappresentante di classe, il mestiere più bello del mondo”
In collaborazione con le Consulte dei Genitori del Mugello

e, in collaborazione con A.Ge. Vitorchiano, due eventi di presentazione de La Buona Scuola con approfondimenti tematici:

Venerdì 7 Novembre 2014 ore 19 – Sala Consiliare del Comune di Vitorchiano – Corso Rappresentanti di classe con cena offerta da AGe Vitorchiano

Sabato 8 Novembre dalle ore 8,30 alle ore 13,00 – Ex Chiesa di San Rocco Borgo Cavour n. 21 – Vitorchiano – Laboratorio Organi collegiali (riservato ai soci A.Ge.).


Ecco il testo la lettera inviata ai 5.435 firmatari della Petizione sugli Organi collegiali della scuola (tutte le firme furono inoltrate a suo tempo dall’A.Ge. Toscana alla VII Commissione Cultura della Camera dei Deputati e alla VII Commissione Istruzione del Senato della Repubblica per contrastare l’approvazione della proposta di legge Aprea):

La riforma della scuola proposta dal Governo Renzi sta passando quasi sotto silenzio ma, fra numerose cose buone, ripropone in tutto e per tutto la proposta di legge Aprea:
–         Centralità del Dirigente scolastico (altro che semplice presidenza del Consiglio d’Istituto!);
–        Spariti i Consigli di classe;
–        Probabile riduzione della rappresentanza dei genitori (“Servono organi collegiali rivisitati, aperti, agili ed efficaci”)
–         Ampio spazio ai privati da incentivare “apertamente” (“sommare risorse pubbliche a interventi dei privati è l’unico modo per tornare a competere”).

Visto che si tratta per il momento di una consultazione aperta fino al 15.11.2014, la cosa migliore che possiamo fare è PARTECIPARE (labuonascuola.gov.it):
–        innanzitutto compilando il QUESTIONARIO
–        leggendo il RAPPORTO
–        inviando un COMMENTO RAPIDO
–        organizzando un EVENTO
–        presentando un DOCUMENTO
–         richiedendo l’abolizione di una pratica burocratica ‘pesante’ con lo SBLOCCA SCUOLA
N.B. è possibile trovare alcune utili indicazioni per registrarsi e per muoversi all’interno del Rapporto e del Questionario su www.agetoscana.it/CS/2014/LaBuonaScuola/Indicaz_pratiche_Quest_LaBuonaScuola.pdf

Come è noto, a pensare male si fa peccato, ma spesso si indovina, e poiché non ci sono contatori che rendano trasparenti le risposte, ti invitiamo a inviare una e-mail ad agetoscana|at|gmail.com con oggetto LA BUONA SCUOLA con le tue/vostre proposte a tutela degli attuali organi collegiali (1-dichiarando di aver compilato il Questionario in modo conforme alla nostra proposta sugli OOCC; 2-inviando una copia del Commento rapido inserito; 3-inviando una copia del Documento finale di un evento caricato sul sito LaBuonaScuola.gov.it), in modo da avere elementi di riscontro sugli esiti e articolare l’eventuale protesta dei genitori.

Buona è la scuola

BUONA è LA SCUOLA SOLO SE ALIMENTA LA GIOIA DI NUTRIRSI DI CULTURA PER FARSI UOMINI di Umberto Tenuta

CANTO 278 Buona è la Scuola per i Docenti se tra le sue mura vivono un momento della loro vita, e non il sudore della loro fronte per guadagnarsi il pane.

Buona è la Scuola per gli Studenti se tra le sue mura vivono un momento della loro vita, e non il dolore di alimentarsi alle fonti della cultura per divenire uomini.

 

Sta scritto: <<Tu, donna, partorirai con dolore>>.

Ma non sta scritto: <<Tu, uomo, nascerai con dolore>>.

Mirava il ciel sereno,

le vie dorate e gli orti,

e quinci il mar da lungi, e quindi il monte.

Lingua mortal non dice

quel ch’io sentiva in seno.

O natura, o natura,

perché non rendi poi

quel che prometti allor?

perché di tanto

inganni i figli tuoi?

 

Apre gli occhi il bimbo e sorride al mondo, alla mamma sua.

Guarda incantato il volto della mamma sua, il cielo, le stelle, le terre, le umane cose.

Nasce innamorato.

Esploratore, navigatore, lettore del mondo, con gioia e con amore.

O Scuola, o Scuola, perchè di tanto inganni i tuoi studenti?

Perchè non alimenti la loro innata curiosità di conoscere, di imparare, di alimentarsi alle fonti della cultura?

Se una BUONASCUOLA vuoi essere, non ingannare i tuoi studenti!

Non imprigionarli nelle celle delle tue aule!

Non legarli con le catene ai duri sedili dei tuoi banchi!

Non chiudere le loro bocche con lo scotch!

Non negare loro le feste comandate!

Ma, soprattutto, non rendere amaro il miele, il dolce miele, il miele succhiato dalle operose api dai mille e mille fiori che vicini e lontani si alimentano al sole della vita!

O Scuola, buona tu sarai solo se in te i giovani vivranno la gioia di imparare, di bere il nettare dei più bei fiori che l’uomo ha creato e che tu contieni nelle tua ANTOLOGIE.

Non illuministiche ed illusionistiche pesanti enciclopedie.

Ma Antologie!

Antologia deriva dalla parola greca anthología dal significato originario di “raccolta di fiori” (da “ánthos”, “fiore”, e “légo”, “raccolgo“):…. raccolta di testi estratti da opere più ampie…

Testi, non riassunti: i riassunti se li costruiscono gli studenti, nelle loro mappe cognitive.

Altro che le sovraimposte mappe concettuali, oggi imperanti!

Ma sovrattutto, BUONASCUOLA tu sarai solo se novello grembo materno, addolcito da musiche e canti.

Canta la gioia!

Lungi da l’anima nostra

il dolore, veste cinerea.

Gioia di imparare, gioia di crescere, gioia di vivere questo primo tratto della vita umana.

BUONASCUOLA, non togliere ai giovani il primo quarto di luna della loro vita.

Funesta e non buona è la Scuola che quotidianamente mortifica i giovani nel carcere delle sue celle, con le inferriate alle finestre, le porte sprangate, la voce assordante di un megafono senz’anima.

Lungi dai giovani la pena quotidiana di riempire i loro crani di nozioni senza passioni!

La BUONASCUOLA è solo la scuola nella quale i giovani vivono, e vivendo imparano, si nutrono alle fonti della cultura e nascono alla condizione umana.

Lungi da loro il dolore!

Ogni giorno ha la sua gioia, la gioia di crescere, di farsi uomini, di sentirsi grandi.

Ministra Giannini, il giorno più bello della tua vita sarà quello in cui farai da testimone alla nascita del primo figlio della Tua MATERNA SCUOLA!

Figlio di amore, attraverso l’amore, per l’amore di nascere, di crescere, di farsi uomo, per vivere di amore.

 

Tutti i miei Canti −ed altro− sono pubblicati in:

http://www.edscuola.it/dida.html

National Student Fee and Support Systems in European Higher Education 2014/15

National Student Fee and Support Systems in European Higher Education 2014/15: This report analyses the student fees and support systems (grants and loans) across European countries. It covers 33 European countries of the Eurydice network. The report finds that a significant number of systems apply a ‘no fee’ regime for all students. In most European countries, a minority of students receive support in the form of grants and they are often allocated on a combination of need-based and merit-based criteria. Publicly subsidised loans play a significant role in student support in around half of the countries.

Separate countries sheets provide national descriptions and country specific diagrammes.

Report: National Student Fee and Support Systems in European Higher Education 2014/15

European Commission Press Release: Fees and grants for students widely differ across Europe

 

The Organisation of School Time in Europe: Primary and Secondary General Education 2014/15 and the Organisation of the Academic Year in Europe 2014/15: The school calendar contains national data on the length of the school year, the start and end of each school year, and the timing and length of school holidays. It covers both primary and secondary education. The overview covers the 35 countries of the Eurydice network (reference year 2014/15). The academic calendar contains national data on how the academic year is structured (beginning of the year, terms times, holidays and examination periods). Variations depending on the type of (university of non-university) study programme are also indicated. Information on the academic calendars is available for 34 countries.

Reports:

The Organisation of School Time in Europe: Primary and Secondary General Education 2014/15

The Organisation of the Academic Year in Europe 2014/15

Area V: stato di agitazione della categoria

COMUNICATO UNITARIO OO.SS. AREA V
Le Organizzazioni sindacali FLC CGIL, CISL Scuola, UIL Scuola, SNALS CONFSAL e ANP CIDA, rappresentative dell’area V, hanno esaminato la situazione determinata dalla quantificazione del Fondo Nazionale per la retribuzione di posizione e risultato dei dirigenti scolastici comunicata dall’Amministrazione venerdì 17 ottobre 2014.
L’Amministrazione ha accettato senza riserve il rilievo dell’UCB e invierà agli Uffici Scolastici Regionali la nuova ripartizione delle risorse relativa al 2012/13 e al 2013/14, sulla base della quale procedere alla stipula dei relativi Contratti integrativi regionali.
Il Miur ha così mostrato un’inaccettabile intransigenza e la totale chiusura a considerare le argomentazioni documentate delle OO.SS rappresentative e la totale sudditanza al diktat del Mef, fondato su una errata lettura della norma (art. 9 comma 2- bis del D.L 78/2010), lettura che lo stesso MIUR aveva sempre respinto.
Con l’interpretazione adottata, il Miur e il Mef stravolgono il senso della norma che prevedeva il blocco delle retribuzioni maturate al 31/12/2010 e non certamente la loro progressiva decurtazione. Si determinerà infatti un obiettivo impoverimento di una categoria – la più mal pagata fra la dirigenza pubblica – sulla quale l’amministrazione continua incessantemente a scaricare adempimenti burocratici e responsabilità che hanno rilevanti implicazioni dal punto di vista civile, amministrativo, penale, dirigenziale e disciplinare.
La determinazione del MIUR riduce il Fondo nazionale, rispetto al 2010/11, di 19 milioni di euro per l’anno 2012/13 e di 25 milioni di euro per il 2013/14, con una decurtazione media nel biennio di 5.700 euro per ogni dirigente. Considerata la retribuzione media annua lorda dei dirigenti, pari a 55.000 euro, si tratta di una riduzione del 5%.
La dirigenza scolastica, a seguito dei processi di razionalizzazione, ha subito negli ultimi 4 anni una riduzione di organico di circa un quinto pur mantenendo gli stessi livelli di qualità del servizio pubblico di istruzione e formazione contribuendo così con 150 milioni di euro l’anno alla riduzione della spesa pubblica. La decurtazione del fondo, operata a danno dei dirigenti scolastici, produce ora un’ulteriore diminuzione di 50 milioni di euro.
Le Organizzazioni sindacali FLC CGIL, CISL Scuola, UIL Scuola, SNALS CONFSAL e ANP CIDA, rappresentative dell’area V, in coerenza e continuità con le azioni già realizzate (presìdi, scioperi, interventi sul Governo e sul Parlamento) indicono lo stato di agitazione della categoria che si svilupperà attraverso le seguenti iniziative di natura sindacale, politica e giurisdizionale:
  1. Impugnazione degli atti di determinazione del Fondo Nazionale lesivi dei diritti retributivi dei dirigenti scolastici;
  2. Avvio di una interlocuzione con le forze politiche e parlamentari per l’assunzione di iniziative finalizzate alla interpretazione corretta delle disposizioni sul blocco delle retribuzioni e alla restituzione delle risorse contrattuali della dirigenza scolastica;
  3. Mobilitazione della categoria a sostegno del rinnovo del contratto di lavoro e a difesa della retribuzione;
  4. Svolgimento di Assemblee unitarie dei dirigenti scolastici in tutte le regioni con presidi davanti agli USR per l’individuazione condivisa di ulteriori forme di lotta.

Aspettando la “Buona Scuola”

ASPETTANDO LA “BUONA SCUOLA”: L’ORGANICO FUNZIONALE. RIFLESSIONI E PROPOSTE

di Pasquale D’Avolio

L’eliminazione delle supplenze annuali e del precariato nella Scuola costituisce uno dei punti qualificanti del Documento sulla “Buona scuola” e a tale questione è dedicata tutta la prima parte del Documento ministeriale (i primi 3 punti).
La strada per arrivarci è indubbiamente quella dell’organico funzionale, vale a dire l’assegnazione alle scuole o reti di scuole di un organico che vada oltre la corrispondenza tra docenti e cattedre di insegnamento. Non si tratta solo di immettere nei ruoli tutti gli aspiranti delle GAE e una quota di vincitori di concorso (150.000 a settembre 2015), ma di garantire che non ci siano più, o siano ridotte al minimo, assunzioni temporanee da parte delle scuole all’inizio dell’anno o nei periodi di assenza del titolare, sulla base di graduatorie di Istituto, con una procedura defatigante per i Presidi e con l’alternarsi magari di più docenti nel corso dell’anno. E’ come l’uovo di Colombo, si direbbe, e la proposta di un “organico funzionale” rientra infatti tra le rivendicazioni delle OOSS da molti anni
Lodevole intento, ma tra il dire e il fare …….
Forse non tutti ricordano quanto prevedeva il ddl del febbraio 2012 (Governo Monti) che tante speranze aveva suscitato
Richiamo le tre grosse novità del Decreto: l’organico dell’autonomia (o funzionale), le reti territoriali con l’organico di rete, e, last but not least, la stabilità triennale degli organici: una vera rivoluzione!
Cosa ne è stato del ddl del 2012 e perché non è stato applicato? Un primo motivo sta nella premessa ai punti surriportati che aveva come presupposto che il tutto doveva rientrare “ nei limiti previsti dall’articolo 64 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e successive modificazioni e integrazioni”. In sostanza il primo scoglio sono le risorse occorrenti, risorse che il Documento sulla Buona scuola individua in questo modo: i 150.000 da assumere stabilmente in effetti sono già oggi in servizio e non ci sarebbe un aggravio nel bilancio del MIUR (almeno nei primi anni); inoltre bisognerebbe conteggiare le minori spese per le supplenze temporanee che corrispondono annualmente a 300/350 milioni di Euro l’anno (Documento pag. 35) .
Dando per risolto il problema finanziario (ma sarà così?), il vero problema si presenta successivamente nella gestione di questo organico potenziato e qui le osservazioni di Mario Pirani (“Repubblica” 15 settembre 2014) sono certamente pertinenti. Provo ad elencarle così come lui le presenta, cercando di prevedere le possibili soluzioni.
a) Parto dalla sua obiezione di fondo: un impegno alla cieca delle risorse (docenti) “per un generico e difficilmente attuabile, ampliamento dell’offerta formativa ripropone il tema di una scuola fatta più per gli insegnanti che per gli studenti”
Certamente l’enfasi posta sulla assunzione di 150.000 docenti, che diventa l’obiettivo di fondo del Documento, rischia di mettere in secondo piano quello che il Documento stesso sottolinea, forse non in maniera adeguata, e cioè che con l’organico funzionale si intende raggiungere un risultato importante dal lato della “buona scuola”, vale a dire la continuità didattica.
Le supplenze da eliminare, su questo siamo tutti d’accordo, sono quelle che durano anni, che portano l’insegnante a migrare tra una scuola e l’altra senza riuscire davvero a lasciare un vero imprinting, come si richiede a un docente vero! Il Documento giustamente insiste sul valore della “continuità didattica”, che viene a mancare quando più di 1/4 dei docenti soggiornano nel limbo delle graduatorie, provvisorie o permanenti. E così ci sono scuole dove, come è successo a chi scrive, ogni anno vedono rinnovato l’intero Collegio Docenti. Nel libro “La fabbrica degli ignoranti” del 2008, Giovanni Floris (quello già di Ballarò) citò la Scuola Media di Paularo (UD), di cui sono stato Dirigente per qualche anno, come detentrice del record mondiale del turn-over dei docenti: il 100%, a parte la docente di religione.
Superamento del precariato e della discontinuità didattica sono obiettivi essenziali e collegati tra di loro; se avessi steso il documento, avrei insistito più sul secondo aspetto rispetto al primo, fugando ogni accusa di battage elettorale. Ma tant’è! L’importante è sottolineare come il precariato nuoccia, oltre che ai docenti, soprattutto ai discenti. Su questo forse anche Pirani converrebbe!
b) Altra obiezione di Pirani altrettanto condivisibile: nel documento governativo, egli dice, “si parla molto del sullodato ampliamento, ma senza tenere il minimo conto dell’assenza delle strutture indispensabili anche per il funzionamento normale”.
Non occorre citare esempi di mal funzionamento della macchina amministrativa centrale e periferica del MIUR: le nomine in ritardo sull’inizio dell’anno scolastico, i contenziosi infiniti con ricorsi al TAR che si concludono di solito con la condanna del Ministero, i concorsi infiniti ecc. Verrebbe da dire, parafrasando D’Alema: a noi basta una “scuola normale”; ma se non si riforma l’apparato, se non si semplificano davvero le procedure, se non si riforma dal profondo la macchina amministrativa (almeno 3 riforme del MIUR negli ultimi dieci anni con esiti deludenti) non se ne esce.
c) Da qui discendono una serie di interrogativi sempre di Pirani:
“Nelle 5 o 6 ore aggiuntive al mattino, cosa dovranno fare gli insegnanti aggiuntivi? Quali materie approfondire? Si dovranno aprire le scuole il pomeriggio? Ma i nostri innovatori sono a conoscenza che nelle scuole secondarie superiori non ci sono mense? E che gli orari delle scuole sono concordate con i servizi di trasporto?” Quanto alla possibilità dei docenti neo assunti di insegnare materie “affini” a quelle in cui sono abilitati, Pirani lo considera una delle debolezze della scuola italiana per non parlare del fatto messo in luce da qualcuno recentemente: una buona parte degli iscritti nelle GAE (si parla del 20-30%) non insegna da anni e chissà se è interessata o comunque “qualificata” a insegnare. Occorrerebbe un filtro, ma la cosa è molto improbabile.
Domande legittime e sensate, alle quali se ne potrebbero aggiungere altre: come e dove verranno assegnati i nuovi docenti dal punto di vista geografico e come imporre la mobilità?
Le risposte a tali domande non le si può trovare certamente nella legge, ma è necessario cominciare a dipanare alcune questioni.
1) La assegnazione dei contingenti “aggiuntivi” alle singole Regioni ha bisogno di criteri che potranno essere indicati dalla Conferenza Stato-Regioni e sappiamo quanto l’operazione è complicata. La maggioranza di personale precario è concentrata al Nord, mentre gli organici sono pressoché “saturi” nelle Regioni meridionali. Stesso discorso per il “tempo pieno” che sarebbe necessario espandere al Sud, ma qui ci sono ostacoli di natura logistica,visti i modesti investimenti dei Comuni nel Sud nelle mense e nei trasporti. Per non parlare delle scuole di montagna, notoriamente sprovviste di personale a t. i. (vedi sopra). Si riuscirà a coprire quelle sedi disagiate dove non c’è grande richiesta da parte dei docenti? E come? Inoltre, si terrà conto dei tassi di dispersione, visto che un possibile utilizzo del personale assunto dovrà occuparsi proprio di combattere la dispersione? Aggiungerei, ma qui il problema è molto complicato, che anche i tassi di assenteismo nelle varie realtà scolastiche sono diversi e quindi il problema della copertura delle assenze temporanee non si presenta allo stesso modo. Sono alcune delle questioni che ci si troverà ad affrontare in tempi molto ristretti: tra gennaio e aprile, quando vengono assegnati gli organici si riuscirà a dipanare tutte queste difficoltà? Conoscendo i lavori della suddetta Conferenza e la inevitabile querelle tra le Regioni, ho molti dubbi e probabilmente occorrerà procrastinare tutte le operazioni conseguenti con rischi per l’inizio effettivo del prossimo anno scolastico.
2) L’assegnazione degli organici alle singole scuole o alle reti all’interno delle Regioni è un compito che spetta agli USR e anche qui sappiamo che i tempi sono estremamente problematici con defatiganti riunioni con le OOS, le Province (che ancora esistono) i Comuni e le Scuole. La prima domanda è: la scuola avrà l’organico funzionale e poi deciderà cosa fare oppure il procedimento dovrà essere al contrario? Prima si verificano i bisogni delle scuole e poi la richiesta di insegnanti? E come arrivare eventualmente alla definizione dei “bisogni”? Occorreranno dei criteri per evitare l’”assalto alla diligenza” come l’esperienza pregressa ci insegna. Non è un problema da poco e bisognerà che sia chiarito prima della assegnazione degli organici alle Scuole .
3) l’utilizzo razionale e efficace delle risorse aggiuntive assegnate dall’USR alle singole scuola è un compito che spetterà a queste ultime, singole o in rete. Qui si richiede una governance forte all’interno delle singole scuole, ma io ritengo soprattutto a livello locale, come dirò dopo. Occorre una dirigenza scolastica di alto livello per le scuole autonome che sappia indicare delle soluzioni razionali e corrispondenti ai bisogni della comunità scolastica, e non solo, e che sappia coinvolgere nelle scelte tutti i soggetti interessati, superando particolarismi e resistenze anche di ordine sindacali, che non mancheranno.
Esistono poi questioni che attengono alla specificità delle scuole, che come sappiamo non sono tutte uguali. Una prima distinzione la si dovrà fare a) tra Scuole primarie e secondarie, una seconda ritengo essere importante ed è quella b) tra piccole e grandi scuole. Mi riferisco in questo caso al “dimensionamento” e alla differenza tra scuole di “città” con grandi numeri, sia di alunni che di docenti, e scuole montane o di periferia con un organico limitato (in montagna le Scuole possono avere fino a 400 alunni e sappiamo che ce ne sono ancora di più piccole!)

a) nelle scuole primarie l’utilizzo del personale per i diversi compiti, in particolare per le supplenze, presenta meno problemi. L’organico funzionale in effetti non è una novità per le scuole primarie e fino a pochi anni fa con una dotazione organica aggiuntiva adeguata si riusciva a coprire in parte alle esigenze “funzionali” delle scuole. Il taglio attuato dal 2008 ha reso aleatoria tale possibilità. Con l’organico funzionale “potenziato” tutti i docenti dovrebbero essere in grado di sostituire temporaneamente i colleghi assenti, salvo per gli insegnamenti specifici (musica, arte, educazione fisica) o dedicarsi ad attività di recupero-sostegno agli alunni o alle compresenze o al tempo pieno. Quanto agli insegnamenti specialistici il problema è più di ordine didattico, problema a cui nel Documento si presta scarsa attenzione. Dopo aver giustamente combattuto il “maestro unico” non si arriverà a una pletora di insegnanti sulla stessa classe? Oltre alle compresenze, da ripristinare indubbiamente, la previsione di insegnanti specialisti per “occupare” tutti i precari porterebbe ad avere 7/8 docenti nel Consiglio di classe (i 3 del “modulo”, il docente di religione cattolica, di arte, di musica, di educazione fisica più l’eventuale insegnate di sostegno). Occorrerà pensare ad altre soluzioni.
Per le scuole secondarie l’utilizzo dei docenti per le supplenze non può avvenire a caso, ma dovrà tener conto delle varie professionalità e competenze disciplinari o di altro tipo. Occorrerà che gli organici funzionali tengano conto delle varie tipologie di cattedre per evitare che le supplenze temporanee (che possono durare settimane o mesi) rimangano quelle supplenze “tappabuchi” di cui ci si è giustamente lamentati. In sostanza
b) Diverso è il discorso tra “piccole” e gradi scuole per quanto si diceva prima. Pensiamo ai plessi sottodimensionati o alle scuole secondarie con con pochi corsi. L’operazione diventa difficile, Ma allora l’organico funzionale richiede una revisione dei criteri del dimensionamento superando definitivamente le piccole scuole con meno di 1000 alunni o almeno 10 corsi! E’ una operazione non facile e non veloce. A meno che non si intenda procedere verso l’obbligatorietà delle reti.
Sulle reti il discorso sarebbe lungo, e chi scrive lo ha già tratto in precedenti interventi. Le reti sono un “valore aggiunto” che potrebbero trovare una strada facilitata proprio dall’organico di rete. Ma come si costruisce un “organico di rete”? Forse pochi ricordano i Distretti scolastici istituti con il DPR 416/74, art. 12, e ormai scomparsi. Molti dei compiti loro attribuiti si riferivano proprio a quelli che vengono indicati nel Documento “La buona scuola”. Cito solo uno che ci riguarda nello specifico: “Il CSD formula proposte …. al Ministero della Pubblica Istruzione e al Provveditore agli studi per la migliore utilizzazione del personale della scuola” In sostanza occorrerà pensare a organismi nuovi, che il sottoscritto individua da tempo nei Centri servizi scolastici provinciali o meglio sub-provinciali per garantire una adeguata assegnazione di docenti alle reti di scuole.

Conclusioni
In conclusione le difficoltà sulla strada della “buona scuola” sono tante. Aggiungerei quelle citate dal collega Stefanel (…….) L’idea dell’organico funzionale d’istituto deve però essere integrata con una rivisitazione del tempo scuola (io sono un fautore del monte ore annuale), delle possibilità opzionali da fornire agli studenti (quindi meno tempo obbligatorio e più scelte), delle competenze reali dei nuovi assunti (che sono legati a classi di concorso fuori da ogni realtà). Questioni che vanno affrontate non semplicemente attraverso consultazioni on-line, ma con il coinvolgimento delle OOSS e delle associazioni professionali, che possono dare un contributo importante.
Last but not least la questione tempi non è secondaria. Personalmente la vedo molto dura realizzare tutte le operazioni in tempo utile perché il tutto si concluda entro settembre 2015; dura ma non impossibile se il Ministero si dota di una vera e propria task-force in grado di dipanare tutti i problemi di cui ho parlato sopra. E’ un augurio che mi sento di rivolgere ai 150.000 precari e soprattutto ai milioni di studenti, ai quali ogni riforma dovrebbe rivolgersi.

Tagli alla disabilità

Tagli alla disabilità: FISH chiama Renzi

ISTAT certifica che in Italia la spesa sociale per la disabilità è inferiore di mezzo punto di PIL rispetto alla media UE di 2,1%. In Italia la spesa pro capite è di 423 euro l’anno: la media UE è di 536. In Germania se ne spendono 277 in più, in Croazia 100. Il divario rispetto alla UE è di circa 8 miliardi di euro. Se osserviamo gli effetti pratici ciò significa esclusione sociale, marginalità, impoverimento progressivo delle persone con disabilità e dei loro familiari che spesso sono gli unici caregiver, in un’assenza di politiche certe e strutturate.

Nonostante questo evidente divario la legge di stabilità presentata dal Governo alla UE e al Parlamento diminuisce ancora le risorse destinate alle persone con disabilità incentivandone ancora l’esclusione, la segregazione, l’impoverimento.

Per il 2015 il già inadeguato Fondo per le non autosufficienze subirà un taglio di 100 milioni. Passa a 250 milioni. Esangue rimane anche il Fondo Nazionale per le Politiche Sociali: 300 milioni. Si aggiungano allo scenario i tagli agli Enti locali e la prospettiva in termini di servizi risulta davvero tetra per milioni di italiani.

“È un segnale molto grave – sottolinea Vincenzo Falabella, presidente della Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap – e ciò al di là dei numeri. Il Governo Renzi sostiene l’utilità di ‘rompere’ o allentare il patto europeo sull’austerity, ma non intende ridurre lo spread sulle spese sociali per la disabilità, una delle principali cause di impoverimento. Al contrario restituire diritto di cittadinanza attraverso l’inclusione sociale alle persone con disabilità significa liberare energie sia dei diretti interessati che dei loro familiari. Non siamo certo gli unici a sostenere che le minoranze liberate dalla condizione di discriminazione producono sviluppo economico. Quello sulla disabilità è un investimento e non una spesa.”

Questo taglio è doppiamente grave perché dimostra una logica che non è né di uguaglianza né di sviluppo. Mantiene e respinge le persone nell’esclusione e nella segregazione anziché liberare energie. Liberare energie significa restituire opportunità ai 200mila studenti con disabilità nella scuola e nell’università. Significa far uscire dai centri diurni, da quelli riabilitativi, dalle RSA, dagli istituti le centinaia di migliaia di persone con disabilità che vi sono confinate. Significa offrire loro strumenti anche per l’autodeterminazione, verso l’inclusione, lontano dalla segregazione. Significa consentire alle persone di poter scegliere dove e come vivere senza che siano costretti in luoghi e soluzioni “speciali”.

“Il percorso di vita indipendente necessita del sostegno e dei servizi tipici del welfare che facilitino il percorso di autonomia e libera scelta. Il welfare di domani deve essere la liberazione di energie oltre che buona occupazione per chi ci lavora. Su questi temi sfidiamo il Governo: contro l’ingiustizia e per lo sviluppo. Dalla carità all’investimento.”

Il 23 ottobre la FISH, assieme a FAND e al Comitato 16 novembre, sono invitate ad un tavolo presso cui saranno presenti tre sottosegretari (Politiche sociali, Salute, Economia e Finanze). Il tema è appunto il Fondo per le non autosufficienze 2015.

“Verosimilmente ci verrà notificato il taglio del Fondo – annota Falabella – già noto a chiunque abbia letto la bozza della legge di stabilità. A quegli interlocutori non potremo che esprimere la nostra decisa contrarietà e l’intento di attivare una decisa mobilitazione. Riteniamo che il Fondo per le non autosufficienze debba essere portato, nel giro di tre anni, ad un miliardo di euro. Ma analoga sorte debba essere prevista anche per il Fondo per le politiche sociali.”

Ma le richieste di FISH non si limitano al tema delle risorse, ma ad una più profonda azione politica per l’inclusione delle persone con disabilità. “Con tutto il rispetto per il ruolo dei tre sottosegretari crediamo che vista l’estrema urgenza e rilevanza dei temi e delle prospettive in gioco debba intervenire direttamente il Presidente del Consiglio Matteo Renzi, del quale chiediamo pubblicamente la presenza al tavolo del 23 prossimo.”

Maturità 2015/1. Un appello per non cambiare

da TuttoscuolaNews

Maturità 2015/1.  Un appello per non cambiare

Sono oltre 3.600 le firme raccolte in pochi giorni da un appello online (http://www.change.org/p/ministero-dell-istruzione-mantenere-le-commissioni-esterne-agli-esami-di-maturità), lanciato da Giorgio Allulli, per il mantenimento della attuale struttura delle commissioni d’esame di maturità  – metà membri interni, metà esterni e presidente esterno – e contro la scelta del ministro Giannini, poi recepita nella Legge di stabilità 2015, di tornare alle commissioni tutte interne (salvo il presidente) volute dal ministro Moratti (2001-2006) a modifica della composizione metà e metà prevista dalla riforma Berlinguer entrata in vigore nel 1999.

Nell’appello, sottoscritto da autorevoli esperti tra i quali Alessandro Cavalli, Andrea Gavosto, Giovanni Trainito, Luciano Benadusi, Piero Lucisano, Roberto Moscati, Emanuele Barbieri, Giorgio Rembado per ANP, Giorgio e Andrea Ragazzini per il ‘Gruppo di Firenze, Giorgio Israel, si chiede “che senso ha emanare una direttiva che prevede la valutazione esterna delle scuole, quando nel merito della preparazione degli alunni si torna alla totale auto-referenzialità dei Consigli di classe?”.

Nell’appello si sostiene che il ritorno al modello Moratti-Bertagna (che ne fu l’ispiratore) “sarebbe un’iniziativa in palese contraddizione con le indicazioni dell’Ocse, che segnala gli effetti positivi degli esami esterni sui livelli di apprendimento degli alunni, con le Raccomandazioni ufficiali dell’Unione europea, che richiede l’impiego di esaminatori “terzi” per la verifica degli apprendimenti acquisiti dagli alunni, e con le pratiche in uso nei principali sistemi scolastici europei”.

Ma fino a che punto la commissione ‘metà e metà’, che abbiamo visto in opera dal 1999 al 2001 e poi ancora dal 2007 al 2014, può essere considerata ‘esterna’ o ‘terza’ secondo i modelli europei indicati dai firmatari dell’appello?

Maturità 2015/2. Guardare avanti anziché indietro

da TuttoscuolaNews

Maturità 2015/2.  Guardare avanti anziché indietro

Nell’appello citato nella precedente notizia si sostiene che “Tutti i sistemi di certificazione prevedono, come regola fondamentale, che la certificazione venga effettuata da soggetti terzi; se si abolisce questo passaggio possiamo dire addio a qualunque discorso credibile sulla qualità della scuola italiana, con buona pace del Sistema Nazionale di valutazione”. Non si può non essere d’accordo con questo principio generale.

La domanda è: può l’attuale esame di maturità (“conclusivo degli studi secondari”, lo definisce la legge) essere considerato un ‘sistema di certificazione’? Di che cosa? Forse solo del fatto che i candidati hanno semplicemente terminato gli studi secondari, dal momento che i tassi di ammissione e promozione si avvicinano al cento per cento, senza grandi differenze né geografiche (se non quelle sospette sulle votazioni, specie riguardo ai voti massimi. Ricordiamolo: a Milano solo un maturando su 381 è valutato meritevole di lode, a Crotone uno ogni 35) né per tipologia di scuola (e caso mai con dati in contrasto con quelli delle indagini comparative internazionali e con gli stessi test Invalsi).

Insomma il mantenimento dell’esame con le commissioni metà e metà di per sé e da solo non garantisce affatto che venga salvaguardata la qualità della scuola italiana. E lo stesso si può dire, naturalmente, e ancor di più, per il modello ‘tutti interni’. Tra i due modelli non c’è dubbio che quello vigente dia maggiori garanzie di qualità, probabilmente lo pensa anche il ministro Giannini, che però ha il vincolo di trovare dei risparmi. Ma bisogna essere consapevoli che anch’esso appare ormai inappropriato.

Che cosa fare dunque per muoversi verso la ‘certificazione’ delle conoscenze, competenze e abilità (o capacità, come indica la legge 425/1997) dei candidati alla maturità? Le strade, che Tuttoscuola propone non da ora di esplorare, sono due, peraltro convergenti, che ci limitiamo ad accennare auspicando lo sviluppo di una riflessione approfondita in materia: ridurre le prove d’esame a due o tre discipline, vincolando la scelta degli studi successivi alle prove sostenute (per le altre materie basta lo scrutinio interno) e ricorrere massicciamente a sistemi di produzione delle prove e di valutazione delle stesse informatizzati, che riducano al minimo la discrezionalità valutativa dei commissari.

Servono insomma soluzioni nuove, che guardino al futuro e non al passato

Nuovi prof, uno su cinque non insegna da 3 anni

da Corriere della sera

Nuovi prof, uno su cinque non insegna da 3 anni

Nel 2015 in cattedra 140 mila precari, alcuni aspettano dal ‘99. Alle elementari il 43% non ha l’idoneità per l’inglese

Tre miliardi l’anno, tanto costerà la stabilizzazione in blocco di tutti gli insegnanti precari iscritti nelle Graduatorie a esaurimento (Gae): 140 mila docenti che il governo Renzi si è impegnato ad assumere nel 2015 insieme all’ultima tranche di vincitori e idonei del concorso Profumo del 2012 (7.500 persone, senza contare quanti fra i precari hanno superato anche quest’ultima prova). Ma chi sono questi prof che dovrebbero costituire l’ossatura di quella Buona Scuola che il governo ha promesso a milioni di famiglie italiane?
Iniziamo con il dire chi non sono: non sono insegnanti freschi di laurea e abilitazione perché le graduatorie sono chiuse dal 2007. I più giovani sono i maestri laureati in Scienze della formazione primaria, ma il grosso è rappresentato dai vincitori del penultimo concorso (parliamo del 1999!) e dagli abilitati di vecchio conio (Ssis e abilitazioni riservate). L’età media è 41 anni: meglio dei docenti di ruolo (che con i loro 51 anni di media sono i più vecchi dell’area Ocse) ma non proprio un’iniezione di giovinezza. Per i più giovani, ha fatto sapere il ministro Stefania Giannini, ci sarà posto nel prossimo concorso che verrà bandito nel 2015: in palio 40 mila posti per il triennio 2016-2019, circa 13 mila all’anno: pochini se si considera che secondo le previsioni del ministero vi prenderanno parte quasi 200 mila persone.
Giovani o no, i precari storici sono tutti docenti che hanno maturato un diritto nei confronti dello Stato dopo anni di supplenze e sacrifici. Un debito che il governo si sta affrettando a onorare prima di essere condannato a pagare multe salatissime dalla Corte di giustizia europea per violazione del diritto comunitario (la direttiva 1999/70/CE prevede l’assunzione in via definitiva per tutti i dipendenti che hanno svolto almeno 36 mesi di servizio).
Sacrosanto, salvo che non tutti sono ancora in trincea. Alcuni di loro, stremati dall’attesa, hanno mollato il colpo da tempo. Lo ammette anche il documento che traccia le linee essenziali della Buona Scuola di Matteo Renzi. «Sappiamo che negli ultimi tre anni circa 43 mila persone iscritte nelle Gae non hanno effettuato né supplenze annuali o sino al termine delle attività didattiche né supplenze brevi».
Subito dopo si precisa che si tratta di un dato grezzo che non tiene conto di chi nel frattempo ha lavorato nelle scuole paritarie. Ma c’è un modo abbastanza semplice per depurarlo: basta guardare nelle graduatorie a esaurimento il cosiddetto punteggio di servizio. È quanto hanno fatto gli ingegneri informatici di Voglioilruolo, la piattaforma digitale nata nel 2009 per offrire ai docenti precari una serie di servizi utili come l’indicazione di dove fare domanda per essere assunti prima. Ebbene: gli iscritti alle Gae che non hanno fatto supplenze negli ultimi tre anni né nelle scuole statali né nelle paritarie sono 26.685, pari a quasi il 20 per cento del totale. In altre parole, quasi un insegnante su 5 non insegna più da tempo.
Possibile, come si augura il documento renziano, che molti di loro rinuncino al posto avendone già un altro, magari anche scoraggiati dal fatto di poter essere destinati a province e regioni diverse dalla propria. Per questa ragione il Ministero dell’Istruzione ha avviato un censimento che si concluderà entro il 31 dicembre. Ma è altrettanto probabile che la prospettiva di un posto a tempo indeterminato alletti anche molti di coloro che avevano alzato bandiera bianca e nel frattempo hanno fatto altro. E che a settembre potrebbero arrivare a Scuola per lo meno un po’ arrugginiti.
La questione, delicatissima, è che il diritto maturato dai precari della Scuola non entri in collisione con il diritto altrettanto importante dei nostri ragazzi a un’istruzione di qualità e al passo con i tempi. Quanti dei prof iscritti nelle graduatorie possiedono quelle competenze di informatica e inglese che sono invece richieste dalla legge Profumo per essere ammessi al concorso a cattedra? Moltissimi candidati all’ultima prova nazionale sono stati esclusi proprio perché non avevano passato la batteria di test preselettivi incentrati, oltre che sulla logica e sulla comprensione del testo, proprio su informatica e conoscenza di una lingua straniera.
Nel caso specifico dei maestri elementari, meno della metà degli iscritti alle Gae ha l’idoneità per insegnare anche l’inglese (il 43,6%, secondo Voglioilruolo). Figuriamoci quanti sono in grado di insegnare una materia in lingua con il metodo Clil (Content and language integrated learning) come pure auspica Renzi in modo che «i nostri figli — ha detto il premier — non parlino l’inglese come me». Già alle superiori si è partiti quest’anno nel caos perché i corsi di formazione stanno andando a rilento .
E qui veniamo al vero nodo della Buona Scuola che, giustamente, punta moltissimo sul potenziamento della formazione di vecchi e nuovi prof. Una necessità che con gli attuali chiari di luna contabili appare quanto meno problematica. Lo si è visto con la legge di Stabilità: per mettere a bilancio il primo miliardo che serve a coprire gli stipendi dei 150 mila neoassunti solo fino a dicembre 2015 sono saltati sia i 100 milioni necessari per raddoppiare le ore di alternanza Scuola-lavoro sia i 15 per potenziare il WiFi. Con quali soldi il governo immagina di poter formare domani e negli anni che verranno questo esercito di insegnanti?
Orsola Riva

“È necessario poter licenziare gli insegnanti che non lavorano”

da la Repubblica

“È necessario poter licenziare gli insegnanti che non lavorano”

Il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini, contestata dagli studenti, lancia la sfida: “È giusto punire chi non sa fare il proprio mestiere”

Corrado Zunino

Il tour palermitano del ministro dell’Istruzione Stefania Giannini, ieri, dalle undici di mattina alle sette di sera, ha registrato nell’ordine: un incontro con i dirigenti scolastici di Palermo al liceo Regina Margherita, una contestazione di cinquanta studenti medi all’esterno della scuola sfociata in uno sfondamento delle forze dell’ordine (due contusi e un fermo), una nuova contestazione fuori dal Teatro Al Massimo quando, alle 15,30, è iniziato il dibattito “Se mille giorni bastano. La scuola nuova” (il ministro, abito fiorato, tacco alto, è entrata da un ingresso secondario), quindi un assedio di domande extra-time da parte di docenti in ruolo, docenti precari e studenti e una rapida uscita del ministro che ha nuovamente evitato la piazza (i contestatori, a loro volta, avevano detto no all’ingresso di una delegazione in teatro: «O tutti dentro o tutti fuori»).
L’incontro alla Repubblica delle Idee si è aperto con la presentazione da parte di Ilvo Diamanti del sondaggio Demos-Coop che ha illustrato come la scuola sia l’unica istituzione ad aver tenuto in un deserto di macerie pubbliche e come il 44 per cento (maggioranza relativa) sia convinta che grazie alla proposta del governo l’intero sistema migliorerà: «Tutti ci attendiamo che la riforma venga attuata », ha detto Diamanti. La scrittrice, e preside a Vicenza, Mariapia Veladiano nel suo intervento ha detto che, sì, «non sempre le assunzioni di insegnanti hanno corrisposto a criteri di qualità: per funzionare la scuola deve prevedere la possibilità di licenziare».
Ministro, partiamo da qui: gli istituti scolastici devono avere la possibilità di licenziare i docenti inadatti?
«Dobbiamo entrare in un nuovo modello di istruzione che, innanzitutto, dia certezza e stabilità agli insegnanti precari, poi li avvii a una formazione permanente, quindi alla possibilità di essere valutati. La nuova scuola dovrà offrire incentivi a chi merita e si impegna e alla fine, certo, dovrà occuparsi con rigore e severità di chi non fa bene il suo mestiere. Oggi la scuola è troppo sindacalizzata. È sana, ma ha bisogno di irrobustirsi ».
Come procede la consultazione sul progetto di riforma del governo: docenti e studenti leggono davvero quelle 126 pagine?
«A ieri mezzo milione di persone, statisticamente tante, hanno passato almeno cinque minuti a sfogliare il rapporto, e cinque minuti su internet sono un’eternità. La metà, 250 mila, ha fatto anche un ripasso. Chi non ha letto il rapporto ha comunque compreso che abbiamo toccato due o tre nodi cruciali: i 148mila docenti che restano fuori ogni anno rendendo instabili le classi e loro vite e che noi assumeremo, l’introduzione del merito nella carriera degli insegnanti, l’alternanza scuola-lavoro ».
Sette Land tedeschi hanno annunciato università gratis per tutti. L’Italia, che subisce le politiche economiche dettate dalla Germania, rischia di chiudere le sue università o le costringe ad alzare le tasse.
«Dobbiamo colmare le distanze con il tempo, con i progetti. Intanto nella legge di stabilità abbiamo blindato 150 milioni per il Fondo di finanziamento degli atenei. Ora dobbiamo occuparci del welfare per gli studenti. Il numero dei laureati da noi è raddoppiato nel corso di una generazione, ma resta basso, il 18 per cento. Al Sud si registra un calo degli iscritti, però molti atenei sfornano eccellenze richieste in tutto il mondo ».
Servono mille giorni per cambiare verso all’università e alla scuola?
«Nei primi centottanta abbiamo fatto cambiamenti minimi normativi, questo è un bene, e atti concreti visibili. Per gli investimenti ora c’è un miliardo fresco, più altri due per la prossima stagione. Negli ultimi venti anni non si erano mai visti finanziamenti così».
Il vostro progetto, come ha ricordato uno studente in platea, apre alla scuola azienda.
«Vogliamo che i privati investano nei progetti educativi, non che li controllino. Dobbiamo saldare formazione, professione e qualificazione delle competenze. L’anno scorso 65mila posti di lavoro non sono stati occupati perché mancavano le competenze».
Spingete sulla scuola digitale, ma il processo è lontano.
«La digitalizzazione riguarda solo il 32 per cento degli istituti, è necessario investire qui i risparmi che stiamo facendo e che faremo con la fine delle supplenze».

Stipendi bloccati, l’ira della Uil: in caso di sciopero basta servizi garantiti

da La Tecnica della Scuola

Stipendi bloccati, l’ira della Uil: in caso di sciopero basta servizi garantiti

A lanciare la saetta il segretario generale aggiunto, Carmelo Barbagallo, il candidato favorito alla successione di Luigi Angeletti: i contratti collettivi di lavoro del pubblico impiego sono fermi al 2010. Visto che lo Stato non rispetta gli accordi, anche noi ci sentiamo sciolti dal loro rispetto: non terremo più conto dei limiti previsti per gli scioperi nel settore. Nella Scuola a rischio scrutini ed esami finali, quindi anche la maturità.

Di fronte all’ostinazione del Governo nel tenere fermi gli stipendi dei lavoratori statali, anche il sindacato per tradizione forse più orientato al dialogo e alla concertazione ha perso la pazienza. La saetta è arrivata il 19 ottobre, durante il congresso nazionale della Uil-Fpl: a lanciarla è stata il segretario generale aggiunto, Carmelo Barbagallo, il candidato favorito alla successione di Luigi Angeletti: “i contratti collettivi di lavoro del pubblico impiego sono fermi al 2010. Ebbene, se lo Stato non rispetta gli accordi, anche noi ci sentiamo sciolti dal rispetto di quegli stessi accordi e, dunque, non terremo più conto dei limiti previsti per gli scioperi nel settore”, ha detto Barbagallo.

Visto che il ‘banco è saltato’ e che non c’è più rispetto per le regole, allora ci adeguiamo, ha fatto capire il sindacalista Confederale. Seconde il quale è arrivato il momento disdettare “il protocollo del 2001 in merito alle procedure di raffreddamento e conciliazione relative alle prestazioni indispensabili in caso di sciopero”.

La disdetta, preciserà più tardi la Uil, “riguarda anche tutti i successivi accordi in materia, firmati sulla base di quel protocollo, ed è stata comunicata formalmente con lettera inviata all’Aran, l’agenzia governativa per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni”.

Ma cosa significa non rispettare più il protocollo d’intesa che detta le linee guida da seguire in caso di sciopero? Premettiamo che si tratta dell’accordo che definisce un quadro poi tradotto nei contratti di lavoro dei diversi settori del pubblico impiego, con tutte le garanzie per i servizi essenziali.

Le conseguenze più gravi si rifletterebbero su diversi comparti. L’Ansa mette in cima alla lista dei possibili disservizi quelli che forniscono “la sanità e la scuola”. In seconda battuta, vi sarebbero quelli derivanti dalla “chiusura totale di Istituti di ricerca, magari anche poco noti”.

Nella scuola, in particolare, “non sarebbero più assicurate le prestazioni indispensabili, tali da garantire lo svolgimento degli scrutini e degli esami finali. Insomma potrebbe saltare la maturità. Verrebbe a mancare la vigilanza sugli studenti, soprattutto se minorenni, ma anche sugli impianti e tutte le altre apparecchiature presenti negli istituti scolastici”.

Anche “il personale sanitario non darebbe più la certezza di essere presente con un numero minimo di persone negli ospedali. Si tratta dei cosiddetti contingenti, dottori, infermieri e altri lavoratori del settore esonerati dallo sciopero per garantire la continuità delle relative prestazioni, in modo tale da non fa mancare servizi indispensabili come il pronto soccorso, la rianimazione, il servizio ambulanze”.

Per quanto riguarda gli istituti di ricerca “si va dall’Istituto di geofisica e vulcanologia (Invg) all’Istituto per la protezione ambientale (Ispra). Tutti organi chiamati ad assicurare servizi essenziali, come il monitoraggio dei terremoti, delle eruzioni, il controllo di rischi ambientali imminenti, o la vigilanza sull’inquinamento in situazioni di emergenza”.

L’intenzione della Uil non sembra aver sorpreso il sindacato più vicino: la Cisl. “Già da ottobre scorso abbiamo lanciato in maniera convinta una nuova stagione di rivendicazione unitaria per ristabilire un’adeguata riconoscibilità professionale nel pubblico impiego”, ha detto il segretario generale Cisl-Fp, Giovanni Faverin, Che aggiunge: “La Cisl chiederà i cambiamenti necessari per correggere le carenze legate al contratto nazionale” per gli statali. Comunque, assicura, andremo “fino in fondo”. Un’affermazione che suona come un consenso alla sortita della Uil.

 

Giannini non le manda a dire: docenti licenziabili e status quo colpa dei sindacati

da La Tecnica della Scuola

Giannini non le manda a dire: docenti licenziabili e status quo colpa dei sindacati

 

Piccata replica alle parole pronunciate dal ministro dell’Istruzione al Teatro Al Massimo di Palermo. Scrima (Cisl): siamo sconcertati per la gratuità di certe affermazioni, gli insegnanti non hanno alcuna immunità e da sempre chi non fa il suo dovere può essere sanzionato. Pacifico (Anief): prima di licenziare i docenti ci sono i dirigenti, i direttori e i capo dipartimento, producono danni alla macchina organizzativa decisamente superiori e senza alcuna conseguenza.

“Non dimentichiamo che un insegnante deve essere innanzitutto un buon insegnante. Più che valutare il merito bisognerebbe che ci fossero procedure trasparenti che permettano anche di licenziare chi non fa bene il suo lavoro”.Fanno arrabbiare i sindacati le parole del ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, pronunciate al Teatro Al Massimo di Palermo. Anche perché, sul finire dell’intervento, il responsabile del Miur punta il dito proprio contro i rappresentanti dei lavoratori: “La scuola che vogliamo – spiega Giannini – deve essere una scuola che si mette in gioco. Perché non l’ha fatto fino ad ora? Non so, forse perché molto sindacalizzata”.

A stretto giro di posta arrivano, decisamente piccate, le risposte di Cisl e Anief. “Piuttosto che licenziare i docenti, si mandi via chi maltratta la scuola”, rimbrotta Francesco Scrima, segretario generale Cisl Scuola. “C’è da rimanere francamente sconcertati per la superficialità e la gratuità di simili affermazioni, di cui si fa molta fatica a cogliere il senso”, spiega il sindacalista. “Ammesso, e non concesso, che sia questo il problema di cui soffre la nostra scuola, ma dove sta scritto che non si possono licenziare gli insegnanti? Quali norme lo proibiscono? Di quali speciali immunità – chiede Scrima – godrebbero i nostri docenti? Ce lo dica la ministra, perché a noi non risulta che le cose stiano così. Da sempre chi non fa il suo dovere o non è in grado di svolgere il suo lavoro può essere sanzionato: che questo debba avvenire a conclusione di procedimenti in cui sia riconosciuto il diritto alla difesa non ci sembra un privilegio, ma un principio di civiltà. E’ questo che la ministra intende per eccesso di sindacalizzazione?”

“E’ vero, nella scuola italiana si esprime una presenza sindacale particolarmente forte: lo dimostra – prosegue il leader Cisl Scuola – l’alto tasso di adesione alle diverse sigle, lo conferma il fatto che alle ultime elezioni per le RSU abbia partecipato al voto il 90% della categoria. Si può capire che la ministra Giannini non sia perfettamente a suo agio quando si parla di consensi ottenuti, ma siccome fa parte di un governo il cui premier non perde occasione di vantare il suo 41% di voti (sul 60% degli aventi diritto), abbia per i sindacati un po’ più di attenzione e di rispetto, evitando di chiamarli in causa a sproposito e prestando loro un po’ più di ascolto nelle sedi dovute”.

Altro che “remore e zavorre”: secondo Scrima, “se il crescente disagio in cui è costretto a lavorare il personale della scuola si esprime comunque in una dialettica costruttiva, e non in forme di ribellismo esasperato, forse un po’ di merito va anche a chi ne esercita la rappresentanza sul piano sindacale”. “Invece di sognare il licenziamento dei docenti e parlar male dei sindacati, la ministra si impegni piuttosto a verificare che le parole altisonanti riversate quotidianamente sulla scuola dal suo governo non siano contraddette così frequentemente dai fatti: in ultimo dalla legge di stabilità presentata in questi giorni, che alla scuola regala solo qualche instabilità in più, tagliando il personale ausiliario (altro che aumentare gli orari di apertura!) e togliendo ai dirigenti scolastici – oltre a un pezzo di stipendio – ogni supporto di collaborazione. L’impressione è che dietro agli slogan e agli effetti speciali di una “consultazione” ridotta a kermesse si nasconda il solito modo di (mal)trattare la scuola, senza alcun rischio di licenziamento, di troppi ministri e troppi governi”, ha concluso Scrima.

Non è da meno Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir. Il “ministro Giannini vuole licenziare gli insegnanti? Prima ci sono i dirigenti, i direttori e i capo dipartimento del ministero: hanno responsabilità e producono danni alla macchina organizzativa decisamente superiori, e senza alcuna conseguenza”, dice il leader del sindacato autonomo.

“Se il Ministro vuole davvero migliorare l’efficienza al settore, faccia le dovute pressioni al Governo perché si innalzi lo stipendio dei docenti a livelli dignitosi e si alzi almeno un punto il Pil per l’istruzione. E poi si ricordi che il dipendente pubblico gode di uno status peggiore rispetto ai colleghi del privato”. Sempre secondo Pacifico “prima di auspicare l’introduzione di procedure che permettano di licenziare gli insegnanti della Scuola pubblica si pensi al licenziamento di dipendenti pubblici con responsabilità decisamente superiori ma che sino ad oggi si sono dimostrati intoccabili”.

Inoltre, “non si capisce quale restrizione ulteriore si possa attuare, visto che da oltre 10 anni i dipendenti delle pubbliche amministrazioni possono essere licenziati per motivi legittimi. Il responsabile del Miur – conclude il sindacalista Anief-Confedir – impegni il suo tempo, piuttosto, a valorizzare i docenti, riportandogli lo stipendio almeno al livello dell’inflazione”.

Insomma, se queste sono le premesse per il confronto annunciato dallo stesso Ministro (per il 20 ottobre?) con gli stessi sindacati in vista del rinnovo contrattuale, c’è da pensare che il punto d’incontro tra le due parti sarà difficile da trovare.

150mila assunzioni? Ma no, facciamo 200mila.

da La Tecnica della Scuola

150mila assunzioni? Ma no, facciamo 200mila.

Giannini annuncia che le assunzioni saranno 200mila e promette di migliorare gli interventi a favore degli alunni disabili.

Colpo di scena; le assunzioni lievitano. Non saranno 150mila, bensì 200mila. E sarà così, come ha dichiarato il ministro Giannini a Palermo perché, oltre a quelle dalle Gae,  è imminente il nuovo concorso a cattedra che sarà bandito nel 2015 per un totale di 40mila posti messi a disposizione.
“Entro il primo settembre 2016 ci sara’ l’immissione in ruolo di duecentomila insegnanti nelle scuole italiane”. Queste le parole del ministro, parlando all’Istituto Regina Margherita di Palermo, dove ha fatto il punto anche sulla mancanza di un adeguato numero di insegnanti di sostegno. “La scuola e’ un diritto di tutti – ha detto – Nei giorni scorsi ho incontrato gli studenti disabili. Le mancanze qualitative e quantitative sono tante, gli insegnanti di sostegno sono pochi e gli altri non sono sufficientemente formati. Intanto abbiamo inserito i primi 30 mila. La disabilità non deve essere un ghetto che riguarda un insegnante e un bambino ma una modalita’ di insegnamento che tiene conto di una condizione diversa”.
“Nella riforma – ha aggiunto Giannini – inseriro’ un punto denominato ‘Diverso da chi?’. Ci deve essere un numero sufficiente di insegnanti capaci di affrontare la dislessia, la sordita’ e tutte le altre disabilita’ come pure gli studenti che parlano una lingua diversa. Dobbiamo puntare sulla formazione”
Le immissioni in ruolo lievitano dunque. Quel che nessun governo era riuscito a fare in modo così massiccio, adesso lo farà Renzi.
Ma restano molte perplessità. L’Adi, commentando il documento La buona scuola, sottolinea che il merito si valuta in ingresso: “Qualsiasi politica che intenda valorizzare il merito deve intervenire prima delle assunzioni. Questo hanno fatto tutti i Paesi che hanno risultati alti nelle indagini internazionali, basti citare la Finlandia e Singapore. La selezione va fatta fin dall’ingresso in formazione. Nell’attuale situazione di emergenza (come la definisce il documento governativo) non si può comunque procedere a massicce assunzioni senza valutazione, nemmeno se provenienti dalle GAE. Le leggi si cambiano e si deve dare la possibilità alle scuole di intervenire prima dell’assunzione, non solo con l’anno di prova che non ha mai risolto nulla.”
Numeri astronomici, ottimismo, speranza. Certo dalla stabilità dei docenti alla scuola italiana non potranno venire che vantaggi.

Organico funzionale ? “Ma mi faccia il piacere” direbbe Totò

da La Tecnica della Scuola

Organico funzionale ? “Ma mi faccia il piacere” direbbe Totò

La revisione del modello di gestione degli organici richiede tempi lunghi e procedure complesse, per esempio necessita di una revisione del contratto integrativo sulla mobilità.
E poi come si fa a usare l’organico funzionale per gestire gli esoneri dei vicepresidi? E’ impossibile: se in una scuola il vicepreside insegna matematica non è detto che nell’organico funzionale ci sia un docente della stessa disciplina.

Quello dell’organico funzionale sta diventando il tormentone autunnale.
Il Ministro Giannini ne parla un giorno sì e l’altro pure affannandosi a spiegare che con l’organico funzionale non ci saranno più problemi nella gestione delle supplenze e che, come per incanto, l’offerta formativa delle scuole raddoppierà in quantità e sul campo
Ma siamo sicuri che le cose stiano davvero così?
Qualche vero esperto di gestione degli organici ha spiegato al Ministro come funziona la gestione degli organici?
Chi scrive non è un superesperto ma in 40 ani di lavoro nella suola un po’ di esperienza sul campo se l’è fatta e qualche mezza idea su quali potrebbero essere gli scenari futuri ce l’ha in mente.
Ora, nell’infanzia e nella primaria è facile ritenere che l’organico funzionale possa essere utilizzato per le supplenze, dal momento che quando si nomina un supplente si attinge da un’unica graduatoria (qualche problema può esserci quando si deve sostituire un docente che insegna inglese o un docente di sostegno, ma cerchiamo di non sottilizzare troppo).
Nella secondaria (e soprattutto in quella di secondo grado) la questione è molto più complicata. Per esempio, nel liceo X l’organico funzionale potrebbe essere formato da un docente di italiano e storia e da uno di matematica e fisica.
Che succederà allora quando bisognerà sostituire un insegnante di lingua straniera?
Gli stessi problemi ci saranno per la sostituzione del docente incaricato di collaborare con il dirigente: se nell’organico funzionale c’è un insegnante della stessa classe di concorso, tutto potrebbe filare più o meno liscio, ma se il vicepreside insegna una disciplina diversa i nodi arriveranno inevitabilmente al pettine.
Oltretutto, rendiamoci conto che stiamo parlando di materia in ampio divenire e sulla quale, inevitabilmente, dovrà esserci anche solo un minimo di confronto con le organizzazioni sindacali, in quanto l’organico funzionale nelle secondaria di secondo grado scardinerebbe completamente l’organizzazione attuale.
Se poi l’idea di Giannini e dei suoi collaboratori fosse davvero quella di dare il via ad un “organico di rete” non riusciamo neppure ad immaginare quali potrebbero essere le difficoltà organizzative da superare.
Basti un solo dato: il contratto integrativo sulla mobilità dovrebbe tenere conto di queste importante novità. In genere di questi tempi si inizia a lavorare per il contratto dell’anno successivo (per un contratto cioè che contiene qualche modesto ritocco rispetto a quello precedente).
Quest’anno, invece, si dovrebbe rivedere completamente il contratto esistente (sulla base di quali norme, peraltro, non è neppure dato di sapere).
E tutto dovrebbe essere pronto per settembre 2015?
Avrebbe detto il Principe Totò: “Ma mi faccia il piacere, mi faccia!”

Colpa del sindacato se i docenti incapaci non vengono licenziati?

da tuttoscuola.com

Colpa del sindacato se i docenti incapaci non vengono licenziati?
Polemica a distanza tra la ministra Giannini e il sindacato

Inaspettatamente ritorna la polemica sulla licenziabilità degli insegnanti. Ed è subito polemica tra ministra e sindacati, come quando dieci anni fa, davanti alla relazione della Corte dei Conti che denunciava mancanza di rigore dell’Amministrazione verso i docenti incapaci, la ministra Moratti girò la responsabilità sul sindacato, colpevole, a suo dire, di atteggiamenti iperdifensivi della categoria.

A Palermo, in occasione del tour della ministra Giannini sulla Buona Scuola, tra le varie domande che le sono state poste dal giornalista di Repubblica, una ha riguardato proprio la possibilità da parte delle scuole di licenziare i docenti “inadatti”.

La risposta della Giannini ha lasciato intendere che il licenziamento dei docenti ‘inadatti’ è resa impossibile dal sindacato: “Dobbiamo entrare in un nuovo modello di istruzione che, innanzitutto, dia certezza e stabilità agli insegnanti precari – ha detto la ministra – poi li avvii a una formazione permanente, quindi alla possibilità di essere valutati. La nuova scuola dovrà offrire incentivi a chi merita e si impegna e alla fine, certo, dovrà occuparsi con rigore e severità di chi non fa bene il suo mestiere. Oggi la scuola è troppo sindacalizzata. È sana, ma ha bisogno di irrobustirsi“.

Il commento della CISL-scuola è stato duro e immediato: “Ci si aspetterebbe – ha affermato il segretario Scrima – da chi governa il sistema dell’istruzione pubblica, un cenno di soddisfazione e apprezzamento: ed ecco invece l’ennesima incauta esternazione della ministra Giannini lamenta l’impossibilità di licenziare gli insegnanti, a causa dell’eccessiva sindacalizzazione del settore“.

Ma dove sta scritto che non si possono licenziare gli insegnanti? Quali norme lo proibiscono? Di quali speciali immunità godrebbero i nostri docenti? Ce lo dica“.

Scrima ha ricordato come da sempre chi non fa il proprio dovere o non è in grado di svolgere il suo lavoro può essere sanzionato e che questo debba avvenire a conclusione di procedimenti in cui sia riconosciuto il diritto alla difesa non sembra un privilegio, ma un principio di civiltà.

È questo – si è chiesto – che la ministra intende per eccesso di sindacalizzazione?”

Invece di sognare il licenziamento dei docenti – ha concluso Scrima – e parlar male dei sindacati, la ministra si impegni piuttosto a verificare che le parole altisonanti riversate quotidianamente sulla scuola dal suo governo non siano contraddette così frequentemente dai fatti: in ultimo dalla legge di stabilità presentata in questi giorni, che alla scuola regala solo qualche instabilità in più, tagliando il personale ausiliario (altro che aumentare gli orari di apertura!)”.